Se c’è una cosa che detesto, è essere svegliata improvvisamente. Attenzione, non svegliarMI improvvisamente, sono una di quelle persone che al mattino apre gli occhi e salta fuori dal letto senza troppe difficoltà. Diverso è quando è la sveglia, o il telefono, in quel caso, anche se subito sveglia, sono storditissima.
Chiedetelo a mia madre, la professionista nel chiamarti alle sette del mattino di domenica.
Ma quello che sento non è il telefono, è il campanello della porta, e a giudicare dalla luce siamo ancora in piena notte. Mi muovo scompostamente nel letto, esco dalla camera andando a grandi passi verso il fastidioso suono.
Ad ogni buon conto, nel buio e nello stordimento, afferro il ricevitore cordless del telefono dal comodino.
“cazzo, ho dimenticato di metterlo nella base!” Mi rimprovero, trovandolo sul piano del mobiletto e non in ricarica.
Suonano ancora. Driin driin driin.
“chiunque sia lo ammazzo” pensa una parte di me.
“magari è successo qualcosa” pensa un’altra.
Nessuna delle due si ricorda che stanotte non sono andata a dormire molto vestita.
Il campanello continua a suonare, ovviamente me ne preoccupo, ma urlo “arrivo!” decisamente scornata, e almeno il continuo suono fastidioso smette di tormentarmi le orecchie.
Apro con decisione le mandate della porta blindata, per poi socchiudere.
“ehi ciao!” Solo a capire chi è, la parte del mio cervello che valutava l’omicidio prende qualche voto a favore anche dall’altra.
è il gioiosamente imbecille neoadulto figlio della vicina di casa. Un ragazzo che con il pallone da calcio non condivide solo correre per il campo, ma anche la quantità di materiale contenuto nella scatola cranica.
“che c’è? è successo qualcosa?” Chiedo, comunque convinta che se qualcuno mi scampanella casa alle quattro di notte, ci dev’essere un motivo.
“Non ho le chiavi di casa, quelle del cancello sono assieme a quelle dell’auto… E se suono mia mamma mi ammazza! Ma non potevo fare presto stasera!” Spiega con tono d’urgenza e un sorrisetto ammiccante finale.. Evidentemente sotto la sua voce strafottente, che vuole sottolineare la sua notte brava, c’è il sacrosanto terrore di sua madre.
Una donna che quando urla, la senti anche sotto la doccia, con la musica accesa, dall’altra parte della casa.
Sospiro. “quindi?” Sentiamo l’idea geniale di questo ragazzetto dalla magliettina attillata, il grande eroe della notte. “posso provare a passare dal terrazzo e andare in casa.”
Soppeso per un istante i pro e i contro di chiudergli la porta in faccia e lasciarlo sul pianerottolo, ma non sono così stronza. Non sempre.
Apro la porta del tutto lasciandolo scivolare dentro agile, chiudendola a chiave.
Si ferma a mezzo metro da me, nel buio, disorientato. Ne approfitto per dargli una manata sul culo.
“EHI!” protesta. “così impari a tornare tardi la sera, e soprattutto a svegliarmi continuando a suonare!” ghigno.
“andiamo.”
Sento che non mi muove. Giusto, non conosce la casa.”si, adesso accendo la luce.” Sorrido, toccando l’interruttore e strizzando gli occhi, infastiditi, dirigendomi verso la porta finestra del salotto.
“Emh…” Mi giro verso di lui. “che c’è?” Chiedo, notando che mi guarda dall’alto in basso.
Ops. Non mi ero resa conto che la mia m’se notturna fosse composta da un perizoma e una canotta aderente. O meglio, lo sapevo ma dormivo da sola! Ma soprattutto ciò che imbarazza ambedue sono due capezzoli sull’attenti, e il fatto che il mio presupposto ricevitore cordless sia un, diciamo, amichetto di silicone per serate solitarie.
Guardo perplessa il dildo bluastro per un momento, pensando come abbia potuto scambiarlo per un telefono. Che credessi fosse il cordless fuori dalla base, passi. Che la forma tondeggiante in mano li accomuni, anche.
Che non mi sia accorta dell’assoluta mancanza di tasti, e dell’assoluta presenza di finte venosità, proprio non lo capisco.
“suonavi, nel dubbio ho preso dal comodino quello che pensavo fosse il cordless.” Spiego imbarazzata.
“eh si, capisco… No. Scusa.” E scoppia a ridere. La prossima volta ti lascio sul pianerottolo. Non devo imbarazzarmi, sono una donna adulta, ho tutto il diritto di avere anche la più vasta collezione di vibratori del mondo, e di rilassarmi nel letto prima di dormire. Sbatto comunque il giocattolino sul divano e sottolineo “allora, questa la tieni per te: Anche perché tu NON sei in casa mia a quest’ora…”
“certo, sono nel letto come ogni bravo bambino.”
Apro la porta del terrazzo sorridendo “mi piace quando voi uomini accendete il cervello.”
“non è facile con una in mutande, capezzoli dritti e vibratore in mano” sorride strusciandomisi addosso per guadagnare il terrazzo. Sento un brivido… E non è l’aria fredda che entra in casa, lo capisco benissimo.
Il ragazzo si inerpica agile sul muretto che divide i due terrazzi, salutandomi con la mano. Mi perdo a osservarne il corpo allenato.
Una parte di me suggerisce che “il ricevitore del cordless” potrebbe tornare ancora utile, stanotte… Mi affaccio sul terrazzo, solo per curiosità, e vedo il ragazzo appena dietro il muretto che non sa come orientarsi.
“che c’è?” Sussurro a voce bassa, avvicinandomi ai miei vasi di piante.
“non vedo un cazzo!” Risponde lui, cercando di tirare fuori dai jeans il telefono, palpandosi inutilmente. “ho lasciato il telefonino in auto!!” Piagnucola, facendomi sospirare rassegnata. Salto agilmente il muretto, e silenziosamente gli prendo una mano e lo porto tra i vasi e le sedie a sdraio del suo terrazzo.
“ma come cazzo fai?” Sussurra. “abitudine, e ci vedo abbastanza…” Non starò a spiegargli cosa sia la scotopia, e che come ogni cosa della vista possa essere diversa da persona a persona. Sento la sua mano nella mia tremare, calda, sento il battito del suo cuore, immagino il suo corpo emozionato nel farsi trascinare cosi, l’eccitazione per questa missione notturna sul terrazzo… Non devo pensarci, non devo pensarci! “… Ci vedo meglio perché avevo gli occhi abituati al buio.” Rispondo, e taglio corto poggiandogli la mano sulla maniglia della porta finestra. L’improvvisa frenata lo fa schiacciare contro di me, sento il suo corpo aderire al mio per un istante, il bacino contro il mio sedere, le mani sulle scapole…
Un altro brivido intenso, mi chiedo come sia un giovane cosi, a letto. Molto tempo, dall’ultima volta a letto con un ‘ragazzino’ simile, molto, molto tempo. Praticamente lo ero anche io!
“avete un allarme?” Chiedo distraendomi e spostandomi.
“non lo inseriamo mai quando siamo a casa, siamo all’ultimo piano!” Risponde lui, con sicurezza, facendo per entrare.
Ovviamente le porte sono chiuse. Immaginavo che sicuro di risolvere il problema solo passando da casa mia contasse o sapesse che qualche porta fosse aperta.
“tu immaginavi che tutto fosse chiuso a chiave per bene, e sei venuto da me a svegliarmi?” chiedo a denti stretti.
Lui gesticola nel buio di fronte a me, impanicato. “… Si! Ma mia mamma mi uccide se non torno a casa la sera, speravo che fosse aperto qualcosa, ma mio padre chiude sempre tutto!”
Ringhio sommessamente, come un gatto irritato. “Svegliata alle 4 di mattina da uno che sperava contro ogni possibilità di entrare a casa, renditi conto, io ero nel letto a sognare!”
Sorride, l’idiota. “a sognare con il cordless a vibrazione?”
Nella notte, dalla cime del palazzo, echeggia un discreto rumore di schiaffo sulla nuca.
Sorrido, porgendogli la mano calda. Massaggiandosi il collo, uggiola. “e adesso?”
“adesso andiamo in casa, prima che quel cagnetto isterico che avete si metta ad abbaiare.” Facciamo il percorso a rovescia, mi premuro poco di segnalargli ogni ostacolo, sono troppo irritata, e sarà la strafottenza, la corsetta notturna… Anche parecchio su di giri. Me ne accorgo saltando di nuovo il muretto, di come il mio inguine sia intrigato dal momento…
“vado a suonare a casa, mi prenderò la lavata di capo…”sospira, afflitto, una volta in casa. Provo un moto di simpatia per questo ragazzotto imbecille, colpevole di aver infranto un coprifuoco della madre.
“non puoi dormire in auto? I tuoi non sapranno mai a che ora sei tornato. Puoi dire che non avevi le chiavi, ma per non svegliarli, non hai suonato…”
Scuote la testa sconsolato. “…il mio rientro era ad un’ora per cui non avrebbero fatto storie se avessi suonato…”
Mi mordo un labbro polposo. Vero, ricordo anche io i coprifuoco di mia madre, e il violarli. Ma violarli di poco era una ramanzina blanda, nessun disturbo reale. Mezzanotte e mezza e non mezzanotte spaccata, al massimo mia madre in camicia da notte anziché in vestaglia. Mio padre che doveva alzarsi dal letto e non era sul divano… Niente di eclatante, comunque. Ma a casa molto dopo, ovviamente, voleva essere nel torto e basta.
“facciamo così” mi sento dire senza riconoscermi nelle parole “Tu dormi qui. Domani puoi dire ai tuoi che sei arrivato dopo, ma non cosi tanto dopo. Ti sgrideranno ma dirò che è vero, che stavo rientrando anche io, e per non disturbare ti ho ospitato”
Mi guarda dubbioso. “una mezza verità”. bofonchia. Sorrido. “esatto! Solo che sarà tutto giusto un po’ dopo il tuo orario del rientro, ma non troppo, e io come testimone.”
Sorride. “Offerta vantaggiosa. E in cambio cosa vuoi?”
Una parte di me dice che vuole andare a dormire presto. Una parte di me dice che vorrebbe provare quel contatto di prima… “In cambio voglio che mi lasci dormire in santa pace!” rispondo, altezzosa.
“Se vuoi puoi metterti sul divano, esattamente lì” dico indicandogli il mobile in questione, dietro di lui. “Ah, okay…” dice lui, mogio, avviandosi lentamente.
“Buonanotte, e non disturbarmi” dico sottolineando le ultime parole, senza rendermi conto che possano anche essere intese come un invito a farlo. Vado nella mia camera e chiudo la porta, mi infilo nel letto e aspetto l’arrivo di Morfeo.
Dopo mezz’ora, sono ancora sveglia.
Mi rigiro nel letto senza poter dormire, qualcosa mi agita. “Sarà il caldo”, penso… Ma so che non è vero. La verità è che l’ospite inatteso, sotto sotto, ha risvegliato qualcosa in me.
“Dai su, non puoi pensare a lui in questo modo” penso rimproverandomi “è solo un ragazzotto mezzo scemo”. Eppure, con un gran bel corpo… e l’ingenuità (anche se un pochino maliziosa) della sua giovane età.
Mi ritrovo a pensare che forse sia anche vergine… Mi piacerebbe fargli da maestra, la cosa mi eccita.
Basta, devo calmarmi. Prendo il dildo, oggetto delle sue facili battute. Tutti questi pensieri mi hanno leggermente eccitata, mi sento umida là sotto, le mie dita lo confermano. Mi sfilo le mutandine.
Allargo le gambe e inizio a sfiorarmi la fessura tra le grandi labbra con il dildo. Sì, è proprio quello che ci voleva. Mi sento già meglio.
Il dildo si inumidisce lentamente, passaggio dopo passaggio, è quasi pronto per entrare. Allargo ancora un po’ le gambe. Mi sento aperta, sono pronta. Diamine, me lo merito, stasera ho anche fatto la babysitter.
Punto il dildo verso l’entrata del mio sesso, e lo infilo lentamente. Che bellezza. E’ già dentro a metà, lo sfilo e poi lo spingo ancora dentro. Gemo.
Ah, quanto mi piace… Certo, non è come il sesso vero, ma non posso farne a meno. Mi rilassa, mi diverte, mi piace. Aumento il ritmo, ansimo. Credo che mi sfugga qualche gemito, ma non ho il controllo di me stessa al cento per cento, non saprei dire.
So solo che tra poco godrò, e poi finalmente potrò dormire, beata e rilassata. Ormai il dildo entra ed esce senza più attrito, sono completamente bagnata, e senza volerlo inizio a pensare al ragazzo in salotto.
Chissà se è ben dotato… Chissà se è vergine… Chissà se…
“Ehi, no, cosa fai qui??” urlo cercando di chiudere le gambe, senza pensare che così stringo ancora di più il dildo dentro di me. Il fatto è che lui è sull’entrata della mia stanza.
Ha aperto la porta senza che me ne accorgessi, deve avermi sentito ed è venuto a spiarmi… Chissà da quanto tempo è lì, nel buio non l’avevo visto… Cazzo, che vergogna!
“Vedo che non riesci a staccarti dal tuo cordless…” commenta lui beffardo.
“Ma come ti permetti? Esci subito!” urlo, ma la situazione mi eccita enormemente. Sono seduta sul letto, ma ho le cosce aperte e il dildo nella fica. Mi immagino cosa debba pensare il ragazzo.
Si avvicina. Esci ti prego, vattene, penso disperatamente, non so cosa potrebbe succedere. Ora è di fianco a me, in silenzio. Mi accorgo all’improvviso che è a torso nudo, e mi scopro a fissare le sue spalle e il suo corpo magro e nervoso, i muscoli in risalto.
Mi accorgo che i suoi boxer sono oscenamente tesi in avanti. Non riesco a distogliere lo sguardo. Ansimo.
“Ti ho sentita” mi dice. “Anch’io non riesco a dormire stasera” mi sussurra con quel tono rassegnato che detesto.
“E quindi? Ti dovrei forse aiutare?” gli dico sfidandolo, ma mi rendo conto di quanto ridicole siano le mie parole, soprattutto nella posizione in cui mi trovo. “No, speravo di aiutarti io, per sdebitarmi” risponde, e mentre lo dice allunga una mano e mi sfila la punta del dildo dalla vagina.
“Ehi… aahh!” tento di protestare, ma la mossa mi è indubbiamente piaciuta. Audace, il ragazzo.
“Ah, è così? Bene, allora aiutami dunque, se ti credi così bravo. Spero per te che tu lo sia, altrimenti spiffero tutto a tua madre, domattina.” dico minacciosa, e allargo le gambe sotto i suoi occhi bramosi.
Lui si inginocchia ai piedi del letto, tra le mie gambe, e inizia a leccarmi l’interno delle cosce.
Bravo, penso, buon inizio.
Ben presto passa alle mia grandi labbra, passa la lingua su di loro, su e giù, e la insinua in mezzo. Ho un brivido: sta toccando proprio i punti giusti, non me l’aspettavo.
Ecco, ha trovato il clitoride, sento la sua lingua che lo titilla, senza tregua. Però, ci sa fare… non so se fargli capire che mi piace, sono un po’ indispettita. Non mi aspettavo di provare queste sensazioni, ma la sua lingua è leggera come una piuma, precisa come una freccia, calda come il fuoco.
Gemo, non riesco a trattenermi. “Ti piace vero?” sussurra lui. “Oh sì, eccome…” rantolo, infilandogli le dita nei capelli. La mia vulva è prigioniera della sua bocca, che mi lecca, mi beve.
All’improvviso si stacca, strappandomi un lamento di protesta. E’ in piedi di fronte a me, il rigonfiamento dei suoi boxer è davanti al mio naso. Capisco al volo cosa desidera. Gli abbasso i boxer…
W il suo uccello scatta fuori dall’elastico puntando deciso verso l’alto. E’ proprio bello, e parecchio grosso.
Lo accarezzo con una mano… E’ duro come il marmo, giovane, caldo, pulsante… E la punta è bagnata. Non posso nascondermi che ne sono lusingata. Dopotutto ho qualche anno più di lui. Inizo a masturbarlo lentamente, guardandolo negli occhi: voglio vedere le sue reazioni. Lui ha gli occhi chiusi, si gode la mia azione.
Vedo che cerca di trattenersi, ansima vistosamente… Adesso è mio, farà quello che voglio io. Ma prima voglio assaggiare il suo sapore. Apro la bocca e avvolgo le labbra sulla sua cappella. La sento bagnata, calda, gonfia… mi piace, è delicata… Inizio un pompino a regola d’arte, tenendogli sempre l’asta con la mano e accarezzandogli il glande con la lingua.
Geme, trema.
Adoro avere questo potere.
Sento la mia fica emettere umori che colano giù per le cosce… Adoro sentirlo in bocca.
Ma lo voglio dentro. Lo faccio sdraiare, la sua asta enorme si adagia sul suo stomaco, gli salgo sopra, la prendo e la punto verso il mio sesso. E’ un momento infinito. Mi abbasso lentamente, sento la sua cappella farsi largo in me, mi penetra, mi riempie. Arrivo alla fine,mi siedo su di lui, ora è tutto dentro.
Altro che dildo… Sto godendo anche senza muovermi, mi riempie completamente, lo sento rigido dentro di me. Mi sembra di averlo in gola…
Mi muovo, mi alzo e mi abbasso su di lui, lo cavalco. Sì, così… Stiamo gemendo entrambi, il piacere è troppo forte. Ora lo sto scopando, salto letteralmente sul suo uccello, mi sento trafitta ma godo come mai prima. Sto per venire.
“Non ti azzardare a godere… Sto per venire… Capito….?” gli intimo ansimando, mentre lo cavalco.
Lui stringe i denti, è al limite. Vengo. Mi sembra di svenire, mi accascio su di lui mentre sono scossa da violenti brividi… non ho fiato per gridare.
Lui è ancora duro, ma lo sento pulsare, devo togliermi in fretta. Mi alzo, lo sfilo grondante del mio piacere… E’ proprio bello, così lucido, dritto… Mi metto accanto a lui. “Va bene caro, sei stato bravo. Adesso ti aiuto io…” gli sussurro, e inizio a segarlo. Appena lo tocco, sento che il suo corpo si irrigidisce.
Al secondo movimento della mia mano, una goccia bianca esce lentamente dalla fessura sulla punta della cappella, e scivola lungo l’asta e sulla mia mano.
Lui urla.
Il primo schizzo mi colpisce il seno. Eiacula ancora, sulla mia spalla. Ancora, e ancora… gli ultimi piccoli schizzi finiscono sul mio braccio, poi sulla mia mano.
Il suo corpo è scosso da spasmi, geme in preda all’orgasmo.
“Bene sbruffoncello… Ora posso dormire, spero…” dico sarcastica.
“E non fare più tardi la sera”.
Chissà se mi ascolterà… Spero di no.
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