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Padrone di schiave per forza?

By 24 Novembre 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

Non ho mai avuto una schiava. Questo avevo almeno sostenuto per anni in chat, con le mie interlocutrici. Una chat che avevo cominciato a frequentare di tanto in tanto, nonostante fossero perlopiù donne. Mi interessavano alcune ricette di cucina, ricette di qualche secolo fa, e in quella chat si incontravano appunto delle signore con i miei stessi interessi. Parlavano però essenzialmente di problemi femminili, mariti, fidanzati,compagni incostanti, figli da strangolare ed altre cose di cui parlano spesso le nostre dolci compagne. Entravo, salutavo poi se c’erano le due o tre persone che frequentavo stavo a sentire le loro novità oppure raccontavo le mie. I maschietti erano per regolamento ammessi ma snobbati e spesso educatamente mandati a farsi benedire quando ed accadeva quasi sempre, mostravano troppo platealmente di essere a caccia. Per questo restai meravigliato per l’invito che ebbi a partecipare ad una sessione chiusa. In pratica una discussione a tema su invito. Mi dissero che per la discrezione e la correttezza dimostrata in quegli anni…
Quella stanza divenne sempre più affollata settimana dopo settimana, ed io la frequentavo spesso. Avevo un invito permanente. Si trattavano argomenti scabrosi, ma con serietà. C’erano donne della mia età o quasi, qualche ragazza persino di vent’anni, la maggior parte di loro erano tra i trenta ed i cinquant’anni. Quando introdussero l’argomento schiave ed il contorno di manette, fruste e quant’altro si legge su internet e ne fui interpellato, espressi la mia convinzione: ci sono sadici e masochisti, è vero, ma, non scherziamo… inoltre frustate a dozzine, gatti a nove code, fruste da cavallo, distruggono una persona la uccidono, almeno la deturpano per tutta la vita. Tutte sciocchezze, o quasi tutte. Col tempo l’argomento stufò. Quella stanza privata vedeva ora al massimo una mezza dozzina di presenze ogni sabato, ormai sempre le stesse. Le conversazioni in compenso divennero sempre più disinibite e mi chiesero di nuovo se avessi mai avuto una schiava. Risposi di si, Inventando, perchè se pur avevo chiamato schiavetta qualche donna, se pure avevo legato qualcuna di queste, se avevo fatto qualcosa d’altro con un paio di loro, neppure in sogno mi ero avvicinato alle follie dei racconti on line. Poco dopo, dovemmo traslocare e col mio gruppetto di folli ci trasferimmo dove potevamo discutere in pace, dove cioè nessun webmaster potesse spiarci. Glicine la giovinetta del gruppo con i suoi vent’anni o poco più, le quattro altre sui quaranta ed io ormai prossimo ai settanta.
Accettare Glicine come schiava? ” Non scherziamo? Ho più di settant’anni”.
Eppure lasciarla cadere nelle “sgrinfie” di qualche bastardo è peggio.
“Sono sola, senza nessuno cui chiedere aiuto, che mi sostenga, voglio una voce che sappia dirmi cosa possa o debba fare”… e più avanti:” con la morte della nonna sono sola. Era l’unico sostegno, l’unico appoggio. Una cappa di tristezza mi avvolge soffocandomi”.
Non so che fare. Dal punto di vista fisico, nessun problema. Giulia, la mia amante sia pure saltuaria, tipo una volta al mese di media , ride quando parliamo della mia età. Sostiene, sapendo che non è vero, che mi imbottisca di viagra. Mai preso niente del genere. Merito invece della sindrome di atavismo di cui soffro da sempre; la totalità dei maschietti, dai dodici anni in su ci farebbero la firma. “I cagnacci e le scimmiette”, mormora una vocina che zittisco contro voglia. Ma da una donna mi aspetto anche qualcosa di più che sesso da faine in calore. Schiava, amante od amica, voglio qualcuno con cui colloquiare, discutere, condividere le ore in cui non si scopa. Non mi vedo a mio agio alla reception di un albergo, chiedere una camera con una ragazza che potrebbe essere mia nipote; immagino al mare le occhiate dagli ombrelloni vicini. E poi di cosa parleremmo? Degli amori dell’ultima rock star?
Immerso in questi pensieri l’uomo passeggia. Se anche non dimostra settant’anni, non è certo un ragazzino. La stanza è buia, illuminata di tanto in tanto dai lampi del temporale che sembra scaricarsi lontano, a nord di Milano.
Deve prendere una decisione. La deve assolutamente prendere entro pochi giorni. Non si perdonerebbe se Glicine finisse, nonostante tutto in malo modo, tra le mani di un bastardo che ne faccia una puttana e la sbatta su un marciapiede, cosa comune in certe situazioni ed ambienti.
Avesse trent’anni od nche solo venti di meno non esiterebbe.
E’ stato un bel bastardo anche lui tutto sommato. Ripensa di nuovo alle scimmiette ed ai cani contro cui, certo in sogno, ha combattuto per difenderle. Lui però è cambiato quell’estate; è maturato, hanno detto gli insegnanti dopo un mese di scuola. Le pagelle dal primo trimestre in poi lo dimostrarono. Promosso senza problemi alla terza, con ottimi voti dalla quarta ginnasio in poi sino alla maturità classica ed all’università. “E non studiavo più di prima”,era il metodo di studio che era cambiato? C’era anche il fatto della sindrome. Come la quasi totalità dei ragazzini aveva cominciato a dedicarsi con entusiasmo ai giochi di mano. Non pensava di essere divero dagli altri coetanei. Finita la quarta ginnasio e di li a qualche mese quindicenne, la donna di cui ricordava tutto tranne il nome a meno di chiamarla “Nave scuola oppure Vespucci”, come lei stessa si definiva, si meravigliò enormemente, ed entusiasta, gli spiegò che era invece molto diverso dagli altri maschietti. Gli insegnò …moltissime cose. Pur avendone dimenticato il nome, ricorda quasi ogni singolo attimo di quella lunga estate sull’ Adriatico. Era stata una maestra paziente ed esigente per due mesi. In seguito si convinse di essere stato trascinato nel letto di lei, che pure l’accusava di averne approfittato con la complicità del bicchiere di vino offertole che lei pur astemia aveva bevuto. Alto per la sua età, dimostrava forse più dei suoi anni.Condividevano la cucina , l’ingresso ed il bagno dello stesso appartamento. Un posto rimediato dai suoi genitori che anzichè passare le vacanze con lui, dovettero andare all’estero per lavoro. Abitava con loro una terza persona, ma non interferiva. Mangiava, beveva e frignava, come tutti i piccoli di sette od otto mesi. Lei, maestra d’asilo, vedova trentenne, era pagata per accudire il frugolo che aveva bisogno di aria di mare mentre i genitori non potevano stargli appresso. I miei erano stati felici dell’accomodamento offerto dal padrone di casa e della presenza della stimatissima vedova, in cambio della caparra che avevano versato per una casa per tutti e tre.
Per qualche anno quelle lezioni erano state inutili, ma poi…

Qualche ragazza e qualche sposotta. Troppo poche delle une e delle altre,anche all’università. Maria,si certo, Maria. Lui arrotondava lo spillatico che il padre, ormai residente in Canada gli faceva versare tutti i mesi, con diversi lavoretti.
Il tempo era poco e poco era il guadagno. Spendeva poi per una sua idea su come investire in borsa con profitto ed al tempo stesso a rischi azzerati. Ad azzerare i rischi non ci riuscì ovviamente mai. Di tempo, oltre a frequentare un corso specifico tutte le settimane, ne dedicò molto. Il costo vivo era l’acquisto delle pubblicazioni giornaliere, settimanali ed ebdomadarie che gli erano necessarie per sperimentare la sua teoria. Stava per rinunciare, aveva anzi rinunciato quando ereditò da uno zio di sua madre. Non uno sproposito ma abbastanza. Maggiorenne da poco, cioè aveva ventun anni, era all’inizio del terz’anno e viveva con un’altra anziana parente di sua madre quando la conoscenza della dottoressa Maria divenne qualcosa d’altro. L’aveva conosciuta mesi prima per uno dei tanti lavoretti. Per qualche tempo, a mezzogiorno un panino al bar. Lei aveva circa trent’anni. Piccolina,ben fatta, appena un poco tondetta, un bel viso. Una cordiale e superficiale conoscenza. Poi l’incontro, pioveva, l’offerta di un passaggio sino a casa per mostrarle, orgoglioso, la macchina appena comprata, l’invito a salire, per un aperitivo. In realtà, lo capì subito, le servivano due braccia robuste per spostare dei mobili. La aiutò volentieri. Poi certo involontario per entrambe un contatto, poi un abbraccio sul divano su cui erano caduti. Il primo bacio, gli altri baci…il letto. Era un pasticcio. Era innamorato e per quella sera Angela lo aveva invitato a cena ” I miei sono partiti, saremo soli. Ti chiamo subito dopo l’esame, ho una fifa tremenda, ti dico come è andata e ci mettiamo daccordo”. Dio Che Pasticcio. Si, era stato un gran pasticcio. L’aveva vista in università e subito desiderata, voluta, sognata. Un sogno subito rivelatosi assurdo.
Famiglia di tutto riguardo, più vecchia di lui di un anno e più, frequentava l’altra facoltà della Bocconi, lingue, e si sarebbe laureata prima di lui. Elegante, andava alle lezioni senza dare confidenza a nessuno, rispondendo a stento o non rispondendo affatto. Come fare a corteggiarla o solo poterle parlare? L’amica di un amico li presentò. Poi mesi di agguati, nei quali si limitava a dirle ciao incrociandola e proseguendo senza girarsi ne importunarla, senza sembrasse interessargli. Lo chiamava ” metodo salutare”. E funzionò. Fu lei a chiamarlo dopo il solito ciao ed a chiedergli …poi, qualche tempo dopo un caffè, non in sala convegno, da Gattullo.
Una richiesta di aiuto per la prima parte dell’esame di inglese e un’ora in salotto da lui sotto l’occhio beffardo della nonna chiamata a fare da shaperon. Era cominciata così ed in un anno non erano andati molto oltre. Non che le altre ragazze in Bocconi si buttassero ai piedi dei colleghi, ma questa, Angela, esagerava. Non ne poteva più. Ma le solite ragazzette che ramazzava altrove gli interessavano sempre meno anche se in mancanza d’altro…Aveva deciso di metterci una pietra sopra e questo forse fu la soluzione. Fu Angela a chiedergli perchè la evitasse. ” Perchè ti voglio bene” ed aveva girato sui tacchi andandosene. Fu ancora lei a farsi viva. Perchè? Perchè? Perchè? Perchè non sopporto di vederti tutti i giorni, parlarti, senza neanche poter sperare…Non aveva ovviamente neanche accennato a quello che realmente lo ossessionava, ma, ne era certo, lei lo aveva almeno supposto. Poi qualche panino a mezzogiono, col tempo fugaci incontri, un cinema. Era abbastanza libera per quei tempi. Lo baciò di sorpresa sotto l’androne di lei, un pomeriggio. La voleva da morire e cominciava a chiedersi se il suo fosse amore o voglia rancorosa. Se lo chiedeva spesso, passando da una risposta all’altra. Da qualche tempo aveva decisamente optato per l’amore. Si immaginava in pantofole, fumando la pipa, la pipa? Quando mai! Comunque nel loro appartamentino, lei che studiava o trafficava per casa, di la il letto. Già, il letto. A quello non rinunciava.Ora Angela era disponibile molto più spesso. Cenette in ristoranti che lo svenavano, almeno, per la parte soldi.Poi l’eredità, la macchina. Era stata la prima a salirvi dopo la nonna. Baci e carezze che sia pur con certi limiti lo avevano portato in paradiso anche se c’era il risveglio quasi immediato. Qui no amore, può venire gente, mi vergogno, ho paura. La sera prima l’invito a cena, a casa di lei. Via da Milano i genitori, avrebbe cucinato per lui. Saremo soli amore
Era arrivato puntuale, nonostante l’oretta o poco più nel letto dell’altra. Vergognoso, timoroso che in qualche inimmaginabile maniera lo scoprisse. Lustro dopo la doccia. Dio non voglia che senta un altro odore. Aveva accettato la grossa scatola di dolci, mormorando solo un “grazie” di circostaza. Siediti caro, dobbiamo parlare. Era uscito mezz’ora più tardi senza sbattere la porta perchè non ne avea le forze. Lei voleva sposarsi con l’abito bianco. E allora? Vergine, capì subito dopo. E questo non lo accettava ma…mancavano anni prima che portessero sposarsi aveva detto Angela. Due di università forse tre, il servizio milatare, trovare un lavoro era facile, meno facile trovare un lavoro buono abbastanza. Fare quel minimo necessario di carriera, un altro anno. La ditta di famiglia, aveva continuato Angela, ha a Milano un ufficio di rappresentanza, papà lo dirige, potresti cominciare lavorando un poco li. Mamma dice però che papà non deve sapere niente. Nessuno deve sapere. Era uscito umiliato, senza proferire verbo. Lei aveva capito e livida gli aveva porto la scatola del Galli, i più famosi marons glacais della città.
Aveva camminato per qualche decina di minuti, poi un bar e la telefonata. Maria? Ho dimenticato da te la borsa. Si è qui. Come è andata? Aveva detto trattarsi di un importante cena di lavoro. Benissimo, non mi hanno fatto perdere tempo. Anzi mi hanno liquidato in mezz’ora. Le otto erano passate da poco. Ti spiace se vengo a prenderla adesso? Parcheggiando davanti ad un bar aveva deciso di dare a Maria i dolci. Perchè no?
Lei era vestita di tutto punto. No, non stava uscendo. Sei gentile, entra siediti in sala, sto facendo il caffè. Gentile ma freddina. La sveltina del pomeriggio certo non la aveva entusiasmata. Era quasi certo che l’avrebbe liquidato subito. Forse no, perchè il caffè? Educazione, cretino,è una donna non una ragazzetta. Poco dopo la vide tornare con il vassoio. Napoletana. Bene, non la moka appena sul mercato. Avrebbe avuto qualche minuto in più. Ma non sapeva cosa dire. Cosa dici ad una donna scopata per la prima volta qualche ora prima e piantata come una pelle di fico dopo una sveltina insoddisfacente per entrambi? La osservò. Seria, niente smancerie, anzi neanche una parola. Però, però sembrava aver gradito i dolci. Si era anzi meravigliata del rametto di fiori di pesco freschi fuori stagione.” Sono freschissimi, da dove arrivano?” Li metto in un vaso,in camera, voglio vederli svegliandomi. E poi: Adoro questi marroni, ancora grazie, non dovevi. Si una donna. E la desiderò quanto avrebbe dovuto desiderarla qualche ora prima. Immaginò che lei lo avesse capito. No al massimo intuito,forse.
O lo sgurdo lo aveva in qualche modo tradito,o, niente. Mi spiace, Maria, oggi sono stato imperdonabile,io vorrei…il dito di lei sulle labbra lo fece tacere. Era di nuovo la seria dottoressa compagna di qualche panino. Tacquero entrambi, a lungo. Finirono il caffè. Ora gli avrebbe detto…No, alla disperata si fece accosto, le circondò le spalle, si fece ancora più vicino cercando e trovando le labbra di lei che aveva solo parzialmente distolto il viso. Terrore, tra un attimo uno schiaffo, parole roventi, ignominiose. Le labbra di Maria erano serrate,dure. Il corpo rigido. Lui si scostò appena il necessario per farle scostare il capo di lato, verso la spalla maschile. Perdonami Maria, perdonami. Se vuoi me ne vado, non ti disturberò mai più e nessuno, assolutamente nessuno saprà niente, ma ti voglio, ti desidero da quando ti ho conosciuta. Ti voglio ripetè più volte, facendosi di nuovo vicino, carezzandole la schiena, sei bella, sei desiderabile anche quando sei fredda e cattiva come adesso, gelida, algida. Forse stava esagerando. Algida! Ma no.Lei si era leggermente appoggiata al ragazzo che sentiva le poppe premergli sempre più sul fianco e sul petto. Ne cercò ancora la bocca che ora era più morbida ed arrendevole, almeno un poco più dolce.
La chiosa di denti si aprì sollecitata dalla lingua, ed infine rispose al suo bacio, poco convinta forse, ma rispose. Sollevandola di peso per mettersela sulle ginocchia si meravigliò come spesso una donna pesasse apparentemente il doppio di una ragazzina di pari taglia. Il pensiero di un attimo, chè aveva altro cui pensare. Primo, non esagerare, si disse.Era il libretto di istruzioni delle sue due maestre” Fai sembrare che la baci e la carezzi per la prima volta.” E la carezzò come fosse una vergine tra le braccia di un uomo per la prima volta appunto. Senza fretta, senza precipitarsi al”punto”, quasi fosse timido mentre timido non lo era più da molto. Piccoli baci sulle labbra appena schiuse, sulle palpebre, il collo, i lobi cui dedicò tanti piccoli morsi, mentre la mano carezzava la nuca, le spalle, i fianchi. Non scendeva però oltre, non cercava se non quasi per errore i glutei che già sapeva sodi o le cosce nervose. Nè risalendo si soffermava sui seni colmi. No, Carezzava di nuovo le spalle il braccio sino al gomito. Le slacciò con una sola mano un bottone della camicetta: quello del polso. Sospinse in alto la stoffa leggera portando la mano della donna e l’avambraccio alla sua bocca. Baciò il palmo della mano, strinse i denti sul braccio, forse con un pò più di forza di quanto volesse. Un sussulto. Ti ho fatto male, pedonami. Un bacio toglie la Bua. Ma subito dopo fu Maria a baciarlo, con foga, per poi abbandonarsi letteralmente contro di lui che rispose al bacio ed andò oltre per poi sollevarla di peso e portarla sul letto.
La adagiò in modo che solo la schiena fosse sulle coltri, forse anche parte delle natiche. “Così potrai a tempo debito sfilarle le mutande e lei si sentirà vulnerabile, e si ecciterà. Ma non spaventarla.”Era fatta e ne era lieto e soddisfatto, eccitato e fiero.E seguì ancora il libretto di istruzioni delle due sue maestre. Mai, ripeto mai, anche se è lei a volerlo, mai avere fretta nello spogliare una donna. Anche se siete amanti da tempo. Mai permetterle di spogliarsi da sola se non dicendole che ti eccita vederla mentre si denuda per te. Mai spogliarti prima di lei a meno che tu non ti metta a letto ad aspettarla, ed anche così,,,meglio di no. Spogliala e poi fatti spogliare. Per prima cosa la giacca, il sopra. Un uomo senza scarpe e vestito di tutto punto è ridicolo. Poi, le scarpe ed immediatamente dopo, è tassativo, ricordatelo è tassativo via i calzini. Per i pantaloni decidi tu.

Il temporale si era allontanato. La casa era silenziosa. Si Shucrì? Andrei a dormire dottore. Desidera un caffè. No buona notte. Gli insegnamenti delle sue due navi scuola! Trenta era stato un numero magico nella sua vita. Aveva trent’anni la prima donna con cui aveva fatto l’amore. La Montecuccoli come ridendo si faceva chiamare. Due mesi insieme, senza problemi se non fare l’amore, parlare, ridere e badare al frugolo che per altro non rompeva più di tanto.. Ti amo, le aveva detto e certo in quel momento era vero.No tesoro. Sono solo la prima donna con cui fai l’amore, che scopi. Scoprendo la sua diversità lei ne aveva approfittato, raccomandandogli però di celarla a chiunque se non voleva diventare un fenomeno da baraccone.
Gli aveva insegnato come carezzare ,dove, quando. Cosa fare e non fare per dare piacere ad una amante terminando però con ” per il resto segui il tuo istinto,fai quello che senti.”

Si trent’anni aveva la Montecuccoli, trenta la Dott.sa…Maura, trent’anni, più tardi, Maria. Il temporale si era allontanato verso levante. Non aveva sonno. Difficile staccarsi da ricordi che avevano segnato così profondamente la sua vita. lui ventenne, cinquant’anni prima.
Maria,trentenne o poco più, divenne, in poco tempo e se pur per gradi, la sua DONNA. All’inizio freddina tra le coperte anzi gelida, quasi indifferente a lui che si trovò invece da subito letteralmente goloso di quel corpo e della compagnia di lei in ogni momento della giornata. Si sgelò però, per gradi appunto ma rapidamente. Rispondeva ai suoi approcci all’inizio timidi con un sorriso invitante. Ed era subito il letto. Si smarrivano l’uno nelle braccia dell’altro. Lui sempre più avido, lei sempre meno fredda, anzi sempre più partecipe. Aveva decisamente rifiutato di fare l’amore se non nel modo più convenzionale. Un giorno sfiorò con le labbra le dita dei piedi di lui reduce dalla doccia. Risalì il suo corpo, evitando, per le prime, il pene. Per le prime. Infine, dopo mille rifiuti, chiese di essere legata per dare via libera al suo buchetto vergine. Temeva di dibattersi troppo, di gridare troppo. Percorsi per la prima volta quella via stretta stretta mentre lei gemeva nel bavaglio. Sono la tua schiavetta gli disse qualche giorno più tardi, per gioco, e lui, per gioco, rispose che era il suo padrone. L’aveva rapita dalla casa di suo padre e fatta sua. Ridevano, si univano, e lui godeva nel darle piacere. Quel buchetto veniva usato molto spesso. Maria godeva, gli disse, anche quando la prendeva in quel modo oppure usava la sua bocca. Un piacere cerebrale nel vedere come riusciva ad eccitare e a dare piacere a lui,il suo uomo, ‘il padrone di questa schiavetta.’ Col tempo, qualche giorno soltanto forse, annodarono alla rete del letto vari capi di un grosso spago e lei si faceva legare con nodi a ciocca. Bastava tirare per liberarsi. Si presentò infine con il necessario per ‘accudirlo’: un vassoio, dei bacili, della garza. Dopo la quasi inevitabile sodomizzazione gli lavava il pene, lo sciacquava e lo asciugava per poi baciarlo e succhiarlo fino a ridargli forza e forma. Amava poi stendersi sopra di lui con il ‘padrone del suo padrone’ ben conficcato entro di lei. Parlavano ridevano, si carezzavano, fino a chè si riaccendeva il desiderio oppure si addormentavano. Fu lei a suggerirgli di intrecciare lo spago, di farne una sferza. Lui colpiva con tutte le sue forze… le coltri. Colpiva anche quel corpo steso, talvolta sciolto e libero di torcersi per l’immaginario dolore o debolmente avvinto. Lo colpiva con tanta veemenza da non lasciare neppure un minimo segno. Mi piace, amore, padrone, mi fa venire i brividi. In effetti quando il braccio calava,Maria chiudeva gli occhi, tratteneva il respiro. Un mese per affidargli il suo corpo incondizionatamente. Di più per concedergli un briciolo di confidenza in altre cose. Aveva amato il marito che pure si era dimostrato… indegno forse? Non andava oltre. Impiegò un bel tempo, anche davanti alle perplessità di lui che pure non amava i profilattici, a dire, a’confessargli’ che come anticoncezionale usava il diaframma. A quei tempi la ‘pillola’ esisteva, ma non in Italia. Proibito anche solo accennarvi. Se la procurarono. Maria non era molto abile in cucina ed anzi detestava cucinare. La nonna ormai accettava che il nipote trascorresse fuori le sue notti. Aveva però preteso di conoscerla e si erano viste. Stranamente si erano piaciute. Divennero suoi frequenti ospiti a cena e dopo una sera temporalesca Maria cominciò pure a dormivi. In stanza con lui? Certamente no. Nonna aveva fatto ripristinare la stanza contigua a quella di lui e riaprire la porta da tempo ostruita…
Mio marito era una carogna. Gli piaceva, un attimo di attesa,poi con un filo di voce quasi rotta, gli piaceva ostentarmi, far credere che fossi una cosa sua. Una cosa. Cosa vuoi dire? Non disse di più. A lui non importò più di tanto. La conosceva abbastanza per sapere che era meglio attendere che lei si sentisse pronta, come per il culetto, ancora troppo stretto ma pure…molto accogliente. Come per la bocca ormai esperta. Tanto esperta che fu lei a cercare di introdurselo in gola. Dammi tempo e ti morderò, ti morderò le palline. Più forte padrone! La ‘corda’ ora lasciava una leggerissima traccia rosata. Mai più di una, o forse poche soltanto perchè non era certo nelle intenzioni di lui farle male. Appena un poco. Mio marito, con tre amici del suo calibro e le loro puttane. Gli piaceva mettermi le mani addosso, dire che mi avrebbe fatto quello che mi fai ormai sempre tu. Non l’ho mai permesso. Ma mi carezzava davanti a loro. Le altre, la moglie di uno e l’amante dell’altro dicevano di fare come loro. Di lasciarlo fare, di non farlo incazzare, sarebbe potuto diventare cattivo. Non erano quattro uomini? Quattro contando mio marito. C’era un terzo,uno studente. Stava come un salame a sentire ed a guardare. Un sospetto. Era innamorato di te o di una delle altre? La mancata risposta me ne fece certo. Geloso? Dieci anni dopo?
La baciai, la coccolai le feci mille moine e come sempre tutti i salmi finirono in gloria.
Fu lei a presentarmi il misterioso studente. L’avevamo incontrato in un ristorante cinese. Lei accettò per entrambe l’invito dell’Avvocato e di Tilly, la sua troppo giovane amante. Quella sera Maria aveva sul seno sinistro il segno di un colpo inferto involontariamente con troppa veemenza. In cucina, allestendo uno spuntino in sostituzione di quanto lasciato nei piatti al ristorante non all’altezza della nobile ed antica tradizione cinese, le ragazze avevano parlato un poco. Anche noi, in salotto, avevamo parlato. Aveva visto il segno ‘inavvertitamente’ scoperto da Maria nel sistemare il foulard. Non dissi molto. Bastava ciò che aveva visto. La frusta spesso? Mai, avevo risposto, da quando ha imparato ad ubbidire. Lo avevamo rapidamente concordato per la strada.Ma in cucina,a che gioco giocava la mia Maria? Vendetta? Forse lo disprezzo soltanto aveva poi detto. No, però, anche lui deve pagare. Si, la parte importante l’aveva giocata proprio Maria in cucina. Ora, aveva detto a Tilly, la frustavo raramente. Solo se sbaglio o disubbidisco. Lo amo sono sua. Faccio tutto quello che mi chiede.Forse raccontò qualche cosa in più o la inventò o lasciò che Tilly giungesse a conclusioni errate.
Maria aveva saputo che l’Avvocato partiva per un soggiorno all’estero di molti mesi. Non poteva portare con sè l’amante, non sapeva dove lasciarla, non voleva perderla. A dire il vero non aveva concluso molto con lei. Lo amava, viveva con lui che non aveva potuto o saputo ottenere ‘quello che il suo amante ottiene da lei’. Ovviamente l’Avvocato aveva saputo tutto. Qualche cena insieme,da lui o fuori o da Maria ed una conoscenza sufficiente era stata fatta. Rispondevo solo in minima parte a quello che lui, troppo curioso, mi chiedeva come fossimo complici. Poco prima della sua partenza chiese di potermi affidare Tilly. Al mio rifiuto insistette. Rifiutai di nuovo. Avrei dovuto ospitarla e questo passi, ma anche addestrare Tilly. No. Fu Maria alla fine a convincermi. L’Avvocato mi pregò solo di non farla possedere da altri oltre me. Ripetè la richiesta in aereo, diretti a Roma. Io per un particolare del mio lavoro, lui per il volo intercontinentale. Tornando a Milano trovai una Tilly che strisciava lungo i muri. Un poco di spago, disse Maria ridendo soddisfatta. Quella sera feci l’amore con Maria, l’indomani mi portai a letto la ragazza. Qualche tempo…il resto. Fu sempre Maria a mettere nel mio letto Angela. L’avevo amata, odiata, dimenticata? Fu facile amarla di nuovo, come amavo Tilly, non quanto amavo Maria. Col tempo arrivai a non fare differenze, non molte comunque. L’Avvocato sembrò mollare Tilly. Ne fummo tutti felici perchè Tilly mi amava ed era felice con noi. Amava pure lui. Fu sempre molto confusa,e non poco angosciata per questo Per gli anni che passammo insieme fu una amante fedele, un poco gelosa ed impulsiva. Al dunque ubbidiente. Come Angela.
Studiavamo, lavoravo, facevamo l’amore. Una sera, guardandole mentre bisticciavano come spesso accadeva per un nonnulla, mi dissi che ero letteralmente felice e mi consideravo immensamente fortunato per possedere ben tre donne. Quelle tre donne. Lo dissi ad alta voce. Facemmo l’amore tutti insieme e ringraziai la sindrome o le tre scimiette od il caso che mi aveva fatto in modo che ciò potesse avvenire. Durò a lungo. Le persi molti anni dopo. Prima Angela chiamata da doveri di famiglia. Aveva trascorso con noi più di dieci anni. Qualche anno dopo ricomparve l’Avvocato. Combattuta, costantemente in lacrime, mi chiese di lasciarla andare. Acconsentii con la morte in cuore. Si Sposarono. Vent’anni dopo che ci eravamo uniti Maria morì.
Abitavamo ancora nella vecchia casa. Lei cinquantenne ed io ovviamente quarantenne. Amanti innamorati, fedeli, felici, pur ricordando spesso Tilly ed Angela. Avevamo quasi ricostruito con le nostre mani questa vecchia casa. Deciso cosa fare e come fare. Mi ha fatto giurare di non vivere solo di ricordi, di amare ancora. L’ho giurato ma, se pure ho avuto in questi trent’anni altre donne, non le ho mai amate ma solo desiderate e godute. Non credo proprio di potermi innamorare ancora. A settant’anni poi è semplicemente ridicolo. Amo e stimo, penso riamato, ma non le ho mai sfiorate con un dito, Ashila, Katra e Shukkrì. Amo i loro figli di cui sono padrino. Amo e stimo i loro mariti. Ho avuto la fortuna di poterli aiutare a far rispettare alcuni loro diritti vitali. Si vitali. E’ quasi mattino. In parte ho dormito su una poltrona. Domani deciderò per la mia sconosciuta che frequento su internet da anni. Glicine. A casa di Giulia, a letto con Giulia dopo aver fatto l’amore con Giulia. Perchè? Perchè mi ha chiamato lei. E’ un giorno importante per noi. Indispensabile, inevitabile e doveroso rispettare l’abitudine anche in un giorno per me molto particolare e lei lo sapeva. Era stata la mia confidente, consigliera e complice divertita. Dovevamo però anche festeggiare l’anniversario del nostro primo incontro, a diecimila metri d’altezza. Ero stato sul punto di perderla, certamente e definitivamente. Idiota. La guardai e lei mi sorrise. Un poco scarmigliata, portava i capelli rosso scuro troppo lunghi. Inutile dirglielo. Si aspettava un dono, un dono che la stupisse.Non era mai facile stupirla, sorprenderla. Sei ricco, gli aveva detto poco dopo che erano diventati amanti tre anni prima, un poco meno a dir la verità. Non voglio regali. Non voglio regali costosi. Non da te. Non era una donna venale od una professionita come, vedendoci, qualcuno o tutti avrebbero potuto sospettare. Vive del suo lavoro e possiede questa casa, vicino a Brera. Roba non da poveri. Avevo capito anzi che se ne sarebbe adombrata, offesa. Mi stupisci sempre. Anche questa volta non avevo speso molto, ma era stata una scelta non facile. Mi aveva baciato, un bacio che era un grazie tra amanti che dopo qualche settimana di vita praticamente in comune in questa casa, si erano quasi lasciati. Amanti saltuari tipo una volta al mese. Si era illuso che fosse un grande amore, certamente l’utimo data la differenza di età. Piero aveva allora quasi settant’anni, Giulia ventiquattro. Eppure lo rattristava non sentirla, non vederla, non abbracciarla a volte per settimane ma anche, raramente, per mesi interi. Se la chiamava troppo presto lei si negava. Lavoro, viaggi, diceva. Talvolta si faceva sentire lei. Come quella mattina, quasi a rammentargli la data. Eppure due giorni prima aveva detto che aveva molto, troppo da fare. Oggi invece… Si, caro, mi hai di nuovo sorpresa, non immaginavo…questo. Dopo, il bacio di commiato era diventato qualcosa d’altro e l’aveva sentita abbandonarsi, farsi greve tra le sue braccia. Certamente, o solo forse, non era un bacio di commiato. Raggiungo e bacio con tenerezza il lobo, il collo, ne aspiro il profumo ed il lieve afrore Non dovevi uscire? Dovrei ma non voglio. E tu? Potevo restare. Con te cara, sempre. Una telefonata ciascuno, la consueta doccia insieme. Mi aveva baciato come solo talvolta accadeva, facendomi mozzare il fiato ed irrigidire ancor più il membro stretto tra i due corpi bagnati. Si era offerta, rorida già dei suoi umori. Cosa rara. Ancora umidi, dopo poche carezze, mi aveva attirato sopra di lei, sollevando il ventre, proteso per darsi, per farsi prendere ancora meglio, più a fondo, alitando appena mentre entravo per uscirne talvolta e rientrare subito, con tutta la delicatezza possibile, nel sesso scivoloso, caldo, impaziente ed incredibilmente stretto se pur elastico, diabolicamente, deliziosamente accogliente. Poco o molto più tardi, raggiungevamo il quasi introvabile paradiso degli amanti. Silenzio, forse qualche minuto di sonnolenza gradevole o di vero sonno, ognuno nel suo pezzo di letto. Ti sei al solito imbottito di viagra. Lo diceva sempre, ben sapendo non fosse vero. Tripla razione, fu la risposta. Qualche momento ancora tra le braccia di lei. E perchè mai andarsene? Al diavolo Glicine! Allora l’hai vista? Com’è? Una sorpresa. Una doppia sorpresa. Ho fatto come avevamo detto giorni fa. Nel bar che ho scelto. Segnali di riconoscimento e tutto. Bella, non molto alta, nera di capelli, bella faccia, bei lineamenti, si bei lineamenti ma non stucchevoli. Tutte e due. Come in due? Son venute in due? E vogliono tutte e due…? Si due ed identiche. Gemelle. Giulia rise portandosi la destra alla bocca, per frenarsi forse, per poi girarsi sulla pancia, sussultando… Si riprese. Altro che doppia sorpresa. No, non ti ho ancora detto la sorpresa numero due. Ancora? Un’altra? Piero, scherzi? Per niente. Mascherina per vedere solo foto e data di nascita sulla carta di identità. L’ho fatta coi tovagliolini del bar. Hanno compiuto 18 anni da due settimane e qualche giorno. Poi ho ascoltato la loro storia, questa più o meno come sapevo, tranne l’età. Cinque anni circa meno del previsto. Ho dettato le mie condizioni; le conosci. Dovrebbero essere già a casa mia, come da ipotesi di programma. Sii prudente, Piero. Si cara sono giovani ma maggiorenni. Ho registrato le sue, anzi le loro invocazioni di aiuto e le mie risposte. Giulia poggiò il capo sulla mia spalla. Cosa vuoi fare? Convincerle nei limiti del possibile che sono due sciocche ragazzine. La pensavo così in quel momento, quasi così. Eppure erano deliziosamente belle, attraenti e conturbanti nella loro ingenua semplicità di ragazzine per bene. Erano maggiorenni, aldilà di ogni dubbio, capaci legalmente di disporre di sè. Ma avevo, ho, cinquant’anni più di loro. Loro dovevano finire la seconda liceo, roba di giorni, affrontare, l’anno successivo, gli esami di maturità . Pensò e disse che le avrebbe spaventate. Le avrebbe indotte a riflettere. Ero io in quel momento a non voler più riflettere. Volevo avere, possede, godere ancora in quel corpo di donna, non di bambina, che avevo tra le braccia. La presi e più tardi, già di pomeriggio, abbiamo fatto ancora all’amore, più volte, fino all’esaurimento. Al mio esaurimento. Non capitava da un mucchio di tempo. Ne hai preso meno del solito di viagra? Giulia teneva gli occhi socchiusi. Arrossata in volto ma il respiro tornato lento di femmina impigrita e soddisfatta. Mi bacia, un bacio lieve. Vattene ora, vai da loro. Mentre mi vesto guardo quel corpo discinto tra le coltri sconvolte. Sai Piero. Si cara. Spaventale, falle ragionare, ma…ma se non ragionano… meglio tu che qualsiasi altro. E te lo dico io che…ti conosco bene, e non solo a letto. Senza coprirsi, anche questo era insolito, si alzò per seguirmi fino alla porta. Un ultimo bacio, forse un sospiro. Dalla strada, alzando gli occhi alle sue finestre, pensai di intravvederla ritrarsi di scatto. La desideravo, la amavo, almeno un poco; una volta tanto però ero decisamente sazio. Sazio ma…teso, curioso, preoccupato, e che altro? Non lo sapevo.Ringrazio le tre scimiette vestite di rosso del roccolo, da bambino; non credo ai dischi volanti. Certamente il sogno di un ragazzino. Ringrazio in alternativa la sindrome di cui, a vent’anni, un medico mi disse, soffrissi e soffro. Disse anche che ogni maschio avrebbe fatto cambio…ringrazio la natura, il destino e la vita che mi hanno messo in grado di essere quello che sono.
Mi sono fatto scaricare dal taxi fuori del giardino di casa, oltre la periferia. Il vecchio muro coperto di rampicanti, il cancello, il poco vialetto visibile da fuori, non tradiscono le dimensioni del Paradiso, progettato e realizzato quasi trent’anni anni prima. C’era una vecchia proprietà, una vecchia casa…inutilmente in famiglia da tanto, ed anzi fonte di beghe col Comune. Beghe risolte. Sospiro, sudo per il caldo quasi feroce, nonostante il sole stia calando. Seguo il tracciato più breve, anche per non camminare sulla ghiaia. Pure così, ci si impiega un poco. Non è piccolo quel giardino. Non è piccolo, due piani fuori terra, niente scantinati ma con il seminterrato, il palazzotto che infine compare. Vecchio non antico, ed è un bene. Niente Belle Arti o cose del genere. Maria ed io,insieme a due bravi architetti più un architetto di giardini ed il gioco fu fatto. Più una bella dose di soldi. Ma li avevo e li ho. Me li guadagno ancora oggi lavorando a modo mio. Potrei ormai farne a meno, del lavoro intendo e di altri soldi. Ci vivo comodamente, quasi serenamente da una trentina d’anni con le mie tre belle protette ed i loro mariti. Ci vivono e ci lavorano. I figli ormai hanno preso il volo. Lavorano e studiano non lontano ma a casa loro. Talvolta vengono a dare una mano ai genitori, sono i miei figliocci. Salgo i pochi gradini e Shukkrì mi apre. Un gran sorriso. Tutto bene dottore? E’ bella Shukkrì, nella divisa da “governante”. Ha lasciato, come le due compagne ed i mariti, il passato alle spalle. Hanno circa cinquant’anni e sono belle quasi come le tre ragazzine che conobbi con Maria. Potete fare qualcosa per loro? Si, Maria ed io l’abbiamo fatto. Non da soli ovviamente. Tutto bene Shukkrì, e qui, le ragazze? Sono all’hammam con Katra e mia figlia e poi le preparano per la cena. Non avevano un gran guardaroba a casa. Vuole fare prima il bagno o subito la doccia? Il bagno. Non è una piscina olimpica ma basta. Poche bracciate, qualche minuto a galleggiare nell’acqua fresca, quasi fredda, poi salgo. La doccia. Bussano. Avanti. Che sia nudo non sconvolge ne lei ne Samin, suo marito, tantomeno me. Mentre lui prepara per il massaggio, Shukkrì mi aggiorna e poi appende gli abiti per la cena. Sono certamente vergin dottore. Una piccola pausa: anche…dappertutto. I ricordi di una donna cresciuta fino a dieci anni in un harem, con le due compagne e fuggite con le rispettive madri. Non si sono offese per la visita? Siamo state delicate, e poi, sono loro a volerlo, tutto questo intendo, lo hanno detto e ripetuto, quindi.. . Molto belle, giovani ma non troppo, anzi. Qui voi, noi, si corregge dopo un attimo ,sono italiane ed italiani ed orgogliosi di esserlo, andiamo contro natura. Una ragazza diviene donna, lo dice la natura quando è pronta. Loro sono pronte da anni. Sorride, ed il sorriso le illumina il volto. E voi uomini pure voi…sorride ancora, le vengono le fossette. Mi tocca il cuore. Non dimostra i suoi cinquant’anni, e neppure Katra o Ashila che però dovrebbe perdere qualche chilo. E’, guarda caso la cuoca. Il massaggio un po’ troppo vigoroso di Samin termina e lui se ne va lasciando la moglie ad aiutarmi con gli abiti. Mi porge la biancheria, prepara la camicia. E’ quasi ora dottore. Lasciale pure aspettare. Si china ad allacciarmi le scarpe ed io le carezzo il capo. Non c’è malizia, lo sa. Potrei averle avute tutte. Mi si sono offerte tutte, appena in Italia, con il consenso, pare, ma non ne sono del tutto convinto, dei legittimi consorti. Una forma insensata di ringraziamento. Ho rifiutato.Vero è che il loro matrimonio era l’unico modo per salvare od almeno far arrivare in Italia i tre mariti…Un matrimonio in bianco all’inizio. Sono pronto. Shukkrì si dilegua. Scendo le scale fino al salone. Procedo a piccoli passi, sfioro un soprammobile, una bella “tazza da parto” liberty, dono di Giulia. Allungo il percorso di qualche passo solo per godermi il quadro che ha campeggiato per anni sul mio letto, da bambino e da ragazzo. A Maria non piaceva. Abdul, nella sua “mise” fantasiosa apre la porta della saletta. Non ho mai capito come faccia a sapere che sto arrivando, che sono dietro la porta. Mi batte il cuore. Per un attimo penso di scappare come un ragazzino. Hanno solo diciotto anni. Appena compiuti. Mi rideranno in faccia. E’ solo una scommessa. Ci abbiamo ripensato. Ma guarda il vecchiaccio. Cosa voleva, cosa pensava di fare? La porta però è aperta, Abdul mi guarda occhieggiando dallo stipite. ragazzine! So che hanno l’età giusta, più di diciotto anni, mi sento però rimescolare.
Se non sei loro parente, tutore, insegnante si può, se sono d’accordo ed anche…Al diavolo codici e pandette. Ho visto i documenti. Hanno i diciotto anni canonici. Me lo chiedono loro da mesi. Credevo poi sino a questa mattina che fossero più vecchie di almeno cinque anni. Credevo che Glicine fosse una sola, non due gemelle.
Taccio fissandole assorto. Cosa cavolo fare? Va bene. Quello che ho deciso, e come ho spiegato qualche ora fa a Giulia, la mia cara ma troppo saltuaria amante. Bene ragazze, tra poco si va a tavola. Sono carine, anzi belle. La descrizione fatta a Giulia è corretta.. Adesso ripeto quello che ci siamo detti questa mattina. Mi avete imbrogliato, per anni. Vi perdono, ma solo questa di bugia. Se mi mentite ancora vi faccio il sederino a strisce e poi vedo se cacciarvi o tenervi. I due visi già bassi scompaiono, il mento appoggiato quasi al petto. Mi erano sembrate un poco debolucce in materia ma devo ricredermi. Due bambine comunque pescate a rubare la marmellata. Sedetevi. Sono troppo secco. Cerco di addolcire la voce ed anche le parole.Non ci riesco. Mi avete ricattato. Se non vi accettavo io sceglievate un’altro, un delinquente magari. Vi davate al primo che capitava per finire su un marciapiede. Per adesso non vedo il bluf, ma non pensiate di poter continuare con questi mezzucci. Potrei poi essere benissimo vostro nonno. Vi piace andare. Mi fermo. A letto, stavo per dire. Vi piace l’idea di essere carezzate, baciate ed il resto da un uomo della mia età? Non dò loro il tempo di rispondere.Sarò, potrei essere un padrone, cerco le parole adatte, un padrone comprensivo, certamente non mi diverto a picchiare le donne. Ma addestrare ed istruire una schiava è sempre una cosa lunga e faticosa. Due poi! Bisogna usare la frusta, per forza, e tutti gli altri mezzi correttivi. Tutti. Lentamente alzano il capo, mi guardano. Le osservo pure io. Piede piccolo gambe lunghe e ben fatte fin dove vedo. Seni anch’essi un poco piccoli ma ben fatti direi. Mi colpisce di nuovo il loro viso : identici e diversi. Regolare, armonioso in entrambe ma non stucchevole, come ho detto a Giulia. Un nasino all’insù, due occhi neri, meravigliosamente neri, da cerbiatte, innocenti e senza malizia. Al tempo stesso due pozzi neri profondi, misteriosi, in cui sarebbe temo fin troppo facile sprofondare fino a perdersi. Quanto tempo ho taciuto? Mi guardano perplesse. No forse ho taciuto più di quanto creda. Un attimo ancora. Giro gli occhi attorno. Questo, nei nostri progettì doveva essere il salottino di Maria. Lei è ancora qui con me, con noi. Per un attimo quasi mi vergogno di accogliervi le due. Maria mi aveva chiesto però e ripetutamente, negli ultimi suoi giorni, di innamorarmi ancora, di non vivere di ricordi. Guardo Beatrice e la gemella Valeria. Sono belle, molto giovani e molto belle.
Katra ci avverte che possiamo andare a tavola tra un attimo e le invita ad andare a lavarsi le mani. Una mia fissa, soggiunge. Sono belle dottore, le guardi. Lo vedo da solo. Girandomi le spalle permettono di vedere i due culetti piccoli, alti, ben torniti, anzi neanche tanto piccoli, muoversi secondo natura, scodinzolando un poco ma senza esagerare, sotto le gonne che li fasciano. Due abiti forse un poco troppo aderenti. Abiti di almeno un anno fa. Alla loro età si cresce in fretta. Le caviglie sottili, il polpaccio tornito.
Sono troppo giovani. Sono troppo giovani Katra. Madre natura dice di no, dottore. E poi hanno la fortuna di aver potuto scegliere il loro padrone. Non sono mai stato un padrone, non sarò il loro padrone. Hanno avuto allora la fortuna doppia di poter scegliere il loro uomo, quello che le farà donne e di aver incontrato sulla loro strada voi.Vi conosciamo bene. Sapete come volevamo ringraziarvi, l’unico modo che pensavamo di avere. E l’avremmo fatto… tace. Su questo, sul venire a letto con me, vergini appena arrivate in Italia,salvate e salvati tutti da me, anche da me, fuori pericolo e con il consenso dei mariti, sposati per salvarli ed ancora in bianco, ed i mariti avevano confermato, avevo rifiutato scandalizzato, offeso, senza credere che i mariti fossero veramente consenzienti. Avevo inoltre preteso il silenzio, per sempre. Padrone delle due? No. Mi ribellavo all’idea. Padrone? Schiave? Amanti si, non mi erano mancate le donne. Una certa presenza, denaro, nessun vincolo…Certo non avevo “posseduto” La Vespucci, la mia nave scuola e neppure la dottoressa. Erano state l’una maestra, nave scuola appunto, docente di un corso avanzato in “ars amandi” la seconda.
Schiave? Ma va. Maria? Avevamo giocato, mi aveva portato a giocare a quel gioco. Ce ne eravamo anzi immersi fino quasi a crederci. Schiava no. Un gioco portato un poco, forse molto, fuori le righe.Questo si. Nessuno di noi quattro se ne è mai pentito. Tre donne importanti per me, importantissime ma non schiave. tre trentenni che mi avevano preso per mano. Per il…piselo. Lasciamo perdere. Vero è che Maria aveva in meno di sei mesi messo nel mio letto Tilly ed Angela. Vero che Tilly…Padrone tra un sibilare di fruste, sferragliar di catene con contorno di collari e manette. No. Lo strumento del loro, del nostro gioco era un poco di spago. Una frusta che in dieci anni ha lasciato segni solo,quasi sempre o se non per sbaglio, sul lenzuolo di fianco alla “vittima” di turno. Una frusta di spago intrecciato. Le catene erano un cappio di spago unito alla testata del letto od alla rete con un nodo a ciocca. Bastava tirare perchè si sciogliesse. Vero è che Tilly mi era stata affidata con l’intervento di Maria. Pochi giorni dopo, tornando da un viaggio trovai la ragazza cambiata, strisciava lungo i muri come, poco più tardi strisciava Angela. Spago, aveva detto a letto Maria tutta soddisfatta. Tilly era legata di fianco a noi che ci coccolavamo. Le insegnò come accudirmi. Un paio di anni più tardi, durante uno dei frequenti loro battibecchi sul niente, dopo aver imposto con una sola parola il silenzio, le avevo guardate e mi si era allargato il cuore. Come si fa ad essere così fortunati e felici, mi ero chiesto. Non avevo solo formulato il pensiero, avevo parlato ad alta voce. Fu una notte memorabile. A quattro. Maria talvolta parlava anche a nome delle altre due. Ringraziamo il cielo di appartenerle, poi, con una smorfietta, di appartenere ad un uomo come lei. E ringraziamo il suo difettuccio la sua sindrome che vi permette di renderci…felici così spesso. Raramente mi davano del lei o del voi. Maria sempre, nell’intimità da soli.
Dei passi leggeri un poco affrettati. Da gentiluomo vecchio stampo mi alzo. Shukkrì ha fatto servire in sala da pranzo, cosa rara. Mi perdo un poco, mi sento solo qui ed in genere preferisco la saletta, più vicina, e non guasta, alla cucine. Eccole. A tavola le cose non vanno come dovrebbero. Beatrice e Valeria rispondono a monosillabi. Le interrogo sul loro breve passato, sugli studi. Poco da dire o niente che già non sappia. Si fanno sempre più chiuse. Arrossiscono per un nonnulla. Sono state imbeccate, mi chiamano dottore. Si rianimano solo al dolce accompagnato da un bicchiere di passito. Prendiamo il caffè in biblioteca. Si dottore. Le signorine? Omer l’ha chiesto a me ed io le interrogo con gli occhi.
Anche per loro. Capisco in quell’attimo, lo intuisco solo ma sono anche certo di non sbagliare. Hanno paura per il dopo caffè, è chiaro. Ho fatto un errore a non dire nulla dei giorni in cui, ho deciso, non le sfiorerò neppure. Il primo gradino. Fare la reciproca conoscenza.
Decido di sgombrare il campo, di fugare i loro timori per le prossime giornate. Una settimana di ospitalità gratuita. Saranno ospiti, solo ospiti, non potrò chiedere nulla che non chiederei a due ospiti qualsiasi. Diciamo cinque giorni. Cinque sono troppi, tre bastano. Di nuovo faccio il vecchio gentiluomo, cedo il passo. Sedetevi ragazze. Viene sevito il caffè. A me Omer versa un armagnac vecchio, color caramello, della zona bassa della regione. Shukkrì rolla il sigaro in qualche goccia dello stesso liquore, lo scalda pochi attimi alla fiamma prima di porgermelo. Questi sono momenti molto piacevoli. La porta si chiude alle spalle dei due. Un sorso del liquore che preferisco, un sorso di caffè zuccherato al punto giusto e già mescolato, una, una seconda boccata. Bene ragazze. Sono immobili, attente. Spaventate? E’ naturale. Sono a casa di un uomo cui hanno promesso tutto. Insistito per concedersi nei modi che i racconti più spinti hanno descitto sempre con esagerazioni da fuori di testa, credendoci pure. Questa sera pensano possibile essere frustate. Verghe, gatti a nove code. Di essere picchiate, appese ad una catena con mollette ai capezzoli attaccate a pesi. Poi, con mio comodo, sverginate con feroce violenza…e tutto il resto. La mia promessa molto velata, accennata, di qualche delicatezza? Me la sarei rimangiata. Ma perchè mai mi hanno cercato? A dire la verità, la bugia sull’età parte da lontano.
Perchè, perchè? Ora ragazze parliamo di voi e di me. Del periodo che trascorrerete qui.
Ho detto che ci sarà un periodo di prova, ho indicato un mese. In qualsiasi momento, per un vostro errore o solo perchè decido così, ve ne andrete. Chiaro? Rispondete, voglio sentire la vostra voce. Come dobbiamo chiamarvi? Per ora dottore. Siete solo mie ospiti. Rispettate come ospiti. Più tardi, questa sera stessa se così deciderò, mi chiamerete Padrone, con rispetto e reverenza, almeno in momenti come questo. Vanno nel pallone. Una dice si Padrone l’altra si dottore. Ridono loro stesse. Sorridono almeno. Mi intenericono. Elimino parte delle loro preoccupaziomi. In questo periodo mi impegno, visto che siete vergini. Lo siete?
E’ una enorme carognata, voglio spaventarle di più, confonderle, farle scappare. Di nuovo di tutti i colori. Valeria riprende fiato per prima. Si dottore. Cioe’ no, volevo dire. Voleva dire, interviene Beatrice, siamo vergini. Ha sbagliato come rivolgersi a lei. A voi, cara, devi darmi del voi. Mi, mi scusi. Ci scusi fa l’altra. D’ora in poi smettete di parlare una per l’altra. Questo è il primo ordine che vi do. Assentono. Allora siete vergini, benissimo. Per il periodo di prova dicevo,anche in caso lo chiediate voi, non lacererò il vostro imene. Fanno il second’anno, stanno anzi per finire l’anno al liceo classico, il penultimo. L’italiano lo devono conoscere. Lo conoscono. Il sollievo non è travolgente ma si vede od almeno mi sembra. Stanno più dritte, le spalle erette, uno suardo fugace tra loro ed un’altro a me da, come si chiama? Beatrice.
In qualsiasi momento potrete dire di volervene andare. Nessuno ve lo impedirà. Sappiate che mi imporrò, oltre a non prendermi la vostra verginità, di evitare di infliggervi colpi che lascino tracce permanenti o di lunga durata, ed infine eviterò che estranei vi vedano… poco vestite o comunque vengano a conoscere la ragione della vostra presenza qui. Per il resto…per il resto mi considererò libero da ogni freno o remora. Vi tratterò e sarete a tutti gli effetti mie schiave. Per un mese, trenta giorni. Poi, per voi esisterà una sola regola:la mia volontà, compiacermi, darmi piacere.
Mi ascoltavano immobili, gli occhi bassi, pallide anzi quasi terree. Paura bambine? Me lo chiesi e pensai che fossero pronte a crollare. Andiamoci pesanti. L’ultimo colpo. Questa sera stessa vi frusterò. sarà doloroso ma saprete almeno cosa vi aspetta. Vi denuderete davanti a me, forse vi chiederò, cioè vi ordinerò di farvi accarezzare. Un attimo. Ancora un attimo. Esitavano, ed allora l’ultimo passo. Tolsi dal mobiletto lo sverzino. Lo feci sibilare, lo mostrai. Viene da lontano e dal passato. Non questo. Tecnica moderna per uno strumento di secoli fa, orientale. Di sicuro lo usavano con le belle schiave e le concubine. Lo chiamano sverzino.
Doloroso, molto doloroso ma dopo pochi giorni scompare ogni traccia e la schiava è come nuova.. Entro un mese comunque prenderò una decisione semprechè la decisione di separarci non venga presa da una o l’altra di voi, da entrambe o da me prima di allora.
Ora vi faccio accompagnare alle vostre camere, vi laverete accuratamente seguendo le indicazioni che riceverete. Mi attenderete nude, inginocchiate. Potete sedere sui talloni con le mani giunte. Vi faranno vedere. Posso tardare. Gli inizi, sopratutto l’inizio della propria sottomissione del proprio addestramento sono duri, durissimi, per voi e per il vostro Padrone. Dovete dirmi ora, qui, se accettate. Solo una pazza sarebbe rimasta. Accettano.. Le avevo viste seguire Shukkrì e Katra, dritte come due pali, ma sicure.
Dove avevo sbagliato? Cosa avevo fatto? Ero certo impaurito più di loro. Terrorizzato anzi. Cosa le spingeva a questo livello di pazzia. Pazzia era. E la nonna manesca ma affettuosa, la mancanza di riferimenti e le altre palle raccontate negli ultimi mesi, da quando mi dissero che non volevano, non potevano anzi vivere libere, senza un padrone? Palle, tutte palle, solo palle? Da chi da cosa scappavano? Neppure questo. E allora?
Mi avvio per raggiungere la mia camera. Sono vile,lo so. Un lungo bagno,poi la vestaglia. Sono vile ma trascinato verso le loro due porte. Le sento, le immagino, le vedo in attesa, inginocchiate, stanche. Mandarle via, mandarle via, domani mattina. Se poi finiscono sul serio in mani sbagliate? C’è gente che per due così, con due così.Potrei essere per loro e loro per me…Meglio io che un altro. Sto nascondendo a me stesso un fatto: mi eccitano, le desidero e non da adesso. Stringo la cintura della vestaglia. Non indosso altro. Ho mancato di dire dei tre giorni. Al diavolo Apro la porta alla sinistra senza sapere chi delle due rinserri. Voglio tacitarmi forse la coscienza. Darò loro un’ ultima chance per scappare.

Appena entrato la vedo, sulle ginocchia ma sta alzandosi; era seduta sui talloni, come avevo loro detto lecito fare mentre mi aspettavano nelle loro due camere, le camere degli ospiti di fronte alla mia. E’ stato fatto un buon lavoro nelle poche ore disponibili. Lei, non so se sia Beatrice o Valeria, non ho chiesto a Shukkrì come e dove le mettesse. Lei, mani giunte ed in ginocchio, è illuminata da due faretti. Scruta l’oscurità, rivolge poi gli occhi a terra, china un poco il capo. Prima però ha provato a sorridere; un ghigno più che un sorriso. Corretto e comprensibile per una schiava o aspirante tale, una ragazzina poco più che diciottenne, nuda, in una casa mai vista prima e con me che potrei benissimo, e certo le due lo hanno pensato, potrei benissimo dicevo, rimangiarmi la promessa di non possederle, di non sverginarle prima di un mese. Ho promesso però solo questo ben e poco altro.In questo periodo saranno mie ospiti e potranno andarsene in qualsiasi momento lo vogliano, inoltre non provocherò segni permanenti sul loro corpo nè permetterò siano viste discinte o peggio. Non permetterò che estranei alla casa intuiscano nulla. Per il resto però le tratterò come mie schiave, prendere o lasciare. Sarebbe dovuto bastare quanto detto per farle scappare subito. Erano invece rimaste. Resto in silenzio un attimo. Le ordino ,forse troppo duramente, di alzarsi. Nel farlo bruscamente, forse intimorita, forse anche un poco anchilosata dal tempo trascorso in una postura inusuale perde l’equilibri ma si riprende, non cade. E’ bella, molto bella e sento il desiderio prepotentemente salire, quasi soverchiare la decisione di non aprofittare di loro, di convincerle a recedere dalla richiesta, dal ricatto, per essere più precisi, di volermi come loro padrone, di volere un padrone, persino uno qualsiasi. Non vogliono vivere diversamente, non possono, sostengono. Le conosco e le frequento da anni, su internet. Hanno finto, convincendo tutti, di avere cinque anni in più e nascosto di essere in due, due gemelle, ancora al liceo ed allora alle medie. Parlavano pochissimo, ascoltavano ed imparavano a mentire. La loro unica parente, un poco manesca, le ha cresciuta ma è morta da poco. Volevano aspettare sino alla fine dell’anno scolastico, il penultimo del liceo, per trasferirsi, se possibile dal Padrone, chiunque fosse, sostenevano. Alla fine ho ceduto trovandomi davanti due ragazzine invece che una donna. Beatrice o Valeria? Scuoto il capo per non aver chiesto a Shukkrì dove avesse messo l’una e dove l’altra. Sono molto simili, difficile distinguerle per ora, poi, se resteranno, se non riuscirò a farle scappare… Se è bella! Mi scappa un “…azzoo” di meraviglia. Quel che vedo è…quasi troppo bella, no è troppo bella. Una bambola di porcella, delicata, un niente e si rompe. Un mio ordine. Un pio desiderio più che un ordine, dentro di me ancora sospetto un pur impossibile scherzo. Anche però quel che sta succedendo è impossibile. No, ubbidisce e porta le mani in alto, ruota su te stessa, quasi sulle punte, lieve come una libellula. Nel ruotare protende un poco il ventre ostentando il pube creputo di un triangolo di vello nero. Una ballerina? Non hanno detto nulla di questo. Si che è bella, molto ben fatta, fin troppo bella. Risponde ai miei canoni di sempre, non solo estetici, ma anche e forse sopratutto erotici. Il mio sogno mai esaudito dai quattordici anni in poi. Non troppo alta o cicciotta. Le curve che servono per riempire un golfino ed una gonna sui fianchi. Il seno…insomma, quel che serve per gli occhi e le mani e poi maneggevole a letto. Non rifiuto una donna alta o altissima, ma la preferisco così, maneggevole. Le stangone le mettano davanti una telecamera. A letto…maneggevole è meglio. La scruto attento ed un poco famelico. Fa premio il viso incorniciato dai capelli nero corvini e perfettamente ravviati, perfetto e dolce ma non stucchevole, illuminato, fatto ancor più bello ,se possibile, dagli occhi. Il resto è all’altezza quasi del volto. Due belle tettine che spero di poter carezzare e…suggere, piccole ma non piccolissime. Vita stretta, fianchi morbidi, armoniosi e gambe lunghe, caviglie tornite, il piede piccolo, proporzionato al resto. Non abbastanza contenuto dal pigiama il pene si dilata ed allunga. Son sempre riuscito a c ontrollarmi, l’ età? Devo andarmene, altrimenti, in barba alla promessa le salto addosso. Adesso ti rivesti e mi aspetti. Una ritirata vergognosa. L’altra porta però e li, poco distante, invitante quanto il canto delle sirene di Ulisse. Ed io non ho marinai che possano legarmi all’albero della nave. Passegio per il corridoi, rientro nella mia camera, il tumulto nella testa, la manifestazione del desiderio ben evidente. Una sigaretta, un’altra. Prendo il frustino e mi reco dall’altra. Scena molto simile. So ora cosa dire. Lei è Valeria. Simile, quasi identica alla gemella. La studio mentre si mostra, rossa anzi porpora e non solo in viso. Mi faccio forza e…vieni. Passi piccoli, esitanti, gli occhi a terra, verso di me. Esita e poi. E poi è tra le mie braccia. Mi stringe, con forza, disperatamente. Non posso baciarla come vorrei, il viso è posato e rivolto verso la spalla. Siedo trascinandola sulle mie ginocchia. Se non vuoi…ma sono io a volere e lei non protesta, non accenna ripulse.Volge il capo, alza il volto. Le labbra si uniscono,le schiude, accetta la mia lingua che la fruga. Non protesta quando la scosto un poco e la mano si posa sul petto. Un seno identico a quello immaginato. La tettina sta tutta nella mano che preme dolcemente. Sospira, ansima anzi un poco. Risponde al bacio come sa. Non hanno mai dato un bacio ad un uomo. Ora credo sia vero, ma sembra voler imparare. Di nuovo si stringe. Sono Vostra, siete il mio Padrone. Lo mormora appena. Lo ho… esita, la abbiamo sempre desiderato. Sembra quasi vergognarsene. Esclude di colpo dalle sue parole la sorella. Sono la Vostra schiava, da sempre, da quando Vi ho conosciuto, anni fa. Si lo sarai, lo sarete per sempre, non escludo al contrario di lei, la gemella.Un istantaneo lampo di pensiero, una speranza, un desiderio che ripudio e cancello.Non lo dimostro ma ho settant’anni e lo sanno. Mi perdo però nelle carni che profumano di giovinezza, sane e sode. Bacio la bocca che ora non si ritrae più, le tempie e gli occhi, di nuovo la bocca morbida. Bacio i capezzoli che svettano piccoli e duri dall’aureola increspata. Suggerli, morderli appena ma abbastanza da farla gemere un poco, un sogno che è però reale, concreto ora qui tra le mie braccia. Ne sento il calore, il peso non greve, la con cretezza soda ed elastica ed il respiro appena affrettato, neanche affrettato ora che si è abbandonata completamente serena al mio abbraccio. Sono Vostra, lo sarò per sempre,sono felice di appartenerVi. Registro le sue parole ma sono oltre le parole. Baci lunghi,intensi, intimi. Carezze che non la appagano ed eccitano me fin al limite della ragione. Dolore e piacere, un capezzolo al culmine di una tettina impertinente. S’inarca quasi ad offrirsi meglio. Bacio l’altro seno, lo lappo, cerco quasi di inghiottirlo. Le dà piacere, s’inarca di più geme più forte mentre il respiro accelera ed accelera il battito che forse percepisco. Si ritrae un poco, porta la mano sulla mia che la fruga, serra le ginocchia, certo l’atto è istintivo. Anzichè allontanare la mano che cercava la fessurina la imprigiona in una morsa. Non hai il diritto di negarti al tuo padrone, dico severo. Lentamente allenta la stretta, libera la mano che raggiunge il sesso, la fichetta che mi appartertiene…non subito però. Porta la mano libera a coprire il viso che desidero invece ammirare e gli occhi, due pozze in cui, sono certo mi perderò. Vorrei ripetere il divieto. Una schiava non può, non deve sottrarsi o celarsi… Ho però raggiunto l’obiettivo di poterla punire. Mai ASSOLUTAMENTE MAI la punirò senza una ragione, ma ora devo…se la voglio e la voglio. Sarete per tutto il resto trattate come schiave avevo detto. Sarò il vostro padrone un padrone al quale non potrete negare nulla e si permetterà tutto.Cosa mi farete? Chiede ora, come sarò punita? La frusta, lo scudiscio che vi ho fatto vedere in biblioteca. Avete detto che fa male. Certo ha paura, eppure resta, direi rilassata, tra le mie braccia. E’ stata pensata per fare male. Dal male è comunque venuto un bene. Così saprai cosa vi aspetta se volete continuare in questa pazzia. Un attimo prima era rilassata, abbandonata anzi sulle mie ginocchia, aperta a carezze sino ad oggi ignote che accettava ed anzi sembrava sollecitare. La sua mano aveva raggiunto la mia, in alto tra le morbide cosce ben schiuse. Se mi arrestavo, la sua mano, sia pur in maniera lieve, molto lieve ed involontariamente, ne sono certo, premeva la mia, mentre protendeva il bacino, a sollecitare altre carezze, involontariamente ripeto, certo involontariamente. Non mi volete? Tesa ora,mi stringe quasi con forza disperata. No, disperata no, ma con forza, con molta forza. Ma io la voglio, certo che la voglio, la voglio da morire. Ti voglio e ti avrò. Non basta, non basta a quietarla, non basta ad allentare la tensione che ora sembra pervaderla. Sospira, un sospiro lieve, trattenuto quasi volesse celarmelo. Per un attimo anzi trattiene il respiro. Lo trattengo anch’io. Paura di perderla. Non Le penso, penso soltanto a lei, Valeria. Non una ragazzina innamorata ma una donna, fremente tra le mie braccia. Innamorata? Impossibile! Potrebbe essere mia nipote. E’ pazza, da manicomio. Mi sta, mi stanno prendendo per il culo. Questo dice l’esperienza dei miei settant’anni. Questo dice quel poco di buon senso che ancora mi resta. Questo dice un minimo di prudenza che dovrebbe guidarmi ed un minimo anche di coscienza. Prendetemi, Padrone fatelo, ve ne supplico. Ho paura che tutto finisca. Se mi prendete non potrò più tornare indietro, resterò di certo con Voi, per Voi. Vi amo, Vi amo, dice ed anzi quasi lo grida, anche se solo sussurra. Lo vuole lei. Vuole che la scopi, Vuole, vuole…. Coscienza. Sono andato a riguardare. A quattordici anni, una donna, se non ho capito male, è cosiderata libera di dare il suo assenso. Non è reato semprechè l’altro o l’altra non abbia diciamo, poteri o ascendente su di lei. Genitori e parenti, anche amici di famiglia o vicini ai quali venga in qualche mododo, qualche volta affidata, per non parlare degli insegnanti. Non deve esserci mercimonio. Una caramella od un gelato bastano, ed è giusto, perchè il porco finisca in galera.No. Non ti prenderò così, resterai ancora vergine. Queste hanno compiuto diciotto anni. La legge non le protegge più se sono consenzienti, se sono daccordo, se lo vogliono. Devo essere io ad avere buon senso per due, ad avere coscienza, senso del ridicolo. Per piacere Padrone. Per piacere! Per piacere! Stacca e cadenzia le parole, lo suppplica e piange. Due lacrime scendono lugo le gote, singhiozza pianamente… Punitemi fate quello che volete. Sospira, a fondo, allarga poi le cosce perchè la frughi più agevolmente. La guardo negli occhi, si due pozzi senza fondo in cui annego, mi perdo. Perdo la luce della ragione e la vocetta interiore che sempre in passato ha saputo darmi i giusti avverimenti, che quasi sempre ha mpedito sciocchezze, tace, tace o se parla lo fa cosi piano che non la sento. Ma voglio sentirla? L’umidore, i suoi umori, il suo odore. I polsi avvinti, un bavaglio. Adesso godo nel tuo sederino dico. Ti farò male. Non può rispondere. Vorrei usare la sua bocca, farmelo succhiare, bagnare da lei, ma l’ ho già imbavagliata. La voglio, subito, voglio questo bel culetto certamente stretto, aprirlo, anzi sentirlo mentre si allarga, si apre. Carezzo e bacio le chiappe adorabili ben in mostra, all’aria sul largo bracciolo del divano. Le caviglie legate ai due piedi del divano, le braccia tenute protese, è pronta, mia, a mia disposizione. Omer ha fatto un ottimo lavoro. Non da solo. Pensare ad Omer, Abdul ed Amin mentre un culetto così mi aspetta è folle. Mi pongo tra le gambe sconciamente ed adorabilmente aperte per me, con la fichetta che deve attendere ed il buchetto del culo increspato. Aspettare? I due orifizi in mostra…perchè aspettare. La voglio. Voglio sentirla inarcare mentre la apro, la svergino. Voglio. No, no. Premo un dito, con delicatezza, piano. Tra poco, tra un momento. Carezzo la fichetta. Il cazzo scoperto non vuole aspettare, teso, orgoglioso, famelico, già scoperto. Gli sta bene tutto. Sfrego il glande sulla bella fichetta, a lungo. Cerco con il dito e trovo il clitoride, poco più di mezzo granello di riso ora che si è un poco scappucciato. Tolgo il dito e passo e ripasso il glande. Non basta. Esito. Un bolo di saliva ed umetto il buchetto contratto. Non voglio, non posso più aspettare. Le farò male in ogni caso, adesso o poi. Uno scapaccione, un altro più forte, un terzo. Spingi per la miseria, devi spingere. Te l’ho detto che devi spingere. Resta immobile, pitonizzata. Un altro pò di saliva. E’ ben posizionata. La forzerò. L’ha voluto lei. Lo poggio, premo un poco, un pò di più, ancora di più. Si dibatte mentre lentamente, molto lentamente la dilato, la apro; entro badando solo al piacere che mi pervade ed esalta. Metà del glande. Temo di lacerarla, mi fermo. Spingo ancora. Si agita, un grido soffocato dal bavaglio. Di nuovo premo, entro un altro poco, mi fermo deliziato, indifferente quasi a ciò che prova, dolore certamente; mi ritraggo ed infine esco dal culetto esaltante. Non è certo però un piacere per lei. Non adesso. Un attimo di rimorso, di resipiscenza. Ho sempre condiviso il mio piacere con quello delle mie compagne e spesso, dovendo scegliere ho preferi dare anzichè a vere piacere. Valeria è qui, carezzo e bacio le natiche, le mormoro qualche parola di conforto. La voglio subito ma la lascio riposare il tempo di una sigaretta, mezza sigaretta, anche meno. Per tutto il tempo ho carezzato la fichetta ben esposta. Aspetta rigida. Non ha imparato niente, è tutta contratta. La forzo gravando col mio peso. Entro di colpo facendola inarcare non certo di piacere. Entro con facilità. Entra il glande, entro tutto, fino alle palle, lentamente ma inesorabilmente.Neanche tanto lentamente, non so più Solo ora mi riprendo. Le ho spaccato il sedere. Devo averle fatto un gran male. Meglio restare fermo, aspettare che si abitui, che si dilati. Mi stendo su dilei, raggiungo ed afferro i seni, serro i capezzoli tra due dita, li torco un poco, neanche tanto poco, eccitandomi ancora di più. Sentendo sotto di me il giovane corpo che freme e si torce, ne godo, mi esalto, quasi godo solo di questo. Tanti anni prima Angela. Me ne ero innamorato, da pazzi. Mi aveva offeso ed umiliato. L’avevo rivista in casa mia, nostra dovrei dire, mia e di Maria, no casa mia, e Maria me la aveva messa nel letto, come avava con Tilly. L’avevo presa così, forse più rudemente. MI aveva amato quanto, prima, non era riuscita a fare, quando aveva anteposto la famiglia il dovere e la gente al nostro amore. Avevo avuto il suo corpo per la prima volta, totalmente in libertà, per sua libera volontà. Avevo avuto anche la sua anima ma l’ho guardata sempre con un certo sospetto. L’avevo amata troppo e troppo grande era stata l’offesa, amavo la sua presenza e forse un poco lei, avevo perdonato ma non ero riuscito a perdonare l’umiliazione subita.Ma aveva ventiquattro anni ed io poco meno, era già laureata l’avevo sottomessa, Maria l’aveva abituata all’obbedienza, ma schiava? No certo, ubbidiente come Tilly e la stessa Maria, tuutte e tre ubbidienti a ma a modo. Schiave assolutamente no. Amanti che per amore…La mia famiglia. La mia famiglia per lunghi deliziosi e felici anni. MA CHI SE NE FREGA. Il desiderio, la voglia mi travolgono irresistibili. Esco dal culetto, rientro, la capella gioca a nascondino, anzi passa molto tempo nascosta, si adentra fin dove può curiosa. Mi piace,Dio se mi piace. E questo piacere cresce, si dilata ed esiste solo lui, il mio cazzo e questo delizioso antro caldo caldo, stretto come un guanto che ora mi strizza, accrescendo ancora, ingigantendo il mio piacere. Sussulto, non so frenarmi. Non sono più guidato almeno in parte, dall’intelleto, per la prima volta, si per la prima volta la bestia che è dentro di me ed entro tutti gli esseri umani, latente od allo scoperto, prende il sopravvento, comanda. O comanda quello che ho tra le gambe. Mi sento una bestia, sono una bestia, uno stallone con la sua giumente doma, immobile, mentre la monta. Ho sempre saputo frenare e ritardare la eiaculazione. Questa volta no. In preda ad una smania mai provata prima sento il momento arrivare. Grido e mi svuoto, eiaculo a lungo, mi scuoto e mi svuoto dentro di lei. Valeria si la mia Valeria. La slego solo quando mi riprendo. Ho perso la testa.Sono una bestia immonda. Timoroso di averla lacerata, aspettandomi grida e pianti la porto sul suo letto. Steso di fianco, stringendola, baciandola, coccolandola, la faccio riprendere. Ha ancora gli occhi socchiusi e porta la manina a coprire la mia che la carezza. Vi amo, Padrone. La stringo e la coccolo ancora, la carezzo tra le gambe sinchè si irrigidisce stringendo la mia mano come prima, imprigionandola. Ti ho fatto male, lo so, molto male. Vi amo, Padrone, e…lo sapevo anche prima che… sono Vostra, solo e sempre Vostra, da sempre e per sempre… Lo dice cento volte in cento modi diversi ed identici, solo a voce sempre più fevole, fiaccata forse dal dolore e dalla inevitabile tensione. Se mi volete, se volete frustarmi, col bavaglio però, griderei, non voglio, altrimenti potre dire di no, sono vile… poi mi si abbandona tra le braccia, pronta, forse ad un altro sacrificio…Non può essere vero, non può aver mentito, non ora. Innamorata ha ripetuto, innamorate anzi, da sempre.
Sta quasi dormendo. Mi scosto ma Valeria, la dolce Valeria si oppone, mi stringe, non vuole la lasci. Si offere ancora. Stai buona schiava, atrimenti ti frusto. La voce ed il tono rendono la minaccia non temibile, innoqua, una minaccia che percepisce come…una dichiarazione d’amore. Mi amate allora, almeno un poco? Si addormenta dopo avermi fatto promettere…la copro contro voglia, non vorrei celarla, nasconderla. La copro però fino a celare le forme di donna, acerbe ma di donna che mi hanno fatto impazzire, che ancora mi fanno impazzire. Desiderio fisico soltanto? Forse, probabilmente anzi. La lussuria di un vecchio che dovrebbe…
Mi si chiudono gli occhi. Il tepore di lei mi è grato, il suo repiro mi culla…
Ho dormito un poco ed ora la voglio ancora, una voglia prepotente: di nuovo nel suo culetto? La strazierei od almeno le farei troppo male, ne soffrirebbe troppo, non in una volta sola, non la prima volta. Beatrice. perchè no. Pochi passi e sono da lei e… la sveglio. Sarà addormentata ormai. Valeria si è rincantucciata contro di me e… ed è troppo. Decido d’andare a dormire nel mio letto.

Valeria ha detto di amarmi. Non è possibile, non è assolutamente possibile. L’ho sodomizzata ed ho goduto nel farlo, come mai. Le ho fatto certamente molto male, non mi sono minimamente contenuto. Però dopo poco, per non farmi andare via mi si è offerta di nuovo. Ha sfregato il culetto contro il mio ventre. Sono in corridoio, la vorrei, la voglio. Mi ha chiesto se la amo almeno un poco. Dio, la amo da morire. Ne sono certo. Non deve saperlo però. Ha chiesto, ricattandomi anche per ottenerlo, che diventassi il suo Padrone. Doveva avere un padrone. E perchè mai? Se è cosi’ però… se è così, c’è caso, c’è il rischio, se la trattasi normalmente, di perdere ogni ascendente su di lei. Non voglio, non deve succedere. Domani posso…perchè aspettare domani. Accendo una sigaretta, un’altra. Sto fumando troppo. Penso alla Nave scuola, alla dottoressa. Ho detto alla prima di amarla ed ha sorriso. Sono la tua prima donna, Credi di amarmi, confondi una bella scopata con l’amore. Eppure…E’ stata la mia insegnante di letto. Una insegnante metodica, minuziosa e quasi pedante. Per due mesi, tutta una estate. Ho speso un capitale in preservativi. La pillola non esisteva ancora. Non scopava da anni e si è rifatta. Le piaceva prenderlo nel culo ma dopo otto anni di castità era come vergine, il mio primo culo comunque. Non mi sono innamorato, qualche anno più tardi, della la dottoressa. Apparentemente fredda, distaccata, a letto amava parlare, ridere, scherzare. La nave scuola, mi ha accompagnato dalle elementari alle superiori. Con la dottoressa è stata l’università di come si fa l’amore. Non come si scopa, si anche quello, ma di tutto il contorno, prima, durante e dopo il letto. I corsi post universitari li ho fatti con Maria. Quando ci sono andato a letto, erano tutte trentenni. Stendiamo un velo pietoso sull’età che avevo quando sono stato con ciascuna di loro. Tra me e Maria, quella che per età mi era più vicina, c’erano otto anni di differenza. Qui invece…potrebbero essere mie nipoti. Gia, c’è Beatrice. Non so che ora sia, mezzanotte forse. Dovrebbe essersi addormentata. Le avevo detto di aspettarmi. Bella come la gemella però. Con lei sono scappato. Cosa succede se Valeria vuole restare e Beatrice domani invece vuole andarsene?. Non voglio perdere Valeria. La amo! La amo oppure è solo desiderio? Penso di essermene innamorato, ma prima, fino a pochi attimi fa pensavo fosse solo sesso, voglia, desiderio dei corpi di due ragazze così giovani e belle, o forse il sogno di tornare giovane ,io, di…cazzo, cazzo e cazzo, i miei settant’anni non me li togli nessuno. Rido ai complimenti che talvolta mi rivolgono. Non dimostra i suoi anni… ed allora. Se anche ne dimostrassi venti di meno, ne avrei cinquanta. Cosa ci fa un cinquantenne con due diciottenni? Non importa niente che possa scopare ancora meglio e più di un ventenne. Scimiette od extraterrestri atavismo come spiegò il medico quando avevo ventun anni, se anche scopo più e meglio di tre ventenni, se anche… e poi questa sera ho fatto cilecca o meglio invece che farmi tre scopate a mani basse, mi sono svuotato in una volta sola senza riuscire a trattenermi. Sono però di nuovo in tiro. E ne ho voglia. Da Valeria. No le farei troppo male. Quattro passi esatti. Ascolto in silenzio, l’orecchio posato sul battente . Non sento niente. Apro la porta. Beatrice è a terra, accoccolata al muro. Esito, la metterò a letto. Le carezzo il capo, lei si sveglia ed impiega un attimo almeno a fare mente locale. Le avevo daltronde imposto di attendermi in ginocchio se pur seduta sui talloni. Pensavo di tornare e mandarla a dormire in pochi minuti, poi, Valeria. Ho letteralmente perso la testa. Mi sorride timidamente. Perdonatemi io…. Ti sei addormentata. Voglio tranquillizzarla ma quasi mi esce una frase che potrebbe essere intesa come una minaccia. Ne riparleremo domani. No, assolutamente non va. La solevo. E’ proprio una piuma, eppure… non importa. La deposito sul letto pronto. Che ora è dottore, no mi scusi…Padrone, sapete io… Ficcati sotto le lenzuola. Mi sembra ne sia sollevata. Il lenzuolo la copre sino al collo. Sotto il lenzuolo nulla, anzi solo lei. Forse me ne adombro un poco che si sia coperta celandosi. Mia sorella? Dorme e dovresti dormire anche tu. Si certo ma io ho dormito, mi punirete per questo? Devo misurare le parole. Pensi di meritarlo? Esita. Un Padrone fa quello che vuole…può perdonare. E’ sbagliato perdonare a volte, dico sostenuto, asciutto. Per questa volta potrei…Mi abbraccia, poi vergognosetta si rifugia sotto il lenzuolo di nuovo. Perchè ti copri, hai freddo? Sono il tuo Padrone. No, non ha freddo. Stoicamente chiude gli occhi e scopre lentamente il petto. Va bene così chiede silenziosamente con una occhiata timida ed al tempo stesso invereconda da vera figlia di Eva? Di più. Scende e non la fermo finchè non scopre la v delle cosce, giù ancora fino quasi alle ginocchia. Si morde il labbro inferiore. Le carezzo il capo, dolcemente. Padrone? Si cara. Voi, Valeria, avete, l’avete? Si, a tutte e due le domande. L’ho ed abbiamo. Ma ho mantenuto la promessa, è ancora come te, vergine. Uno sguardo interrogativo, poi arrossisce, forse ha capito. Ho detto che domani la punirò. Quando si è scoperta ha chiuso gli occhi e portato le braccia lungo il corpo,esposta alla vista ed alle mani. Cosa le farete? Cosa e non perchè? E continuo: lo scudiscio, quello che vi ho mostrato in salotto. Tace, a lungo. Non è colpa di Valeria. E’ ora che mi facciate capire qualcosa, dico. Perchè sarebbe colpa tua? Di cosa? Non è colpa sua, Padrone, punite me. Taccio io ora. Forse troppo, il discorso si sta facendo incomprensibile, Kafkiano quasi. Io, io sono timida, delle due è Valeria la più intraprendente. Volevamo un Padrone, Volevamo Voi, volevamo essere, diventare…che voi…io volevo. Balbetta, farfuglia un poco. Non fate del male a Vale, è tutta colpa mia, se volete domani ce ne andiamo. Ma non fate male a lei, punite me. Lascio cadere la vestaglia e mi stendo al suo fianco. Sussulta un poco, si ritrae senza però protestare quando la abbraccio. Raccontami mia bella e dolce schiava, raccontami tutto dal principio. Mentre parla le faccio posare il capo sulla mia spalla e la stringo, ci copriamo, dalla finestra entra il fresco della notte. Aspetta. Mi alzo e spengo i faretti. Ora la poca luce rende tutto ovattato e …possibile. Possibile anche che le due giovani donne siano così pazze da amarmi. Non mi importa di averle, voglio essere amato, non solo amato, amato per cominciare, anche il loro corpo…per me. Un groppo in gola, il desiderio che cresce mentre ripete con più minuzia di particolari quanto però già so. La nonna, bisnonna anzi, le prime escursioni su internet ancora alle medie, la decisione, assurda, di voler appartenere ad un Padrone, la scelta del sottoscitto infine, anni prima. Le pressioni, il ricatto ora. Non penserete mica che mi sarei data ad uno qualsiasi? Amo Voi, amiamo solo Voi, nessun altro, impossibile, impossibile. Aveva iniziato a perlare con voce quasi monocorde,il corpo immobile, ora invece il tono cresce diventando quasi un grido inframmezzato da qualche singulto. La stringo e lei si stringe a me, sento le sue labbra posarsi lievi, timide, sulla mia spalla quasi alla base del collo e rimanervi per un attimo, un attimo solo. Il brivido che mi procura mi fa ricordare Maria, una mattina sempre d’estate, tantissimi anni fa, quanti? Quasi cinquanta. Nuda e scomposta dopo la subitanea resa dell’intatto culetto, sono tua, mi dice, sono tua, ripete ad occhi chiusi, tua finchè mi vorrai e come vorrai perchè ti voglio bene. La parola amore era usata meno, quasi si aveva pudore a pronunciarla ma ci eravamo incontrati e ci amavamo. Avevo scoperto sotto la scorza di severità quasi austera di lei la femmina che si dava interamente, senza remore, amante felice e riamata per dieci lunghissimi e squisitamente felici anni. Quel mattino mi offrì ciò che aveva sempre rifiutato al marito, facendosi legare ed imbavagliare nel timore di essere vile, rifiutando l’aiuto che le offrii di una crema. Sapeva, le avevo detto che non mi piacevano, amavo entare nel sederino delle mie amanti “nature”. Di nuovo al presente, cinquant’anni più tardi sento lo stesso fuoco, la stessa passione, lo stesso struggimento. Ma un timore mi rode. Ero stato certo dell’amore di Maria, ma che conto, che affidamento potevo mai fare sulla durata del loro di amore? Amore o sciocca infatuazione di due ragazzette che io invece ora amo di un amore da vecchio bavoso? Perchè, ne sono certo, le amo, da morire. Beatrice si muove un poco richiamandomi al presente. Contro di me c’è il corpo di una giovane donna per ora innamorata, non ho ragione di non crederle, perchè mai mentirmi? Un corpo di donnna ancora acerbo, poco più che di una adolescente, mio, se lo voglio, anche ora qui. La voglio, le voglio, non voglio perderle. Non voglio correre il rischio di perderle. Farò di tutto per conservarle per me solo. A costo di farne due schiave. Mi ripugna non poco ma saranno mie schiave. La attiro a me, la bacio. Non so baciare, lo so, mi dice poi un poco ansante, ma è stato bellissimo, Padrone. Siete il mio Padrone. Il mio Padrone. Gioca con queste parole, se le rotola in bocca più volte. Mi volete Padrone, sono Vostra, ora e sempre, la Vostra donna, la Vostra schiava. Prendetemi, Vi supplico. Solo così sarò certa… solo così io… perchè Vi amo, da sempre. Però anche Vale, non potrei essere felice se lei non lo fosse, Ma lei Vi ama, anche lei Vi ama. Noi Vi amiamo. Non mi volete? Eppure avete fatto l’amore con lei, perchè me no? Perchè? Petulante come una bambina piange ancora un poco. La bacio anche e sopratutto per farla tacere e poter pensare. Sono due sorelle, per di più gemelle. C’è tra loro certamente un legame molto particolare. E’ un problema? E come che è un problema. Dovrò essere un padrone severo ma non troppo. Carogna si. Un poco almeno. Non ha capito che ho sodomizzato Valeria, che l’ ho inculata per mantenere la parola data? Per non sminuirmi? Perchè conservassero la fiducia di cui godo? Voglio ora anche il suo di sederino. Volete un Padrone? Eccomi. Il sedere adesso e solo in attesa del resto ovviamente. Lo voglio, la voglio, le voglio. Di nuovo la stringo e con più forza, mentre Beatrice si stringe maggiormente a me. Non può non sentire l’ erezione che urge contro la sua coscia, la sente e vi preme la coscia forse ignara. Non so, timida, se si può dire timida una ragazzina che di prepotenza viene a dirti… ingenua forse, di certo anche maliziosa, una perfetta figlia di Eva. Aspetta, cerca, c’è da qualche parte un vassoio, grande. Fa per scostare il lenzuolo ma si ferma, già, è nuda. Cosa aspetti, forza. La poca luce basta a mostrarmi la sua figura snella di giovane donna; come Valeria mostra meno dei suoi anni,e questa luce penso,l’avvolge d’ombra, di mistero. Si la voglio. Fruga aprendo stipi e cassetti, infine lo trova. Le mostro quali contenitori riempire d’acqua ed infine siedo su una sedia e mi faccio lavare accuratamente il pene ed i genitali. No il cazzo e le palle.Insaponami, è un sapone adatto, non brucia, così, anche le palle. Ho fatto l’amore con Valeria, l’ho presa come fosse un ragazzo. La volevo, voglio anche te, ma prima è meglio un pò di pulizia. All’inizio non capisce e neppure osa guardarlo. Poi, delicatamente lo carezza sostenedolo con la sinistra… Lui ed i coglioni, dico aprendo maggiormente le gambe. Timida? Ma va là. Godo quasi al il primo tocco; ben raramente mi sono tanto eccitato per così poco. Forse quando Angela, la prima volta… dopo aver fatto l’amore con Angela e Tilly… mi ero affidato alle sue cure ancora inesperte cedendo all’insistenza di Maria e Tilly, le altre due donne, mie amanti, che vivevano con me. L’ho posseduta vergine solo qualche tempo dopo, vergine timorosa ma decisa a riparare le offese fattemi quando la amavo tanto da volerla sposare…l’ho umiliata tenedola vergine più del necessario ma usandone la bocca per meglio godere delle altre due. Ora sta sciacquadomi. Ho fatto ripetere la cosa due volte, per essere entrambi certi del risultato. Dopo le prime ovvie esitazioni si dimostra…efficiente ed attenta. Seguendo le mie indicazioni la prima volta, senza più suggerimenti poi.Scopre il glande, netta con le pezzuole, lava e sciacqua. Asciuga con un’ultima pezzuola pulita ed asciutta che raggiunge le altre nel contenitore degli sporchi. Solo ora stacca gli occhi dalla mia virilità, arrossisce con grazia. Non avevo mai…visto da vicino un uomo. E da lontano, chiedo? Ride. Uno che faceva pipì. A, bè, anche il figlio di una vicina, sul fasciatoio. Non credo dice, contino molto, nè l’uno nè l’altro. Ride di nuovo. Come esperienza non credo. Lo stringe tra le dita e lo solleva. Stranamente, come spesso mi accade, questa operazione dopo i primi momenti mi rilassa. Si è fatto meno rigido e Beatrice forse l’ha notato ma non osa dire nulla. Ora bacialo. Esita ancora. Amo questi pudori nelle donne. Se vuoi essere la mia schiava… prima che termini la frase si china ma si solleva di nuovo. E’ però più bassa di me, la sovrasto, la intimorisco. Bacialo ho detto. Ubbidisce. Te lo metto nel culo o ti chiavo mi domando. Non può immaginare il mio dilemma mentre lo guarda; lo spia, attenta, concentrata. Lo stringe leggermente, poi un poco più forte. Mi scusi. Tranquilla, non si rompe per così poco. La guardo, mi piace guardarla. Il tepore della piccola mano, i leggeri movimenti, l’averlo nella sua mano che ora stringe per poi rilasciarlo… Ce nè d’avanzo perchè l’effetto diventi evidente ad entrambe. Solleva il capo e mi guarda per un attimo, distoglie gli occhi mentre le gote si imporporano. Un attimo, vi posa le labbra, si ritrae come ne fosse stata scottata. Si accosta di nuovo lo bacia e…la lingua tocchetta calda, due, tre volte, cerca di rinchiuderlo tra le labbra, si scosta per scendere con la llngua più giù. E poi su, fino al culmine scoperto che succhia lentamente. Le violente contrazioni dell’ano mi dicono di farla smettere. Basta cara, basta così. Si alza, quasi delusa. Perchè? Valeria si io no. Preferite lei, non Vi piaccio abbastanza? Mi alzo e la sollevo portandola sul letto. Ha paura di nuovo. La percepisco la sua paura, la paura ancestrale di tutte le donne in quell’attimo così cruciale per la loro vita in cui per la prima volta si concedono ad un uomo, indimenticabile. Di Valeria ho usato questo. Ho posato la mano nella fessura delle natiche e trovato il buchetto. Tanto è bastato a sorprenderla. Credevo Vi foste, che lei Vi avesse dato piacere, aveste goduto in bocca, termina con il viso sepolto nel cuscino. Nel culetto, sul serio. ma non fa male? Certo un poco, sopratutto le prime volte. E poi? Vedrai ti piacerà. Non è per niente convinta, proprio per niente. L’avevate già. . fatto? Certamente. Allora, se volete, ditemi come mi devo mettere. Determinata la piccola. Sembra abbiano fatto le prove generali. Forse è così. Ore di dolcezza, no forse, forse poche manciate di minuti…la voglio e la prendo. Non si sottrae…non obietta…non si lamenta…un gemito leggero mentre si contrae, irrigidita. Sono dentro il suo corpo ed esulto.
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I primi segnali dell’alba imminente. La mia camera illuminata solo dal fuoco nel caminetto. Luce e calore a contrastare il buio della notte e l’aria fredda che entra dai vetri delle due finestre appena accostate. Cosa posso volere di più? Ho già tutto, ai miei due lati, le teste posate sulle mie spalle, il viso rivolto verso di me, per niente assonnate. Come me daltronde. Come potrei essere assonnato con le due giovani veneri qui nel mio letto? Le ho possedute entrambi, ho goduto alla grande nei loro culetti vergini. Lo hanno accettato e nonostante abbia agito con entrambe con qualche durezza, non ne sono affatto turbate. Certo deve dolergli il sederino! Capisco che la presenza dell’altra e la nudità le turbi. Con Beatrice sono andato a prendere Valeria. L’abbiamo svegliata e subito le due si sono abbracciate. Valeria non si è stupita che la sorella le portasse soccorso con la apposita crema, ed in mia presenza; si è stupita invece alla richiesta di rendere a Beatrice il favore. Avevo convenuto con Beatrice la cosa. Ne abbiamo riso. Il caminetto è sempre pronto, ho spiegato come fare ad accenderlo. In futuro sarebbe stato uno dei loro compiti di schiave, poi nel letto a parlare, coccolarci, pilotando la conversazione delle due altrimenti decisamente taciturne, schive.Non poteva essere altrimenti. Ho sempre trovato incredibile il modo con cui donne pudiche perdano ogni ritegno in pochi attimi. Entrambe vergognose fino a poco prima nonostante la situazione fosse stata voluta da loro di pudore e vergogna ne mostrano ben poca. Valeria aveva già guidato la sorella nell’accudirmi per la sua prima volta, un’ altra loro incombenza, spiego. Bacio le labbra color corallo. Ne l’una ne l’altra se ne accontentano, di loro iniziativa mi baciano il corpo e Valeria si fa audace, con la mano scende al pene, lo strizza un poco come ha visto fare all’altra. Indico il cazzo e spiego quale sarà ancora una loro incombenza, importante anche. Con qualche esitazione Valeria riparte da dove aveva smesso nell’accudirmi ma non sa cosa esattamente fare. Spiegale tu, dico a Beatrice. Guidata da questa lo stringe un poco nalla mano, piano Vale, piano…ma no, aspetta ti faccio vedere. A turno mi portano quasi a godere ma le fermo prima. No, non questa sera nelle loro bocche. Un passo per volta. Torno dal bagno e sono già addormentate.. No, sono sveglie ma con gli occhi chiusi. Ci terrete con voi, non è vero? Vedremo. Non voglio assolutamente farmele scappare, altro che tenerle.
Racconta a tua sorella quello che abbiamo fatto. Mi vergogno padrone. Ma insisto… e poi di cosa devi vergognarti? E’ un ordine, siete mie schiave dovete ubbidire….e mi ha legata, avevo una gran paura ma speravo che così magari ci avrebbe tenute tutte e due. Speravo ed avevo paura. Se avessi capito subito, avrei avuto ancora più paura. Non di quello che stava per farmi ma, non so… se non fossi stata capace di farlo? Se non gli fossi piaciuta? Se, se, se. Ed è stato più forte di me, non ho saputo trattenermi e l’ho assillarlo dicendogli che ero sua che lo amavo , che…poi credo, no gli ho chiesto di rimanere con me, solo poi mi sono addormentata. Ho anche fatto una cosa… cosa? Sono io a chiederlo. Gli ho fatto sentire il sedere, dicendo… Ne ero stato deliziato a dire il vero e ne sono deliziato ora sentendola. Sul serio teme di essermi spiaciuta? Se n’è andato quando già dormivo ed è venuto da te.
A me, non mi ha legata, è stato dolce, paziente, certo ho sentito un poco male. Volevo soddisfarlo, volevo piacergli, speravo che dicesse che non ci frusterà. Mi fa paura la frusta…Devo farlo, devo frustarvi, un poco almeno. Deciderete così se rimanere o no. Si le frusterò, domani stesso. Via il dente … Valeria si addormenta; ne vedo il profilo morbido oltre il corpo di Bea ora stesa tra di noi. Il sonno rende grevi le palpebre, sento il culetto di Bea premere ondeggiante sul mio cazzo e mi devo trattenere. Ci riesco senza troppa fatica. Sorrido. Brava Beatrice, dolce Beatrice, Bea, non vuoi essere da meno di tua sorella? Sono mie, sono mie. Mi amano vogliono essere mie. Mie schiave. Ma perchè schiave? L’ alba, l’alba di un giorno che spero ed anzi pretendo e farò di tutto perchè sia felice. Le due ragazze, le mie ospiti, dormono abbracciate in un bozzolo di lenzuola. Poso su di loro una copertina leggera. Si vede solo spuntare la sommità del capo di una di loro. Mi addormento di nuovo dopo averle spostate senza svegliarle. Dormo anch’io finché non bussano. Beatrice e Valeria scompaiono con un gridolino sotto lenzuola e coperta mentre Shukkrì entra con il caffè. Sorridente come sempre, disinteressata almeno all’apparenza della presenza delle due nella mia camera e nel mio letto. Sapeva già tutto ovviamente, in caso diverso non ci sarebbero sul vassoio tre tazzine di caffè. Sa tutto ed ha provveduto. Dal servizio in camera i mariti delle mie tre cameriere sono esclusi almeno per ora.
Forza tesori, il caffè, dormirete dopo se volete, ancora un po’ almeno. Su, saltate fuori. Assonnate ma anche tese per la inevitabile vergogna, siedono sul letto coprendosi come possono. So già che apprezzano il caffè. Sono le nove, dottore. Direi di far riposare le signorine per un’oretta ancora. Preparo il bagno per le dieci? Va bene, devono anche studiare, domani hanno scuola. Esce ed io abbraccio quella più a tiro. Le avvolgo entrambe con una occhiata che dire famelica è niente. Le attiro a me e le stringo. Chi ho baciato? Me Padrone. Ride felice. Si, lo so, ma tu chi sei? Diventa rossa come un pomodoro. Sono Valeria. E, un po’ piccata. Ci dovremo mettere un segnalino finché non imparate a riconoscerci. Il sole batte sul muro da ore e ha già scaldato la camera. Non c’è ragione perché si coprano togliendomi la vista dei loro deliziosi corpicini. Però taccio, per ora. Le cullo e le coccolo; non ne sembrano infastidite. Certo non me ne infastidisco io a stringerle ed accarezzarle. I loro respiri tenui. deliziosi alla base del collo mi danno i brividi. Le voglio, le voglio a qualsiasi costo. Le devo avere a qualsiasi costo. Sono loro a stringersi a me, Beatrice si solleva tanto da guardarmi in viso un attimo per poi chinarsi a sfiorarmi la bocca.
Fuggo letteralmente e mi rifugio nel bagno.
Spero che che saranno mie. Ho dovuto ritrarmi altrimenti non avrei resistito, sarei saltato addosso alle due ora subito ed invece non devo correre rischi. E’ troppo facile deluderle, facile perdere la loro fiducia, difficilissimo se non impossibile riconquistare quella fiducia e riconquistare le mie due deliziose bambine.

Ciao, è Giulia, come va? I soliti convenevoli. Sa tutto delle due ed insieme abbiamo architettato un piano teso a scoraggiarle, a farle recedere. Non va tanto bene. Stanno studiando, domani hanno scuola. Non sono riuscito e non riuscirò a fare quello che avevamo progettato. Lei esita…Ti ricordi cos’ ho detto? Certo che me lo ricordo. Ho fatto di tutto ma non vogliono mollare ed io, quasi, ecco, quasi non voglio mollino. A questo punto ci resteresti male? Ci resterei di merda mi dico. Nonostante sia da tempo la mia amante, sia pure una amante molto saltuaria, con lei non mi sono mai espresso con un simile frasario. Mio caro, a questo punto direi che facendole andare via non otterresti che di buttarle tra le braccia del primo che capita. Ti ho detto che per loro tu sei meglio della stragrande maggioranza degli uomini. Ma sono un vecchio! A me piaci, e non direi che la tua età influisca minimamente a letto. Sai essere sempre molto dolce. E poi, hai detto che vuoi frustarle. Vacci piano. Poi un rapido saluto ed attacca. E’ fatta così. Certo non si può accusarla di essere gelosa. Giulia però non mi interessa, non in questo momento. Torno nel salotto dove stanno finendo i compiti e le lezioni per domani. Hanno finito anzi. Sembra impossibile siano le due ninfe che mi hanno portato al parossismo questa notte. Le ho avute entrambe sia pur come maschietti, violando i due sederini. A maggior ragione dovrebbero essere offese e detestarmi. Sorridono invece. Era nei patti, nelle condizioni che ho imposto. Non avrei colto il loro fiore, non le avrei sverginate insomma, ma per il resto le avrei trattate come schiave, senza privarmi di nessun piacere che potessi volere e prendere da loro. Per ora non le distinguo. Quale sia Beatrice e quale Valeria è difficile, anzi impossibile capirlo. Si somigliano troppo anche se comincio a notare qualche sia pur lieve differenza. Tu sei Valeria. Sbagliato. Poco male. Parliamo un poco attendendo ci chiamino per il desinare. Hanno finito i compiti e preparato le lezioni anche se è improbabile le interroghino in questi ultimi giorni di scuola. C’è troppa gente da interrogare. Non voglio corriate rischi con la scuola. Pretendo siate inappuntabili. Dopo pranzo ci ritiriamo nella mia camera. Avete finito tutto per scuola? Fatto I compiti e ripassato letteratura. Dopo un attimo: scusi…adesso dobbiamo, devo chiamarla Dottore o Padrone? Per ‘adesso’ intende dopo che le ho goduto nel culetto Tu sei Valeria. Si. Nervose, è ovvio, un poco intimorite. Mi piace guardare i loro visi acquistare colore, imporporarsi quando chiedo loro di spogliarsi. In ginocchio! Mi accorgo che il tono è troppo poco autoritario ma ubbidiscono. State pure comode, appoggiatevi sui talloni. Senza che lo chieda portano le mani dietro la schiena. Sono ancora più belle, più desiderabili con le tettine protese. Però, aprite un poco le ginocchia. Adesso sono perfette. Una lama di luce, penetrando tra le grate illumina la scena, loro ancora nella penombra ed alle spalle un turbinio di pulviscolo nella luce. Tengono il viso e gli occhi bassi ma a tratti mi guardano per un attimo prima di tornare a guardare in basso. Occhi neri, splendenti come Il gaietto ed al tempo stesso pozzi di ombre in cui è facile perdersi e mi ci sono già perso. Una scena…una scena che vorrò conservare nella memoria per sempre. Le mie schiave. No, le mie due donne, la mia famiglia, se non sbaglio tutto facendole scappare. Chiaramente attendono sia io a parlare. Volevo frustarvi. Pensavo di usare lo scudiscio che vi ho mostrato. Uno, anzi due sguardi interrogativi. Non lo farò. Sarebbe sbagliato farlo per come ieri sera vi siete comportate. Sarebbe stato anormale faceste diversamente. La prossima volta che vi sottrarrete alle mie carezze o vi coprirete per nascondermi il vostro bel corpicino, non potrete accampare scuse, non ne accetterò di scuse. Vi punirò e farà male. Poi: chiamatemi Padrone. Si Padrone, ci terrete con voi, non è vero? Ne siete convinte? Lo volete proprio? Si Padrone, si per piacere. Piangono sconsolate quasi fosse l’unica ragione di vita. Fatico a credere possibile tutto questo. Non posso però negare ciò che avviene poi. Un ordine e pur con qualche esitazione si accostano e si stringono a me. La vestaglia viene schiusa ed accompagno una manina sul mio pene. La sinistra preme sulla spalla e lei, chiunque sia, si inginocchia di nuovo. Sa cosa voglio. Fermati. Solleva gli occhi impaurita. E’ impaurita pure l’altra. Si cazzo, devo mettere loro un segnalino al collo. Le porto sul letto stese ai miei fianchi. Faccio posare le teste sugli omeri. E’ dolce, è piacevole. Le sento fremere e fremo pure io. Le voglio eppure esito. Mi eccita l’idea di esplorare il loro ventre, mi eccitano tanto le mie bellissime ragazze che fatico a trattenermi. Ho imparato a controllarmi a quattordici anni. Prima pensavo che tutti fossero come me, che nei giochi di mano della pubertà tutti potessero trattenersi dallo svuotarsi o dall’avere una erezione, e potessero controllare almeno un poco, come me, il pene. La mia nave scuola, prima sorpresa e poi, parole sue, estasiata, mi aveva spiegato che non era così. Avevo imparato, anzi avevamo imparato molto in quei due mesi. Solo alcuni anni più tardi, uno specialista mi ha dato qualche spiegazione. Il fenomeno è noto, lo chiamano atavismo, ma è tanto raro che è stato studiato solo in minima parte…non mi importa, non adesso. Ho avuto altre volte due donne nel mio letto ma solo con Maria ha avuto importanza. Con Maria, Tilly ed Angela. Due, tre, che importa. Importa l’amore che provavo per loro. Importava il loro desiderio di compiacermi. Era vero amore con salsa piccante di desiderio. Io le amo e le desidero queste due, e loro? Non so. Di secondo in secondo cambio idea, mi contraddico passando da un convincimento al’ opposto, dalla più rosea delle speranze alla incredulità totale. Hanno diciott’anni. Hanno cinquantaquattro anni meno di me. Ma cosa potrebbero volere? Vengono con un vecchio per denaro? Non sarebbero le prime. E non sarei il primo a pagare per ‘
No, non può e non deve essere, sono troppo dolci, troppo care. Si strusciano contro di me carezzandomi e facendomi impazzire. Si impazzire. Prendo tra le braccia quella di sinistra, la bacio con dolcezza. L’altra mi sfiora la schiena con le labbra , la manina si fa largo tra le cosce che allargo un poco per agevolarla. Si ritrae, non osa. Non oso neppure io andare oltre. Fossi solo con una di loro non saprei trattenermi. La notte passata però… no, mi stendo sul dorso cullato dalla loro presenza ma troppo eccitato per potermi rilassare un poco, il minimo necessario, li in basso, tra le gambe; dovete raccontarmi tutto, dall’inizio. Sono con gli occhi chiusi ma i sensi allerta. Aspetto belle. Aveva ragione Beatrice, come sempre. Si cara, avevo ragione io. Padrone, è cominciato tutto come un gioco, volevamo scegliere un uomo che fosse, per finta, non sul serio, il nostro padrone. Avevamo letto qualche cosa. Pericolosetto. Ma no padrone. E’ Beatrice, quella alla mia sinistra. Non avrebbe mai saputo niente. Cercavamo il PADRONE TIPO. Quando avete detto la vostra sulla schiavitù e sui master, ho avuto la certezza che foste il meglio e vi abbiamo seguito quando avete trasmigrato. Non credevo aveste gli anni che dicevate. Nessuna ci credeva. La nonna, che non ne sapeva niente, è logico, e pensava al nostro futuro, ci voleva bene ma diceva che dovevamo cercarci un uomo, uno a testa intendeva, che sapesse guidarci. Intendeva un marito. Avevamo già trovato voi. Ci siamo accorte pian piano che volevamo voi ad ogni costo. E non come marito ma come padrone. All’inizio io non ero d’accordo, abbiamo perfino litigato due anni fa. Poi mi sono convinta ho capito…mi sono innamorata da non ragionare. E questa è Valeria, alla mia destra. Avevamo capito che di donne e forse di schiave ve ne intendevate. Che ne eravate stato amato e che forse le avevate amate. Che non le picchiavate molto, e mai per puro gusto di picchiarle. Di nuovo Beatrice. Ma non mi importa quale delle due parli. Comincio a capire e la speranza diventa più concreta. Ci terrete Padrone? La domanda, ripetuta in continuazione per me è diversa. Come fare a trattenerle per sempre? La dolcezza, parlare, confessare quanto le voglia? Le amo poi o le desidero solo? Il desiderio di un settantenne per due belle, anzi bellissime ragazzette? Ringiovanire in loro, nei loro corpi che profumano di giovinezza e voglia di vivere. Vogliose di compiacermi, certo, ora lo sono, ma per quanto? Quando leggerò la noia o peggio il disgusto nei loro visi? Farne due schiave per amore e con amore. Le stringo ancora a me, le mani scorrono lievi sui fianchi vellutati, sulle natiche piene . Percepisco la tensione in entrambe. Possibile? Possibile per ora, ma poi, tra un mese, tra un anno? Farne due schiave per amore, l’amore che provo e non solo il desiderio che potrebbe spegnersi in fretta. Ma l’amore non basterebbe. Vivrei nel timore di perderle. Vere schiave, nel corpo e nell’anima. Soggiogate, sottomesse, i cuori avvinti da catene infrangibili, i corpi, i corpi assuefatti a ricevere quel piacere che so dare, che solo io potrei forse dare nel riceverne… Piacere e talvolta dolore. Poco, poco per volta fino ad una sottomissione che trova nell’amare l’amante origine e ragione d’esistere. Dovrò diventare per loro questa ragione d’essere, nascondendo in parte, per la maggior parte il mio amore e manifestando una durezza che non mi è naturale. Ci riuscirò? Potrò indurirmi fino a tal punto? Quale punto? Certo, la frusta. Lo sverzino è l’ideale se si sa far tacere la propria natura…ed umiliarle poi…è necessario per piegarle senza spezzarle. Non voglio diventino due bestiole impaurite. Non voglio diventino due cose prive di volontà e peggio prive di dignità. Che senso avrebbe? Pagare due puttane sarebbe più semplice e logico. Sarebbe altrettanto gratificante, per nulla gratificante. Ci penso un attimo. Siete entrambe molto belle. Vi desidero. Spero vi comportiate in modo tale da potervi accettare, farvi mie schiave. Lo spero ma non ne sono ancora certo. Sarà un lavoro duro, non so. Per ora voglio il tuo bel culetto Valeria cara. Beatrice, usa la bocca, fammelo diventare ancora più duro. Ho voglia in effetti del culetto di entrambe. Ho tutto il pomeriggio per godermele. Le terrò vergini fino alla fine della scuola, ma non mi vieterò altro e neppure saranno messe al corrente di nulla. Qualcosa, forse, dirò quando e solo quando lo deciderò io. I culetti vergini mi sono sempre piaciuti. Vergine o pressoché vergine era il sedere della signora Vespucci , dal nome della nave scuola. Lei è stata per un’ estate intera la mia nave scuola. Ormai credo poco alle donne, ma sono convinto dicesse la verità e che dalla morte del marito si fosse ‘succhiata il dito’. Uomini niente. Troppo pericoloso al paese. Ed il marito quel sederino l’aveva usato parecchio con piacere reciproco. Dopo quasi dieci anni però…era in pratica ‘Nuovo’. Nuovo era certamente quello di Maria, di Tilly e certamente nuovo aldilà di ogni sospetto quello di Angela. Li avevo inaugurati ed usati con mio piacere prima, con piacere anche loro poi. Le due sono ben lontane per ora dal poter apprezzare la cosa. Io però apprezzo e come. Valeria, la prima delle due. Ieri sera l’ ho trattata da schifo. Ho voglia quasi di scusarmene, ma con una schiava non si deve, mai!
Chiaramente è imbarazza dalla presenza di Beatrice che tiene in mano il mio pisello come fosse una biro e se lo guarda anche con aria stranita. Ieri sera cara non avevi tanti problemi dico guardandola. Beatrice dopo tanti rossori è pallida. Perché cara? Sono il tuo Padrone. Posso chiedervi di darmi piacere, di farmi godere come voglio e quando voglio. Allora vi accosta le labbra. Le carezzo il capo. E’ tutto tranne che esperta ma è tanto il piacere che provo in quella bocca che quasi mi ci verso in pochi momenti. Resisto ma devo rilassarmi per qualche momento. Vi siete mai baciate tra di voi, oppure vi siete toccate, tra voi… o da sole?
La solita esitazione, i soliti tremiti deliziosi. Una volta, io sola, per curiosità. Quando? Penso sia successo quando era molto più giovane ed invece si è toccata pochi mesi prima. Valeria non ne ha voluto sapere e si è arrabbiata moltissimo. E Perché mai? Avevamo già deciso che dovevate essere Voi il nostro padrone, interviene Valeria, ancora arrabbiata direi. In un certo senso siete stato privato di qualcosa di vostro. Usare quest’appiglio per punire Beatrice? No certo. Valeria capisce che è il momento, deve ubbidire e si pone bocconi, le gambe un poco aperte, invitante. Schiudo le due meline, le lascio per insinuare la mano verso la fessurina. Asciutta ovviamente. La bagno con la saliva offerta dalla sorella, ora le mie carezze sortiscono un primo effetto ma non bastano quei primi umori, altra saliva sul buchetto contratto e sul cazzo, una gentile offerta sempre dell’altra. E’ utile averne due di donne nel letto ragazze. Non ridono. Spingo un poco. Spinge anche lei. Entro un poco, esco e premo ancora, più forte, gravando un poco col mio peso. Si contrae tutta, inarca un poco il busto verso l’alto, cercando di scomparire dentro il materasso con la parte che le duole. La cappella entra un poco, un altro poco, entra tutta, entra senza fermarsi il resto del birillo. Un attimo, non più di un attimo e comincio a montarla. Non ho saputo aspettare. Capisco di farle male. Sopporta dolce schiavetta, sopporta. Esco di lei e rientro. Ormai è ben dilatata e lubrificata, una deliziosa messa in culo, sto per godere e mi allungo sopra di lei cercandone i seni che strizzo forse con troppa energia, godo, godo, devo trattenermi e parzialmente mi trattengo, sono in due. E’ Valeria ad accudirmi dopo essersi rinfrescata e lavata. Le ho sentite parlottare in bagno. Di cosa? Che importa? Di cosa parlano due ragazze, due schiave dopo che una l’ha preso nel sedere e l’altra lo prenderà tra poco? Valeria mi accudisce. E’ ancora poco pratica, va in confusione. Un quadrato di telo impermeabile per non bagnare le lenzuola, pezzuole inumidite e saponose per lavare, altre bagnate per sciacquare. Ovviamente attenzione a non fare male tirando il prepuzio per nettare la piega attorno al glande. Piano, delicatamente. Sta imparando. Sciacquare lo scroto e ricominciare da capo per sicurezza. Non mi piace baciare una donna dopo un pompino alla…e farmelo coccolare da una dolce bocca femminile… mi manda su di giri in fretta. Non ho mai goduto nella loro bocca. C’è tempo. Di nuovo stretto tra le due mi abbandono al torpore, si fa però prepotente la voglia, la voglia di una sigaretta. Le due non fumano ma Beatrice me ne accende una, tossisce nel porgermela. Sono seduto sul letto ed appoggio la schiena alla testata. Valeria tiene sul ventre il posacenere e Beatrice, sul fianco, la testa sostenuta dalla mano sembra interessarsi all”oggetto misterioso’. Questa era una delle nostre paure. Non capisco. Non abbiamo mai letto che un padrone si facesse lavare dopo… e se lo facevano baciare. E baciare il Vostro…Chiamalo pure membro, verga o virilità. Non cazzo. Cazzo lo chiamo io. Baciarglielo al Padrone dopo che…dopo che ha esplorato il vostro culetto non è il massimo. Avete proprio ragione. Il metodo lo ha inventato una mia amica. Amica, Padrone? Amante se preferisci. Maria. Avremo tempo per parlarne. Lo spero almeno. Anche noi Padrone. Cos’altro vi faceva paura? Essere prese come…ci avete prese. Dicevano facesse molto male all’inizio.
Della cenere si sparge sul lenzuolo. Ora mi dedico alla piccola Beatrice. Al contrario della sorella si torce poco, sembra quasi non provi dolore. Certamente le sto facendo male ma sta anche imparando molto in fretta a farmi godere col suo sederino; non ci rinuncerei per tutto l’oro del mondo. Già un poco soddisfatto da Valeria me la prendo comoda con Beatrice. Molto comoda. Ritardo il piacere tanto da strapparle alla fini un gemito di dolore quando soddisfatto appieno la libero dalla ingombrante presenza. Di nuovo vengo accudito, lavato poi nella vasca come un bebè. Sono tornato bambino. Ci mancano le paperelle in acqua. Mi vesto e scendo a controllare il fuoriborsa, ufficioso ma utile, mentre Katra e Shukkrì le preparano. Un miracolo ed in mezz’ora sono pronte. Il sole è basso e gli alberi del parco ci proteggono dai suoi ultimi raggi. Fa caldo ma è una lenta passeggiata fino al confine cintato. Una panchina. Non oso neppure baciarle nel timore di spezzare la magia del momento. Ci raggiunge Omer con degli aperitivi, analcolici per le due, per me il solito. Un tavolo improvvisato coperto di pizzo candido, pochi piatti, vino fresco non gelato. Sono le due schiave a servire.
Bocconi ancora bollenti di un nulla che si briciola, profumato e sapido, dolcetti caldi che si alternano ad altro nulla salato o piccante e profumato. Arrivano ancora caldi dalla cucina e dalle mani fatate di Ashila. Seduto sul marmo osservo la danza delle due, tanto compunte che Beatrice, si credo sia Beatrice, stringe tra I denti il labbro. Magia, magia pura e lo zampino delle mie adorabili e fedeli servitrici e dei loro altrettanto cari mariti. E’ passato l’imbrunire quando ci avviamo per raggiungere la casa. I primi insetti già ronzano. E’ ora di ritirarci. Domani le piccole vanno a scuola. Farle dormire nel mio letto? Una tentazione quasi irresistibile. Resisto. Domani mattina hanno scuola.
Non entravo nella Biblioteca Vecchia da parecchio. Neppure io so da quanto tempo. E’ situata in fondo al corridoio su cui si affacciano la mia stanza e quelle delle mi ospiti. La tappezzeria delle pareti, per quanto risenta un poco degli anni è ancora accettabile ed è ammobiliata molto bene. Le due porte finestre che danno su un ballatoio ed una terrazza in fregio alla vecchia torretta forniscono tutta la luce necessaria. Mi sono abituato rapidamente, con naturalezza ad avere d’attorno le due piccole, le mie dolcissime prede. Ora sono a scuola. Sembra impossibile ma è passata una sola settimana. Amo averle vicino, poterle toccare, carezzare, abbandonarmi per qualche attimo al desiderio sempre più prepotente di farle donne e, facendo prepotenza ad ogni istinto, ubbidire alla ragione. Un passo alla volta. Si stanno abituando a dipendere da me in ogni sia pur piccola decisione. Si stanno abituando, sono anzi ben avviate su questa strada, a darmi piacere nei modi che di volta in volta preferisco, tutte le volte che le desidero. Non sanno che frenarmi dal godere più spesso nei loro sederi o nelle bocche mi costa non poca fatica, ma Shukkrì controlla tutti i giorni il loro stato e sono infiammate…e neppure devo disgustarle godendo nella loro bocca. La prima volta, con Valeria, è stato un mio errore. Non ho saputo trattenermi. Ora mi verso in loro senza chiedere che inghiottano il mio seme. Scappano in bagno. Desidero averle vicine e godere con gli occhi della loro nudità. Non si può nello studio al piano terreno. Col tempo si abitueranno a mostrarsi a chiunque io voglia. Col tempo. Guardo l’ora. Dovrebbero arrivare tra poco. Mi è sempre più difficile stare lontano da loro. Le voglio vicino a me, sempre. Mi sveglio talvolta e spio il respiro lieve delle piccine stese nel mio letto. Le voglio e le avrò, ma a momento debito, tra poco. Mille domande mi affollano la testa. Una però mi preoccupa. Sono geloso? Me ne preoccupo perchè la gelosia non è mai stato un mio difetto. Eppure…Ruote sulla ghiaia. Sono loro. Le faccio accompagnare a scuola ed ora sono di ritorno. Finalmente. Devo farmi forza per non affacciarmi per un saluto, in realtà vorrei scendere ad anticipare l’attimo in cui le abbraccerò. Sarà un abbraccio ed un bacio quasi formale se non indifferente, mentre però il cuore batterà all’impazzata. Innamorato e geloso! Ci mancava anche la gelosia. Si saranno mie per gli anni che mi restano. Le mie schiave, le mie amanti. La mia famiglia. Non lo sanno ma sarà così. L’ alba, l’alba di un giorno che spero ed anzi pretendo e farò di tutto perchè sia felice. Le due ragazze, le mie ospiti, dormono abbracciate in un bozzolo di lenzuola. Poso su di loro una copertina leggera. Si vede solo spuntare la sommità del capo di una di loro. Mi addormento di nuovo dopo averle spostate senza svegliarle. Dormo anch’io finché non bussano. Beatrice e Valeria scompaiono con un gridolino sotto lenzuola e coperta mentre Shukkrì entra con il caffè. Sorridente come sempre, disinteressata almeno all’apparenza della presenza delle due nella mia camera e nel mio letto. Sapeva già tutto ovviamente, in caso diverso non ci sarebbero sul vassoio tre tazzine di caffè. Sa tutto ed ha provveduto. Dal servizio in camera i mariti delle mie tre cameriere sono esclusi almeno per ora.
Forza tesori, il caffè, dormirete dopo se volete, ancora un po’ almeno. Su, saltate fuori. Assonnate ma anche tese per la inevitabile vergogna, siedono sul letto coprendosi come possono. So già che apprezzano il caffè. Sono le nove, dottore. Direi di far riposare le signorine per un’oretta ancora. Preparo il bagno per le dieci? Va bene, devono anche studiare, domani hanno scuola. Esce ed io abbraccio quella più a tiro. Le avvolgo entrambe con una occhiata che dire famelica è niente. Le attiro a me e le stringo. Chi ho baciato? Me Padrone. Ride felice. Si, lo so, ma tu chi sei? Diventa rossa come un pomodoro. Sono Valeria. E, un po’ piccata. Ci dovremo mettere un segnalino finché non imparate a riconoscerci. Il sole batte sul muro da ore e ha già scaldato la camera. Non c’è ragione perché si coprano togliendomi la vista dei loro deliziosi corpicini. Però taccio, per ora. Le cullo e le coccolo; non ne sembrano infastidite. Certo non me ne infastidisco io a stringerle ed accarezzarle. I loro respiri tenui. deliziosi alla base del collo mi danno i brividi. Le voglio, le voglio a qualsiasi costo. Le devo avere a qualsiasi costo. Sono loro a stringersi a me, Beatrice si solleva tanto da guardarmi in viso un attimo per poi chinarsi a sfiorarmi la bocca.
Fuggo letteralmente e mi rifugio nel bagno.
Spero che che saranno mie. Ho dovuto ritrarmi altrimenti non avrei resistito, sarei saltato addosso alle due ora subito ed invece non devo correre rischi. E’ troppo facile deluderle, facile perdere la loro fiducia, difficilissimo se non impossibile riconquistare quella fiducia e riconquistare le mie due deliziose bambine.

Ciao, è Giulia, come va? I soliti convenevoli. Sa tutto delle due ed insieme abbiamo architettato un piano teso a scoraggiarle, a farle recedere. Non va tanto bene. Stanno studiando, domani hanno scuola. Non sono riuscito e non riuscirò a fare quello che avevamo progettato. Lei esita…Ti ricordi cos’ ho detto? Certo che me lo ricordo. Ho fatto di tutto ma non vogliono mollare ed io, quasi, ecco, quasi non voglio mollino. A questo punto ci resteresti male? Ci resterei di merda mi dico. Nonostante sia da tempo la mia amante, sia pure una amante molto saltuaria, con lei non mi sono mai espresso con un simile frasario. Mio caro, a questo punto direi che facendole andare via non otterresti che di buttarle tra le braccia del primo che capita. Ti ho detto che per loro tu sei meglio della stragrande maggioranza degli uomini. Ma sono un vecchio! A me piaci, e non direi che la tua età influisca minimamente a letto. Sai essere sempre molto dolce. E poi, hai detto che vuoi frustarle. Vacci piano. Poi un rapido saluto ed attacca. E’ fatta così. Certo non si può accusarla di essere gelosa. Giulia però non mi interessa, non in questo momento. Torno nel salotto dove stanno finendo i compiti e le lezioni per domani. Hanno finito anzi. Sembra impossibile siano le due ninfe che mi hanno portato al parossismo questa notte. Le ho avute entrambe sia pur come maschietti, violando i due sederini. A maggior ragione dovrebbero essere offese e detestarmi. Sorridono invece. Era nei patti, nelle condizioni che ho imposto. Non avrei colto il loro fiore, non le avrei sverginate insomma, ma per il resto le avrei trattate come schiave, senza privarmi di nessun piacere che potessi volere e prendere da loro. Per ora non le distinguo. Quale sia Beatrice e quale Valeria è difficile, anzi impossibile capirlo. Si somigliano troppo anche se comincio a notare qualche sia pur lieve differenza. Tu sei Valeria. Sbagliato. Poco male. Parliamo un poco attendendo ci chiamino per il desinare. Hanno finito i compiti e preparato le lezioni anche se è improbabile le interroghino in questi ultimi giorni di scuola. C’è troppa gente da interrogare. Non voglio corriate rischi con la scuola. Pretendo siate inappuntabili. Dopo pranzo ci ritiriamo nella mia camera. Avete finito tutto per scuola? Fatto I compiti e ripassato letteratura. Dopo un attimo: scusi…adesso dobbiamo, devo chiamarla Dottore o Padrone? Per ‘adesso’ intende dopo che le ho goduto nel culetto Tu sei Valeria. Si. Nervose, è ovvio, un poco intimorite. Mi piace guardare i loro visi acquistare colore, imporporarsi quando chiedo loro di spogliarsi. In ginocchio! Mi accorgo che il tono è troppo poco autoritario ma ubbidiscono. State pure comode, appoggiatevi sui talloni. Senza che lo chieda portano le mani dietro la schiena. Sono ancora più belle, più desiderabili con le tettine protese. Però, aprite un poco le ginocchia. Adesso sono perfette. Una lama di luce, penetrando tra le grate illumina la scena, loro ancora nella penombra ed alle spalle un turbinio di pulviscolo nella luce. Tengono il viso e gli occhi bassi ma a tratti mi guardano per un attimo prima di tornare a guardare in basso. Occhi neri, splendenti come Il gaietto ed al tempo stesso pozzi di ombre in cui è facile perdersi e mi ci sono già perso. Una scena…una scena che vorrò conservare nella memoria per sempre. Le mie schiave. No, le mie due donne, la mia famiglia, se non sbaglio tutto facendole scappare. Chiaramente attendono sia io a parlare. Volevo frustarvi. Pensavo di usare lo scudiscio che vi ho mostrato. Uno, anzi due sguardi interrogativi. Non lo farò. Sarebbe sbagliato farlo per come ieri sera vi siete comportate. Sarebbe stato anormale faceste diversamente. La prossima volta che vi sottrarrete alle mie carezze o vi coprirete per nascondermi il vostro bel corpicino, non potrete accampare scuse, non ne accetterò di scuse. Vi punirò e farà male. Poi: chiamatemi Padrone. Si Padrone, ci terrete con voi, non è vero? Ne siete convinte? Lo volete proprio? Si Padrone, si per piacere. Piangono sconsolate quasi fosse l’unica ragione di vita. Fatico a credere possibile tutto questo. Non posso però negare ciò che avviene poi. Un ordine e pur con qualche esitazione si accostano e si stringono a me. La vestaglia viene schiusa ed accompagno una manina sul mio pene. La sinistra preme sulla spalla e lei, chiunque sia, si inginocchia di nuovo. Sa cosa voglio. Fermati. Solleva gli occhi impaurita. E’ impaurita pure l’altra. Si cazzo, devo mettere loro un segnalino al collo. Le porto sul letto stese ai miei fianchi. Faccio posare le teste sugli omeri. E’ dolce, è piacevole. Le sento fremere e fremo pure io. Le voglio eppure esito. Mi eccita l’idea di esplorare il loro ventre, mi eccitano tanto le mie bellissime ragazze che fatico a trattenermi. Ho imparato a controllarmi a quattordici anni. Prima pensavo che tutti fossero come me, che nei giochi di mano della pubertà tutti potessero trattenersi dallo svuotarsi o dall’avere una erezione, e potessero controllare almeno un poco, come me, il pene. La mia nave scuola, prima sorpresa e poi, parole sue, estasiata, mi aveva spiegato che non era così. Avevo imparato, anzi avevamo imparato molto in quei due mesi. Solo alcuni anni più tardi, uno specialista mi ha dato qualche spiegazione. Il fenomeno è noto, lo chiamano atavismo, ma è tanto raro che è stato studiato solo in minima parte…non mi importa, non adesso. Ho avuto altre volte due donne nel mio letto ma solo con Maria ha avuto importanza. Con Maria, Tilly ed Angela. Due, tre, che importa. Importa l’amore che provavo per loro. Importava il loro desiderio di compiacermi. Era vero amore con salsa piccante di desiderio. Io le amo e le desidero queste due, e loro? Non so. Di secondo in secondo cambio idea, mi contraddico passando da un convincimento al’ opposto, dalla più rosea delle speranze alla incredulità totale. Hanno diciott’anni. Hanno cinquantaquattro anni meno di me. Ma cosa potrebbero volere? Vengono con un vecchio per denaro? Non sarebbero le prime. E non sarei il primo a pagare per ‘
No, non può e non deve essere, sono troppo dolci, troppo care. Si strusciano contro di me carezzandomi e facendomi impazzire. Si impazzire. Prendo tra le braccia quella di sinistra, la bacio con dolcezza. L’altra mi sfiora la schiena con le labbra , la manina si fa largo tra le cosce che allargo un poco per agevolarla. Si ritrae, non osa. Non oso neppure io andare oltre. Fossi solo con una di loro non saprei trattenermi. La notte passata però… no, mi stendo sul dorso cullato dalla loro presenza ma troppo eccitato per potermi rilassare un poco, il minimo necessario, li in basso, tra le gambe; dovete raccontarmi tutto, dall’inizio. Sono con gli occhi chiusi ma i sensi allerta. Aspetto belle. Aveva ragione Beatrice, come sempre. Si cara, avevo ragione io. Padrone, è cominciato tutto come un gioco, volevamo scegliere un uomo che fosse, per finta, non sul serio, il nostro padrone. Avevamo letto qualche cosa. Pericolosetto. Ma no padrone. E’ Beatrice, quella alla mia sinistra. Non avrebbe mai saputo niente. Cercavamo il PADRONE TIPO. Quando avete detto la vostra sulla schiavitù e sui master, ho avuto la certezza che foste il meglio e vi abbiamo seguito quando avete trasmigrato. Non credevo aveste gli anni che dicevate. Nessuna ci credeva. La nonna, che non ne sapeva niente, è logico, e pensava al nostro futuro, ci voleva bene ma diceva che dovevamo cercarci un uomo, uno a testa intendeva, che sapesse guidarci. Intendeva un marito. Avevamo già trovato voi. Ci siamo accorte pian piano che volevamo voi ad ogni costo. E non come marito ma come padrone. All’inizio io non ero d’accordo, abbiamo perfino litigato due anni fa. Poi mi sono convinta ho capito…mi sono innamorata da non ragionare. E questa è Valeria, alla mia destra. Avevamo capito che di donne e forse di schiave ve ne intendevate. Che ne eravate stato amato e che forse le avevate amate. Che non le picchiavate molto, e mai per puro gusto di picchiarle. Di nuovo Beatrice. Ma non mi importa quale delle due parli. Comincio a capire e la speranza diventa più concreta. Ci terrete Padrone? La domanda, ripetuta in continuazione per me è diversa. Come fare a trattenerle per sempre? La dolcezza, parlare, confessare quanto le voglia? Le amo poi o le desidero solo? Il desiderio di un settantenne per due belle, anzi bellissime ragazzette? Ringiovanire in loro, nei loro corpi che profumano di giovinezza e voglia di vivere. Vogliose di compiacermi, certo, ora lo sono, ma per quanto? Quando leggerò la noia o peggio il disgusto nei loro visi? Farne due schiave per amore e con amore. Le stringo ancora a me, le mani scorrono lievi sui fianchi vellutati, sulle natiche piene . Percepisco la tensione in entrambe. Possibile? Possibile per ora, ma poi, tra un mese, tra un anno? Farne due schiave per amore, l’amore che provo e non solo il desiderio che potrebbe spegnersi in fretta. Ma l’amore non basterebbe. Vivrei nel timore di perderle. Vere schiave, nel corpo e nell’anima. Soggiogate, sottomesse, i cuori avvinti da catene infrangibili, i corpi, i corpi assuefatti a ricevere quel piacere che so dare, che solo io potrei forse dare nel riceverne… Piacere e talvolta dolore. Poco, poco per volta fino ad una sottomissione che trova nell’amare l’amante origine e ragione d’esistere. Dovrò diventare per loro questa ragione d’essere, nascondendo in parte, per la maggior parte il mio amore e manifestando una durezza che non mi è naturale. Ci riuscirò? Potrò indurirmi fino a tal punto? Quale punto? Certo, la frusta. Lo sverzino è l’ideale se si sa far tacere la propria natura…ed umiliarle poi…è necessario per piegarle senza spezzarle. Non voglio diventino due bestiole impaurite. Non voglio diventino due cose prive di volontà e peggio prive di dignità. Che senso avrebbe? Pagare due puttane sarebbe più semplice e logico. Sarebbe altrettanto gratificante, per nulla gratificante. Ci penso un attimo. Siete entrambe molto belle. Vi desidero. Spero vi comportiate in modo tale da potervi accettare, farvi mie schiave. Lo spero ma non ne sono ancora certo. Sarà un lavoro duro, non so. Per ora voglio il tuo bel culetto Valeria cara. Beatrice, usa la bocca, fammelo diventare ancora più duro. Ho voglia in effetti del culetto di entrambe. Ho tutto il pomeriggio per godermele. Le terrò vergini fino alla fine della scuola, ma non mi vieterò altro e neppure saranno messe al corrente di nulla. Qualcosa, forse, dirò quando e solo quando lo deciderò io. I culetti vergini mi sono sempre piaciuti. Vergine o pressoché vergine era il sedere della signora Vespucci , dal nome della nave scuola. Lei è stata per un’ estate intera la mia nave scuola. Ormai credo poco alle donne, ma sono convinto dicesse la verità e che dalla morte del marito si fosse ‘succhiata il dito’. Uomini niente. Troppo pericoloso al paese. Ed il marito quel sederino l’aveva usato parecchio con piacere reciproco. Dopo quasi dieci anni però…era in pratica ‘Nuovo’. Nuovo era certamente quello di Maria, di Tilly e certamente nuovo aldilà di ogni sospetto quello di Angela. Li avevo inaugurati ed usati con mio piacere prima, con piacere anche loro poi. Le due sono ben lontane per ora dal poter apprezzare la cosa. Io però apprezzo e come. Valeria, la prima delle due. Ieri sera l’ ho trattata da schifo. Ho voglia quasi di scusarmene, ma con una schiava non si deve, mai!
Chiaramente è imbarazza dalla presenza di Beatrice che tiene in mano il mio pisello come fosse una biro e se lo guarda anche con aria stranita. Ieri sera cara non avevi tanti problemi dico guardandola. Beatrice dopo tanti rossori è pallida. Perché cara? Sono il tuo Padrone. Posso chiedervi di darmi piacere, di farmi godere come voglio e quando voglio. Allora vi accosta le labbra. Le carezzo il capo. E’ tutto tranne che esperta ma è tanto il piacere che provo in quella bocca che quasi mi ci verso in pochi momenti. Resisto ma devo rilassarmi per qualche momento. Vi siete mai baciate tra di voi, oppure vi siete toccate, tra voi… o da sole?
La solita esitazione, i soliti tremiti deliziosi. Una volta, io sola, per curiosità. Quando? Penso sia successo quando era molto più giovane ed invece si è toccata pochi mesi prima. Valeria non ne ha voluto sapere e si è arrabbiata moltissimo. E Perché mai? Avevamo già deciso che dovevate essere Voi il nostro padrone, interviene Valeria, ancora arrabbiata direi. In un certo senso siete stato privato di qualcosa di vostro. Usare quest’appiglio per punire Beatrice? No certo. Valeria capisce che è il momento, deve ubbidire e si pone bocconi, le gambe un poco aperte, invitante. Schiudo le due meline, le lascio per insinuare la mano verso la fessurina. Asciutta ovviamente. La bagno con la saliva offerta dalla sorella, ora le mie carezze sortiscono un primo effetto ma non bastano quei primi umori, altra saliva sul buchetto contratto e sul cazzo, una gentile offerta sempre dell’altra. E’ utile averne due di donne nel letto ragazze. Non ridono. Spingo un poco. Spinge anche lei. Entro un poco, esco e premo ancora, più forte, gravando un poco col mio peso. Si contrae tutta, inarca un poco il busto verso l’alto, cercando di scomparire dentro il materasso con la parte che le duole. La cappella entra un poco, un altro poco, entra tutta, entra senza fermarsi il resto del birillo. Un attimo, non più di un attimo e comincio a montarla. Non ho saputo aspettare. Capisco di farle male. Sopporta dolce schiavetta, sopporta. Esco di lei e rientro. Ormai è ben dilatata e lubrificata, una deliziosa messa in culo, sto per godere e mi allungo sopra di lei cercandone i seni che strizzo forse con troppa energia, godo, godo, devo trattenermi e parzialmente mi trattengo, sono in due. E’ Valeria ad accudirmi dopo essersi rinfrescata e lavata. Le ho sentite parlottare in bagno. Di cosa? Che importa? Di cosa parlano due ragazze, due schiave dopo che una l’ha preso nel sedere e l’altra lo prenderà tra poco? Valeria mi accudisce. E’ ancora poco pratica, va in confusione. Un quadrato di telo impermeabile per non bagnare le lenzuola, pezzuole inumidite e saponose per lavare, altre bagnate per sciacquare. Ovviamente attenzione a non fare male tirando il prepuzio per nettare la piega attorno al glande. Piano, delicatamente. Sta imparando. Sciacquare lo scroto e ricominciare da capo per sicurezza. Non mi piace baciare una donna dopo un pompino alla…e farmelo coccolare da una dolce bocca femminile… mi manda su di giri in fretta. Non ho mai goduto nella loro bocca. C’è tempo. Di nuovo stretto tra le due mi abbandono al torpore, si fa però prepotente la voglia, la voglia di una sigaretta. Le due non fumano ma Beatrice me ne accende una, tossisce nel porgermela. Sono seduto sul letto ed appoggio la schiena alla testata. Valeria tiene sul ventre il posacenere e Beatrice, sul fianco, la testa sostenuta dalla mano sembra interessarsi all”oggetto misterioso’. Questa era una delle nostre paure. Non capisco. Non abbiamo mai letto che un padrone si facesse lavare dopo… e se lo facevano baciare. E baciare il Vostro…Chiamalo pure membro, verga o virilità. Non cazzo. Cazzo lo chiamo io. Baciarglielo al Padrone dopo che…dopo che ha esplorato il vostro culetto non è il massimo. Avete proprio ragione. Il metodo lo ha inventato una mia amica. Amica, Padrone? Amante se preferisci. Maria. Avremo tempo per parlarne. Lo spero almeno. Anche noi Padrone. Cos’altro vi faceva paura? Essere prese come…ci avete prese. Dicevano facesse molto male all’inizio.
Della cenere si sparge sul lenzuolo. Ora mi dedico alla piccola Beatrice. Al contrario della sorella si torce poco, sembra quasi non provi dolore. Certamente le sto facendo male ma sta anche imparando molto in fretta a farmi godere col suo sederino; non ci rinuncerei per tutto l’oro del mondo. Già un poco soddisfatto da Valeria me la prendo comoda con Beatrice. Molto comoda. Ritardo il piacere tanto da strapparle alla fini un gemito di dolore quando soddisfatto appieno la libero dalla ingombrante presenza. Di nuovo vengo accudito, lavato poi nella vasca come un bebè. Sono tornato bambino. Ci mancano le paperelle in acqua. Mi vesto e scendo a controllare il fuoriborsa, ufficioso ma utile, mentre Katra e Shukkrì le preparano. Un miracolo ed in mezz’ora sono pronte. Il sole è basso e gli alberi del parco ci proteggono dai suoi ultimi raggi. Fa caldo ma è una lenta passeggiata fino al confine cintato. Una panchina. Non oso neppure baciarle nel timore di spezzare la magia del momento. Ci raggiunge Omer con degli aperitivi, analcolici per le due, per me il solito. Un tavolo improvvisato coperto di pizzo candido, pochi piatti, vino fresco non gelato. Sono le due schiave a servire.
Bocconi ancora bollenti di un nulla che si briciola, profumato e sapido, dolcetti caldi che si alternano ad altro nulla salato o piccante e profumato. Arrivano ancora caldi dalla cucina e dalle mani fatate di Ashila. Seduto sul marmo osservo la danza delle due, tanto compunte che Beatrice, si credo sia Beatrice, stringe tra I denti il labbro. Magia, magia pura e lo zampino delle mie adorabili e fedeli servitrici e dei loro altrettanto cari mariti. E’ passato l’imbrunire quando ci avviamo per raggiungere la casa. I primi insetti già ronzano. E’ ora di ritirarci. Domani le piccole vanno a scuola. Farle dormire nel mio letto? Una tentazione quasi irresistibile. Resisto. Domani mattina hanno scuola.
Non entravo nella Biblioteca Vecchia da parecchio. Neppure io so da quanto tempo. E’ situata in fondo al corridoio su cui si affacciano la mia stanza e quelle delle mi ospiti. La tappezzeria delle pareti, per quanto risenta un poco degli anni è ancora accettabile ed è ammobiliata molto bene. Le due porte finestre che danno su un ballatoio ed una terrazza in fregio alla vecchia torretta forniscono tutta la luce necessaria. Mi sono abituato rapidamente, con naturalezza ad avere d’attorno le due piccole, le mie dolcissime prede. Ora sono a scuola. Sembra impossibile ma è passata una sola settimana. Amo averle vicino, poterle toccare, carezzare, abbandonarmi per qualche attimo al desiderio sempre più prepotente di farle donne e, facendo prepotenza ad ogni istinto, ubbidire alla ragione. Un passo alla volta. Si stanno abituando a dipendere da me in ogni sia pur piccola decisione. Si stanno abituando, sono anzi ben avviate su questa strada, a darmi piacere nei modi che di volta in volta preferisco, tutte le volte che le desidero. Non sanno che frenarmi dal godere più spesso nei loro sederi o nelle bocche mi costa non poca fatica, ma Shukkrì controlla tutti i giorni il loro stato e sono infiammate…e neppure devo disgustarle godendo nella loro bocca. La prima volta, con Valeria, è stato un mio errore. Non ho saputo trattenermi. Ora mi verso in loro senza chiedere che inghiottano il mio seme. Scappano in bagno. Desidero averle vicine e godere con gli occhi della loro nudità. Non si può nello studio al piano terreno. Col tempo si abitueranno a mostrarsi a chiunque io voglia. Col tempo. Guardo l’ora. Dovrebbero arrivare tra poco. Mi è sempre più difficile stare lontano da loro. Le voglio vicino a me, sempre. Mi sveglio talvolta e spio il respiro lieve delle piccine stese nel mio letto. Le voglio e le avrò, ma a momento debito, tra poco. Mille domande mi affollano la testa. Una però mi preoccupa. Sono geloso? Me ne preoccupo perchè la gelosia non è mai stato un mio difetto. Eppure…Ruote sulla ghiaia. Sono loro. Le faccio accompagnare a scuola ed ora sono di ritorno. Finalmente. Devo farmi forza per non affacciarmi per un saluto, in realtà vorrei scendere ad anticipare l’attimo in cui le abbraccerò. Sarà un abbraccio ed un bacio quasi formale se non indifferente, mentre però il cuore batterà all’impazzata. Innamorato e geloso! Ci mancava anche la gelosia. Si saranno mie per gli anni che mi restano. Le mie schiave, le mie amanti. La mia famiglia. Non lo sanno ma sarà così. Padrone 10

Salgono di corsa le scale irrompendo nella biblioteca con l’ irruenza dei loro vent’anni. Quasi vent’anni, solo diciotto anzi e compiuti da poco. La prima si arresta di botto e Valeria, si è Valeria, quasi travolge la sorella.
Ridono felici ed io sono felice con loro, le mie adorabili ed adorate amiche, amanti e schiave. Si accorgono di me e con un sussulto si affrettano a ricomporsi. Scusateci Padrone, pensavamo foste già a tavola. Va bene piccole, riponete i libri e lavatevi le mani. Vi aspetto sotto. So che Katra o Shukkrì sovraintenderanno alla loro pulizia che porterà via almeno venti minuti. Solo più tardi verrà servito in tavola. Ancora più tardi le due servono il caffè in biblioteca, quella piccola. Sono compunte ora. Forse qualcosa le preoccupa. Faccio finta di niente, leggo, non le perdo però d’occhio. Padrone. Si cara, che c’è? Oggi…abbiamo, ci hanno interrogate, tutte e due. In letteratura. Come né andata? Abbastanza bene. Abbastanza? No, non bene del tutto, non tanto da migliorare il ‘giudizio’. Penso in fretta. Potevano tacere oppure mentire. Sapendo di poter incorrere in una punizione hanno raccontato tutto lo stesso. Finisco di bere l’ultimo sorso di caffè. Le amo eppure le devo punire. Devono provare il bacio della frusta. Devono capire cosa significhi appartenere ad un uomo, esserne schiave. Amanti tanto innamorate da accettare anche questo.
Una scusa, una scusa qualsiasi per mandarle nelle loro camere. Perché una scusa? Un ordine, altro che scusa. Andate ad aspettarmi nelle vostre camere. La porta del salottino si chiude alle loro spalle e già i miei fermi propositi vacillano. Avevo deciso di far loro provare la frusta. Me ne hanno fornito il motivo. E’ tutta la settimana che mi addestro ad usare lo ‘sverzino’, uno strumento di origine antica. Difficile però da usare. Fa meno male e segna molto meno e meno a lungo di una verga o di un frustino. Una fila di punture di spillo, aveva detto Maria. I primi colpi almeno. Poi brucia sempre di più e diventa tremendo. Aveva preteso la legassi e la imbavagliassi; dopo una dozzina di colpi aveva urlato nel bavaglio. Solo dopo qualche altro colpo aveva lasciato cadere dalla mano la pallina…Dopo tre giorni i segni erano scomparsi grazie anche ad un liquido particolare.
Ormai dovevano essere pronte, ciascuna nella sua camera. Testa o croce? Ripongo la moneta, tocca a Valeria. Mi aspetta in ginocchio, ancora vestita. Giusto, non avevo detto di spogliarsi. Lo dico ora e la guardo far cadere tutta compunta sia pur con un timido sorriso sul bel viso, i leggeri capi estivi. E’ bella e la desidero. Potrei possederla ora. Almeno godere del culetto o della bocca color corallo. Perché farle inutilmente del male? Tendo le mani aperte e la bella Valeria sorride e si fa accosta. Siede sulle mie ginocchia stringendosi a me con forza. E’ lei che cerca la mia bocca mentre le carezzo i seni inturgiditi dal nascente piacere. Si muove un poco disponendosi in modo di rendere più accessibile ogni parte del suo corpo. Si inarca e schiude le ginocchia. Frustarla? Neanche per sogno! La porto sul letto. Immobile, ad occhi chiusi, aspetta. La vestaglia cade a terra e raggiungo la mia fata. Di nuovo la stringo, carezzo e bacio le pieghe più riposte e lei ansima un poco, sempre di più. Geme piano quando i miei baci si fanno più vicini al centro della sua femminilità, respira rumorosamente attraverso le narici ora che la lingua la fruga e la percorre ripetutamente. Trovato il piccolo membro ormai scoperto lo lappo delicatamente. Si inarca di scatto, si scosta. Lacrime…perché lacrime? Farfuglia ed é difficile capire; un poco per volta le carezze ed i baci sortiscono l’effetto voluto. Si calma. Vi abbiamo mentito Padrone, non siamo…non è giusto… Che dice? Tremo. Dice che se ne andranno. No! Non lo permetterò. In cosa mi hanno ingannato? Deve essere stata una burla fino dall’inizio. Per un attimo resto come annichilito. Poi una ira fredda e feroce mi assale, travolge ogni forma di buon senso e di raziocinio. La trascino, non è difficile minuta come é. Le manette di cuoio le serrano i polsi. Stesa a terra singhiozza. Lo sverzino cala quasi senza rumore e mi compiaccio, sono ferocemente lieto della precisione dei colpi, della giusta forza che imprimo, troppa o troppo poca renderebbero questi colpi molto meno dolorosi pur lasciando segni molto più visibili. Cerca di sottrarsi e nel farlo espone alla mia furia parti sempre nuove da colpire. M’arresto. Quante volte ho abbassato il braccio? Barbara, Barbara no, non c’entra, non voleva. Non voleva Barbara. Scacciate me ma Barbara no. Lentamente mi calmo. Inorridito osservo il giovane corpo torturato, deturpato. Trema la piccola Valeria ed io tremo per il dolore inflitto, inorridito per essermi lasciato trascinare a tanto. Non posso però lasciare la cosa a metà. Appesa alla forca per i polsi si dibatte di nuovo per il dolore ancor maggiore che le causa il liquido usato per rendere più veloce la sua guarigione. Poi, lavata ed accudita con amore, si assopisce. Volevo possederti, volevo accettarti, tenerti per me. Spalanca gli occhi, due stelle, vedremo, continuo, terrò con me tua sorella, per te… dovrai aspettare, farti perdonare se mai sarà possibile. Una sola parola: grazie…poi altri singhiozzi. Andate da lei, fatela felice. E’ disperata. Teme non ci vogliate e…dormi, le ordino. Riposa almeno un poco. Fa male ancora? Che importa, me lo sono meritato…si è stato tremendo, all’inizio no, poi…sempre peggio, sempre…bruciava. Li ho contati sapete? Ho contati i colpi. Poi quel liquido…é vero…brucia, dio se brucia. Balbetta e di nuovo farfuglia mentre il sonno la avvolge fino a farla tacere. Il respiro si fa meno affannoso e poi pian piano lieve. Penso dorma ormai invece di nuovo un ansimare improvviso. Vi amo Padrone. Non vi ho mai amato tanto come ora. Attendo fino ad essere certo che dorma. La copro col lenzuolo sopratutto per non vedere i punti rossastri e le tracce che da essi si irradiano a raggiera congiungendosi a formare una rete di dolore che la deturpa e la rende …bellissima. Qualche stilla di sudore sulla fronte. Le asciugo. La spossatezza ed il tranquillante ormai hanno dispiegato i loro effetti. Dorme. Indosso la vestaglia incerto. Barbara é certo colpevole quanto Valeria. Hanno mentito, non sono state interrogate. Io però sono ancora più colpevole. Avrei dovuto sapermi frenare. Ha detto che le ho inferto più di venti colpi. Troppi. Dati poi con la giusta forza, per fare male. Ventitré o ventiquattro. Ha cominciato a gridare ben oltre i dodici o quattordici che dicono…che Maria ha subito e poi inferto ad Angela e Tilly. Maria. Con lei era stato poco più che un gioco, oltre le righe ma un gioco. In qualsiasi momento poteva gettare a terra la pallina e con questo fermare tutto. Come si fa a gioire nel’ infliggere dolore a chi si ama? Però Valeria ha detto di non avermi mai amato tanto come ora…Dorme ma di tanto in tanto geme piano oppure sussulta. Dalla mia camera chiamo Shukkrì. Me ne vergogno ma le racconto ogni cosa. Tutto mi aspettavo ma non la sua incondizionata approvazione. Per qualche ora Dottore lasciatela dormire. Faccio venire mia figlia, passerà la notte con lei, la aiuterà a mangiare qualcosa di leggero. Lo dico ad Ashila. Andava fatto ed é stato fatto Dottore, non angustiatevi. Mi odierà. No, anzi già vi amava, ora vi amerà di più, sarete idolatrato. Comunque deciderete voi per il resto. Anche quello va fatto e lo sapete, portatevele a letto, cioè, volevo dire, fatele donne. E’ raro che le tre parlino di cose del genere, dei rapporti tra me e le mie amanti, quando lo fanno…vanno fino in fondo. Che poi le vogliate è chiaro anche adesso. Vi amano e voi le amate. Andate da Barbara e fatene finalmente una donna, la vostra donna, prima che perda coraggio, si disperi ancora di più. Valeria per questa sera ed ancora per qualche giorno é fuori gioco. Sono le sei passate. Barbara non ha resistito e dorme accasciata contro il muro. Lei si è denudata. Devo imparare ad essere più chiaro. Devo imparare a dare ordini semplici e chiari. Ordini il cui significato non possa essere interpretato male. Questo eviterà di doverle battere per errori miei. Le poso la mano sul capo e fremo dei suoi fremiti leggeri mentre si desta, poi sussulta e cercare di ricomporsi. Un attimo solo per ravviarsi i capelli. Ora è in ginocchio, il busto eretto ben dritto a filo con le cosce e le mani che non vedo, congiunte dietro la schiena. Perfetta, penso. Un corpo magnifico con le belle tettine protese quasi a dirmi: carezzateci. Non solo il corpo che ormai conosco bene ma un volto che voglio ammirare. Guardami. Ubbidisce subito ed al tempo stesso mollemente, con lenta grazia, cerca anche di sorridere. Respira però con qualche affanno. Ha paura, un poco almeno. Credo non sappia che ora sia, quanto abbia dormito e cosa sia successo oppure non successo nel tempo, non poco, che ha trascorso dormendo. Volevo prendervi, farvi donne, godere di voi come un Padrone gode delle sue schiave. Mi avete mentito. Ho punito Valeria con lo scudiscio. Non frusterò te allo stesso modo, con tanta durezza, perché dice che hai cercato di fermarla. Un poco Padrone, solo un poco e non a sufficienza. Sono colpevole quanto Valeria. Più di lei, lo sapete, Valeria è la più esuberante, impulsiva. E’ colpa mia, dovevo…punite me, scacciate me. Singhiozza ora, disperata. Non scacciatela per piacere, per piacere, Vi supplico. In ginocchio,ai miei piedi, all’inizio mormorava le sue suppliche che ora quasi grida, e torce le mani che poi leva a cingermi i fianchi appoggiando il capo su di me. Non scacciateci…Che fare di lei, che fare di loro? Come far loro credere che potrei essere disposto a scacciarle…ed invece voglio tenerle per tutta la vita, amarle ed esserne riamato…ma non posso prenderla, ora, no, e neppure la frusta, no. Ha mentito però anche lei, deve essere punita. Se lo aspetta e lo chiede e nel suo intimo lo esige quasi fosse un rito di purificazione. Sciocca, esagerata e pazza.
E’ la paura che la fa parlare. Non può immaginare con quanta feroce durezza abbia percossa la gemella, non può saperlo. E poi , sul serio voglio punirla? Certo che no, ne sono innamorato perso. Anche di Valeria eppure ho infierito su di lei. Perché? Non so darmi una risposta. La prendo tra le braccia. Non è la logica a guidarmi ma l’istinto. Ti punirò. La stringo e sento il corpo di lei tremante farsi morbido ed aderire ancor più, se mai fosse possibile al mio per poi quietarsi. Ti punirò ma non con la frusta. Non questa volta. Sarei sciocco a privarmi per giorni di entrambe le mie schiave, del piacere che mi date col possedere il vostro corpo. Volevo scoparti, farti donna, ma per te sarebbe un premio che non meriti. Sgrana gli occhi, sorride un poco, timidamente. Inspira profondamente, trattiene l’aria un attimo. Ma allora, allora mi terrete, sarò vostra, e Valeria? Padrone, tenete anche lei, tenetela. Non ve ne pentirete mai. Io poi non potrò essere completamente felice lontana da Valeria, sapendola disperata, sola. Sono io a stupirmi ed esaltarmi. Valeria sarebbe rimasta se avessi deciso di tenere lei sola? Che domanda padrone. Certo che si. Avevamo pensato anche a questa possibilità e deciso…che Vi amiamo troppo per… Certo, le voglio bene e lei vuole bene a me, siamo però innanzitutto e del tutto Vostre. La stringo e la bacio e Barbara si abbandona all’indietro sulle coltri trascinandomi su di lei. Adesso, adesso. Voglio questo corpo ansimante di lacrime e di desiderio. Voglio questa giovane donna. La voglio e la voglio subito. Poche carezze ed è pronta, più pronta di prima se mai fosse possibile. Il capo arrovesciato e le ginocchia disgiunte per farmi posto, perché la…no. No. Non devo. E’ ciò che desidera, è ciò che vuole. Sarebbe un premio, non la punizione che sa di meritare. Eppure…apre gli occhi, uno sguardo che è difficile interpretare. Delusione forse. Una speranza accarezzata e quasi raggiunta… solo quasi raggiunta. No devo punirla ma come? Non toccarla sarebbe una punizione per lei ma ancor più per me. Umiliazione. E’ molto orgogliosa ma, una idea, qualcosa che affiora dal passato. Maria ed Angela. Volevo punire Angela, fargliela pagare…l’ idea era buona ma irrealizzabile allora.Adesso potevo. Si avevo trovato la punizione ideale. Aspettami. Senza rivolgerle neppure una occhiata uscii.

Qualche parola con Shukkrì bastò. All’inizio perplessa ammise subito dopo che era la punizione perfetta in questo caso. Una tremenda umiliazione, Dottore, una cosa che una donna non dimenticherà mai. Pericoloso se Voi non l’amaste tanto e non ne foste tanto riamato. Dovrà essere chiaro che è una punizione, anche così però. Restò un attimo in silenzio. Non sverginatela, non fatela donna in questa occasione, davanti ad altri. Possedetela, va bene, prendete il vostro piacere come è vostra abitudine… ma non fatela donna. Neppure amandovi come vi ama potrebbe perdonarvi, mai, e se anche credesse di potervi perdonare, ricorderebbe e per sempre l’offesa e la vergogna. In giardino o nella biblioteca? Non esita neppure un attimo. In giardino, è ovvio. In che modo sia ovvio non so, ma la testa delle donne è quella che è: della testa di Shukkrì e dei suoi giudizi mi fido da sempre.
Fredda determinazione. Non la ira insana con la quale mi sono accanito su Valeria ma una certezza. E’ il modo più sicuro per tenerle con me per sempre. Vogliono essere schiave, provare la ‘ebbrezza?’di essere dominate, possedute, di essere oggetti del piacere di un maschio? Contente voi…Avete scelto me per la età avanzata che pensate vi offra garanzie? Quali garanzie poi? Non sapevate quanto sia ricco. Fossi benestante od agiato lo avevo lasciato chiaramente intendere in questi anni. Non correvate con me il rischio di finire tra le mani di un ruffiano che potesse al limite trasformarvi, obbligandovi a fare le puttane. Questo si, lo concedo. Che nonostante la mia età fossi in grado di godere ancora del sesso ed anzi di non piccole prestazioni in quel campo, anche questo dovevate averlo capito. Non lo avevo scritto sui muri ma lasciato chiaramente capire. Ho una vita sessuale piuttosto intensa. Intensa in maniera abnorme per un settantenne. Volevo dissuadervi. Ho fatto di tutto per dissuadervi…mi avete letteralmente ricattato. Non potevate vivere senza un padrone dicevate, che prendesse tra le mani la vostra vita. Che vi guidasse. Perché mai? Avete scelto me dopo anni di frequentazione. Ma non bastano o non dovrebbero bastare poche ore alla settimana su internet in chat per far innamorare due belle ragazze di diciotto anni di un vecchio più o meno saggio oppure più o meno rincoglionito. Glicine poi non era una sola ragazza ma due splendide gemelle. Ho finto di arrendermi ed ho detto alla fine, per chiudere un discorso fra sordi, che le avrei tenute qualche tempo come ospiti senza violare la loro verginità ma trattandole per il resto come mie schiave e senza privarmi di nessun altro piacere che volessi trarre da loro. Voleva essere una minaccia come una minaccia tesa a farle fuggire inorridite era la frusta, lo sverzino che mostrai loro. Chiesi mi attendessero nude nelle loro stanze, nude ed inginocchiate in attesa del loro padrone. Non sono fuggite. Sono sul serio… sono prese di me. Impossibile, ma impossibile a maggior ragione una burla portata tanto avanti da due ragazzette. Il risultato? Mi sono innamorato io di loro. Le ho prima desiderate poi prese, non ho loro lacerato l’imene, questo no. Sono ancora vergini ma da una settimana frequentano assiduamente il mio letto ed io il loro. Sono vergini ma uso il loro corpo per il mio piacere in tutti i modi, non poi tanti, che l’umanità abbia inventato. Uso quotidianamente i loro sederini e le loro bocche. Ho usato su Valeria qualche ora fa lo sverzino; mi aveva mentito. Una menzogna tesa appunto a sollecitarmi a possederle. Mi sono accanito con ferocia sul delizioso corpicino perché non volevo assolutamente prenderla, possederla. Mi sono trasformato in una belva impazzita di rabbia ed al tempo stesso di desiderio. Mai successo prima e ne sono sconcertato ed inorridito. Ora è affidata alle cure di Katra. Beatrice ha confessato in lacrime di essere colpevole quanto e più della sorella. La furia ha lasciato il posto allo scoramento ed al disprezzo che provo verso me stesso. Ho picchiato una ragazza in modo disonorevole e non picchierò la seconda. La frenesia era montata di nuovo, stavo per abbandonarmi alla mia insana passione senile, volevo possederla, almeno lei. Mi aveva di nuovo detto quanto mi amasse, quanto mi amassero entrambe ma non mi bastava, temevo di vedere, facendole mie come desideravo, come anzi volevo con tutte le forze, facendone le mie amanti, temevo e temo di veder comparire ben presto o comunque troppo presto i segni della insofferenza, della noia e peggio, del disgusto per un amante così vecchio. Anche la follia di due ragazzette ha i suoi limiti. Vogliono essere mie schiave? Anche io le voglio, e non come schiave. Voglio perdermi nella dolcezza di amare senza ritegno. Voglio sentire ancora il cuore battere solo al pensiero di sentirne la voce, di vedere il sorriso di sentire il passo lieve che si avvicina…Il tremore di una voce che mi dice timidamente ‘caro’. Mi sono perso nella pozza senza fondo dei loro occhi neri, nel sorriso vergognoso che accompagna le loro parole d’amore. Voglio crederci ma non oso, non posso osare. Sarebbe troppo duro il ritorno alla realtà, il risveglio dal sogno. C’è però un mezzo. Mi ripugna ma c’è. Farne sul serio due schiave. Non schiave per gioco come certamente pensano. Certamente? Non possono essere innamorate di me? No non posso e non voglio correre questo rischio. Se anche lo fossero cosa ne sanno loro? Qualche romanzo erotico col lieto fine? Che ne sanno della vita di tutti i giorni? Dolcezza e miserie di tutti i giorni. Cosa ne sanno dell’amore? Si una via c’è. ne farò due schiave, due vere schiave legate a me non da catene di ferro che scioglierei io stesso alla loro prima richiesta. Si, mi conosco troppo bene, le lascerei subito libere. Le legherò a me con catene, invisibili ed infrangibili. Un sistema che avevo ipotizzato per Angela, nei primi tempi, quando Maria la mise nel mio letto. Ero ferocemente adirato con lei, volevo vendicarmi e…ma non ne feci nulla. Rendere una donna succube. Un tempo era un reato: plagio. Poi fu derubricato. Parlare di plagio è comunque troppo. Spezzarne lentamente la volontà sarebbe privarle della dignità. No questo era troppo. Non mi interessa una donna sottomessa a tal punto. Un accenno a Shukkri che preparava i miei abiti per la cena. Stranamente non solo mi approva ma offre anche dei consigli…operativi. Del resto Dottore è vero, potrebbero lasciarvi anche se ne dubito. Sono innamorate perse di voi, ma alla loro età non sanno cosa sia bene o male per loro.
1
La signorina Valeria, si stanno occupando di lei. Non le ha fatto niente che qualche ora di sonno dopo una tazza di brodo non possa risolvere. Più tardi viene mia figlia a dormire con lei per non lasciarla sola. In due giorni sarà pronta. Se prima vi amava adesso vi adorerà.
Per la signorina Beatrice, fate voi. La esperienza non vi manca. Se volete…Si, si va bene grazie, vai pure, farò così.
Non sono però convinto a fondo. Esito poi indosso un paio di pantaloni da casa e la vestaglia. Beatrice, pallida si alza non appena entro nella camera. Visibilmente ha pianto. Indossati infradito e vestaglia mi segue fino alla piscina. Una ultima esitazione ma è la sua fresca bellezza e lo sguardo disperato a convincermi. Spogliati. Disorientata ubbidisce e va ad appendere la vestaglia nello spogliatoi. La fermo, la faccio inginocchiare e le mostro il collare che custodisco da un paio di giorni. Le mostro la piastra niellata con inciso il suo nome. Pelle rosso fiamma, morbidissima che allaccio senza stringere eccessivamente. Ti sta bene, sei bellissima. Guardati dico indicando lo specchio intero a parete. Un suggerimento inutile. Si osserva e distoglie gli occhi dalla sua immagine solo per guardarmi un attimo. Abbassa gli occhi. Grazie padrone, grazie , è bellissimo. Lo porterai per sempre, questo o altri quando questo sarà consunto, rovinato. Per ora si può, tu puoi slacciarlo. Tra qualche giorno no non lo potrai più slacciare. Già adesso padrone non voglio slacciarlo, certamente no. Guarda l’altro oggetto che tengo in mano e d’improvviso sorride. Che abbia intuito? E Perché sorride. Non ha capito che è lo strumento della sua vergogna della sua sottomissione? In ogni caso, se ha capito solo un poco è una strega vera e propria e dovrò badare in futuro. Sorride quando le allaccio il guinzaglio. Vieni cagnolina, andiamo a fare pipì. Prendo per la stradina del pozzo. Beatrice ancheggia forse troppo, qualche passo avanti a me, due metri di guinzaglio, al più tre. So che le scappa ma non lascio si liberi fin dove lo stradino si biforca. Qui siedo sulla panchina senza schienale ed accendo una sigaretta. Le lascio ancora un po di guinzaglio e lei si accuccia. Non capisco se sorride o che altro. E’ solo forse sollievo per poter svuotare la vescica ed il getto si perde nell’erba su cui si è accoccolata. Sospira a fondo ma si immobilizza di colpo. Seguendo lo sguardo di lei vedo sbucare dal sentiero Omer e Samin sorpresi quanto noi. Un rumore e dalla casa giungono Katra e Shukkrì. La loro sorpresa non è certo minore di quella di tutti noi. Un attimo solo poi ciascuno recita la sua parte come mimi professionisti. I due uomini passano salutando me e scavalcando il guinzaglio ancora un poco teso. Sembrano non vedere Bea pitonizzata, nuda ed ancora semi accosciata: è immobile come una statua. Poi proseguono salutando le due donne e dirigendosi indifferenti verso la villa. Le due donne invece dopo aver risposto al saluto ci raggiungono, salutano entrambe e noi rispondiamo al saluto, anche lei sia pure dopo un attimo e con qualche imbarazzo. Poi proseguono non senza aver porto a Bea un pacchetto di fazzolettini. Prima di scomparire qualche metro più in avanti si girano a salutarci di nuovo. Le chiamo, ritornano. Chiedo mi venga servito li il mio aperitivo. Bea è rossa come un pomodoro. Vieni cagnolina, fa cuccia. Il guinzaglio si arrotola e lei siede a terra ai miei piedi, appoggia il capo sulle mie cosce, è la mia cagnolina. Mi piace, ti porterò spesso a fare i tuoi bisogni. Apro il pacchetto e la faccio sedere sulle mie ginocchia. La asciugo delicatamente. Sei proprio la mia cagnolina. Si Padrone…Ora sanno tutti. Sanno cosa, chiedo. Che sono vostra, la vostra schiava. Ti spiace? Un attimo breve. No, Perché dovrebbe spiacermi. Al primo momento mi sono vergognata, da morire. Ma adesso, se anche non lo sapevano…è ora lo sappiano. Sappiano che vi appartengo. Non aggiunge altro. Si mi appartieni e mi apparterrai per sempre. Schiude le labbra quando la bacio. Risucchia timidamente golosa la mia lingua. E’ la prima volta e non sta andando come avevamo preventivato Shukkrì ed io. Si abbandona alle carezze sempre più intime ed insistenti. Si muove per agevolarmi nel raggiungere quelle parti del suo corpo che desidero toccare. Lappo i seni inturgiditi dal desiderio e dalla eccitazione che sento anche in lei crescere; sfioro i capezzoli orgogliosamente ritti , i glutei e le cosce, il loro interno, su fino alla fessura che percorro trovandovi lo stretto anzi sigillato orifizio su cui premo piano, più volte. Si è bagnata un poco od è pipi? Che importa, trovo il granello di riso. Bea a tratti sussulta e a tratti si abbandona. Percorro col dito il breve tratto sino all’altro orifizio che ho spesso penetrato; mi piace e le piace. Di nuovo si inarca ed ancora geme piano. E’ a terra tra le mie ginocchia e stringe il pene; tra le sue mani prima , nella bocca poi ed il pene cresce si dilata per le carezze che l’anello delle sue labbra gli prodigano. Fatico a trattenermi dal godere, ma voglio resistere voglio farle il culetto in carne viva…voglio… la voglio… ed inoltre è presto, c’è tempo, tutto il tempo… e mi importa solo della bocca che… e la linguetta sbarazzina. Poi non resisto più e sussulto mentre lei accelera, mi stringe e la mano… mi accorgo solo ora che mi carezza sotto, lo scroto ed ancora oltre. Dove ha imparato? Già io ieri, almeno a parole, a tutte e due. Ma riesco ad arrestarmi e la scosto con fermezza. E perché mai devo smettere? Bea ha già sollevato sorpresa il viso, vi leggo una infinita dolcezza ed il desiderio di… non so. Non lussuria, certamente no. Felicità? La sollevo e la prendo tra le braccia. La amo, si la amo e la desidero ma non posso e non devo averla, prenderla come donna, come vorrei. Non ora. La stringo a lungo e lei si abbandona. La mia esaltazione, che di esaltazione si tratta, non scema ma muta in dolcezza infinita e felicità. La felicità di sentirla mia e nelle mie braccia. Di sentire questo giovane corpo che arde per me. Che desidera me. E la stringo dolcemente, con tenerezza infinita. Mia le mormoro, pianissimo, non deve intendermi, non deve sospettare che il mio sia amore, amore profondo ed immenso, amore vero. La incito a carezzarmi ora, lo desidero ed è il modo migliore per distoglierla da quanto potrebbe aver capito od almeno potrebbe sospettare. Ma la desidero troppo, mi lascio trasportare, travolgere e di nuovo permetto che la bocca di lei mi faccia quasi vaneggiare, mi porti su oltre le nuvole, mi faccia esplodere il cervello. Infine, stravolto ma non sazio la faccio porre in ginocchio. Si inarca quando il glande la forza, ma non cede non si dibatte non protesta alla mia intrusione troppo violenta. Cede poi accogliendomi nelle sue carni e concedendomi il piacere che ormai da troppo mi negavo. Grido nel raggiungerlo, grido nello svuotarmi nel possederla. Perché è la mia donna e la amo e sto godendo in lei e di lei.
Abdul ed Omer si presentano non appena ci siamo disgiunti. Certo hanno atteso finissimo per non disturbare i nostri amori. Hanno quindi visto tutto. Due vassoi ed una borsa. Beatrice a questo punto non sembra neppure infastidita della nostra nudità. Li ringrazia e li congeda. Baderò io al Padrone grazie. Quando ho staccato il guinzaglio dal collare? Lo indossa come una regina porta la corona, è bellissima ed altera. Mi porge i piccoli bocconi mi porge il bicchiere, di nuovo un boccone scelto con cura. Nulla può essere più bello di questo se non una cosa, le dico. Lo sguardo di lei si incupisce un poco poi sorride. Sarà più bello quando mi farete donna? No cara, non fuoco, solo fuochino: decisamente più cupa anche se sorridente a denti stretti. Quando saremo tutti e tre le dico. Porta la mano alla bocca. Sono una sciocca ed ho dimenticato Valeria. Non me lo potrò perdonare mai. Però ero tra le braccia del mio Padrone. Più tardi, mentre il cielo si riempie di stelle ci avviamo verso casa. Due soste, due lunghe soste per sacrificare a tutti gli dei dell’amore corrisposto ed infine la porticina che è stata lasciata aperta per noi. Ashila dorme sul divanetto ma come tutti servitori di razza dorme con un occhio solo ed è immediatamente sveglia. Oh povera la mia agnellina. Vieni, l’hammam è ancora caldo. Volete che ve la riporti? Ci impiegherà una oretta a tornare presentabile. Forse è meglio farla dormire un poco prosegue. Magari con sua sorella. Perché no. Una doccia stranamente solitaria visto che ho due schiave e subito i primi dubbi le prime incertezze.
Ore più tardi, quasi mezza mattina. Finita la prima colazione cedo al caso. Ne sorprendo la conversazione e poi le spio. Vergognarmene. Si, di non averci pensato prima, in amore ed in guerra… e poi mi appartengono. Valeria viene asciugata dalla sorella delicatamente dopo la doccia. Bada a non farle male. Ti invidio sai. Cosa? I segni della frusta, il fatto che…vorrei aver già superata anch’io questa prova. Sei matta, fa male. Ma ci dovrò passare pure io. Valeria tace, sembra incerta. Fa male, non sai quanto faccia male. Resisterò. Tu hai resistito.
Perché lo amo. Io no? Ma si, certo, ma…lui ci ama, almeno un poco? Non so risponde Beatrice. Vorrei essere amata dal Padrone ma anche se solo gli piaccio mi basta, Devo farmelo bastare. Dobbiamo farcelo bastare, risponde con un sospiro Valeria. Lo amiamo troppo.
Al settimo cielo. Ed è ancora dire poco. Mi ritiro, traverso la camera di Valeria che continua : Non resisterei, come hai detto tu …sono in corridoio. Mi amano. Perché andare avanti con bugie e falsità. Smettere subito. Ma poi: ora pensano di essere innamorate. Ma non ne sanno niente dell’amore. Avevo detto alla mia prima amante di essere innamorato di lei. Non aveva riso, no, certo che no. Credi solo di amarmi, che sia amore. Sono la prima donna della tua vita. La prima che ti sei portata a letto e scopi. No caro. Ti piaccio e a dire la verità mi piaci anche tu. Ma non è amore. Lo capirai quando ti innamorerai veramente. Per adesso…vienimi vicino e baciami ne ho voglia ancora. Le amo e le costringerò ad amarmi od almeno a credere di amarmi.

Padre 13

Una bella giornata di giugno, lavorare all’ombra di un tendone che sbatte un poco per una bava di vento. Vorrei essere al mare, in vela a sentire la barra del timone fremere impaziente nella mano mentre la cima della randa trasmette all’altra mano la forza del vento…e loro, con me. Un aperitivo che sta allungandosi troppo, il ghiaccio si scioglie. Amin provvede senza che debba dirglielo. Ha l’occhio buono ed è attento sia a queste piccole cose sia alle questioni importanti. Come tutti quelli che fanno parte della mia casa. Ashila la grassa e ridanciana cuoca arriva, mormora qualcosa al marito, poi una carezza al braccio di lui ed un cenno del capo ed un sorriso a me, si sono sempre voluti bene, tutti loro, e con loro ci sto bene. Sono però un poco teso. Come sempre, gira e rigira, finisco per pensare alle due. Valeria e Beatrice.
Le amo. Ne sono certo, me lo sento nelle viscere. Ne dubitavo e me ne arrovellavo poco fa. Probabilmente avrò altri dubbi tra poco. Le amo, loro mi vogliono bene. Ne sono certo, o sono idee sballate di un vecchio rincoglionito? Il rumore di ruote sulla ghiaia. L’unica macchina di casa in giro è la loro. L’uno o l’altro dei servitori, collaboratori od amici, non ho mai potuto trovare le parole giuste per definire i nostri rapporti, forse un poco di tutto, le accompagna e va a riprenderle a scuola tutti i giorni da quando sono ‘mie ospiti.’ Non amanti come vorrei o schiave come loro vorrebbero, ospiti, un poco particolari come ospiti. Devo frenarmi per non correre a salutarle, guardarle, stringerle. E’ quasi più più forte di me. No, meglio di no. Posso dire, ordinare anzi che vengano a salutarmi sia quando escono per andare a scuola sia quando ritornano. Per due giorni soli? Tra due giorni la scuola finisce, promosse di sicuro poi, il prossimo anno, la maturità. Si, posso indicarla come regola generale. Sempre, quando escono e tornano,devono passare a salutarmi. Devo inculcare loro in testa, far capir bene che si tratta di un dovere, una specie di omaggio, di ossequio al loro Padrone. Ma si. Questa volta mi alzo ma neppure faccio un passo che le sento arrivare; sento lo scalpiccio, il passo affrettato sui tacchi bassi dietro la siepe della piscina. Buon giorno Padrone, è Beatrice , buongiorno fa Valeria, Una novità, di solito salgono a darsi una sciacquata prima di andare a tavola. Salve ragazze, tutto bene? Per farla breve chiedono ed ottengono di poter fare un tuffo. Cosa c’è di male? Non ci sono più i nostri costumi padrone. Non importa ragazze. Li avranno presi per lavarli. Anche senza..forza, è lo stesso. Si spogliano con qualche esitazione, spesso qui capita qualcuno dei servi o dei figli, maschi o femmine. Ne ammiro la figura ai miei occhi perfetta: slanciate ed al tempo stesso piene nei punti giusti. Ed il collare rosso le fa più belle. Si inarcano tuffandosi dal bordo. Sono belle bellissime. Che faccio, mi butto con loro? Le raggiungo in acqua, evito di allungare le mani anche se è quello che desidero di più: forse è quanto si aspettano. Il risultato è Ashila con il muso lungo, siamo arrivati a tavola in ritardo. Poco male, le passerà. Che materie avete domani? ‘Lectio brevis’, si esce alla fine della terza ora. Già, l’ultimo giorno di scuola. Possibilità di sorprese? Interrogazioni o compitini? Solo alla prima ora, ma sono in tre, forse anzi quattro che devono essere interrogati. Poi religione. E siamo pronte in tutte le materie. Nonostante il ritardo ho voluto salissero a sistemarsi e cambiare gli abiti di tutta la calda mattina. Sono salito pure io. Le ho viste poi scendere ridendo allegre, felici. Per cosa? Forse Perché le aspetta la lunga vacanza estiva? Non abbiamo mai parlato di vacanze. Non ho neppure pensato se far aprir casa al mare o restare qui. C’è la piscina, il campo da tennis ed il parco. Al mare dovrei portarle in spiaggia…a mangiare fuori…a passeggio per un gelato. Mostrarle e permettere loro di mescolarsi ai coetanei. Sto fissando Beatrice che arrossisce abbassando un poco il capo. Nuota bene e i segni della frusta dopo due giorni sono scomparsi del tutto; si sono anche abbronzate in questi giorni. Sono belle, devono essere mie e solo mie. Solamente mie. E’ stato un pranzo piuttosto silenzioso e lentamente la loro allegria si è andata spegnendo. Male, devono sentirsi amate. No non amate, dominate, possedute, mie e felici di essere mie, per sempre. Una cosa nuova, un altro dubbio mi frulla per la testa: le amo e di conseguenza desidero averle, portarmele a letto, oppure il mio è soltanto il desiderio di un bacucco che ha a portata di mano due splendide figliole e vuole scoparsele? Non pago le donne e non oso pensare che mi si presenterà mai più una situazione del genere. Le amo e le voglio oppure le voglio solamente scopare e fingo anche con me stesso di esserne innamorato? Discorso del cazzo! Non fa nessuna differenza. Ormai non fiatano neppure tra loro. Su ragazze, lo so, non sono stato un buon compagno di tavola, ma un problema di lavoro… Tutto sommato niente di serio. Dopo la sogliola alla piastra con contorno di verdure del nostro orto, un gelato su cui si buttano. Crema e pistacchio per tutti. Per il pistacchio Ashila ha chiesto il mio permesso. Le hanno detto che ne sono ghiotte mentre non incontra molto le mie simpatie. Permesso accordato. Non dovete quindi studiare, sul serio? No Dottore, sul serio. Il caffè nel salottino è un rito. Alla sera accompagnato da un ottimo ‘bas armagnac or d’age’ ed un sigaro ‘rollato’ nello stesso liquore. Ora solo il caffè che mi servono con cura meticolosa dei particolari. E’ proprio piccolo il problema di cui parlava a tavola? Si tesoro, niente di importante. Adesso pensavo ad una amica che mi ha telefonato questa mattina; in Germania per lavoro si è beccata una influenza virale, è stata piuttosto male. Ma è sfebbrata da un paio di giorni e le ho proposto di andarla a prendere, è in macchina e la strada è tanta. Mi sono offerto di ospitarla qui per qualche giorno. Non vuole. L’ultima goccia di caffè, un sorso d’acqua profumata con una fetta di limone. Andate a prepararvi e raggiungetemi in camera mia. Mi spoglio e mi lavo i denti. Le aspetto. Che le ami o finga di amarle il cuore mi batte forte, come fossi un ragazzino. Il condizionatore tiene la temperatura abbastanza bassa e renderà ancora più gradevole stringere il corpo nudo e morbido e caldo delle mie dolci bambine. Bussano, entrano, sorridono mentre si liberano della vestaglia e volano tra le mie braccia. Si, sorridono felici. Hanno vinto ogni timidezza in queste due settimane o poco più. Bacio Valeria e carezzo Beatrice cercando i segni in rilievo lasciati dalle sverzino. Solo in un punto, e soltanto forse, i polpastrelli percepiscono qualcosa che l’occhio non riesce a vedere. Non mi fa più male, Padrone. Stesa, gli occhi chiusi e le braccia lungo il corpo non nasconde nulla delle sue forme, delle sue bellissime forme di giovane donna sana e felice. Me ne riempio gli occhi ed il cuore, me ne beo. Mi spiace solo che le palpebre chiuse impediscano di vederne gli occhi neri e luminosi. Due donne. Mi giro verso l’altra, un poco sonnolenta o forse presa, come noi, la gemella ed io, dalla magia del momento. Non ho gridato quando mi avete punita. Vi è orgoglio ed intima soddisfazione nella sua voce. Non rispondo a Beatrice, tutto preso nell’ammirare Valeria che dorme e, nel dormire stesa sul fianco soffia per scostare un ciuffo ribelle di capelli che le cadono sulla bocca e sul viso. Una vista da sogno. Allungo la mano per una carezza, mi trattengo. E’ troppo bello guardarla, nel sonno, sembra ancora più giovane. Mi giro di nuovo per rispondere a Beatrice. Sono certo che di proposito abbia fatto in modo che dovessi punirla. Non sono lieto di averle fatto provare il ‘bacio’ della frusta. Andava fatto, era indispensabile frustare anche lei. Spero di non doverlo fare mai più. Non ho gridato, non è vero padrone, solo un poco. Non hai gridato affatto, solo qualche gemito alla fine. Sul serio? Solo alla fine? Credevo di non resistere più. Si stringe a me. Ha un problema. Capisco il suo dilemma, mi piacciono le donne non troppo alte: se vuole baciarmi la bocca deve rinunciare alla possibilità di strusciare il bassoventre contro il mio. Questione di altezza. Imparerà, come le altre prima. Vale dorme? Non faccio in tempo a dire si che quella risponde. No, non dormo. Volevi farmela alle spalle, non è vero?. Ridono felici, si, sono felici e lo sono anche io. Preso da una dolcezza di cui avevo persino dimenticato l’esistenza le attiro a me, bacio quelle bocche morbide ed arrendevoli per poi far posare loro il capo sulle mie spalle. Ogni braccio stringe un corpo tepido e flessuoso, fiduciosamente stretto al mio. Le vorrei, le voglio ora, subito. Al tempo stesso è tutto troppo perfetto per rinunciarvi. Cerco di esprimere tutto questo a parole nonostante le parole siano incapaci di trasmettere quello che provo. Si Dottore è tutto quasi magico. Quasi? Manca forse qualcosa interloquisce Valeria. So cosa intendano ma glisso. Hanno portato la mano sul membro senza stringerlo né carezzarlo, ma quelle manine morbide e tiepide attizzano e gettano legna su un falò che già ruggisce. Giocano fingendo, fingendo solo? di scacciare la mano l’altra. Si, fingono. Poi si stancano del gioco e si accoccolano contro di me. Ci terrete con voi non è vero Padrone? Non rispondo a tono. Temevo di vedervi gelose l’una dell’altra. Ed invece no, per niente, ci vogliamo troppo bene. Cosa avreste fatto, chiede Beatrice. Avrei dovute convincervi a non esserlo più. Appunto, botte, dice Valeria…Chiudere gli occhi, abbandonare tutto quello che esiste fuori di questa camera, fuori dalle mie braccia, è facile, così dolcemente invitante, così magicamente bello. Poi un sogno, una bocca sulla mia, lieve. Non è un sogno, né sono un sogno le mani carezzevoli che percorrono delicate, sfiorandolo appena, il mio corpo. Ora un bacio, un bacio…non so come descriverlo perché mai un bacio mi ha portato tanto in alto. Penso alla canzone ‘il cielo in una stanza’, a quella stanza che non ha più pareti e sopra di noi solo un cielo infinito, pieno di stelle. Un attimo solo, fulmineo, poi tutto scompare e resta solo la donna che amo e che voglio. La donna che mi ama e mi vuole. La donna che vuole che la possiede, che la faccia mia. Ti voglio. Una voce roca che quasi non riconosco per mia. Un si che è più un sospiro lieve che una parola e le sue braccia mi attirano sopra il suo corpo offerto. Si abbandona sotto di me seguendo l’istinto ed io seguendo solo l’istinto cerco e trovo la sua femminilità. Un altro bacio persino sbrigativo e sono dentro di lei. Un gemito? No, solo un sospiro. Neppure avverto il naturale ostacolo che devo pur aver infranto, solo un leggero irrigidirsi di lei poi, più tardi un pianto liberatorio e di felicità. Di gioia, e di felicità, ne sono certo, mentre mi muovo lentamente dentro di lei. Dura pochissimo il pianto. Non è più solo abbandonata al suo uomo, si fa partecipe, chi mai le ha insegnato a puntare i piedi per sollevare e ruotare il bacino, per poi spingerlo in avanti per farsi prendere meglio? Le infinite generazioni di figlie di Eva sue antenate. Vi è, lontano, quasi irraggiungibile e raggiunto da ben pochi, quello che chiamo il’paradiso degli amanti’. Noi l’abbiamo raggiunto e per molti anni no ere vi abbiamo soggiornato. I sogni si sfilacciano all’alba. E’ solo il tramonto ed il nostro sogno non si sfilaccerà mai, resterà per sempre in noi e con noi. Non oso dirlo, non in questo modo almeno. Solo ora forse mi accorgo che è Beatrice. No non è vero, l’ho subito saputo… forse. Sto seduto con la schiena posata sulla testata del letto, le gambe unite e piegate su cui siede Beatrice. Tiene il capo sulla mia spalla, le cingo le spalle. Ricorderò anche questo momento e la spossatezza anch’essa dolcissima. Una sigaretta? La desidero una sigaretta ma non voglio staccarmi da lei. La stringo amorosamente, le carezzo il capo e vi poso le labbra. La amo, dio quanto la amo, ma quante volte la ho presa, ne ho goduto? Tante, troppe forse. Neppure scimmiette e sindrome possono spiegare come ci sia riuscito. Mi preoccupo per lei . Deve avere là sotto una specie di inferno. Ti ho fatto molto male? No assolutamente no. Noi donne, tutte le donne… la prima volta…un attimo solo. Non ti brucia, neanche un poco? Un poco, un poco solo però. Ma voi Padrone, adesso posso chiamarvi Padrone? Ma certo sciocchina, cosa volevi dire?. No…mi vergogno. E perché mai? Niente da fare non lo dice. Potrei obbligarla ma lascio perdere. Forse si è preoccupata per una simile ‘performance’… alla mia età. Sono in effetti tanto spossato da pensare…ai miei trent’anni, a prima dei miei trent’anni. Quella sera in cui dissi loro, alle mie tre amanti, schiave per burla, che ero felice di poterle avere ed amare e mi chiedevo come fosse possibile una vita diversa, senza loro tre: Maria di dieci anni più vecchia di me, laureata e libera professionista, Angela di poco più vecchia di me e da due anni laureata e la americanina, Tilly, l’unica più giovane di me ancora alle prese con libri ed esami universitari. Finimmo a letto tutti insieme e molto più tardi Maria, parlando come spesso accadeva anche per le altre, ringraziò il caso perchè avevano potuto incontrare un uomo capace di soddisfarle in quel modo e così spesso. Un uomo che amavano e che le amava. Non avevo ancora venticinque anni però. Quasi cinquant’anni fa. Cinquant’anni fa. Non povero ma tutt’altro che ricco, stavo cominciando a vedere i frutti di anni di studio, ricerche e fatica, Dieci anni dopo ero più che benestante ed ora…Pago le tasse, tutte, fino all’ultimo centesimo. Non è un sacrificio quando quello che resta è ancora tanto, troppo anzi e posso circondarmi di tutto questo. Pagherà una sessualità prorompente con una fertilità scarsissima aveva detto quel medico. Ben difficilmente potrà avere figli…E’ quasi ora di cena e Beatrice è stata affidata alle cure sapienti di Katra e Shukkrì. Ho mormorata qualche parola alle mie perle di cameriere e le due non sono state lasciate sole insieme neppure per un attimo. Non voglio possano parlare liberamente fin quando non saranno in camera di Valeria. In amore ed in guerra ‘omnia licet’, tutto è lecito. Voglio, devo sapere. Parlano a bassa voce ma l’impianto è ottimo e la registrazione perfetta. La mia dolce amante non scende in particolari scabrosi. Né la sorella la spinge in quella direzione. Parlano delle sensazioni, del dolore temuto da tutte le donne…si fa male ma solo un poco e per un attimo e basta. Se però lo ami è solo una sciocchezza, vedrai, poi non so, perdonami ‘ vedrai.
Solo mezzanotte. Ho atteso che si addormentassero e solo allora ho riascoltate le loro parole questa volta registrate. Felice, immensamente felice di essere amato da quella, no da quelle che amo. Non ho però risolto niente. Lentamente sprofondo nel sonno.
E’ bello essere innamorati. E’ bello sapere che chi ami ti ama, e ti ama da morire. Morirei se non fosse così. Oggi amo il mondo intero e Katra che vedendomi forse esitare troppo ha congiurato con Ashila e Shukkrì per mettermi nel letto ,questa mattina, la mia Valeria. La dolce, bella Valeria. Non la hanno svegliata e non è andata a scuola. Hanno incaricato Beatrice di giustificarla con gli insegnanti: un malessere, non ha dormito, qualcosa a tavola che non ha digerito…si, amo il mondo intero e sono felice.
Riavvolgo il nastro della memoria, Riporto tutto all’inizio, all’inizio di queesti miei giorni di esaltante felicità e clicco ‘run’. Ma no, salto il primo lungo interludio e sono a questa mattina, quando ancora non immaginavo…Ben sveglio dopo una bella dormita aspetto la colazione, ho deciso di godermela a letto. Piove, un temporale si sta avvicinando tra lampi e tuoni. Le ragazze sono a scuola, mi sono svegliato dopo che erano uscite. Ho ascoltato e riascoltato la registrazione di ieri sera e non mi sento neppure più un vigliacco per averle spiate, ho anzi intenzione di spiarle ancora e sempre. Si, in amore ed in guerra… E’ stato incredibile sentire Beatrice e Valeria dire che mi amano quanto mi amino, ascoltarle…Beatrice poi, a tavola,vergognosa quasi, mi guardava di soppiatto ed arrossiva. L’ho colta sul fatto un paio di volte. Con Valeria, per tutta la serata ha finto indifferenza. Secondo me ha finto male, una recita non delle migliori. Cosa ha pensato sua sorella? Ci ha lasciati e neppure me ne sono accorto. Neppure Bea quanto a questo. Era troppo…presa? Se eravamo già persi nel nostro paradiso personale, poteva crollare il mondo e non ce ne saremmo accorti. E’ l’ultimo giorno di scuola e saranno mie per tutta l’estate. No, non l’estate sola, saranno mie ‘fino a che morte non ci divida’. La mia morte ovviamente. Si è data a me come fosse la cosa più naturale del mondo. Ha persino pianto per un attimo. Di felicità. Ha fatto l’amore come una donna e non una ragazza alla sua prima esperienza. E Valeria? Voglio pure lei ma…oggi, questa notte, mi godrò Bea, a costo di, a qualsiasi costo. Solo all’idea di stringerla ancora, di sentire sotto di me il suo corpo fremere, di carezzarla, baciarla, possederla…mi incasinerò ma non importa, Valeria non me lo perdonerà mai…non importa. Tra poco arriva la colazione. Una breve sosta in bagno e sono di nuovo a letto a contare le ore ed i minuti che mi separano dal loro rientro. Immagino, sogno il suo sguardo. Capirà che voglio fare di nuovo l’amore con lei, subito? Non con Valeria che pure è bella, bella quanto Beatrice, ma con lei, perche è lei che voglio. Bussano, la colazione. Ma non è come di consueto…sorpresa dottore. La signorina questa notte…l’ho fatta restare a casa. Valeria è infatti pallida. Ci pensa la signorina a tutto, io scendo e Shukkrì con un cenno si dilegua. Vi dispiace Padrone? Figurati, ma come stai adesso? Bene grazie, avrei potuto benissimo andare a scuola. La signora Katra però…l’ho dovuta chiamare, non sapevo come pulire. Adesso sto benissimo. Dopo mi sono addormentata subito ed ho dormito tutto il resto della notte. Qualche attimo e mi serve caffè, acqua e cornetti. Piove forte e le faccio chiudere i vetri, fa quasi freddo. Ne ammiro la figuretta snella mentre si muove per la stanza con addosso la vestaglia che ne disegna le forme aggraziate, snella ma piena nei punti giusti. Ammiro da intenditore le gambe lunghe e tornite ammiro le caviglie sottili, il viso quasi troppo perfetto. Però! Oggi pomeriggio voglio Bea ma nulla mi vieta di farmi fare un bel pompino…no meglio quel culetto vispo anzi, sbarazzino. Perché no? Hai fatto colazione? Si Padrone. Al contrario di Bea non si confonde più tra dottore e Padrone. Ha due pozzi scuri al posto degli occhi. Mi ci sono già perso negli occhi dell’una e dell’altra. E’ dannatamente bella e desiderabile e cara. Quando… E Perché no? Mastico lentamente il secondo cornetto e lei vedendo la tazza vuota versa altro caffè che bevo lentamente. Sa che ho sverginato sua sorella. Sa però in pratica solo questo.
E allora? Cosa dovrebbe sapere? Le faccio cenno di versami dell’acqua che bevo di nuovo lentamente. Sono incerto, mentre immagino Bea turbata perché mi sono portata a letto la gemella. Se lo aspetta di certo. La gelosia però, gran brutta bestia. Valeria, posato il vassoio si china a raccogliere il tovagliolo. E’ la vestaglietta tesa che le fascia il culetto a far scomparire le mie ormai deboli esitazioni. Vieni qua. Devo dirle di togliersi la vestaglia anche se non dovrebbe essere più necessario dopo il tempo che è mia ospite. Nel mio letto ci è entrata parecchie volte sia da sola che con la sorella.. . E’ forse turbata da qualche cosa? Abbracciandola, baciandola, avverto in lei una rigidità che non ricordo. Poi si scioglie e sospira stringendosi a me. Risponde ai baci con la naturale dolcezza che le è ormai consueta, si abbandona senza remore alle carezze che ha imparato ad amare e che solo oggi non ricerca. Si abbandona supina, gli occhi chiusi, quasi serrati, permettendo ai miei occhi alle mie labbra ed alle mie mani di vedere, baciare e carezzarne ogni particolare. Bacio i seni turgidi ed i capezzoli che svettano eretti dalle aureole scure, bacio la bocca rosea che si schiude ad accogliermi ed a rispondere con slancio alla mia intrusione, la lingua scivola a lambire la v del suo inguine appena adombrato dal vello pubico ed un poco più giù, nel recesso più nascosto. E’ certo la prima volta, trasale, serra le gambe ma subito dopo le schiude un poco e poi ancora di più. Si apre al bacio, il primo ed ultimo che riceverà, da me almeno, come Bea. Cerco l’orifizio sigillato che la lingua titilla, trovo il clitoride ed ottengo in pochi attimi di farlo svettare. Ora la bocca è di nuovo sui seni, sulle sue labbra che mordo delicatamente, e mordo il lobo carnoso mentre la mano, un dito, le percorre lentamente, il sesso bagnato dei suoi umori. Ansima la bella Valeria, la dolce Valeria, l’ancora vergine Valeria, geme un poco; più che un gemito un gorgoglio roco ; trattiene per un attimo il fiato per poi espellerlo violentemente due tre volte ed ancora una volta, protendendo il torace, i seni, in un movimento convulso. E’ lei ora a cercare la mia bocca, a stringermi il collo con tanta forza da farmi quasi male. So di averla portata vicina, molto vicina al paradiso, ma che non ne ha superata la soglia. Vicina soltanto. E lei sembra quasi scatenarsi. Non un ciclone, no solo una forte brezza. Non so. Non so, perché mi abbandono e lascio sia la mia schiava a decidere. Lascio fare, felice di abbandonarmi, di essere suo, si, di essere suo. Non c’è parte del mio corpo che non venga esplorata e violata dalla lingua dalle dita e dalle labbra di lei, la mia Valeria. Mi suona come uno strumento musicale, penso per un attimo, un attimo solo perchè mi abbandono di nuovo alla mia esigente padrona. Sprofondo in un mare senza fondo e limpido in cui esiste solo lei…ed io. Vi sprofondo, inerte anche quando le labbra e poi la lingua e la bocca di lei che mi avviluppa il cazzo divengono quasi una tortura. Quando sto per abbandonarmi e godere…mi lascia. Mi ha lasciato ed accolto nella bocca che si sta facendo esperta più e più volte ma ora sta andando oltre e d’improvviso non voglio. Riesco ad emergere dal mare, dalla nebbia, non voglio così, non voglio. Se faccio così…se non riesco a trattenermi, se mi svuoto del tutto… non completamente… sarebbe bello, lo so, bellissimo, divino, ma deve essere bello ed indimenticabile per lei. Stringo il culo. Lo stringo tanto da far male. La scosto. Valeria per un attimo mi fissa sorpresa. Non così cara, non così adesso. Mi guarda perplessa ed incredula ma cambia espressione, sorride, poi letteralmente si illumina. Ti voglio cara, ora voglio possedere la mia schiava. China il capo e si ritrae. Perchè mai? Paura? Si, certo paura. Naturale in una giovane vergine. Sono ora completamente lucido e cerco di riportarla a quella soglia che prima non le ho permesso di attraversare. Si sono freddo, lucido e determinato. Non è un grosso sacrificio. Amo questa giovane donna. La voglio per me, per sempre. Voglio sia per lei un momento magico, voglio che lo ricordi per sempre con piacere, un ricordo immensamente felice se fosse mai possibile.
Sono vostra, padrone solo vostra, per sempre vostra, perchè vi amo, vi amo, vi prego io…si. Tace, spalanca gli occhi per poi chiuderlo di nuovo mentre si abbandona inarcandosi un poco. Sto guidando il glande scoperto lungo la fessura del sesso bagnato dei suoi umori. Si sono freddo e concentrato, è bagnata ma non troppo, non abbastanza. Lo è poco dopo. Ha paura, è chiaro. La sento di nuovo tesa . E’ naturale. Mi accoglie però nel ventre trasalendo appena quando la trafiggo. Sono dentro di lei che si irrigidisce ancora di più cingendomi però con le braccia. La possiedo lentamente, a lungo.Valeria resta inerte, il capo piegato a sinistra. Devo smettere? Non le sto facendo male? No, anzi si, ma sento che non si perdonerebbe né perdonerebbe me se mi ritraessi… Sto per eiaculare, stringo di nuovo le chiappe allo spasimo, al diavolo. Gode! Si gode e sto per godere pure io. Un sussulto, il respiro affannato, e le braccia che di nuovo mi cingono il collo con forza. Poi si abbandona al piacere che per miracolo sono riuscito a darle. Porta la mano al viso, vi serra i denti in altri sussulti lievi, si spegne lentamente. Attimi, dolcissimi attimi di abbandono. La bacio di nuovo. Un bacio casto, degno di un innamorato quindicenne. Un bacio, il suo, di una donna che ha appena conosciuto l’amore. Le spio e non me ne vergogno. Ieri ho ascoltato Beatrice confidare a Valeria, la gemella, di essersi data a me. Poco altro: una fitta leggera, ha detto, poco più di un pizzicotto, quando l’ho deflorata, e la felicità di essere fatta donna da me, il suo padrone, il padrone che amano entrambe.
Nessun particolare pruriginoso sulle ore passate insieme, io e lei, letteralmente persi al mondo. Oggi, subito dopo il rientro dalla scuola di Bea, Katra ha fatto in modo che Valeria sedesse a tavola per ultima, rendendo impossibile ogni confidenza tra le due. Come stai Valeria? Sei un poco pallida. Dopo hai dormito? Bea allude all’imbarazzo di stomaco della sorella, cosa di poco conto anche se veramente accaduta, che ha dato lo spunto alle mie due fedeli serventi per immaginare e mettere in atto la loro congiura: portarmi nel letto Valeria, trattenuta a casa con la scusa del malore notturno. Mi hanno detto di lasciarti dormire. Beatrice tiene ostinatamente gli occhi lontani da me. A scuola tutto bene? Sono io a chiederlo, Valeria per ora non parla, imbarazzata per come ha trascorso la mattinata: nel mio letto appunto. Come me, teme che Barbara in qualche modo abbia da ridire, ne sia gelosa e pensi di avere qualche diritto a lamentarsi, quale? Non ne ha di diritti di questo genere e se pure ne avesse non li riconoscerei a nessun costo… La gelosia è però una molla pericolosa e la temo. Sono loro due infatti ad avermi dato la caccia per anni, senza farmi immaginare che fossero appunto in due a voler diventare schiave, mie schiave. E perchè poi? Le spiegazioni che mi hanno date mi convincono ben poco, superficiali ed arruffate come sono. Si riducono a due: devono avere un padrone ed hanno scelto me. Si sono anche innamorate di me. Ora le ho, sono mie, le amo e non voglio perderle. Mi sono innamorato, non permetterò ripensamenti da parte loro a nessun costo. Alzando gli occhi incrocio lo sguardo della dolce Bea. Mi sta fissando ed arrossisce un poco. Vorrei mandarle un bacio, non oso. Pure Valeria mi guarda, forse capisce e sorride timidamente pensando a poco prima, insieme. L’atmosfera si distende, parliamo delle vacanze che ci aspettano e del prossimo anno scolastico. Poi attacco: dovete decidere cosa fare della vostra casa. Esitano. In quella casa hanno vissuto tanti anni, ci sono nate od almeno ci sono arrivate dalla clinica dove sono nate. Con calma, proseguo, ma pensateci, è una cosa da decidere. Non immediatamente ma va deciso. Vado avanti implacabile perché certe cose, in effetti,voglio siano fatte subito, devo tagliare i ponti, bruciare i vascelli alle loro spalle. Tre possibilità proseguo: la prima, affittarla, la seconda tenerla con i mobili e tutto per ogni evenienza e la terza venderla ed investire il ricavato. Affittarla o venderla sono la cosa migliore. Tenerla vuota una sciocchezza. Affittarla comporta qualche rottura di scatole. Venderla, si, forse è la cosa migliore… non subito però, ci penseremo. L’estate non è il momento migliore per vendere. Cominceremo col portare qui tutte le vostre cose, quelle che vi servono, abiti di cui non volete disfarvi, libri, ricordi. Abiterete qui, non avete bisogno di un’altra casa e neppure di denaro. Provvederò io, è ovvio, a tutto quello che vi possa servire. Hanno chiesto loro, insistentemente e ripetutamente, che le tenga con me, schiave. Solo ora ne comprendono, meglio, ne intuiscono le implicazioni. Al massimo alcune delle implicazioni, non tutte; pensano che accondiscenda alle loro richieste ed accetti di farle mie schiave. Non potrei però tenerle fisicamente legate, incatenate da vere catene, se decidessero di voler tornare libere, accorgendosi ad esempio di non amarmi più. Mi conosco, le lascerei libere. Il problema dunque è un altro ed un’altra deve essere la soluzione. Devo impedire che persino pensino alla possibilità di andarsene via. Le guardo. Sono di nuovo prese dal mio insolito silenzio, intimidite anzi. Beatrice comunque non può immaginare che questa mattina abbia posseduto, sverginato, sua sorella. Le mie parole le colgono di sorpresa. Non pensavano ad una decisione così improvvisa. Improvvisa per loro non per me. Io le voglio perché le amo e le voglio come amanti, non come schiave. La differenza? Enorme. Non sono un sadico, non amo far sibilare la frusta se non per gioco. Non amerei mai una donna schiava, un oggetto. Mi sono sempre piaciute le donne volitive, di carattere. Ma devo farle mie schiave. Schiave e succubi, incapaci di pensare ad una vita diversa che con me. Katra toglie i piatti in cui abbiamo mangiato la insalata di riso all’orientale. Ho mangiato ben poco ma eviterà che Sheila la cuoca se ne avveda. Le porterà anzi i miei complimenti. Omer versa ancora un poco dell’ottimo chiaretto fresco e non gelato.
Finalmente sono in camera, sul letto, l’auricolare addosso. Un crepitio e l’apparecchiatura si avvia. Mi spiace non avere anche una videocamera. Qualche chiacchiera insulsa, sono entrambe imbarazzate, poi però Beatrice fa una domanda, anzi una affermazione: avete fatto l’amore. Un silenzio che mi fa temere il peggio. Che c’è, ti vergogni? Cara, cara, io ti ho detto tutto, subito. E’ vero, Valeria si dimostra meno timida e scende in qualche particolare in più. Non molti. Poi: mi sono accorta di poter essere felice solo con lui e…e cosa? Non ti spiace? Cosa dovrebbe spiacermi? Che anche io…Spiacermi? Sei pazza. Temevo, sai se tu…solo insieme, noi due con lui… parole e frasi boffonchiate ed incomprensibili. Non potrei essere felice altrimenti. Neanche io. Vanno avanti a lungo. Le ascolto tre volte, cercando significati nascosti nei toni, nelle parole o nei silenzi dell’una o dell’altra. Si, certamente sono innamorate di me, felici che le abbia portate a letto, felici di essere mie, ma non cambia quanto ho deciso. Sono innamorate ora, poi cosa succederà. E’ pazzesco ma si sono innamorate di me, un vecchio. Sono troppo vecchio per loro ed il pericolo di perderle mi tormenterebbe in ogni momento. Che conoscano un ragazzo, un uomo più adatto a loro per età oppure la noia, la mancanza inevitabile degli svaghi normali a vent’anni. Certo non le porterò a concerti od in discoteca nè permetterò ci vadano da sole o con altri. Alla loro età si fa in fretta a prendere una sbandata, le perderei. Devo, assolutamente devo, rendere questo se non assolutamente impossibile almeno molto, molto difficile. L’unico modo è renderle se non schiave almeno succubi. Legarle a me con lacci più tenaci delle catene. Queste le tengono prigioniere contro la loro volontà mentre voglio fare in modo che non vogliano ed anzi temano essere altrove o con altri. E neppure devono sospettare il mio amore per loro. Un Padrone, secondo la trita letteratura di cui si sono nutrite non ama le sue schiave. Un mix di durezza e dolcezza. Dovrò essere dolcemente autoritario e severo. Un padrone e loro schiave, si, ma schiave di un uomo che…un uomo come? Un padrone, certo, ma che tipo di padrone? Portarle insieme a letto, possedere liberamente l’una o l’altra avendo nel letto la sorella? Non va bene, potrebbero provarne disgusto. Queste ed altre mille eventualità mi frullano per la testa senza trovare soluzione.
Più tardi, al lavoro nella biblioteca vecchia, le faccio venire. Sono un poco timorose, esitanti. E’ la prima volta che vedono questa stanza che ho fatto riattare per godere della riservatezza necessaria. Tappezzerie alle pareti, filettature dorate, tappeti e divani si mescolano in un apparente disordine di stili ed epoche, con la tecnologia elettronica avanzata necessaria al mio lavoro. Le lascio per qualche minuto in piedi non per calcolo ma per sbrogliare un problema improvviso e non procrastinabile, poi, almeno per un poco, posso distogliere l’attenzione dagli schermi. Sedete. Riposato bene? Si certo Padrone. Avevo deciso di mandarvi a casa vostra per cominciare il trasloco. Andrai tu sola Bea; tu Valeria resti a farmi compagnia. Oggi sarai la mia cagnolina, mi farai compagnia mentre lavoro e più tardi faremo una passeggiata se mi avanza tempo. Non mi faccio sfuggire nulla di ciò che traspaiono dai loro volti. Un sorriso compiaciuto di Valeria, un accenno di sorriso, normale. Lei resta a farmi compagnia. Beatrice invece pur facendo un gesto di assenso non riesce a celare del tutto il disappunto. Anche questo normale, poi però mostra forse di intuire i miei propositi. Si, è una piccola strega. Mi chiedo se abbia parlato con Valeria della sua passeggiata per fare pipì da brava cagnolina, penso di no. Tendo le braccia verso Bea che vi si reifugia protendendo il viso al bacio. Attendo un attimo, il tempo necessario per ammirarne il viso delicato ed il collare rosso, il profilo del naso e gli occhi, neri, due pozzi senza fondo. in cui mi perdo. Circondandola con un braccio, porto la mano libera tra le cosce sotto la sottana. Schiude le gambe che, sorpresa, aveva serrate…Un lungo bacio che lascia entrambi senza fiato e me emozionato. Sto per dirle di restare. Non posso farla restare al posto dell’altra ed anche …Più tardi,cara, quando torni. Se ne va di corsa. Piange? Si gira sul limitare e vedo il sorriso, un sorriso che mi scalda il cuore. La amo dico un attimo dopo a Valeria, vi amo entrambe, da morire. Mi morderei le labbra ma è troppo tardi. Vi amo come si possono amare due schiave ovviamente, ed allargo le braccia a Valeria che vi si abbandona come l’altra. Me ne scosto malvolentieri ma devo. Quando posso staccarmi da schermi e tastiera Valeria non c’è e me ne adombro ma compare subito dopo, era in terrazza. Sono qui Padrone. Anzi dovrei andare in camera un attimo. Sono quasi le sei. Senza dare spiegazioni le dico di seguirmi e la guido fino allo spogliatoio della piscina. Il sole è ancora alto, nonostante il caldo la abbraccio, la stringo e baciandola poso le mani sulle natiche piccole e sode. Profuma di donna, di donna innamorata. Sai che un uomo potrebbe, potresti farlo impazzire? Sarebbe omicidio, le dico ridendo. Nel baciarmi di nuovo, nell’assecondare le mie mani che la stringono, si stringe a me strusciando la mia erezione che cresce ancor più. La voglio ora, su questa panca di legno e lo capisce; lo desidera anche lei. Sotto la camicia colorata di filo sottile avverto il turgore dei seni, i capezzoli eretti… Ti voglio, ti voglio. Me lo dico e lo dico, lo ripeto più volte stringendo questo corpo di giovane donna, con forza forse eccessiva. Si Padrone, quello che volete. Sono vostra e, perché vi amo, vi amo. Sono la vostra schiava, sono felice di essere la vostra schiva, da tanto tempo. Le sue labbra mi sfiorano l’orecchio ed anche se mormora parole rotte dal pianto è facile intenderne il significato. Vi amo vi amerò, sarò la vostra schiava per sempre perché…non posso fare diverso. Ma anche Beatrice vi ama, quanto me… Non mi importa di sentire altro. La sposto abbastanza da poter unire le labbra alle sue, suggerle. Ti voglio. Sono, sono qui, Padrone, sono qui per voi. Si abbandona gravandomi addosso con il suo peso così dolce e lieve. Cerco di slacciare la camicia, si scosta per agevolarmi ma sono tanto nervoso e teso che non riesco. Sono piccoli i maledetti bottoni. Valeria si alza lentamente, quasi le spiacesse allontanarsi sia pur di poco e per poco, lentamente, si spoglia, molto lentamente, quasi compunta; con l’ultimo ostinato bottone ingaggia una vera battaglia, la lingua rosea le spunta tra le labbra ma vince la battaglia e sorride. Poi si arrende la maglietta di filo scoprendo i capolavori che celava ed infine la gonna insieme alle mutandine. Arrossisce, sbarra per un attimo gli occhi ed il rossore si accresce. Poche ore fa ero vergine, dice qusi tra se. Sembra essere lieta anzi fiera di non esserlo più . Non mi accorgo di alzarmi, l’ho tra le braccia e con una mano scendo lungo il fianco, più giù e poi su. Schiude le ginocchia quel tanto da permettermi la carezza ed anzi si gira un poco, così è più facile posare la mano sul sesso che ho violato qualche ora fa. Si, la voglio, non posso aspettare, ma si un poco almeno. Perché non nel mio letto o nella sua camera? Qui fa caldo, sono madido di sudore.
Dall’attaccapanni pende il guinzaglio. Cambio idea immediatamente. Non voglio negarmi questo piacere…Devo approfittare della assenza di Bea. Serve per addestrarla…poi saranno in pari. Non dovevi fare pipì? Si Padrone. Mi si è data e stava per darmisi ancora eppure si vergogna di un naturalissimo bisogno fisiologico. Andiamo a fare una passeggiata e la pipì, cagnolina. Non può capire e mi guarda sorpresa, si aspettava…altro. No, forse sa o forse capisce ora. Abbassa il capo ed immobile aspetta le allacci il guinzaglio al collare. La stessa stradina percorsa con sua sorella, anche Valeria mi precede e sculetta; è decisamente molto suggestivo ed allettante, ma sono meno eccitato. Anche questo fa parte del loro addestramento. Sacrosanta verità. E’ però tanto bello ‘passeggiare’ con lei,che supero il luogo in cui ho sostato con Bea. Poco più avanti però si ferma. Padrone io…Falla allora. Nessuno la disturba e si alza. Credevo di non farcela. Non capisco cosa voglia dire e la guardo perplesso. Credevo che mi sarei vergognata troppo, che non sarei riuscita a…Si guarda attorno, uno sguardo rapido ma sufficiente, non c’è nessuno. Ne hanno parlato! Faccio finta di nulla. Poco oltre esiste una bella tettoia in legno e ferro battuto a protezione di un tavolo e di due panche in marmo. Non ci vengo mai ed ora esito. Qui ho fatto l’amore con Maria una domenica d’estate… Lei già sapeva di avere poco tempo, io no. Mi guidò lei fin qui e mi disse che voleva fare l’amore. Si era spogliata completamente anche se, pure quel giorno, domenica, c’era qualche operaio in giro. Mi spogliai anche io e facemmo l’amore senza curarci di nulla…se non di amarci. Restammo a lungo e ci prendemmo fino al mio totale sfinimento. Erano anni che non arrivavamo a tanto. Da vergognarsi per una vecchia coppia come noi, le dissi ridendo. Non mi è difficile ricordare il resto anche se ne capii la ragione solo qualche giorno più tardi. Mi hai amato, ci siamo amati sin dal primo giorno, dalla prima sera. Promettimi una cosa, giuramela. Non mi piace giurare su qualche cosa che non conosco, mantengo i miei giuramenti, io. Mi convinse e giurai. Giurami che qualsiasi cosa succeda non ti chiuderai a riccio. Devi amare ancora, devi innamorarti ancora. Lei sapeva e meno di dieci giorni più tardi volle farmi ripetere la promessa, il giuramento, poi…Per qualche tempo non ho più guardato le donne, poi le ho accostate di novo, ad alcune ho persino voluto bene un poco, non ne ho amata veramente nessuna. Giulia? Giulia, certo, si lei forse l’ho amata, ma scostante com’è, era ed è difficile da amare. Amo loro due, si, loro le amo, le amo tanto da…Valeria aspetta paziente, mi fissa. Rilassata nonostante tutto. E’ deliziosamente giovane e bella. Mi ama e posso possederla, goderne…Qui? Esito. Qui c’è ancora Maria la mia donna per venti lunghi anni dolcissimi. La mia compagna di avventure inebrianti e di giochi, di ore e giorni mai tediosi. Non ho mai portato altre donne qui. Valeria è la prima. Perché? Perché la amo, la amo. Lei, Maria, voleva mi innamorassi, me lo ha fatto giurare. Non è la lussuria a dominarmi, bensì qualcosa, un sentimento; un sentimento che non so definire se non come amore. La guardo. Dirle di tornare? Perché no? Un bagno in piscina ed un aperitivo aspettando Beatrice. E’ mai possibile amare così due donne contemporaneamente? Certamente si. Ci sto riuscendo benissimo La faccio avvicinare e la bacio, con tutta la dolcezza che ora provoi. Desiderio anche ma molta dolcezza. Il rumore di ghiaia smossa. Delle voci, un richiamo da cui riconosco Katra. Arrivano. Beatrice, dico piano. Valeria ne sembra contenta. Giugno è già finito, è anzi quasi la metà di luglio ed ancora non so decidermi se andar al mare o passare l’estate qui a Milano. Non farebbe male a loro e neppure a me qualche settimana via. Vedremo. Aprire casa non sarebbe una cosa lunga. Basta decidere. Non temo la curiosità di chi mi conosce. Gente che bada ai fatti suoi. Mi preoccupano i mosconi che ,certo molto rapidamente, si farebbero sotto attirati dal miele. Ho vinto io, sei quattro sei quattro. Eccolo il mio miele. Non la posso ancora vedere nascosta com’è dal muretto e dalla alta siepe che contorna la piscina isolandola dal giardino e dal parco. Con tutto questo posso benissimo passare tutta la estate in città, comodo, a mezz’ora da piazza del Duomo. E qui i mosconi non arrivano. Eccole. Un poco stralunate e rosse per due set sotto il sole di quasi mezzogiorno. Brava Beatrice. Una doccia e poi un tuffo, padrone, buttatevi anche voi. Scompaiono nello spogliatoio per un attimo ed io aspetto di vederle comparire di nuovo, vestite del collarino rosso e nient’altro. Non venite? Sorrido con un cenno di diniego del capo. Più tardi. Mi piace troppo vederle sguazzare, mi solleticano le trasparenze dell’acqua e la luce che gioca con i loro corpi che conosco ormai così bene. Voglio bene a Valeria, voglio bene a Beatrice. Non mi è piaciuto mai troppo dire ad una donna: ti amo. Non lo dicevo più da molti anni. Poi loro due, più giusto dire Glicine; non immaginavo fossero due gemelle e così giovani. Glicine che chattando, dopo anni anzi in chat, mi comunica di volere un padrone. Più tardi disse di volere me come padrone ed infine la sorpresa, erano due e giovanissime. Volevo convincerle che era tutto una pazzia e me ne sono innamorato. Valeria forse si è accorta che la sto guardando e si pone, nuotando, sul dorso. Si mostra…volutamente o solo istinto, chissà. A letto sono entrambe dolcissime e mi amano, lo sento e lo so. Le spio e registro quel che si dicono. Le amo, si le amo e non voglio perderle. Più di settant’anni io e meno di venti loro. Quanto può durare? Farne due succubi, è l’unica via che mi offra sufficienti garanzie. Ho usato lo sverzino. Fa male ma deturpa i loro corpi per soli pochissimi giorni. Lo userò, controvoglia ancora. Ho imposto un delizioso collare con le mie iniziali. Non solo prendo il mio piacere in assoluta libertà; me le porto a fare pipì nel parco, nude, col guinzaglio. Fino ad oggi solo Barbara è stata vista da due miei servitori, casualmente. Voglio diventi normale. Qualsiasi mio estro deve diventare normale e normale soddisfarlo. Qualche settimana fa sentivi freddo solo ad una idea del genere, adesso mi sto abituando, comincia a piacermi. Anche loro si stanno abituando. Devono abituarsi. Padrone, venite, su, è splendido. Le raggiungo, nuoto per poche bracciate, giochiamo e ci spruzziamo, mi lascio quasi tentare a giochi meno innocenti ma non amo le sveltine e temo l’ira della cuoca se i suoi capolavori vengono disprezzati. Katra. Un cenno dal bordo. Non mi piace che la servitù comunichi ad alta voce, neppure in questi casi. Qualche bracciata e la raggiungo. Mi perdoni dottore, Ashila avverte che ci saranno venti minuti di ritardo, problemi con il forno. Ho portato un aperitivo e degli stuzzichini. Li bevete qui o all’ombra? Un secondo sotto la doccia e siamo pronti sotto l’occhio benevolo di Katra che porge cerimoniosamente il vassoio a Valeria perché è giusto che siano le mie donne a servirmi.
A l’ombra, ben fresco e rilassato guardo compiaciuto le due. Il servizio non è ancora perfetto, sono impacciate e lente, hanno ancora da imparare. Impareranno. Siedono succhiando con la cannuccia e con soddisfazione evidente il loro analcolico di frutta. Sono serene, contente. Tutto bene cagnoline? Certo padrone, benissimo. Padrone ma non tiranno. Potrei pretendere che stiano in piedi od attendano il permesso per sedersi. Voglio invece un comportamento improntato alla massima naturalezza. Delle leggi quadro non eludibili all’interno delle quali si muovano con naturalezza, da ospiti od amanti, non schiave da operetta. A letto poi sono ancora più libere pur non potendo negarmi nulla. Mi sono perso in questi pensieri, al solito, e loro mi osservano attente. E’ bello avere due amanti così, è bello avere due, ma si due schiave come loro. Schiave, no meglio succubi. Ma alla fin fine è lo stesso.

Una colazione leggera e saporita da un bicchiere di chiaretto delizioso ed il caffè. Anche loro assaggiano il vino, impareranno a gustarlo. Nella penombra della mia camera che tengo ad una temperatura che permetta di non dover celare i loro corpi sotto le coltri, le stringo. E’ un desiderio struggente che provo. Provo più dolcezza che passione, desidererei essere giovane, magari non proprio come loro ma giovane abbastanza da non dover ricorrere a mezzucci e sotterfugi meschini per essere certo del loro amore. Non vorrei farle schiave, eppure, si, sentire questo potere mi rende euforico, mi riempie di qualcosa mai provato prima. Ho bevuto un bicchierino con il caffè. Ne sento l’effetto. Per spegnere la sigaretta sveglio le due dal torpore che le ha colte. Tennis e piscina, ne hanno più ragioni di me. Mi esalto alle loro carezze. Anche in questo stanno imparando. Per qualche tempo, pochi giorni soltanto, avevo temuto si sarebbero infastidite se mi godevo l’una davanti all’altra. Mai più. Ne godono anzi anche loro ed io ne ricavo un piacere ancora maggiore. Quattro mani per accarezzarmi e due bocche, delizioso. Due fichette e due culetti da riempire. Due culetti che sto educando convenientemente. Adoro un culetto stretto stretto, fremente e rigorosamente femminile. Non ho mai avuto curiosità per i maschietti. Quello che sto carezzando mi incuriosisce parecchio ma ho sonno. Tra un attimo…

Qualcosa mi sveglia, mi ha svegliato anzi. Nel dormiveglia sento la porta del bagno che cigola, devo farla mettere a posto. Barbara o Beatrice è in bagno. Barbara o l’altra? Sono un turbine, allunghi le braccia su una e abbracci l’altra. Ma non mi spiace poi tanto. Devo piuttosto dire a Katra di risolvermi il problema del cuscino: con una ragazza per parte finisco sempre con la testa sul lenzuolo tra i due cuscini e mi ritrovo con il collo tutto indolenzito. E poi non arrivo al comodino. Niente sigarette, posacenere, telefono, sveglia, tutto fuori portata quando dormono come adesso e mi secca svegliarle. Maria voleva mettere la sua maledetta pendola ai piedi del letto. Odiavo quel coso ed adesso è in salone e non dà più fastidio a nessuno. Bello ma suona ogni quindici minuti, non è l’ideale per dormire, a mezzanotte e tre quarti batte ventiquattro colpi più tre. Adesso però vedrei l’ora. Lo sciacquone, arriva. E’ Valeria mi dico, ma sparo a caso e faccio cilecca. La spio tra le ciglia socchiuse, sta benissimo col collarino rosso. Ne devo far fare degli altri, adatti alle diverse ‘mise’ ed alle diverse occasioni: si, un teatro, un cinema, al ristorante o in giro a passeggio. Però non voglio che tutti, vedendo il collarino, possano intuire che sono schiave. E’ una faccenda solo mia, mia e loro. Bea ha raccolto il lenzuolo, finito di piedi, per coprirsi, poi, dopo poco, è scesa dal letto ed ha coperto anche Valeria e me. Mi assopisco, dormo e mi sveglio ancora. Non so che ora sia ma non me ne importa, sono tutt’altro che messo male: quanti rifiuterebbero di fare il cambio? Un pomeriggio estivo, caldo ma non troppo, steso sul letto con due deliziose fanciulle accanto. Sai che puoi svegliarle, sai che puoi esigere quello che vuoi e le senti tiepide che premono i loro corpi contro il tuo. Cercano anche calore contro l’aria fresca che entra dalla finestra. Un altro temporale? Ben venga se porta a questo. Valeria mi sta usando come un cuscino, quasi mi si arrampica sopra e sento distintamente una mammella morbida. La mia Valeria. Mi piace dire la mia o le mie, suona dannatamente bene; mia e mie. L’altra sera Valeria temeva di non riuscire a fare pipì perché la guardavo. Poi, stavo per fare l’amore con lei ed è arrivata Shukrì con Bea. Dio la benedica, lei e con lei il marito e gli altri che ci lavorano, in casa mia. Le aveva fatto indossare una vestaglietta, messo in vita la borsa con il necessario ad accudirmi ed in mano, in mano non attaccato al collare, il guinzaglio. Tutto di sua iniziativa. Erano state lei e Katra, sentito Ashila la cuoca, a suggerirmi di farle schiave. Dottore, devo servire qui l’aperitivo, aveva chiesto. E poi aveva chiesto se volessi pure cenare sotto il gazebo. Al mio cenno aveva allacciato il guinzaglio…Bea ovviamente non aveva obiettato, ammettendo con questo di accettarne il significato e la figura delle tre donne di casa, di tutto il personale di casa anzi, come miei portavoce. Sorrido ancora all’idea degli strilli di Ashila, deve aver fatto un triplo salto mortale con avvitamenti vari, quando le hanno detto del cambio di programma per cena. Nondimeno ha ancora una volta dimostrato di essere un genio dei fornelli e, mentre gustavo il mio campari shekerato e di tanto in tanto le labbra di Valeria, la bocca dell’altra, Bea, lenta, diabolicamente lenta…solo a pensarci, il diletto compagno dei miei piaceri si mette in agitazione. Non la più grande ma certo una delle più godibili performance di cui sia stato oggetto. Il dessert sono andato, più tardi a cercarlo e l’ho trovato tra le gambe di Valeria mentre Bea maneggiava la caffettiera. Solo Tilly, tra tutte, in passato era capace di altrettanto. Non faceva pompini, ti succhiava l’anima. Con la bocca Bea batte di certo la sorella che primeggia indiscutibilmente con il suo culetto da favola. A scopare poi sono alla pari, stanno imparando bene, certo sono volonterose. Direi che abbiano un istinto innato nell’arte di far impazzire un uomo. Io farò scuola, teoria e pratica come l’hanno fatta a me la ‘Vespucci’ e la dottoressa . Ero più giovane di queste due. Padrone, schiave, amanti o succubi, non fa differenza. Però non mi dispiace per niente essere chiamato Padrone. Provo un certo non so che. Quando devo usare di nuovo lo sverzino? E’ giusto usarlo? Serve a qualche cosa? Serve a qualcosa umiliarle con le passeggiate della pipì? Forse si. E comunque non ho nessuna intenzione di smettere perché è troppo bello, come è troppo bello, dopo, godermele. Se ci vedono e…chi se ne frega. Mi piace troppo e qui entra solo chi dico io e se entra qualche altro che non deve entrare…dico a…vedrò chi, di inventare qualcosa tipo allarme intrusi…
Vengo tirato fuori dalle mie strampalate fantasticherie da una manina, dalle unghie di una manina che strusciano il ‘signor cazzo’ che sembra gradire. Soltanto Bea lo fa, è il suo marchio di fabbrica e mi fa morire, una gran bella morte. Valeria si è svegliata, sbadiglia cercando di non farsene accorgere, sono piccole cose che mi deliziano. E mi delizia l’idea di usare uno dei loro bei sederini. Se pur Valeria in questo eccelle, Bea non è da buttare via. Lascio loro ed al caso la scelta e le studio. E’ stata una ottima idea. Vedrò, forse, se l’una o l’altra cerca di perdere e con sommo piacere mi sembra che entrambe cerchino di vincere. Bea, la vincente, si abbandona sul lenzuolo mentre la gemella le invia un bacio sulla punta delle dita. Mi piace, mi piace da morire essere il loro padrone. Vieni qua. Bea si avvicina e mi abbraccia. Son contento che abbia vinto tu, e ne spiego anche all’altra le ragioni. Tu hai bisogno di imparare più di tua sorella. E’ più brava di me? Parecchio, ma tu sei più brava a succhiarmelo. Dovete però lo stesso imparare tutte e due a far godere meglio il vostro padrone in entrambe i modi. I modi però sono tre, dice Valeria quasi sovrappensiero. Si ma nel terzo siete pari. Siamo brave tutte e due. E’ una affermazione, cara, che condivido solo in parte. Mi mostra la lingua ma subito dopo chiede scusa. Sarebbe una ottima scusa per frustarti, una schiava deve sempre essere corretta dico…poi lascio perdere, ho altro per la testa, il bel culetto che mi aspetta. Un poco di teoria inframmezzata da qualche carezza. I preliminari mi sono sempre piaciuti e servono a scaldare la lei di turno. Carezzare una donna è un’arte, la maggior parte degli uomini pensa che si tratti solo di palpare a caso e via. Sono le parole della Vespucci che poi si dilungava in prove pratiche con me, ragazzino entusiasta. Col tempo ho imparato ad apprezzare quegli insegnamenti ed a farne tesoro. Anni dopo, la Dottoressa mi suggeriva di parlare alla mia donna: dille cosa ti piace di più e cosa di meno. Parlale e falla parlare. Anche di questo ho fatto tesoro. Si, baci e carezze, coccole insomma. Mi piace coccolarla ed a lei piace essere coccolata. Non voglio farle male più del necessario, Valeria baciala tra le gambe. Sono entrambe perplesse ma è un ordine. Basta poco e Bea sembra convinta che sia una idea ottima. Voglio che impariate bene. Ma lo farete solo se ve lo chiedo io. Bea è ormai pronta, e la sorella vorrebbe dedicarsi a me. No grazie, ho da lavorare e torno a Beatrice. Le sfrego il glande tra le labbra del sesso, al glande sostituisco un dito, più maneggevole, intrido dei suoi umori il buchetto contratto e rugoso, poi la monto alla pecorina. Il tutto porta via mezz’ora almeno. Lei spinge ed io spingo, entro un poco, sempre di più. Dimmelo se ti faccio troppo male; certo male le fa, non resiste in ginocchio e scende sulle lenzuola, ed io la seguo. Non protesta, non si lamenta. Sa che non amo le creme e mi piace allargarle il sedere ‘nature’, saliva e meglio le secrezioni di lei. Qualche decina di secondi e sento che i muscoli si sono rilassati almeno un poco. Una pausa adeguata e mi giro lentamente sul fianco che da sempre preferisco in questa situazione, il sinistro e lei, impalata, mi segue. Poi pongo il braccio, sempre il sinistro, dritto in avanti sotto la sua testolina che viene a trovarsi posata comodamente sul mio omero e piego le ginocchia formando il ‘seggiolino da culo’. La mano sinistra, se non del tutto comoda può titillarle i seni mentre la destra è libera per carezzarle la fica oppure per trattenerla se la donna volesse sottrarsi. A questo punto è importante, molto importante uscire di lei. Lentamente, molto lentamente e rientrare subito, sempre lentamente, in modo che eventuali forzature interne, non più compresse dal mio cazzo possano distendersi, allora muovo i fianchi e la danza può cominciare. Bea non cerca di sottrarsi, potrei carezzarla ma chiamo Valeria a farlo…Più tardi, quando sento il suo corpo scosso per la terza volta godo nel culetto ormai dilatato. Non sarà forse mai una grande artista in questa specialità olimpica ma la tecnica la imparerà. Mi è piaciuto? Certo cara. Non è poi del tutto vero. Preferisco abbandonarmi all’estro creativo ma sono l’unico che possa darle ripetizioni. Scherziamo, chi altro? A me non avete mai dato lezioni, sono così brava? Si, bella e brava ma devi imparare anche tu, diventerai una grande artista. Una grande artista che non sa…far bene con la bocca, dice piccata. Imparerai anche quello. Comincia ad accudirmi per piacere. Credevo volesse aspettare Bea, mi scusi, subito, vado a prendere l’acqua calda. Una invenzione di Maria, dei primi tempi insieme, e delle prime frequentazioni al suo culetto, cinquant’anni prima. Un po’ di tristezza ma passa in fretta mentre Valeria inizia il suo lavoro di pulizia. Vai a vedere tua sorella, aiutala, glie lo ho rodato mica male. Qui continuate dopo. Si, certo padrone, grazie. Si, Maria. Mi era stato chiesto, anzi imposto di non andare a lavarmi e mi aveva sorpreso presentandosi con un vassoio monumentale. C’era già tutto quello che usano ora per accudirmi, lavarmi. Poco dopo le gemelle terminano il lavoro che termina, è un rito, con il tentativo di rimettermi in tiro. La bocca di Valeria non vale quella di Bea che però assiste compunta. E’ ancora chiaro ma le mando al Hammam ed alle cure delle mie solerti collaboratrici. Poco dopo Katra mi prepara il bagno e mi lava. Lo ha sempre fatto. Mentre Omer, suo marito, mi pratica un lungo massaggio lei cambia il letto e quanto altro ritiene necessario. Mi aiuta ad indossare gli abiti. Il solito insomma, come da parecchi anni a questa parte. Solo che adesso ho due schiave e direi le tre ne siano contente. Vedo però che ha qualcosa e le chiedo spiegazioni. Per le ragazze, per questa sera, abbiamo comprato degli abiti eleganti. Lo so. Aspetto. Aspetto ancora. Ashila teme che anche questa sera…Non sono così pazzo. E’ la vostra festa. Non aveva detto niente dottore, e sembrava quasi, mi scusi, ci scusi tutte e tre. Scuoto la testa e le sorrido. Non è niente, vai pure, è tutto in ordine. Le due ragazze sono molto belle e…ed io un citrullo. Questo no, mai. Esce chiaramente sollevata. Questa sera festeggiamo tutti insieme la data in cui hanno potuto vedere riconosciuto il loro diritto alla cittadinanza italiana e venire in Italia. Scendo solo quando mi chiamano al telefono, un ultima occhiata allo specchio prima di varcare la porta del salone. Lo smoking che indosso ha qualche anno ma fa ancora la sua figura, pantaloni neri con banda e giacca estiva color crema. Niente fascia però, la sopporto a stento l’inverno. Un sospiro ed entro. Il solito battimani e qualche lacrima. Faccio fatica a non guardare però solo loro. Incantevoli. Shukrì ha scelto per loro due abiti semplici, adatti alla loro età. Eleganti, raffinati e raffinato ed adatto è il trucco. Giovanissime ma donne. LE MIE DONNE CON UN GRAZIOSISSIMO COLLARE ROSO. Una nuova giornata, nel dormiveglia sento la porta aprirsi, quasi chiedo di lasciarmi dormire ma non mi decido e Shukrì, inappuntabile nella sua divisa da governante, gonna nera sotto il ginocchio e camicia bianca, spalanca vetri e gelosie. Buongiorno dottore, sono le otto e c’è il sole. Poi, aiutata dalle mie deliziose schiavette linde , pulite e pettinate, riordina il letto senza che io ne esca, saluta e se ne va per le sue faccende. Solo a questo punto apro del tutto gli occhi e guardo soddisfatto Valeria che spinge il carrellino verso di me e Bea che traffica con la macchina del caffè. Un sospiro profondo di felicità beata. Il culetto tornito di Bea ed il sorriso di Valeria mi danno il buon giorno. Dormito bene padrone, chiedono all’unisono. Sono belle e vestite del collare soltanto. Benissimo, rispondo, tutto un sonno. Bea strizza gli occhi, per non ridere forse, ci dividiamo un segreto lei ed io. Una salvietta fredda per pulire viso e mani e finalmente il bicchiere d’acqua, fresco ma non gelato, profumato dalla fettina di limone, avevo la bocca un poco impastata. Poi il caffè. Il pane od i cornetti? Il pane sfornato da poco da Ashila la cuoca, tiepido e croccante. Una lo imburra, l’altra me lo porge a tocchetti. Non è poi male come risveglio, in parecchi ci farebbero la firma. A me piace tanto che a stento trattengo un sorriso di pura beatitudine, le amo e sono mie. Ho dormito veramente bene, ripeto guardando Bea che arrossisce. Mi sono svegliato invece, per orinare, e si è svegliata pure lei. Non ho sonno, le dico, vieni, ti porto in un posto che non hai mai visto prima, precedendola fuori del nostro corridoio oltre lo scalone in uno dei vecchi e poco usati corridoi di servizio fino ad una scala, e poi su fino al terrazzino, neanche tanto piccolo poi come terrazzino. E’ in ordine, un altro punto per le mie fantesche cui difficilmente sfugge qualcosa. Non ci vengo da anni e c’ero stato con Maria, un pomeriggio, durante i primi lavori di restauro. Volevo fare l’amore ma stava forse per piovere ed il posto era molto malridotto e sporco, siamo scesi. Lei già sapeva…promettimi che se mi succede qualcosa… cercherai una donna, ti innamorerai ancora, non starai solo..Non è dissacrarne il ricordo essere qui con Bea, è…Un groppo alla gola ed allora cerco di cambiare l’ordine dei miei pensieri. Guarda piccola, indico verso sinistra, a nord, il mare di luci della città, a levante invece il buio quasi completo della campagna. Non so che ora sia ma già quasi albeggia, un barlume di chiarore diffuso all’orizzonte annuncia il sole. E’ bello, padrone, bellissimo. Non fa caldo e siamo coperti solo dalle nostre vestaglie, Bea si stringe a me ed io nel baciarla mi devo chinare, è normale, mi fa venire però in mente le risate mie e di Maria per gli strani gradini sui tre lati contro la ringhiera, tanti anni fa. Guarda le dico. La luce è molto fioca ma bastante, eppure Bea non capisce. Cosa sono, chiede, e poi, sono diversi, a cosa servono? Rido. Ditemelo, per piacere! Alle mie risposte vaghe, batte indispettita il piede come una bambina. La adoro quando fa così. Su monta. Non vede la mano che le indica il gradino di mezzo e sbaglia salendo su quello vicino, troppo alto penso. E’ alto, vai sull’altro; la prendo per mano e la guido. Siamo una di fronte all’altro ma ancora non capisce. Le sfilo la vestaglia che appoggio sul largo parapetto ed il volto, di profilo contro l’orizzonte illuminato, spicca bellissimo, un cammeo. La amo, la voglio, è mia. La abbraccio, finalmente capisce e ride a sua volta. La bacio e mi bacia. E’ più comodo cosi, padrone, l’altezza è più giusta, però nel letto…ma non c’è questo panorama, conclude. Allarga le gambe perché la sto carezzando, si sposta un poco per permettermi di farlo più comodamente. Si, stanno imparando. Bea freme un poco, eccitazione forse ma più facilmente il freddo. Le faccio posare le braccia stese sulla vestaglia e da dietro le frugo la fessura col glande che sento tumefatto. La carezzo un poco, è ancora asciutta, poggio il glande scoperto, è scoperto fin da quando salivamo, sulla sua fessurina, si inarca, troppo asciutta, la carezzo ancora. E’ immobile, le penetro il sesso e poco dopo è sufficientemente bagnata. Quando poggio il glande sull’orifizio più stretto mormora qualcosa che non capisco, lo ripete. Voglio farvi godere così anche se non sono brava come Valeria. Si irrigidisce tutta e premendo trovo il sederino spasmodicamente contratto. Lo fa di proposito, perché? le chiedo. Per darvi più piacere, perché vi amo, perché sono felice di essere vostra . Non la contraddico e nonostante la tenerezza che provo sono subito preso dalla frenesia, dalla felicità ; la possiedo anima e corpo, sarà mia, saranno mie per sempre. Mie. Spingo più forte e poi ancora di più fino a farmi male. Per lei deve essere tremendo. Il glande infine penetra un poco. La sento che si irrigidisce ancora di più, ma sono deciso ad avere questo bel culetto una volta di più, a sodomizzarla, a godere di questa bellissima giovane donna mia schiava, a sentirla mia. Quando il glande è entrato quasi del tutto un attimo di resipiscenza e mi fermo; lei si è inarcata per il male e mi ritraggo temendo di averla lacerata. No padrone, non voglio, dovete farlo…fatelo, non fa male. Esito, so che il dolore deve essere tremendo, mente, ma la mia è furia che ottenebra ogni ragione. Entro di nuovo in lei, più facilmente ora, sono al punto in cui mi sono ritratto, non esito e lentamente ma con piccoli colpi decisi, lo spingo tutto dentro il culetto che freme, mi stringe e mi strizza. Mi stendo su di lei pur evitando di gravare troppo ma tanto da poter stringerle i seni inturgiditi e percorrere con un dito la fichetta bagnata, su e giù, su e giù. Freme un poco, si inarca portando all’indietro la testa. Mormora qualcosa che non capisco. Credo ne goda ma non ne sono sicuro. Le penetro il sesso con il dito e muove un poco il bacino, impalata due volte. Si, sussulta e gode la mia schiavetta. Mi scosto abbastanza da potermi muovere, comincio il vecchio e piacevole gioco del va e vieni, del su e giù, del dentro e fuori mentre lei muove i fianchi facendoli anche roteare. Poi è lei a condurre la danza, io mi limito a contrastarla quando spinge in fuori il sederino e a restare al mio posto quando riporta il corpo in avanti. Entro ed esco più volte, la penetro fino alle palle o solo gioco col glande…di nuovo mi serra spasmodicamente. Non voglio godere, non subito. Fatico a farle fermare i fianchi sinuosi, le torco con forza un capezzolo ma neppure questo la fa fermare. Non voglio godere, non ancora ed esco di lei. Ansima posata sugli avambracci. Perché? Perché voglio così! No, io padrone, credevo. Tace, sempre nella stessa posizione. Girati piccola. Piange tra le mie braccia, lentamente si riprende, risponde ai miei baci, mi stringe con foga. Mi sono ricordato di una cosa, vieni. E’ buio dentro la camera ma ricordavo bene. Mi accudisce al vecchio lavamano usando la vestaglia che ancora indossavo e l’acqua fredda fa il suo effetto tanto che ricorre alla sua ormai proverbiale tecnica per ridargli vita. In ginocchio me lo lambisce e lo succhia con notevole abilità. Con la bocca è la migliore delle due. Non ci impiega molto. L’orizzonte è ormai chiaro. Voglio farvi godere col mio culetto. No cara, deve già farti troppo male, non voglio. In realtà voglio il suo culetto e mi faccio convincere. Mi svuoto, nel suo delizioso culetto mentre il sole si fa largo tra la foschia e ci illumina abbagliante. Vi amo padrone. Anch’io, vorrei dirle, ma non oso. Vi amo, è stato bellissimo, sono felice. Mi riporterete, non è vero, per piacere, è stato tanto bello essere posseduta così, sentire che vi piacevo che vi davo…e porterete anche Valeria, vi ama anche lei, tanto, almeno quanto me. Siamo orgogliose di essere le vostre schiave, si, orgogliose, anche quando ci frustate, fa male ma poi ci sentiamo vostre ancora di più. Sembra essere fuori di senno ma ogni sua parola è un balsamo, una compilation di sinfonie. Mi ha accudito di nuovo e di nuovo la bocca sapiente mi ha riportato a volerla. La monto alla pecorina, lentamente e con tutta la sapienza di cui dispongo. Geme di piacere ed io fatico a trattenermi ma ci riesco nonostante letteralmente Bea abbia perso la testa e debba frenare i suoi sussulti finchè si abbatte sfinita. Esplodo più tardi nella sua bocca quando già il caldo ci suggerisce di ritirarci. E’ un nostro segreto, le dico, non devi parlarne con nessuno, neppure con la tua gemella. Sorride, è stanca e stanco sono pure io. Grazie padrone è un regalo, un vero regalo.
Più tardi, nello studio nuovo, fatico a concentrarmi sul lavoro. Credo, sono anzi certo non mentano, si sono innamorate di me per quanto sia assurdo ed incredibile, ma al tempo stesso sono ragazzine, due liceali di diciotto anni appena compiuti. Basta poco, un coetaneo di bell’aspetto e simpatico, magari la noia della vita con un vecchio e mi piantano. Io mi sono innamorato di loro, della loro giovinezza spensierata che mi riporta indietro nel tempo e non voglio rinunciare a loro, a nessun costo. Le sto portando a dipendere psicologicamente da me, succubi, schiave. Me ne vergogno? Si, almeno un poco ma sempre meno. Frustarle però…eppure, dopo, asciugate le lacrime e dimenticate le suppliche non sembrano dispiaciute…Mi sento ancora più vostra, ha detto Valeria e Bea, questa notte ha aggiunto che fa male essere frustate ma ricattandomi perché le accettassi appunto come schiave, sapevano bene di andare incontro anche a questo. Ho scoperto che stringere lo sverzino e calarlo sui loro corpi che si torcono mi dà una sensazione di potere inebriante, e trattenermi dagli eccessi non è facile. Eppure vorrei dire loro che le amo e quanto le ami. E’ impossibile, perderei ogni ascendente e perderei la loro ammirazione il loro amore, le perderei completamente. Il cicalino del telefono interno mi riporta sulla terra. Si passamela, un attimo di attesa, ciao Giulia, è un secolo che non ti sento, come stai, tutto bene? Sul serio hai due schiave, due gemelle ancora al liceo? Si, rispondo, fanno gli esami di maturità l’anno prossimo, ma, sia pur di poco, sono maggiorenni. Sei pazzo, sei matto come un cavallo. Francesca, la dottoressa Francesca è una gran bella donna. Me l’ha fatta conoscere Giulia quando stavamo insieme, forse sono state amanti, certo è che Francesca non ha mai nascosto di essere attirata dalle donne, dalle donne belle e simpatiche come Giulia ad esempio. Amiche sincere oltre che confidenti comunque, tanto che solo dopo il breve e focoso periodo che Giulia aveva trascorso con me, Francesca aveva accettato le mie attenzioni. Le aveva anzi chiesto il permesso. Solo col tempo si era aperta a qualche confidenza. Ero il suo primo uomo a parte il marito col quale aveva trascorso solo qualche ora di feroce violenza e terrore. Non amava parlarne e avevo rispettato questo suo ritegno. Non l’aveva più rivisto ma per evitare lo scandalo…insomma ora era assistente universitaria specializzata in ginecologia e tanto basta. Per anni aveva vissuto con l’infermiera che l’aveva soccorsa, forse salvata da conseguenze fisiche e mentali peggiori. Era diventata col tempo l’amica poi l’amante ed infine la padrona di quella giovane infermiera non bella ma affettuosa. Era a metà di quella storia quando l’avevo appunto conosciuta e portata poi a letto. C’era forse di mezzo anche lo zampino di Giulia. Sapevo che le avrebbe fatto un gran bene avere un amante esperto e tenero come te, aveva detto la mia amante ‘saltuaria’, tu sai essere infinitamente dolce, ed è di questo che Fran aveva bisogno. A questo punto facevo più spesso l’amore con Francesca che con Giulia subendo gli amichevoli sfottò di entrambe. Non la vedevo da un anno, quasi due ed ora , rientrata prematuramente in Italia, ero ben lieto di averla di nuovo mia ospite come spesso in passato. Era in attesa che i suoi inquilini lasciassero l’appartamento per poi far fare i lavori di ripristino. Non ti disturba avermi qui? Ci sono le due ragazze, non vorrei…Giulia, con il mio consenso le aveva raccontato in parte quel che sapeva. Perché mai dovrebbe disturbarmi, non è la prima volta che ti fermi da me, loro sono due schiave, devono ubbidire e…e? E direi lo facciano volentieri. Rido, lei invece mi guarda pensierosa. Sono innamorate di te fino a questo punto? Sto per raccontarle tutto ma freno. Neppure Giulia era del tutto al corrente dei miei dubbi, della mia paura di perderle e di come avessi programmata la loro sottomissione, la loro sudditanza psicologica per evitare appunto di vederle volar via per altri amori. Non dico nulla, non lascio percepire alla mia amica ed amante quanto sia innamorato delle due piccole. Non sono certo che mi capirebbe. Non che disprezzi l’intelligenza, e la compagnia di Francesca, anzi mi piace ma… Non le ha neppure viste ancora, sono fuori con Shukkrì per acquisti. Dopo la prima colazione l’avevo abbracciata e, accorgendomi solo in quel momento di desiderarla, avevamo fatto l’amore sul bordo della piscina. Ora, dopo un tuffo ci crogiolavamo al sole. Credevo che due donne dovessero esserti più che sufficienti! Risi. Tre è meglio. Non che ne fossi innamorato, ma era una amante piacevole, bella e colta anche se non vivace come Giulia. In quel momento non pensavo alle mie due dolci schiave. Troppo alta poi per i miei gusti, non abbastanza maneggevole a letto, ma piacevolissima e la sua vicinanza mi stava facendo di nuovo effetto. Mi allungo un poco per guardarne i seni pieni, per accarezzarne l’incavo delle cosce che stringe come sempre ad imprigionarmi la mano solo quando raggiungo il punto più sensibile. La conosco bene e lei conosce altrettanto bene me. Sono stato io a rappacificarla con il mio sesso, usando la pazienza, tanta infinita pazienza e tempo, dolcezza e carezze. L’ho fatta godere in tutti i modi prima di accennare solo a penetrarla. Ne era terrorizzata. Anche lì pazienza, giorni, anzi settimane di pazienza. Finalmente il culetto. Forse il dolore non era stato insopportabile ma la paura di sentir male di nuovo e forse di più non la superò mai e lasciai perdere. Sospirò lievemente, poi schiuse le ginocchia liberandomi per un attimo, un attimo sufficiente per protendermi verso di lei ed abbracciarla. Schiude la bocca ed accoglie la mia lingua per suggerla un attimo solo e poi stringersi ancora di più a me. Di nuovo ci baciammo da vecchi ed esperti amanti quali tutto sommato siamo, pur senza mai aver mai assunto impegni reciproci al riguardo. Mi piace perchè è una amante esperta, ne stimo l’intelligenza, la cultura, la mente brillante, ma nulla più. Di colpo si dibatte, cerca di sottrarsi: lasciami, dice, arriva gente. Pure io sento l’avvicinarsi di passi affrettati, una voce acuta. Non preoccuparti sono loro due, Bea e Valeria, mormoro. No, lasciami, non voglio, ci resteranno male, saranno gelose! Mi vergogno! Ed io comincio ad essere preoccupato, ho qualche dubbio. Ma è troppo tardi. Faccio appena in tempo a staccarmi da lei e lei a cominciare a coprirsi un poco con la vestaglia e le due superano la siepe immobilizzandosi. Mi pento di non averle dato retta, sono raggelate, impietrite, ed impietrito, almeno per un attimo sono io, Temo persino una loro reazione, quale mai? La gelosia? Non avevano mai dimostrato gelosia l’una per l’altra, ma erano gemelle, sapevano da tempo che essere dello stesso uomo, avere un unico padrone comportava quella implicazione, le avrei scopate entrambe; certo non pensavano ad una terza donna. Pallide e bellissime. Non molto alte, snelle, perfette, le amo da morire; adoro i loro corpi che mi danno tanto piacere, e gli occhi, due , no, quattro pozze in cui mi ero perso fin dal primo momento. Per un attimo penso sia troppo presto per una simile prova, che non siano abbastanza addestrate e sufficientemente sottomesse per accettare la cosa. Ne ho paura anzi ne sono terrorizzato. Perderle per una donna che non mi interessa più di tanto…Sono entrambe a capo chino e dal poco che vedo dei visi il pallore era diventato rossore. Fu Bea, la prima a riprendersi dalla sorpresa e ad alzare il viso. La signora Alina ci ha detto di venirvi ad avvertire che l’hammam sarà pronto solo più tardi, si è rotto qualcosa. Anche Valeria aveva alzato il volto arrossato, forse lei voleva dire qualcosa d’altro ma si trattenne mordendosi anzi il labbro. Ovviamente seguo il galateo, si presenta la persona meno importante a quella più importante. Quella con la camicia rosa è Bea, l’altra si chiama Valeria, imparerai col tempo a distinguerle. Io almeno ci ho impiegato un poco. A questo punto sento Francesca rinfrancarsi e la tensione scemare. Capisco che il momento più pericoloso è passato e tiro un sospiro di sollievo, capisco anche che Francesca era colpita dalla loro avvenenza. Cazzo…non ci avevo pensato. A lei sarebbe piaciuto certamente portarsele a letto. Io ero d’accordo? Si, no, certamente no. E perchè no? Dio se son belle! Cosa mai devo dire adesso? Sono schiave ma tieni giù le mani? Oppure di portarsele pure a letto? Ma, forse servirà anche questo a renderle più sottomesse, più succubi e schiave, più mie. Mi rivolgo loro con indifferenza: siete tutte accaldate, spogliatevi e fate un tuffo con noi. Frullano via verso la porta dello spogliatoio. Che te ne pare? Francesca arrossisce un poco, deglutisce. Sono, esita, incredibilmente, esita di nuovo. Sono bellissime, da sogno, poi con un ghignetto che forse serve a mascherare l’imbarazzo, inizia a dire qualcosa a voce così bassa e mista a gorgoglii di riso che capisco ben poco. La attiro di nuovo a me ed esita un attimo prima di rilassarsi e rispondere al bacio. Mi vuoi ancora, dice poi. Non è una domanda ma una manifestazione di meraviglia, l’ho posseduta poco fa e chiaramente la desidero di nuovo e molto. In realtà è la situazione imprevista ad eccitarmi. Ci sono però loro, schiave si ma… Ma sentiamo lo scalpiccio leggero delle mie due delizie e ci separiamo, di nuovo un poco imbarazzati come due ragazzini. Io settantenne e lei sui quaranta, anche se non li dimostriamo. Mi stendo bocconi nascondendo ciò che non voglio far vedere Si sono bellissime. Quasi a passo di danza vengono verso di noi indossando solo una vestaglietta ed il collare rosso vivo. Sono fiero di loro e felice del timido sorriso che rischiara loro il volto. Forza, in acqua! Non esitano, posano le vestaglie e si tuffano. Io non ho addosso nulla ed il costume di Francesca resta dove l’avevamo gettato un’ora fa. Prima che si girino siamo già in acqua. Come dobbiamo chiamarla, chiede Bea. Francesca con uno sguardo chiede il mio soccorso. E’ la dottoressa Francesca, chiamatela pure solo dottoressa. Il sole è alto e le fronde della doppia fila di platani ormai non regala ombra, Una doccia un buon caffè che le mie schiavette premurosamente ci preparano, la mia casa e le mie donne. Due schiave che amo ed una cara, dolce e simpatica amante. Cosa voglio di più. Poi lo spunto, l’occasione: scusateci noi dovremmo… ed allora vi porto a fare pipì. Non avrei osato né loro forse pensavano sarebbe successo con Francesca presente, ma ubbidiscono ed un attimo dopo tornano dallo spogliatoio con quello che serve: guinzaglio e borsettina sempre rossa al collo. Porgo a Francesca il capo del guinzaglio di Valeria e ci avviamo verso il gazebo. Trotterellano davanti a noi quasi appaiate muovendo appena i fianchi. Sono bellissime, non è vero? Si caro, e sono molto docili, ti ubbidiscono in tutto? Per ora si. Non ho capito però cosa stiamo facendo. Poi possiamo incontrare qualcuno. Lo spiego e Francesca prima è incredula poi ride. In verità sono un poco teso anche se non credo si ribelleranno, ci sono abituate, le dico ma un attimo dopo sussulta vedendo che passeremo vicini ad un giardiniere al lavoro. Mi fermo anzi a parlargli e dico a Bea che può fare pipì. Mi ringrazia con un sorriso, le scappava da morire e si accuccia poco più in la, distante i pochi passi che il guinzaglio permette. E il getto di urina scroscia rumoroso sulle foglie secche. A te non scappa? Chiedo a Valeria. Francesca la trascina per qualche passo quasi volesse sottrarla alla vista di Abdul, connivenza tra donne, penso, ma cambia idea e la fa accucciare bene in vista. Più tardi, a tavola al riparo dell’ampio ombrellone, la vedo pensierosa. Solo stanchezza, dice, ma non stacca gli occhi dalle mie due bellezze. Tanto stanca da rimandare a domani quello che abbiamo lasciato a metà questa mattina? No caro, non fino a quel punto, anche se, anche se? Anche se penso che fossimo al dessert. Non capisco cosa intenda o forse lo capisco fin troppo bene. Ride e le brillano gli occhi. Siete bellissime ed anche simpatiche. Dicendolo stacca gli occhi da Bea e guarda Valeria. Le stringo la mano. E’ un momento magico, a fianco una bella donna nel pieno fulgore della sua età, conscia di essere bella, felice penso di essere desiderata, speranzosa di poter godere tra non molto di quei due giovani corpi ancora quasi acerbi, e davanti a noi gli alberi del parco che stormiscono un poco nella luce troppo viva di questo giorno memorabile e non ancora terminato. Si un giorno che potrebbe riservare ancora qualche sorpresa. Chi le aiuta a scegliere l’abbigliamento? Fanno tutto da sole? Sono poco discoste e preparano il caffè. Anche se chine sul carrello certo tendono le orecchie. Eleganti in due abiti adatti ad una occasione del genere. Dopo l’hammam siamo state truccate tutte e tre…è sempre piacevole l’hammam. Io sono stato massaggiato dal marito di Shukkrì, quasi doloroso ma poi ti senti un altro. Più tardi ordino loro di preparare Francesca per il riposo pomeridiano e di accompagnarla da me. Francesca tace, non è certa di aver ben capito e forse non apprezza che io detti legge anche a lei. La lascio nell’incertezza e le seguo con gli occhi finché non scompaiono all’interno. Ha troppo buon gusto per chiedere qualcosa alle mie schiave, dentro di me rido, immagino quanto le due la faranno impazzire, o saranno loro tre fare impazzire me? Finisco il mio Bas Armagnac or d’ age con l’ultimo sorso di caffè e mi avvio. Dall’inguine la costante presenza di sempre si fa più pressante tanto che Alina e Katra incrociandomi mi salutano educatamente con un sorriso forse più ampio del solito. Poco male. Fuori casa o con estranei in giro cercherei di trattenermi, in genere ci riesco ma certo ora mi sarebbe difficile. Me le godrò tutte e tre, ma la precedenza spetta alla mia ospite.
Ho ancora qualche minuto, anzi più di qualche minuto. Mi spoglio e contro ogni abitudine vado sotto il getto tiepido poi quasi gelido della doccia. Una pulizia completa che allevia solo un poco la mia eccitazione. Asciutto, pulito come un pupino decido di attendere seduto in poltrona con indosso la sola vestaglia. Perché no. Tre donne. Due schiave che adoro, per le quali ho perso il senno ed una cara e simpatica amica e da anni amante. Non rifiuterà la presenza di due bellezze, le loro carezze. Lo so , l’ho vista altre volte con qualche ragazza nel letto, più o meno belle, più o meno lesbiche, più o meno disponibili, e spesso me le ha offerte. Bea e Valeria accetteranno, ne sono certo o quasi. In tre o quattro occasioni ho voluto che l’una eccitasse l’altra, vietando altresì che lo facessero senza il mio permesso e senza la mia presenza. Si lo faranno e sarà un altro passo verso la loro sottomissione. Continuo a stringere le chiappe perchè neppure l’acqua fredda è stata sufficiente. Mi rivolgo all’ultima risorsa: le tabelline e le formule di geometria e matematica. Un poco funziona per fortuna, non volevo farmi trovare come un asino in calore. Sento una porta chiudere in corridoio, le loro voci che si che si sollecitano, arrivano. Non sono più eccitato come prima anche se…eccole.

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Mi inorgoglisce sentirmi amato. Guardo le mie donne e mi si gonfia il petto. Niente catene, urla minacciose e sibilar di fruste ma sono mie schiave, Valeria e Beatrice intendo. Lo hanno voluto loro. Devo solo impedire cambino idea. Qualche passo in avanti in questo senso lo ho già fatto, moltissimi altri ne devo fare. Seduto sulla poltrona d’angolo le ho aspettate pazientemente, chiedendomi se la presenza di Francesca non sia un problema. Il suo appartamento non sarà pronto molto presto ed ormai non posso dirle di fare fagotto e cercarsi un albergo. Avrei dovuto farlo quando si è offerta lei stessa di stare solo un paio di giorni, il tempo necessario per trovare una sistemazione diversa. Temeva di disturbare appunto il mio ‘ménage à trois.’ Ho insistito tanto che ha accettato di restare come ha fatto altre volte in passato. La bellezza delle due, a lei le ragazze son sempre piaciute, forse non è stata del tutto estranea alla decisione. Le ho sentite chiacchierare, forse anche fermarsi un qualche attimo davanti all’uscio chiuso. Perché mai? Francesca pone dei problemi? Non vuole partecipare alla ammucchiata che si prospetta? No, eccole, e dai volti sorridenti di tutte e tre vedo che di problemi non ce ne sono. Oltre la porta si forma un trio con Francesca tenuta per mano nel chimono che le ho regalato, celeste scuro ravvivato dai due dragoni d’oro. Le gemelle si liberano in un attimo delle loro umili vestagliette e, tenendola per mano si inginocchiano un poco discoste da lei, tanto da farle tenere le braccia un poco allargate. Non la strattonano ma è un invito ad imitarle, esita, un attimo, poco più di un attimo e cede, piegando a sua volta le ginocchia, anzi le poggia con veemenza eccessiva. China il capo come le gemelle ma al contrario di lei che continua guardare il pavimento, le due subito sollevano il viso e sorridendo guardano verso di me. Si aspettano un cenno di assenso e lo hanno. Il sorriso si fa più ampio, soddisfatte di aver ottenuto il mio tacito ‘brave’, mi interrogano con gli occhi. Non essere timida cara, lasciati andare, lasciale fare. Non è timida, si lascia andare e le lascia fare. Il nodo che tiene stretta la stoffa sino a fasciarla aderendo alle sue forme viene sciolto, la aiutano a sfilare le braccia dalle larghissime maniche, fanno scendere la rigida seta sino a terra disponendola intorno a lei come la corolla di un fiore. Certo Francesca non è bellissima ma ora non posso che ammirarla. No. Timida non lo è mai stata eppure aveva il volto pallido quando è entrata mentre ora noto la fronte liscia ravvivarsi di un crescente rossore.
Solleva il capo, si è rossa in viso, porta le mani a congiungersi come in preghiera all’altezza del seno, china di nuovo il capo che poi rialza portando le mani dietro la schiena all’altezza dei fianchi. Non è certamente farina del suo sacco e neppure di Beatrice e della sorella. Chi la ha istruita? Una delle mie tre ‘ancelle’, di certo. Indagherò. Sei splendida, le dico, siete un quadro. Lei, più vecchia, nel pieno splendore della sua maturità di donna, completamente nuda, loro coperte solo dal simbolo rosso del loro stato, di schiave, qualche po’ meno alte, flessuose, ammantate di giovinezza. Valeria mi rivolge uno sguardo interrogativo se mai ce ne è stato uno al mondo. Perché no, mi dico. Un cenno col capo che non è recepito, un altro più esplicito. La fanno alzare da terra e la accompagnano al letto facendovela sdraiare. Cosa frulli per la testa a ciascuna di loro non lo so. Fran tiene le ginocchia un poco schiuse e copre con le mani le mammelle. Volge verso di me il capo, poco poco, ad occhi chiusi, non tanto da impedirle di vedere che resto al mio posto senza dar idea di volermi avvicinare. Sono le due mie schiave che le si avvicinano. Ora Bea, lei pallida, certa di essere vista solo da me porta l’indice ad indicare se stessa e poi Francesca. Scuoto il capo in segno di diniego e la mano sinistra, coperta alla vista di Francesca mostra due dita indicando poi la donna. Perché? Potevo coricarmi con lei e concludere quello iniziato prima dello spuntino, fare l’amore, mandando via le mie giovani schiave o farlo davanti a loro, od anche con loro. Potevo benissimo parlare: divertitevi, no troppo volgare…datele piacere, fate l’amore tutte insieme, qualcosa del genere. La spiegazione c’è. Mi va così. A lei piacciono le ragazze e di così giovani e belle non ne deve avere avute molte in vita sua, probabilmente mai, due per volta , gemelle tanto simili da non riuscire a distinguerle poi…non rifiuterà di certo il dono, e se per un attimo ho temuto che le piccole non fossero pronte, il dubbio svanisce dopo un secondo. Si guardano tra loro e forse guardano me. Si accostano poi alla mia ospite ed amante, una per lato e si protendono e la carezzano insieme, salgono sul letto, le si fanno accosto sdraiandosi a destra ed a sinistra in attesa. Forse qualcosa aveva intuito, se lo aspettava od almeno ci sperava, guarda un attimo verso di me, un attimo bastante a farle capire che ha campo libero e sorride. Osservo attento, ma non sono un guardone. Intavolo una finta conversazione al telefono e mi allontano. Ne ho almeno per un paio d’ore dico loro, forse più e mando sulla punta delle dita un bacio collettivo. L’ultima immagine dal limitare ddlla stanza è quella dei loro visi stupiti. Ho sul serio da fare, cinque o dieci minuti, un controllo di routine, penso. Invece trovo una improbabile, statisticamente impossibile grana che mi trattiene più di due ore davanti ai monitor ed alla tastiera. Scendo in piscina, una lunga nuotata mi calma almeno un poco. Mi è ancora andata bene, molto bene, non fossi intervenuto più che tempestivamente e non avessi già predisposto varie linee secondarie di difesa e ritirata sarei impazzito per una settimana almeno solo per tappare i buchi e limitare le perdite. Non ho perso niente o quasi, non devo però cascarci più. Era una trappola per polli. Nei prossimi giorni saranno in molti a piangere. Voglio però ritrovare e so come fare, almeno spero, quello che…quelli anzi. Non sono vendicativo ma una lezione la devono ricevere, non subito, staranno in guardia, a tempo debito, quando ci sarà l’occasione buona. La nuotata mi ha calmato solo in parte, un altro poco mi calma la doccia calda. Busso educatamente ed entro nella mia camera. Una immagine decisamente osé. Pensavo di essermi calmato ma la adrenalina mi scorre abbondante nel sangue e la scena sotto i miei occhi ne moltiplica gli effetti. Valeria lappa un capezzolo a Francesca stesa sulla schiena nel centro del letto, la testa ovviamente nel vuoto tra i due cuscini. Beatrice le sta mormorando qualcosa all’orecchio, una mano tra le cosce schiuse, ben su. Non mi sbarazzo neppure della vestaglia e sono sulla mia bella ospite che allarga le gambe e mi accoglie nel ventre inarcandosi per il piacere, La presenza delle due non mi disturba minimamente, sono infoiato, un animale e la scopo senza pensare al suo di piacere ma solo alla mia voglia frenetica. Mi freno un poco ed evito di esaurirmi, mi trattengo comunque abbastanza per sentirla fremere. Esco dal suo sesso non ancora esaurito. Alla fine, dice rivolta alle ragazze un poco vergognose, per terminare la festa non c’è niente di meglio di un uomo. Se è uno stallone come lui meglio, molto meglio. Faccio servire la cena in camera, approfittando di una delle rare assenze di Ashila.
Noto sul tavolino lo scudiscio, le manette di cuoio morbido ed uno dei collari. Non dovreste toccare queste cose dico loro con finta severità. Perdonale caro, volevo vedere ed ho tanto insistito, tu non venivi. Mi aspetta una serata deliziosa.

ho interrotto questo racconto per qualche tempo perche’ ho in mente due finali. il primo, una conclusione senza fuochi d’artificio, breve, serena. il secondo con uno sviluppo articolato, ricco di sviluppi ed una conclusione imprevedibile. ho sempre gradito i commenti, anche i piu’ drasticamente negativi, c’e’ sempre da imparare. in questo caso gradirei conoscere le opinioni e le preferenze dei miei lettori anche su quale delle due ipotesi sia secondo loro piu’ opportuna . grazie sin d’ora dal vostro chiodino.

Questa sera ceneremo in camera mia. Forse non è una grande idea. Per quanto sia spaziosa, il tavolo tondo che Omer e Selim trasportano su da me finisce per occupare troppo spazio, poi le seggiole ed il necessario per poggiare piatti di portata ed il resto. Ashila va a cena dalla figlia. E’ raro che esca da questa casa persino per fare solo due passi nel parco, ed ha voluto, quasi per ripicca, che la nostra cenetta si tramutasse in una specie di cena di gala. Cosa faccio poi con tre donne in una volta sola? Vero, non è la prima volta, ho vissuto per anni con tre donne, ma queste mancano dell’affiatamento che c’era allora, mancano… Manca a me la voglia, l’entusiasmo e …sono vecchio… Ho persino il timore che Francesca, no sono idiozie. Tutte e solo idiozie. Francesca è una gran bella donna, colta, affascinante; una compagna deliziosa dentro e fuori dal letto, ed ora la snobbo. Nessuna logica, nessuna spiegazione, o meglio una sola; sono innamorato delle mie dolci schiavette e le altre donne, persino Francesca, non mi interessano. Bè, di meno, perchè mi interessava questa mattina e poi, nel primo pomeriggio, le sono saltato addosso come fossi assatanato. Si, poi mi sono saputo frenare… non ho sparato tutte le mie cartucce. Ne ho tenuto da parte abbastanza per la serata, per fortuna. E sarà una splendida serata a costo di, di cosa? Di essere scortese con Francesca? Quando mai? Io non sono capace di essere maleducato con una donna se proprio non mi tirano per i capelli, ma devono tirarmi forte. Loro sono all’Hammam, ed io mi riposo, è ancora presto. Quasi direi di preparare in sala, no in saletta. E perchè mai? Qui staremo benissimo.

Per cominciare comunque la doccia per togliermi di dosso il sudore asciutto ma sgradevole, puzzolente. Ho sudato dal nervoso lavorando al PC ma ne è valsa la pena. Gli stronzi, li beccherò. Con calma e pazienza, molta pazienza. Devo sapere per certo chi siano anche se una ideuzza, anzi più che una ideuzza già ce l’ho. Comincio a ragionarci attorno, su cosa fare e come farlo, sotto la doccia. Continuo durante il massaggio nonostante Abdul letteralmente mi torturi peggio del solito con le sue mani di acciaio. Ho messo a riposare tutte e tre le signorine nella camera di sinistra, Padrone. E’ Shukrì che come sempre entra senza bussare, in bagno od in camera, tranne quando sono affacendato con una compagnia femminile. C’è un problema in bagno dalla dottoressa, anche in quello di fianco e devono fare dei lavori lunghi. Non finiranno questa sera. Finisco di sistemare la camera, le ragazze, è meglio facciano tutte e tre un riposino dopo l’Hammam. Ne hanno ancora per poco comunque ed abbiamo messo stuoie e materassi per terra. Poco dopo Abdul ha finito con me, piega il lettino, porta via le sue cose e saluta giusto mentre la moglie, Shukrì torna per le ultime sue incombenze: asciugare per terra ed asciugare me. Normale amministrazione. Non ho mai sfiorato lei ne Ashila e Katra. Eppure sono ancora attraenti, più che attraenti nonostante ormai sulla cinquantina. Ho rifiutato, arrabbiandomi anche, quando volevano ‘ringraziarmi’ venendo a letto con me. Avevano vent’anni ed erano tre italo somale bellissime. Per le otto va bene? Si cara. Avverto allora le ragazze. Hanno tutto il tempo per riposarsi e spettegolare in pace. Se ne va e saluta chinando come sempre il capo. Una delle cose che non volevo e che ho cercato di impedire invano, come chiamarmi Padrone. Lo fanno ancora adesso, quasi sempre. Abdul mi ha rasato. Mi faccio un caffè, bevo un bicchiere d’acqua. C’è tempo, sono solo…e mi frulla per la testa una idea malsana.

E’ parecchio tempo che non spio le mie fanciulle. No, non va bene. Spiare le due passi ma Francesca è mia ospite, non devo. Perdo la battaglia con la mia coscienza, irrimediabilmente. Mi eccita anzi l’idea e fatico a controllare la subitanea erezione. Sta giù, cretino, e si, talvolta gli parlo ma raramente mi ascolta, anzi oggi si allunga e si gonfia al massimo. Tolgo il necessario dall’armadio, la casa è tutta cablata. Pasticcio un attimo con fili e spinotti. Silenzio di tomba, non sono ancora scese. Espiro con forza, possibile sia nervoso per una sciocchezza del genere? I collegamenti sono in ordine. Non passo per il server di casa ma neppure sono collegato con i server con cui lavoro, sono comunque tutti in cantina, sotto la cantina, una vera camera blindata, memorie ridondanti, a cascata, e due depositi di memoria per il lavoro, una in Canada, l’altra a Ginevra. Maniaco? Forse, visto quel che mi costano. Eccole! Fatico sulle regolazioni manuali di picco, poi metto in automatico. L’inizio è gradevolmente garbato ma noioso. MA SUL SERIO AVETE DECISO DI DARVI A LUI COME SCHIAVE CINQUE ANNI FA? SE ORA NE AVETE DICIOTTO ERAVATE BAMBINE…è la voce di Francesca ed è troppo distorta. Perdo qualche parola ma regolo meglio il mixaggio tra i diversi microfoni direzionali. Comunque la decisione vera la abbiamo presa più tardi…però è troppo vecchio per voi…SI MA PENSANDOCI BENE LO E’, TROPPO VECCHIO, IN TEORIA ALMENO, ANCHE PER ME. Di nuovo devo regolare l’audio…Ma datemi del tu e chiamatemi Francesca, ve ne prego, mi fate sentire in imbarazzo, vecchia! Non possiamo Dottoressa, è il Padrone che l’ha ordinato…e voi gli ubbidite sempre? Sempre, dice una voce che a furia di regolare il sistema non riconosco più. Valeria forse. Si, era Valeria e quest’altra è Beatrice. Qualche volta non è facile ma ci sforziamo di ubbidirgli, di non mentire neanche nelle piccole cose. Lo amiamo. Ci ha avute…è stato il nostro primo uomo e…non avete avuto altri ragazzi…no mai, neanche un bacio od una carezza, che so, almeno una simpatia? No mai. Anche voi lo amate Signora! E’ Valeria a parlare. Devo spegnere, non è corretto, ascolto invece più attento. E’ che, io, lo conosco da anni, è stato in un momento difficile, credevo di amarlo, credo di amarlo ma non voglio lo capisca, amo essere libera, capite, non sono fatta per…al diavolo. Non voglio innamorarmi di lui, non più di quanto…Lei Dottoressa lo ama. Non è gelosa di noi due? Un poco almeno? E’ Beatrice a chiederlo. E voi non siete gelose di me? Un silenzio che dura più di qualche attimo. E’ Bea che parla. Per un attimo, vedendovi abbracciati, avevate fatto o stavate per fare l’amore vi avrei uccisa. Io pure, aggiunge Valeria. Poi, poi. Poi abbiamo dovuto accettare, sapevamo sarebbe successo, sempre i Padroni, oltre alle schiave hanno altre donne, delle amanti. Ed adesso, mi odiate ancora o la gelosia è passata. Ancora un intervallo muto. Ci sta passando, stiamo cercando che passi del tutto. Voi Dottoressa, non siete proprio per niente infastidita, gelosa? Neanche poco poco? Un poco si. Più che altro invidiosa di quanto siate giovami e belle. Ride. Tenete presente poi che già sapevo della vostra presenza ed in questi anni ha avuto altre donne. Non posso fare la gelosa, mi sminuirei ai suoi occhi e non voglio perdere la stima o quello che prova per me, anche solo amicizia che sia. Ma no, credo sia di piacergli, almeno un poco sia che nutra stima nei miei confronti. No Padrona,credo, sono certa che ci sia di più.

Continuano così ancora per poco perchè Francesca chiude con fermezza l’argomento. Molti altri argomenti non ce ne sono. Ho proibito loro di scendere in particolari intimi e sentir parlare di scuola o del lavoro medico di lei non mi entusiasma. Sto per chiudere quando Francesca si congratula di come il collare stia loro bene. Starebbe molto bene anche a voi dottoressa. Lei ride, fa la ritrosa ma conoscendola…Conoscendola cosa? Sono di nuovo attento. Parla del suo matrimonio durato poche ore, dice di essere stata violentata e che anni dopo ha potuto fare di nuovo l’amore perchè incitata da una amica. Il vostro Padrone mi attirava, altri mi avevano interessata ma, avevo troppa paura. La mia amica mi ha convinta che era l’uomo più dolce e paziente della terra e lo è stato, con me almeno. Alle domande delle due che vorrebbero sapere altro, tace. Su dobbiamo prepararci. Poco dopo. Cosa pensate succederà questa sera, chiede Francesca. Risolini in sottofondo, un ‘aiutami con questo gancetto’, poi la risposta. Ce lo siamo chiesto anche noi. Forse niente, ma da come Vi è saltato addosso direi che vi voglia e tanto. Forse. C’è la possibilità che non voglia solo me però. Si c’è anche questa possibilità Può benissimo chiedere che una di noi o tutte e due… restiamo a dormire con Voi. Si dorme poco in questo caso e, almeno a noi domani il sederino brucerà parecchio. Ha questa mania infatti, come quasi tutti gli uomini ma io… non la apprezzo molto. Il Padrone apprezza tutto di una donna. Lo so anche questo e non mi spiace il resto. Vedremo. Ma se ve lo chiede? Che restiamo anche noi intendo. E’ il Padrone, risponde Francesca e sarebbe certo una cosa molto interessante. Ride di nuovo. Forza, sbrighiamoci o facciamo tardi.
Con calma ripongo tutto e mi vesto. Tenerle tutte e tre? Nessun problema fisico. Non è stata una giornata impegnativa, anzi, solo eccitante. Lentamente immagino come possa essere la cena ed il dopocena…Le schiave ci serviranno a tavola. No, ceneranno con noi ma porgeranno le cose, si alzeranno loro quando sarà ne cessario. Ceneremo senza fretta, gustando le ottime cose che Ashila certo ha preparato. Prima un aperitivo però, poco alcolico, per tutti. Devo badare che Francesca, golosa, non ecceda col cibo ed io devo moderarmi con il vino. Poi, poi so già. Aiuteremo Beatrice e Valeria a liberare la stanza, tutto in corridoio. Ci penseranno le mie fide fantesche ed i loro mariti a liberarlo di impicci ed avanzi. Le schiave ci serviranno il caffè. Nude o vestite? Vedremo. Poi, no le schiave, vestite spoglieranno noi due. Noi due o Francesca per prima. Potrei far spogliare me da Francesca…deciderò poi, al momento opportuno. Userei il sederino della mia bella ospite ma ne temo la possibile reazione…l’ultima volta ha pianto. Ha detto che le avevo fatto molto male. C’è tempo, starà qui tutta l’estate. La stanza è confortevolmente fresca ma fuori fa caldo mentre sul terrazzino mi godo una sigaretta. Sarà certo una serata interessante.

E’ ancora presto e fuori fa caldo, rientro e mi avvio verso la camera dove Katra le ha ammassate per la notte. Solo nell’aprire la porta mi rendo conto di quanto sia scortese, scorretto anzi. Francesca non è una schiava ma un’ospite.Però è tardi, l’uscio è già per metà aperto su una specie di campo di battaglia e dal bagno provengono voci allegre e risate. Lentamente mi ritraggo, accosto la porta ma la curiosità la vince perchè Valeria fa una domanda: non vuole proprio dircelo quel che è successo la prima volta con lui? Una lunga pausa. Lo sapete, non dovrei…va bene.
Inizialmente provavo vergogna perchè era un uomo e non sopportavo gli uomini e non l’avevo mai fatto, ma allo stesso tempo mentre lo leccavo sentivo il suo cazzo crescere e quando ho ammesso mio malgrado: “cavolo, non pensavo che oltre i 60 potesse essere cosi duro e grande ed invece mi sembra piu duro e massiccio di quello del mio unico ragazzo, mio coetaneo, anni fa”, ho suscitato ancora piu eccitazione nell’uomo in questione che mi ha dolcemente inculata dicendo “e invece mia cara Francesca il mio cazzo ti chiude completamente la tua boccuccia da troietta”.
Ho provato vergogna ma anche tanta eccitazione e avevo sempre più voglia si succhiarlo…Per la cronaca mi è davvero piaciuto e oggi come vedete, continuo a frequentare quell’uomo. Silenzio. Chiudo e fuggo. Ricordo l’episodio con piacere anche se non è vero che l’abbia sodomizzata tanto facilmente, anzi è stata dura e continua a non piacerle

Rispondo sempre a critiche e suggerimenti, mi sono anzi graditi ed utili.

Sbrochea@yahoo.it
Dunque le avrei fatto il culo dolcemente! Ci riderei sopra se non fosse stata una situazione quasi tragica. Una donna terrorizzata ed isterica, incapace di trattenere le urla di paura più che di dolore e che, all’improvviso appunto, si era messa ad urlare tanto da farmi temere che i vicini chiamassero la polizia. Già convincerla a venire a letto con me, scoparla, mesi prima, era stato un problemino non da poco, ma sapevo cosa avesse sopportato, la violenza bestiale che l’aveva portata in sala operatoria ad “aggiustarla” per quel che fosse possibile. Avevo usata la pazienza di un santo, superando poco per volta remore e titubanze. Mi piaceva, era ed è una bella donna, interessante e colta, simpatica compagnia anche fuori dal letto. Ovviamente i colleghi e le colleghe in ospedale sapevano, cercavano di esserle vicini e questo aveva finito per infastidirla e farla vergognare, sentirsi diversa e menomata. Era diventata l’amante, la Padrona col tempo, dell’infermiera che l’aveva portata all’ospedale e poi amorevolmente curata dopo la serie di operazioni. Giulia, la mia amante già men che saltuaria e che me la aveva fatta conoscere da tempo, era stata la paraninfa. A me aveva ripetuto più volte: ti piace e le piaci, sei l’unico che possa aiutarla… Ed a lei: ti piace e gli piaci…Lo conosci, sa essere molto caro, oltre che esperto è anche paziente, gli piaci e ti piace, ed è l’unico che ti possa riconciliare con il mondo ed a tornare a vivere, se vuoi, una vita normale…Ci conoscevamo da tempo ormai, dopo qualche tira e molla, una specie di brevissimo fidanzamento di solo baci e carezze, piacevoli ma frustranti per entrambi, un bel giorno siamo finiti a letto e si è fatta scopare, ammettendo poi, che a parte la tensione iniziale e qualche doloretto, era stato meno peggio di quanto avesse temuto. Le era piaciuto insomma ed era piaciuto a me; ripetemmo l’exploit molto spesso. Era stata Francesca a volere il resto, tutto il resto. Perchè? Non lo ho mai capito. Non l’ho certo legata e violentata ed è rimasta zitta durante i preliminari più lunghi del mio solito che hanno contemplato anche una mezza scopata. Ha taciuto, è stata abbastanza ferma e tranquilla quando ho penetrato lo sfintere ben cosparso, cosa che odio, di crema lubrificante dilatante ed analgesica. Irrigidita, ma quieta mentre il glande, entrando, forzandola, la dilatava lentamente ma certamente causandole dolore, per scomparire poi del tutto nel bel sederino. Niente lavoretti dentro e fuori, mi son fermato il tempo necessario, una breve pausa per aumentare la dilatazione prima di continuare e con il suo assenso. Qualche haia, fai piano, un poco brucia, fa un pò male, nient’altro finchè non l’ha avuto nel sederino quasi del tutto. E’ saltata in aria di colpo, senza preavviso, urlando come una ossessa, spaventandomi. Gridava, mi insultava, chiedeva aiuto, dibattendosi, cercando di sottrarsi e di graffiarmi. Stava penso, rivivendo la violenza subitaa. A quel punto tirarlo via, uscirne, sarebbe stato peggio, molto più doloroso. Un colpo deciso per il poco che restava da conquistare e poi tenerla ferma, ecco cosa dovevo fare, e lo ho fatto. Una mano sulla bocca mentre parlavo per cercare di tranquillizzarla. La stessa mano, più tardi, con noi due stesi vicini a “seggiolino” le ha prodigato mille carezze ed un bel ditalino. non ha certo avuto un orgasmo ma ha cominciato a calmarsi,un poco almeno, di che poterla liberare prima del cazzo confitto nel sedere, poi delle mia braccia che la immobilizzavano. Piangeva disperata però, era a pezzi ed ho chiamato Giulia che è accorsa subito prendendo in mano la situazione. Anche Francesca ora è una mia cara amante saltuaria ed una cara, carissima amica, ma quando voglio il suo bel sederino stretto è sempre una battaglia. Più per principio che altro. Penso ogni volta che sia la volta buona, che basti coccolarla ed insistere. Bè, bisogna insistere parecchio, pressochè sempre senza successo. Sono pronte? Chiedo a Shukrì che con due dei tre mariti di casa sta finendo di sistemare i diversi piatti di portata ed i cappelloti scaldavivanda. Non so, C’è Katra con loro, finisco e vado a vedere, un attimo solo Padrone.

Vederle è un piacere. Eleganti e truccate rispettando l’età e le caratteristiche di ciascuna delle due. Sottolineando la freschezza slanciata delle forme e dei tratti del viso di Valeria, i suoi magnifici occhi, una giovane donna che si affaccia appena al mondo degli adulti con fare timido ma sbarazzino, in un abito che tutto cela pudicamente ma lascia intuire qualcosa, sognare più che intuire. Non porta il collare ma quella collana le sta benissimo. Sorride, poi torna seria volgendo il capo e prendendo per mano la compagna, Francesca che quasi le si celava dietro, come per mostrarmela. Sono attonito. C’è di mezzo certo la bacchetta magica di una fata. Francesca, amante della semplicità, del trucco inesistente, si è tramutata un donna sofisticata, più bella che mai; i fianchi fasciati da una gonna nera sono quasi peccaminosi e certamente peccaminoso è il decoltè. Senza andare oltre il buon gusto mostra un poco più del lecito, senza esagerare però. Il trucco e la pettinatura sapienti ontribuiscono a dare l’immagine di una donna sicura di sè e della sua bellezza, desiderabile, ma del tipo “guardatemi e non toccatemi”, altezzosa e persino un poco misteriosa. Anche lei sorride. Beatrice dorme, non sta bene mi dice con tranquillità C’è una mia occhiata di sorpresa, preoccupata, Francesca prosegue. Niente di serio, una bella dormita e domani sarà certamente a posto. Una bibita troppo fredda forse, il tennis ed il caldo, l’eccitazione per la serata. Forse tutto insieme. Una colica, leggera. Voleva venire a tutti i costi ma è meglio dorma. Nella mia borsa ho il necessario, i farmaci adatti, glie ne ho somministrato uno che la fara dormire sino a domani marttina. Starà già bene domani? Si ma domani qualche precauzione non guasta. Poco o niente sole, una dieta leggera, niente tennis o, o altro troppo impegnativo. Sorride al mio indirizzo ed immagino facilmente cosa intenda con quello sguardo. Mi spiace non sia con noi dice Valeria, ci teneva tanto…Avrà ed avremo, piccola, altre occasioni, su mettiamoci a tavola, dico con un cenno da perfetto anfitrione.

Splendido, perfetto.. Nel dirlo Francesca solleva il bel calice, quasi lo accarezza. Si, è tutto splendido, le fa eco Beatrice. Guardi i piatti, ed i bicchieri, il tovagliato e le posate, Padrone da dove vengono? Non mi ero meravigliato che le mie ottime per non dire eccezionali fantesche ed amiche avessero voluto che la tavola si presentasse al meglio, ma…O forse sanno cosa rappresentino per me questi oggetti, credo di avergliene parlato tanto tempo fa. Hanno voluto che riprendano vita. Sospiro, un attimo di malinconia. La cena è in effetti eccezionale. Ashila ha superato se stessa facendoci gustare piatti, meglio sarebbe dire assaggini che pur irriconoscibili ai nostri palati occidentali, sono piacevolissimi, sapidi, diversi l’uno dall’altro. Con suo marito aveva anche deciso con il mio aiuto, la successione dei vini che dovevano accompagnarli. Si, è tutto splendido e scherziamo rivangando il passato, strologando sul futuro, ridendo, di noi per lo più ed in quasi perfetta allegria. Solo una venatura di tristezza aveva attenuato il buon umore, la assenza dell’altra mia bella amante e schiava. Mi manca. A distogliermene, la vista del tavolo stesso. E’ uno dei primi acquisti fatti insieme a Maria, quasi cinquanta anni prima, ed insieme, non ricordo quando, avevamo trovato a Bruges una tovaglia adatta. E con Maria ed Angela, no c’era anche Tilly, abbiamo comprato i candelieri. Anche il resto… Abbiamo accompagnato i diversi assaggi con una degustazione dei vini leggeri che secondo le mie idee sono adatti a dirozzare il palato inesperto delle mie amate schiave; vanno educate anche a questi piaceri. Questo dolce però chiede un vino robusto, un buon passito. Peccato però…si cara, tua sorella però ora dorme e domani infierirai su di lei raccontandole meraviglie. Allora un brindisi Padrone? Si, ci vuole, brinderemo a quanti ci sono cari, presenti ed assenti. Riempiamo i bicchieri e ripetiamo insieme il brindisi. Non spiego che per me ha un significato del tutto speciale. Per il gran finale, caffè, sigaro ed un Bas Armagnac Hors D’ Age. Lasciammo la camera perchè la riordinino con comodo. Il caffè, il sigaro ed il mio liquore preferito (devo ricordarmi tra l’altro di farne il nuovo ordine al piccolo produttore commerciante francese), sono al centro di un vero rito e le piccole stanno imparando a destreggiarsi molto bene. Anche Francesca non è nuova alla cosa ma Valeria la controlla, poco fiduciosa ed attenta. Su un piatto rettangolare delle giuste dimensioni, viene versato del liquore, la quantità è importante, nè troppo né troppo poco, poche gocce comunque, un ditale. Il sigaro tolto dall’umidificatore, va fatto rotolare delicatamente tanto da inumidirlo in superficie, viene poi passato rapidamente sulla fiamma per far asciugare il liquore che sprigiona il suo aroma e ne intride il tabacco che si scalda il giusto. Bontà mia me lo accendo da solo mentre già il caffè è gorgogliato nella tazza e viene zuccherato. Per questa serata speciale il grande baloon di cristallo che le mie donne fecero soffiare ed incidere davanti ai loro occhi per farmene dono. Il maestro vetraio, ma è cristallo, ne soffiò e lavorò quattro prima di essere soddisfatto dal quinto e sbriciolò davanti a loro gli altri. Lo uso ovviamente molto raramente e Francesca non lo aveva mai visto prima. Scaldato con acqua calda, asciugato, accoglie una dose non immensa del nettare ambrato. Se mai ci fosse qualcosa dopo la morte e loro mi potessero vedere, sono certo che ne sarebbero liete, tutte e tre. Valeria ha lavato e riposto il cimelio senza permettere a Francesca di sfiorarlo. Sta per caso scoppiando una guerricciola?

La camera è pronta, il condizionatore la mantiene alla temperatura che preferisco. Vuoi restare cara o sei stanca? Francesca esita un attimo. Si sono stanca ma non fino a quel punto e guarda la piccola che poco prima sembrava cadere dal sonno. Neppure io sono così stanca risponde piccata Valeria, e poi io devo comunque ubbidire. Sono la sua schiava. Pronuncia queste ultime parole a bassa voce, il tono è neutro, la frase contiene l’intera seconda guerra mondiale. Francesca non è solo intelligente, è anche molto furba e la abbraccia. Il bagno, dice ridendo, prima le femminucce, e tenendo la piccola sottobraccio, mi passa davanti diretta alla porta. Incassano il mio inchino ridendo, di nuovo apparentemente amiche e felici. Ne avranno tra tutte e due per mezz’ora ameno. Una sigaretta, dovrei fumare di meno ma che gusto c’è a morire sani? Un bicchiere d’acqua gelata con la fettina di limone, vale lo stesso ragionamento. Mi scappa la pipì e vado a farla nel bagnetto in fondo al corridoio. Delle due nessun segno, mi spoglio, indosso la vestaglia. Non avrei voglia di fare la doccia, i denti me li sono lavati. Dalle dodici gocce miracolose nessun segno manifesto ed anzi, la cena molto più abbondante del solito e l’alcool mi hanno rilassato, anzi intorpidito. Sarebbe stato meglio inventare una palla e mandarle tutte e due in camera loro. Troppo tardi e comunque dalla porta, nuda come Dio l’ha fatta spunta Valeria. Indossa di nuovo il collare che aveva sostituito con un filo sottile di perle di un colore intonato all’abito, bigiotteria ma belle. Vieni cara, allargo le braccia e lei vi si precipita. La stanza è illuminata solo dal lume notturno a terra, ma sa baciare a memoria senza dover cosultere il libretto di istruzioni.Mi cinge il collo ed io abbasso il capo quel tanto da permetterle di posare le labbra sulle mie. Un bacio dolce che diventa poi frenetico, e dinuovo la dolcezza, la tenerezza riprendono il sopravvento. Si scosta un poco ed inarca la schiena per guardarmi in faccia, un poco provocante: Mi amate sul serio così tanto, Padrone, Davvero? Si gira un poco e si libera dal mio abbraccio senza attendere la risposta. Già la conosce. La vedo però rabbrividire. Alzo la temperatura, tu ficcati sotto. La signora Francesca sta facendo la doccia. Ci conosciamo abbastanza per farla insieme la doccia, le dico. Arriviamo subito. Entro sbadatamente senza bussare, è una serata così. Sei tu? Chi altro aspettavi? Un principe azzurro, mio caro. Un attimo ed ho finito. E’ stata una serata da sogno, peccato per la gemella. Si, peccato. Poi penso che è maestra nei doppi sensi. Vuol dire peccato che Beatrice non sia con noi o peccato che nel letto ci sia anche Valeria? Rientriamo in camera insieme e pur nella poca luce ci accorgiamo che la piccola dorme. Francesca tace, sa sentire l’erba che cresce se vuole ed ora sta attenta ai passi falsi. Sto attento pure io ai passi falsi. Non voglio casini con le mie dolcezze, non voglio dover ricorrere ai mezzi estremi, alla frusta magari, per rimettere ordine in casa, tra le mie donne. Ora fa forse più caldo e la piccola allontana il lenzuolo e la coperta leggera. La copro con la mia vestaglia e la sollevo. La porto a letto e torno. Ti aspetto amore. E’ raro che mi chiami amore ma non ci penso più di tanto.

Dorme come un sasso. E’ delizioso sentirla abbandonata fiduciosamente nelle mie braccia. Si muove un poco nel sonno, cerca la posizione giusta. Non è dolce, è meraviglioso, anche se non è una piuma. fatico a reggerla ed al tempo stessso aprire la sua porta per chiudelmela poi alle spalle senza chiasso. Anche da loro c’è a terra un lumino, sufficiente a guidarmi fino ai due materassi sui quali depongo la piccola. Recupero la mia vestaglia e la copro attento a non svegliarla, deposito infine un bacio sui suoi capelli. Aspetto un attimo ancora preso dai mie pensieri. La amo, anzi le amo, da morire. Non è solo la voglia di un vecchio di ‘carne giovane’, le amo proprio, non desidero solo possedere i loro corpi flessuosi, fare l’amore con loro. Fare sesso dicono adesso, non mi piace, o meglio preferisco dire che gli voglio bene, ma è diverso, fare l’amore ed anche scopare, chiavare, ma non c’entra, voglio bene a Valeria ed altrettanto ne voglio a Beatrice. Ma se gli voglio bene, dovrei…cercare il loro bene, la loro felicitò, aiutarle ad emanciparsi da me, guidarle, prepararle a vivere una vita normale, fare comunque a meno di loro. Interpretare la parte del nonno insomma. Troppo tardi per questo e comunque non sarei mai il loro nonno. Mi ricorderebbero sempre per quello che ormai sono: l’amante, il padrone. Lo hanno voluto loro…ma dovevo avere il buon senso di dissuaderle. Gli voglio bene e me ne dispero. E se dico, penso, sono certo di volergli bene, cosa tengo a fare di là quella stronza. In questi attimi avrei quasi voglia di buttarla fuori…Idiozie, non lo farei mai, anche solo per educazione, e poi la stimo, siamo amici. Inutile stare a tormentarmi con simili cazzate. Tenendo in mano la vestaglia mi accosto al letto di Barbara ed inciampo, quasi le crollo addosso, mi riprendo, meglio non fare chiasso, questa volta finirebbe per svegliarsi. Padrone…ssst, dormi, domani starai meglio. Cosa? Non ho capito. Parla a voce bassa ma pur sempre più alta della mia. Badando a non inciampare di nuovo torno da Bea. Scusa se ti ho svegliata, ho detto di dormire, che domani sarai guarita, starai bene. Sto bene, benissimo ed ero già sveglia. La Signora dorme? E’ tua sorella, non Francesca. Ridacchia. La dovete aver…Dovete averla fatta ballare parecchio se dorme così, io sto bene, benissimo, quella medicina mi ha sistemata in pochi minuti. L’altra…ne ho presa una sola, non due. Pur senza capire esattamente cosa mi volesse dire, mi sono steso di fianco a lei per poter parlare piano, senza disturbare Valeria poco distante, Bea però, sapesse quel che faceva o meno, col solo starmi vicino, col suo tepore, mi ha fatto eccitare. Muovendosi, girandosi verso di me lo trova e lo stringe un poco, dolcemente. Un attimo e distoglie la mano come fa spesso, come fanno spesso, e ride, un gorgoglio di gola, lo stringe di nuovo, dolcemente ancora, fa scorrere leggera un unghia con la scontata consueta conseguenza. Ottimo risultato mio dolce Padrone, non l’hanno ridotto a zero. Ridurmi a zero, spomparmi fino a farmi dire basta è il loro gioco preferito che raramente riesce. A zero cara? Per niente. Si stringe a me, preme le tettine piccole e dure contro il mio petto, mi fa sentire chiaramente i seni ed i capezzoli inturgiditi, me li sfrega addosso con dolcezza e forza, da donna esperta ed innamorata. Mi desidera? E’ mai possibile? Bea poi non è mai così intraprendente. E’ raro però che le diventino così duri. Devo andarmene, le dico. Tu non devi, devi anzi riposare. Sei off limits, sei proibita, in riparazione. Discutiamo un poco. Il culetto, spiega, meglio lasciarlo stare, ieri sera ha avuto un attacco di diarrea ma per il resto…Si, no, no si, vado via, restate un poco…La mano, calda, morbida, diabolica fa il resto. Se me lo succhia solo non può farle male. E’ diabolica con la bocca, e come sa farlo lei, in vita mia non ne ho trovate mai. Sta diventando una campionessa, e sta cercando di imparare bene a riceverlo, almeno in parte, fin dentro la gola. Steso sul letto mi sacrifico, e con piacere. Una cosa breve dico solo per scarico di coscienza, veloce. Ma con Beatrice non è mai una cosa breve, è una artista, fiera di come sappia farmi impazzire. Sa bene dove posare le labbra e come e dove passare la lingua, cosa mordere e premere o succhiare.Sa quanto gradisca certe carezze. Intuisce, sente, quando sto per esplodere ed è opportuno fermarsi e si ferma, e non una volta sola, per poi ricominciare sempre uguale e sempre divera. Mi gira intorno, si struscia, mi rigira prono e supino, in qualsiasi posizione ed in qualsiasi momento il mio cazzo è nella sua bocca o stretto o carezzato o vellicato dalle sue mani. Coglie infine l’attimo magico di non ritorno, desiderato atteso ed ineluttabile anche se la fine di tutto; rallenta, quasi si ferma e fa rallentare il tempo e lo blocca per me. Lo stringe tra le labbra stranamente fredde, rigide, attenta ad ogni mio sussulto. Alternativamente le allenta e le stringe, schiude le labbra per alitare lentamente per accarezzare, per fare, non so. Non esiste più il mondo, mi ha sollevato dal suo letto portandomi altrove, galleggio nel nulla, esiste solo il mio cazzo, il cuore che pulsa impazzito, lontano, fuori dal mio corpo, la sua bocca, le sue mani ed un dito sapete dove. Decide sia il momento di finirmi, perchè? Non lo so, mi ha detto una volta, lo sento, forse. Mi ‘finisce’ in una girandola di sensazioni e piacere che esplode inarrestabile, quasi eterno. Riemergo, torno sul suo letto. Ansimo immobile sulla schiena qusi incapace di muovermi o senza la volontà necessaria, sto godendo ancora delle sue carezze, dei diecimila baci, bacetti, carezze, succhiotti, toccatine con la lingua, per lei un interludio. Quando vuole completare l’opera, sono parole sue, divento il Padrone e lei si ritrae un poco offesa. Incredibilmente in qualche minuto dorme. Io no. Uscendo Valeria si sveglia. Le ordino di dormire. Invece è Francesca che dorme. Incazzato come una biscia torno dalle mie schiavette.

Riesco all’ultimo momento ad evitare che la porta della mia camera sbatta con un gran colpo, ci metto di mezzo il piede e la spessa suola di cuoio impedisce al piede di risentirne troppo. Non credo Francesca si sia svegliata, guardo, no, dorme come prima. Devo orinare e vado di nuovo a farlo nello stanzino dello studio. Già questi pochi passi bastano a far diminuire l’incazzatura. E poi perchè incazzarsi? Perché Francesca si è addormentata? Proprio per questo: ti aspetto, amore, e poi si addormenta, cazzo! Io però l’ho fatta aspettare un bel po’, troppo. Che cavolo, mi son fatto fare un pompino, solo metà secondo Bea, metà od intero un capolavoro. Rido, devo sbrigarmi, se no si addormenta anche Valeria, ed invece voglio farmela, cazzo. Non è facile svuotare la vescica quando il cazzo tira alla disperata, modello…non lo so, le prime gocce, un getto sottile e continuo. Sono un gentiluomo, già a metà del corridoio torno indietro a sciacquarmelo, non so, non si sa mai quali strade il mio coso percorrerà, una sosta propedeutica nella boccuccia della mia schiavetta è sempre possibile, anzi probabile. Per un attimo non vedo nulla mentre lei mi ha sentito arrivare. Solleva il busto dalla stuoia stesa sul materasso ed intravvedo il sorriso. Qualche passo e sono da lei; la vestaglia già sfilata finisce a terra mentre la dolce Valeria torna a poggiare le spalle sul cuscino, sempre sorridente, senza staccare gli occhi dai miei. Deve essersi scoperta sentendomi o vedendomi arrivare, porto l’avambraccio sotto le sue spalle, la attiro a me chinandomi a cercarne la bocca. Lei protende la mano, la posa sulla mia gamba ma non è la gamba che cerca e lo trova subito dopo. Lo stringe un poco, penso soddisfatta e conscia della inutilità di suoi ulteriori interventi. Senza staccare la bocca dalla sua, la faccio calare fino a stenderla sulla stuoia, per appagare ogni mio senso della sua bellezza. Mi sollevo a guardarla, poi di nuovo mi accosto sentendo sotto le labbra e con le mani quello che la poca luce mi ha nascosto. La lingua percorre cerchi sui seni attorno ai capezzoli induriti dal desiderio, la mano sinistra tra le cosce schiuse, poi solo le dita nel centro della sua femminilità. Un sospiro, Padrone, un altro sospiro, siete il mio Padrone, vi amo. Poi tace nascondendo il volto nell’incavo del gomito. Allarga le braccia, entrambe, quando mi pongo tra le ginocchia divaricate, mi si offre senza remore od esitazioni, porta i piedi ad allacciarsi dietro di me anzi, per darsi meglio al padrone, impugna il membro delicatamente e lo guida strusciando il glande nella sua fessura. Non so trattenermi, la voglio, ora. Un barlume, un barlume solo di buon senso vorrebbe attendessi ancora, che si bagnasse di più? E Valeria a decidere. Facendo forza sui talloni si solleva un poco ed al tempo stesso guida l’asta. Non è troppo asciutta, entro in lei con facilità, scivolo in lei, la apro dolcemente e la monto, la chiavo con lenta tenerezza, di nuovo perso al mondo ma capace di dare e ricevere amore, il modo più bello di fare l’amore. Non voglio godere, non subito. Non vorrei godere ma la natura impone anche a me i suoi ritmi. Per due volte riesco a trattenermi, a fermarla e fermarmi, non la terza. Avvertendo il piacere di nuovo vicino, ma Valeria non sembra altrettanto pronta, decido per una nuova pausa. Perché allora i fianchi si muovono, lentamente ma si muovono? Le pareti della vagina sembrano prensili, si oppongono a lasciarmi uscire, mi risucchiano per poi opporsi quando torno a penetrarla. Stringo le chiappe, é quasi peggio. No, peggio no, che anzi è dolcissimo. Eiaculo lentamente, non credo fiumi e neppure poche gocce, eiaculo a lungo senza riuscire, sarebbe impensabile, a fermarmi, immobile ora, immobile ed almeno un poco presente a me stesso. Il respiro affrettato, un gemito lieve, più che un gemito un espirare più marcato, due, tre volte, mentre mi abbatto felice su di lei che di nuovo ha nascosto il volto nell’incavo del braccio. Mi stringe, trema, si abbandona anche lei. Non oso chiederle se abbia avuto un orgasmo, sarebbe la sua prima volta. Non oso chiedere niente, non serve. Sta piangendo. Qualche lacrima che cerca di nascondermi. La attiro sopra di me, accarezzo il corpo tirpido che lentamente sembra riprendere forza. Ancora immobile, no, quasi immobile. Leggeri fremiti, cerca quasi di aderire ancora di più al mio corpo. Ora sono ben presente.No, Sogno, non posso che sognare: mi bacia e mi si stringe al collo. Al tempo stesso me lo tiene tra le labbra, mi carezza…Beatrice si è svegliata, è qui con noi. E’ sua la bocca, sue le labbra…

Più tardi, dopo una doccia in compagnia di due giovani donne stanche ma non assonnate e prontissime a ricominciare mi ritiro. Hanno giurato il silenzio con Francesca che spero dorma. Nello studio bevo un caffè con qualche biscotto ammollato, poi una sigaretta. Soddisfatto, molto soddisfatto. Non sanno neppure loro se abbiano avuto entrambe il primo orgasmo o no, ma hanno goduto come non mai, ci sono di certo andate vicino. Per molte donne un sogno mai realizzato, per altre, una rarità. La nostra cultura non dice loro che spesso a godere si impara. Infine un bicchiere d’acqua ed a nanna. Francesca dorme, dalla sua parte per fortuna. Mi stendo con tutte le attenzioni del caso, chiudo gli occhi e penso alle mie due Grazie. Ricominciano a girarmi in testa le solite idee: se le amo come posso…Ho sonno ma fatico a dormire. Un bicchierino? No una sigaretta. Mi sono guardato allo specchio. Forse non dimostro i miei settanta e passa anni ma ce li ho e certo non sembro un giovincello e neppure un cinquantenne. I capelli sono folti ma candidi e non intendo tingerli come non intendo farmi tirare la faccia per nascondere le rughe. Non tante ma ci sono. Per il resto gli esami tre volte l’anno vanno bene, come la pressione e le pulsazioni. Ma l’ anagrafe…è freddamente impietosa. Si gira, poco dopo si gira di nuovo e si accosta cercando il caldo del mio corpo, La finestra è aperta e l’aria esterna è frizzante . Forse gira qualche temporale. Mi sono addormentata, dovevi svegliarmi, sono le tre, io…dovevi svegliarmi. Lascia perdere cara, chiudo la finestra. La chiudo io, vado un attimo…I soliti pudori femminili, vengono a letto con te e si vergognano a dire che devono andare a fare la pipì. Era stata sempre superiore a queste sciocchezze. Quando torna ho appena spento la sigaretta, non era solo pipì. Infatti mi abbraccia e sa di saponetta. Esito un attimo, ho fatto l’amore quattro volte…ma il tepore del suo corpo profumato mi fa effetto, e come. La carezzo, ed è un corpo diverso da quelli che ho stretto questa sera, forse persino più …voluttuoso? Certo di una donna e non di una ragazzina. Dormono? Penso di si, rispondo. E’ la verità a quello che so. Baci e carezze più esperte. Si stacca un attimo da me. Stanno bene con il collare, parlo di estetica solo, non entro nel merito del resto. Staresti anche tu bene con un collare. Per portarmi a fare pipì? Ridiamo entrambi. Perché no. Sei almeno pazzo. Io… tu? Non potrei mai accettarla una cosa del genere. Eppure ti piacerebbe e piacerebbe anche a me. Ti piacerebbe cosa? Possederti, saperti, sentirti completamente mia. E frustarmi. Anche. Mi è scappato e temo si infuri, invece di nuovo mi abbraccia. Non oso proseguire Pensavo inoltre che lunghi preliminari mi sarebbero stati indispensabili. Non è così. Piacciono ad entrambi le coccole e per questo sono piacevolmente lunghe, quasi estenuanti, mi accorgo ben presto che non avrò problemi. La scopo come piace a lei ed a me, ci conosciamo bene. Alternando cioè foga e dolcezza, momenti di languore ad altri di quasi frenesia. La faccio stendere prona, e le entro nel sesso. E’ il momento del piacere. Graffia il cuscino mentre geme rumorosamente, ansima. Si abbandona esausta ma non doma. Vuole godere ancora e non sa dei miei slanci con Bea e Vale. Temo di fare cilecca ma poche carezze bastano ed avanzano, non farò cilecca… Un poco di prudenza non guasta però. Le coccole sono ancora più lunghe e nondimeno più dolci, la prendo con freddo calcolo, badando a portarla sempre più in alto, anzi a farla sprofondare, ad uscire di testa. Esco di testa io invece. Questa volta non riesco a trattenermi. Sono io a uscirne sconvolto, incapace per qualche momento di connettere. Anche Francesca è andata in cimbali però. Ti amo, si ti amo. Sono tua, poi piange. Le invidio, dice più tardi, lo mormora piano, quasi solo a se stessa. Incredulo cerco di capire. Ti amo e voglio…essere…appartenerti. Mi viene in mente quanto ha detto alle mie bambine poche ore fa. Non voglio innamorarmi, amo troppo la mia libertà. Le parole non sono queste ma lo è il succo del discorso. La vedo già con il suo collare rosso, la vedo gemere, la vedo procedere lungo i vialetti a guinzaglio e quel che vedo mi fa impazzire di gioia. Sarai mia, sei già mia. Non mi è difficile possederla di nuovo. Viva le goccine! Ansima rumorosamente, si Padrone, così, così.

Non si trattiene più la bella Francesca. Ti amo, mi dice, me lo ripete più volte, sono tua. Non farmi male, per piacere, ho paura.
La tengo sopra di me, completamente rilassata, il cazzo del padrone ben infisso nel suo pancino che di tanto in tanto sussulta nel sonno. Sogna? Forse. Mi ha chiesto, quasi intimidita che ne sarà di lei.
L’ho baciata senza rispondere ed ha accettato il bacio con slancio e tenerezza. Non ha detto di voler essere mia schiava, ma come dovrei interpretare le sue parole? Come dovrei interpretare quello che mi ha detto di Giulia? Perché se potessi avere anche Giulia, se le potessi avere tutte e quattro, non ci sarebbe limite alle mie ambizioni, ai miei sogni al mio futuro.
E’ brutto svegliarsi con la bocca impastata, impestata anzi. Questa notte ho veramente esagerato. Le gocce? Anche quelle, forse. Mi sono state prescritte però da un ottimo medico e specialista della materia. Un medico di cui mi fido e che mi segue da anni, mi conosce dentro e fuori. E ne ho presa solo una mezza dose. Mi devo essere addormentato verso le tre, comunque poco dopo e sono le dieci passate. Ho dormito sette ore, più che abbastanza, anche troppo. Finisco la colazione veramente esigua, un passaggio in bagno e con i denti lavati ma la barba lunga scendo in piscina dove so di trovare le mie due grazie. Due o dovrei dire tre? Smettono i loro giochi d’acqua e mi si fanno intorno allegre. Non mi chiedo neppure se ci sia stata qualche confidenza di troppo. Ho chiesto, ho anzi ordinato alle gemelle di non dire una parola di quel che è successo da loro ed altrettanto ho chiesto a Francesca, sia pur in modo diverso. Beatrice e Valeria sono piuttosto riservate, persino tra loro e Francesca lo è, al momento, ancora di più. Quello che fatica a tener nascoste le cose, se mai, sono io. Muoio dalla voglia di mettere il collare alla mia terza schiava, penso che le donerebbe moltissimo, sarà dolce, infinitamente dolce disporre ‘ufficialmente’ di lei. Tre schiave e…nonostante sia appena uscito dall’acqua che certo non stimola certe cose sento il pene appesantirsi, sempre più gonfio di sangue: già, c’è Giulia poi, Francesca ha detto seria seria che Giulia ha cominciato a girare alla larga temendo di attaccarsi troppo a me, ti ama caro, almeno quanto ti amo io, stando troppo vicino al fuoco temeva di bruciarsi, ed invece è successo a me. Io ero certa non potesse succedermi. Avevamo fatto l’amore godendone entrambi oltre il consueto, molto oltre il consueto; stavo con qualcosa più delle spalle appoggiate alla testata del letto tenendola tra le braccia. Qualche carezza, qualche bacio appena sfiorato ché, in quei momenti, una impercettibile stretta, una parola sussurrata, valgono più di qualsiasi sapiente carezza erotica, o di liriche proferte d’amore, quando il tempo non esiste e non esiste nulla oltre la donna che hai tra le braccia e tu che la stringi. E’ anche il momento dei pensieri in libertà che si fanno parola. Ti amo, caro da sempre. Era stata per qualche attimo in silenzio, poi aveva parlato di Giulia, rompendo per un attimo l’incanto. Ora però l’incanto si è definitivamente infranto. Sono solo, le sento ridere sotto l’altra doccia che prediligono perchè almeno tiepida. Come devo prendere le sue parole di questa notte: sono tua e lo sarò finché mi vorrai, senza condizioni…ho paura…non farmi male…sarò quello che desideri, io…Non ha detto che mi si dà come schiava, questo no. Posso aver capito male, di certo, a volte si scambiano i desideri…no, assolutamente no. Tanto lei che io conosciamo bene l’italiano. Tutto preso in questi pensieri non bado al tempo che passa e quasi mi sorprendo sentendo le loro voci avvicinarsi. Vi abbiamo portata dell’acqua, Padrone, se preferite un aperitivo…ma si, Padrone anch’io berrei un poco di vermut. Allungato però, dico a Valeria, e per tua sorella decide lei. Indico Francesca che annuisce. Un piccolo sorso di vino e acqua non le farà male, ha dormito tutta la notte e sta meglio. Niente tennis, niente faticate al sole però. Mi son permessa di dire ad Ashila qualcosa su quello che Beatrice deve mangiare, almeno per oggi. Poi, mentre aspettiamo ci venga servito il pranzo, Francesca trova modo di parlarmi un attimo. Quando glie lo direte? Diventa rossa, un cenno con gli occhi, le due sono piccole streghe, lo imparerà, non rispondo anche perchè non so cosa rispondere. Un accenno di Shukrì al fatto che siano entrambe pallidine mi consente di mandarle a riposare. Nella calura del pomeriggio, sia pur mitigata da un filo d’aria dorme anche Francesca e quando si sveglia non è affatto contenta che l’abbia lasciata dormire. Nessuna protesta, un gesto di disappunto appena accennato.
Si rende subito conto dell’errore. Una cosa da poco per una adepta così recente. Ma devo punirla. Proprio per la nostra lunga dimestichezza il suo nuovo stato deve essere messo in chiaro e sottolineato sin dall’inizio. Nello spogliatoio, le dico, aspettami in ginocchio. Batterla, certo, la frusta. Che altro? Anche lei ne è convinta ma proprio per questo decido per una punizione se mai peggiore, conoscendola, conoscendone l’orgoglio ed il ritegno, il pudore. Una passeggiata nel parco.
Una semplice e piacevole passeggiata lungo i sentieri ombrosi del parco, cara. Vorrei spigarle che fosse implicito che mi attendesse in ginocchio, e lo ha fatto, ma senza il costume che invece ancora indossa. Dall’armadietto che solo io posso aprire anche se non ha serrature o lucchetti, tolgo il collare e vado a sedermi sulla panchina facendole segno di raggiungermi. Francesca si arresta davanti a me, chiaramente non sa cosa fare. Io invece esito, temo ancora di spingerla, per la fretta, ad un rifiuto. Un timore infondato. Devo togliermi il costume, un attimo di esitazione, poi, per la prima volta, Padrone? Lo mormora appena. Si, certo, poi inginocchiati. Si passa la punta della lingua sulle labbra aride per la tensione. Mi è cara , questo è certo ma la desidero solo oppure la amo? Non lo so ed è importante, per me, almeno. Acquisto una bella schiava, questo è altrettanto certo, perdo però una cara amica. Lo ripeto a voce alta, quasi sovrappensiero, anche se in realtà la decisione è già stata presa da lei e da me. Gli occhi, specchio, dicono dell’anima, sono belli se pure non quanto quelli immensamente belli di Bea e Valeria. E’ già la mia amante, conosco anzi il suo corpo più e meglio di quanto conosca quello delle gemelle. Sarò, amor mio, quello che voi vorrete, sempre. Se mi concederete anche il diritto di esservi amica…no, voglio dire…quello che provo per Voi va oltre l’amicizia e la comprende in sé. Se mi volete come schiava, se mi accettate come schiava, dovete accettare anche la mia amicizia, fa parte del pacchetto. Penso che non sarà facile per me. Probabilmente mi procurerà qualche guaio, ma non so, non potrò fare diversamente. Mi commuove, tanto che per un attimo penso di rinunciare a punirla, ma non si può. Non devo. E’ una tua decisione. Mettitelo, da sola. Nessuna esitazione. Come vedi si può slacciare senza chiave, come gli altri, ma preferisco che lo portiate sempre. Può darsi che la convivenza con le altre due possa causare qualche problema, sta a te, più esperta, fartele amiche, mai complici però. Non so che altro dire, sono emozionato e vorrei chiedere conferma di quanto a detto di Giulia. Ogni cosa a suo tempo, più tardi, domani, oggi è la sua festa. Anzi, istituirò una festa speciale, che non esiste, una specie di compleanno del giorno della schiavitù di ciascuna di loro.
Mi trotterella a fianco,un poco zampettando, nonostante le infradito, sulla ghiaia fastidiosa. Abbandoniamo la stradina per uno dei sentieri appena tracciati che portano al laghetto, una pozza in realtà, ma piacevole. L’ho scelta come meta per non mostrarla a nessuno in questa prima sortita di ‘pipì della cagnolina’. Incontriamo invece Shukrì e tutta la famiglia, cioè Shukrì, il marito. Le due figlie ed il maschio secondogenito. La minore delle figlie distoglie gli occhi senza salutare la schiava, per gli altri, dopo un cenno di saluto Francesca diventa trasparente. Mandami per piacere…si dottore, subito. Poi, senza attardarsi e senza affrettarsi, continuano la loro strada ed io la mia. Ora il sentiero si è fatto ancora più stretto e lei ancheggia due o tre passi davanti a me, notevole spettacolo.
Mamma ha detto di portavi anche questo. Sono le due ragazze ed a parlare è la maggiore, sui venti anni. Continua, ho detto alla mia schiava sentendole arrivare. Tutta irrigidita ha continuato e si è fatta trovare con il pisello in bocca. Continua a succhiarmelo mentre quelle stendono il telo e gonfiano i cucini. Ora la piccola, osserva attenta finché la sorella non la richiama. Non avete goduto. No, voglio riservarmi per il tuo culetto. Vedrai che in poco tempo diventerà comodo e per te, se non piacevolissimo almeno non doloroso. Non sono certo del poco tempo ma mentire ad una schiava è lecito. Non credo ne sia molto convinta e spero non sappia in che modo vergognoso abbia usato la prima volta il buchetto di Valeria. Attira il mio sguardo un albero abbattuto dal vento e scortecciato; e che mi deve fregare di un vecchio albero? C’è Francesca, non l’ho mai desiderata tanto, tenerla tra le braccia, carezzarla, baciarla è fantastico e fantastico sentire il suo corpo abbandonato fiducioso. No, certamente ha paura, ma nasconde alla perfezione la sua paura. La faccio montare a cavalcioni del tronco, ho capito perchè lo avessi notato. Rivolta verso la chioma ormai spoglia, la testa posata sugli avambracci, mi offre la bella visione del culo e l’accesso ad entrambe gli orifizi. Non ricordo di essere mai stato tanto eccitato, di averla desiderata altrettanto, di sentire così pressante l’esigenza di possederla. Schiava, mia, totalmente sottomessa od ogni mia esigenza, disposta a sopportare paura e dolore. Forse è anche amore ma di certo è un desiderio folle. La voglio…ecco, il modo giusto di dirlo è che la bramo, come un animale in calore. Cerco con la mano il sesso umido per le precedenti carezze. Trovo il clitoride discretamente in bella mostra, ma penetrare quel culetto ‘demie vierge’ nel mio stato di eccitazione, gonfio quanto non mai, significherebbe lacerarla. Recupero un poco di buon senso e poggio il glande tumefatto e completamente scoperto sulla bella fica che mi accoglie. Un suo sospiro si assesta: abbondantemente ed efficacemente irrorata dei suoi umori entro con relativa facilità. Voglio goderla nel sedere senza farle troppo male, cominciare ad allargarla a modo mio. Mi prefiggo di farla godere, non dico fino all’orgasmo che è sempre un dono di cui non si può essere certi ma almeno avvicinarla, farla bagnare abbondantemente, predisporla, insomma. Richiede necessariamente una totale mia attenzione, non devo commettere l’errore di lasciarmi andare. Entro nel caldo rifugio, ne esco un poco per poi rientrarvi, sempre più a fondo e sempre più facilmente. Francesca a lungo quasi immobile comincia muoversi un poco. Più fremiti che movimenti, poi solleva le anche, si muove, mi asseconda e sento il suo respiro farsi sempre più corto, si scuote, appena appena, di nuovo si scuote, di più. Sto per godere pure io, non devo, non voglio eppure accade…mi trattengo per quel che riesco, sarà sufficiente.
Mentre il respiro di entrambi rallenta e si fa quasi normale, non smetto di carezzarla, sono ancora in grado di entrare nel suo sesso che non sembra adombrarsene, anzi. Raccolgo i suoi umori misti al mio seme e con qualche acrobazia ne umetto il grumo di carne contratto tra le chiappe. Ne conosce il motivo. Non fatemi troppo male, Padrone. E’ stretta come la ricordavo ma il glande, pur dovendola forzare non trova troppa resistenza. Si dilata e conquisto mezzo centimetro, poi ancora un poco ed ancora un poco. Spingi schiava! Lei fa quel che può ed il glande è tutto dentro e necessariamente sta già allargando lo sfintere interno. Il più è fatto, bella, adesso un po’ di pazienza. Sono paziente, evito i giochini del tipo dentro e fuori, ci sarà tempo anche per quello le prossime volte. Quando sente le mie palle tira un respiro di sollievo. In effetti è dentro sino all’elsa. Qualche attimo, qualche minuto anzi, steso su di lei almeno in parte e badando a non gravarle troppo addosso, poi esco lentamente. Prima che il muscolo si contragga sono di nuovo dentro il caldo ed accogliente ricettacolo, senza difficoltà. Non riesco però a trattenermi, la bestia forse non ruggisce ma certo dentro di me si agita. Le chiavo il culo. Un guanto che d’improvviso mi strizza. Basta questo. Comincio a godere e non mi fermo sino alla fine, alla mia fine, fin quando cioè non sono del tutto prosciugato. La tengo tra le braccia sul telo, mi ha lavato ed ho usato quello che c’era anche per il suo culetto bistrattato. Mi brucia un poco, solo un poco, poi di sua iniziativa si stringe a me, mi bacia. Vedrete che imparerò, diventerò forse brava come Valeria e per il resto…rido e penso che non sono poi state così discrete. Sulla via del ritorno mi dice con una occhiata provocante che deve fare pipì e si accoccola senza falsi pudori. Prima di arrivare alla piscina facciamo il bis.
Scopa come una dea, fa ottimi pompini da sempre e sembra disposta ad imparare ad usare bene anche il culetto. Molto bene. Forse non ne sono innamorato ma….chiava da dio e devo farmi ripetere la faccenda di Giulia. Solo una cosa. La voglio mettere a dieta, dieta e ginnastica, deve perdere qualche chiletto. In casa incontriamo le gemelle che stanno dirigendosi all’hammam. Per prima cosa vedono il collare, poi mi sentono chiedere a Katra di farle una peretta sfiammante. Non serve altro. Sono tutte e tre felici. Lo sono anch’io. Modestamente mi sento un dio. Per metterla in pari devo trovare il modo di frustarla, ma una scusa si trova quando si vuole. E non mi sento carogna. Ho tre schiave e quella che ora desidero, la quarta secondo Francesca è una possibile candidata.
Pochi giorni, meno di una settimana e Francesca si è imposta sulle gemelle. Non so come, se pure è accaduto tutto sotto i miei occhi. E’ la più sottomessa ed al tempo stesso la più…volitiva ed indomita delle tre. Qualche giorno fa, senza motivi concreti, ho deciso di punirla, di smorzarne l’intraprendenza che temo, cosa temo? Non lo so. Comunque ho usato lo scudiscio, lo sverzino a lungo, con forza, fino alle lacrime e poi alle grida di dolore a stento e solo in parte trattenute. Mi ha chiesto perdono! Di nuovo non so il perchè, però lo sa lei. Beatrice e Valeria, intimorite dal fatto, letteralmente strisciano, in silenzio. Fa caldo ed il gazebo non è l’ideale per pranzare in luglio, ma ormai è tutto pronto. Le mie schiave, me ne compiaccio, sono belle, innamorate, ed io le amo. Si, ne sono innamorato. Anche di Francesca? Non so darmene una risposta. Certamente la desidero…amarla? E’ una cosa diversa. Forse la amo…in modo diverso. Diverso? E’ possibile? Di certo non temo mi sfugga, non lei, la sento mia, totalmente mia, ma anche loro sono mie. Steso e comodamente appoggiato sui cuscini aspetto. Mi hanno preparata una sorpresa con l’aiuto delle mie fantesche. Una serata nell’harem, una cena anzi. Decisamente di fantasia. So che il Padrone non cenava con le sue donne. So che la loro Legge vietava di giacere con una donna in presenza di altre donne. So che dopo aver fatto l’amore, la schiava o la moglie, secondo i luoghi ed i tempi, si ritiravano e l’uomo dormiva da solo. Certo le regole sono fatte anche per essere trasgredite, ma quello che sta succedendo è più simile alle fantasia di un cineasta americano che alla realtà. Non mi spiace però. Indico di volta in volta il boccone migliore mentre mi chiedo chi di loro sceglierò per il mio piacere. Sono bellissime, eppure, sono meno eccitato di altre volte, dalla loro nudità, dalla perfezione delle loro forme, dalla loro totale condiscendenza. Le voglio tutte ed in tutti i modi e siccome è impossibile non attiro nessuna di loro accanto a me. Più tardi, mentre Bea e Valeria dormono poco discosto, prendo tra le braccia Francesca, la stringo, la carezzo baciandola dolcemente. Sospira e poi geme di piacere per le lunghe lievi carezze, Geme e sussulta ancor più quando la penetro e la possiedo lentamente godendo del suo ventre stretto ed accogliente. Sei mia, le mormoro. Piange. Grosse lacrime scendono lentamente dal suo ciglio. Sono vostra, e voi siete il mio Padrone, da sempre. Non volevo, pensavo che avrei saputo nascondervelo ma… Sorride tira su col naso, ma vi amo troppo ed esservi schiava, appartenervi, è la mia aspirazione, il maggior desiderio della mia vita. Sei mia, ripeto, un poco commosso. La stringo con mal celato affetto, con dolcezza. Si, la amo, amo anche lei, è proprio la mia Francesca, eppure non oso confessarlo, non dico nulla, solo la stringo con più forza, forse capirà. Più tardi, non so quando, si solleva a guardare le sue compagne immerse nel sonno. Sono, io sono vostra, anche loro ed anche Giulia. Non persone ma oggetti, vostri oggetti, solo oggetti, cose. Una vera schiava è una cosa, un accendino, delle automobili o solo racchette da tennis. Da usare e se ve le chiede un amico, anche da prestare.

Fin da ragazza ho sentito il desiderio, no, non il desiderio, come dire, sentivo dentro di me l’esigenza di appartenere…a qualcuno. Una necessità forse, no, sarebbe stato troppo, non so bene come dirlo perchè non lo capivo se non in parte. Ero troppo piccola. Crescendo poi ho cominciato ad intuire, a capire meglio, poco per volta. Come loro due d’altronde, e come Giulia. Per questo, anche per questo, siamo diventate così amiche. Per questo Giulia non ha voluto…continuare con voi, Padrone, aveva paura, troppa paura, ormai sapeva che vi avrebbe ubbidito in tutto e per tutto, fino in fondo. Aveva paura come me, conoscendovi forse meglio di me, che ne avreste fatto…loro due ancora non lo sanno o non gli è del tutto chiaro, ma anche loro non metteranno limiti alla loro sottomissione, come me, perchè vogliamo esservi schiave. Volendolo non temiamo il resto e comunque lo accettiamo
E’ notte ormai. Stanche, stravolte da una lunga giornata all’aria aperta dormono nella loro camera mentre, nella mia, stringo una Francesca che mi è estranea, sconosciuta e che ho chiamato a dividere il mio letto nonostante sia pure io stanchissimo, solo per sapere. Non abbiamo neppure fatto l’amore! Ero troppo preso dalle sue frasi sconclusionate, prive di senso. E’ disposta ad arrivare alle più estreme conseguenze. Quali estreme conseguenze? Lei e le gemelle. Ma sono già mie schiave, accettano qualsiasi cosa, hanno già accettato qualsiasi cosa. Tutte e tre, e secondo lei, Giulia, anche Giulia…potrei avere anche lei, quando voglio, dice. Sono troppo teso, non riesco a prendere sonno. A più di settant’anni ho tre amanti, tre schiave, dicono loro, anzi quattro secondo Francesca. Basterebbe, schioccassi le dita. Non ci credo. Proprio non posso crederci. Abbiamo vissuto in pratica insieme, Giulia ed io, per un brevissimo periodo, poche settimane, meno di un mese, poi…non ci siamo proprio lasciati, ma da allora siamo solo amici che di tanto in tanto, troppo raramente per me, fanno l’amore. Non ho mai potuto disporre di lei come dispongo ora di queste tre donne. Non intendo il collare e la frusta, tanto meno le passeggiate per la pipì. Giulia di certo ad una proposta del genere mi avrebbe incalcato in testa fin sotto le orecchie un pitale. Francesca però la conosce bene, sono intime da anni. Per caso sono state amanti? Non lo so, non capisco, perchè di punto in bianco separarci? Cosa temeva da parte mia? Non dormite, padrone? Volete che io, oppure se lo preferite chiamo una delle ragazze o tutte e due. No cara, pensavo…ho parlato troppo, Padrone. Perdonatemi.
Hai detto un mucchio…esito. Di verità, credetemi. Vorrei crederti, ma. So che Giulia vi è sempre piaciuta molto, moltissimo. Ne ero e ne sono persino gelosa, anche se la gelosia per me è ormai vietata, ma sotto sotto, in fondo al cuore la temo. Sembra quasi vergognarsene. Non temi che voglia spingerti a quelle estreme conseguenze di cui parlavi? Si, mi fa orrore e contemporaneamente lo desidero, è possibile? Forse, rispondo. Contemporaneamente continuo a cercare di immaginare a cosa possa riferirsi. Vedete, padrone, per una donna, darsi all’uomo che ama è bellissimo. Quando poi, come nel nostro caso, è il nostro padrone, non ho, non so come dirlo, mancano le parole. Essere sua, dargli piacere, appartenergli oltre qualsiasi limite… Io continuo a non capire? Cosa potrei mai pretendere più di quanto già ora non ottenga da loro? Ecco perchè mi sento un oggetto, un gingillo di cui voi potete disporre come vi piace. Già ora dispongo di voi in questo modo, ed aggiungo: quasi. Per una donna la maggior prova d’amore e di sottomissione è appunto quel quasi. Essere date ad altri uomini, dice con un filo di voce appena. Questa è matta. Per non andare oltre la bacio e Francesca si offre con languore ed al tempo stesso passione. Usa tutto il suo corpo per accarezzarmi, ogni orifizio per eccitarmi: la bocca esperta, il sesso, ed infine mi offre, so con dolore, il sederino ancora poco esperto ma volonteroso che dilato forzandolo un poco rudemente per l’eccitazione cui mi ha portato. Non voglio farle troppo male ma non so proprio trattenermi. Geme piano e si inarca, morde il cuscino prima di abbandonarsi. Darle ad altri uomini? Ma siamo matti? E’ l’unico modo per avere Giulia, dice. Non ci credo, non voglio crederci.
Certo non darei mai una delle mie amanti che amo ad un altro, neanche per un solo bacio od una carezza. Le amo e tra le altre cose temerei di perderle.

Questa mattina ho detto di dover lavorare. E’ una balla. Aspettavo il medico mio amico che mi cura da quasi venti anni. Evito sempre di raccontare alle mie donne delle mie miserie di vecchio. Lo ho salvato venti anni or sono da un brutto affare, un pessimo investimento, e siamo diventati amici. Viene per i periodici esami ed il prelievo relativo. Sa delle scimmiette o meglio della sindrome. Niente figli ma un cazzo d’ oro, ha detto anche oggi. Sono parole sue. Ha capito qualcosa delle gemelle, ho dovuto accennarne per forza, ed io so di sua moglie, una moglie molto sottomessa ed ancora della bella ragazza alla pari che tiene schiava. Qualche suo timido accenno nel corso del tempo.Ne abbiamo parlato quasi del tutto liberamente per la prima volta solo oggi. A me di donne ne bastano due ed è già tanto badare a due, mi dice, non ho incontrato gli alieni, o meglio non ho la tua…sindrome. Figli non ne ho avuti lo stesso. La maggior parte dei miei ‘amici’ ne ha una sola di schiava e spesso passano mesi a cercare la sostituta della precedente di cui si sono liberati o di quella che li ha piantati. Adesso con la dottoressa come va? E’ agli inizi, gli dico, ieri sera mi ha fatto inquietare e le ha prese di santa ragione. E’ qui da più di un’ ora. Gli parlo della idea balzana di Valeria ma lui non la trova poi così balzana come idea. E’ normale, quasi tutti lo fanno, dice. Lo guardo perplesso. Si, io pure, di tanto in tanto almeno, agli amici, agli ospiti, sai è una consuetudine. Siamo passati al tu dopo vent’ anni gli faccio notare e ne sorridiamo entrambi. Anche…non oso continuare ma capisce. Si, certo, anche Luciana. Fa scopare agli amici anche sua moglie! Ti racconterò come Luciana sia diventata una schiava, ma non oggi, devo andare. Adesso, solo, lavoro al computer. Faccio passare il tempo più che altro.
Siedo davanti ai monitor e seguo le fasi salienti delle operazioni, spesso il sunto di un sunto di un sunto che balugina per un attimo. Pigiama estivo di cotone leggero a mezza coscia ed a tiro il necessario per sopravvivere se non ad un cataclisma come quello che ha eliminato i grandi rettili…scemenze, o seguo quel che succede o vado a fare il bagno. Resto ma seguire una batteria di PC molto avanzati che elaborano dati…ci riesco ma…poi mi perdo. Rinuncio a seguire tutto quello che mi viene mostrato, è troppo, il mio è un normale cervello umano. Un modello vecchio oltretutto. Ormai la parte che poteva dare qualche sorpresa è superata, resto per tenere il punto: devo lavorare ho detto alle schiave. Ma devo rendere loro conto di cose del genere?

Dei passi affrettati sulla ghiaia, aspettatemi voi due… è Valeria, una risata felice. Vanno in piscina probabilmente, forse vengono dal campo da tennis oppure ci stanno andando. Sono contento di sentirle così spensierate, e la presenza di Francesca dopo qualche giorno di sospettosa perplessità piace anche alle gemelle. Piace sempre di più anche a me.
Dio quanto le amo. Tutte e tre, si, tutte e tre. Sono le teorie espresse senza mezzi termini da Francesca a darmi da pensare. Mi ero convinto che tenere le gemelle ed ora Francesca in un giusto equilibrio tra dolcezza e durezza, non so esprimere meglio il concetto, sarebbe bastato a tenerle con me per il tempo che mi resta. Molto a lungo mi ha detto il dottore poco fa ma io ho risposto che il tempo non è tutto. Senza salute…Per ora non hai da lamentarti di certo e con qualche attenzione c’ è rischio di seppellire…Francesca non è d’ accordo su l’ equilibrio, su come tratto le mie ‘pupille’. C’ è, secondo lei, una linea ben precisa. Se non voglio perderle, se voglio avere la certezza che saranno sempre mie ed appassionatamente succubi devo superarla. Se voglio tenere anche te? Ha esitato un attimo, ha sorriso. Perché no. Tutto è possibile, meglio premunirsi dice con un sorriso un poco strano, timoroso forse o sintomo di vergogna. Comunque sarebbe una linea rappresentata dalla sottomissione totale della donna schiava che accetta anche di dare ad altri il proprio corpo per amore del suo padrone. Dovrei ordinare loro di farsi scopare da altri solo per un mio capriccio? Non scherziamo. Poi io questo capriccio non ce lo ho proprio. Però, sentirmi loro padrone sentire di possederle in modo totale, completo ed oltre ogni convenzione…diabolicamente bello ma poco credibile! Ieri sera se non avessi chiuso le finestre la sentivano per un chilometro intorno. Il bavaglio, devo procurarmene uno che funzioni, e mentre, nonostante il bavaglio…va bene. Mi sono sentito veramente grande, onnipossente e veramente suo padrone. Avere una schiava significa anche questo? Per un attimo avevo pensato di si. Però… anche tenere una donna al guinzaglio, completamente nuda e magari ordinarle di fare pipì mentre discuti col giardiniere di come potare una siepe…e poi possederla mentre lui a due passi continua il suo lavoro fingendosi indifferente… usare la frusta, d’accordo solo lo sverzino, sentirla gemere e talvolta chiedere perdono per qualcosa che neppure so. Possederla, sodomizzarla ancora dolorante ed in lacrime. Tutto questo è nuovo per me. Mi esalta però fino al parossismo. Solo il pensiero me lo fa diventare duro. E poi adesso penso a Giulia, alla possibilità cui credo ben poco però di averla in mio potere… Giulia che mi ha snobbato a lungo, concedendosi di tanto in tanto solamente, facendomi passare ore, notti intere a chiedermi il perché. La amo, la amo e la voglio, forse è persino voglia di vendetta la mia. Sto cambiando? Con Maria, con Angela e Tilly era diverso. Era un gioco soltanto, un gioca di amanti innamorati. Da parte mia almeno perché Maria a volte usava lo ‘spago’ e con durezza. Manteneva nel mio gineceo un ordine quasi ferreo e, sia pur raramente sapeva terrorizzarle con uno sguardo. Raramente, agli inizi dopo avermele messe nel letto, lo “spago” lo aveva usato.
Giulia poi. La avrei strangolata mille volte quando rispondeva al telefono indifferente ed insofferente, annoiata dalle mie proposte di vederci, di cenare insieme…simulando, dice Valeria che la conosce e ne è amica e confidente da sempre. Ho tre donne, tre schiave. A letto le gemelline basterebbero e come. Mi accorgo con meraviglia che ho infilato la mano sotto i pantaloncini, me lo sto accarezzando. Tolgo la mano non inorridito ma…stai rincitrullendo amico mio. Con tre bellezze in casa e disposte a tutto cominci a farti le seghe? Seghe no ma, ecco, seghe mentali di certo. A letto una sola di loro, due contando assenze, malattie od impegni, sarebbero più che sufficienti. Sono molto volonterose ed ovviamente non possono negarmi nulla. Ovviamente? Mica tanto ovvio! Magari domani… Se un giorno mi dicono che posso andarmene al diavolo e se ne vanno? Non posso legarle, imprigionarle. Mi piace averle attorno, mi basta sentirne la voce, vederle in distanza, sapere soltanto che tra poco le vedrò…Giusto, ho finito ed ho voglia di vederle. In bagno mi guardo allo specchio e quello che vedo non mi piace, non del tutto almeno. Non mostri i tuoi anni mio caro ma ce li hai. Sfioro il taglio superficiale che Francesca mi ha fatto stamane radendomi. Sta imparando anche questo ma certo non avrà mai il tocco meraviglioso delle mie servanti e dei loro mariti, frutto di decenni di esperienza. Indosso un paio di pantaloncini e la camicia, ci penso un attimo e la sfilo, vedano pure le mie grinze, tanto le conoscono a menadito. Ci ripenso e me la infilo di nuovo. Me ne frego ma…una, Valeria, è giovane, meno di quaranta anni, le altre due poi…ragazzine. Eppure si sono date a me di loro iniziativa, accettano tutto, dal venire a letto con annessi e connessi fino a darmisi come di volta in volta preferisco e dove preferisco, anche all’aperto ed in pubblico, dove almeno corrano il rischio che poi si concretizza molto spesso di vedere ed essere viste dai miei fedeli servitori. E non protestano, non si lamentano neppure quando pensano che non le senta. Sono contente, contente forse no, accettano però di farsi fare il culo anche se la cosa comincia solo adesso ad essere meno dolorosa per Valeria e solo fastidiosa quando ci do dentro troppo, per le gemelle. Io sono, felice, di tutto, da quando sono diventate mie ‘ospiti’. Chiavarle, godermi le gemelle e godermi Valeria. Due tipi diversi di femmine, Valeria però…ma no, amo anche lei e se pure amo di più le piccole, mi fanno più tenerezza…però anche Valeria…Un groviglio di pensieri nei cui meandri rischio di perdermi. Seghe mentali appunto. Ed ieri sera la ho frustata e mi è piaciuto. Una punizione severa e Valeria ha chiesto scusa con una voce rotta dal pianto, prima e dopo la battuta. Scuse di cosa? A ginocchia aperte sul letto, la testa appoggiata agli avambracci ha poi aspettato pazientemente sia pure piangente ma pronta, lo sapeva bene o forse lo avevo anche detto, pronta per quello che sapeva sarebbe successo. In questi casi, quando sono incazzato, ed incazzatolo ero di brutto, non sono molto paziente e, puntato il glande sul buchetto ho spinto facendola urlare e godendo nel sentire il suo orifizio resistere un poco, allargarsi, accogliere sia pure nel dolore il cazzo del Padrone. Grande, immenso, bellissimo. Poi mi ha chiesto di nuovo scusa. Per aver gridato di dolore dimenandosi tutta? Ne ho carezzato il capo e quasi ha guaito spingendo il capo verso la mia mano…
Scendo.

Le gemelle stanno combattendo una delle loro consuete e feroci partite a tennis, Francesca legge all’ ombra, vicino alla piscina. Le camminate e la ginnastica che le impongo oltre al regime alimentare controllato stanno facendo effetto come effetto stanno facendo anche a lei i ‘tutori’. Per ora li indossa, se li infila e li tiene nel sedere e nel sesso per meno tempo delle gemelle che hanno cominciato un mese prima, anche questo richiede allenamento. Fatti su misura costano uno sproposito ma valgono ogni centesimo. Stanno facendo proprio effetto. Niente popò e fichette slabbrate e stanche o comunque poco toniche. Non mi ha visto, si alza dirigendosi verso lo spogliatoio. Pipì? Chiedo facendola sussultare un poco. Si Padrone. Non vi ho sentito, e sorride. Si è girata verso di me mostrandosi nella sua splendida nudità. Nessun segno di rancore per ieri sera, eppure sono stato duro, troppo duro. Per l’età dovrebbe essere ed è nel momento del massimo splendore per una donna, e splendida lo è. Alta forse poco più di quanto io ami, formosa ma senza esagerare. Taccio e questo la mette in imbarazzo, arrossisce e per celarlo china un poco il capo sentendo sui seni colmi e sul ventre quasi glabro ed un poco più paffuto del necessario i miei occhi attenti ed interessati. E’ bella, quasi perfetta. Le striature della frusta aggiungono bellezza a quello che vedo, la rendono più affascinante. Qualche centimetro di girovita in meno soltanto, non le serve altro. Massaggi, si, i massaggi che Shukrì e le sue amiche prodigano alle mie schiave, alla lunga sono utili. Le gemelline a diciotto anni non sembrano giovarsene più di tanto perché sono soprattutto cure preventive. Valeria se ne gioverà invece in maniera visibile dicono Shukrì e Sheila, col tempo però. Si riprende, alza gli occhi e sul viso appare il sorriso, un sorriso un poco storto, deve aver capito le mie intenzioni. Volevo solo farle fare la passeggiata ma voglio pure scoparla…per cominciare. Prima o dopo? Vedremo. Non si è mai sottratta a questa mia assurda invenzione della pipì al guinzaglio, in presenza, se capita, di chiunque capita, però la detesta. Anche le piccole la detestavano ma si sono abituate più in fretta. Poco male. Strana donna comunque. Disposta a parole a cose come darsi a estranei e poi…Senza che io dica niente mi porta il guinzaglio e dal collo le pende la piccola borsetta con il necessario per le esigenze che si possano presentare durante la passeggiata. Servirà, mi dico. Mi eccita ostentarle, mi eccita e sempre godo assaporando la bellezza inebriante della attesa che come sempre culminerà nel godermele, magari sotto gli occhi di altri. Come va con i tutori? Bene, Padrone, guardate voi, mi dice orgogliosa. Torna dopo un momento con il registratore ed in effetti non va male. Sto per salire alla seconda tacca, dice compunta. E’ dura agli inizi, ma…voi trovate che ci sia differenza quando…non osa chiedere altro. E’ troppo presto per dire qualcosa, piccola, ma di sicuro fanno effetto. Tieni presente che hanno una funzione sia…curativa che preventiva. Non rinuncerò in nessun caso al tuo bel sederino ed i tutori, sviluppando la muscolatura…ma sei medico e queste cose le devi spiegare tu a me. Abbassa il capo, forse, nonostante sia amante e schiava, nonostante usi da padrone e senza parsimonia il suo orifizio posteriore, si vergogna a parlarne, a parlare dei tutori ad esempio e delle loro funzioni. La guardo estasiato. La battuta di ieri le è scivolata via come acqua fresca. A parte i segni su tutto il corpo. Sorride, un sorriso forzato forse, vedremo.

Non è certo la prima volta che facciamo la passeggiata della pipì ma questa volta volutamente la guido con piccoli tocchi della lunga verga dove incontreremo gente, giardinieri al lavoro. Neppure è la prima volta che mi si dà davanti ad altri…ma ho deciso a freddo che sia ora di farlo più spesso e più platealmente. Se mi porta in dote Giulia…deve farle da maestra. Difficilmente accetterebbe come maestre le due più giovani. Poi accetterà quello che voglio io. Illusioni, quasi di certo illusioni.
Mi precede di due o tre passi, piuttosto rigida, vuoi per quanto succederà, vuoi per i colpi di sverzino che ieri sera la hanno vistosamente segnata. Ho usato per la prima volta il numero due e prima o poi userò il tre. La hanno curata ma deve essere ancora dolorante. Se lo è meritato però e non ne sono minimamente pentito. Ammiro anzi i segni che deturpano il bel corpo. Il numero due è più pesante, è fatto per dare più dolore e Francesca che con quello più leggero sopportava quindici colpi gemendo solo dopo i primi dieci, ora al decimo già implorava disperata. Mi è piaciuto vederla torcere per il dolore, fare forza sui polsi avvinti al gancio quasi servisse a qualche cosa. Sono stato cattivello però, e me lo dico molto convinto mentre ci avviamo. Cattivello, non carogna e lo rifarò magari…non batterla inventando scuse no, anche se mi ha lasciato emotivamente…sazio? Non so, lasciamo perdere.
Una giornata splendida, calda ma anche un poco ventilata. Guardo compiaciuto le due meline muoversi ritmicamente mentre procede davanti a me e ne godo. Godo alla vista dei due segni rossastri, quasi neri che si incrociano sulle natiche, di nuovo mi esalto. E’ mia. Un corpo non ancora appesantito dagli anni, agile e flessuoso. Non quanto quelli delle gemelle ovviamente, ha quasi il doppio dei loro anni. Guardo il culetto ben proporzionato. Non visto, in centro, c’è il buchetto che ieri sera ho strapazzato, un poco brutalizzato anzi. E perché non posso anche adesso…ne ho voglia e sono il Padrone ed ho il cazzo che mi pesa davanti, ben presente, ben visibilmente eccitato che spinge in fuori i pantaloncini. Sto per ordinarle di fermarsi…ma freno. Sinistra, le dico e la dirigo con la lunga verga verso lo spiazzo della fontana. Ora cammina con qualche esitazione, si volta per un attimo, gli occhi mi implorano. Ha sentito pure lei delle voci davanti a noi, verso la nostra meta. Oltre la siepe, alta per lei, vedo il marito di Ashila e non è solo, con lui ci sono suo figlio e la figlia di Shukrì. Meglio, penso. Non lo pensa certo la mia schiava che accorcia disperata il passo volgendo di nuovo il viso e gli occhi verso di me. La lunga canna non serve solo a dirigere i loro passi, ora svolge l’ altra sua funzione e sibila feroce. Colpisco con troppa energia e comunque più forte di quanto volessi. Un grido, si inarca e tira il guinzaglio volgendo il viso al cielo sulla punta dei piedi. Apre la bocca come per gridare. Ira? Dolore di certo. Porta le mani alle natiche colpite e già dolenti da prima. Uno sguardo, una occhiata che non so decifrare, due lacrimoni le rigano il volto. Ansima, due, tre volte, poi si scusa. Mi fissa. Colpitemi ancora, Padrone, me lo merito. Vi amo e sono vostra, lo sarò per sempre o fino a quando deciderete di tenermi. Che logica è? Colpitemi ancora! Voglio diventare una schiava migliore, più ubbidiente, più sottomessa. La colpisco e di nuovo e di nuovo ancora. Non è rabbia la mia, non so però cosa mi spinga ed ogni colpo è più violento del precedente. Inutile scusarsi, tu sei troppo ribelle, presuntuosa. Rallento i colpi, freddamente la osservo torcersi, sussultare stesa a terra. Cerca scioccamente di sottrarsi, rotola su se stessa. Sto per calare altri colpi ma riesco a tornare in me. Lentamente si mette su un ginocchio e vorrei colpirla di nuovo ma temo che poi non saprei più fermarmi. Mi sento un gigante ed ansimo pure io. Colpitemi Padrone, me lo merito ma non scacciatemi, non scacciatemi, per pietà tenetemi con voi. Finalmente è in piedi e ben salda. Drizza le spalle, qualcosa è cambiato. E’ un’ altra persona. Alza il capo che aveva chinato, mostra il volto non più in lacrime ed uno sguardo stranamente fermo ed al tempo stesso sereno. Sono vostra. Lo dice a voce bassa ma ferma ed un poco roca. E’ bella, bellissima in pieno sole, con i capelli di tanto in tanto smossi da una folata di vento leggera. Bella ed ora altera. Bellissima anzi nel mostrarsi nuda, orgogliosa, penso, della sua bellezza. Sembra portare i segni della frusta come decorazioni, gioielli che la adornino. Non sembra più quella di pochi attimi fa. Capisco che soltanto ora è mia nel suo intimo più profondo, che ho vinto le sue ultime riserve. Le do ancora qualche poco di guinzaglio e le indico dove accucciarsi. Ubbidisce apparentemente indifferente alla presenza dei tre che a loro volta fingono di non vederla di essere sordi e ciechi. Io siedo sulla panchina di sasso poco lontano e quando lei mi raggiunge inginocchiandosi ai miei piedi, li chiamo.

Voglio superi una ulteriore prova, voglio…neppure io so cosa voglio. soltanto possederla forse. Valeria tiene il capo poggiato alle mie gambe. La prendo tra le braccia, la bacio e prodigo carezze che mai ha accettato davanti ad altri se non le compagne di schiavitù mentre con i tre parliamo un poco di quello che stanno facendo e cosa voglio facciano d’ altro. Poi, congedatili esito un attimo. La tua bocca…Volevo dirle che amo ed ammiro le sue labbra ma zittisco. Deve pensare sia ancora adirato con lei. Fraintende, non esita, non più. Mentre socchiudo gli occhi per il piacere che mi attende ed attendere già è un piacere immenso, vedo i tre che voltano le spalle con discrezione. Sono una carogna? Forse, di certo anzi, ma godo di quanto mi sto permettendo, felice di potermelo permettere. Mi scopre, non sono in gran forma e lo stringe nella mano tiepida, allenta la presa, stringe di nuovo più e più volte, scoprendo e celando il glande ormai svettante. Mi guarda e lo guarda incerta. Poi china il capo ed io mi abbandono al piacere di sentire le labbra che lo serrano appena mentre si muove facendolo scorrere sulla lingua. Una autentica passatoia del piacere. Un pompino? Sarebbe un premio ed ancora premiarla non devo. Sulla panchina, mormoro, inginocchiati. Non serve spiegarle altro. Attendo qualche secondo assaporando il momento. Trattengo il respiro per la felicità, persino il vento si ferma. Deve tenere le ginocchia accostate, la panchina è stretta, mi sarà possibile penetrarle il sesso perché ha posato il capo sugli avambracci protendendo le reni. La carezzo. Sei mia. Sono vostra, Padrone, felice di dimostrare a Voi, al mio Padrone ed al mondo intero che sono solo una cosa vostra, la vostra schiava. Sono felice ed orgogliosa che mi vedano darvi piacere. Cambia idea troppo in fretta la piccola ed è un discorso troppo involuto ed ampolloso, da romanzetti per serve anni cinquanta. Sei la mia schiava, lo sarai sempre ed adesso te lo farò capire godendoti come piace a me. Questo bel culo deve diventare perfetto, lo pretendo. Lo voglio anch’ io, Padrone. Sono e sarò per sempre la vostra schiava in tutto. Sei sciocca, basta dire schiava, il resto…perdonatemi Padrone, è vero ma…è bello dirlo. Rido, ed allora dillo, schiava e troietta. Anche dire questo è inutile, Padrone, una schiava è una troia…se però vi piace dirlo, a me piace sentirmi chiamare troietta. Sto per essere presa, qui con quelli…e mi piace se a Voi piace. Allarga le gambe il poco che può ed entro nella fichetta, spingo ancora e quasi la faccio cadere, poi si ricompone ed entro più a fondo. La chiavo o…i suoi umori hanno umettato il glande tanto da poter forzare l’anello del sedere senza soverchio sforzo ed ora spero, senza soverchio dolore. Dolcezza, desiderio feroce e dolcezza infinita. Batterla e carezzarla. Neppure provo a spiegarmelo. Vacci piano, mi dico. Spingo con forza contenuta, la allargo, la penetro un poco. Lo riceve senza lamenti, è solo scossa da qualche brivido, di tanto in tanto si irrigidisce. Il glande ormai ha aperto un poco l’ anello più stretto, spingo un poco e lei mi accoglie recitando la sua parte a dir poco in maniera molto volonterosa. Voglio punirla, avevo deciso di punirla ancora un poco…lasciamo perdere, mi dico. Sta imparando, spinge adeguatamente e forse i tutori già qualcosa hanno fatto. Può darsi sia solo una mia impressione ma la dilato, entro con meno fatica e lei mi stringe, si dilata per subito dopo contrarsi. E’ troppo poco che usa i tutori, però…Non ho altro cui pensare mentre mi godo questa donna fenomenale, sottomessa e forse innamorata. Una esaltazione immensa e totalizzante mi travolge ed ogni volta che arrivo a penetrarla completamente esalo il respiro con forza, emetto quasi un grido. Ti sto marchiando mi dico, ti sto marchiando come una vacca e sono felice di essere il padrone di questa vacca. La ho penetrata sino all’ elsa, le palle sbattono no, premono su di lei e tendo le mani verso le sue mammelle, cerco i capezzoli e lei alzando un poco il busto mi aiuta. Male per lei, di nuovo esaltato torco i seni con forza, ma le dita scivolano sulla epidermide bagnata. Un breve grido. Nel muoversi esco di lei e la penetro ancora con forza, brutalmente, poi, poco per volta mi quieto. Solo ora sento i suoi singhiozzi. La carezzo senza smettere di montarle il culo…
Godo lentamente, a lungo. In pratica resto fermo e lei, muovendosi, facendo leva sulle ginocchia e sulle braccia va un poco su e giù. Geme, dolore o piacere, però sta piangendo…ma non si ferma…Io devo solo evitare di indietreggiare, devo restare saldo sulle gambe. Lo sforzo per lei è insostenibile e deve fermarsi. Siedo e la prendo tra le braccia, la bacio, le dico alcune parole di plauso, di approvazione, se lo merita. Mi spiegherai come ti sia inventata questa cosa, non ne ho mai sentito neppure parlare. Sorride contenta. Anche i momenti dolorosi e vergognosi di poco fa sembrano scomparsi dai suoi ricordi. Il viso si illumina felice. Vi è piaciuto, Padrone? Sono stata brava? Lo stai diventando di sicuro, le mormoro sorridendo, e tra me e me, ‘molto brava’. La bacio a lungo, la carezzo e chiaramente la mano sul sesso completamente aperto in silenziosa offerta, le piace. Il respiro le torna frequente ed affannato. Posso andare a prendere dell’ acqua? Era quasi stesa sulle mie ginocchia a gambe aperte e godeva delle mie carezze, delle dita bagnate dei suoi umori femminili che sfioravano esperte il clitoride, cercavano con successo di penetrale il sesso, stavano dandole piacere ma cerca di anticipa i miei desideri, pensa a me e non a se stessa. Vuole farmi un pompino. Me ne separo malvolentieri ed al tempo steso entusiasta di questa sua iniziativa che però rifiuto. Dobbiamo rientrare. Mentre cercavo di mandarla in cimbali ha tenuto la testa a posto ed io ero il centro dei suoi pensieri se ha chiesto di prendere acqua per pulirmi e farmi un pompino. Poco più in la i tre continuano a lavorare, apparentemente indifferenti, a suo tempo i miei ordini in materia sono stati tassativi.

Le mie dolci amanti e schiave partono e non ne sono lieto. A dire il vero solo le gemelle devono andare dal notaio a Genova, ma certo non le mando via per più giorni da sole. Di Valeria, che oltretutto è parecchio conciata avrei dovuto fare a meno lo stesso. Credo che il sederino sia in carne viva. La porto in camera mia, le faccio il bagno, io solo, niente serve, un clistere e quando si è liberata, ha voluto restare sola, le infilo con molta attenzione la sottile cannula nel sede e premo lo stantuffo. E’ una crema che lenisce da subito il dolore e molto sfiammante, va molto in casa mia di questi tempi. Va meglio amor mio? Sono pazzo ma queste parole mi sfuggono perché sono vere. Sento di amarla, di amare anche lei di un amore struggente che cresce di giorno in giorno. Lei mi abbraccia e spremendo una lacrima dice di amarmi come non mai. Arriva Shukrì interrompendo il fiume di parole di schiava innamorata. La porta via e certo vorrà rifare tutto ma il mio gesto è stato appezzato, ne sono certo dalla schiava e dalla cameriera.

La casa, il parco, io stesso. Tutto è vuoto senza di loro, silenzioso come un cimitero. Sono solo e quasi disperato. Finirà che rileggo qualche sciocco “racconto” come nei momenti più bui della mia vita. Ma no, arriva Gino e certo non c’ è paragone tra il sottoscritto ed i padroni di cui ho letto qualcosa, poco e spesso senza arrivare neppure alla fine. Fare gattonare le mie amate dalla mattina alla sera, metterle sotto al tavolo mentre ceno, dare loro i miei avanzi da mangiare da un piatto slabbrato e posato per terra, impedire che parlino se non in risposta ad una mia domanda, frenare, inibire la verve, la confidenza e la briosa allegria che tanto mi affascina? Farne bambole di gomma, buchi da riempire? Schiave si ma soprattutto donne splendide da amare. Questo voglio. Donne da amare che amino me. Però voglio essere il loro padrone indiscusso, voglio essere…la luce, il faro della loro vita. Io solo e per sempre. A costo di farle urlare sotto la sferza. No…questo no, ma…
Gino è arrivato e siamo in piscina. Una bella coppia, entrambi alti, alta fin troppo lei mentre a me piacciono le donne “maneggevoli”. Belloccia però. Il sole è caldo ma con i temporali che girano, un filo, una bava appena di vento rende il sole tollerabile. Gino non è mio nipote anche se da sempre mi chiama zio. Sua madre è stata per anni una amante squisita…arguta e bella se non minuta come in genere preferisco. Quando lui è arrivato ad avere sedici anni si è risposata e vive da allora in capo al mondo. Lui, Gino, finiti gli studi vive e lavora sul Baltico. Lo accompagna Seja, la sua donna. Resteranno in Italia qualche settimana. Mio ospite, gli ho detto perentoriamente già sentendolo al telefono qualche settimana fa. Nessuna remora tra noi. Giocava con i soldatini di piombo, anzi di plastica, di piombo non li facevano già più, quando lo ho conosciuto ed adesso gioca con questa bambolona bionda. Siamo al bordo della piscina e Seja senza problemi prende il sole in topless e poco altro su un suo ordine camuffato da cortese invito. Avevo capito senza dovesse dirmelo cosa fosse per lui, una succube. Bianca come solo le nordiche sanno essere, se continua così prende una scottatura della madonna. Togliti dal sole Seja, le dico, se no questa sera hai la febbre. L’ inguine è coperto solo da un cache sex. Venti anni o poco più su sessanta chili abbondanti di peso. Ben fatta però, proporzionata. Non è il mio tipo ma non è neppure la mia donna quindi… Gino nota il mio sguardo. Mia madre ti ha piantato per non fare la sua fine, e non alludo al sole. Sentiva il pericolo che correva, era la cosa che temeva di più dice lui con indifferenza ed indicandola di nuovo col capo. Ti amava, lo sai, ma anche si conosceva, non voleva rinunciare alla sua libertà ed è finita…Si interrompe, non apprezza il patrigno e cambia argomento, per fortuna, per me è un argomento scottante ed imbarazzante. So, prosegue, che la bella Valeria è pure lei e non solo lei, tua ospite.

Le notizie corrono dico meravigliato. Me lo ha detto Silvio. Tranquillo, è un giro molto stretto, lui è discreto al massimo ed hanno tutti i nostri stessi gusti. Ha ritenuto di dovermene parlare per evitarmi qualche gaffe.
Tra parentesi, Seia ha il sedere vergine, se vuoi glie lo puoi sverginare togliendo lei e me da questa situazione un poco imbarazzante. Prima o poi devo farglielo rompere e preferisco non sia il primo che capita, uno che magari non ci sappia fare. Sempre più perplesso continuo a tacere. E’ vero che sua madre vedendo che a quattordici o quindici anni non frequentava nessuna ragazzina mi ha chiesto consiglio ed io, senza dirle niente ne prima ne dopo, lo ho fatto accogliere nel letto di una amica…disponibile. In realtà non aveva nessun problema se non la timidezza eccessiva che ha superata alla grande direi. Trovo però che si stia andando oltre…

Che c’ è, zio, non ti piace? A me farebbe piacere che fossi tu a farle il “servizio”, vorrei proprio fartela ‘usare’ per primo, credimi, e per lei sarebbe una specie di prova di esame farselo fare da un estraneo, un estraneo di famiglia però, e sorride forse intimidito per aver osato troppo. Per adesso non la ho mai data a nessuno e tu in quello sei un maestro dicono. E’ mia da poco, mi si è data vergine, del tutto vergine. Io non ho quel gusto, anzi non mi piace per niente, penso. Non lo sai? Chiedo meravigliato. Lo pensi o non lo sai? Scopare si, farmelo succhiare quasi altrettanto, ma metterlo dietro no, non ci ho mai provato, non voglio provarci anzi. Non mi ripugna ma neppure mi attira. No, non è timido. Pensavo di darla per questa incombenza agli amici del giro, prosegue, ma a te la prima scelta. Sorride ora imbarazzato almeno un poco. Che cazzo di giro è? Gente con i tuoi stessi gusti ma in genere minori risultati. Mi fa capire poi chi sia Silvio e mi tranquillizzo. Ma si zio, Silvio sa di noi due, di cosa hai fatto per me. Ho chiesto di Valeria, Silvio saputo quanto mi piacesse e che sbavavo per lei ha voluto spiegarmi, a me solo, come stanno le cose tra voi. Di nuovo lo guardo incerto su cosa fare e dire. Sei venuto per questo? Vuoi Valeria? Se mi risponde di si vola fuori casa in un minuto secondo. Ma no, mi conosci. E poi non sono così pazzo da mettermi in concorrenza con te. Avevo voglia di vederti e sarò contento di vedere, questo si ma senza secondi fini, anche lei. Curioso anche di vedervi insieme. Lei, una succube, come dici tu. Fatico a crederci. Io speravo al massimo di portarmela a letto una volta o l’ altra dopo averla magari fatta bere. Penso che con me ci sarebbe venuta solo da sbronza. Ha accompagnato a Genova le altre due mie succubi, schiave se preferisci, dal notaio, gli spiego ancora dubbioso. Sono maggiorenni da poco mi hanno detto. Infatti, si, e mi occupo io anche dei loro affari… e ci guadagnano suppongo, interloquisce, sei bravo anche in quello. Decido di fidarmi. Una occhiata alla bionda. Decisamente troppa roba per i miei gusti gli dico strizzandogli un occhio. Però, penso, già, però…Pensaci, mi dice. Hai il pomeriggio per te, io devo lavorare, prosegue parlando un poco troppo in fretta, e adesso le dico subito di…no, adesso è ora di pranzo, subito dopo te la porto in camera. Non ne sono molto convinto ma insiste fino a farmi accettare, in fondo è una gran gnocca. Io questo pomeriggio, lo sai, ho da fare, lavoro, quindi hai tutto il tempo che vuoi…

Pranziamo in saletta, al solito e senza particolari riguardi, Gino è di casa e Seja è una schiava. Una bottiglia di chiaretto particolare, questo si e per lui un bella costata al sangue, odia il pesce. Lei sembra invece gradirlo e per lei c’ è una porzione di scampi bolliti con un filo di olio buono che è a dir poco abbondante.
Per il resto non va come preventivato, una telefonata alla fine del pranzo e Gino scappa, non prima di aver detto qualcosa a Seja ed a Katra che stava servendola a tavola.
Un strizzata d’ occhio e se ne va con un cenno del capo verso di lei. E’ cambiato parecchio ma per me resta il ragazzino di sempre, quello cui ho insegnato a costruire gli aquiloni con colla di farina fatta in casa nella cucina di Ashila che si arrabbiava a morte. Quello cui ho fatto fare le prime scopate con una donna di trenta anni, bella, esperta e per niente ritrosa. Almeno dopo che lo ha visto. Ci sono state repliche abbastanza numerose tanto che sua madre ha subdorata la cosa.

Mi devo congratulare con le fantesche di casa per la efficienza dimostrata anche in questa occasione. Scompaiono con la fanciulla ed è Omer a dirmi che verrà portata da me quando sarà pronta. Una oretta dice, ma forse servirà di più.
Ho il tempo di prendere il caffè e di darmi una rinfrescata, poi salgo ad aspettarla. Penso a Valeria. La ho trattata duramente e me ne spiaccio. Per fortuna anche la verga è di materiali nuovi, leggeri. Fa male ma segna persino meno dello sverzino, del numero uno e si guarisce più in fretta. Il suo sederino migliorerà in qualche giorno, anzi guarirà in qualche giorno, tornerà guarita. Un poco matta però, non la facevo così, eppure la conosco bene, da anni. Non hanno neppure pranzato con noi ed a quest’ ora sono in autostrada dirette a Genova…la vedo…ma quanti colpi le ho dato? Non ricordo, una mezza dozzina? Non me ne pento affatto tutto sommato e visto il risultato… Parlava sul serio, ne sono certo dicendo di amarmi, di picchiarla ancora che se lo meritava, ed era bellissima. Principesca, regale anzi. Una schiava regale, orgogliosa di appartenermi…bella, bella…

Mi sono addormentato ed è Katra a svegliarmi. Ha la faccia scura, preoccupata. Esita un attimo poi sbotta. Vostro nipote ha detto di frustarla. Lei non era del tutto d’ accordo di venire da voi e Padron Gino mi aveva detto di chiamarlo se succedeva. Io non ero d’accordo di frustarla e Shukrì neppure. Ma lui ha insistito ed ha voluto parlarle. Lei ha accettato. Accettato cosa? Sono ben sveglio adesso. Di essere frustata da noi. E? Lo dovete decidere voi, Padrone, io non frusto nessuno senza il vostro permesso, anzi, senza un vostro ordine. La frustate qui da me, le rispondo deciso.

La introducono dopo un momento, devono averla parcheggiata qui fuori. Certo è decisamente monumentale per i miei gusti. Alta quasi quanto me ma proporzionata, sia pur con la vita stretta ha tette e culo da vamp. Un bel viso. Guardo sempre gli occhi delle donne se posso e con una schiava si può sempre. Chiari e forse un poco slavati come spesso capita alle biondissime come lei. Fingerò mi sia indifferente al punto di averne dimenticato il nome. La spogliano della mantellina, non si va nudi in giro per casa e lei trema. Ho regolato di proposito il condizionatore al massimo e fa freddo. Testa bassa, polsi avvinti ma denti e labbra serrate, ridotte ad una rossa linea sottile. Indizio che probabilmente deve essere un tipetto ostinato. Non sarà facile. Non sono disposto a violentarla, non è nelle mie abitudini. La fisso in silenzio cercando di intimidirla ma è inutile, cedo io. Ti chiami, a, già,…Seja. Come non avessi parlato. Non rispondi? Si, mi dice esitando un poco. Si cosa? Mi guarda interdetta. Si Padrone! Ha esitato un bel po’, se continua così la prendo a calci, anzi uso il numero tre. Ascolta. Il tuo Padrone è Gino, non io. Chiamami Dottore. Sei stata frustata spesso? Scuote il capo. Mai sussurra. Capisci bene l’ italiano, quindi ascoltami. Se ami il tuo Padrone, se gli ubbidisci, per questa volta non ti faccio frustare. Mi dovrai però far godere al massimo e senza protestare, lamentarti o peggio piangere. China la testa. Lo amo, mormora quasi in modo inintelligibile, lo amo…ma ho paura non lo ho mai fatto e dicono…cosa dicono, sentiamo. Dicono che fa molto male e comunque…alza il capo con fare ancora più deciso, se bisogna, preferisco farlo con il mio uomo. Il mio Padrone. Ha coraggio. E’ alta e dicendo questo cresce di una spanna almeno, ma non mi lascio certo intimidire da una schiava. La stimo di più però. Esito pure io, è un casino, potrebbe diventare un grosso casino, un casino peggiore. Potrei lavarmene le mani, mandarla a fare in culo altrove, anzi andare a prenderlo in culo altrove. Ci pensi lui, Gino però e non credo di sbagliare, Gino è alle prime armi in questo campo, sotto sotto mi ha chiesto aiuto. Ci provo. Primo, al male non pensarci, una idiozia, mi dico e cambio argomento. Qui il male non c’ entra. Centra solo quello che vuole Gino, il tuo Padrone. Sei la sua schiava. Lo ami? Diventa rossa. Abbassa la testa, esita ancora…Morirei per lui. Ho accettato di essere una schiava pur di essere sua, la sua donna. Non sono niente, non esisto altrimenti… Una schiava, le dico interrompendola, ubbidisce sempre al Padrone. Mi ha chiesto di aprirti il culo e lo farò, che tu voglia o meno. Se ti opponi ci guadagni una scarica di frustate da me, di farti rompere il culo sempre da me ed alla brutta per poi farti massacrare di botte da lui quando torna. Lo dovrà fare, o batterti o scacciarti. Quasi certamente l’ una e l’ altra cosa China il capo. Il ragionamento fila anche per lei. Un cenno del capo impercettibile o quasi, ha accettato? Si ha accettato.

Un cenno e le due fantesche ci lasciano. Chiaramente ha paura sia della frusta che di quello che le farò. Spengo il condizionatore ed apro anche la finestra, si gela. Sdraiandosi ubbidiente ha lanciato un occhiata alla stanza, ne sono fiero ma a lei certo non fa più effetto di tanto, ha altro cui pensare. Hai avuto molti uomini? Nessuna risposta. Rispondi cazzo quando ti parlo! Lo dico a voce bassissima, con tono tagliente.No solo Lui, due settimane e tre giorni fa. Nessun altro. Mi viene quasi da ridere, conta ancora i giorni. Stesa sul mio letto si copre il volto dietro le mani, singhiozza. Una bella manza. Non me ne frega che pianga, anzi mi dà fastidio ma adesso la voglio. Tanto per provare per la prima volta una del suo genere, è grande e grossa ma ben fatta e di così non ne ho mai avute, poi per aiutare Gino… e poi i culetti vergini sono la mia passione. La abbraccio quasi con tenerezza e non si oppone ai miei baci ed alle carezze pur sussultando quando le torco i capezzoli e quando le frugo il sesso. Le dita trovano l’ orifizio e provo ad entrarci. Nessun problema anche se è stretta. Non è certo molto maneggevole, è troppo alta, troppo pesante…Senza trovare difficoltà ne unisco i polsi alla testata, manette e catene sono sempre in posizione. La carezzo a lungo, ha il petto sodo, si una bella manzetta. Però e come accarezzare una statua. Conosco però cosa fare per accendere sia pur con tempo e pazienza la femmina più ritrosa e finalmente si bagna almeno un poco. Tieni pure le gambe chiuse, non serve ad evitare quello che ti voglio fare. Non dice nulla, è ostinata, so come vincere la sua ostinazione. Lo sverzino sibila maligno e Seja cerca, inutilmente torcendosi, di sottrarsi ai colpi. Ottiene solo di essere battuta su ogni parte del corpo che girandosi mostra ed offre ai colpi. Sembra quasi…ma si Valeria questa mattina. Piange, grida nel bavaglio che le ho imposto, sbarra gli occhi e mi fissa con astio, dice qualcosa che non posso capire. Neppure capisco se stia parlando in italiano o nella sua incomprensibile lingua. Non me ne frega niente a questo punto. Sussulta quando mi stendo su di lei ma non sono comodo, scendo dal corpo morbido ed ansante, paura, dolore, nervoso comprensibilissimo. Steso di fianco la guardo più curioso che eccitato, la carezzo. Freme e segue attenta, allarmata direi, lo scivolare della mano sul suo corpo sodo e poi, di colpo vinta, ubbidisce al mio ordine e schiude le ginocchia tra le quali mi inginocchio. Sei bagnata, le dico e sciolgo il bavaglio per baciarle la bocca. Serra le labbra, mi fissa rabbiosa, poi distogliere lo sguardo. Risponde al bacio solo dopo qualche schiaffo sulle orecchie e qualche frustata sui seni le cosce. La ho girata sul ventre disegnandole una serie di striature sul bel culo sul culo. Non ha gridato ma piange ovviamente. Non la voglio certo violentare, roba da galera mi ero detto poco fa, ma cosa sto facendo se non violentarla? Dolce insistenza la mia? Non essere ridicolo, mi dico…Se non è violenza questa… Piange ancora ma non mi fermo, a questo punto… Mi sento strano, non mi ha eccitato vederla nuda nel mio letto, e neppure carezzare il corpo, saperla a mia disposizione. Ho cominciato a schiaffeggiarla e frustarla senza nessun accenno di erezione ed ora sono eccitato in modo manifesto. La voglio e, mi dico, per romperle il culo, prima devo chiavamela, incularla a secco no, le farei troppo male. Una scusa, tutta una balla. Resta immobile mentre il glande percorre la fessura del sesso, resta ancora immobile quando la penetro, stringe solo le labbra ancora di più. Ma…questo potete farlo? sbotta. Non è molto eccitante la cosa, eppure…Posso fare tutto quello che voglio, cazzo, non dire scemenze. Ha il viso rigato di lacrime, ma ormai la sto chiavando. Stai scopando con un secondo uomo, uno diverso da Gino, dico con maligna cattiveria ma senza nessun effetto visibile. Non importa. La scopo ma la sua domanda mi ha spiazzato, chiavo senza provare nulla o quasi, poi comincio ad eccitarmi un poco…La fica è stretta ma accogliente, già un poco educata a prendere cazzi. Una bella ficona calda ed accogliente, che comincia a fremere. Però…Ora lo ho duro come un palo, la sento…Mi piaci, le dico senza pensare e senza mentire poi molto, mi piace, penso, od almeno non è male. Mi fermo dentro di lei, nel ventre che di tanto in tanto ha dei fremiti fuori controllo, involontari di certo. Una manza da letto tutt’ altro che male, mi dico convinto, il cazzo le piace, meglio per lei e per Gino. Da quando sei la sua schiava? Già, venti giorni hai detto. Dovresti saper scopare meglio, muoverti un poco. Devi imparare a fare pompini almeno passabili e dare piacere al tuo uomo con il sederino. Sei grande e grossa ma ben proporzionata. Non risponde e la monto con qualche rudezza. La sto violentando e non me ne dispiaccio. E’ la prima volta che violento una donna. Questa poi la conosco da qualche ora soltanto. Stringo le chiappe da l’ inizio e questo aiuta ad allontanare il momento di svuotarmi godendo in anticipo perché troppo eccitato, sono molto più eccitato di quanto pensassi possibile con lei. Ricomincio la danza e ne godo. Un piacere che monta e che ostacolo come posso, è lei che deve godere, e l’ idea mi eccita un poco di più. Mi piace immensamente far godere lle donne che ho nel letto, però mi ha eccitato sopratutto usare la frusta. Possibile? Forse. Forse è la idea della lontananza delle mie tre bellezze che mi obbligherà alla astinenza per più giorni…Cazzate. Sto scopando una demie-vierge, se non sono pirla e non rovino tutto le svergino il sedere, come vuole lui e come ormai voglio io. Lo voglio proprio anche io, voglio farle un servizio completo, farla sbanfare e poi romperglielo. Non è che rigirarmi in testa questa idea mi aiuti a restare controllato, e Seja si scuote, piano al principio, poi i sussulti crescono facendosi frequenti e sempre più intensi, frenetici e frenetico si fa il suo ansimare. Forse un gemito, dei gorgoglii che escono dalla sua gola, ha il capo arrovesciato, sta godendo quasi, non quasi gode alla grande. Devo fermarmi, uscire di lei e letteralmente non ci riesco, cosa mi capita non so e non mi interessa. Chiavo e mi piace, comincio a…riesco a fermarmi solo quando si abbatte con un singulto. Trovo la forza per uscire dal suo ventre bollente senza però evitare di spargere un poco del mio seme sul suo ventre sussultante. Non ho mai faticato così tanto per eccitare una donna. Il tempo di una sigaretta e di nuovo la cerco. Non avrei mai pensato che mi andasse a sangue in questo modo.. Ora risponde ai baci, la prendo di nuovo quando sono le sue labbra a cercarmi. Non pensavo che una schiava innamorata del suo padrone potesse arrivare a tanto con uno sconosciuto, sta godendo di nuovo e poco dopo ancora. Io devo fermarmi, voglio, le devo aprirle il sedere, cazzo!

Non si oppone quando la faccio mettere alla pecorina, non cerca di tenermi lontano, apre le ginocchia e le faccio scorrere il cazzo nella fessa del culo trovando il grumo contratto, entro però per la ennesima volta nel sesso ancora fremente, intrido dei nostri umori il buchetto serrato fino allo spasimo e poi premo con prudente determinazione. Premo più forte. Merda. Ripeto tutto con lo stesso risultato. Così le faccio inutilmente male. La faccio allora stendere. Di nuovo nella figa e poi il culo. Premo, premo di più, gravo sul buchetto con tutto il mio peso ed aggiungo un colpo di reni. Urla di dolore. Lo sfintere ha ceduto di colpo, il glande è tutto dentro. Frenetico ed incurante del suo dolore sprofondo nelle sue reni che sussultando ingigantiscono il mio piacere. Mi freno un attimo e con questo riconquisto il controllo di me stesso. La monto tenendola per le tette e cercando solo il mio piacere. Lo raggiungo…dopo una lunga e bella cavalcata. Mi abbatto stremato su di lei che piange mordendosi il labbro nel tentativo vano di trattenersi. Si acquieta lentamente e mi quieto io, ne avrei ancora voglia però. Con la testa sola però. Lui è kaput. Ho perso la testa ed il controllo. Ho goduto come un riccio, mi sono completamente svuotato o quasi. Le mostro come accudirmi, servirà con il suo padrone. Esita solo un poco, lo netta e lo asciuga prendendolo poi in bocca per la normale ciucciata ristoratrice come le ho spiegato, ma…Gino non mi ha detto di farmi fare un pompino. Sarebbe poco male e lei sta continuandolo o meglio cominciando a farmi un pompino. sarebbe un miracolo riuscirci. Lascio perdere. Mi fa male dottore, tanto male. Di nuovo piange. Lo dovete dire al mio Padrone? Di come io, con voi, sono, mi sono comportata, ho…dio, mi vergogno, certo che dovrete dirlo. No cara sei tu che devi dirglielo. Sono molto esperto e Gino lo sa. Capirà.

Temo di averla lacerata, dico a Ashila che accorre appena la chiamo. Un breve esame e mi rassicura, nessuna lacerazione, solo…le avete aperto il popò mica male…ride. Capita alle schiave dice adesso compunta ma strizzandomi l’ occhio. Su bella, vieni, non penserai che ti porti in braccio, vero? Ride di nuovo. Se la porta via per rimetterla in sesto e ci riescono. Mi dicono qualche decina di minuti dopo confermandomi che non è niente di grave, solo una fortissima irritazione. E’ tanto irritata, dicono, che se Ashila ci mette dentro un uovo ne esce bollito. E’ un sollievo. Temevo di dover dire al suo padrone di avergli rotto il giocattolo.

La sera a cena, Gino è estasiato nonostante la evidente sofferenza di lei. Devo andare via per qualche giorno e te la lascio qua. Goditela tutti i giorni, falle il culo tutte le volte che vuoi. Insegnale a fare pompini, anche in questo è si e no una principiante. Frustala quando serve o ti piace farlo, so che non sei un sadico che picchia per il gusto di farlo. Siamo in salotto dopo cena e lei è livida ma china il capo. A me questa idea non spiace. Glie lo ha detto di aver goduto chiavando con me? In disparte Gino mi chiede di addestrarla meglio che posso, anche ricorrendo alla durezza. La hai fatta godere e non è semplice, in genere almeno. Portala a fare la pipì, frustala, slargale il culo. Non temi, replico che si attacchi a me? Si, risponde, può essere. Correrò questo rischio pur di avere una vera schiava, ubbidiente in tutto. Sai, è la mia prima schiava. Prima ho usato solo le schiave degli altri del gruppo, una cosa diversa. La mattina, prima della sua partenza Gino ci accompagna al giro della pipì. Un vecchio collare borchiato di un mio grosso cane sepolto da tempo le cinge il collo. Gino regge il guinzaglio ed impugna la verga. Le rifila qualche colpo inesperto quando lei non riesce ad orinare, dice che non le scappa. Dubito che Selim e Samir abbiano capito le sue parole, erano troppo lontani ma certo hanno udito il sibilo dei colpi, i gemiti appena trattenuti di lei e visto poi lei che in ginocchio succhiava il cazzo del suo padrone che subito dopo si allontana, deve partire. Non ci sai proprio fare con i pompini. Sono sono una autentica arte, si impara con l’ esercizio e me ne farai parecchi. Per lei l’ addestramento alla sottomissione continua subito. Potrebbe forse strapparmi di mano lo scudiscio, liberarsi del collare, è persino possibile sia forte abbastanza per…ma no, questo no. Accetta la lunga passeggiata, mi succhia il cazzo, ma la fermo prima di godere, troppe volte dovrei godere altrimenti in questi pochi giorni nella sua bocca. La faccio mettere in ginocchio in una panchina dalla seduta ampia e le entro nella figa finché si bagna e lo bagna. Poi lo poso sul buchetto del culo che sento contrarsi per la paura. Il tutto sotto gli occhi della cuoca che ha portato personalmente aperitivo e stuzzichini. Mentre Ashila guarda serena, premo sulla rosetta ancora tumefatta. Le mie serve hanno detto stamane che è di nuovo pronta a l’ uso ma ha una paura boia e la capisco. Le ho già spiegato come fare per evitare almeno in parte il dolore e le dico di non cercare di opporsi. Non stringere il culo, stronza, altrimenti questa volta te lo sbatto tutto dentro in una volta sola. Spingi come per andare al gabinetto e spingi anche il culo verso di me. Premo nondimeno con attenzione, non voglio causarle più dolore del necessario. Con mia sorpresa scivola dentro con discreta facilità, non si lamenta se non con qualche gemito soffocato. Credo che scivoli dentro così facilmente anche grazie alle loro cure. Sanno che non voglio vasellina, creme od altro ma, forse…Meglio non indagare. Porta il busto in avanti quando la penetro, geme piano, ma poi sembra sopportare stoicamente o senza troppi problemi. Deve essere per forza curata di nuovo, Padrone.

E’ una schiava, mi è stata affidata e parliamo di tutto senza remore in sua presenza. Di proposito, pure questo fa parte dell’ addestramento. Va bene Ashila, ma deve avere tutti i giorni dieci colpi del numero uno. Sono troppo pochi Padrone. Quindici almeno, avete poco tempo, dovete fare tutto in fretta se volete riuscire a domarla ed addestrarla come vuole vostro nipote. Avrà così una donna da letto perfetta come deve essere una schiava. Ci voleva persino dare la mancia dice ridendo. Potevate prenderla ribatto, e rido pure io. Se lo dite voi cresciute in un harem, quindici siano…al minimo. Se la porta via. Oggi pomeriggio devo lavorare quindi lei riposerà. La sera è pallida di un pallore che il trucco sapiente di Shukrì non può celare del tutto. Quel pomeriggio, in anticipo, rientrano le mie tre donne, tre grazie, amanti schiave che si meravigliano della presenza di una schiava non mia e che tengo lontana da loro. Meglio Padrone, dice Ashila che si è auto nominata sua protettrice, così questa sera la facciamo riposare e domani può ricominciare alla grande, Shukrì portandosela via annuisce. La faccio girare nuda e legata anche per casa, fa parte dell’ addestramento veloce spiego alle mie donne e poi, ma non lo dico, è bello da vedere. Quasi quasi non mi spiace affatto “dover’ fare questo favore a Gino. Una serata piacevolissima coccolato da Valeria, Giulia sta poco bene. Solo un colpo di calura dice la dottoressa che provvede a fare il necessario, l’ aria condizionata in macchina non funzionava. Anche la sorella è esausta e resta con lei.

Cara lettrice, scrivendo, mi è sempre difficile esprimere, quando la situazione lo richieda, quelle che possono essere le pulsioni ed i pensieri di una di voi. Cosa possa pensare e sentire cioè una donna, magari sposa fedele e madre affettuosa nel sentirsi corteggiata con garbo da un uomo non spregevole. Cosa può pensare e provare una donna nelle mille situazioni in cui può venirsi a trovare, magari critiche. Per questo ho abbozzato questo spunto. Per far capire con un semplice esempio questa mia difficoltà.
Vorrei entrare in contatto con una donna, che non vedrò mai, con la quale dividere alla pari onori ed oneri per la composizione di qualche lavoro. Ne decideremmo insieme la trama e collaboreremmo alla sua redazione. Alla pari, senza conoscerci se non via internet. Se la cosa apparisse troppo impegnativa potremmo discutere e trovare forme di collaborazione accettabili ad entrambi.
Posso essere contattato tramite Milu e conservereste il vostro completo anonimato. Sempre su Milu sono presenti una quindicina di miei scritti per eventualmente farvene una idea.
Speranzosamente vostro

Chiodino.

I RACCONTI DI ‘CHIODINO’ SU: I RACCONTI DI MILU
Padrone di schiave per forza?
Io, gigolò a settant’anni
E’ giovane… ma grande abbastanza.
Farsi scopare da uno schiavo, mai!
Gallina vecchia.
I sogni muoiono all’alba.
Il Circolo dei ‘Bastard’.
Incubo?
La bella estate quando divenni uomo.
La mia cagna da riporto.
Lei e Lui, Lei e Lei, Lui e Loro.
Mi piacciono i culi, tutti i culi, rigorosamente femminili.
Quattro uomini per una signora (Gli Dei vogliono risorgere).
Schiava o puttana? Schiava e puttana.
Tutto per i miei bambini.
Sedotto.
Le mie bambine ed io, rapite, addestrate per…
Ed altro ancora.
Mi aspettanno nello studio, stanche della giornata mi dicono. Eccitate e volonterose, vogliose di affetto, di amore. Di cazzo dico io. Del mio cazzo. Ho tutte le ragioni di esserne orgoglioso. Due splendide donne, giovanissime poi ed un’ altra nel pieno fulgore dei suoi quaranta anni. Una stimata professionista, tanto bella quanto intelligente ed arguta…che mi ubbidiscono, schiave di un vecchio. Un tarlo mi rode. Come posso definire la loro intelligenza se accettano tutto questo?

Se Valeria ha ragione, anche Giulia…ci credo poco anche se ne sarei estasiato. Amo e desidero Giulia quanto amo e desidero le gemelle. Di più forse perché per lei c’ è anche un desiderio di vendetta per le pene che mi ha procurato. Vendetta no, è troppo, rivalsa, ecco, si rivalsa. Ma che differenza c’è? Ci penso continuamente, quasi senza sosta. Loro, tutte e tre, stanno cambiando, cambiando come voglio io. Io sono cambiato o sto cambiando? I loro corpi non mi bastano più se mai mi sono stati sufficienti. Voglio essere amato e certamente mi amano. Mi amano al punto…fino a che punto? Per quanto tempo, ed a che condizione? Questa è la domanda che mi angustia, e non trovo la risposta. Forse non esiste una risposta. Ed io sto cambiando, un poco almeno. Di certo sono più esigente, sempre più duro ed esigente. Certamente non sono un sadico, certamente non le batto per il gusto di procurare loro dolore ma…ecco, mi piace di certo ostentarle, ostentare la loro sottomissione…e chiedo da sempre molto…chiedo anzi sempre di più…

Non lo sanno ma per questa sera ho tirato a sorte, ho programmata anzi la serata. Qualche volta mi affido alla sorte su chi godermi per prima ma non sempre poi seguo le decisioni della monetina. Tocca a Beatrice che ora, arrossendo si stringe a me. Avevano anche loro tirato a sorte. Si danno da fare per aiutare il destino a modo loro, quasi un gioco, forse senza malizia, ed ho deciso di lasciarle fare. Le ascolto dalla mia camera. Pensi che ci riusciremo? Ormai riconosco le loro voci con facilità. Ho regolato i microfoni da qualche tempo e le loro parole mi giungono chiare e quasi sempre ben distinte. Francesca le risponde con qualche esitazione. Non so ma possiamo provarci bella mia, non so se sarai la prima e magari, ma non lo credo, l’ unica. Dipende da quanto si sia dedicato a quella…forse stava per usare un epiteto a l’ indirizzo di Seja ma sarebbe andata oltre il lecito ed è raro che lo faccia. Sono gelose di Seja, mi chiedo? Ed anche, è lecito circuire il padrone come si prefiggono? Si, forse, ma potrebbe diventare una abitudine. Oggi una e domani l’ altra. No, non va bene. Punirle? E come senza far loro capire che le spio? Le raggiungo nello studio grande, quello riattato da poco. Tre nel mio letto è decisamente impossibile. Sono in attesa, inginocchiate. Mi aspettavano così oppure hanno spiato il mio arrivo? Me ne adombro un poco. Se imbrogliano per dirigere le mie scelte, possono anche…

Seduto comodamente sul cumulo di cuscini guardo compiaciuto le mie bellissime preparare il caffè, rollarmi il sigaro, preparare il mio liquore, un rito. Bicchiere, un ballon di cristallo ben caldo per sviluppare al massimo gli aromi del Bas Armagnac Or D’ Age, bello ma non quello che mi regalarono le mie prime tre amanti…trenta anni fa…Poi bevo il caffè mentre Valeria regge la tazzina ed il bicchiere e Francesca tiene il posacenere. Un cenno di incoraggiamento a Beatrice che esitava, si china a scostare i lembi della vestaglia un poco greve per la stagione, ma è un loro regalo comprato in questi giorni.
Questa è vita. Tre schiave? Perché no! Tre splendide donne che mi servono, mi amano. Amanti succubi o schiave che importa, che differenza c’è mai. Voglio la bocca di lei, la maestra del pompino, Beatrice che in questo è maestra, istintivamente capace di dare da sempre un piacere quasi doloroso. Sa quando fermarsi, sa quando riprendere, sa sempre cosa io senta e voglia. eccola, attenta, quasi ispirata, prende la cosa alla lontana.

Lo prende in mano, lo carezza. E’ tutta la sera che lo aspetto e le chiappe mi fanno male a furia di serrare i muscoli. Voglio durare, voglio provare a soddisfarle tutte o quantomeno a tentarlo. Mi piace dar loro piacere e voglio goderle fino a far loro dire basta od a schiattare nel tentativo. Mi giro protendendomi per carezzare l’ altra gemella e quasi faccio un disastro. Per un pelo non la faccio cadere e Valeria, cercando di intervenire in aiuto quasi ribalta quello che ha in mano. Tutto salvo, tutto a posto. Liquore, caffè, portacenere di pesante cristallo, per poco finiva tutto a terra ma è tutto salvo. Me ne serve un’ altra di schiava, mi balena per la testa, ma scuoto la testa subito dopo. Beatrice ha perso la concentrazione, il ritmo. Recupera in fretta e fremo nella sua bocca sapiente. Si, la bocca di una giovane bellissima, vergine sino a poche settimane fa ora compie un prodigio, lo succhia mostrando di goderne, di provare gioia nel farmi godere in questo modo. Un sapiente intervento sul mio cazzo beato.

Da impazzire. Non resisterei se di tanto in tanto non la fermassi per qualche momento. Riposati un poco le dico. Il sigaro sta diventando troppo caldo, per la impazienza aspiro senza la dovuta lentezza. Lo deposito sul posacenere e finisco l’ ultimo sorso di liquore. Ora sono libero, frastornato bramoso di loro. Ho tra le braccia Valeria. Ti voglio mormoro al suo orecchio. Percepisco più che vederne il sorriso, la sento abbandonarsi tra le mie braccia, stendersi sui cuscini attirandomi a sé. Ho le mani e le labbra di due schiave su di me ad accompagnare il cazzo che cerca e trova con la entusiasta partecipazione della donna la micetta tumida e pronta. Pronta a dare il piacere al suo padrone ed a goderne a sua volta. Mi cinge il corpo con i talloni, con forza, e con forza mi stringe tra le braccia. I tempi del piacere di maschi e femmine sono diversi ma gode prima di me, poco prima che versi qualche stilla del mio piacere in lei. Lei sospira per il piacere che la ha consumata, abbattuta. Ci sono altre due schiave amorose che detergono il mio sudore, Che con mille baci e carezze cercano di rianimarmi. Non ne ho bisogno, non serve, che… anzi, poco dopo mi guardo attorno.

Il gioco dell’ oca deciderà chi di voi…ridono ed anche obbiettano. Lei no, Valeria ha già…Anche lei, decido, anzi gioco pure io e se vinco mi metto a leggere o mi dedico al piacere solitario. Ridono. Poche settimane fa le gemelle sarebbero inorridite per la volgarità, invece ridono certe della loro bellezza e del mio desiderio. Vince Valeria. Vorrebbe che la gemella o Francesca prendesse il suo posto ma la stringo fino a sentirla illanguidire ancora. Il tuo bel sederino mia cara. Lo sapevo dice con un sospiro esagerato di finta disperazione fomentando la ilarità di tutti. Chiamo ancora ad aiutarmi le altre due. La mano della sorella lo guida con dolcezza e sapienza. Ben umettato dalla saliva di Francesca forza senza difficoltà lo stretto orifizio. Stretto perché lo serra con forza, ma anche elastico e dolcemente arrendevole. I tutori che usano ormai da tempo stanno facendo un servizio egregio. Costano ma sono eccezionali. A tratti serra i muscoli quasi a strangolarmelo il cazzo, a tratti invece lo serra piano per poi stringerlo di nuovo, più volte, ripetutamente. Penso di non poter resistere alla dolce sofferenza più di tanto ma di nuovo è più veloce del previsto, aiutata dalla bocca di Beatrice che cerca e trova la sua e dalla mano della sorella che le titilla il clitoride. Mi ritrovo ad ansimare, quasi a gemere di piacere nel corpo della giovane donna, amante, schiava innamorata. Anche lei ansima, gli occhi semichiusi, la bocca che cerca l’ aria. Restiamo così in silenzio, quasi sopraffatti dalla magia del momento, dalla magia dell’ amore. Le carezzo il volto che sfioro con un bacio delicato. Una lacrima le scivola lungo il viso. Vi amo Padrone, e così…e voi, anche Voi…non va oltre ma quelle parole quasi mi danno nuova energia. Stringo il giovane corpo, un corpo certo non infantile, tornito e sodo anzi, di giovane donna. Giovane, giovanissima e profumata di passione. E’ spossata però. Vai a dormire cara. Mi fissa un attimo e sembra non vedermi, non capire. Mi bacia poi con una passione ed una dolcezza infinite e si avvia barcollando un poco. Mettetela a letto e raggiungetemi. E si, due nel letto ci stanno. Le fighette ancora strette ed anzi rese più…più…non so, meravigliosamente elastiche, accoglienti…i due sederini ormai addestrati dai tutori tanto da sembrare più stretti di qualche mese fa. Più stretti e vivi, muscolosi… le loro bocche. Sanno come portarmi al limite per poi fermarsi e ricominciare. Tutto ha un limite e questo limite me lo fanno raggiungere. Non resisto più, non voglio resistere più. Sto facendogli percorrere la riga di un sederino e non per caso mi fermo sul buchetto. Spingo e quello si apre volonteroso, quasi mi risucchia piano accompagnando il glande, risucchiandolo, stringendolo come per opporsi, per scacciarlo quasi e subito dopo spingendo all’ indietro i fianchi, la piccola mi accoglie tutto dentro di lei. Esplodo, rantolo quasi. Neppure faccio la doccia consueta, neppure me lo faccio nettare. Dormivate, Padrone, quando siamo tornate con il necessario.

Gino torna solo dopo altri dieci giorni e trova una schiava segnata nel corpo dallo sverzino che gli si scioglie di felicità nel letto nell’ essere sua, nel darsi al suo padrone, nel dargli piacere godendone a sua volta. Orgogliosa di questa trovata capacità. Sono felici entrambi. A tavola, questa volta Seja cena con noi, Gino si complimenta con me per come la ho addestrata in così breve tempo, non toglie però gli occhi da Valeria. Ho mandato le gemelle a dormire. Nello studio vecchio, stesi su una montagna di cuscini, beviamo e fumiamo serviti dalle due schiave, Francesca e Seja. Domani se la porta via, torneranno tra qualche tempo, per altri pochi giorni di vacanza.

Guardiamo le due donne prepararci un secondo caffè e ne commentiamo le evidenti grazie. Ci sentono e ne parliamo di proposito senza abbassare la voce. Francesca sa che mi sono goduto in tutti i modi Seja. Seja sa che Gino stravede per Francesca. Sto pensando a questo quando Gino fa la sua offerta. Seja è stata off limits negli ultimi giorni, perché non te la tieni questa notte con te? Le dai una altra allargata al sederino che prima o poi voglio provare pure io. Te la godi come vuoi e, se vuoi e se lei se le va a cercare le dai una bella ripassata con lo sverzini. Ne voglio comprare uno pure io ed anche comprerò quei cosi, i tutori. Un attimo poi realizzo. Ovviamente vuole che io passi la notte con Seja e gli dia Francesca che capisce e non sembra ne entusiasta ne contraria. E tu passi la notte da solo? Per un attimo si potrebbe sentir volare la classica mosca poi rido. Fran, poi vai con lui e comportati bene, anzi Gino, puoi godertela già qui. Io mi prendo la tua di schiava.

Si potrebbe sentire una mosca volare dall’ altro lato del salone. Seguo lo sguardo del mio pupillo che si perde, si chiede se mi stia sacrificando per lui in nome della vecchia…dimestichezza? Non è così e forse lo intuisce o pensa a chissà che…Sembra di essere nel mondo delle mille ed una notte, fa lui cambiando argomento, lo avevo già visto ma…ci si sta da sogno. Poi, a bassa voce, grazie. Distolgo gli occhi dal suo viso che tradisce con troppa evidenza le sue emozioni. La desidero da sempre. Ride, un riso nervoso. Grazie, ripete, la voglio da sempre, da quando sono stato grande abbastanza per apprezzarla. Imbarazzato a mia volta mi guardo attorno. Per me è una vista consueta, una accozzaglia di cose, mobili antichi e rifatti, specchiere lampadari e tappeti che contrastano tra loro e con la scrivania sul fondo tra le due finestre che sostiene il meglio della tecnologia elettronica attuale. Mi piace però, ci sto bene e mi fa piacere piaccia a lui.
Indossiamo solo una vestaglia e le due schiave invece sono restate vestite come a tavola. Siedo sul divano del settecento, la copia, non quello vero. Le schiave si spogliano fino a restare col sollo collare ed il cashe sex. Un attimo di esitazione poi Francesca elimina questa ultima insignificante barriera che la separa da…quello che sta per succedere. Per la prima volta sarà di un uomo non per sua decisione ma per un ordine impartitole dal padrone. Sarà definitivamente una schiava, totalmente schiava. Leggo nel suo volto questa consapevolezza e la consapevolezza che sarà per lei un passo irreversibile. Leggo anche la decisione caparbia di intraprendere questo cammino. Sarà mia e per sempre. creta nella mia mano. Seja invece mi ha immediatamente raggiunto. Non credo le spiaccia essere stata messa a mia disposizione.

La faccio scendere a gambe aperte sul cazzo che guida nella pregevole fica. Poi mi dai anche il culetto cara. Colgo il gesto di assenso del capo. Mi sporgo sedendo sul limite del divano e poggio le spalle sullo schienale. In questo modo posso vedere quello che fanno gli altri due. Sembra meno entusiasta della cosa la mia bella dottoressa ed è anzi livida in faccia ma ubbidisce. Un conto è dire le cose, un altro farle, sopratutto la prima volta. Lui se la scopa come un furetto. Più tardi mando la sua donna ad aiutare Francesca a farlo tornare tra i vivi. Di nuovo faccio il regista. Digli se vuole usare subito il culetto della mia donna, è brava. Pensavo si ingelosisse ma non è così e fin dal principio osserva interessata i due, prima mentre scopano e poi mentre fanno l’ altro giochino, la sacra messa in culo. Si permette di dare al suo uomo e Padrone persino dei suggerimenti tecnici. Ho la tentazione di portarmi davanti a Valeria che è stata fatta inginocchiare ed ormai ce lo ha ben ficcato nel sedere e sotto i colpi barcolla un poco in avanti. Vorrei darle il cazzo da succhiare. Sarebbe la prima volta che prende un cazzo ‘forestiero’ ed al tempo stesso ne succhia un altro. Una prima assoluta. Ne osservo il viso, tiene gli occhi chiusi e si morde il labbro quasi per concentrarsi…Mi limito a guardarli e devo dire che la vista è eccitante. La mia schiava su mio ordine si è data ad un mio ospite. Quello che ritenevo impossibile. Digli di frenare i cavalli se non vuole spomparsi, anzi, digli di smettere per un poco. Può tenersela tutta la notte e divertirsi come vuole. Gino dopo un attimo si scosta dalle nobili terga di Francesca e mi sorride. Ce lo ha bello in resta, beata gioventù. Grazie zio. Tira un gran sospiro poi trascina la schiava, la mia schiava, verso la sua camera. Voi dottore, non vi dispiace che Francesca…ma no rispondo, è una schiava. Ma è la prima volta che…C’ è sempre una prima volta rispondo con una disinvoltura che lascia stupito anche me. Mi chiedo per un attimo se sarei così indifferente se nella camera e nel letto di Gino ci fosse Beatrice o Valeria.

Piacevole, molto piacevole. Mi risveglio e sono proprio ben sveglio e molto soddisfatto. Seja invece dorme beata. A questo punto son certo che Gino si ritrovi una ottima schiava. E’ arrossita quando glie lo ho detto, mi ha carezzato quasi timidamente la mano. Sapete Padrone, mi avete fatto capire voi quanto lo ami. Voglio essere perfetta per lui…lo amo da sempre, mi sono offerta io a Padron Gino…ma come Padrone aveva molto da imparare e…se non lo amassi tanto, avrei chiesto che mi teneste con Voi. Non dovete fraintendermi. Vengo con Voi, a letto e tutto il resto solo per suo ordine e finché lo ordina. Sono sua, completamente. Poi, dopo qualche attimo, non mi aveva mai frustata, solo qualche scapaccione. Ma io voglio sia un vero Padrone. Un Padrone come Voi. Voglio essere una brava schiava come Francesca. Non sono gelosa di lei, un poco soltanto al primo momento e mi è già passata. Ride nel confessarlo. Non diteglielo, per piacere. Tace e porta la mano alla bocca quasi temesse di dire tropo. Avevo pensato di fare l’ amore con lei come faccio sempre con le altre schiave, fermezza e dolcezza. Avevamo cominciato così, ma ha chiesto la legassi. Forse la dolcezza non le piace più di tanto oppure vuole imparare ad affrontare le rudezze che certo una vita da schiava le riserva. Mi ha offerto il sedere senza riserve, fiduciosa direi e non ho dovuto forzarla, non più di tanto, sta veramente imparando. Sento il suo muscolo del beneamato culetto allargarsi a ricevermi. Per la prima volta è percepibile che spinge i fianchi ed il culo verso di me. Non è certo rodata ed esperta, il culo fatica ad allargarsi bene ed in fretta, bisogna avere pazienza e stare dentro di lei più di qualche attimo perché i muscoli si dilatino, In fatto di pompini è parecchio indietro, non è una arte che si impara da sole. Serviranno mesi, le ho detto. Cerca su internet, troverai di che stupirti e ti si apriranno nuovi orizzonti. Non sai però che Gino può essere molto determinato, testardo, duro come una pietra. Saprà diventare un padrone molto esigente e mi spiace un poco per te… Dai segni che ha sul corpo direi che in questi giorni sia già andato ben oltre gli sculaccioni. Una frusta di corda bagnata forse. Poveraccia. Pure io però ho usato questa donna con durezza. Sto diventando…non trovo le parole, mi esalto però punendo una di loro. Non so od almeno ho difficoltà a trattenermi…colpisco con foga, violenza, cerco forse anche scuse per farlo. Non con loro. Le scuse sono per me. Al diavolo, sono mie schiave. Francesca poi non è una ragazzina e ha fatto le sue scelte. Chissà se domani sarà vergognosa, contenta o furibonda. Ho usata la mia autorità su di lei come dice talvolta. Di nuovo al diavolo. Le gemelle no, quelle certo non le faccio scopare da nessuno. Sono mie e soltanto mie, ma domani me le faccio in tutti i modi. Chiavo ed inculo una gemella e mentre le scopo il culo mi faccio leccare il mio da l’ altra gemella. Non ho mai osato chiedere una cosa del genere.

Sono andato in centro, un appuntamento con il mio programmatore. Torno che sono già a riposare. Sono appena salite Padrone, devo chiamarle? Un attimo e Ashila vi prepara qualcosa da mangiare… No, no, cara, ho già pranzato. Non volete niente chiede la cuoca nel sopraggiungere preoccupata. Sono nel mezzo di un vero dramma. Immagino che razza di pranzo possa essere stato… Al mio rifiuto se ne va poco soddisfatta e certa che abbia mangiato peggio che alla mensa dei poveri che mi starà tutto sullo stomaco e mi ammalerò. Non mi ammalerò ma hanno ragione. Ho pranzato con il professionista. Pranzato poi, un panino al bar, e ce lo ho sullo stomaco, ma forse è tutta impressione o la preoccupazione delle reazioni delle mie fantesche, inorridite a dir poco. Le avevo avvertite ovviamente, mettendo giù il telefono prima che iniziassero le veementi proteste. Salgo senza fretta e controllo la apparecchiatura di registrazione. Sta funzionando. Ashila mi porta il caffè che ho chiesto, tutto tace, compresa lei, per un attimo almeno. Devo chiamare le vostre donne? Adesso no, cara, riposo un poco. Tu vai pure, vai da tua figlia. Salutamela anzi. Se serve le mandiamo i migliori medici del mondo, dimmi subito cosa ha. Il dottore dice che è una influenza virale, da tenere controllata ma niente di preoccupante. Vai a coccolartela allora, ma poi fammi sapere e…si padrone. Se appena serve a stare tranquilli stai con lei anche stanotte e tutto il tempo che appunto serva Sorride. Lo sapevo già che dicevate così. Quando poi erano piccoli voi e la signora Maria venivate spesso, anzi tutte le volte che uno si ammalava. Mi guarda con affetto? Ne sono certo.

Il server mi dice che stanno ancora parlando e che lui registra. Una doccia ed il letto tutto per me. Per non dover ascoltare cose fuori del mio interesse, il computer ha una selezioni di parole chiave di riconoscimento vocale. Se in una frase compare una di queste parole me lo indica. Ce ne sono moltissime. Una loro abitudine è non parlare mai di cose scottanti fuori della loro camera. Le faccio dormire insieme da tempo anche per questa ragione, per ascoltarle meglio. Sullo schermo del telefono che tengo in camera compare la schermata con in evidenza le parole chiave usate dopo lo scambio di schiave fino ad ora. Salto di qua e di la un poco poi trovo…Le Gemelle mettono Francesca in angolo sia pure con qualche garbo. Poi accetta di raccontare alle due i fatti. Mi ha data a Padron Gino. Sottolinea la parola ‘Padrone’. Spiarle è complicato e lungo. Lo faccio solo di tanto in tanto meravigliandomi con quanta rapidità muti il loro modo di esprimersi. In questo caso la parola Padrone che appunto sottolinea nel tono, indica un nuovo rispetto per Gino che solo in apparenza è un giuggiolone. Francesca descrive abbastanza bene, dal suo punto di vista insomma, la prima parte della serata, al solito senza particolari piccanti. Poi il precipitare degli eventi…e mi ha data a lui. Ma ti aveva fatto delle avance, ti aveva fatta la corte, fatto capire che ti voleva? Silenzio. No, fatta la corte o detto qualcosa… assolutamente no. Che mi volesse, e da tempo, lo sapevo fin da prima di diventare…di nuovo tace. Qui è stato assolutamente e solo corretto e formale. In nessun modo ha offeso il nostro Padrone. Comunque si sono scambiate le donne. Si, io sono finita tra le braccia del nipote e Seja in quelle del Padrone. E cosa ti ha fatto. Tutto è la sua risposta. E tu? Io? Cosa potevo fare? A l’ inizio, nello studio mi sono sentita strana e strano mi è sembrato entrare nel suo letto. Più strano di tutto prepararmi per andare a letto con un uomo diverso da Lui, il Padrone. Ma cosa sentivi. Niente. Fisicamente niente. Neanche fossi una bambola di gomma. Poi, dopo, tornata qui in camera nostra…vai avanti! Mi sono sentita ancora più sua. Le mormora appena le ultime parole. Più sua e più innamorata. Lo ho sempre amato, adesso gli voglio bene anche di più. Le gemelle tacciono. Tutte e tre tacciono. Lo farà ancora? Ti farà fare l’ amore ancora con altri uomini e darà via anche noi? Riascolto più volte questa domanda senza riuscire a capire quale delle due la abbia formulata ma non importa. Chiunque abbia pronunciato le parole, esprimeva pure i timori dell’ altra. Penso di si. Ne sei certa? Certa no ma quasi. Ma noi amiamo Lui, soltanto Lui, come si fa con uno che non ami, uno sconosciuto magari? Ti sei data schiava, ci siamo date schiave…ubbidienza ‘SS’ dice una delle gemelle. Di nuovo non so quale delle due abbia pronunciato queste parole ma non importa. Cosa vuole dire, chiede Francesca. Oh, soltanto un nostro vecchio modo di dire. Alla nostra nonna dovevamo ubbidire sempre e subito…un lungo silenzio, quasi un minuto dice il monitor. Non so se potrò…per me è lo stesso. Credo invece che ubbidirete. Lo amate. O siete, no, o siamo sue o non siamo niente. Adesso è Francesca ovviamente a parlare.
Poi risponde di nuovo al quesito di cosa abbia sentito. Ma ti ha baciata? Hai dovuto…Si, risponde Francesca. Lo ho baciato ed ho fatto. Ma non capite? Gli appartengo. Mi piacesse o meno ubbidivo a Lui, come sempre, lo amo e sono una sua schiava, come voi. Quella di darsi schiava è l’ ultima decisione che abbia preso. Da quel momento decide tutto lui, deciderà sempre tutto lui. Questo vuol dire darsi schiava. Ubbidienza S&S dice una voce sorda, veramente ubbidienza S&S. Cosa hai dovuto fare, cosa ha voluto…scusa ma…sono fatti miei e del Padrone. Se mai avesse posto dei limiti avrei ubbidito. Ma non li ha posti. No non li ha posti. Ma non ti ha fatto schifo? Non ti sei sentita rivoltare? Di nuovo un lungo silenzio. Non so. Al primo momento forse si, un poco almeno e certo mi sentivo strana. Io sono stata, ho avuto…altri uomini, ma li avevo sempre scelti, era sempre stata una mia scelta accettare di fare l’ amore con loro e cosa permettere loro di fare con me. Per me forse è stato più facile di quanto invece sarà per voi. Comunque non ho sentito niente e certo ho solo finto…certi entusiasmi. E perché mai? Fa parte del pacchetto e per non dover rispondere a domande sceme del tipo: ti è piaciuto cara, stai godendo, hai goduto, vuoi che lo facciamo ancora, le domande sceme che fanno sempre gli uomini a letto. Buono a sapersi, penso. Il Padrone…quasi mai, non così. Forse continua Valeria, non gli interessa…Sono certa che sbagli. Lui cerca sempre di farci godere ed è tanto sensibile da capire se ci stia piacendo. Non dite il falso, sono stata con voi e Lui troppe volte, ho visto…Le ascolto a lungo, fino a che non diventano ripetitive. Ascolto Bea e Vale parlarne da sole. Esprimono qualche dubbio ma…ubbidirebbero.

Amarle e darle ad altri? Impossibile, assolutamente impossibile!

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Cara lettrice, scrivendo, mi è sempre difficile esprimere, quando la situazione lo richieda, quelle che possono essere le pulsioni ed i pensieri di una di voi. Cosa possa pensare e sentire cioè una donna, magari sposa fedele e madre affettuosa nel sentirsi corteggiata con garbo da un uomo non spregevole. Cosa può pensare e provare una donna nelle mille situazioni in cui può venirsi a trovare, magari critiche. Per questo ho abbozzato queste poche righe. Per cercare una soluzione a questa mia difficoltà. E’ impossibile a me uomo entrare nella mentalità di una donna.
Vorrei avere un contatto con una donna, che non vedrò mai, con la quale dividere alla pari onori ed oneri per la composizione di qualche lavoro. Ne decideremmo insieme la trama e collaboreremmo alla sua redazione. Alla pari, senza conoscerci se non via internet. Se la cosa apparisse troppo impegnativa potremmo discutere e trovare forme di collaborazione accettabili ad entrambi.
Posso essere contattato tramite Milu e conservereste il vostro completo anonimato. Sempre su Milu sono presenti una quindicina di miei scritti per eventualmente farvene una idea.
Speranzosamente vostro

Chiodino.

I RACCONTI DI ‘CHIODINO’ SU: I RACCONTI DI MILU
Padrone di schiave per forza?
Io, gigolò a settant’anni
E’ giovane… ma grande abbastanza.
Farsi scopare da uno schiavo, mai!
Gallina vecchia.
I sogni muoiono all’alba.
Il Circolo dei ‘Bastard’.
Incubo?
La bella estate quando divenni uomo.
La mia cagna da riporto.
Lei e Lui, Lei e Lei, Lui e Loro.
Mi piacciono i culi, tutti i culi, rigorosamente femminili.
Quattro uomini per una signora (Gli Dei vogliono risorgere).
Schiava o puttana? Schiava e puttana.
Tutto per i miei bambini.
Sedotto.
Le mie bambine ed io, rapite, addestrate per…
Ed altro ancora.
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