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Racconti Erotici Etero

O’ Latin Lover

By 27 Luglio 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

Aveva ragione mia mamma. Mi scoccia dirlo ma, adesso, concordo pienamente con lei: Giacomo non era affatto il ragazzo che faceva per me. Troppo semplice, troppo perbenino, totalmente succube dei voleri di sua madre e alle tradizioni della sua famiglia. Ma a me piaceva e, nonostante avessi dovuto rinunciare ad uno spettacolare giro in Europa con i miei, mi precipitai a raggiungere il mio “grande amore” al suo paese d’origine.

Dopo non so quante ore di treno e di corriera, finalmente raggiunsi la meta. Sembrava che il paese intero fosse stato avvisato del mio arrivo. Scoprii invece che erano soltanto i suoi parenti!!! E furono baci, e furono abbracci, e furono offerte di cene, di escursioni…tutti generosi nei confronti della “guagliona” di Giacomo.

A compensare questo eccesso di affetto ci furono i colori del luogo: tutto sembrava azzurro. Un mare infinito di fronte a me. E l’ odore del bucato steso, il canto degli uccelli, l’esplosione di colori di fiori a me sconosciuti.

Fui conquistata davvero da quel paese e dalla rumorosa allegria dei suoi abitanti.

Ma “dopo i confetti sò usciti i difetti” (omaggio a Carosone). Infatti, già all’arrivo a casa, capii che quella sarebbe stata una vacanza blindata: Giacomo avrebbe dormito col fratello minore, a piano terra. Io, invece, mi sarei “accomodata” nella stanza della “povera zia Maria…chè è tanto bbella e luminosa…”. La madre non poteva accettare che io e lui potessimo dormire insieme, condividere lo stesso letto, prima di essere “maritati”. “Nun è ccosa…nun sta bbene!!!” – ripeteva severa

Quando aprirono la porta della mia stanza, la mia faccia non deve aver trasmesso entusiasmo. Un catafalco al posto del letto!!! Ovunque (e se dico ovunque, vuol dire ovunque) santi, santini, madonne addolorate, crocifissi, foto di cari parenti defunti e soprattutto un terribilie, odioso, pestilenziale odore di naftalina!!!

E ovunque mi muovessi, venivo affiancata da donne vestite di nero per la morte di un marito, di un fratello, di un congiunto a caso. La sera, poi, ci furono le presentazioni ufficiali dei quattro fratelli di Giacomo, delle di lui tre sorelle, con relativi mariti, figli, nipoti, zii, cugini, compari….per concludere con la benedizione ufficiale dello zio prete!!!

Già in quel momento sospettai che, tutto sommato, mia madre avesse visto bene. Un anno intero di studi, di esami, i miei venti e rotti anni. E dove mi ritrovavo a trascorrere il mio “santo” riposo?

Cosa sognavo in fondo? Mare, sole e il mio focoso Giacomo che, in città si era rivelato come un dolcissimo amante. Rientrato nel suo habitat naturale….annullato completamente dai voleri di mammà. Neanche un bacino mi aveva dato!!!

Furono giorni difficili quelli. Il mare lo vedevo solo da lontano oppure durante i penosi trasferimenti dalla casa di un parente ad altro parente. Una processione continua. E le domande che facevano!!!

“Quanto sì bbella figlia mia…e quando te lo sposi Cosimo nostro?…” (Sposare???)

“O’ zzi prete sarebbe felice assai di sposare pur’a tte comm’ à co’ tò sorete….” (Lo zio prete???)

“Ved’a ‘cca…chist’o’ corredo per Cosimo…tutta robba buonissima…tutto lino e cotone…tutt ricamato co’ è mmani mie….” (Corredo???)

Forse non avevano ben presente chi fossi e quali fossero i miei propositi per gli anni a divenire.
Di certo, in quel momento, avrei avuto solo e soltanto voglia di fuggire via. Magari con Giacomo che, giorno dopo giorno, mi risulta davvero sempre più estraneo.

“Abbi pasienza…che mammà ha le sue idee…” – si giustificava ogni volta che cercavo conforto in lui

Ogni notte mi ritrovavo insonne nel ‘santuario’ di Zia Maria. Sognavo la fuga o, almeno, un piccolo momento di intimità con il mio Giacomo. Speravo sempre nel giorno successivo: una piccola, velocissima, fuga al mare oppure una semplice passeggiata al chiar di luna.

Macché!!! Ogni qualvolta decidevamo di spostarci, subito a ruota, si piazzava una sorella, una cugina se non addirittura peggio la madre di nero vestita. Sembra davvero la canzone ‘Io, mammete e tu’, vissuta però al contrario.

Ero sul punto di esplodere. E non solo mentalmente!!!

‘Stasera ce ne andiamo al cinema. Danno un film bello assai…’ – se ne uscì Giacomo come a proporre chissà quale attività – ‘…è uno di quei film polizieschi, d’azione, che piacciono tanto…’

‘…che meraviglia!!!…’ – pensai tra me e me – ‘…li odio !!!’

Però, in cuor mio, sperai che, forse ci saremmo andati da soli. Magari un bacio ci sarebbe scappato…o forse qualcosa di più come già era successo nelle ultime file di un cinema d’essai quando stavamo in città. Sognai. Inutilmente.

Infatti, giunta l’ora di recarci al cinema, trovammo sulla porta di casa la famiglia al completo pronta per l’evento clou della giornata. Le braccia mi caddero a terra. E ancor di più mi sconsolò l’infantile entusiasmo di Giacomo per gli ‘animalini gommosi’ che avrebbe potuto degustare durante la proiezione del film.

Ma con chi stavo??? Con un cretino???….ero furibonda!!! Cinema all’aperto. Poltroncine di legno scomodissime su cui non trovavo assolutamente posizione. La famiglia, occupando quasi una fila intera, si dispose. Per fortuna (almeno quello!!!) ci concessero di stare accanto. Soltanto un posto libero alla mia sinistra dove, vista la costrizione della seduta, potevo almeno allungare un po’ le gambe.

Buio in sala. Ooops….in giardino.

Giacomo, occhi incollati allo schermo, ingoiava biascicando i suoi orribili animaletti gommosi. Il film era quanto di peggio potessi immaginare. Ma ero accanto a Giacomo e non mi sarei lasciata sfuggire l’occasione per riattivare in lui il desiderio di me. E, per prima cosa, presi il suo braccio facendomelo passare sulle spalle (o anche questo sarebbe stato sconveniente???). La sua mano, talmente vicina al seno, avrebbe retto alla tentazione di toccarmi??? Purtroppo sì.

‘…c’è mammà. Dai che mi scoccia….’ – mi sussurrò in un orecchio

Grrrrrrrrrr. Tu e mammà tua!!!…..

Intanto, nell’ultima ‘poltroncina’ della fila si era seduto un uomo di mezza età. Zoccolo di legno, pantaloncino sportivo in metacrilato lucido, canottiera d’ordinanza. Oddio, che elemento !!!
Però, nonostante l’abbigliamento ‘tipico’, risultava di gradevole aspetto: capelli brizzolati pettinati ordinatamente all’indietro, vivacissimi occhi azzurri, sorriso da marpione collaudato.

Dovetti ritirare le gambe accavallandole per far educatamente posto al nuovo arrivato. La nuova posizione (scomodissima!!!) mi aveva consentito di ruotare il corpo verso il ‘mio’ Giacomo. Le sue gambe nude a portata di mano.

‘Forse…se lo sfiorassi appena….forse capirebbe quanto lo desidero?’ – pensai

Con la mano bassa, nascosta dai nostri corpi, iniziai lentamente a sfiorarlo. Che bello risentire la sua pelle, i suoi muscoli, il suo pelo. Purtroppo, come se nulla fosse, il beota (perché a questo punto cominciai a sospettare che l’aria di casa sua gli avesse fatto male!!!), continuava a biascicare e non aveva altri occhi che per l’orribile film. La sua mano corse sulla mia a scacciarla come fosse stata una fastidiosa mosca.

‘…dai…stai buona!!!…guarda il film…’ – sussurrò severamente

Sarei voluta schizzare in piedi e dirgliene quattro a quel cretino!!! E a tutta la sua famiglia!!! Mi sentivo offesa, depressa, schifata. E non sarei rimasta un giorno di più in quel paese. Quella era la mia determinazione. Ero davvero furibonda. Non c’è peggior cosa per una donna (e forse anche per un uomo) di sentirsi rifiutata. Un’ umiliazione che non potevo tollerare!!!

Stavo quasi per alzarmi in piedi ed andarmene quando, come una fresca farfalla che si posa su languido fiore, sentii sfiorarmi la coscia sinistra. Fu una scarica elettrica che portò il mio cuore a trottare come un cavallo impazzito. Non so se fu la sorpresa, la paura, l’indignazione…o l’eccitazione della situazione pazzesca che stavo vivendo.

Sarei dovuta saltare in piedi e denunciare la cosa? Mi voltai sorpresa verso l’uomo alla mia sinistra. Gli sguardi s’incrociarono solo un istante. I suoi occhi lampeggiavano, il suo sorriso ammaliante. Entrambi guadagnammo una posizione di indifferenza, gli occhi inutilmente puntati sullo schermo, la sua mano che, con sempre maggior decisione, risaliva la mia coscia.

Strano gioco, pericoloso gioco, imbarazzante gioco. Eccitante gioco!!!

Ero come un molla compressa. Ormai erano settimane che non avevo un rapporto, un contatto con Giacomo e bastò quella semplice carezza per ritrovarmi in uno stato d’eccitazione preoccupante. E di questo, il sornione signore di mezza età, se ne rese perfettamente conto.

Se Giacomo se ne fosse accorto? Che figura avrei fatto? No, non potevo consentire che uno sconosciuto mi accarezzasse impunemente mentre me ne stavo accanto al mio ‘fidanzato’. Non lo potevo consentire anche per la sua, e non solo mia, dignità.

Educatamente scostai la gamba per evitare che continuasse quella sfacciata carezza. Passarono soltanto pochi istanti e la mano dell’uomo, sempre più decisa ed arrogante, si ripresentò sulla mia gamba. Per evitare che qualcuno se ne accorgesse, ruotai il corpo verso Giacomo, dando di fatto le spalle al brizzolato sconosciuto che, astutamente capendo che non avrei reagito, approfittò della nuova posizione per nuove ardite carezze.

Fine primo tempo. Meno male. Cercai conforto nella compagnia di Giacomo e dei suoi familiari. Tutti quanti erano entusiasti dell’orribile film!!! Solo a me non piaceva? Nessuno si era reso conto di quello che stava succedendo. Eccitato come un bimbo, per gustarsi al meglio la seconda parte, Giacomo corse al bar per comprarsi altre schifezze da masticare. Non mi chiese neanche di accompagnarlo né, tanto meno, se avessi avuto voglia di qualcosa…che stronzo!!!

Nuovamente buio, nuovamente inseguimenti, sparatorie ed esplosioni. Nuovamente gli occhi di Giacomo incollati allo schermo col suo smascellarsi da cammello. Nuovamente la mano del vicino ad esplorare la mia pelle.

Ero tra l’incudine e il martello. Combattuta tra l’alzarmi e andare via, urlare qualcosa allo sconosciuto scatenando probabilmente una rissa… oppure sottostare a quell’affronto che, incredibilmente, mi stava regalando sensazioni inaspettate.

Non riuscivo a stare ferma sulla poltroncina ed ogni nuova posizione dava adito al mio vicino di inventare nuove maniere per sfiorarmi il corpo fino a quando, con un moto rapido ed istantaneo e sfruttando un momento particolarmente intenso e rumoroso del film, agguantando il mio polso trascinò rapidamente la mia mano tra le sue cosce.

La ritrassi istantaneamente come se avessi preso la scossa. Uno sguardo furibondo in sua direzione. Il suo sorriso sornione certo di aver colpito nel segno. Nessuno, per fortuna, si era accorto di niente.

La mano trasmetteva al cervello la sensazione di aver toccato qualcosa di estremamente duro, estremamente eccitante. Il segnale nervoso, accolto dal cervello, fu smistato agli occhi che corsero involontariamente ad osservare ciò che era stato toccato. Segnale visivo acquisito, elaborazione dati, impulso sessuale trasmesso ad organo genitale. Produzione di umori atti all’accoppiamento.

Risultato: mutandine completamente bagnate.

Cercai disperatamente di allontanare quella sensazione di eccitazione. Gli occhi si imposero di guardare il film, il cervello di capire la trama, il cuore che batteva a mille mi produceva uno strano formicolio ovunque.

Giacomo ruminava, con gli occhi piantati su uno stupido inseguimento condito di esplosioni e sparatorie. Stupido maschietto !!!

Il mio vicino, invece, sicuro di aver fatto centro, alzandosi si aggiustò il pacco di fronte ai miei occhi (che gesto volgare e nello stesso tempo maschio!!!), uscì dalla fila e soffermandosi in piedi un secondo, mi fece cenno con la testa di seguirlo. Un gesto tranquillo, sereno, sorridente, ammaliatore, ipnotico.

Con passo lento e caracollante, con i suoi rumorosi zoccoli in legno che grattavano la ghiaia, si diresse verso l’uscita, verso una baracca che doveva fungere da servizi igienici.

No, non l’avrei seguito. Come si era permesso di fare una cosa del genere? Di abusare di una ragazza sconosciuta? Il classico uomo che avrei voluto vedere in galera. Punito per ciò che aveva fatto.
Osservai, sentendomi colpevole (???), Giacomo che, sereno e tranquillo, stava godendosi una serata con la sua fidanzata e la sua famiglia. Non potevo fargli una cosa del genere.

La mia testa mi diceva questo. Il mio corpo….no!!!

Quasi come un automa, dopo alcuni minuti che il mio vicino si era alzato, le mie gambe si alzarono da sole in piedi. Giusto un cenno, forse neanche percepito o compreso, a Giacomo.
Durante il tragitto verso la baracchina, immaginavo che avrei trattato male il mio molestatore, gliene avrei dette quattro a quel maiale…mi immaginavo una reazione da donna che intende farsi rispettare. A costo di far scatenare un casino.

Circondata da cespugli e siepi mal potate, la baracchina sembrava deserta. La scarsa illuminazione che proveniva dall’interno a mala pena dava la possibilità di vedere dove mettevo i piedi. Silenzio. Solo il lento ed insopportabile scorrere dell’acqua forse di uno sciacquone mal funzionante.

Da dietro l’angolo della baracchina spuntò l’uomo. Sempre col suo irritante ma seducente sorriso sornione. La mano ad accarezzarsi il ventre, lo sguardo puntato addosso a me. Era sicuro che lo avrei raggiunto. Feci tre passi decisi avanti, come una furia, convinta che lo avrei apostrofato per il suo comportamento sfacciato.

Mi anticipò. Non mi fece neanche aprir bocca. Sicuro di sapere ciò di cui avevo bisogno.

Insolente sicurezza di un volgare uomo!!!

(n.d.a. – mi scuso anticipatamente con i miei lettori del meridione. L’uomo parlava un dialetto davvero non capibile. Provo a scrivere le sue parole così, ad orecchio, cercando di ricordarne il senso…)

“Quant’ sì bbella!!! O’guaglione toio perchè nun te porta a ‘ffa l’ammore in faccia a o’mare???….’na femmina cumm’a tte…ha bisogno dell’ammore….” – esordi abbracciandomi sicuro

Mi fu addosso in un istante, bloccandomi in gola le parole furiose che stavo per vomitargli addosso. Le sue mani, davvero precise, corsero sul mio corpo provocando un’ istantanea amnesia di tutto quanto. Non ero più dietro una baracca di legno adibita a cesso, e non ero neanche in un luogo pubblico. Ero solo e soltanto nelle sue mani che, esperte e precise, seppero toccarmi nei modi e nei posti giusti, tanto che, nel giro di pochi istanti raggiunsi un orgasmo.

“Ti piace?…tu ssì na femmina calda assai…tu vvuò l’ammore….sinti com’è l’ammore mio….è duro assai…nu piezzo e’ ferro!!!”

Come già prima aveva fatto, mi trascinò spudoratamente la mano verso il suo pube. Non potevo credere che all’interno si potesse davvero celare un membro umano tanto era duro. Era uno scherzo!!! – pensai. Ma quando, in un lampo, l’uomo si calò il pantaloncino rimasi a bocca aperta nel constatare che, effettivamente proprio del suo sesso in erezione si trattava.

Se dovessi descriverlo con un paragone mi verrebbe in mente un gancio per il traino della roulotte tanto era arcuato e corredato di palla in testa – non so se rendo l’idea – e, a corredo di sì detto “gancio”, vi era appeso sotto uno scroto che a malapena avrei potuto contenere in una mano.

Non mi piace soffermarmi nella puerile descrizione di certi particolari anatomici. Però, vista l’originalità della conformazione fisica, questo dettaglio mi portò quella piacevole sorpresa che in pochi istanti mi fece perdere completamente il controllo della situazione.

Molto più deciso e determinato di me, l’uomo aveva chiaro lo scorrere del tempo. Io persa già in altra dimensione mi accingevo, piegandomi sulle gambe ad accogliere nella mia bocca quell’anomalo ma imponente membro.

“Nun ci ‘sta o’ tiempo…girati…”

Incantata, persa nell’eccitazione, non capii neanche cosa volesse. Mi ritrovai piegata con la faccia rivolta verso la baracca, le gambe allargate, infilata in un sol colpo.

“O’ film sta finendo. Dovimme fa’ viloci….” – sussurrava ansimando

La sua mano mi tappò la bocca per evitare grida. Il suo ritmo potente, regolare, veloce…un uomo che davvero non trema per la paura di venire. Lo sentivo saldo, deciso…duro…durissimo che faceva di me ciò che avrebbe voluto fare. Per facilitare il ritmo mi agguantò prepotentemente per i fianchi, il ritmo divenne parossistico, folle, devastante. Una scopata selvaggia – oserei dire. Sentivo la parete in legno della baracca vibrare sotto le mie mani a causa dei potenti colpi a cui ero sottoposta. Le gambe avrebbero retto per poco tempo. Orgasmo su orgasmo, le cosce ormai fradice del mio piacere.

Con un grugnito bestiale, l’uomo uscì dal mio corpo lasciandomi una sensazione interna di vuoto. Il caldo del suo seme sulle natiche, le gambe, polpacci. Una presa rude sui miei capelli mi obbligò, girando innaturalmente la testa, a baciarlo con foga mentre, ancora tremante per il piacere appena raggiunto, mi schiaffeggiava le natiche e, ogni tanto, mi penetrava profondamente.

Venni ancora. Rimanemmo per pochi istanti abbracciati. Sentivo la sua barba grattarmi la schiena, il collo, La sua bocca giocava con le mie orecchie.

“…ué…vado innanzi io…tu rassettate …che sennò pass nù guaie…cià bella!!!…”

In un lampo, tirandosi su i pantaloncini e rassettandosi i capelli, l’uomo aveva già conquistato la strada verso il cinema. Entrai dentro il bagno sperando di trovare un po’ di carta per ripulirmi di quanto mi era stato scaricato addosso. Inspirai profondamente. Il cuore non ne voleva sapere di regolarizzarsi, le gambe non smettevano di tremare.

Con passo incerto arrivai alla fila. Il mio vicino se ne stava tranquillo seduto al suo posto. Gentilmente si alzò per farmi passare non evitando di darmi una sonora palpata di chiappe.

Giacomo, troppo preso dalla suspense del finale del film, non si accorse neanche che ero tornata. Povero coglione!!! Coglione e cornuto!!!

Tornando verso casa l’ “allegra compagnia”, esprimendosi col loro gutturale dialetto, si raccontava esaltandosi, la trama del film. La mia testa era altrove.

“Ammore…t’è piaciuto?…ti sei persa un bel pezzo…proprio quand’o’ protagonista si libbera dalla priggione….” – tornando al suo luogo d’origine, Giacomo aveva riacquisito il dialetto. Non lo sopportavo

Non gli risposi. Ero arrabbiata con lui. I sensi di colpa, affievoliti.

“Chi era quel signore accanto a me?…” – chiesi quasi indifferentemente
“…ma chi? Ciro O’Latin Lover ???…ah ah ah…è o’ bagnino giù a’mmare…perché?”
“…un tipo originale….tutto qua…”
“…va dicenno c’à avuto più di mille fimmine….e che in paese nun c’è nissuna c’abbia resistito al suo fascino. E’ pé chisto che lo chiamano O’Latin Lover….ah ah ah…è solo nu’ fanfarone!!!…” – precisò uno dei fratelli di Giacomo

Pensai tra me e me, sorridendo, che forse da stasera sarebbero state mille e una e, quando osservai il gruppetto di sorelle e cognate, notai in loro un imbarazzato rossore.

Non ero stata la sola ad aver assaporato il “gancio” di Ciro O’Latin Lover….

Epilogo

“Sara tirami via da questo casino!!! Ho pochi gettoni. Chiamami all’ora di cena, ti prego. Inventati quello che ti pare. Digli che la casa è bruciata, si è rotto un tubo, che lo zio sta morendo, che il gatto è scappato…fai te!!! Basta che fai la voce drammatica e che mi tiri fuori da questo incubo!!!…”
“Non ti preoccupare…ah ah ah…ti sei rivolta alla migliore sul campo. Poi mi racconti che cazzo hai combinato….”

La telefonata arrivò puntuale e, puntualmente, scatenò l’apprensione delle donne di “nero vestite” le quali si lanciarono in una profusione di “povera figlia mia”…”che guaie”…etc etc etc

Seduta nello scompartimento del treno, sorridevo per la riuscita della farsa. Mi sentivo leggera, un po’ imbarazzata con me stessa, in colpa verso Giacomo e la sua famiglia.

Di certo ero d’accordo con quanto mia mamma mi aveva detto.

Giacomo lo lasciai scrivendogli un’articolatissima lettera, motivando il “distacco” con argomentazioni troppo complesse per essere credibili.

So che si è sposato con una del suo paese.

Lo zio prete dev’essere stato felicissimo di sposare un altro componente della sua famiglia. E di aver battezzato l’ennesimo pronipote maschio, a cui è stato imposto il nome di Ciro.

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