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Racconti Erotici Etero

Perchè no?!

By 19 Ottobre 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

Dopo tantissimo tempo torno a scrivere. La mia vita &egrave cambiata radicalmente in questi ultimi anni e sono passata dal vivere con mia sorella al vivere da sola, dall’essere psicologicamente dominata da una relazione virtuale all’avere una storia vera, che poi &egrave diventata sempre più ufficiale, fino a trasformarsi un fidanzamento. Purtroppo o per fortuna i casi della vita sono imprevedibili e insospettabili e da giovane fidanzatina sognante le nozze -decisamente premature-, mi sono ritrovata di nuovo sola. I motivi sono moltissimi e non nascondo che, da classica bambina, quale sono sempre stata, che sogna il principe azzurro, mi sono montata la testa tantissimo in pochissimo tempo. Colpa mia, colpa sua, amen, non ha più importanza. Fa niente, si va avanti più forti, più maturi, più responsabili, più consapevoli di prima.
Trascorsi indicibili mi hanno allontanato da una delle mie sorelle. Il resto della famiglia &egrave all’oscuro dei reali motivi, ma questa situazione ha alimentato il mio senso di solitudine. Ma anche in questo caso, fa niente, l’importante &egrave ritornare a stare bene con me stessa. E alla fine ho vinto. Tutto &egrave tornato al suo posto, meglio di prima.
E così quasi due anni dopo, mi ritrovo seduta in treno, diretta a Torino per passare un qualche giorno con un gruppo di amici, finalmente i pensieri cattivi e oscuri mi hanno lasciato in pace e posso tornare a godermi i miei 25 anni!
Ho cambiato taglio di capelli, ora ho i capelli lunghi e una bella frangetta; ho cambiato taglia, perch&egrave se c’&egrave una cosa positiva della tristezza &egrave che mi toglie l’appetito; ho cambiato espressione, e un bel sorriso positivo mi disegna il visto; ho cambiato modo di considerarmi, e non sono più l’oggetto di un tempo, ma una ragazza che si cura e si valorizza.
Si vede che tutta questa positività mattutina si espande facilmente, perch&egrave, appena salita in treno, capita che un ragazzo, sorridendomi, si sieda accanto a me e che, con la scusa di tirare giù il finestrino, inizi a parlarmi come se ci conoscessimo da anni. Il treno parte, la chiacchierata diventa sempre più piacevole!
Fermata di Rho: F (lo chiamerò così), mi racconta che si &egrave appena laureato in medicina, ma un po’ in ritardo. Dunque avrà un paio di anni in più di me. Sta andando a Torino perch&egrave ha deciso di festeggiare la laurea con con alcuni amici.
Fermata di Novara: F mi chiede perch&egrave sto andando a Torino. E’ troppo curioso o realmente interessato? Glielo spiego a grandi linee, ma più cerco di direzionare il discorso verso quello che farò, più lui trova spunti per tirare fuori particolari dal mio passato. Per ogni cosa finisce sempre così, più mi sforzo di resistere, più non resisto. C’&egrave proprio qualcosa in me che funziona al contrario. Gli racconto del baratro che si &egrave creato tra me e mia sorella, senza, almeno in questo, entrare nello specifico di dettagli imbarazzanti; gli racconto quindi della mia situazione familiare e delle aspettative mancate, della solitudine e delle false speranze.
Fermata di Vercelli: mentre parlo e parlo e parlo come se finalmente avessi trovato la persona giusta a cui confidare tutto, F mi interrompe per dirmi che ogni volta che sente il treno rallentare teme che io mi alzi e scenda. Ma allora non &egrave solo un curioso! O meglio, &egrave realmente incuriosito da me. Ecco che mi sento come quando avevo 12 anni, ai primi rossori in viso per un semplice sguardo incrociato con una persona speciale. No, non ci devo ricadere come le altre volte. Ridacchio imbarazzata e ironicamente gli dico di stare tranquillo, perch&egrave tanto scenderò al capolinea! Sorpresa delle sorprese, &egrave anche la sua fermata…ma va, sembra una storia già scritta in qualche sdolcinata commedia. Il discorso prosegue, passa il controllore per obliterare i nostri biglietti; colgo l’occasione per fare una pausa da questa chiacchierata che mi sta facendo costruire l’ennesimo castello tra le nuvole, e dico ad F di dover andare al bagno a sciacquarmi la faccia. D’altronde siamo ad agosto, &egrave una scusa che regge!
Mi alzo e il mio passo &egrave traballante, non per altro se non per i movimenti del treno; nessuna scena da film in cui gli cado accidentalmente addosso. Arrivo di fronte alla porta del bagno ed &egrave occupato, quindi mi appoggio con la schiena alla parete opposta, in attesa. Nonostante le carrozze del treno si muovano su e giù, dagli oblò delle loro porte, inaspettatamente, vedo F che si alza e viene verso il bagno. Bo, dovrà fare una tappa bagno anche lui. Arriva di fronte a me e sarcasticamente gli chiedo cosa ci faccia lì. Mi dice che semplicemente doveva sgranchirsi le gambe e che la mia idea di rinfrescarsi la faccia non era poi così male! Anche lui si appoggia accanto a me e…finalmente il primo contatto…semplicemente due spalle che nonsi sarebbero sfiorate, se non fosse stato per l’ennesimo sbalzo del treno sulle rotaie. E’ il primo momento di silenzio da quando mi ha rivolto la parola e anche ora, questo silenzio, viene interrotto subito, non da un nuovo argomento di cui parlare, ma da un bacio, un semplice bacio che F mi stampa sulle labbra. E’ durato il tempo di un nuovo sobbalzo del treno, che come prima ci aveva avvicinati, ora ci allontana, e in quel preciso momento sentiamo la chiave del bagno che gira, la porta si apre, la vecchina che c’era dentro ci guarda e se ne torna nella sua carrozza. Di nuovo soli mi giro verso F con uno sguardo interrogativo e richiedente spiegazioni: l’unica cosa che riesce a dire &egrave che prima, seduti uno davanti all’altro non riusciva ad avvicinarsi a me, mentre quello era il momento giusto per baciarmi. Scuotendo la testa, rossa in viso come mio solito, decido di lasciar perdere ed entro nel bagno, ma, come se fosse la cosa più naturale del mondo e senza farsi troppi scrupoli, F mi segue. Mi esce un ‘Ma scusa, cosa vorresti fare?’ indispettito, ma senza dir nulla, chiude la porta dietro di s&egrave e mi guarda con un sorriso tanto rassicurante quanto malizioso. Da questo momento nessuno di noi ha più parlato. Apre il rubinetto del lavandino, si bagna una mano e la passa sul mio viso, sulla fronte, sul naso, sulle guance, sul collo, per poi risalire alla mia bocca. Si sofferma lì: mette di nuovo un dito sotto l’acqua del lavandino e passandolo sulle labbra le inumidisce. Istintivamente socchiudo la bocca e F ne approfitta per insinuarci dentro due dita, non tanto, ma appena appena, giusto fino a toccare i denti e la lingua. Sempre per istinto la mia bocca si richiude sulle sue dita. Le tira fuori e senza staccarle dalla mia pelle le fa scendere sul mento, poi lungo il collo…sono fresche per l’acqua, ma al tempo stesso calde per la mia saliva. Passa sul petto, arriva alla fine della scollatura, e contrariamente alle aspettative, si ferma. Non so se sia stato un altro sobbalzo del treno o se l’iniziativa sia stata sua, ma ecco che mi spinge contro il muro del bagno, praticamente schiacciandomi con il suo corpo. Il bacio &egrave lungo, non più a stampo, un bacio di quelli che non ricordavo più, infinito, bagnato, ruvido; le mie braccia passano sulle sue spalle e lo abbraccio, infilando le mie mani tra i suoi capelli. Quel giorno avevo messo dei pantaloncini corti verde scuro: F non me li sbottona, semplicemente fa scorrere la sua mano sinistra sulla mia coscia, dal ginocchio verso l’alto, entrando nei miei pantaloncini da sotto. No, non ha fatto quello che tutti si aspetterebbero. Solo con il mignolo ha sfiorato il mio clitoride, ma poi la su mano prosegue verso l’alto, fermandosi poco più in basso dell’ombelico e facendomi sentire tutto il calore che poteva sprigionare. Intanto la sua mano destra, &egrave sul mio fianco, sale, sale, ma no, nemmeno lei hai fatto quello che tutti si aspetterebbero: si ferma alla base del mio seno, lo tiene tra il pollice e l’indice, ma non lo tocca.
Solo ora ho capito a che gioco F vuole farmi giocare. Gli piaccio, gli piaccio tanto, sia fisicamente, sia di persona, me lo ha dimostrato sia ascoltandomi per più di un’ora di viaggio sia seguendomi in bagno, ma non vuole sfruttare quel momento per avere un’avventura da una botta e via. Altrimenti non mi avrebbe dato quel bacio. No, lui vuole mostrarmi cosa mi perderei se la nostra conoscenza finisse assieme a quel viaggio, al capolinea. E così decido di giocare al suo gioco, perch&egrave sì, sarò anche timida, sarò sotto sotto ancora quella bambina che sogna il principe azzurro, sarò stata debole e suggestionabile in passato, ma ora ho la consapevolezza sufficiente per non essere un gioco nelle mani altrui, ma per dettare anche io le regole del gioco. Mi si accende una scintilla negli occhi, blocco quel bacio tanto appassionante e gli sfilo la mano dai miei pantaloncini. Con dolcezza la porto alla mia bocca, gli bacio la punta di due dita, e le introduco poco a poco, come prima, appena appena oltre ai denti, giusto per toccare la lingua. La riporto davanti a me e mentre gli lecco il palmo per poi risalire con la lingua di nuovo alla punta del dito medio, con l’altra mano gli accarezzo le spalle, riscendendo per il petto, fino alla cintura. Non vado oltre, mi fermo, e per tutto questo tempo lo guardo fisso negli occhi.
Il treno rallenta e si inchioda.
Fermata di Porta Susa: velocemente ci ricomponiamo, lui si lava le mani, io mi sciacquo il viso, usciamo sperando di non trovare nessuno sulla strada che dal bagno porta ai nostri posti.
E’ ironico notare come ora nessuno dei due parla più, nonostante tutte le chiacchiere di prima. E più il silenzio si prolunga, più mi viene da fargli domande, chiedergli di cosa &egrave successo in bagno, sapere cosa succederà alla prossima fermata, il capolinea. Il silenzio viene squarciato da un ‘La prossima &egrave la nostra’ e mi rendo conto che tra Porta Susa e Porta Nuova ci sono solo una decina di minuti. Il tempo stringe, non si può rimuginare troppo su quel che c’&egrave da dire. Apro la bocca per dire qualcosa di indefinito, ma F mi precede: ‘Non ti lascio il mio numero di telefono ora. Ce li scambieremo quando ci rivedremo. Prenderò il treno per tornare a Milano mercoledì, con quello delle 10.54. Spero di ritrovarti.’
Panico, oddio, cosa farò mercoledì? Ci sarò? Devo esserci! Dovrò anticipare il ritorno! Che scusa mi invento? E mentre, nella confusione totale, cerco uno stratagemma per dargli la conferma del nostro ‘appuntamento’, il treno inchioda definitivamente, prendiamo i bagagli, scendiamo, insieme andiamo fino all’uscita della stazione.
F mi dà un bacio sulla guancia, vicino all’orecchio, mi guarda negli occhi e dice ‘Perch&egrave no?’, mi dà un bacio sulla bocca. Veloce, non appassionato come prima, ma dolce, umido, rassicurante, come i baci che si danno al proprio innamorato prima di partire. ‘Ci conto’, mi dice. E se ne va.
Nella mia mente sbigottita c’&egrave posto solo per un sorgere continuo di domande. Purtroppo per avere una sola misera risposta, ci sarà una sola cosa da fare.

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