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Oceano di passione, flutti di piacere

By 13 Dicembre 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

 

Quest’oggi voglio narrarvi una giornata di assoluta perdizione nella passione e nell’eccitazione da me vissuta quando ero ancora diciottenne legata sentimentalmente al mio primo ragazzo del quale m’ero innamorata quando avevo 17 anni. Era stato il mio primo amore, lui m’aveva iniziata ai piaceri carnali e io ho avuto con lui l’opportunità di scoprire le immense potenzialità del mio corpo che sin allora avevo sfruttato da sola, nel mio letto o sulla sedia sognando di essere posseduta o languidamente accarezzata mentre il mio respiro si faceva di momento in momento più ansimante e dolcemente affannato. Quanto ad età a 18 anni ero ancora una bambina ma fisicamente avevo ormai raggiunto il massimo del mio splendore e neanche abiti semplici e poco provocanti potevano nascondere le mie curve da donna matura, non più da adolescente nè carne nè pesce. Spiavo le reazioni sui ragazzi a quelle mie trasformazioni e notavo come in molti ormai abbassassero gli occhi mentre parlavano con me, presi quasi da un’innata timidezza dinanzi alla mia avvenenza nascente e alla sensualità a loro dire straripante che emanavo anche solo camminando, quasi senz’accorgermene. Dalle ragazze mie coetanee mi derivavano invece perlopiù invidie e gelosie anche se a volte potevo scorgere nei loro occhi una sorta di desiderio che ancora non sapevo come interpretare. Ma io avevo già deciso, il mio cuore e il mio corpo erano andati da oltre un anno ad un ragazzo di 4 anni maggiore di me, prestante fisicamente, dolce e dal grande animo che aveva ammaliato il mio animo romantico e sognatore. Con lui avevo avuto rapporti completi e iniziavamo a dilettarci in giochi erotici, ma fino all’estate dei miei 18 anni la mia bocca ancora non aveva sfiorato il sesso maschile.

Le cose cambiarono quando fui invitata dal mio fidanzato d’allora per trascorrere qualche giorno nel suo appartamento di montagna al fine di riposarci dalle sudate carte, sfuggendo la canicola di città. Mi sentivo molto eccitata in quei giorni, ancora poco e avrei avuto il ciclo e come ben sapranno le lettrici sotto il ciclo noi donne diventiamo calde e particolarmente sensibili all’erotismo. Insomma quei periodo di risposo era stato un toccasana per raggiungere un’intesa fisica pressochè perfetta: avevamo fatto l’amore tutti i giorni ed era stato meraviglioso ma la grande giornata in cui fui sfinita da un erotismo dionisiaco e devastante iniziò con un dolce risveglio fatto di baci e tenerezze. Sentivo però delle piccole scosse di desiderio che si diffondevano a tutte le fibre del mio corpo flessuoso di giovane donna dalle profondità del mio ventre pulsante; ogni sinapsi era investita da questo languore e calore che tutto pervadeva ed aveva il suo centro nell’agognato scrigno della mia femminilità che era già probabilmente orlato da un po’del mio nettare che ad ogni segnale d’eccitazione irrorava la mia vulva del suo benefico effluvio. Ogni parte di me desiderava il godimento quella fatale mattina: la mia bocca per la quale tutti mi facevano i complimenti, piccola ma con labbra piuttosto carnose, a cuore, rossa vermiglia come il sangue e dolce come un esotico frutto maturo; essa incastonava una serie di denti bianchissimi. I miei capelli desideravano essere tirati durante l’amore, mentre si spargevano per tutto il cuscino oppure quando distesa e abbandonata ai piaceri a col ventre in giù, mi coprivano buona parte della schiena con la loro soffice morbidezza, senza però nascondere la vergogna della mia oscenità. I mie occhi desiderosi di vedere qualcosa che li avrebbe eccitati trasmettendo al cervello immagini talmente erotiche da facilitare e velocizzare gli orgasmi. I seni prosperosi, morbidi come il fondoschiena, che reggevano perfettamente la gravità nonostante la loro prorompente forza femminea. Un petto sodo che lasciava il posto ad un’aggraziata pancia piatta e anch’essa morbida e desiderosa di celare al di sotto di essa un membro virile che desse scosse alle mie viscere. Le mie gambe lunghe e sode, con cosce formose che nascondevano lei: il cuore della mia femminilità, già bagnata di rugiada che tante volte mi aveva concesso orgasmi multipli mentre la sfioravo sola nel silenzio dei miei sospiri soffocati o mentre ero penetrata con violenza e non potevo fare a meno di emettere urletti e grida liberatorie. E non poche volte lei aveva costretto le mie dita o il sesso del mio ragazzo ad uno sforzo supplementare ed inaspettato perchè non le bastava il desiderio già compiuto, l’orgasmo che era divampato come un incendio in una steppa stremata dalla siccità e si era ora spento lasciando il posto ad una vaga eccitazione viziosa.

Quella mattina, dunque, chiesi improvvisamente e con aria da bimba dolce e innocente al mio ragazzo:”Facciamo l’amore?” e mi distesi languida e invitante sul letto quasi a non volergli lasciare scelta. Lui che mi aveva sempre considerato una brava ragazza dalla sessualità sottomessa ai desideri dell’uomo e senza vizi o capacità d’iniziativa particolari, sarebbe stato scosso profondamente in queste convinzioni durante quella torrida giornata durante la quale non gli avrei concesso respiro nè tregua.

Con grande rapidità ci togliemmo tutti i pochi vestiti ma io rimasi con un golfino bordeaux molto aderente sotto il quale si potevano vedere le forme perfette dei miei seni e i loro capezzoli. Al di sotto ero completamente svestita mentre con le piccole dita facilitavo l’ingresso del membro scoperto del mio lui aprendogli la via delle piccole labbra quasi fossero petali di una profumata rosa che si dischiudeva. Iniziò a muoversi dentro di me ed io a provare fitte di piacere indescrivibile. Sentivo qualcosa che non è definibile, ero riempita e un po’dei miei umori colava lentamente ad ogni uscita ed entrata del suo pene. Velocemente raggiunsi un orgasmo mentre durante l’atto ci baciavamo appassionatamente assaporando i sapori delle nostre bocche ardenti. Mi sentivo dominata e quando provai l’apice del piacere gridai con quanto fiato avevo in corpo contraendo le labbra della mia meravigliosa bocca rosata e urlandogli un’accorata preghiera di continuare. Dopo l’orgasmo lui rimase dentro di me e continuò imperterrito e spietato. Lei era molto più sensibile, divenuta morbida e umida come non mai e al mio ragazzo questo faceva impazzire, specie mentre mi guardava e si perdeva dentro la magnificenza dei miei occhi mentre era ancora dentro di me e il suo membro veniva bagnato dalla mia patatina che non si accontentava certo di così poco. E allora riprendeva prima piano poi aumentando progressivamente la velocità e intanto mi baciava, baciava violentemente quasi volesse strapparmi le labbra, quasi la loro morbidezza rosea volesse da lui essere rapita con morsi voraci. E le nostre lingue si dibattevano in un instancabile gioco che mi lasciava in apnea perchè intanto stavo godendo lì sotto al mio pube e quello sforzo mi costava mentre io scivolavo sempre più nell’incoscienza del piacere puro. Spesso insisteva perchè mostrassi la mia lingua mentre mi penetrava perchè diceva che lo eccitava da morire scorgere quel rosa tanto simile al colore di un’altra parte di me e allora mi fissava con un folle desiderio iniziando quasi a mordermi e a toccarmi con forza i seni coperti dal sottile strato di velluto. Godetti dopo pochi minuti ancora e per la mattina fu tutto. Non mi restò che lavarmi per togliermi di dosso l’odoro di sesso, quell’adorabile ed eccitante fragranza, tuttavia poco consona alla vita sociale.

Dopo pranzo mi coglie spesso un languore che a volte mi fa scivolare in un sonno ristoratore, altre mi spinge a desiderare senza requie le delizie della carne. Perciò mi sdraiai sul letto e implorai per un’altra volta “facciamo l’amore ancora?”. Subito fui accontentata. Si svolse ogni cosa come al mattino ma con l’eccitazione ulteriore derivante dalla consapevolezza di stare vivendo una giornata fondata esclusivamente sul piacere. Fui penetrata di lato mentre mordevo il cuscino coi miei candidi denti da bimba viziosa e dopo che fui venuta clamorosamente mi stesi invitante a pancia in giù senza preoccuparmi di bagnare coi miei umori le lenzuola. Socchiudevo gli occhi come una cucciola di gatto e guardavo il mio ragazzo sulla sedia mentre giocava col suo cellulare, s’era rivestito velocemente e lo fissavo dolcemente e con infinito amore mentr’egli di rimando mi sorrideva incerto tra il desiderarmi e il sognarmi romanticamente. Il sonno poi mi colse ristoratore mentre le lenzuola mi coprivano lasciando impudicamente scoperto solo parte del fondoschiena ma ormai già mi trovavo tra le braccia di Morfeo.

La sera, dopo una passeggiata durate poche ore, tornammo entrambi stanchi. Lui si sdraiò sul letto, lo guardai: intesi senza bisogno di parole. Esigeva ancora un tributo della mia carne, della mia anima, della sensualità che potevo esprimere attraverso i miei sguardi e le mie espressioni di godimento assoluto, inconsapevole dea dell’amore da poco sbocciata. Mi svestii totalmente con gesti rapidi e violenti aiutata in questo dell’uomo che mi teneva i fianchi stretti con voluttà perigliosa e mi desiderava in quel modo lancinante quale nel deserto un assetato anela l’acqua rinfrescante.

Ora ero denudata eccezion fatta per il reggiseno e giacqui con le gambe oscenamente aperte. Mi misi nella posizione in cui il maschio avrebbe potuto dominarmi tenendomi i fianchi e offrendogli la vista del mio sesso languido e succoso quale una fragola in giugno, mentre avevo l’innocente capo posato sul cuscino e pregustavo quanto avrei goduto, ansimando ancora prima del coito. La penetrazione all’inizio mi provocò non poco dolore perchè il suo membro era troppo grosso e vigoroso anche per la mia vagina che non era stata aperta poi così tante volte. In quella situazione mi sentivo impudicamente spalancata e sfondata. Sentivo la mia intimità violata e ciò mi dava una sensazione d’eccitazione senza pari. Il cuore mi batteva all’impazzata e pompava sangue che sarebbe affluito per ogni parte del mio corpo da fanciulla, specie verso la patatina vogliosa e gonfia che necessitava eccitarsi e bagnarsi ancora di più. Le tempie mi martellavano e io ansimavo perdendo la cognizione del tempo, sospiravo continuamente con gridolii mentre lui era piuttosto silenzioso ma mi stava aprendo senza pietà. Venni in una decina di minuti soffocando le grida nel cuscino bagnato della saliva dei miei morsi. Sentivo le vibrazioni del mio sesso pulsante che si contraeva ritmicamente provocandomi ondate di piacere irresistibile. Mi bagnavo ancora di più, la vulva della bella diciottenne stava colando e già avevo perso coscienza del mio stato.

Mi sdraiai tramortita e mi ripresi solo quando il mio uomo iniziò a penetrarmi la vagina con le dita per poi dedicarsi alla clitoride ancora eccitata. Non capivo più nulla sentivo solo le guance e il viso in fiamme, vedevo solo lui che accanitamente si dedicava al mio piacere senza averne ancora provato uno totale egli stesso. Capii che si tratteneva per darmi tutti gli orgasmi di cui necessitavo ed impazzii d’amore. Gli chiesi di entrare ancora più in profondità dentro di me con le sue mani virili, di percepire il calore del mio grembo profumato di donna, di baciarmi mentre così operava su di me, ma lui mi penetrò prendendomi alla sprovvista a quello fu il più bell’atto d’amore forse della mia intera vita. Sentivo la sua eccitazione, sentivo il suo glande farmi del male quando arrivava al collo del mio giovane utero. A volte usciva totalmente per poi rientrare sbattendomelo con più forza nel mio fiore da pochi mesi violato. Mai m’ero sentita più donna di quando mi strappò il reggiseno con rabbia e m’inizio a masturbare i seni mentre mi penetrava. Misi poi le gambe sulla sua schiena per favorire una spinta profonda che raggiungesse il cuore della mia intimità distruggendolo al suo passaggio. Lo ammetto: desiderai essere sfondata provare dolore, gli chiesi di farmi male mentre lui m’implorò di aspettare a venire perchè avrebbe voluto un orgasmo simultaneo ma io non mi trattenevo più, non ce l’avrei più fatta. Il mio bacino si contraeva involontariamente sotto le sue spinte e quel corpo di giovane donna sana e gioiosa di vivere era ormai pronto ad un orgasmo devastante che mi fece gridare come non mai in vita mai. Gli bagnai il pene dei miei umori che mi schizzarono quasi sulle cosce perchè mai avevo abuto un orgasmo più forte, le contrazioni del fiore parevano destinate a non avere mai termine così come le mie urla. Si pulì il membro bagnato con le lenzuola mentre mi giravo dalla parte opposta quasi vergognandomi di avere goduto tanto e così a lungo!

A poco a poco ci separammo, m’imperlava la pelle un leggero strato di bagnato, sudore. Il mio petto era ansante con i seni che andavano su e giù al ritmo del mio respiro, la bella pelle tutta sudata per la fatica di godere talmente. Le gambe oscenamente aperte esalavano il mio profumo di donna mentre il mio pube era bagnato dalla voluttà del piacere di quel giorno interminabile ed eccessivo. Pensai però che il mio ragazzo ancora non aveva provato un orgasmo perciò appena ripresi fiato feci una cosa destinato a stupirlo e a spezzargli ogni respiro: scesi tra le sue gambe, sinuosa e leggiadra come una pantera ed iniziai a praticargli una fellatio che prevedeva colpetti di lingua sul glande: non ero esperta però quella situazione mi stava facendo impazzire, adoravo il senso di proibito che quell’atto comportava. Mi sentivo meretrice in quel momento e più provavo quella sensazione con maggior voluttà suggevo e continuavo dedicandomi alla sua asta. Il suo glande era tutto impregnato dei miei umori e del suo liquido ed era soprattutto il mio stesso sapore che ritrovavo sulla lingua e sulle mia labbra morbide e dal virginale aspetto. Leccavo la mia femminilità e la sua virilità unite in un connubio indissolubile ed eterno ed intanto riprendevo a bagnarmi copiosamente ed un dito peccaminoso non potè fare a meno di scendere tra la mia intimità a scostare le piccole labbra fino a trovare il bottone del mio piacere iniziando a stuzzicarlo. Lui allora prese in mano la situazione, si pose di fianco a me iniziando a masturbarsi direttamente e io stesa su un fianco di fronte a lui, venivo sfiorata dalle sue mani possenti che parevano pronte a farmi godere per l’ennesima volta, sfiorava la mia rosa facendomi ansimare. Dato che mi masturbava con la sinistra il gesto era meno efficace ma non meno passionale tanto che dovetti chiudere gli occhi mordendomi le labbra per il piacere. Dovevo avere un aspetto assolutamente avvenente e sensuale perchè all’improvviso s’interruppe e disse: “non ti ho mai vista così bella”. Avevo i capelli mossi che arrivavano quasi a coprirmi il seno e il mio corpo formoso si muoveva rispondendo alla stimolazione della sua mano attorno alla mia vulva sfiancata dai tanti orgasmi. All’improvviso eiaculò bagnandomi l’alto fianco superbo ma non aveva ancora avuto l’orgasmo vero e proprio tanto che continuò a sbattersi il pene con la mano mentre mi baciava voluttuosamente e io non capivo più nulla, non riuscivo più nemmeno a gridare quel piacere ineffabile. 

Allora fece una cosa che mi stordì come un colpo in testa, una frustrata di puro piacere. Intinse il dito col quale si masturbava nel suo stesso seme posato bollente sul mio fianco e con esso bagnò la mia patatina e si concentrò con brevi tocchi sulla clitoride, ora raggiunta e annegata nello sperma. Venne ancora e questa volta colpì la sua stessa mano e la mia pancia. Solo altre 3 volte era venuto su di me e io adoravo quel momento perchè mi sentivo in totale balia della sessualità e dello spirito dionisiaco che erano parte di me. Mi volevo abbandonare totalmente gridando di essere una puttana e di voler soddisfare ogni perversione. Ma mi morsi le labbra trattenendomi. Ora si potè concentrare sulla mia clitoride gonfia e quasi dolente mentre io sbattevo il mio bacino contro l’osso della sua mano e il suo polso per avvicinare l’orgasmo liberatorio. Venni; iniziavano le pulsazioni del mio grembo diciottenne, venni e lui con la sua mano sentì il mio sesso contrarsi lasciando su di essa una striscia d’umori. Mi baciò e ottenne una ventata profumata del mio respiro mentre per la sesta volta innalzavo la mia preghiera di piacere, sconvolta nell’animo e nella mente, annichilita per l’esattezza. Caddi quasi assopita e ansimando, ero calda ovunque, la vagina bollente. Le guance scottavano, si sarebbe detto avessi la febbre alta.

Pochi minuti di pausa in cui ripensai a ciò che avevo fatto quel giorno, al suo sperma che m’inargentava il mio splendido, giovane corpo, la pelle mia morbida e profumata, d’eburnea, antica beltà. Chissà se mi avessero visto in quello stato i miei genitori, i miei amici che mi consideravano sì sensualissima, ma modello di virtù e morigeratezza… Quella ragazza che non accettava nemmeno di bere al sabato sera, quella ragazza che respingeva gli eccessi della gioventù odierna, giaceva ora distrutta dalla voluttà ed era lì distesa quasi esanime nel letto inondata dal nettare di un uomo, con la vagina in fiamme che scottava e le cui pareti dolevano, con le labbra ancora bagnate del vivificante succo del pene. E mi ritornò la voglia, lo comunicai al mio ragazzo che avrei concluso quella giornata pornografica masturbandomi e parlai con la voce spezzata dall’eccitazione, quasi tremante. Lui ebbe un colpo, non si capacitava di come volessi ancora godere dopo ben sei orgasmi, di cui tre uno di seguito all’altro, non comprendeva come trovassi le forze per godere ancora. Ricevette una chiamata, era la sorella che desiderava avere da lui un’informazione su un particolare modello di computer che avrebbe dovuto acquistare presso il centro commerciale e io guardandolo parlare iniziai a muovere la mano sotto le coperte, vorticosa, tormentando il mio sesso esausto per avere ancora un ultimo orgasmo che mi facesse sentire ancora più donna, ancora più puttana per un giorno. E allora continuai, soffocai un sospiro di piacere che spero sua sorella non abbia sentito. A quel punto il mio amore d’allora mise quasi giù il telefono alla sorella e con sguardo folle si diresse verso di me togliendosi con un movimento d’atleta i boxer che aveva precipitosamente indossato per rispondere, strappò le lenzuola con cui coprivo pudicamente il mio osceno gesto da ragazza di piacere. Vidi il suo pene ergersi maestoso desideroso della mia carne, della mia femminilità: non voleva lasciarmi godere da sola. E allora lo accolsi ancora dentro la mia vagina bagnata di umori, sperma, saliva, arrossata da sei orgasmi. Lo accolsi e iniziai a titillarmi la clitoride mentre lui mi penetrava avendo recuperato l’erezione in tempi davvero ragguardevoli. M’esprimevo attraverso smorfie di dolore perchè giunta a quel punto il mio fiore mi doleva ed era un misto di piacere e dolore che m’eccitava paurosamente. Ansimavo ancora, fisicamente ero a pezzi, non avrei saputo se fossi riuscita a rialzarmi. Intanto mi diceva frasi d’amore assai spinte ed audaci, mi accarezzava le guance e mordeva la lingua e mi osservava i piedi per eccitarsi. Tutto mentre la mia mano mi permetteva di godere di tante piccole scosse che mi avvicinavano a rapidi passi all’ennesimo orgasmo. E finalmente potei godere dell’apice del piacere, contrazioni fortissime scossero il mio sesso di giovane donna, trasportandomi in un’altra dimensione bloccando ogni mio respiro, non m’importava più di nulla, non ricordavo nemmeno più dove mi trovassi, mi sentivo soltanto unita a quel ragazzo e sfinita dal piacere di cui quel giorno ero stata la vera sacerdotessa. Mi alzai rivestendomi del solo reggiseno e mostrando impudicamente il mio sesso e le mie gambe nude, ormai diventate insensibili per la posizione. Non ce la facevo più, mai avevo goduto tanto prima di quel giorno. Avevo urgente bisogno di una doccia tiepida, o meglio fredda che consentisse alla temperatura del mio corpo di tornare normale perchè ero diventata bollente specie in mezzo alle gambe. Ovunque sparso l’odore suo e mio, dei nostri organi di piacere. La mia intimità esalava il suo caratteristico profumo di fragola matura e io orgogliosa respiravo a pieni polmoni quel mio sapore di donna finalmente sbocciata qual ero diventata e mi sentivo ancor più legittimamente da quel giorno. 

In bagno da sola mi guardai allo specchio dopo essermi spogliata di quell’unico indumento che copriva i seni procaci. Vidi gli occhi stanchi ma bellissimi di un verde smeraldino, osservai i capelli sfatti eppure di selvaggia beltà e poi scorsi lo sguardo verso le mie forme femminili che tanto erano state violate quel giorno, quel corpo voluttuoso sembrava nato per provare e provocare piacere e poi divaricai leggermente le gambe e sotto al mio pube ricoperto da non troppi e comunque ben curati soffici peli, eccola la parte di me che più avevo usato quel giorno, bagnata di ogni possibile fluido corporeo. Intinsi un dito al mio interno emettendo un ultimo sospiro soffocato e misi quell’indice galeotto nella mia bocca, la bocca perfetta, quella che in tanti avrebbero venduto l’anima per poter baciare anche solo una volta. Anch’essa pareva gonfia e arrossata come le mie labbra più intime. Allora in un gesto d’estremo narcisismo baciai lo specchio con le labbra a cuore, da bambola o bambina pura e mi misi sotto il getto d’acqua, nuda, esausta, soddisfatta, chiudendo gli occhi e godendo lo scorrere di quell’acqua che mi purificava di tanti gesti peccaminosi.

 

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