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Racconti 69Racconti Erotici Etero

Piccola Lolita

By 8 Marzo 2011Febbraio 9th, 2020No Comments

 

 

Era strano tornare a casa. La casa della mia infanzia, della mia adolescenza, dei primi baci e delle prime scopate. La casa della mia famiglia, ma era ancora casa mia? Erano tre anni che tornavo solo per le feste, dopo che avevo accettato il posto da ricercatore a Dusseldorf. E anche prima, cinque anni di università, tornando a casa solo d’estate o poco più. Non era stato facile scegliere di tornare. Il posto di lavoro che mi avevano offerto era buono, ma ormai la Germania era diventata la mia vita, lì avevo i miei amici, la mia ragazza, avevo persino iniziato a pensare in tedesco.

Tornare in Italia, però, mi allettava. Dentro di me avevo sempre saputo che la mia trasferta sarebbe stata solo temporanea. Come il mio rapporto con Katrina. Stavamo bene insieme, ridevamo, bevevamo, scopavamo. Ma c’era qualcosa di più? Non le avevo chiesto di seguirmi in Italia, e lei non si era offerta di farlo. L’avevo lasciata, e basta. Lei aveva pianto, quando le avevo dato la notizie, l’avevo abbracciata, avevamo fatto l’amore in maniera molto dolce, molto diversa dal solito, poi aveva pianto ancora e infine la mattina seguente le avevo detto addio. Non era stato facile… ma neanche così difficile come credevo.

E così, rieccomi a casa. Tre ore di volo, due di automobile accanto a mio padre, che mi sembrava invecchiato di venti anni negli ultimi cinque, e a mia sorella che non la smetteva di tempestarmi di domande. Infine la vecchia villa di famiglia. Il giardino sempre be curato, la passione di mia madre. La mia camera da letto.

Lì il tempo sembrava essersi fermato. C’erano gli stessi vecchi poster heavy metal di dieci anni prima, gli stessi libri, gli stessi cd. Probabilmente se mi fossi messo a cercare avrei ritrovato anche le vecchie riviste porno, nascoste nel solito posto. Ma ero stanco, il viaggio era stato faticoso. Senza perder tempo in esplorazioni cenai con la mia famiglia, risposi a mille domande e mi sorbii persino qualche minuto dell’orribile televisione italiana, prima di andare a letto. 

 

Quando la mattina mi svegliai, in casa non c’era nessuno. I miei genitori erano al lavoro, mia sorella non si sarebbe fatta vedere prima di mezzogiorno neanche se fosse arrivata la guerra, e io… beh, avevo molto tempo libero. Il lavoro sarebbe iniziato a settembre, ed era ancora luglio. Che fare? Esplorai la cucina ritrovando le solite merendine, i soliti biscotti. Feci colazione sorridendo. Davvero nulla era cambiato? Suonò il campanello.

– Ma allora è vero che sei tornato! – Una bella ragazza sui diciotto anni mi saltò quasi addosso non appena aprii la porta. Indossava una maglietta viola e degli shorts di jeans. Aveva un sorriso contagioso che mi ricordava qualcuno, ma chi?

– Scusami, non…

– Non dirmi che non mi riconosci perchè mi incazzo! Guarda che non ci gioco più con te con le Winx! – Cazzo, ecco chi era…

– Karen, certo che ti riconosco – mentii. – Scusa se non sono venuto a salutarti, ma quando sono tornato ieri sera ero stanchissimo, e anche ora mi sono appena svegliato.

– Non ti preoccupare, tanto non mi piacciono più le Winx – sorrise ancora. – Ho sentito i miei genitori dire che eri a casa ieri sera a cena, volevo chiamarti ma poi mi sembrava stupido, visto che siamo vicini. Così sono venuta stamani, spero di non disturbare!

– No, sono solo un po’stordito, ancora! Beh mi devi raccontare un sacco di cose… come va con la scuola?

– Con tutte le cose che ti devo raccontare chiedi proprio della scuola? Ascolta, facciamo così. Ora devo andare a fare delle commissioni, vieni da me oggi pomeriggio, così facciamo un bagno in piscina e mi racconti tutto quello che hai fatto in questi anni, ok?

– Ok…

– Allora mi raccomando, vieni quando ti pare ma vieni! Ti aspetto.

Si voltò, salì su un motorino verde pisello e partì senza neppure pensare ad indossare il casco. Cazzo, che culo ha messo su la Karen…

 

Karen era la figlia dei vicini. Aveva solo tre mesi più di mia sorella, così erano cresciute insieme, da grandi amiche, e io ero diventato un po’ anche il suo fratellone. Ero il loro riferimento per andare al cinema, per scarrozzarle in giro, per giocare. Pareva che fossi bravissimo con le Winx, visto che anche mia sorella me lo ricordava sempre. A dire il vero accettavo di sorbirmi le due marmocchie soprattutto per usare la piscina dei vicini, che era uno spettacolo. Soprattutto nelle giornate estive come quella.

Comunque, se fino ad allora pensavo che nulla fosse cambiato, Karen era la dimostrazione che mi sbagliavo. Mi ricordavo una dodicenne grassottella, coi capelli unti, piena di brufoli e goffa, e ora… ero appena stato abbracciato da una splendida diciottenne alta 1,70 che avrebbe potuto tranquillamente fare la modella, capelli castani mechati di biondo leggermente mossi, un filo di trucco… e soprattutto un culo che… wow. Mia sorella a confronto sembrava ancora una bambina. Per fortuna. Mi ricordavo vagamente che la loro amicizia si fosse affievolita quando alle superiori erano finite in due classi diverse. Cose che capitano.

 

A pranzo mi informai sulle varie vicende del paese. Chi era morto, chi si era sposato, chi aveva divorziato e chi aveva avuto un bambino. Tutto regolare. Seppi che i genitori di Karen stavano bene e mi parve di vedere mia sorella arricciare il naso quando dissi che il pomeriggio mi aveva invitata da lei. Forse era gelosia, o forse anche lei voleva venire in piscina. 

Arrivarono le tre. I miei genitori erano andati al lavoro e mia sorella era da un’amica. Non avevo nulla da fare, così infilai il costume e suonai il campanello di Karen, sperando che non fosse troppo presto. Mi aprì lei, già in bikini. Non mi sbagliavo certo a pensare che avrebbe potuto fare la modella, il suo seno era piccolo ma perfetto, la sua pancia piatta e splendida e sfoggiava un piercing all’ombelico che mi faceva impazzire. Sono sempre stato un feticista dell’ombelico, quella vista me lo fece quasi venir duro… scrollai la testa e cercai di pensare ad altro.

Karen mi portò in piscina, subito in acqua. Tra un tuffo e l’altro mi disse che i suoi genitori sarebbero tornati solo alle 8 di sera e mi chiese qualsiasi cosa sulla Germania, sul lavoro che sarei andato a fare, sulla ragazza che avevo lasciato e su mille altre cose. Il mio sguardo tendeva a posarsi alternativamente sulle sue chiappe che sembravano inghiottire lo striminzito costume e sul piercing che adornava il suo ombelico.

– Ti piace? – mi chiese maliziosa indicandolo mentre era seduta sul bordo della piscina. – Ho letto sul tuo blog che hai una passione per i piercing all’ombelico…

– Leggi il mio blog?

– Certo, mi tengo sempre informata sui vicini di casa che scappano all’estero…

 

Arrivarono le quattro e non ce la facevo più a stare in acqua. Il sole mi uccideva, e io, abituato al clima tedesco, era ancora bianchissimo. Iniziavo a bruciarmi.

– Hai bisogno di una bella crema solare! – mi disse Karen quando andai a rifugiarmi sotto l’ombrellone.

– E dopo di un bel doposole. Devo ricordarmi che il sole italiano è ben diverso da quello tedesco…

– Ci penso io. – E pochi istanti dopo tornò con la crema. – Dai, stenditi, che te la spalmo.

– Ma dai, posso pensarci io.

– Non  ci pensare nemmeno, sei già mezzo bruciato. Stenditi che non te la passeresti bene, da solo.

 

Obbedii. La crema fredda sulla schiena mi dette subito un bel brivido, il tocco delle mani di Karen poi fu anche meglio. Era molto delicata, percorreva ogni millimetro con cura, sulla schiena, sulle braccia, sulle gambe. Chiuse gli occhi e sospirai, rilassato.

– Ora girati.

Mi misi a pancia in su. Cominciò il massaggio dai piedi, sussurrando quanto quella parte fosse delicata e soggetta a bruciature. Continuò il massaggio a lungo, risalendo con estrema lentezza. Le mie palpebre si fecero pesanti ed entrai in una sorta di dormiveglia, mentre lo splendido massaggio continuava sulle cosce, sulla pancia, sulle braccia, sul petto…

 

Riaprii gli occhi di scatto. Il massaggio si stava facendo troppo bello. Karen mi stava accarezzando da sopra il costume il pene eretto, che svettava come il palo di una tenda. Sorrideva.

– Cosa stai facendo? – le chiesi.

– Non si vede? Il massaggio! – si fermò per un’istante.

– Non ti sembra… di esagerare?

– Forse ho già esagerato. Guarda in che stato ti ho ridotto. – Infilò la mano sotto il mio costume e mi afferrò il pene. – Cazzo! E’ grossissimo!

– Karen, non… – mi tirò fuori il pene e cominciò una lenta sega.

– Scusami, è colpa mia, il massaggio te l’ha fatto venire duro… fammi rimediare, ok?

– Karen, tu hai diciotto anni, io ventinove.

– Dai, è solo una sega. Non puoi mica rimanere così!

 

Non me la sentivo di darle torto. Eppoi era tanto tempo che non facevo nulla, il mio pene non avrebbe preso bene un rifiuto… sospirai e chiusi gli occhi di nuovo, mentre la sega continuava. La sua manina era inesperta, ma la cosa mi eccitava.

– Sai, mi ero immaginato che ce l’avessi grosso, ma non pensavo così…

– Sono lieto che ti piaccia… – risposi ansimando.

– E… a te piace il mio massaggio? Non sono tanto brava…

– No, sei… bravissima… cazzo mi stai facendo godere!

– Fammi vedere come godi – si chinò a darmi un bacetto fugace sulle labbra, poi tornò su arrossendo. Io la guardai stranito. Accelerò il ritmo della sega.

– Vengo… Karen, godo! – schizzai sette, otti fiotti di sperma sulla mia pancia. Raramente ero venuto così tanto. Karen continuava ad accarezzarmi il pene, ora più dolcemente.

– Wow, quanta… roba…

-E’ perchè mi hai fatto stare… molto bene. Karen, scusami, non so cosa…

– Non ti preoccupare, sono stata io! Scusami te! Ora se vuoi fare una doccia…

 

Accettai, arrossendo come un ragazzino che ha appena rubato un bacio alla compagna di classe più bella. Solo che avevo rubato ben più di un bacio. Restai con Karen per un po’ dopo essermi ripulito, poi trovai una scusa per tornare a casa. La sera, dopo cena, mi arrivò un sms.

 

Da: Karen

Non è stata una cosa improvvisa, era da tanto che sognavo di farlo. Quando ti toccavo mi sembrava di essere in paradiso, stavo quasi per godere anche io. E ho goduto dopo, toccandomi pensando a te. E sto godendo ora, toccandomi, pensando a te.

 

Resistetti alla tentazione di risponderle. Meglio aspettare la mattina, a mente più lucida.

 

Mi svegliai col cazzo duro come un diamante. Non ricordavo cosa avessi sognato, ma avevo la sensazione che si trattasse di Karen. Già, Karen. Come dovevo affrontare quella situazione? Da un lato, era come se fosse la mia sorellina. Era appena diventata maggiorenne, mentre io stavo per compiere trenta anni. Ancora nella mia mente era la bambina che mi chiedeva di portarla a vedere Shrek, o di aiutarla con i compiti di matematica. Ma non era più una bambina, era un’adolescente, anzi, una giovane donna. Con un viso da modella, e un corpo acerbo ma già adulto, conturbante. Era la mia piccola Lolita. Non potevo negare che mi eccitasse, avevo voglia di sesso. Avevo voglia di lei. Katrina era stata… un fuoco. A letto era un demonio, sapeva diecimila trucchi, era insaziabile, le piaceva tutto e forse ero io a frenare i suoi ardori, a volte. Karen sarebbe stata sicuramente diversa, una ragazzina da svezzare, forse ancora vergine? Un sogno erotico per moltissimi.

Risposi al suo messaggio della sera prima.

 

A: Karen

Se ne hai voglia, potrei fare ancora un salto in piscina oggi pomeriggio. Solo, non esageriamo, ok?

 

La risposta arrivò in pochi secondi.

 

Da: Karen

Ti aspetto alle 3 come ieri. Non esagererò, promesso :*

 

La faccina col bacetto, da ragazzina, mi fece impazzire. Andai in bagno e mi feci una sega, immaginando che la mia mano fosse la sua, e che alla mano seguisse molto di più.

 

Ovviamente l’orgasmo mattutino non aveva calmato i miei bollenti spiriti. Mi aggiravo per la casa come un’anima in pena, contando le ore e i minuti. A mia sorella, ed ai miei genitori a pranzo, dissi che mi annoiavo. Ancora non avevo ripreso contatti con i miei vecchi amici, e a dirla tutta non sapevo neppure se a loro interessasse qualcosa di me… non ero stato proprio un asso nel mantenere i rapporti, al di là di un paio di persone più intime. Così non sapevo cosa fare. Dissi che al pomeriggio non avevo di meglio da fare che tornare in piscina. Lo dissi con aria quasi di superiorità, come se un po’ mi pesasse passare il tempo con una ragazzina. Chissà se sembravo un buon attore.

Arrivarono le tre, e io puntuale come un tedesco suonai il campanello. Karen mi aprì la porta con un costume più ridotto di quello del giorno prima. Lo slip era sostanzialmente un perizoma. Mi fece entrare di tutta fretta e mi saltò al collo, baciandomi.

– Pensavo che dopo ieri non avresti più voluto rivedermi – mi disse quasi con le lacrime agli occhi.

– Non essere ridicola, sono stato molto bene ieri… mi sono sentito solo un po’ in colpa, era come se mi approfittassi di te.

– Semmai sono io che mi sono approfittata di te! – mi baciò ancora. Risposi al bacio solo in parte, e l’allontanai garbatamente. Avevo il cazzo che mi scoppiava.

– Abbiamo detto di non esagerare, però… 

– Scusami. Scusami. Allora… andiamo a fare un bagno?

– Beh, prima… avrei bisogno di un po’ di crema solare – le feci l’occhiolino. Il suo volto si illuminò.

– Corro subito a prenderla! Intanto vai pure in giardino sotto gli ombrelloni… non vorrai mica bruciarti, nell’attesa!

 

Corse via come un lampo. Io conoscevo la strada. Se la mia era una bella casa, la sua era una vera reggia, di quelle che sembravano aver bisogno di un esercito di governanti. Era un miracolo che fosse sempre così in ordine, visto che i genitori di Karen lavoravano sempre e a pulire veniva solo una signora rumena due mattine a settimana. La piscina poi era un sogno. Completamente recintata, così che fosse al riparo da sguardi indiscreti, a forma di otto, con una parte servita da idromassaggio e dall’altra un bel trampolino quasi mai utilizzato. Fuori erano state messe in piedi delle docce all’aperto e un vero e proprio spogliatoio, con cabine uguali a quelle che si trovano nelle spiagge di mare.

Mi stesi all’ombra e cercai di rilassarmi. Forse ero stato io ad esagerare. Ero stato troppo diretto? Karen arrivò dopo un paio di minuti, con due birre, una bottiglia di tè freddo e la crema solare.

– Non è troppo presto per la birra? – le chiesi.

– Non fare l’adulto responsabile, adesso – mi rispose. E ne stappò una, bevendone un lungo sorso. Mi feci passare la birra e feci altrettanto.

– Senti – iniziai – prima non volevo sembrarti troppo presuntuoso, era uno scherzo. Non devi… insomma, non c’è bisogno di un’altra…

– Posso vederti nudo? – mi interruppe.

– Cosa?

– Posso vederti nudo? Completamente nudo, intendo. Ieri hai tenuto il costume addosso e… insomma… avrei voglia di vederti. Posso?

– Io… ok. 

 

Mi tolsi la maglietta. Qualche anno prima andavo in palestra regolarmente, poi gli anni di studio avevano lasciato poco tempo agli allenamenti ed avevo perso un po’ in definizione, ma stavo ancora attento al mio fisico. Non potevo dire di essere mister muscolo, i pettorali e i dorsali non erano più quelli di una volta ma almeno gli addominali si mantenevano alla grande. Karen sembrava apprezzare. Indicò il costume, e lo sfilai, vergognandomi molto. Non tanto da far scendere la mia erezione, però. Rimasi in piedi, nudo davanti a lei, che mi girò intorno, mi mise una mano sul sedere e mi baciò una spalla.

– Sei bellissimo – mi sussurrò.

– Guarda che qui quella bellissima sei tu – la baciai dolcemente sulle labbra.

– Posso… massaggiarti ora? Penso che morirò dal desiderio se mi fai aspettare ancora qualche istante – sorrise nervosamente.

 

Mi stesi sul lettino. Era un po’ scomodo stare a pancia in giù con l’erezione che avevo, ma in qualche modo trovai la posizione giusta. Il pene mi faceva un po’ da terza gamba. Karen cominciò il massaggio dalle spalle. Scese alle cosce, ai polpacci, ai piedi, poi risalì fino al sedere. Si fece lentamente più audace, mi sfiorava il pene, il solco delle natiche, provocandomi veri e propri brividi di piacere.

– Ti depili… quaggiù? – mi chiese.

– Si. Ti piace?

– Moltissimo – prese in mano il cazzo, davvero non desideravo altro. – Posso… puoi girarti, per continuare davanti? 

Mi girai, senza rispondere. Con una mano mi segava dolcemente, non l’altra spargeva la crema solare sul mio petto.

– Pensavo che così lungo e dritto ce l’avessero solo nei film porno – mi confessò arrossendo.

– Ora non esagerare – le sorrisi. – E’… della lunghezza giusta, no?

– E’ splendido.

– Te l’ho detto che quella splendida sei tu. Hai un corpo che farebbe impazzire di desiderio un cieco.

– Smettila – si chinò a baciarmi. Accelerò il ritmo della sega e io con la mano andai a cercare il suo costume. Spostai i pochi millimetri di stoffa e trovai alla cieca una fichetta caldissima, con qualche peletto intorno, bagnata come ne avevo sentito poche in vita mia. L’accarezzai dal clitoride, lungo le labbra, e poi ancora su… Karen ansimò di piacere. – Ti prego… non ora. Se mi fai così non riuscirò a far stare bene te. Voglio concentrarmi nel farti godere. Poi se vuoi… dopo…

Ritirai indietro la mano. Karen emise un sospiro di delusione mista a sollievo. Si chinò a leccarmi l’orecchio. – Voglia che tu goda più di ieri – mi sussurrò dandomi i brividi. Mi baciò sul collo, leccando ogni millimetro della mia pelle. Prese in bocca il mio capezzolo e lo succhiò golosa, mordicchiandolo quando si accorse quanto la cosa mi piaceva. Scese giù fino alla pancia, mi leccò l’ombelico e sperai che scendesse ancora in basso… ma non ebbi il coraggio di chiederglielo, non quel giorno. Risalì, tornò al mio capezzolo. Accelerò il ritmo. Io ansimavo, e lei ansimava con me. Sembrava dovessimo godere insieme. 

– Sto per venire! – quasi le urlai. Alzò la testa appena in tempo, caldi fiotti bianchissimi ricoprirono la mia pancia e il mio petto, fino al collo. Lei continuava ad accarezzarmi, ora più lentamente, strizzando via dal mio cazzo le ultime gocce di sperma. Bagnò l’indice nel mio ombelico e portò il sapore del mio seme alla bocca, per assaggiare, curiosa. – Se fai così, mi fai tornare duro subito – le dissi.

– Saresti così bravo? Ma prima forse è meglio che tu ti ripulisca.

– Mi basta un fazzoletto. Forse è meglio due… – tolsi lo sperma meglio che potevo, poi presi Karen di peso e la feci stendere sul lettino. – Vediamo se come massaggiatore sono bravo quanto te.

 

Le slacciai il pezzo di sopra del costume e versai su di lei appena qualche goccia di crema solare, con il pollice le carezzavo le scapole mentre gli altri polpastrelli le massaggiavano le spalle. Lei si liberò il collo con una mano e corsi subito a baciarlo, attratto irresistibilmente da quei centimetri di pelle sexy da morire. Con i palmi scesi lungo la schiena, percorsi i fianchi e le carezzai il lato dei seni. Piccoli brividi cominciarono a comparire sulla sua pelle. – Posso? – le chiesi mentre le sfilavo il picclissimo costume. Si irrigidì un attimo ma lasciò fare. Katrina aveva un bel culo, ma anche qualche segno di cellulite. Quello di Karen, invece, non avrebbe potuto essere definito in altro modo che perfetto. Si stava rilassando piano piano sotto il tocco delle mie mani che le percorrevano le cosce, i polpacci ma sempre più spesso finivano sui glutei, avventurandosi coraggiosamente sempre più vicino a quello spacco che a tratti mi offriva la visione sublime di un buchetto rosa, circondato da pochi peletti biondi. Le baciai le chiappe e con l’indice le stuzzicai lievemente l’ano. Lei alzò la testa arrossendo.

– Non è lì che devi… – mi misi a ridere.

– Stavo solo giocando. Voltati e fammi vedere come sei bella.

 

Era davvero bella. Con le mani si copriva pudicamente i capezzoli, come se la sua fica non fosse in vista, lucida di umori, appena nascosta dal boschetto biondo non rasato. Le aprii le gambe e subito la mie dita si tuffarono sul suo clitoride, lei aprì la bocca e gemette di piacere.

– Che bello… – disse trasognante.

Continuai a carezzarle il clitoride e le labbra, con l’altra mano sfioravo i suoi seni ancora da adolescente eppure così attraenti, spostando le sue mani per permettermi di vedere meglio. Le strizzai lievemente il seno destro mentre con le dita mi facevo più audace, le mie carezze si facevano più pesanti, la mia mano si muoveva sempre più veloce.

– Godo… – e iniziò ad ansimare, meravigliosamente, persa nell’estasi della piccola morte che è l’orgasmo.

Mi succhiai le dita fradicie dei suoi umori mentre continuavo a carezzarle i seni e il pancino, mi chinai a baciarle quel meraviglioso ombelico col suo eccitantissimo piercing.

– Non sarei una di quelle che dopo un solo orgasmo vogliono smettere? – le chiesi.

– Non smettere mai – mi implorò. Tornai a martoriarle la fica con le mani, era un vero lago. I suoi ansimi ora erano sempre più forti, temevo quasi che ci potessero sentire da casa mia ma… che importava? Era così eccitante… Ero ancora nudo, e il mio cazzo era tornato a svettare durissimo. Le presi la mano e ce la poggiai sopra.

– Ce la facciamo a godere insieme? – le chiesi. Lei prese a smanettarlo un po’ goffamente, quasi tremando di piacere.

– Sto per venire ancora… – mi confessò. A me mancava ancora un po’… Godette ancora sulle mie dita. – Oddio… non avevo mai goduto tanto… è… ancora meglio di quanto immaginassi…

– Voglio vedere come ti tocchi da sola – le chiesi. Lei mi guardò un po’ meravigliata. Le tolsi la mano dal mio cazzo e la posai sulla sua fica. – Toccati… così…

Prese a carezzarsi lentamente. Le feci aprire le gambe un po’ di più e iniziai a masturbarmi davanti a lei.

– Voglio godere su questo tuo splendido pancino… posso?

– Si…

Guardare le sue dita che titillavano il clitoride e si bagnavano dei suoi umori e l’altra mano che strizzava un seno era ipnotico, non riuscivo a distogliere lo sguardo. – Sei bellissima – le dissi. Mi segai sempre più velocemente finchè non le urlai che stavo per venire e mi avvicinai ancora di più. Quattro fiotti bianchi le striarono la pancia, l’ombelico con il suo piercing era completamente coperto. Che visione paradisiaca. Proprio quello che volevo.

 

Mi sedetti, stanchissimo, mentre lei si ripuliva la pancia.

– Due orgasmi a testa… non è male per il secondo giorno, no?

– Direi di no… mi hai fatto morire!

– Anche tu… credo che questo sia decisamente meglio delle Winx!

 

Ci ripulimmo e trascorremmo un paio d’ore in relax, tra tuffi in piscina e qualche bacetto sotto l’ombrellone.

– Domani vengono i miei compagni di classe, non posso stare con te in piscina – mi confessò triste.

– Possiamo vederci dopo cena?

– Magari! – si illuminò. – Domani sera alle 9 e mezza ai giardini?

– Ok. 

 

Ore 23, ero steso sopra il mio letto a leggere un libro. Mi arriva un sms.

 

Da: Karen

Per qualche ora le tue dita hanno soddisfatto il mio fuoco interiore… ma ora… pensarti mi fa bagnare come non mai.

 

Pensai di rispondere all’sms. Poi uscii in terrazzo. Dormivo al secondo piano, e lei lo stesso. Da casa mia vedevo il suo terrazzo e la luce accesa in camera sua. La chiamai.

– Pronto?

– Karen… ti stai toccando?

– Marco, sei…

– Esci in terrazzo – silenzio. Vidi la porta della sua terrazza aprirsi e lei uscire. Non potevo vedere i dettagli, ma indossava una semplice t-shirt e dei pantaloncini cortissimi. – Mi vedi?

– Si.

– Anche io ho il fuoco dentro, ho il cazzo durissimo e mi sto masturbando pensando a te.

– Cazzo…

– Esatto…

– Io non ho fatto mai…

– Neanche io. Ma se fossi con te… ti strapperei quei vestiti di dosso, mi tufferei tra le tue cosce abbronzate e perfette e ti leccherei quella fichetta già fradicia, fino a farti perdere i sensi dal piacere – Da lontano mi sembrò di vedere la sua mano entrare nei pantaloncini.

– Continua…

– Con la lingua ti martellerei il clitoride, te lo succhierei per farti avere mille orgasmi, poi ti girerei e ti leccherei il buco del culo, per farti godere anche da dietro.

– Ti desidero…

– Poi mi spoglierei, poggerei il cazzo tra i tuoi seni e te lo strofinerei sulle guance per farti sentire il mio odore.

– Ho voglia di baciartelo…

– Te lo farei baciare e leccare, poi te lo spingerei in bocca per farti sentire il mio sapore fino in fondo. Mi faresti il pompino più favoloso che si sia mai visto, mi leccheresti il glande, l’asta, le palle, giù fino all’ano.

– Farei tutto per te…

– Mentre me lo succhi le tue dita martorierebbero la tua fica, proprio come stanno facendo ora. Godresti di un orgasmo enorme e mi urleresti di godere con te. Ti schizzerei il mio piacere in bocca e sul viso, e tu leccheresti tutto con gusto, godendo ancora di più… Karen sto per godere.

– Godi per me!

Schizzai il mio seme nel pavimento della terrazza, mentre all’altro lato del telefono sentivo godere lei.

– Domani sera… ti farò un bel regalo… – mi disse lei.

Qualche smanceria dopo ci salutammo. Quanto sarebbe stata lunga l’attesa fino alla sera successiva?

Avevo molti pensieri in testa. Io, quasi trentenne, non mi sarei mai aspettato di comportarmi così con una ragazza appena divenuta maggiorenne. Una che avevo visto crescere fin da bambina, compagna di giochi di mia sorella oltretutto. Eppure stava succedendo, il desiderio sessuale era fortissimo, inarrestabile, da un lato mi sentivo come un quattordicenne in crisi ormonale, dall’altro come un vecchio pervertito che cercava di insegnare qualche giochino schifoso alla preda di turno. Non era amore. A malapena avevamo parlato, cosa poteva avere in comune un ricercatore che ha passato anni all’estero e ha avuto pubblicazioni tradotte in sei lingue con una ragazzina che magari aveva ancora in camera il poster di Twilight? No, era pura, semplice attrazione sessuale. 

Ma era così anche per lei? O per lei ero forse il sogno d’amore dell’infanzia, e il sesso, pur piacevole, era solo l’unico aggancio possibile tra due mondi così diversi, inconciliabili? La stavo solo sfruttando per i miei scopi? Era giusto continuare a vederla, a godere con lei e così facendo ad illuderla?

La mattina trascorse con questi pensieri. Uscii di casa, feci qualche commissione, sistemai finalmente le mie cose nella stanza ed andai a trovare un paio di vecchi amici che sapevo essere a casa. Passai momenti piacevoli, ma persino loro che, in fondo, non mi conoscevano più mi dissero che sembravo un po’ distratto. Detti la colpa al viaggio, al cambio di clima che mi aveva lasciato ancora un po’ intontito. Mi consigliarono di stare attento al sole, che apparivo un po’ arrossato. Il sole dell’Italia non è quello della Germania. Ridetti di gusto, dicendo che stavo usando la crema solare regolarmente.

Tornai a casa e preparai io il pranzo per tutta la famiglia. Mi sembrava un gesto carino, visto che dal momento in cui avevo messo piede in casa non avevo ancora fatto nulla per loro. Almeno per qualche mese dovevamo convivere, ed era giusto che facessi la mia parte. Ero tornato troppo rapidamente agli ozi della vita con i genitori. Forse quella pacchia mi mancava. Mentre stavo cucinando arrivò un messaggio.

 

Da: Karen

Sono qui in piscina con i miei compagni di classe, tra poco mangiamo… ma la mia mente è già rivolta a stasera. :*

 

Le risposi che anche io non vedevo l’ora. Uscii in giardino per qualche istante. Al di là della recinzione si sentiva uno stereo che emetteva ad altissimo volume un’orribile musica da ragazzotti deficienti, qualche urletto di gente che veniva gettata in acqua, piedi che scalpicciavano, palloni che volavano… classici giochi da diciottenne. Ero così vecchio e brontolone? Tornai in cucina appena in tempo, stavo per fare bruciare tutto…

 

Ore 15.00, pomeriggio caldissimo. Se avessi potuto tuffarmi in piscina con i ragazzi che, di là, sembravano divertirsi un mondo avrei potuto sopportare anche Lady Gaga che mi urlava nelle orecchie. Invece scesi nel seminterrato, unico posto davvero fresco di tutta la casa. Presi un libro, lessi qualche pagine accesi la tv senza neppure capire cosa stavano trasmettendo e mi addormentai sul divano. Al mio risveglio erano già le 18 e la temperatura era più sopportabile. Andai a farmi una doccia. Le 19.00. Salii in camera ed uscii nel terrazzo.

Dall’altra parte non c’era più confusione, niente più musica. Sembrava che la festa fosse finita. Il sole era basso nel cielo ma ancora qualcuno faceva il bagno in piscina, sentivo il rumore delle bracciate nel silenzio della sera e vedevo l’acqua muoversi nell’unico angolo di piscina che si riusciva a scorgere, anche da lassù. Qualcuno comparve, nuotando proprio verso quell’angolo, sistemandosi a sedere sul bordo della piscina. Un ragazzo, fisico atletico, capelli lunghi. Guardai meglio… cazzo, era nudo! E a cazzo ritto! Sempre nuotando le si avvicinò una ragazza, Karen. Lei era vestita… o meglio, aveva lo stesso costume viola che indossava due giorni prima, non quello a perizoma ma pur sempre piuttosto ridotto. Si posizionò tra le sue gambe, con la schiena rivolta a me… Gli stava facendo un pompino! Non avevo una visione chiara ne sentivo nulla di quello che si dicevano, ma il movimento della sua testa, la sua posizione… era chiaro! Chi era quello, il suo ragazzo? Non mi aveva parlato di niente del genere. Ero incazzato… avevo anche un brivido di eccitazione, ma soprattutto ero incazzato. Ora lui le aveva messo le mani sopra la testa e la spingeva giù, lei sembrava aumentare il ritmo delle pompate… e poi tutto era finito. Si era fatta venire in bocca? Con me si comportava come se non avesse mai visto un altro cazzo, e ora ingoiava sborra come niente fosse?

 

A cena quasi non mangiai. A che gioco stava giocando, Karen? Chi era la vera vittima nel nostro strano rapporto? Uscii troppo presto e presi l’auto per fare un giro. Guidai per diversi chilometri tra le campagne della mia infanzia, senza meta. Pensai di non presentarmi all’appuntamento, ma alla fine decisi di affrontare Karen direttamente. Mi arrivò un suo sms.

 

Da: Karen

Sono qui su una panchina che ti aspetto. So che è presto, ma non vedevo l’ora…

 

Già, non vedeva l’ora.

Arrivai con cinque minuti di ritardo. Lei notò la macchina e corse verso di me. Quelli che venivano chiamati “i giardini” non erano altro che un prato con qualche gioco per bambini posto ai margini del paese, dove la sera non veniva quasi nessuno visto che l’illuminazione era scarsa. Di solito c’era qualche coppietta adolescente, ma ancora forse era troppo presto per lui. Karen era sola e… splendida, devo dire. Indossava un vestitino estivo color arancio e turchese, molto leggero, e sotto dei sandali bianchi a tacco basso. Un filo di trucco, capelli legati a formare una coda. Semplice e bellissima.

– Sei venuto in macchina – constatò sorridendomi. – Pensavo che saremmo rimasti qui.

– Avevo bisogno di guidare per pensare a delle cose – risposi freddo. – Puoi salire un po’?

– Ok.

 

Si sporse a darmi un bacetto al quale quasi non risposi. Partii, feci un paio di chilometri e mi fermai in una piazzola lungo la strada. Non avevo detto una parola fino ad allora.

 

– Marco… che succede? – mi chiese.

– Karen, mi stai prendendo per il culo? – mi voltai verso di lei e le posi la domanda in maniera diretta, brusca.

– Che… che vuoi dire?

– Mi stai prendendo per il culo? Sei fidanzata e non me lo vuoi dire? Sono un giochino sessuale per te, o cosa?

– Non… non sono fidanzata! Non capisco!

– Allora capisci questo: prima, alle sette, ero nel terrazzo. Dal mio terrazzo si vede un angolo della tua piscina. Proprio l’angolo nel quale tu stavi succhiando il cazzo di… non so, di un ragazzo.

– Cazzo… – arrossì violentemente. – Marco ti posso spiegare…

– Sarà bene che la tua spiegazione sia sufficiente perchè a me piacciono le cose chiare. Non sono tornato dalla Germania per farmi prendere in giro da una ragazzina.

– Non volevo… prenderti in giro – una lacrimuccia scese sul suo volto. – Volevo… essere brava, per te.

– Essere brava? Nascondendomi che vai in giro a fare pompini ai tuoi amici?

– Non vado a fare pompini ai miei amici! Quello era… un allenamento.

– Un allenamento?

– Lui è Michele, è stato il mio primo fidanzato quando avevo quattordici anni, siamo stati insieme un po’ e abbiamo fatto… non sesso, ma ci siamo toccati… sia con le mani che con la bocca… poi ci siamo lasciati ma siamo rimasti molto amici. E ogni tanto quando ne abbiamo voglia entrambi… ci tocchiamo ancora, diciamo.

– Non mi sembra una giustificazione, nè un allenamento.

– E’ un allenamento, perchè ieri quando ho assaggiato con il dito il tuo sperma ti è venuta una luce meravigliosa negli occhi, ed io ho pensato che volevo regalarti un pompino e… ingoiare il tuo sperma. Solo che non l’avevo mai fatto, e avevo paura di vomitare o una cosa del genere. Di fare la figura della ragazzina. Tu sei un uomo e avrai fatto di tutto… io non ho fatto nulla! Ogni volta che mi tocchi vado in estasi, io invece mi sento inadeguata. Così ho chiesto a Michele se mi faceva… provare… per farlo poi stasera con te.

– E ti è piaciuto? – non avrei voluto, ma mi stava venendo duro.

– Michele è… non lo so, credo che mi piacesse al tempo perchè un po’ ti assomiglia… ma non è bello come te. Anche il suo… è più piccolo. Mentre glielo facevo ho chiuso gli occhi e ho pensato fossi tu. Ma non era la stessa cosa… – mentre parlava le posai la mano sulla coscia e cominciai a carezzarla. Spostai il vestitino più su, fino quasi a scoprire le mutandine. 

– Karen, tu mi desideri?

– Da morire.

– Allora se hai paura di provare una cosa dimmelo. Sicuramente ho più esperienza io di Michele, o come cavolo si chiama, e potrò insegnarti meglio.

– Scusami.

– Non scusarti. 

La baciai. Le nostre lingue si intrecciarono e parevano non volersi lasciare mai, e quasi mi dimenticai della discussione di pochi istanti prima. Quasi. Volevo torturarla un po’, farle sentire la differenza tra un ragazzino e un uomo. La mia mano era già tra le sue cosce e si insinuava sotto le sue mutandine. Era già bagnata fradicia e mugolò di piacere quando il mio dito medio entrò dentro di lei. Abbassai il sedile.

– Spogliati – le ordinai. L’aiutai a sfilare il vestitino, rivelando un completo intimo bianco, reggiseno e perizoma, che scomparve pochi istanti dopo. La masturbavo in maniera lenta e metodica, intanto la baciavo, le leccavo l’orecchio, il collo, scesi a succhiarle quei bellissimi capezzolini ormai inturgiditi. La sua pelle era piena di brividi. Allargò le gambe ancora di più e infilai la testa tra le sue cosce. Una posizione scomodissima, nella quale non potevo fare neanche la metà delle cose che avrei voluto fare alla sua fichetta, ma lei sembrava apprezzare lo stesso. Presi a martellarle il clitoride con la lingua, poi a percorrere le sue grandi labbra ed ad infilarla dentro più che potevo. L’odore della sua eccitazione mi inebriava. Mi sbottonai i pantaloni, il cazzo mi stava scoppiando. Neanche due minuti, e Karen venne urlando. Continuai a leccarla per qualche istante, lappandola come un cagnolino assetato di latte. Poi mi tirai su.

– Ora tocca a te, fammi vedere cosa hai imparato – il mio cazzo svettava già, tolsi completamente pantaloni, mutande e sfilai la maglietta. Ora eravamo entrambi nudi. Me lo prese in mano. – Voglio la tua bocca, oggi.

Scese a succhiarmelo. Temevo quasi che per l’eccitazione sarei venuto subito, ma mi controllai. Non mi sembrava più così inesperta come i giorni prima. Certo, aveva un po’ la foga tipica del ragazzino, cercava di ingozzarsi più giù che poteva e di tenere un ritmo fin troppo veloce, ma il modo in cui alternava leccate a succhiate, mi baciava i testicoli e con la lingua giocava con il glande… No, anche a lei piaceva, e molto. Con la mano tornai a cercarla la fica e le misi due dita dentro mentre mi succhiava. Ormai non mi aspettavo più che fosse vergine, e se invece lo era… pazienza. Con l’altra mano le reggevo la testa, incitandola a continuare in maniera via via più volgare. Tolsi le dita ormai fradicie dalla fica e con il medio cominciai a carezzarle la rosellina dell’ano. Fece uno scatto come di sorpresa.

– Non preoccuparti, ti voglio solo carezzare. Vedrai che ti piacerà.

Si rilassò e continuò il pompino, con la sinistra le spingevo la testa giù e lei si impegnava a prenderne in bocca il più possibile senza strozzarsi. Se non avesse preso qualche pausa per succhiarmi e leccarmi i testicoli sarei già venuto da un pezzo. Intanto il mio medio aveva iniziato a forzare la resistenza dell’ano, e la prima falange del dito era ormai completamente dentro. 

– Non voglio venirti in bocca – mi bloccai.

– Cosa? – le permisi di alzare la testa. – Ma io ho voglia di…

– Non stasera. Avevi detto che mi avresti fatto un bel regalo, ma questo è un regalo riciclato. La tua bocca oggi è già stata del ragazzino. Voglio venirti in faccia. Non ti è mai venuto in faccia, vero?

– No… non l’ho mai fatto fare a nessuno…

– Allora sarò il primo. Posso?

– Ok…

 

Il sedile era giù completamente, la feci distendere e le salii a cavalcioni. Per fortuna il tettuccio non era basso. Accesi le luci interne per godere meglio dello spettacolo.

– Ti piace il mio cazzo, visto da lì sotto?

– E’… bellissimo… Sei bellissimo, così grosso, senza neppure un pelo…

– Leccami le palle, lascia che mi masturbi io. Intanto voglio che tu ti tocchi… masturbati, col pensiero che sto per schizzarti in faccia.

– Si… – la sua mano scese tra le sue cosce, mentre la sua lingua mi leccava i testicoli e il perineo.

– Sei meravigliosa, mi fai impazzire – accelerai il ritmo della sega. La sua lingua arrivò a lambirmi l’ano, procurandomi un brivido di piacere. – Oh si, quello mi piace da impazzire… così, masturbati per me… dai che sto per sborrare…

– Voglio la tua sborra in faccia, dai! – Karen ansimava mentre le sue dita stuzzicavano sempre più velocemente il clitoride. –  Schizzami addosso!

– Prendi la mia sborra! – tirò fuori la lingua e chiuse gli occhi. Appena in tempo. Il suo volto venne invaso da cinque fiotti di caldo liquido bianco, mentre io urlavo di piacere e le sue dita le concedevano il secondo orgasmo della serata. Poi le ficcai il cazzo in bocca, facendole bere le ultime gocce del mio seme. Lei lo succhiò dolcemente, tenendolo in bocca mentre si faceva via via meno duro. 

– Mi piace il tuo sperma… – mi confessò mentre cercava di aprire un occhio quasi completamente bianco, con il cazzo appoggiato alla sua guancia e io che ansimavo stremato. – … hai un buon sapore dappertutto… – si leccò le labbra.

– La prossima volta te ne farò assaggiare ancora di più. Scusa se ti sono voluto venire in faccia, è stato un raptus di desiderio…

– Mi è piaciuto! Quando il primo schizzo mi ha preso in pieno, così caldo, ho avuto un brivido che è sceso giù fino… ho avuto l’orgasmo grazie al tuo sperma. E’ stata una cosa… incredibile. Pensavo che mi avrebbe fatto schifo, e invece è stato bellissimo. Però ora inizia a colarmi sui capelli… posso ripulirmi?

– Ma certo… aspetta! – Presi il telefonino e le scattai una foto. – Scusami, sei così bella ed eccitante che volevo immortalarti… poi la cancello.

– Non importa – disse afferrando due fazzolettini e cercando di ripulire il casino sul suo viso. – Puoi tenerla, se vuoi. Mi fido di te.

 

La riaccompagnai a casa. Avrei voluto continuare, magari fare qualcosa di più, ma eravamo entrambi sudati fradici, avevamo bisogno di una doccia e lei aveva il coprifuoco piuttosto presto. Dopo essermi ripulito e aver indossato degli abiti puliti notai che era arrivato un altro sms.

 

Da: Karen

Puoi mandarmi la foto? Voglio guardarla e sognare che accada di nuovo. Ho il fuoco dentro, mentre facevo la doccia quasi mi metto a piangere. Vorrei che le tue mani fossero qui su di me. Vorrei che fossi qui a guardarmi mentre mi tocco, masturbandoti, pronto a schizzare il tuo sperma ancora sul mio viso… o dove vuoi tu :*

 

Le inviai la foto, aggiungendo una richiesta.

 

A: Karen

Domani alle tre in piscina? Voglio offrirti qualcosa da bere…

Alle tre precise suonai il campanello. Karen mi aprì con addosso il solito bikini, sempre sexy da morire, mi tirò dentro e mi baciò.

– Non ce la facevo più da quanto mi mancavi – mi disse con la bocca appiccicata alla mia.

– Ti desidero da impazzire – le confessai con le mani che già le stringevano le natiche. Chiuse la porta e mi spinse contro di essa, poi si inginocchiò davanti a me.

– Scusami, non posso resistere un secondo di più.

Mi calò i pantaloncini mentre io gettavo a terra la maglietta. Il mio cazzo era già ritto e svettante e lei ci si gettò sopra, ebbra di lussuria, prendendolo subito in bocca e cominciando a succhiare e leccare con ritmo forsennato.

– Oh, si, succhialo così… leccami le palle… prendilo tutto fino in gola, bravissima.

– Fammi bere la tua sborra! – Con una mano mi reggeva il pene per aiutarsi a succhiare, l’altra era andata a infilarsi nel suo costumino e dai gemiti che faceva mi sembrava già vicina all’orgasmo.

– Ti stavi masturbando prima che arrivassi, vero?

– Si, volevo essere pronta per te… 

– Quanto sei troia… – Iniziò a segarmi a un ritmo insostenibile mentre mi leccava il glande. Non ce la facevo più. – Sto per godere… prendilo in bocca! Così, bevilo tutto!

Le scaricai in gola il mio piacere. Lei ingoiò apparentemente senza difficoltà, sempre con la mano dentro il suo costume. Tenne per qualche istante il cazzo in bocca, poi si tirò indietro, mostrandomi la lingua, come per farmi vedere che aveva bevuto ogni singola goccia.

– Porcellina! Questo dove l’hai visto fare, in qualche film porno? – Arrossì.

– Si… Ti è piaciuto?

– Da morire. A te?

– Credo che ti basterebbe toccarmi con un dito per farmi urlare di piacere.

– Voglio farti molto di più.

 

La presi di peso e la portai sul divano in salotto. Le sfilai il costume e portai la bocca al suo sesso.

– Ieri in macchina non c’era posto per fare le cose per bene, oggi ti farò sentire quanto può farti godere la bocca di un uomo.

Era totalmente zuppa. Partii lentamente perchè volevo che il suo piacere crescesse poco a poco, ma ben presto mi resi conto che mantenerla così, a un passo dall’orgasmo, sarebbe stata una vera e propria tortura. Mi implorava letteralmente di farla godere, urlando di piacere ogni volta che la mia lingua la sfiorava… così accelerai il ritmo, succhiandole il clitoride mentre le infilavo due dita dentro, scopandola con esse in profondità. La sua schiena si inarcò e lei urlò. Era solo il primo orgasmo. La feci sfogare qualche istante, poi ripresi a scoparla con le dita e con la lingua. Le scrivevo infuocate lettere d’amore sul clitoride e sulle labbra, intanto le mie dita erano diventate tre. Ormai non credevo più che fosse vergine. Ebbe un secondo orgasmo e la feci voltare a pancia in giù. Le leccai il buco del culo, forzandolo con la lingua più che potevo, mentre con le dita continuavo a scoparle la fica. 

– Oddio come sei bravo… Godo… ancora… aaaaahhhhhh…..

Dopo il terzo orgasmo mi ritirai su, pulendomi la bocca. Karen mi guardò ansimante, stremata. Sbalordita.

– Mi fai morire. Ma come fai ad essere così bravo con la bocca?

– Anni di esperienza – le sorrisi. – Di dietro… sei vergine, vero?

– Si! – arrossì. – Non voglio che…

– Non preoccuparti, non ti volevo sodomizzare. Era solo per sapere fin dove posso arrivare.

– Se sei così bravo puoi arrivare dappertutto.

 

Il mio cazzo era di nuovo duro, ma la vedevo talmente sconvolta dai tre orgasmi in meno di mezz’ora che non le chiesi nulla. Le proposi di andare a rilassarci un po’ in piscina e lei accettò. Facemmo un bagno, giocando un po’ con l’acqua, poi ci rilassammo un po’ sotto gli ombrelloni. Non parlammo molto. Non c’era molto da dire. Mi disse che gli studi andavano bene e che il prossimo anno avrebbe avuto la maturità, che stava per prendere la patente e che pensava di fare qualche corso di storia dell’arte o simili, all’università. Io le parlai del mio lavoro, del motivo per cui ero tornato in Italia e del mese e mezzo che ancora rimaneva prima di poter iniziare. Lei mi disse che non aveva avuto storie d’amore lunghe con nessuno, dopo Michele, perchè pensava a me… lasciai cadere il discorso, non volevo che si finisse a parlare d’amore o cose del genere. Non sapevo ancora cosa aspettarmi da quel rapporto.

– Un altro bagno, poi… ti va di fare una doccia insieme? – Mi alzai in piedi e mi tuffai in acqua. Lei mi seguì.

– Sai, mi è tornata voglia… – mi confessò gettandomi le braccia al collo e baciandomi. Le sue gambe si strinsero sott’acqua alla mia vita e il contatto del suo costume con il mio mi procurò un’erezione. – Vedo che anche a te non dispiacerebbe…

Le nostre lingue si intrecciarono. Le slacciai il pezzo di sopra e iniziai a succhiarle i seni. Lei insinuò una mano nel mio costume afferrandomi il pene e cominciando a carezzarlo.

– Usciamo dall’acqua – le proposi. Vederla camminare, davanti a me, con quel culo coperto solo da un costumino ridottissimo, a seno nudo, mi fece andare fuori di testa. – Portami in camera tua – le chiesi.

Salimmo le scale quasi di corsa, bagnando un po’ in giro. La sua camera era come me l’aspettavo: un letto a una piazza e mezzo, poster di idoli delle adolescenti alle pareti, un sacco di foto di amici ed amiche… ce ne erano anche un paio mie risalenti a diversi anni prima, ma le notai solo dopo. Sopra le coperte due peluches e troppi cuscini. Si spogliò davanti a me, dicendomi di sedermi sul letto.

– No. Voglio scoparti. Posso?

– Cazzo, si…

Gettai via il costume e per qualche istante ci baciammo, nudi, in piedi. La feci stendere sul letto, sopra le coperta. La toccai. Era già bagnatissima, e io duro come un sasso, non c’era bisogno di molti preliminari… eppure scesi a leccarla, attratto dal profumo inebriante del suo sesso.

– Scopami Marco… non ce la faccio più. – Risalii a baciarla e la penetrai in un singolo movimento. – Piano… è troppo grosso… 

Cominciai a muovermi lentamente, con estrema cautela, intanto le baciavo le labbra, gli occhi, le orecchie, il collo. Si rilassava piano piano, e cominciava a godere del mio cazzo dentro di lei. Sotto era un lago. La sentivo caldissima, un po’ impacciata, insicura di come muoversi. Ma era una sensazione splendida. La sua fichetta era stretta, io cercavo di farle sentire ogni centimetro di me, volevo che godesse mille volte.

– Ti piace così? – Le chiesi.

– Si… è grossissimo… oddio quanto è bello… scopami di più, dai.

Accelerai il ritmo. Non credo nelle scopate forsennate da film porno, sono molto meglio le scopate lente, profonde, nelle quali gli orgasmi montano lentamente ed esplodono quando veramente è impossibile trattenerli. Ma era difficile resistere a una diciottenne sotto di me che mi chiedeva di andare più veloce, più veloce, e muoveva il bacino come impazzita. Urlò, era il quarto orgasmo del pomeriggio. Sentivo la sua fica contrarsi mentre rallentavo gradualmente. La feci passare sopra di me, così che dettasse lei il ritmo. Avevo ancora paura di poterle fare male, ma lei sembrava sentire solo piacere. Si tirò su, con il cazzo completamente dentro di lei. Con le mani si stringeva i seni, intanto i suoi movimenti pelvici frenetici mi avevano portato sull’orlo dell’orgasmo. Mi ricordai che non avevo il preservativo…

– Karen… prendi la pillola?

– No… vienimi dove vuoi…

La strinsi a me, per rallentare un attimo e ritardare il momento dell’orgasmo. Mi piaceva di più così, con il mio cazzo che entrava ed usciva da lei. Ogni volta che le sfioravo l’utero emetteva un “oddio”, di godimento misto a stupore. Mi inumidii il dito medio e cominciai a giocarle con l’ano. Prima carezze lievi, poi le entrai dentro, accompagnando i movimenti del pene. Apprezzava, non poco.

– Sto per godere di nuovo… oddio che bello… godo… godo… scopami… godo…

Anche io ero al limite. Sentivo le contrazioni dell’ano intorno al dito e la cosa mi faceva impazzire. Feci smontare il suo orgasmo, poi le chiesi di nuovo di passare sotto. 

– Sto per godere – le dissi dopo poche pompate.

– Vienimi in bocca, in faccia, dove vuoi…

Estrassi il cazzo da lei, glielo portai alle labbra e mi masturbai, mentre lei mi leccava il glande fradicio dei suoi umori. Le schizzai di nuovo in faccia, ancor più della sera prima. Era completamente ricoperta, e lei continuava a mugolare di piacere, leccandosi le labbra e ripulendomi dalle ultime gocce.

– Sei meravigliosa – le dissi.

– No, tu. Nessuno mi aveva mai fatto godere così, neppure lontanamente – si ripulì il viso. – Ti piace proprio venirmi in faccia, eh?

– Beh, già sei bellissima così… con la faccia piena di sperma sei ancora più incredibile. Un sogno.

– Sei tu il mio sogno – mi baciò. Aveva ancora sulle labbra il mio sapore.

 

Facemmo una doccia insieme. Dovevamo ripulirci di sudore e sperma, e mi sembrava una cosa tenera offrirmi di lavarle la schiena e di carezzarla un po’. La sua doccia era spaziosa, e notai un rasoio appoggiato accanto al bagnoschiuma.

– Posso renderti ancora più bella? – le chiesi prendendolo.

– Che vuoi fare?

– Aspetta e vedrai.

Con molta cura le rasai la fica completamente. Il rasoio non era il metodo migliore, ma a disposizione c’era solo quello. Intanto la carezzavo, e lei era di nuovo bagnata. Insaziabile. Le chiesi di girarsi ed allargarsi le chiappe, così che potessi toglierle anche i pochi peletti attorno all’ano. Obbedì e col rasoio ripulii anche quella parte. Era uno spettacolo. Non potei resistere alla tentazione e cominciai a leccarla, lentamente e in profondità. Un analingus che durò dieci minuti, mentre lei ansimava e si toccava la fica, fino a godere, con la punta della lingua ormai completamente dentro l’ano.

– Sei ancora sicura di non voler essere presa da dietro? – le chiesi sornione.

– Con te non sono sicura più di nulla… – mi afferrò il cazzo, tornato di nuovo semi eretto. Ma non c’era tempo, era tardi e i suoi genitori stavano per tornare. A malincuore ci salutammo… Io la sera avevo un altro impegno, ma le giurai che sarei tornato il giorno dopo. Volevo inventarmi ancora qualcosa di nuovo, ci avrei pensato su. 

Il giorno successivo non usammo la piscina nemmeno come scusa. Appena entrato in casa sua le saltai letteralmente addosso. La notte avevo sognato di incularla, ed avevo una mezza idea di provarci, ma quando la spogliai, ancora lì davanti alla porta, la visione della sua fica completamente depilata e bagnatissima mi fece cambiare idea. Avevo passato così poco tempo lì dentro, ce ne sarebbe stato moltissimo per insegnarle anche le gioie del sesso anale. Non volevo avere fretta con lei, mi immaginavo una lunga storia di incontri segreti, con me che l’avrei iniziata piano piano ai misteri del sesso. Forse avevo visto troppi porno. La stesi sul divano e presi a leccarla, con lei che mi teneva la testa e gemeva ed urlava senza ritegno. Era deliziosa. Ora che anche il fastidio dei peli era svanito l’avrei leccata per ore, il suo sapore e il suo odore mi inebriavano. Arrivò all’orgasmo in pochi minuti, ma volevo farla godere ancora.

– Andiamo di sopra? – La presi in braccio e la portai in camera sua. Mi sorrise, complimentandosi per la mia forza, mi chiamò “mio eroe”. La baciai, la bocca ancora piena del suo sapore.

– Mi piace baciarti dopo che mi hai fatto godere – mi confessò arrossendo, mentre anche io mi stavo spogliando.

– Perchè hai la fica più buona del mondo.

– Il tuo è molto più buono..

– Che ne dici di assaggiarli insieme? Hai mai provato il sessantanove?

– No… però ho paura di non riuscire a farti stare bene mentre tu mi lecchi. Mi mandi fuori di testa con la bocca.

– Anche tu mi mandi fuori di testa, quindi sarà una lotta alla pari. Ti va?

– Ho una voglia matta di prendertelo in bocca – mi disse indicando il mio cazzo durissimo.

Mi distesi, e la feci posizionare sopra di me. I suoi umori erano abbondantissimi, lei fece un sussulto quando le sfiorai il clitoride con la lingua, poi mi prese il cazzo in mano e cominciò a succhiarlo. Forse era l’eccitazione, ma non mi sembrava che risentisse del mio cunnilingus, quel pompino era uno spettacolo.

– Cazzo… – mugugnai. Avevo un buon controllo, ma così rischiavo di inondarle la bocca in pochi secondi. Rimpiansi di non essermi masturbato da quando l’avevo lasciata il giorno prima. Mi impegnai di più, non potevo certo farmi superare da una ragazzina. Mi concentrai con la lingua sul clitoride, mentre con le mani le carezzavo le chiappe. Avevo il suo buchetto bene in vista e mi allungai per sfiorarlo con la punta della lingua. Fremette. Bagnai le mie dita dentro la sua fica, poi cominciai a stuzzicarle l’ano col medio della mano sinistra. Per un attimo smise di succhiare. Le piaceva, e molto. Forzai lo sfintere ed entrai dentro fino alla seconda falange. Lei mugolava a bocca piena. Col dito le scopavo il culo lentamente. Lo spettacolo mi aveva distratto e quasi avevo smesso di leccarla. Ripresi a stimolarla anche davanti, e per lei fu troppo. Tolse il cazzo dalla bocca.

– Godo… oddio… mi fai impazzire! – Le contrazioni dell’ano intorno al dito erano fortissimo, fu un orgasmo incredibile, e le sue urla stavano lì a testimoniarlo. – Quel dito dietro… mi fa morire.

– Sapevo che ti sarebbe piaciuto, sei una maialina…

– Pensi che… possa farlo anche io a te?

– Puoi… provare.

Non avevo mai ricevuto un dito nel culo. Mi piaceva essere leccato, e moltissimo, ma non l’avevo mai chiesto alle mie ragazze precedenti e loro non si erano mai offerte di farlo. Karen riprese in bocca il mio glande e con un ditino andò a cercare il mio buchetto. Faceva un po’ male.

– Bagnalo un po’, prima.

Si portò un po’ più giù, mi lecco con cura i testicoli e poi la sua lingua arrivò a lambirmi l’ano. Favoloso. 

– Ti piace così?

– E’ bellissimo. – Non la stavo più leccando, ma il mio dito faceva ancora dentro e fuori dal suo culetto, senza quasi più incontrare resistenza.

– Posso provare ora?

– Prova.

Si leccò il dito, poi lo inserì dentro di me. Sentii un po’ di dolore, ma più che sopportabile.

– Riprendi a succhiarlo ora.

Quando la sua bocca tornò a ingoiare il mio pene mi accorsi che essere stimolato contemporaneamente davanti e dietro era… un’esperienza mai provata prima. Un brivido di piacere pervase tutto il mio corpo mentre la sua lingua mi carezzava dolcemente il glande.

– Succhialo, così – le infilai il dito in culo fino in fondo. Lei sussultò un attimo, poi rispose nello stesso modo, iniziando anche lei a stantuffare il dito avanti e indietro. Risposi infilando anche il medio della mano sinistra e allargandole appena l’ano.

– Si…. – mugolò alzando la testa un attimo. Poi tornò a succhiare.

– Cazzo mi fai godere… ti vengo in bocca… ingoiala tutta, vengo!

Le esplosi in bocca. Non so quanto venni, nemmeno una goccia lasciò la sua bocca, ma mi sembrò di emettere litri di sperma. Sentivo la sua bocca continuare a muoversi su e giù mentre ingoiava, la stimolazione era fin troppo forte. Tolsi la mano dalle sue chiappe e le fermai la testa.

– Così… piano piano… bevi tutto… – finalmente consentii alla sua bocca di abbandonare il mio cazzo. Fece un sospirone.

– Wow… quanta roba…

– Credo che il ditino dietro piaccia anche a me… ma ora puoi toglierlo, per favore?

– Scusa…

 

Ci stendemmo uno accanto all’altro. Mi baciò. La sua bocca aveva un buon sapore anche dopo aver ingoiato tutto quello sperma. Le mani di entrambi esploravano i nostri corpi nudi. Ero stremato, ma volevo entrare dentro di lei. Quando me lo prese in mano il mio cazzo tornò rapidamente a indurirsi.

– Hai ancora voglia? – le chiesi.

– Sempre…

Questa volta mi ero ricordato dei preservativi. Me ne infilai uno più velocemente che potevo e scivolai dentro di lei. Fu un rapporto lento, come di due amanti che si conoscono da una vita. Mentre mi muovevo dentro di lei carezzavo ogni millimetro della sua pelle, portai le mie dita alla sua bocca e lei me le succhiò dolcemente, facendomi indurire il cazzo ancora di più. Accelerai il ritmo, cercando contemporaneamente di spingermi dentro di lei fino in fondo. Arrivò il suo orgasmo, e la cosa mi spinse ad accelerare ancora. Le chiesi di girarsi a pecorina e lei ubbidì. Da quella posizione il suo culetto glabro era una tentazione troppo invitante.

– Posso? – le chiesi appoggiando il dito sull’ano.

– Puoi farmi tutto.

Bagnai il dito con la mia saliva mentre la scopavo dolcemente da dietro, poi glielo infilai dentro. Lo muovevo dentro e fuori, il suo sfintere era ormai allentato e mi permetteva il passaggio senza troppi problemi. 

– Ti piace il mio cazzo?

– Mi fa impazzire…

– E il mio dito?

– Lo sento tantissimo…

– Non vorresti che ce ne fossero due?

– Tutti quelli che vuoi…

Infilai nel culo anche il secondo dito, inizialmente con un po’ di fatica, ma lei si abituò presto. Cominciai a scoparla con forza, mentre muovevo le dita dentro di lei.

– Sto per godere ancora…

– Godi porcellina… 

– Godo… aaaahhh…. aaaahhh…. scopami! – Accelerai ancora, con più forza, la scopai come in un film porno, come prima di ora mi era successo solo con Katrina, sempre con le dita ben piantate nel suo culo. Feci salire le sue urla a un livello insostenibile mentre le contrazioni del suo orgasmo mi facevano quasi male. Poi rallentai lentamente.

– Se vuoi… puoi metterlo dietro. – Mi disse Karen timidamente.

– Lo vorresti… nel culo?

– Solo se vuoi tu…

Ci pensai per un attimo. La rigirai ancora, nella classica posizione del missionario. Ripresi a scoparla lentamente, baciandola, stringendole i seni, carezzandole le cosce. Lentamente e in profondità, per durare più a lungo possibile ed assaporare ogni istante. Mi sentivo vicinissimo all’orgasmo ed estremamente stanco, così la feci mettere su un fianco. La scopavo e intanto le stuzzicavo il clitoride con una mano e con l’altra le stringevo il seno. Non ce la facevo più.

– Così Marco, sto per godere ancora… oddio mi fai impazzire… godo…

– Godi, che sto per godere anche io! – Aumentai la forza dei miei colpi.

– Godo… aaahhhhh!!!

Il mio orgasmo seguì il suo di pochi secondi. Rimasi dentro di lei mentre entrambi ansimavamo. Ero sudato fradicio. Sentii l’uccello rilassarsi finalmente un po’, mi tolsi il preservativo e l’annodai. Rimanemmo sul letto ad accarezzarci.

 

– Come mai non hai voluto… metterlo dietro?

– Non lo so, ho pensato che ancora abbiamo fatto sesso così poche volte. Volevo farti avere almeno cento orgasmi prima di usare il tuo meraviglioso culetto.

– Se continui così a cento ci arriviamo domani…

– E allora domani mi prenderò questo capolavoro! – Feci uno scatto e le morsicchiai una chiappa, al chè lei emise un urletto di sorpresa.

– Scemo!

– Scherzi a parte, l’avresti voluto davvero o dicevi solo per farmi piacere?

– Non lo so. Ho sempre pensato che mi avrebbe fatto malissimo. Una volta… una volta il mio ex ragazzo ci ha provato, ma ho sentito subito male e gli ho urlato di smetterla. Tu però… con le dita e con la lingua mi fai impazzire. Non credevo. Eppoi sei così bravo, penso che anche se ce l’hai così grande sapresti evitare di farmi male.

– Mi stai facendo quasi tornare voglia – le carezzai l’ano con il dito.

– Sinceramente sono stravolta – mi prese la mano e la mise via. – Eppoi mi hai promesso cento orgasmi, prima. Ormai sei fregato. Ti va di farci una doccia? E’ caldissimo!

 

Ovviamente ci facemmo una doccia insieme. Avevo voglia di continuare a carezzarla e a farla godere, ma dopo due orgasmi a un ritmo così frenetico il mio corpo mi chiedeva di rilassarmi un attimo, e lei non fece avances. Ci baciammo, ci lavammo a vicenda, non senza qualche toccatina maliziosa ma senza voler fare di più. 

 

– Marco… ti andrebbe di uscire stasera? – mi chiese dopo essersi asciugata i capelli.

– Avevo preso un mezzo impegno con dei miei amici, ma per te lo potrei rimandare. Ci troviamo alle panchine?

– No, intendevo… uscire per andare da qualche parte insieme. A bere una birra, o a ballare, o anche al cinema. Uscire insieme.

– Pensavo che volessi vedermi in segreto…

– Si… no, non lo so. In realtà mi piaci e vorrei fare con te tutte le cose che fanno le coppia. Sempre che sei d’accordo, ovviamente.

– Karen lo sai quanti anni di differenza ci sono tra noi. I tuoi genitori mi ucciderebbero se scoprissero cosa facciamo. Si fidano di me.

– Se si fidano davvero allora dovrebbero essere contenti che noi stiamo insieme.

-Karen… non lo so. Non ho mai pensato a noi come una coppia. Non ancora.

– Pensi che sia solo un buco da scopare?

– Non ho detto questo. Ho detto non ancora. Sono tornato da pochissimi giorni e non mi aspettavo certo questo… 

– Ti vergogni di me?

– No, affatto. Solo che non so ancora cosa voglio. Karen sei tu che mi sei saltata addosso, lo sai, vero?

– Si ma…

– Non ti dico di volerti scopare ogni giorno eppoi fare finta di non conoscerti. Non sarebbe giusto. Però lasciami un po’ di tempo per pensare. Io ti prometto che ti rispetterò sempre, e non ti obbligherò a… fare sesso, o cose del genere.

– Ma io voglio fare sesso con te! Mi piace troppo! Ok… scusami. Non devo pretendere la luna da te. Mi spiace.

– Non ti preoccupare, era una chiacchierata che era giusto fare.

– Però… mi piacerebbe sempre uscire con te, stasera.

– Noi due soli?

– Si.

– Ok… credo di poterlo fare. Però non farmi passare a prenderti a casa tua, sarebbe troppo strano. Trova una scusa ed esci e… ti aspetto in fondo alla strada, ok?

– Ok – mi sorrise e mi baciò con passione. Era bastato poco per farla contenta.

 

Quando tornai a casa mi sembrò che mia sorella mi guardasse in modo strano.

– Ma eri in piscina? Non ho sentito i rumori dell’acqua di là.

– Certo che ero in piscina, non vedi che ho ancora i capelli bagnati?

– Senti… devo  dirti una cosa, non prenderla male.

– Cosa mi devi dire?

– Lo so che sei tornato da poco e noi sai quasi niente di cosa è successo in paese in questi anni, ma stai passando un sacco di tempo con Karen e mi sembra giusto metterti in guardia.

– Facciamo solo qualche bagno insieme – esclamai sulla difensiva. – Eppoi in guardia per cosa?

– Karen non ha una buona fama da qualche tempo. La gente del paese la evita perchè… non si è comportata in maniera molto tranquilla, diciamo.

– In che senso?

– Perchè è una che beve, che invita molti ragazzi a casa, che… insomma, a scuola la chiamano Dieci perchè dicono faccia pompini per dieci euro.

– Maddai, saranno le solite voci di paese, no? Sicuramente sono cavolate messe in giro perchè… avrà fregato il ragazzo a qualcuno, o perchè magari va in giro un po’ troppo nuda. 

– Pensala come ti pare, volevo solo avvertirti. 

– Ok… però non essere cattiva, era una tua amica, no.

– Si. Tre o quattro anni fa…

 

Mia sorella tornò in camera sua. Sicuramente erano solo chiacchiere, ma in me era sorto il tarlo del dubbio. Qualcosa di strano, nel comportamento di Karen, c’era. Era ovvio. Cosa dovevo pensare?

 

Dove potevo portare Karen? Non volevo andare all’unico pub del paese, ci sarebbero state troppe persone conosciute e non volevo che io e lei apparissimo come una coppia, soprattutto dopo quanto mi aveva detto mia sorella. La discoteca mi aveva sempre fatto schifo, il cinema all’aperto sembrava una scelta troppo fredda. Se fosse stato per me avrei preso una birra in qualche chiosco e avrei passeggiato un po’ in qualche parco, per poi trovare un cespuglio riparato dove infilarsi a scopare, ma la mia sensazione era che lei si aspettasse qualcosa di più. La cosa migliore forse era portarla in città, dove di pub carini ce n’erano a dozzine e dove le possibilità di trovare gente del paese erano remote. C’era da dire che mancando da troppi anni non sapevo quali locali avessero chiuso e quali aperto, ma magari poteva suggerirmi lei.

Puntualissima alle 10 la vidi arrivare lungo la strada. Molto sexy, con un vestitino cortissimo che a malapena le copriva l’intimo, sandali con tacchi a spillo e un leggero coprispalle. 

– Wow! – esclamai quando entrò in macchina. – Non so quanto riuscirò a tenere le mani a posto stasera.

– Mica devi tenerle a posto – si allungò per baciarmi. Aveva commesso l’errore che fanno molte ragazzine che vogliono apparire più grandi, ovvero si era truccata troppo marcatamente. Da battona, avrei detto se non fosse stata lì con me. Ma ovviamente non commentai.

– Ti va di andare a cercare qualche posto in città? Sono fuori da troppo tempo e non so neanche più dove la birra è buona e dove invece è meglio evitare, devo aggiornarmi!

– Si, va benissimo. Però io di birra non me ne intendo.

– Vorrà dire che ti offrirò qualche cocktail da signorine – le feci l’occhiolino.

Partimmo. Mi sembrava un po’ tesa, impettita, come se volesse fare bella figura a tutti i costi e fosse preoccupata. Cercai di scioglierla un po’.

– Sei bellissima – le posai una mano sulla coscia e presi a carezzarla. – Scusami ma la mia mano è un po’ maleducata, la rimprovero sempre ma continua a fare quello che vuole – la tirai su e la schiaffeggiai scherzosamente, poi la rimisi sulla sua coscia… un po’ più su di prima. – A cuccia! Niente da fare, è veramente una malandrina. Impossibile fermarla!

– Te l’ho già detto, non la devi fermare – allargò leggermente le gambe, e io ne approfittai per sollevare il vestitino fino ai fianchi.

– Oh, ma è troppo curiosa… vuole sapere se ti sei messa le mutandine oppure no.

– Ce le ho… ma se la tua mano preferisce posso toglierle.

– Oh si, le piacerebbe moltissimo.

Mordendosi le labbra alzò il sedere di qualche centimetro e si sfilò il minuscolo perizoma nero che indossava, riponendolo in borsetta. Allargò le gambe mostrandomi la sua fichetta glabra, appena arrossata dalla rasatura del giorno prima.

– Ti piaccio così? – mi chiese evidentemente eccitata.

– Da morire – andai subito a carezzarla con le dita. Non era molto bagnata, ma bastò che la sfiorassi perchè divenisse un lago.

– Mi ecciti troppo – sospirò mentre la penetravo con due dita.

– Almeno tu puoi metterti nuda. Il mio cazzo sta per scoppiare qui dentro.

– Dagli un po’ di sollievo… tiralo fuori.

– E’ troppo pericoloso mentre guido. Rilassati e divertiti, penso a tutto io.

 

Chiuse gli occhi e si gettò indietro sul sedile mentre la toccavo. Per fortuna non c’era molto traffico, procedevo lentamente verso la periferia della città e con le dita cercavo di raggiungerle i punti più nascosti del suo sesso. Lei ansimava di piacere, aveva appoggiato una mano sulla mia e me la spingeva verso di lei, come se volesse essere penetrata il più possibile. La accontentai infilandole tre dita dentro e muovendole più velocemente che potevo.

– Oddio amore, godo! – L’orgasmo arrivò appena in tempo, le strade ora erano più illuminate e frequentate e qualcuno avrebbe potuto vederci. Lì per lì non mi accorsi che mi aveva chiamato amore. Mi leccai le dita voluttuosamente, guardandola mentre continuava ad ansimare.

– Sei già stanca? – le chiesi fintamente preoccupato.

– Se non stessi guidando ti farei vedere io come sono stanca… – mi prese la mano e la baciò. Leccò le dita, prima una, poi due, poi prese a succhiarne due insieme, carezzandole con la lingua, mimando deliziosamente un pompino da vera porca.

– A’ MAIALONAAAAA!!!

Un urlò proveniente da una macchina che si era affiancata ci fece sussultare. Tre ragazzotti avevano assistito alla scena e si erano assicurati di farcelo notare. Forse non era il caso di continuare così, ero talmente eccitato che l’avrei presa lì, lungo la strada, incurante di tutto. Ci facemmo una risata e continuai a guidare. Avevo quasi attraversato tutta la periferia quando notai un piccolo pub con dei tavolini all’aperto che non conoscevo.

– Ti va di fermarci qui?

– Ok, non ci sono mai stata, ha aperto da poco.

 

Il posto era semplice ma carino, e a quell’ora era ancora semivuoto. Scelsi un tavolo fuori piuttosto isolato, in un angolo, e ci mettemmo a sedere sfogliando il menù. Poche birre, piuttosto commerciali, e tanti cocktail dai nomi esotici. Avendo vissuto molto tempo in Germania ero abituato piuttosto male. Presi una Menabrea in bottiglia, mentre Karen scelse una Caipiroska alla fragola. Classico.

– Allora, ti piace qui? – le chiesi.

– E’ carino. La musica non è male – era merdosissima musica latino americana. – però non c’è quasi nessuno.

– Beh, è ancora presto. La notte è giovane.

– Sai io non esco quasi mai tardi, i miei sono rigidi col coprifuoco, le uniche occasioni sono quando vado a ballare, allora mi posso sfogare.

– A me non piace molto la discoteca..

– Lo so, leggo il tuo blog – mi sorrise. – Ti piace l’heavy metal, l’hard rock e la musica un po’ vecchiotta. Insomma sei un vecchietto! – Ora rideva proprio.

– Vecchietto ma con stile! Tu allora cosa sei, una gerontofila?

– Una giovane alla moda a cui piacciono i ragazzi con esperienza.

– E cos’altro ti piace?

– Mi piacciono… non so, gli animali, vorrei un cane. E mi piace prendere il sole in piscina, mi piacerebbe fare molti viaggi. Com’è la Germania?

– Fredda. Dusseldorf è bruttina, ma ci sono anche città bellissime. La gente all’inizio sembra antipatica, poi quando inizi a capirla è forte. 

– Ma mangiavi sempre patate lassù?

– No, certo che no. Anche wurstel e crauti! – la presi in giro.

– Strano che tu non sia ingrassato con questa bella dieta – mi disse sorseggiando l’ultimo goccio della sua Caipiroska.

– A dire la verità all’inizio qualche chilo l’avevo preso. Poi ho capito che era meglio che imparassi a cucinare da solo.

– Potresti farmi una bella cenetta allora, qualche volta.

– Chissà, magari te la farò!

 

Si ordinò una seconda Caipiroska mentre continuavamo a chiacchierara amabilmente. Niente di troppo profondo, ma in fondo era divertente. Il lato più infantile di Karen continuava a saltare fuori di tanto in tanto, ma non mi dava particolarmente fastidio. Finii la birra, chiamai il cameriere e ne ordinai un’altra.

– Per me un… Sex on the beach! – Karen mi guardò e mi strizzò l’occhio. 

– Ehi, non berrai troppo? – le chiesi quando il cameriere se n’era andato.

– Tanto mi riporti tu a casa, no? Tu sei adulto e coscienzioso, non ti approfitterai di me.

– Non ne sarei troppo sicura…

Allungai una mano a toccarle la coscia e lei, facendo finta di niente, allargò le gambe. Risalii verso il suo sesso e arrivai a toccare qualcosa di molto bagnato. Cazzo, non si era rimessa il perizoma!

– Non ti sei scordata qualcosa in borsa? – le chiesi continuando a toccarla.

– Forse… o forse ho solo obbedito a qualcuno che mi ha detto che mi preferiva senza.

 

Il cocktail e la birra arrivarono mentre le carezzavo molto delicatamente il clitoride, lei mi aveva posato una mano sul pacco, commentando a bassa voce quanto ce l’avevo duro. Sussultai quando il cameriere appoggiò i bicchieri sul tavolo e lui mi rivolse uno sguardo complice. Guardai Karen che ridacchiava contenta. E ubriaca.

– Devo fare pipì – mi disse. Poi si allungò verso il mio orecchio sussurrando. – Ho voglia di te, vieni con me e facciamo l’amore nel bagno!

– E’ meglio di no, dai.

– Allora aspettami, beviamo alla svelta e andiamo via. Ti desidero troppo. E se cambi idea… seguimi.

Si alzò barcollando un po’, incerta sui tacchi molto alti, e sparì dentro al locale. Bevvi un lungo sorso di birra e per un attimo pensai di seguirla davvero. Ma non ero il tipo per queste cose, non in un pub ancora semi deserto nel quale non ero mai stato. Finii la birra. Iniziava ad arrivare un po’ di gente e Karen non tornava. Erano passati più o meno cinque minuti, quanto ci metteva? Finalmente arrivò, col passo sempre più incerto.

– Pensavo che venissi – mi disse delusa. – Lo sai che mi sono toccata in bagno pensando a te, e ho visto che sono tutta eccitata? Dai, portami via!

– Ce ne andiamo subito.

Andai alla cassa a pagare mentre lei in un sorso finì il terzo cocktail. Uscimmo dal pub quasi di corsa, affrettandoci verso la macchina. La feci salire e lei si gettò letteralmente su di me, baciandomi e toccandomi l’uccello da sopra i pantaloni.

– Aspetta – le dissi trattenendola. – C’è troppa gente qui, andiamo da qualche altra parte.

– Portami via, ho voglia di scopare.

 

Misi in moto la macchina e partii. Senza una destinazione precisa, solo verso la periferia e… zone con meno gente. Karen non si era allacciata la cintura ed era voltata verso di me, si allungava a baciarmi il collo, a leccarmi l’orecchio, ad accarezzarmi il pacco.

– Se continui così finiamo fuori strada.

– Non fare il noioso – mi slacciò i pantaloni. – Tiralo fuori dai, lo vedi che sta per scoppiare?

Effettivamente non aveva tutti i torti, la tortura delle sue carezze era quasi dolorosa, dentro i miei jeans. Il mio uccello non vedeva l’ora di prendere un po’ d’aria. Decisi di aiutarla, alzai di qualche centimetro il sedere per darle modo di tirare giù la zip dei pantaloni, infilare la mano dentro le mutande ed estrarne l’oggetto del suo desiderio.

– Che bel cazzo che hai – iniziò a segarlo lentamente. – Com’è duro e caldo, ho voglia di assaggiarlo… posso provare a prenderlo in bocca mentre guidi?

– Ormai, devi – era un mio piccolo sogno erotico, lo confesso. Per un attimo mi venne in mente che l’avevo scritto nel mio blog qualche anno prima, forse l’aveva letto lì? Comunque le spinsi la testa giù con la mano con poco riguardo, e lei lo prese subito in bocca. Mentre si allungava per succhiarlo fino in fondo il vestito le era salito rivelandole il sedere quasi per intero, se qualche macchina si fosse affiancato avrebbe visto tutto, ma sinceramente al momento non me ne fregava nulla. -Così, succhialo. Prendilo tutto in bocca, fino in fondo – le spinsi giù la testa e lei si impegnò ad imboccarne il più possibile. Non era ovviamente un’esperta di gola profonda, ma i risultati furono di tutto rispetto. Risalì un attimo a prendere aria.

– E’ troppo grosso – si lamentò, ma subito si rituffò a succhiarlo.

Con la mano intanto, quando la strada lo permetteva, cercavo di raggiungere il suo meraviglioso culetto. Volevo infilarle un dito in culo, ma arrivavo solo a sfiorarle l’ano. Lei comunque sembrava gradire. Mugolava senza ritegno ogni volta che riuscivo anche solo ad avvicinarmi al suo sesso. Una curva affrontata a velocità troppo alta mi fece capire che avevo bisogno di cambiare marcia. Ormai eravamo fuori città e la strada era più tortuosa.

– Karen aspetta… ferma un attimo, vieni su – tornò a sedere sul sedile, la faccia un po’ delusa. – Ho bisogno di usare il cambio, scusa.

– Ok… fermiamoci da qualche parte dai!

– Un paio di chilometri e arriviamo in un boschetto…

– Non so se ce la faccio a resistere due chilometri, guarda qui – aprì le gambe ed espose la sua fichetta alla mia vista. – Sono tutta bagnata, stavo quasi per godere facendoti il pompino, ho troppa voglia… 

– Fammi vedere come ti tocchi.

Portò la mano al suo sesso e iniziò a carezzarsi il clitoride con moto rotatorio. Ogni tanto invertiva il senso di rotazione delle dita, poi ne infilò due dentro di lei e me le portò alla bocca.

– Senti come sono bagnata… è tutta colpa tua, ora devi provvedere.

Per fortuna eravamo arrivati. Imboccai una stradina sterrata e arrivai al limitare di un boschetto dove di solito andavano i cercatori di funghi. Qualche anno prima si diceva che fosse anche pieno di guardoni, ma sperai che visto che ancora era piuttosto presto non ce ne fossero. Guardai l’ora. Mancavano venti minuti a mezzanotte. Avevo ancora il cazzo di fuori, sempre durissimo. Karen si sfilò il vestito e rimase solo con il reggiseno. 

– Scopiamo subito, non ce la faccio più – Mi abbassai i pantaloni e mi tolsi la maglietta. Lei saltò sopra di me e si impalò immediatamente fino in fondo. – Cazzo, che bello… – sospirava mentre si muoveva sopra di me. 

– Allora, è troppo grosso?

– No… è proprio giusto… mi arriva fino in fondo! Oddio scopami, fammi godere… sto per venire Marco godo… godo… godo!!!

L’orgasmo la fece tremare ed urlare di piacere. Sentivo i suoi umori bagnarmi fin sulle cosce, era fradicia. Rallentò il ritmo per un attimo ed appoggiò la testa alla mia, ansimando stremata.

– Vuoi riposarti un attimo? – le chiesi.

– No… voglio che continui a scoparmi più che puoi – riprese di nuovo a muoversi più velocemente, ed io ad assecondare i suoi colpi spingendo a fondo dentro di lei.

– Cazzo Karen, mi sono scordato di mettermi il preservativo – mi resi conto improvvisamente.

– Non importa, continua a scoparmi, puoi venirmi dove vuoi… – mi prese la mano e mi succhiò il dito medio. – Mettimi un dito nel culo… voglio sentirti dappertutto.

– Sei proprio una troia – esclamai, pentendomi quasi subito delle mie parole. Lei però non sembrò offendersi. Portai il dito verso il suo ano, lo carezzai un po’ poi lo penetrai, più a fondo che potevo.

– Così, infilalo dentro…

– Ti piace essere scopata, eh?

– Si mi fai impazzire…

– E così ti piace? – Le dita nel culo divennero due, e presi a muoverle freneticamente dentro e fuori.

– Si mi fai impazzire. Scopami, sto per godere ancora! Scopami anche il culo, si, si! Aaaaaahhh!

– Così, godi porcellina. Godi… ora prendilo in bocca, voglio vederti bere la mia sborra.

– No… aspetta… scopami ancora…

– Karen non ce la faccio più, fermati un attimo o vengo!

– Ti prego… – continuava a muoversi sopra di me, solo un po’ più lentamente.

– Non ce la faccio davvero… mi fai impazzire!

– E va bene… – tornò sul suo sedile e si chinò a prenderlo in bocca. Dopo due pompate iniziò a segarlo più velocemente che poteva, mentre mi leccava il frenulo e l’orifizio dell’uretra. Favoloso.

– Così mi fai morire… dai che godo!

– Vieni, dai! Schizzami addosso!

Il primo fiotto di sperma la colpì sulla guancia, poi Karen posò le labbra sul mio glande per ricevere in bocca gli schizzi successivi che ingoiò immediatamente. Quando tirò su la testa e mi guardò non riuscii a trattenere una risata, lo schizzo si era posato sullo zigomo e sull’orecchio e il trucco era un disastro, soprattutto attorno agli occhi era colato quasi tutto. Aveva l’aspetto di una di quelle attricette dei porno di quart’ordine appena uscite da una gangbang.

– Che c’è da ridere? – mi chiese quasi offesa.

– Guardati allo specchio… la prossima volta è meglio un trucco più leggero! – Si voltò verso lo specchietto e ridemmo insieme. Poi si adagiò, ancora nuda, sul suo sedile.

– Come fai a farmi godere così tanto? 

– Con te è facile, non ti vergogni, stai al gioco, il tuo corpo risponde al mio alla perfezione…

– Forse è perchè ti aspettavo da così tanto, ti ho sempre desiderato…

– Beh, comunque anche per me è lo stesso, sai, non ricordo di aver goduto così tanto prima di questi giorni.

– Magari anche tu dentro di te mi desideravi? – mi chiese speranzosa.

– Se avessi saputo che eri così, forse… io ti ricordavo ancora come una bambina!

– Alla bambina piace molto il tuo latte – mi disse maliziosa. – Lo sai che… ho ancora sete?

– Lo vedo che sei insaziabile, ma la mucca per oggi è stata munta – fece un’espressione delusa irresistibile, con il labbrino di fuori.

– Ok, comunque sono ubriaca, non posso tornare a casa così… mi porti a prendere una boccata d’aria?

 

Ci rivestimmo ed uscimmo dall’auto. Se con i tacchi aveva problemi sulla strada figuriamoci qui, nel bosco, al buio, ma si strinse a me e non protestò. Facemmo qualche passo, era una splendida nottata, molto limpida.

– Guarda – le indicai la luna, che era piena.

– E’ bella, ho sempre sognato di baciarti sotto una luna così.

La strinsi a me e poggiai le labbra sulle sue. Il nostro bacio si aprì, le nostre lingue si intrecciarono e scavarono nelle nostre bocche. Karen sapeva di alcool, di sesso e di lucidalabbra. Sapeva di buono.

 

 

– Ci vediamo domani? – mi chiese dandomi il bacio della buonanotte. Ero rimasto in silenzio nel viaggio di ritorno mentre lei si era appisolata, stanchissima ed ancora ubriaca. Avevo guidato per qualche chilometro più del necessario, prendendo stradine secondarie e deviazioni, perchè dovevo pensare. La cosa stava diventando troppo seria, forse iniziavo a provare qualcosa per lei? Mi serviva almeno un giorno per riflettere.

– Magari domani sera. Domani ho un sacco di cose da fare, devo andare a parlare con i miei prossimi datori di lavoro e ho promesso a degli amici che avremmo pranzato insieme – non era del tutto una menzogna, erano tutte cose che dovevo fare… un giorno o l’altro.

– Ok, allora ci sentiamo nel pomeriggio?

– Ti mando un sms.

– Ok… ciao e grazie per la serata magnifica.

– Ciao – un’altro bacio e la vidi sparire lungo la strada.

 

Non dormii molto quella notte, troppi pensieri. Mi tornavano alla mente le parole di mia sorella, che mi aveva messo in guardia sulla presunta doppia vita di Karen. Effettivamente anche quella sera aveva bevuto molto, e l’alcool l’aveva resa più audace e vogliosa. Di qui a prostituirsi per dieci euro ce ne passava, è ovvio. Però fare sesso le piaceva più di quanto non volesse ammettere.

Sognai di fidanzarmi con lei, e che ogni giorno i suoi desideri sessuali aumentassero. Prima mi chiedeva il sesso anale, poi la doppia penetrazione con un dildo, poi di avere rapporti a tre, di fare scambio di coppia, di pisciarle addosso, di organizzare orgie… e alla fine mi ritrovavo ad essere un cornuto contento, un cuckold a cui bastava guardare la sua lei divertirsi con decine di uomini diversi. Mi svegliai di soprassalto fin troppo eccitato. Era ancora notte, ma avevo lasciato il telefonino acceso e l’arrivo di un sms l’aveva fatto trillare. Anzi, era un mms. Di Karen. Mi aveva mandato una foto della sua fichetta, a cosce aperte, con le dita che carezzavano il clitoride. “Mi sono svegliata bagnata, ti stavo sognando…”

Le risposi col cuore che mi batteva a mille. “Dovresti trovare qualcosa da infilare lì dentro… tipo un cetriolo”

Passarono due minuti. Un altro mms. Non aveva trovato un cetriolo, ma qualcosa da usare si. “Ho trovato il manico di una spazzola, ma non è caldo come il tuo cazzo…”

“Se fossi lì, visto che hai ancora un buchetto libero, lo userei per quello…”

Non mi rispose più. Nonostante la giornata a dir poco piena mi era tornato duro. Resistetti alla tentazione di masturbarmi, avevo quasi paura di consumarmelo. Misi il telefonino in modalità silenziosa e provai a dormire.

 

Mi svegliai che erano già le undici, quasi un record per me, ma evidentemente ero stanchissimo. Andai in bagno e mi guardai allo specchio. Un po’ di occhiaie, ma il mio fisico reggeva. Non ero così vecchio. Sorrisi a me stesso facendo delle pose idiote davanti allo specchio. Mia sorella passò dietro di me prendendomi in giro. Scherzammo un po’ insieme. Ancora non avevamo raggiunto la confidenza che avevamo qualche anno prima, ma ricominciavamo a scherzare e a trovarci in sintonia. Certo, anche lei era cresciuta, non era più la bambina di una volta. Era una bella ragazza, anche se non appariscente come Karen. Già, Karen. Le avevo detto che sarei uscito a pranzo con degli amici, se avesse visto la mia auto ancora parcheggiata fuori avrebbe pensato che fosse una menzogna per non vederla. Mi affrettai a rivestirmi ed uscii dopo aver lasciato un biglietto in cui dicevo di non aspettarmi.

Chiamai Andrea, un vecchio amico dai tempi della elementari, e gli proposi di mangiare un boccone insieme. Era in cassa integrazione, non lavorava da due mesi, quindi aveva fin troppo tempo libero. Accettò, e passammo un paio d’ore insieme a ricordare i vecchi tempi e a scherzare sulle vecchie amicizie. Andrea stava quasi per sposarsi con la fidanzatina storica, ma insieme avevano deciso di aspettare finchè non avessero avuto notizie più certe sul lavoro di lui. Gli chiesi notizie di tutti i vecchi compagni di scuola e lui mi raccontò chi si era sposato ed aveva figli, chi si era trasferito, chi aveva fatto i soldi e chi aveva avuto qualche problema con la legge.

– Certo che in pochi anni le cose possono cambiare moltissimo – sospirai. – Ci sono persone che ricordavo come bambini o poco più e che ora sembrano più vecchi di me. Per esempio, ti ricordi Karen, quella bimba che veniva sempre a rompermi le scatole in casa perchè giocassi con lei e mia sorella? L’ho vista il giorno dopo che sono tornato e non la riconoscevo neppure, è diventata una donna fatta.

– Eh, hai proprio usato la parola giusta! Chissà in quanti se la sono fatta! – rise. Mi rabbuiai.

– Che vuoi dire?

– Beh, parlo solo per sentito dire ma queste cose in paese si sanno. Un anno fa o giù di lì girava la voce che i suoi genitori l’avessero trovata a letto con tre ragazzi contemporaneamente. Vero o no, per molti mesi è rimasta chiusa in casa, praticamente i genitori le permettevano di uscire solo per andare a scuola. Ha ricominciato a farsi vedere in giro solo da pochissimo.

– Non lo sapevo… magari sono solo chiacchiere, mi è sembrata una ragazza a posto.

– Magari è cambiata. Le persone cambiano – e noi cambiammo, per fortuna, discorso.

 

Nel pomeriggio andai a visitare quello che sarebbe stato il mio futuro luogo di lavoro e a parlare con i titolari dell’azienda. Mi confermarono l’intenzione di assumermi dopo la riapertura, nel mese di settembre, e discutemmo un po’ di possibili sviluppi futuri. Ero molto soddisfatto, ma anche un po’ distratto dal pensiero di Karen. Non si era ancora fatta sentire, dopo la notte, e mi chiedevo se era il caso di uscire con lei anche stasera. Certo avevo voglia di lei, il solo pensiero mi faceva venire il cazzo duro. Andrea mi aveva proposto di uscire con lui, la sua fidanzata ed alcuni amici della vecchia compagnia ma avevo preso tempo senza dargli una risposta vera e propria, dicendogli che non sapevo se sarei uscito visto che avevo ancora un sacco di cose da sistemare a casa. Decisi di mandare un messaggio a Karen.

“Ciao, cosa fai stasera? Se vuoi uscire con i tuoi amici per me non ci sono problemi, tanto sono un po’ stanco…”

Rispose subito. “Sono io che ti stanco? :) Spero di no, visto che ho talmente tanta voglia di te che ti salterò addosso appena ti vedo. Mi porti a ballare?”

Odio la discoteca. “Sinceramente preferirei qualche posto più tranquillo dove non fare troppo tardi…”

“Eddai, i miei genitori mi fanno tornare tardi solo il sabato sera! Anzi, la domenica mattina ;) Guarda che se non mi porti te ci vado da sola!”

“Se vuoi andare non ci sono problemi. A me non piace ballare… ci possiamo vedere domenica!”

“Ok, facciamo così: stasera ci vediamo alle 9.30 al parco, ti stanco un paio d’ore e poi mi riporti a casa. Il vecchietto va a letto e io vado a ballare con le mie amiche! Ok?!

“Ok. Se mi prometti di fare la brava :)”

“Non prometto niente ;)”

 

Arrivò la sera. Una sera calda, afosa e piena di zanzare. Quasi non avevo voglia di uscire, ma mi feci forza e mi incamminai verso il parco. Erano le nove e venti, Karen mi aspettava già lì, con un cortissimo vestitino bianco, dei sandali ancor più alti di quelli del giorno prima, i capelli perfettamente piastrati, il trucco molto marcato. 

– Già in tenuta da discoteca? – le chiesi abbracciandola.

– Si non avevo voglia di prepararmi dopo. 

– E se avessi voglia di sciuparti un po’ il trucco? – le feci l’occhiolino.

– Quello non importa, mi basta uno specchietto per sistemarmi. Ma se mi schizzi sui capelli ti uccido – mi carezzò la patta dei pantaloni – …a meno che non sia un tuo sogno erotico.

– Vieni qui piccola diavoletta – la tirai a me e la baciai con passione. Le presi la mano e la trascinai verso una panchina isolata dalle altre, completamente al buio. Mi misi a sedere, la feci accomodare sulle mie ginocchia e sempre con la bocca appiccicata alla sua cominciai a toccarla dappertutto. La mia mano si fece largo tra le sue cosce?

– Dove hai messo le mutandine? – sotto non aveva nulla.

– Nella borsa – mi rispose mugolando mentre la carezzavo. – Ho pensato di risparmiare tempo facendo così.

– Sei proprio una porcellina… dimmi quanto mi vuoi – le infilai due dita nella fica completamente fradicia e presi a scoparla con esse.

– Ti voglio da morire… ti voglio tutto dentro di me.

– Ti piace più la mia mano o il manico della spazzola? – Le dita dentro di lei divennero tre, la baciavo sul collo, le leccavo l’orecchio, giù fino all’ampia scollatura. Notai che non aveva neppure il reggiseno, i suoi capezzoli turgidi spiccavano evidenti attraverso il tessuto leggero.

– Mi piace la tua mano… e mi piace ancora di più il tuo cazzo.

– Allora vieni a prenderlo – la feci sedere sulla panchina, sbottonai i pantaloni, tirai giù la zip e tirai fuori il mio arnese durissimo, poi glielo portai verso la bocca. – Succhialo.

Karen cominciò un pompino frenetico, usando la mano destra per segarmi e masturbandosi allo stesso tempo con la sinistra. Le presi la testa tra le mani e accelerai il ritmo, forzando un po’. Lei mi lasciò fare, mugolando quando spingevo troppo, le scopai la bocca per un minuto buono, poi tirai fuori il cazzo dalla sua bocca. 

– Scopami – mi implorò. Si girò, appoggiandosi con i gomiti allo schienale della panchina, offrendomi la visione del suo culetto e della sua fica a pecorina.

– Aspetta, prendo il preservativo.

– Scopami così, mi piace di più senza – non mi sentivo di darle torto, anche io non amavo certo il preservativo. – Tanto riesci a controllarti, no?

– Con te… non lo so.

– Non puoi venirmi dentro, devi farmi bere la tua sborra. La voglio.

– Piccola troia, come faccio a resistere? – La penetrai in un colpo solo, facendole sentire il mio cazzo fino in gola. Lei inarcò la schiena, sorpresa dalla mia lunghezza. In quella posizione la potevo scopare più in profondità, ad un ritmo superiore del solito. Lei urlò letteralmente quando arrivò il primo orgasmo.

– Scopami, continua a scoparmi più forte che puoi! Dammelo!

– Prendilo tutto! – Le infilai un dito in culo.

– Oh si! Scopami!

Continuavo a stantuffarlo freneticamente, muovendole il dito nel culo, e lei venne una seconda volta. Non ce la facevo più.

– Bevi la mia sborra!

Tolsi il cazzo da dentro di lei, che si voltò e si inginocchiò davanti a me, aprendo la bocca e mostrandomi oscenamente la lingua mentre mi segavo. Il primo schizzo la colpì sull’occhio destro, costringendola a chiuderlo, i successivi le entrarono in bocca. Quando lei chiuse le labbra intorno al mio uccello stavo ancora godendo, succhiò via le ultime gocce da dentro di me e si ritirò soddisfatta, con ancora un occhio chiuso.

– Hai mica un fazzoletto? – mi chiese.

– Te l’avevo detto che ti conveniva non truccarti.

– Non ti preoccupare, ancora è presto. C’è tempo per aggiustare il trucco.

Improvvisamente mi resi conto che eravamo in un posto pubblico ed avevamo urlato il nostro piacere senza ritegno. Mi guardai intorno. Nessuno. Ma questo non voleva dire che nessuno ci avesse sentito, magari qualche signore a passeggio… Ero a trecento metri da casa! Dissi a Karen che era meglio fare più piano, e lei mi guardò stranita.

– Mica ti vergognerai di me?

– No, ma se facciamo troppo chiasso e viene qualcuno a controllare ci arrestano per atti osceni in luogo pubblico!

Sorrise e mi promise che d’ora in poi sarebbe stata più attenta. Si ripulì finalmente la faccia e non potei nascondere un’espressione di disappunto.

– Devo dirti una cosa: nessun trucco ti rende bella quanto il mio sperma sul viso.

– Vuoi fornirmene un vasetto? – Rise. – Però devo ammettere che per quanto mi piaccia soddisfarti in questo modo dopo un po’ diventa scomodo e appiccicoso. Se vuoi però possiamo fare un filmino, così te lo riguardi quando hai voglia.

– Un filmino, dici? – Anche questa era una delle mie fantasie. Anche di questo avevo scritto sul mio blog.

– Si… a patto che lo tieni per te, ovvio. Ma di te mi fido – mi baciò.

– Potrebbe essere un’idea!

– Oh si… vedrai, realizzerò tutti i tuoi desideri più nascosti – mi strizzò l’occhio e tornammo entrambi seduti sulla panchina, a baciarci e ad abbracciarci come una vera coppietta.

 

Chiacchierammo del più e del meno per una mezz’ora, poi il desiderio tornò a farsi sentire, e le nostre bocche non poterono più parlare molto, occupate com’erano a scambiarsi baci e leccatine. Le carezzavo i seni, i capezzoli tornati turgidi, e lei faceva lo stesso infilando le mani sotto la mia maglietta. Staccammo le bocche l’una dall’altra per un’istante e ci ritrovammo a guardarci negli occhi, ansimanti, ebbri di desiderio. Mi prese la mano e se la posò tra le cosce.

– Fammi godere così – mi chiese.

Riappiccicai la bocca alla sua e iniziai un lento ditalino, prima carezzandole solo l’esterno della fichetta, poi insistendo sul clitoride ed infine entrando dentro di lei con due dita. Avevo appena iniziato a muoverle dentro di lei quando interruppe il bacio.

– Ho voglia che mi lecchi… – confessò.

La feci sedere sul bordo della panchina e mi inginocchiai davanti a lei.

– Controlla che non arrivi nessuno – le chiesi. Lei mi fece cenno di si con la testa ed io infilai la mia sotto il suo vestitino, che a dire il vero era ormai salito fino ai fianchi. Adoravo leccarla, adoravo il suo sapore. La sua fichetta era ancora stretta, ora che era tutta rasata appariva ancor di più quella di un’adolescente, ma il sapore era quello di una donna adulta pronta a tutto pur di godere. Infilai la lingua dentro di lei più che potevo.

– Usa anche le dita – mi chiese. Ne infilai due dentro di lei e cominciai a scoparla con esse mentre le leccavo il clitoride. Rispose quasi subito con un primo orgasmo, ma mi implorò di non fermarmi lì. – Continua… mettimi un dito nel culo.

Obbedii con gioia. Leccai per qualche istante il suo buchetto posteriore, poi lo penetrai agevolmente con un dito, e tornai a concentrarmi con la lingua sulla sua fica. Continuava a mugolare di piacere, a stringermi la testa con le mani e a chiedermi di più. Le dita nel suo culo divennero due, il suo ano era ormai elastico e immaginai come sarebbe stato avere il mio cazzo lì dentro. Sentii l’erezione rinforzarsi e la scopai con ancora più forza, allargando le dita dentro di lei per dilatarla ancor di più. Godette un’ennesima volta, urlando, dopodichè rallentai il ritmo ed uscii con le dita da lei.

– Ora ti voglio – le dissi.

– Aspetta!

– Cosa?

– Voglio… ho goduto da morire e la mia micetta è un po’ stanca… ti andrebbe… come abbiamo detto prima… di filmarmi mentre ti faccio un pompino?

– Cosa?

– Ho ancora voglia di te, ma ho paura che godere così tanto mi faccia quasi male. E mi piacerebbe avere un filmato con te, sai, l’ho sempre sognato anche io – mi alzai in piedi, lei mi seguì e si inginocchiò davanti a me. – Prendi il telefonino – mi disse guardandomi con i suoi meravigliosi occhioni dal basso verso l’altro. – E guarda come ti farò godere…

Presi il telefonino dalla tasca e cominciai a filmare. Lei mi slacciò i pantaloni, sempre guardandomi negli occhi, estrasse il cazzo dalle mutande e lo soppesò con calcolata calma.

– E’ così grosso e bello… Voglio succhiarti il cazzo e avere tutta la tua sborra addosso a me… mi farai questo favore? – Parlava con tono mellifluo, mordendosi le labbra, muovendosi sinuosamente, come una consumata attrice hard. Quello spettacolo era tutto per me.

– Hai mai visto un cazzo così grande, bellezza?

– No, mai. E non ho mai assaggiato un cazzo così buono – lo prese in bocca, mosse la testa appena avanti e indietro, poi lo lasciò. Mi leccò l’asta del pene, dalle palle fino al filetto, poi lo riprese in bocca, questa volta molto più in profondità, quasi strozzandosi nel tentativo di continuare a tenere gli occhi aperti.

– Oh, si, succhialo – non c’era bisogno di incoraggiarla, prese a muovere le labbra sul mio cazzo, a leccarlo voluttuosamente, a cospargerlo di saliva per poi riprenderlo fino in gola. Era come essere il regista di un porno in prima persona, e a dire il vero non era un lavoro facile… era faticoso continuare a tenere centrata l’inquadratura con una distrazione di quel livello. Karen mugolava carezzandosi i seni, le dissi di tirarli fuori dal vestito e lei obbedì, ora era nuda dalla vita in su e si strizzava le tette, i capezzoli durissimi che sembravano esplodere.

– Non smetterei mai di succhiarlo.

– Non smettere. Leccami anche le palle.

Tenendomi sollevato il cazzo scese a leccarmi i testicoli, cercando di prenderli in bocca per succhiarli leggermente. Poi mi guardò con espressione sbarazzina, si mise il dito in bocca e lo leccò voluttuosamente, poi lo accostò al mio ano.

– Posso? – Mi chiese con aria di finta innocenza.

– Se lo fai ti inondo la faccia di sborra.

– Oh… che minaccia… – Spinse la prima falange dentro di me e mugolai di piacere. Mi riprese il cazzo in bocca e continuò a succhiarlo più velocemente che poteva, scopandomi allo stesso tempo il culo con un dito. Durò così un paio di minuti, poi l’orgasmo mi travolse.

– Sto per sborrare, lascialo! – Le tolsi il cazzo di bocca e presi a menarmenlo davanti alla sua faccia.

– Così, sborrami in faccia, rendi ancor più bello questo mio visino… dammela tutta!

Chiuse gli occhi appena in tempo, il primo schizzo le si depositò sulla guancia destra, il secondo sulla sinistra, il terzo la prese dritta in fronte colandole sull’occhio, un quarto, un quinto e un sesto le imbrattarono la bocca e il naso. Continuavo a godere, sgocciolando sul suo volto e sui suoi seni. Karen era un disastro, in qualche modo ero riuscito a schizzare ancor più di prima, quella ragazza mi eccitava come nessuna prima d’allora.

– Cazzo… – Avevo continuato a riprendere fino alla fine. – Se mettessi questo video su youporn avrei un milione di visite entro stasera.

– Non ti azzardare – mi disse leccandosi le labbra. Non si era ripulita affatto. – Al massimo puoi farci tu un milione di seghe.

– Credo che lo farò.

– L’importante è che lasci un po’ di sperma anche per me, comincio a prenderci gusto. Ti va… di farmi qualche foto?

Mi andava, ovviamente. Scattai in fretta per evitare che lo sperma iniziasse a seccarsi e a darle fastidio, e lei fu come al solito molto collaborativa. Tre minuti dopo avevo diversi primi piani del suo visino, molti topless, e anche qualche foto di lei, sempre piena di sperma, che si metteva due dita nella fica, ancora fradicia.

– Ora fammi ripulire – mi disse. Tirò fuori delle salviette dalla borsa. – Forse è meglio che mi faccia una doccia prima che mi vengano a prendere.

– E’ il caso che tu vada in casa conciata così?

– Tranquillo, non c’è nessuno. I miei sono fuori a cena, avremmo potuto anche vederci lì ma visto che sei così preoccupato ho pensato che era meglio evitare che qualcuno ti vedesse entrare in casa mia.

– Sei… troppo gentile. Grazie.

– Ti voglio bene – si allungò a baciarmi. – Lo vedi che so essere adulta?

– Hai ragione, sei fantastica. Forse ti sto sottovalutando.

– Ecco, pensaci – mi sorrise e mi strizzò l’occhio.

 

Ci incamminammo verso casa, mano nella mano. In quel momento non avevo paura che qualcuno potesse vederci. Provai una fitta di gelosia quando Karen mi disse che anche Michele sarebbe stato della compagnia, quella sera. Ebbi la tentazione di andare in discoteca con loro, ma mi trattenni. Non era il mio ambiente, e non sarebbe stato giusto marcare il mio territorio in quel modo. Non avevo accampato diritti su di lei, no? Per ora il nostro rapporto era… cos’era? Mi ripromisi di rifletterci, magari il giorno dopo avrei avuto una risposta.

Tornai a casa, mi misi a letto ma non riuscivo a prendere sonno. Era ancora presto, dopotutto era sabato sera, così mi rivestii e chiamai Andrea. Erano ancora in giro, potevo andare con loro a farmi un paio di birre al “solito pub”. Per fortuna quello era ancora aperto e immancabilmente popolato della solita gente. Entrare lì fu come un tuffo nel passato… e per fortuna niente merdosissima musica latino americana! Fui salutato da un sacco di volti noti, alcuni dei quali non riuscivo a ricollegare ad alcun nome, ma in fondo erano passati anni dall’ultima volta che avevo messo piede lì dentro. Andrea e la sua compagnia mi avevano tenuto un posto al loro tavolo e passammo un paio d’ore piacevoli a chiacchierare e a bere. 

Quando uscii di lì ero ubriaco, e come tutti gli ubriachi decisi di fare una cosa stupida: chiamai Karen, con l’intenzione di dirle che sarei venuto anche io in discoteca. Finchè ero rimasto con gli amici in qualche modo avevo pensato ad altro, ma ora, al fresco della sera, con la testa che mi girava, mi stavo immaginando Karen inginocchiata davanti a Michele, o magari a qualche altro tizio chiuso con lei nel bagno, impegnata a fargli un maestoso pompino, magari chiedendo di essere ripresa col telefonino mentre veniva sborrata in faccia.

Feci il numero. Per fortuna il telefono risultava spento.

– Vaffanculo! – Esclamai. Pensai di andare in discoteca lo stesso e sorprenderla lì, ma mi resi conto che non sapevo in quale era andata. Ce n’erano almeno tre in zona, e chissà se ne erano state aperte altre. Con la coda tra le gambe tornai a casa, non prima però di averle inviato un sms.

A: Karen

Sono un cretino avrei dovuto essere con te stasera. Forse dopotutto voglio stare insieme a te. Non fare cazzate o ti ammazzo. Baci.

Entrai sotto le coperte e stavolta mi addormentai quasi subito. 

 

Mi risvegliai che il sole era già alto. Mi girava un po’ la testa, ma a parte quello non avevo altri postumi, le bevute in Germania erano decisamente un’altra cosa… Guardai il telefonino: Karen mi aveva risposto alle 5 e mezza.

Da: Karen

Sciocchino, certo che non faccio cazzate. Anche io voglio stare con te, mi sarebbe piaciuto se tu fossi venuto… anche se in realtà sei venuto due volte! :) Bacioni, TVB

Ecco, il tvb mi mancava.

Infilai un paio di pantaloni e scesi a fare colazione. Era domenica, e i miei genitori erano riuniti in cucina a preparare il super pranzo tradizionale.

– Notte di bagordi? – mi chiese mio padre con un mezzo sorriso sulle labbra.

– Nulla di particolare – risposi. – Infatti ho già appetito. E’ troppo tardi per la colazione?

– Preparati quello che ti pare.

– A patto che mangi anche a pranzo, visto che sto cucinando da tutta la mattina – si inserì mia madre.

– Non preoccupatevi, a Dusseldorf la colazione era uova e wurstel. Posso mangiare un maiale intero entro mezzogiorno senza sentirmi male.

– Qui al massimo trovi latte e biscotti.

– Me li farò bastare.

Chiacchierammo un po’ della giornata. Mia sorella era ovviamente ancora a letto, non si sarebbe vista finchè la tavola non fosse stata apparecchiata.

– Oggi siamo a casa, i vicini ci hanno invitato in piscina, vieni anche tu?

Gelo. Cosa dovevo rispondere? Mi sarebbe piaciuto, ma ci sarebbe stata anche Karen. E… come si sarebbe comportata? Avrebbe fatto capire che non eravamo solo semplici vicini? Potevo fidarmi di una diciottenne? Mi maledii per aver scritto a Karen che volevo stare insieme a lei, magari ora pensava che fossimo fidanzati o qualcosa del genere. Cazzo.

– Non so… sinceramente pensavo di andare a fare un giro per la campagna, a rivedere i posti qua intorno, magari fare qualche foto. Sono anni che non ci vado.

– Fai come vuoi, ovviamente l’invito era anche per te.

 

Dopo colazione uscii di casa con la scusa di andare a comprare il giornale e provai a chiamare Karen. Ancora spento. Era ovvio, se era tornata alle 5 e mezza chissà fino a quando avrebbe dormito. Le mandai un messaggio.

A: Karen

Oggi dopo pranzo i miei verranno lì in piscina. Mi raccomando non dire nulla. Io andrò a fare un giro in campagna, non mi sento di venire lì.

 

Dopo mezz’ora squillò il telefono. Dopotutto Karen non era così dormigliona.

– Pronto?

– Ciao, sono io, Karen!

– Oh… ciao… hai letto il mio messaggio?

– Si, non fare lo scemo, è ovvio che non dico niente. Figurati se dico con chi esco ai miei genitori. Senti, anche io non ho voglia di stare ad annoiarmi con loro, posso venire con te?

– Pensavo di andare a fare delle foto in campagna…

– Puoi fotografare me se vuoi. 

– Ma hai sempre voglia, tu?

– Solo quando sono con te, o ti penso…

– Senti, io esco di casa alle tre, ti fai trovare al parco?

– Ok?

 

Il pomeriggio lei era lì, puntualissima. Indossava degli shorts beige, sopra aveva un top turchese e ai piedi delle infradito. Oggi non era truccata, e i capelli erano legati dietro in maniera molto semplice. Sembrava una ragazzina, così mi piaceva ancora di più. Saltò in macchina e mi baciò sulla guancia.

– Per fortuna hai l’aria condizionata, stavo morendo lì fuori, ci saranno quaranta gradi.

– Eh si, le tre non sono certo l’ora ideale per uscire. Solo che non avevo voglia di stare in casa.

– Perchè non mi porti in qualche posto fresco, magari su in collina?

– Non lo so, è domenica pomeriggio… ci sarà un sacco di gente.

– Dai, entriamo in qualche sentiero nascosto… chi vuoi che ci disturbi?

– Ok.

 

A una ventina di minuti di auto dal paese c’erano delle colline, con diverse zone attrezzate per chi voleva fare picnic. Ovviamente nel fine settimana questi posti erano presi d’assalto. Decisi di provare a portarla nel posto che ricordavo come meno attrezzato, la strada era un po’ più lunga ed in parte sterrata, ma tanto avevamo tutto il giorno. Chiacchieravamo del più e del meno mentre guidavo, le carezzavo le belle gambe nude e la stuzzicavo un po’.

– Ti sei ricordata delle mutandine oggi?

– Mutandine? Forse… vediamo un po’! – Sbottonò il primo bottone degli shorts, poi il secondo, infine il terzo. Il suo clitoride fece capolino. – Ops! Sono proprio una distratta! Ora dovrai cercare di non farmi bagnare troppo, o stasera questi pantaloncini saranno da buttare!

– Te ne comprerò degli altri – infilai la mano lì dentro per stuzzicarla un po’. Era già umida.

– Mmmhh… senti, non so se ce la faccio ad arrivare fin lassù.. se trovassimo un posto lungo la strada? – Ci pensai un attimo. Poco distante c’era un boschetto, se ricordavo bene. Non c’era assolutamente nulla, ma poteva fare al caso nostro.

– Ci penso io.

Svoltai a sinistra verso il nulla. Oltrepassammo un paio di coloniche, poi l’asfalto finì e la strada divenne sterrata e molto stretta. Due macchine affiancate non ci sarebbero entrate, ma tanto chi passava di lì? Giusto qualche trattore, a giudicare dai segni e dalle buche sulla strada. Temetti di bucare una ruota, ma per fortuna non successe nulla. Una macchia di alberi si parò davanti a noi dopo una svolta, la strada continuava dritta, io entrai dentro in quella che era poco più di una mulattiera. Feci duecento metri poi mi fermai.

– Eccoci arrivati!

– Beh… perlomeno siamo all’ombra.

– Ora vieni qui, altrimenti morirò di desiderio.

– No, aspetta… voglio farlo fuori! Hai una coperta?

– Si, di dietro… 

– Prendila, e seguimi!

Scese dalla macchina e mi guardò mentre aprivo il portabagagli e ne tiravo fuori una vecchia coperta. Mi sorrise maliziosamente, si tolse il top e me lo lanciò.

– Prendimi! – Si mise a correre tra gli alberi.

– Vieni qui! – La inseguii. Dopo pochi metri la vidi togliersi anche il reggiseno e lanciarmi anche quello. Mi fermai a raccoglierlo.

– Dai, sei lento! Se non mi acchiappi come facciamo? 

– Ti acchiappo, ti acchiappo – a dire il vero le stavo lasciando un po’ di vantaggio per farla divertire, correva in maniera piuttosto impacciata con le infradito. Inoltre dopo qualche istante rallentò ancora e si sfilò anche gli shorts. Ora era completamente nuda, una vera driade dei boschi. Accelerai il passo e la raggiunsi.

– Presa!

– Ora che mi hai raggiunta, hai vinto il tuo premio! – Mi prese la coperta, la distese a terra e ci si adagiò sopra. – Prendimi, fai di me ciò che vuoi!

– Stai attenta a quello che mi chiedi, potrei prenderti in parola!

Mi spogliai in fretta, poi mi lanciai su di lei. Era bagnata fradicia, un lago bollente sotto le mie dita. Lei mi prese l’uccello in mano.

– Scopami subito, non ce la faccio più.

Entrai dentro di lei senza preliminari, senza chiederle se preferiva o no che mettessi il preservativo. Fu come penetrare il burro con una lama incandescente, era talmente bagnata che le arrivai subito, fino in fondo. Mi muovevo lentamente, la coperta non era proprio comodissima per me che stavo sopra, mi facevano male le ginocchia, ma lo stesso lei venne mugolando dopo pochi istanti. Strinse le gambe attorno al mio bacino.

– Ti voglio tutto dentro di me, continua a scoparmi, più forte! – Spinsi dentro di lei più che potevo, emise un gemito quando arrivai a toccarle l’utero. – Oddio, sto per godere ancora! – Con le mani andò a cercarmi le chiappe, arrivando a stuzzicarmi l’ano con le dita mentre la scopavo. – Così, fammelo sentire dentro di me… spingi… godo!!!

Anche io ero al limite, pompai più velocemente mentre sentivo la sua fica contrarsi per l’orgasmo, passarono forse due minuti e venni anche io, schizzando il mio piacere sulla sua pancia e sul seno. Raccolse con le dita lo sperma che si era depositato nell’ombelico, attorno a quel meraviglioso piercing, e se lo portò alla bocca per assaporarlo.

– Mi farai morire così – le dissi guardandola. Mi allungai a baciarla, sentivo il sapore del mio seme sulle sue labbra e la cosa mi piaceva. Mi eccitava. Mi distesi accanto a lei mentre si ripuliva con un fazzoletto. Eravamo nudi, in un bosco, avevamo appena fatto l’amore e attorno a noi si sentivano solo gli uccellini. Mi sentivo un po’ come Adamo ed Eva. Salvo la coperta, ovviamente. 

Restammo per un po’ distesi, ad accarezzarci ed a baciarci, lei si voltò su un fianco, dandomi la schiena, e io l’abbracciai. Le baciavo il collo da dietro, mentre le carezzavo i fianchi.

– Mi fai venire i brividi così.

– Sono brividi di freddo?

– No, di piacere.

Mi avvicinai, stringendomi a lei ancora di più. Sempre baciandola le carezzai i seni, e lei gemette di piacere. Sentii il mio uccello risvegliarsi e puntare verso il suo sedere. Spinsi verso di lei per farle sentire la mia erezione.

– Dove vuoi andare, maialino? – mi chiese.

– Da nessuna parte… – ma intanto avevo messo il pene tra le sue cosce e avevo cominciato a muoverlo avanti e indietro.

– Mi eccita sentirti duro.

– A me eccita sentirti eccitata.

Le carezzai il sedere con una mano, con l’indice percorsi il solco tra le sue natiche e mi soffermai sull’ano.

– Prima mi hai messo un ditino qui, non è vero? – le chiesi spingendo leggermente con la punta del dito.

– Si… mi sembrava che ti piacesse.

– A me è piaciuto. A te piace? – Bagnai il dito dentro la sua fica fradicia per l’ennesima volta dei suoi umori e tornai a penetrarle il buchetto con la prima falange.

– Si… mi fai venire i brividi.

– Ti piace anche così? – Spinsi tutto il dito dentro di lei, che sussultò.

– Se spingi troppo sento un po’ di dolore… ma così mi piace.

– Stai godendo? – Ora mi muovevo avanti e indietro dentro di lei, il mio cazzo durissimo puntato verso la sua vagina.

– Molto… – gemette.

Tolsi il dito, presi in mano l’uccello e lo spinsi dentro la sua fica lentissimamente, per farle assaporare ogni millimetro di me. Poi lo tolsi e lo puntai verso il suo culetto. Lo strofinai sull’ano e spinsi un po’ verso di lei, senza però penetrarla.

– Questa è una tortura – esclamò mentre rimettevo il cazzo dentro la sua vagina, sempre lentissimamente. 

– Lo so… – spinsi verso di lei, poi tornai a puntare sul suo fiorellino posteriore, ancora senza penetrarla.

– Mmmhh… deciditi, davanti o dietro… se vuoi puoi provare a metterlo dietro… basta che non continui a farmi impazzire così, fammi godere! Ti prego! – Entrai di nuovo nella sua fichetta, provocandole l’ennesimo gemito di piacere, questa volta muovendomi con decisione dentro di lei. – Oddio, si!

– Non siamo ancora arrivati a cento orgasmi, ricordi?

– Mmhh… forse ne mancano un paio…

La feci stendere a faccia in giù, forse un po’ scomoda nella terra dura, ma volevo che mi sentisse come il maschio dominante. La cavalcai, spingendo dentro di lei, le aprii le chiappe per avere una vista ideale sul suo buchetto dietro, lucido dei suoi umori. Infilai il dito medio della mano destra totalmente dentro di lei continuando a scoparla con forza.

– Cazzo! Si! – Venne mordendosi le labbra per il troppo piacere, mentre ancora ansimava le infilai nel culo anche il medio della mano sinistra e spinsi lateralmente allargandole il buchetto. – Oddio… mi fai morire così! Scopami!

– Dimmi che sei la mia troia!

– Si, sono la tua troia, adoro il tuo cazzo dentro di me, non posso farne a meno!

– Voglio che godi ancora – le scopavo il culo con le due dita, mentre il mio cazzo era ben piantato, fermo dentro di lei.

– Mmmhh… muoviti anche davanti, ti prego.

– Vuoi dire così? – Iniziai a muovere il bacino con ampi movimenti rotatori, sentivo Karen tremare sotto di me.

– Oh si! Godo! – Il secondo orgasmo la scosse da capo a piedi, uscii da lei, la feci girare e le puntai il cazzo verso la faccia.

– Fai godere anche me! – Aprì la bocca, cercando con la lingua di solleticarmi i testicoli. Mi alzai in piedi e le venni sopra dall’altra parte, sedendomi sopra la sua faccia. – Leccami il culo.

Sentivo la sua lingua scorrermi sul solco delle natiche ed insistere sul mio ano, per poi penetrare lievemente dentro di esso. Poi Karen scese cercando ancora il perineo e i testicoli, infilandomi dietro un dito.

– Scopami il culo, che ti sborro in bocca! – Le infilai il cazzo in gola scaricandole quasi immediatamente dentro un fiume di sperma. Lei ingoiò tutto, continuando a muovere il dito dentro di me. Quando tolsi il cazzo per farla respirare era stravolta, tremava e ansimava, ancora scossa dagli orgasmi che le avevo provocato.

– Oddio… mi fai sentire… non so, con te potrei essere la più grande troia che sia mai esistita, mi fai piacere tutto. Sei… meraviglioso! – Mi adagiai di nuovo accanto a lei, baciandola.

– Scusa se sono stato… troppo violento.

– Non ti scusare, mi è piaciuto da matti. Mi piace da matti quando sei dolce, mi piace da matti quando sei più rude… mi piaci da matti tu. Voglio solo te.

– Inizio a sentirmi anche io nello stesso modo.

– Posso chiederti… perchè non me l’hai messo dietro? E’ la seconda volta che ti offro la possibilità di farlo e hai sempre rifiutato. Non pensavo che un uomo potesse essere così… delicato, per certe cose.

– Non lo so. Vorrei prenderti anche ora, ma mi piacerebbe che la prima volta con te arrivasse in maniera più romantica. Magari in un letto, dopo una bottiglia di vino o due…

– Sei splendido.

 

Nudo ed ansimante accanto a lei iniziai a sentirmi in pace con il mondo, trovai il coraggio per farle una domanda che covava dentro di me da un po’.

– Karen dovrei chiederti una cosa.

– Cosa?

– Parlando con i miei amici è saltato fuori che andavo in piscina da te… e loro mi hanno detto una cosa tipo “ma come, ora i suoi genitori la lasciano uscire di casa?”. Mi hanno detto che per molto tempo sei stata confinata in camera tua perchè avevi combinato qualcosa, ma non mi hanno voluto dire cosa. E’… vero?

– Chi te l’ha detto? – Karen cambiò subito espressione.

– Degli amici… gente che veniva a scuola con me.

– Scommetto che è stata tua sorella.

– Mia sorella non c’entra nulla. Che è successo? Qualcosa di brutto?

– Qualcosa che non ti deve interessare.

– Se vuoi che il nostro rapporto diventi qualcosa di più dobbiamo fidarci l’uno dell’altro. Non dobbiamo avere segreti. 

– E va bene – Karen sospirò. – Però ti prego di non giudicarmi da quello che ho fatto un anno fa, giudicami ora, per come sono con te, va bene?

– Va bene te lo prometto.

. Ok. Dunque è successo più o meno un anno fa, io uscivo con un ragazzo ma non era nulla di serio, mi portava a ballare, a bere con gli amici, cose così. Non avevamo neppure mai fatto… quasi nulla, sessualmente. Una sera siamo andati a una festa con un sacco di gente, girava tanto alcool e anche qualche canna, io non fumo ma allora per farmi grande feci qualche tiro, e mi andò subito alla testa. Al mio ragazzo fece anche peggio perchè a metà serata collassò in un angolo e si addormentò. Io rimasi praticamente sola in mezzo a gente che conoscevo solo di vista, e un tizio iniziò a prendermi di mira, a corteggiarmi, a farmi bere. Era carino e io ero di fuori, ma gli dissi che non volevo appartarmi con lui perchè ero con un altro. Allora lui cominciò a prendermi in giro, dicendomi che ero piccola, che comunque non gli interessavo perchè probabilmente ero vergine e sicuramente non sapevo fare neppure… i pompini. Io mi sentii montare qualcosa dentro, forse l’alcool, forse l’orgoglio, e gli risposi che sicuramente ero più brava di qualsiasi altra ragazza che lui avesse mai avuto, e che parlava così solo perchè sapeva che non gliel’avrei mai data. E lui mi disse “non puoi certo dimostrarmelo! Facciamo così, scommetto dieci euro che non hai il coraggio di prendermi il cazzo in bocca!”

– E tu hai…

– Si, ho accettato la scommessa. Ero ubriaca e non mi sembrava una cosa così grande. Così mi sono inginocchiata e gliel’ho preso in bocca… senza rendermi conto che c’era un sacco di gente intorno a noi e che tutti mi stavano guardando. Qualcuno ha filmato la scena con il telefonino e il video ha cominciato a girare, da allora sono dventata per tutti la puttana da dieci euro. E qualche stronzo ha pensato bene di mandarlo anche ai miei genitori. Immagina, hanno visto la loro figlia di diciassette anni completamente ubriaca fare un pompino a uno sconosciuto mentre intorno c’erano dieci persone a fare il tifo. Mi hanno chiusa in casa per sei mesi facendomi uscire solo per la scuola. Da allora ho cambiato completamente compagnie. Però ancora c’è chi mi chiama Dieci, alle spalle – Karen aveva le lacrime agli occhi.

– Mi… mi spiace.

– Anche a me. Per molti mesi sono riuscita a parlare solo con gli amici più stretti, sono stata tanto sola. Però ora che sei tornato tu sento che tutto sta per cambiare.

– Vieni qui – l’abbracciai.

– Ti amo – mi sussurrò. Rimasi per un istante in silenzio, imbarazzato, prima di rispondere.

– Anche io…

Ci baciammo, nudi sulla coperta, soli in mezzo al bosco. Il sapore del sesso si mischiava a quello delle sue lacrime, e per qualche minuto mi sentii perfettamente felice.

 

Ci rivestimmo senza quasi parlare. Erano le sei del pomeriggio, la temperatura iniziava a divenire più piacevole. Mi resi conto che ero uscito con la scusa di scattare delle foto e non ne avevo fatta neanche una, così rimediai con qualche scatto frettoloso alla campagna. Karen mi guardava curiosa.

– Posso scattarne una anche a te?

– Dai… sono vestita male, ho tutti i capelli arruffati e gli occhi rossi…

– Per me sei bellissima.

– Ok puoi scattarla, però solo una. Magari… se domani vieni da me possiamo scattarne altre… in camera mia.

Scattai, poi la riaccompagnai a casa. La salutai con un bacio proprio davanti al cancello, senza timore di essere visto.

– Ti amo – mi disse ancora.

– Ciao bellissima – le sorrisi. Questa volta non avevo avuto il coraggio di risponderle.

Quando rientrai in casa mia sorella mi prese da parte con un piglio che quasi mi spaventò.

– Sei uscito con Karen, non è vero?

– E anche se fosse?

– Forse non hai capito che tipo è. Quella ti prende per il culo finchè ha voglia e poi ti saluta. 

– Non capisco perchè dici queste cose di una che una volta era tua amica!

– Te l’ho spiegato, perchè dico queste cose! – Urlò quasi. – Devi credermi, so quello che dico.

– Guarda che mi ha raccontato tutto. Mi ha detto perchè la chiamano Dieci.

– Ti ha raccontato della festa?

– Si, che si è ubriacata, aveva fumato, uno stronzo si è approfittato di lei e si è fatta fare un pompino. E come se non bastasse qualcuno l’ha filmata mentre lo faceva e ha inviato il file ai suoi genitori. Ok, sarà stata una scema, un’ingenua, ma mi sembra che in questa storia lei sia la vittima.

– Proprio una bella storiellina.

– Che vorresti dire?

– Che a quella festa non ha fatto solo un pompino a un ragazzo. Ne ha fatti cinque, a cinque ragazzi. Ok, era ubriaca, ma questo non le ha impedito di prendersi dieci euro da tutti. E credimi, di ragazzi ne ha ricevuti molti anche dopo, quando era chiusa in casa. Bastava che i suoi genitori andassero al lavoro e c’era sempre qualcuno che le bussava alla porta.

– Queste mi sembrano sempre le solite chiacchiere, perchè dovrei credere alla tua storia e non alla sua?

– Perchè a quella festa c’ero anche io, e un di quelli a cui ha fatto un pompino al tempo era il mio ragazzo!

Rimasi senza parole, a bocca aperta. Dentro di me non volevo credere a quella storia, ma che motivo avrebbe avuto mia sorella di mentire? Era chiaro come ci fossero dei rancori tra le due, ma potevano arrivare a tanto? Farfugliai qualcosa.

– Magari è cambiata…

– Già, te lo auguro. Magari no.

– Senti, comunque non è che mi sono messo insieme a lei. Siamo solo amici, non volevano sorbirci un pomeriggio con i nostri genitori e ci siamo trovati in giro per fare foto. Tutto qui.

– Tutto qui. Beh, comunque te l’ho detto, volevo solo metterti in guardia, poi fai come vuoi. La vita è la tua.

– Già. Beh, grazie dell’intenzione ma me la cavo da solo.

 

Dovevo chiedere conto a Karen della storia raccontatami da mia sorella? O dovevo fidarmi di lei? Se davvero era cambiata era naturale che si vergognasse di quello che aveva fatto e che avesse inventato una storia per apparire più innocente. Già, naturale, ma non giusto se davvero mi amava come aveva detto. E io cosa provavo? Perchè le avevo detto “ti amo” se in realtà avevo tanti dubbi? Cercavo di convincermi di desiderare solo una storia di sesso e nulla di più, ma non era facile. Sentivo qualcosa muoversi dentro di me. Decisi comunque di attendere il giorno dopo, dormirci sopra e per il momento non dirle nulla.

 

Il pomeriggio del giorno seguente suonai il campanello di casa di Karen pochi secondi dopo che i suoi genitori erano usciti. Karen mi aprì indossando una minigonna bianca e una semplice t-shirt celeste. Sorrideva nervosamente, e mi gettò le braccia al collo stringendosi a me in un abbraccio.

– Non vedevo l’ora – mi disse con la guancia appoggiata al mio petto.

– Anche io – la baciai sulla fronte. – Mi sei mancata.

– Senti… ti va di salire in camera mia? Stamani sono stata al supermercato e ho comprato una cosa.

– Cosa?

– Vieni con me – mi baciò sulle labbra e salì le scale di corsa, entrando in camera sua. La seguii, quando la raggiunsi teneva in mano un flacone di olio per massaggi e lubrificante della Durex, e mi sorrideva. – Ti va di farmi un massaggio?

– Porcellina! Vieni qui, ci penso io!

La strinsi a me e la baciai profondamente, intanto le carezzavo la schiena e il sedere. Non portava reggiseno, e le mutandine erano un perizoma sottilissimo e quasi invisibile.Le sfilai la maglietta continuando a baciarla, lei fece lo stesso con me, e sul pavimento finirono presto anche la sua gonna, le sue mutandine, i miei pantaloni, le mutande… eravamo nudi e continuavamo a baciarci, le posai una mano sulla vagina e la trovai bagnata fradicia, il mio cazzo svettava durissimo ed eccitato anch’esso. 

– Ti va… di massaggiarmi, ora?

La feci distendere a pancia in giù sul letto e mi posizionai sopra di lei. Lottai contro la tentazione di penetrarla subito, quello mi sembrava il momento giusto per il tanto desiderato sesso anale. Non volevo sciupare il momento. Le poggiai comunque il pene nel solco delle natiche, per comunicarle la mia eccitazione, presi il flacone di olio e cominciai il massaggio. Abbondai con la quantità sulle mani e me le scaldai fregandole tra di loro. Le poggiai sulle sue scapole e iniziai a premere leggermente con movimenti rotatori. Salii fino alle spalle, poi scesi lungo i fianchi e risalii, finchè tutta la schiena non fu lucida di olio. Me ne versai ancora sulle mani, scesi un po’ più in basso e cominciai il massaggio su gambe e glutei. Lei sospirò un po’ delusa quando tolsi il pene dal comodo alloggiamento tra le sue chiappe, ma subito si risollevò gemendo di piacere mentre risalivo l’interno coscia, arrivando a sfiorare il suo sesso. Ripetei lo stesso percorso nell’altra gamba, carezzandola per lunghi minuti, finchè non mi sembrò di impazzire di desiderio. Il mio pene non si era afflosciato neppure per un secondo, e l’eccitazione di Karen era visibile ad occhio nudo guardando le labbra lucide di umori della sua vagina. No, non era l’olio quello. Ormai era unta dappertutto, tranne dove più serviva. Ripresi il flacone e ne versai qualche goccia proprio nel solco delle natiche.

– E’ fredda! – Si lamentò.

– Ci penso io a scaldarla – con un dito la cosparsi tutto intorno all’ano, premendo leggermente su di esso. Gemette di piacere. – Ti piace?

– Si…

Con il medio provai a penetrarle timidamente il culetto, un millimetro alla volta, senza incontrare la minima resistenza. Infilai due dita dell’altra mano nella sua fica. Era un lago. Gemette ancora più forte. Il dito medio ormai era completamente dentro di lei, lo rigirai, poi lo tolsi fuori e subito provai ad inserirlo di nuovo insieme all’indice.

– C’è una vista meravigliosa qui dietro – scherzai mentre mugolava, penetrate da due dita davanti e da due dietro.

– Fammi godere, ti prego non ce la faccio più!

Tolsi le dita dalla sua vagina e vi inserii il mio cazzo durissimo. Non ricordavo di essere mai stato tanto eccitato. Intanto continuavo a scoparle il culo, allargandole leggermente l’ano con le dita. Mi muovevo lentamente dentro di lei, ma fu abbastanza per provocarle un orgasmo che la fece urlare.

– Vengo! Oddio si, vengo!

Attesi di sentire scemare le contrazioni del suo orgasmo, poi mi fermai dentro di lei. Attesi che il suo sfintere fosse di nuovo rilassato, poi ripresi a muovere le dita.

– Posso provare?

– Devi.

Sfilai il cazzo da dentro di lei. Era fradicio dei suoi umori, ma per buona misura lo strofinai un po’ con le mie mani completamente intrise di lubrificante. Provai a puntarlo contro il suo culetto ed a spingere, ma scivolò fuori.

– Prova ad allargarti le chiappe con le mani. 

Obbedì. Vedevo il suo ano leggermente allargato dall’azione delle mie dita che mi attendeva, bramoso, e poco sotto di esso la sua fichetta lucida e grondante. Spinsi verso di lei e vidi sparire il mio glande dentro il suo meraviglioso culetto. Gemette, con un piccolo “ahi”.

– Ti fa male?

– E’ parecchio più grosso delle tue dita… cazzo… aspetta fai piano. – Le lasciai il tempo di abituarsi alle mie dimensioni, poi ripresi a muovermi, un millimetro alla volta.

– Meglio?

– Si, inizio a sentire anche un po’ di piacere ma fa ancora un po’ male.

– Aspetta, proviamo in un’altra posizione – mi sfilai da lei. – Girati sulla schiena e alza le gambe. Quella da dietro non è la posizione migliore per le prime volte. Vieni qui sul bordo del letto.

La feci mettere nella giusta posizione, con le gambe piegate sul suo petto. 

– Va bene così? – mi chiese un po’ preoccupata.

– Sei perfetta. E bellissima. 

Era troppo tesa, aveva sentito dolore e la cosa l’aveva bloccata. Cercai di rilassarla un po’, mi inginocchiai e iniziai a leccarla. Era dolce, aveva il sapore dell’olio della Durex. Sotto i colpi della mia lingua lentamente si sciolse, le avevo preso tra le labbra il clitoride e cominciai a succhiarlo come fosse un piccolo cazzo, intanto con un dito le avevo penetrato di nuovo l’ano e avevo iniziato a muoverlo in profondità dentro di lei, via via più velocemente. Karen ora gemeva di piacere.

– Oddio scopami di nuovo, ti prego!

Mi alzai, puntai il cazzo contro il suo ano e spinsi. Questa volta il glande entrò più facilmente, e il sussulto di Karen fu più di sorpresa che di dolore.

– Va bene così?

– Si… molto meglio!

– Prova a masturbarti con le dita, ti aiuterà a rilassare meglio anche il tuo culetto.

Accolse il mio suggerimento e con le dita iniziò a stuzzicarsi il clitoride. Io aumentavo via via l’ampiezza dei movimenti, ora metà del mio cazzo era dentro di lei, che stringeva un po’ i denti ma sembrava sopportare il dolore piuttosto facilmente. Era strettissima, muoversi dentro di lei era quasi faticoso, ma ad ogni spinta la sua tensione sembrava allentarsi un po’.

– Cazzo… come è grosso.

– Guarda che ancora ce n’è fuori metà! – Sgranò gli occhi verso di me, incredula. – Senti ancora male?

– No… si… cioè, sento un po’ di dolore ma allo stesso tempo mi piace. Se vuoi puoi provare a muoverti più velocemente.

– Ok.

Con un colpo entrai ancor più dentro di lei, poi presi a muovermi avanti e indietro a un buon ritmo. Lei si stava masturbando con due dita nella vagina, aveva rovesciato la testa all’indietro e stava mugolando, ad occhi chiusi.

– Così… si… mi piace…

Sentivo di stare per godere, volevo schizzare dentro di lei. Le infilai il cazzo dentro per intero, fino alle palle. Lei aprì gli occhi di scatto, tolse le dita da dentro e allungò le braccia dentro di me.

– Cazzo!

– Ti faccio male?

– No… stringimi ti prego!

Mi strinsi a lei mentre la scopavo nel culo sempre più velocemente, spingendo come se volessi farle uscire il cazzo dalla bocca. Lei gemeva ed urlava, non capivo se di piacere o di dolore.

– Sto per godere!

– Si… vieni dentro di me!

Il mio cazzo era completamente dentro di lei, ma spinsi ancora. Volevo penetrarla in profondità, fino nell’animo. Venni, inondandole gli intestini del mio sperma in non so quanti fiotti. Lei ansimava ancora, rantolava, e rimasi dentro di lei, stretto a lei finchè non sentii l’erezione venire meno, dopodichè mi sfilai. Per fortuna non mi ero sporcato. Karen rimase per qualche secondo in quella posizione, poi si rilassò.

– Cazzo… che male…

– Ti ho fatto male? Scusami non… non volevo.

– No, non preoccuparti, sono io che volevo. Ho sentito dolore ma è stato anche bello… la prossima volta sicuramente mi piacerà di più! Volevo donarti questa mia prima volta, era questo che… oddio!

– Che c’è?

– Sento il tuo sperma colarmi giù!

Risi mentre correva in bagno. La seguii, lei mi guardò e arrossì, era seduta sul water. Ne approfittai per lavarmi il pene mentre anche lei si ripuliva.

– Per me è stato incredibilmente bello. Grazie di avermi donato questo momento, è stato bellissimo.

– Ti è piaciuto davvero?

– Si, hai un culetto bellissimo… tanto fuori quanto dentro. Lo sai che non ho mai avuto una ragazza con il sedere bello come il tuo? – Ero sincero.

– Grazie – arrossì. – Ma ora dovrei… ti spiace…

 

La lasciai sola in bagno, tornai in camera e mi distesi sul letto a pensare. Qualche minuto dopo Karen mi raggiunse e si stese accanto a me.

– Posso… farti un massaggio anche io?

– Se vuoi si.

 

Si mise a cavalcioni sopra di me e mi cosparse la schiena di olio, poi prese a carezzarmi dolcemente. Era molto delicata, rilassante, le sue mani scorrevano sulle mie spalle, sui lombi, sui glutei, sulle gambe… provai un brivido quando un dito percorse il solco delle natiche.

– Anche tu hai un bel sedere, lo sai?

– Cos’è, vuoi vendicarti di quello che ti ho fatto?

– Forse!

Scese a mordicchiarmi il sedere, piacevolmente. Poi i piccoli morsi divennero dolci baci, e la cosa si fece ancora più piacevole. Quando sentii la sua lingua solleticarmi l’ano il mio pene provò un fremito e tentò di tornare sull’attenti. Karen lo notò, mi baciò e carezzò i testicoli poi riprese a leccarmi l’ano. Sentivo la sua lingua provare a penetrarmi e non mi vergogno di dire che gemevo come una ragazzina. Quando la sua lingua lasciò il posto ad un dito mi irrigidii un po’, ma con l’altra mano Karen continuava a carezzarmi il pene, così accolsi la penetrazione con piacere.

– Posso girarmi? Sennò rischio di sfondarti il letto con il pisello – rise e mi vece voltare.

– Posso continuare il trattamento? E’… molto eccitante.

– Anche per me. Continua.

Mi prese l’uccello in mano e cominciò a segarlo lentamente, intanto era tornata a stuzzicarmi l’ano con un dito. Me lo infilò dentro, muovendolo avanti e indietro, la guardai e vidi che i suoi occhi erano semichiusi, ansimava in preda all’eccitazione anche lei, come se fosse sul punto di godere senza neppure toccarsi.

– Vieni sopra di me.

Non se lo fece dire due volte, ci mettemmo in posizione di 69, mi prese il cazzo in bocca e subito cominciò a pompare, col dito ben piantato nel mio culetto. Io mi abbeveravo alla fonte della sua fichetta fradicia, scopandola quasi con la lingua prima di dedicarmi con più insistenza al clitoride. Provai a infilarle anche io un dito nel culo, trovai lo sfintere ancora rilassato ma lei mi prese la mano e l’allontanò.

– Scusa, mi fa ancora un po’ male… – poi si gettò di nuovo a succhiare. Accantonai la tentazione del suo sederino e mi dedicai alla sua passerina. Era difficile dare il meglio ricevendo contemporaneamente un meraviglioso pompino ed un massaggio prostatico molto intenso, ma feci del mio meglio. Avevo notato come succhiarle il clitoride la faceva impazzire, così mi dedicai in particolare a quello. Lei gemette sempre più forte, mugolando parole indistinguibili col mio cazzo in bocca, e le dita dentro di me divennero due. Emisi un “aaargh”, la stimolazione era troppa, gettai la testa all’indietro, non ce la facevo più a continuare il cunnilingus, così iniziai anche io a scoparla con due dita. Anche lei lasciò il mio cazzo. Io ansimavo, lei ansimava, io le scopavo la fica e lei il culo, ed era bellissimo.

– Godo! Si! Godo! – Urlò e venne e urlò ancora, continuando a muovere le dita dentro di me.

– Prendimelo in bocca, fai godere anche me!

Bastarono poche pompate per arrivare all’orgasmo. Schizzai il mio seme nella sua bocca e lei ingoiò tutto, continuando a spingere le dita dentro di me. Quando anche le ultime gocce furono uscite lasciò cadere il mio uccello semieretto, scese a leccarmi i testicoli ed ancora l’ano, dopo aver tolto da esso le dita. Io gemevo stremato, era stato l’orgasmo più intenso della mia vita e sentivo di non avere neppure la forza di muovermi. Fu Karen che si girò, portando la bocca alla mia, leccandomi le labbra, le guance, la lingua, mentre entrambi gemevamo incontrollatamente.

– Oddio mi fai fare pazzie! Diventerò scema con te!

– Sei tu che mi fai fare cose…

– Non posso farne a meno, mi ecciti troppo. Troppo. Troppo – ad ogni troppo seguiva un bacio. Le nostre labbra si incollarono e sembrarono non volersi staccare più per ore e ore. Pomiciavamo come ragazzini. Ragazzini nudi che avevano appena goduto di ogni orifizio nel corpo dell’altro.

– Sai cosa mi piacerebbe? – mi disse Karen in un attimo di pausa.

– Cosa?

– Cenare con te in qualche ristorante elegante. Prendere due bottiglie del vino migliore. Chiudersi in un albergo, ubriachi, a godere tutta la notte. E la mattina svegliarmi accanto a te…

– Chissà… magari presto succederà…

– Dici davvero? Non mi prendi in giro?

– Non sono mai stato così serio. Sono… sincero con te. Sei sincera anche tu?

– Si, certo! – Si tuffò di nuovo a baciarmi. In quel momento le parole di mia sorella erano dimenticate. Credevo in Karen, assolutamente, senza alcun dubbio. Ma quanto sarebbe durato?

 

In qualche modo il nostro rapporto stava crescendo. Non sapevo cosa sarebbe diventato, non sapevo neppure cosa volessi io, ma stava crescendo. In qualche perversa maniera io mi fidavo di lei ed allo stesso tempo sapevo che tutto ciò che mi raccontava mia sorella era vero… ma non mi importava. Mi eccitava, in un certo senso. Sentivo di avere in me il potere di redimere una vita allo sbando portando allo stesso tempo i suoi vizi alle estreme conseguenze. La sera, appena varcata la soglia di casa mia, già mi mancava. Karen, la sua bocca caldissima, la sua fica stretta ma accogliente, il suo sapore inebriante, la sua pelle perfetta, le sue dita dentro di me… Mi trattenni dal masturbarmi, volevo dedicare a lei ogni orgasmo. L’amavo?

Ero molto stanco, ma uscii. Richiamai Andrea, passai una serata con lui e i suoi amici, bevvi un po’ e tentai di partecipare alle discussioni come potevo. Ma la mia testa era altrove. Era nel letto di Karen, anzi dentro di lei, pensavo al suo culetto e che quando l’avrei scopato di nuovo l’avrei fatta godere anche da lì. Potevo comprare un dildo, un butt plug o delle pallini anali, e avremmo giocato insieme… magari avrei lasciato anche che le usasse su di me…

  • Marco, sei un po’ addormentato o sbaglio?

  • Come dici Andrea? Scusa, ho la testa altrove.

  • Veramente era Marta che ti stava chiedendo se qualche volta vuoi uscire con lei, il suo fidanzato e sua sorella. Che fai, ti lasci sfuggire quelle poche occasioni che ti si propongono? – mi dette una pacca sulla spalla ridendo.

  • Scusami davvero… scusami Marta! Sai che non me la ricordo, tua sorella? Quanti anni ha?

  • Ventidue… forse è un po’ piccola per te, ma da quando si è lasciata col suo ragazzo non esce mai di casa, e quando ti ha visto l’altra sera mi ha confessato che ti trova carino.

  • Oddio grazie. Beh… mi farebbe piacere uscire una di queste sere, a patto che non cerchiate di farci mettere insieme, perchè mi troverei in imbarazzo… non ricordo neppure di averci mai parlato.

  • No tranquillo, è solo per conoscerci, per passare una serata diversa. Sei tornato da pochissimo, se non rientri nel giro ora che è estate come farai quando comincerai con il lavoro?

Marta aveva un viso molto carino, anche se aveva qualche chilo di troppo. Una volta aveva la fama di essere una santarellina ma a vederla ora, con l’ampia scollatura, il vestito corto e le scarpe altissime non si sarebbe detto. La gente cambiava. Evidentemente ero cambiato anche io, una volta nessuna mi guardava, ora addirittura gente che neppure conoscevo diceva che mi trovava carino. Era il fascino dello straniero? Con Marta ci scambiammo il numero di telefono, ma anche mentre le dicevo che non vedevo l’ora che mi chiamasse pensavo a Karen. Forse una copertura mi sarebbe servita se volevo continuare a vederla e tenere le cose segrete. Frequentavo casa sua fin troppo spesso, mia sorella già immaginava tutto, non volevo certo che si spargesse la voce troppo velocemente.

 

Non tornai a casa troppo tardi. A mezzanotte Karen mi mandò un sms chiedendomi di vederci la mattina dopo, e non volevo essere troppo stanco. Feci però fatica ad addormentarmi, avrei voluto farla godere ogni giorno in una nuova maniera, cosa potevo proporle il giorno dopo?

 

La sveglia suonò alle 8.30. In casa non c’era già nessuno, salvo mia sorella che ovviamente stava dormendo. Pensai che mi sarebbe piaciuto portare Karen da me, ma scossi la testa a quella stupida tentazione. Feci una doccia, poi una colazione con calma. Alle 9.30 ero pronto ad uscire quando mia sorella scese le scale perfettamente truccata, con una gonna cortissima e un top piuttosto scollato.

  • Ehi, chi ti ha buttato giù dal letto così presto? E così in tiro già di prima mattina?

  • Oddio… pensavo che fossi già uscito, mi hai fatto paura. Quando te ne vai?

  • Che fretta c’è, sono solo le 9 e mezza.

  • Dai, non fare lo stronzo, esci sempre prestissimo. Karen non ti aspetta stamani?

  • Veramente non c’è nessuno che mi aspetta. E tu chi stai aspettando?

  • Dai viene un amico a trovarmi… non voglio metterlo in imbarazzo quando arriva.

  • Allora anche tu hai i tuoi segreti! Va bene dai, esco. Tu fai la brava però.

  • Vedi di non tornare troppo presto o ti uccido.

 

Anche la mia sorellina stava crescendo. Avevo appena fatto tre passi fuori dal cancello di casa quando vidi arrivare una moto che parcheggiò a pochi metri da me. Un ragazzo dai capelli lunghi e biondi con una maglietta degli Slayer si tolse il casco e mi guardò, poi andò diretto a suonare il campanello di casa. Alla mia sorellina piacevano i metallari, evidentemente.

Pensai se andare anche io a suonare il campanello di Karen. Mi aveva chiesto di vedersi verso le 10 e mezzo, non volevo coglierla di sopresa e magari metterla a disagio, ma voltandomi verso casa sua la vidi alla finestra, e lei tutta contenta richiamò la mia attenzione facendomi cenno di entrare.

Mi aprì la porta, evidentemente era ancora in tenuta da notte ma non le importava. Aveva una canottierina bianca, degli shorts a righe e a quanto pareva nessun intimo sotto. Mi accolse con un lungo bacio.

  • Sono contenta di vederti prima, ti avrò per più tempo per me.

  • Sono uscito per caso, mi sa che mia sorella ha ospiti…

  • C’è un ragazzo che viene spesso a farle visita ma non è del paese. Comunque è giusto che anche lei si dia da fare, no? – Mi strizzò l’occhio.

  • Giustissimo, certo. – Posai una mano sul sedere di Karen e pensai che aveva la stessa età di mia sorella. Ma erano molto diverse fisicamente… chissà però se vedevano il sesso alla stessa maniera. Mi immaginai il biondone toccarle il culo come stavo facendo io ora, senza ritegno, con il cazzo duro dentro le mutande impaziente di venire fuori.

  • Ehi, mi sembri voglioso anche la mattina presto. Vieni dentro, dai.

 

Salimmo direttamente in camera senza dire nulla. Il letto era sfattp, i suoi vestiti in giro per la stanza.

  • Scusami, volevo mettermi qualcosa di carino per te ma non ho fatto in tempo.

  • Tu mi piaci così – le sfilai la maglietta e scesi a baciarle i seni, i suoi capezzoli si indurirono immediatamente. – Sei un vero spettacolo. – Ne baciai uno, poi l’altro, mentre i suoi respiri si facevano affannosi per l’eccitazione.

  • Togliti la maglietta anche tu.

Obbedii, poi la feci stendere sul letto e scesi su di lei a baciarla. Le nostre lingue si incontrarono a lungo, poi passai a mordicchiarle l’orecchio, a leccarle e baciarle il collo, scesi giù ancora ai seni e succhiai prima un capezzolo poi l’altro. Lei mi carezzava la schiena ed ansimava di piacere. Scesi ancora fino all’ombelico, le leccai il piercing, poi il pancino, risalii sui fianchi e scesi poi alle cosce, le sfilai gli shorts e vidi la sua fica luccicante del suo miele. Mi desiderava da impazzire. Continuai a baciarle e leccarle l’interno coscia, trattenendo anche il mio desiderio. Le presi un piede, le succhiai l’alluce, le leccai tutte le dita, con il cazzo che mi faceva male dentro i jeans. Mi spogliai per stare più comodo e finalmente andai a cercare il suo clitoride con la lingua e le labbra.

  • Voglio farti godere così, prima di farti godere in mille altri modi.

  • Oh si…

Con le dita le allargai le labbra e spinsi la lingua più possibile dentro di lei, alla fonte del suo sapore. Poi mi concentrai sul clitoride, come sapevo piaceva a lei. Le infilai due dita dentro tormentando con la lingua il suo bottoncino, era vicinissima all’orgasmo.

  • Vengo! Oddio si!

Non le detti quasi il tempo di godersi l’orgasmo, la presi di peso e la girai sulla pancia, le allargai le chiappe e le leccai la rosellina dell’ano, come un assetato all’unica oasi dopo mille miglia di deserto.

  • Come sta il tuo culetto oggi? Ti fa sempre male?

– No… poi se mi fai così mi fai passare ogni dolore.

Spingevo la lingua dentro di lei, intanto continuavo a scoparle la fica con due dita. Lei ansimava e mi esortava a continuare, con l’altra mano tenevo a bada il mio cazzo scalpitante, finchè non ce la feci più a trattenermi.

  • Ti voglio – le dissi, e puntai la mia cappella verso la sua fica grondante di umori. La penetrai in un colpo solo, e lei ansimò di sorpresa e di piacere. Mi piaceva anche scopare così, appiattito sopra di lei, senza pensare che potevo farle male col mio peso. Ma evidentemente non le facevo male.

– Godo ancora! Oddio si scopami!

Non mi feci certo ripetere due volte quelle parole, mi alzai sostenendo il mio peso con le braccia e la scopai freneticamente, con movimenti ampli, sentivo il mio cazzo entrare ed uscire da lei ed ogni spinta era accompagnata da un suo urletto, il suo orgasmo alimentato dai mie colpi sempre più veloci.

  • Sborro! – Uscii malvolentieri dalla sua fichetta e le schizzai sulla schiena, cinque schizzi lunghi e cremosi che le arrivarono fin quasi ai capelli. Lei ansimava ancora, quasi mordendo il cuscino, io ero sudato fradicio, ero arrivato da meno di mezz’ora ed entrambi avevamo già bisogno di una doccia. Ma ero in uno stato quasi di estasi erotica, era difficile fermarmi. Le morsi dolecemente una chiappa e tornai a leccarle l’ano che aveva appena smesso di contrarsi per il piacere. – Ti voglio – le infilai l’indice nel culo, quasi senza difficoltà, e lei reagì solo con un sussulto – Stamani sarai mia in ogni modo possibile. Andiamo sotto la doccia.

Si alzò tremante, mi gettò le braccia al collo e mi baciò, la sua lingua esplorava ogni millimetro della mia bocca andando a cercare il suo stesso sapore. La presi in braccio, sporcandomi del mio seme, ma non mi importava. La portai in bagno, entrambi nudi, aprii l’acqua della doccia e facemmo appena in tempo ad entrare che lei si inginocchiò davanti a me prendendomi il cazzo ancora semi eretto in bocca.

  • Con la tua lingua mi hai fatto impazzire, non voglio essere da meno di te… anche se è quasi impossibile.

  • La tua bocca fa miracoli.

E infatti il mio cazzo era già durissimo, mentre lei cercava di prenderne il più possibile dentro di lei, di arrivare fin quasi alle palle quasi strozzandosi nel tentativo. Mentre mi succhiava si era infilata due dita nella figa e sembrava quasi già sul punto di godere. Abbassò la testa a leccarmi e succhiarmi le palle, poi passò dietro di me. Mi allargò le chiappe per leccarmi meglio il buco del culo, sentivo la sua lingua caldissima ed il mio cazzo non era mai stato così duro. Tornò davanti a succhiarmi, questa volta lasciando un dito dietro che poco a poco si fece spazio dentro di me. Le scopai la bocca per qualche istante, poi la feci alzare e girare, schiacciandola contro il vetro della doccia.

  • Cosa vuoi…?

Non le risposi, la penetrai come avevo fatto prima, in figa, in un colpo solo. La scopai con forza, pensando questa volta più al mio piacere che al suo, ma lei sembrava apprezzare i miei morsi sul collo, le mie mani che tormentavano i suoi seni, le sculacciate sempre meno dolci sui fianchi mentre i colpi del mio bacino sulle sue chiappe si facevano sempre più sonori. Portai la mano alla sua fica e le infilai due dita dentro mentre il mio cazzo continuava a stantuffarla, poi le portai alla sue bocca per fargliele succhiare.

  • Dimmi che ti piace il tuo sapore.

  • Si… mi piace…

  • Sei la mia troia… ti farò di tutto…

  • Si… scopami… fammi di tutto… oddio godo ancora… Godo! Scopami!

La scopai mentre il terzo orgasmo della mattina la scuoteva tutta, le sue urla erano appena soffocate dalla mia mano davanti alla sua bocca. Il mio cazzo scivolò fuori da lei e pensai di provare a incularla, ma anche io ero troppo vicino all’orgasmo e soprattutto non volevo scoparla così, volevo farla godere anche durante il sesso anale, e per quello ci voleva una pratica un po’ più dolce, almeno le prime volte.

  • Vieni a succhiarmelo – Scese ancora in ginocchio e le labbra intorno alla mia cappella arrossata e quasi indolenzita mi dettero una scarica di piacere. – Mettimi un dito nel culo.

Obbedì, e il pompino frenetico di prima si trasformò in una cosa più dolce, il tempo pareva quasi fermarsi mentre i suoi occhi mi guardavano, le sue labbra scorrevano avanti e indietro sull’asta del mio pene e uno e poi due dita scivolavano dentro al mio ano stimolandomi la prostata. Tolsi il cazzo dalla sua bocca e mi segai mentre lei la teneva aperta, con la lingua protesa a ricevere i miei schizzi che finalmente arrivarono. Cinque, sei, sul suo faccino da ragazzina, da Lolita oscena assetata del mio sperma. Mi ripulì il cazzo con cura, succhiando via ogni singola goccia, poi si alzò a baciarmi. Spinse qualche goccia di sborra nella mia bocca, e trasalii al sapore amaro ed inaspettato. Lei si ritrasse e rise.

  • Prima mi hai fatto sentire il mio sapore, ora io ti faccio sentire il tuo.

  • Piccola troietta! – La minacciai scherzosamente, e ridemmo insieme. Ancora non ci eravamo neppure insaponati.

 

Ci lavammo a vicenda, scherzando e ridendo. Le pulii il viso dal mio sperma, qualche goccia le era finita anche sui capelli e li ripulimmo con cura. Insaponammo e strofinammo ogni piccola parte dei nostri corpi, un gioco allo stesso tempo innocente ed eccitante. Il mio cazzo era stanchissimo, Karen rise indicandolo.

  • Che c’è? – Le chiesi.

  • E’ buffo… sai che non l’avevo mai visto così piccino?

  • Dammi solo un po’ di riposo e vedrai… – Le carezzai dolcemente il solco delle natiche per ricordarle cosa l’aspettava.

  • Non vedo l’ora.

 

Mi prestò un suo accappatoio che mi stava ridicolmente piccolo. L’aspettai in camera sua mentre si asciugava velocemente i capelli, curiosando tra le sue cose, guardando i piccoli ninnoli sparsi sugli scaffali, i peluches, le foto… Sul comodino aveva una spazzola, sembrava proprio quella con cui si era masturbata qualche sera prima. Il cassetto era mezzo aperto e si intravedeva l’olio della durex che avevamo avviato insieme. Lo aprii ancora un po’. Preservativi, storsi il naso ma era ovvio che ne avesse qualcuno. Poi creme per il corpo, il caricabatterie del telefonino, l’ipad… tutto normale. Chissà cosa pensavo di trovare, foto porno di orgie con venti ragazzi? Anche se fossero esistite cose del genere non le avrebbe certo tenute nel cassetto alla portata di chiunque. Richiusi il cassetto cercando di rimetterlo nella identica posizione di prima, mi sedetti sul letto e aspettai, chiedendomi se avrei dovuto rimettermi almeno le mutande. Ma decisi di rimanere nudo.

 

  • Scusa se ti ho fatto aspettare – mi disse rientrando in camera. Le sorrisi, la tirai verso di me e la baciai.

  • Vale la pena di aspettare mille anni per una come te.

 

Ci stendemmo insieme e pomiciammo come ragazzini. Baci, carezze, senza spingere le nostre mani più giù dei seni o dell’ombelico. Eravamo in estasi, le nostre energie sessuali per il momento erano esaurite, ma ci stavamo ricaricando in fretta. Dopo dieci minuti di quel trattamento sentii il pisello risvegliarsi poco a poco, le premeva contro una coscia e lei lo carezzò con la mano.

 

  • Dio, ma non si stanca mai?

  • Non di te. Ti dispiace?

  • No di certo… vuoi…

  • No, aspetta. Non c’è fretta. – Guardai l’orologio, erano le 11 – Abbiamo tempo per giocare un altro po’.

 

La feci stendere sulla pancia e cominciai un lento massaggio alle spalle.

 

  • Hai qualche olio? – Aprì il cassetto mostrandomi il lubrificante. – Non quello, se possibile… appiccica, dopo un po’. Un olio per il corpo normale.

  • Dovrebbe esserci l’olio di mandorle in fondo al cassetto.

  • Perfetto.

 

Me ne versai in abbondanza sulle mani e ripresi a carezzarla. La sua pelle diveniva lucente dove passavano le mie mani, l’abbronzatura le risaltava ancora di più. Scesi ai fianchi, sui glutei, sulle gambe.

 

  • Allarga un po’ le cosce.

 

Obbedì e cosparsi di olio l’interno della cosce, il solco tra le natiche, scesi ai suoi piedini perfetti, smaltati di arancio, li carezzai e li baciai, poi andai a cercarle il sesso, già umido sotto le mie dita.

 

  • Anche lei non si stanca mai – le dissi penetrandola con l’indice.

  • E’ colpa delle tue mani… sono così calde sulla mia pelle…

  • E della mia bocca cosa ne dici? – Immersi la faccia tra le sue cosce, cercando di lapparla meglio che potevo, non era facile arrivare dove volevo in quella posizione, ma evidentemente lei apprezzava lo stesso. Le allargai ancora le chiappe e le penetrai l’ano con la lingua.

  • Oh, si…

 

Allungai la mano a prendere la spazzola sul comodino, le carezzai la fica col manico e lei fremette per l’improvvisa sensazione di freddo.

 

  • Posso metterla dentro?

  • Preferirei qualcos’altro… – Allungò la mano verso il mio cazzo, ormai fieramente eretto.

  • Non ancora…

 

Infilai il manico della spazzola dentro di lei e lo muovetti lentamente, avanti e indietro e in senso circolare. Intanto continuavo a leccarle il buco del culetto. Lei gemeva, la faccia schiacciata contro il cuscino.

 

  • Mettimi le dita dentro…

  • Dove?

  • Dove vuoi tu… nel culo…

 

Presi l’altro lubrificante dal cassetto e ne versai una dose abbondante intorno al suo ano già ammorbidito dall’olio di mandorle e dalla mia saliva. Con un dito spinsi con cautela dentro di lei, entrò senza problemi fino in fondo.

 

  • Senti come scivola bene?

  • Si…

  • Ti piace così?

  • Si… di più…

 

Infilai indice e medio della mano destra dentro di lei mentre con la sinistra continuavo a muovere la spazzola. Lentamente, per non portarla subito all’orgasmo. Il mio cazzo cominciava a sentirsi un po’ ignorato…

 

  • Ce la fai a usare te la spazzola? – Le chiesi.

 

Karen fece scivolare la mano sotto il suo corpo e afferrò il manico. Glielo lasciai e per un attimo osservai come lo muoveva dentro di sè mentre mi segavo lentamente con la sinistra.

 

  • Continua a masturbarti.

 

Tolsi le dita dal suo culetto e lei emise un piccolo sospiro di dispiacere, ma trasalì quando sentì su di esso il contatto del mio glande caldissimo. Il suo sfintere ormai era elastico, e la punta del mio cazzo entrò senza problemi.

 

  • Ti faccio male?

  • No… mettilo dentro di più.

 

Feci entrare circa metà del mio cazzo dentro di lei e cominciai a muovermi avanti e indietro. Sentivo il manico della spazzola duro dall’altra parte e immaginai come potesse essere con un altro cazzo vero. Forse un giorno…

 

  • Voglio sentirti godere…

  • Si… mi piace quando ti muovi così dentro di me, lentamente… dai sto per venire… più forte ora… oddio inculami si… godo… Godo!

 

Mentre il suo orgasmo montava iniziai a scoparla con più forza, lei urlava e gemeva, sentivo il suo sfintere contrarsi fortissimo intorno al mio cazzo. Aveva lasciato la spazzola che si era sfilata da dentro di lei, ora era solo il mio sesso nel suo culo a farla godere.

 

  • Oddio… oddio si scopami… mi fai impazzire…

 

Ero di nuovo sudato fradicio, continuai a scoparla più che potevo nel culo per cinque minuti abbondanti, la feci alzare mettendola a pecorina senza togliere il cazzo da dentro di lei che continuava a urlare il suo piacere. Ero già venuto due volte ed ero stanchissimo.

 

  • Karen… non ce la faccio più… – Tolsi il cazzo da dentro di lei, ancora duro, arrossato per il ritmo della scopata ma non sporco. Mi sedetti sul letto ansimante.

  • Ma… tu non sei venuto.

  • Non ce la faccio più, sono diventato vecchio.

  • Voglio che vieni anche tu.

 

Si inginocchiò ai piedi del letto e mi prese il cazzo in bocca.

 

  • Karen dai, è appena stato nel tuo sederino…

  • Non è sporco… è dolce, sa di olio durex…

  • Sei bravissima… ma non so se ce la faccio a…

  • Stenditi.

 

Prese il flacone di olio abbandondonato ai piedi del letto e se lo versò sulla mano. Due dita della sua mano destra scivolarono nel mio culo.

 

  • Mi eccita da morire vedere che anche tu godi così… che non ti vergogni a farti mettere le dita dentro… mi toglie ogni inibizione.

 

Sentivo le dita completamente dentro di me, piegava le nocche per stimolarmi meglio e il mio cazzo sembrava rispondere. Con la sinistra mi segava velocemente e con la lingua mi stimolava la cappella.

 

  • Cazzo, godo!

 

Poche gocce di sperma bianco e cremoso mi colarono lungo l’asta, Karen le leccò via golosa, poi mi prese il cazzo in bocca più che poteva, succhiandomi via ogni residuo di sperma. Si leccò le labbra e mi guardò.

 

  • Era poco… ma era buonissimo questa volta. Mi piace così dolce.

 

Andammo di nuovo a lavarci, baciandoci ma senza toccarci più di tanto. Era tardi, i suoi genitori sarebbero tornati poco dopo mezzogiorno e ci rimanevano solo pochi minuti per stare insieme.

 

  • Devo fare pipì – le dissi quando eravamo usciti dalla doccia.

  • Ti dispiace se ti guardo?

  • No… fai pure.

 

Non mi aveva mai imbarazzato urinare con una ragazza nella stanza. Karen mi guardò curiosa, poi quando avevo finito venne alle mie spalle, carezzandomi il sedere.

 

  • Sei così bello, non smetterei mai di guardarti e di toccarti… e sei tutto mio. – Con un dito mi carezzò l’ano, e io sussultai ridacchiando. – Farei tutto per te. Tutto.

  • E io farei tutto per te.

  • Ti amo… vai a casa e riposati, ti voglio anche stasera. Poi ti devo parlare… non ci potremo vedere per qualche giorno…

  • Come? Perchè?

  • Devo andare via con i miei… però potrebbe anche esserci una sorpresa positiva.

  • Quale sorpresa?

  • Non voglio parlartene ora, non sono ancora sicura. Stasera. Alle 10 alle panchine?

  • Ok – la baciai.

 

Mi rivestii e Karen mi accompagnò alla porta ancora in accappatoio.

 

  • Riposati bene questo pomeriggio.

  • Mi ci vorranno quattro chili di zabaione. Mi hai spompato! Ricorda che sono un vecchietto…

  • Ci penserò io a farti tornare le forze, altro che zabaione. – Mi strizzò l’occhio. La baciai ancora e feci per uscire, avevo appena fatto due passi fuori dalla porta quando mi girai.

  • Karen?

  • Si.

  • Ti amo anche io.

 

Sorrise, e la sua faccia si illuminò. A vederla così contenta la mia stanchezza scomparve per un secondo. Non vedevo l’ora di arrivare alla sera.

 

 

A pranzo mangiai come un lupo. Mia sorella mi rivolgeva ogni tanto degli sguardi curiosi, ma quando ero io a fissarla lei arrossiva. Quando ero rientrato in casa il suo ragazzo non c’era più, e lei era sotto la doccia. La porta di camera sua era aperta e si vedeva il letto completamente sfatto. Se lei immaginava cosa stavo facendo io, potevo dire lo stesso per lei.

 

Nel pomeriggio dormii per almeno tre ore, e quando mi svegliai ero completamente riposato, come se i tre orgasmi della mattina fossero stati una cosa lontanissima. Non ricordavo di aver mai goduto così tanto, e a quanto sembrava anche in serata avrei avuto la mia dose di Karen. Ripensai a quanto mi aveva detto. Sarebbe andata via con i genitori. In vacanza? Era un peccato, proprio ora, ma forse sarebbe stato un bene poter pensare a mente fredda a quello che stava succedendo. E la sorpresa positiva… quale sarebbe stata?

 

Pensai di chiamare Karen, ma decisi di mandarle solo un messaggio. Le dissi che mi sarebbe mancata, e che speravo che non stesse via troppo a lungo. Mi rispose “non preoccuparti, solo una settimana! E poi forse, se puoi… ma voglio dirtelo stasera. Alle 9 e mezzo alle panchine?”. “Ok”.

 

Cenai, poi uscii prestissimo. Presi la macchina e andai a fare un giro prima di andare da Karen. La luce in camera sua era accesa, probabilmente si stava preparando. Andai al bar e presi una birra e un pacchetto di gomme, poi tornai in macchine, a girare senza meta con lo stereo a tutto volume, cantando a squarciagola canzoni di trent’anni prima. Mi sentivo così, un po’ pazzo.

 

Lasciai la macchina un po’ distante ed andai alle panchine a piedi. Era un’altra bellissima serata, calda ma non afosa, quel luglio sembrava stupendo. Il sole italiano aveva cominciato a colorare la mia pelle, anche se forse avrei dovuto essere più abbronzato, visto il tempo che passavo da Karen dicendo di andare in piscina… Lei era lì, che mi aspettava.

 

  • E’ raro trovare una donna bellissima, arrapante e sempre in anticipo – la salutai sorridendo.

  • Marco! Pensavo che arrivassi da casa! Grazie, mi fai sempre troppi complimenti, cerco di essere più perfetta che posso per te.

 

Era davvero perfetta quella sera. Non aveva esagerato col trucco, indossava un vestitino nero non troppo corto che le metteva in evidenza il seno e un paio di sandali a tacco basso. Si intravedeva un reggiseno nero, chissà se si era ancora dimenticata del perizoma. Ci baciammo, lei si mise a sedere sulle mie ginocchia e pomiciammo per qualche minuto.

 

  • Questi giorni senza di te saranno lunghissimi… – sospirò.

  • Quando parti? – Le chiesi in tono forse troppo allarmato.

  • Domani sera. Scusa se non te l’ho detto prima, non volevo rovinare delle giornate perfette.

  • Dove vai?

  • A Marotta, in un albergo. E’ vicino a Senigallia, mia mamma viene da Ancora ed è fissata con quella zona. E’ una zona bella, ma un po’ noiosa.

  • E quanto state?

  • L’albergo è prenotato per quindici giorni, però…

  • Però?

  • Papà deve partire per un viaggio di lavoro in Spagna domenica prossima, è stato avvertito quando avevamo già prenotato e non era più possibile modificare le date. Avremmo quanto meno dovuto rinunciare alla caparra, e mi sarei persa una settimana di mare. Così ho fatto un po’ di capricci… e ho convinto i miei genitori a lasciare la camera a me, a patto che invitassi una mia amica.

  • E chi sarebbe questa tua amica? – Cominciavo a capire cosa voleva fare.

  • Francesca, è di Roma. Le ho già parlato, verrebbe sabato per reggere il gioco con i miei genitori, poi… se puoi venire te… lei torna a casa!

  • Karen, che dire… hai pensato a tutto!

  • Potremmo fare quella vacanza insieme di cui abbiamo parlato! Cenare insieme, ubriacarci, fare l’amore dove e quando vogliamo! Sarebbe bellissimo, dimmi che puoi venire, per favore

 

In effetti non avevo da fare nulla. Potevo dire ai miei genitori che andavo qualche giorno al mare a trovare degli amici. Perchè no?

 

  • Forse… si può fare. – Karen mi gettò le braccia al collo e mi tempestò di baci. – Però Karen, non faranno problemi quelli dell’albergo?

  • Ma no, figurati. Già gli paghiamo una doppia come se fosse una tripla per cinque giorni, poi è una zona tranquilla, te l’ho detto. L’albergo è molto bello, ma non fanno problemi. Comunque faccio in modo di parlarci io, ok? Sarà uno spettacolo!

  • Come faccio a dirti di no?

 

Riprendemmo a baciarci, con le mani che cominciavano a esplorare i nostri corpi. I nostri respiri si facevano affannosi mentre le carezzavo i seni da sopra il vestito e con l’altra mano andavo a cercare di capire se aveva le mutandine oppure no.

 

  • Ho un’altra cosa bella da dirti. – Mi disse staccandosi dalla mia bocca per un secondo.

  • Cosa? Troppe sorprese tutte insieme…

  • Sono stata dal ginecologo, mi sono fatta segnare la pillola e inizierò a prenderla quando avrò le mie cose. Così anche se vorrai venirmi dentro…

  • Questo vuol dire che non vorrai più che ti venga in faccia? – le strizzai l’occhio ridendo.

  • Puoi venirmi dove vuoi, quando vuoi, mi piace tutto con te… solo, mi piacerebbe sentirti venire dentro di me, non l’ho mai fatto e… mi piacerebbe che tu fossi il primo.

  • Non vedo l’ora di poterlo fare.

  • Ora vieni qui…

 

Mi tolse la maglietta e mi baciò lungamente sul collo, poi sui capezzoli. Conosceva già i miei punti deboli, sentivo il cazzo durissimo, lei lo carezzò con la mano.

 

  • Sembra che non veda l’ora di venire fuori.

 

Sbottonò i pantaloni, quel giorno ero io a non avere messo le mutande, e il cazzo eretto schizzò fuori come un proiettile. Karen si inginocchiò davanti a me, io controllai che non ci fosse nessuno in zona. Forse era meglio un posto più riparato. Glielo dissi mentre mi prendeva il glande in bocca, feci molta fatica a chiederle di fermarsi, e lei sospirò. Ci spostammo nella panchina più nascosta dalla strada, la feci sedere e mi fermai in piedi davanti a lei, con il cazzo che svettava sempre durissimo dai pantaloni semi calati.

 

  • Prendilo in bocca – le chiesi. Non se lo fece dire due volte, iniziò uno dei suoi pompini migliori, sempre cercando di guardarmi fisso negli occhi mentre mi succhiava, mugolando di soddisfazione mentre le dicevo quanto mi piaceva quello che stava facendo. La sua mano destra era scesa tra le sue gambe, quando notai la cosa decisi che era il momento di fare qualcosa per lei. – Mettiti a pecorina.

  • Ti voglio dentro di me.

  • Aspetta.

 

Le tirai su il vestito, sotto aveva un perizoma nero quasi invisibile, il suo culetto perfetto era sempre il suo punto di forza. Spostai il filo dal solco tra le chiappe e notai anche senza toccarla quanto era già bagnata. La leccai quasi immergendo il naso nell’ano mentre la lingua saettava come impazzita dentro la fica. Salii a leccarle il buchetto e poi di nuovo giù, mentre lei ansimava. Non la leccai a lungo, non potevo resistere senza scoparla. Puntai il cazzo verso la sua fessura caldissima e fradicia e la penetrai. La pecorina non era la mia posizione preferita, ma vedere quel culo incredibile muoversi verso di me mi faceva impazzire di piacere. Il mio cazzo entrava e usciva da lei, Karen si stava quasi scopando da sola, io mi muovevo a malapena. Tolsi il cazzo completamente e lo rimisi dentro, fino in fondo. Lei emise un urletto di sorpresa. Lo feci di nuovo. E ancora. Lei continuava a mugolare.

 

  • Oddio… così è troppo… aaahhh… oddio scopami ti prego, sento che devo godere…

 

Ripresi a scoparla normalmente, muovendo il bacino per farle sentire tutto il mio cazzo dentro di lei.

 

  • Ti piace così?

  • Si… è perfetto… godo! Si!

 

Mentre veniva, urlando il suo piacere, bagnai l’indice con la mia saliva e glielo infilai nel culetto. I suoi gemiti si fecero improvvisamente più forti.

 

  • Oddio che bello, come sei bravo…

  • E’ tutto merito tuo… sei perfetta.

  • Aspetta, mi fanno male le ginocchia così… voglio venire sopra.

 

Mi sedetti sulla panchina e lei si impalò su di me. Così potevo muovermi meno, ma la sentivo molto di più. Mi baciò prendendomi la testa tra le mani, lo sguardo sconvolto dal piacere.

 

  • Quanto ce l’hai grosso… mi riempie tutta…

  • Sei stupenda, riesco a sentire ogni millimetro della tua fica fino in fondo, non ho mai trovato nessuna come te.

  • Rimettimi il dito dietro, ti prego…

  • Bagnalo prima.

 

Portai il medio della mano destra alle sue labbra, lei lo prese in bocca e lo succhiò mimando un pompino, come se fosse un piccolo cazzo. Vederla così era talmente eccitante che diventai se possibile ancora più duro, lei lo sentì e le sue leccate e succhiate si fecero più maliziose.

 

  • Vorrei che ogni tuo dito fosse un piccolo cazzo, per poterli succhiare tutti, farmi ricoprire della loro sborra, averli tutti dentro di me… mettilo dentro, ti prego.

 

Portai la mano sul suo culo, le alzai il vestito e la penetrai quasi senza sforzo. Inarcò la schiena mentre lo muovevo su e giù. Poi lo tolsi e lo riportai alla sua bocca.

 

  • Ora succhiane due insieme.

 

Prese in bocca indice e medio senza curarsi di dove erano stati fino a un secondo prima. Per fortuna era sempre molto pulita. Succhiò le due dita, poi anche un terzo, con gli occhi semichiusi dal piacere mentre il mio sguardo eccitatissimo e incredulo era su di lei.

 

  • Mettili dentro…

 

Indice e medio erano nel suo culetto, sembrava piacerle moltissimo come li muovevo. Portai alla sua bocca la mano sinistra e le feci succhiare il pollice, che prese in bocca fin quasi in gola.

 

  • Come vorrei che ci fossero tre me stessi, per prenderti in ogni buco contemporaneamente…

 

Lasciò il pollice e prese in bocca medio e indice anche della sinistra. Li inumidì bene con la sua saliva.

 

  • Mettimi dentro anche questi… aprimi tutta…

 

Provai a infilare dentro tutte e quattro le dita, ma lei era troppo stretta ed emise una smorfia di dolore. Le chiesi scusa e sfilai anche le altre. Lentamente rimisi dentro il medio della mano destra. Poi quello della mano sinistra.

 

  • Così… mi piace…

 

Il mio cazzo quasi non si muoveva, ma rimaneva sempre durissimo. Pensai che sarebbero bastate poche spinte per arrivare all’orgasmo. Spinsi le dita in direzioni opposte, cercando di divaricarle leggermente l’ano.

 

  • Oddio che bello…

 

Sembravo avere successo, il suo sfintere si stava rilassando. Inserii un terzo dito, poi un quarto, continuando a cercare di dilatarla più lentamente che potevo.

 

  • Marco… oddio amore… godo da impazzire!

 

Sentivo le contrazioni dell’orgasmo sulle dita e temetti di farle male. Ne sfilai due mentre con le altre continuavo a scoparla. Lei saltellava quasi impazzita sopra di me, e sentii che anche a me non mancava molto. Mi trattenni finchè potevo, facendo sfogare il suo orgasmo fino in fondo.

 

  • Sto per venire anche io…

 

L’avvertii appena in tempo, non appena si sollevò da me mi lasciai andare e venni, uno schizzò le sporcò il vestito prima che avesse il tempo di prendermi il cazzo in bocca per succhiar via le ultime gocce. Mi guardò stravolta.

 

  • Come farò tutti questi giorni senza di te?

  • Come farò io… ci scriveremo, e ci chiameremo, e varrà la pena aspettare per stare tutto quel tempo insieme… dai!

  • Per fortuna mi stanno per venire le mie cose…

  • Beh, eravamo arrivati appena in tempo a scoprire che anche qui dietro sembra piacerti molto… – Le carezzai il sedere e lei arrossì ridacchiando. Era splendida.

 

Passammo il resto della serata a baciarci su quella panchina, a guardare il cielo, a pensare a a chiacchierare di tutto quello che avremmo fatto in vacanza. Era bello, dolce… lei appoggiò la testa sulla mie gambe e per un attimo pensai a un altro pompino in arrivo. Ce l’avrei fatta? Ma lei semplicemente si mise giù, come una bambina, chiuse gli occhi e quasi si addormentò mentre le carezzavo i capelli.

 

Il nostro rapporto era anche quello. Ero contento, anche se non mancava qualche paura. Ma forse potevamo crescere, insieme.

 

Rimasi lì, con Karen che dormiva appoggiato a me, per quasi un’ora, poi sentii arrivare qualche altra coppia e decisi che era il caso di andarsene. La svegliai e la riaccompagnai a casa, promettendo di rivederci la mattina dopo per salutarci. Chissà se avremmo avuto modo di fare l’amore un’ultima volta… sarebbe stata dura attendere più di una settimana prima di poterla rivedere.

 

La salutai con un bacio davanti al portone, lei entrò e io la seguii con lo sguardo. Non era ancora tardi, ma non avevo voglia di rimanere fuori. Tornai a casa anche io e mi distesi sul letto. Mi addormentai quasi subito, nonostante la pennichella pomeridiana.

 

Ricordo che sognai. I dettagli sono confusi nella mia mente, ma c’era Karen che mi succhiava il cazzo, completamente nuda, davanti ad altre due ragazze che la incitavano e la sfottevano, dicendo che loro avrebbero saputo fare di meglio. Una era ricciola, capelli castano chiari, sui 25 anni. Non molto alta, ma proporzionata, con un seno che era una calamita per gli sguardi degli uomini. L’altra era mora, sulla trentina, alta praticamente quanto Karen, molto elegante, vestita da donna in carriera. Le tre ragazze sembravano litigare per me, ma per ora Karen aveva la meglio e non mi mollava il cazzo sempre durissimo…

 

Mi svegliai ovviamente con un’erezione. Erano le sette e mezzo di mattina, in casa si sentiva ancora solo mio padre, decisi di scendere e fare colazione con lui.

 

  • Toh, chi si vede! Come mai stamani così mattiniero?

  • Prima o poi mi devo abituare a svegliarmi di nuovo presto. Pensavo di andare a correre, è tanto che non lo faccio.

  • Bravo, fai proprio bene… beato te che hai tutta l’estate libera.

  • Dai che le ferie sono quasi arrivate anche per te.

  • Si non vedo l’ora, anche se la tua mamma mi porta come al solito a Castiglion della Pescaia, sai che palle. Ormai si conosce a memoria.

  • Beh dai, l’importante è staccare qualche giorno. A proposito, degli amici mi hanno proposto di andare qualche giorno via con loro, io pensavo di accettare.

  • Fai come ti pare, questa è casa tua ma ormai non sei più un bambino, quindi non devi chiedere il permesso a me per fare le cose. A meno che tu non abbia bisogno di un finanziamento – mi strizzò l’occhio.

  • Non preoccuparti, per fortuna soldi ne ho ancora.

  • E allora vai dove ti pare, finchè ti è possibile!

 

Uscii dopo la colazione. Ormai avevo detto che sarei andato a correre, anche se la voglia non era troppa. Quando uscii di casa però cambiai idea. L’aria era ancora fresca, il cielo pulito, l’odore di campagna nell’aria era qualcosa che mi era sempre mancato nella grigia Germania, anche se avevo cercato di dimenticarmelo. A passo svelto mi diressi verso i sentieri che portavano fuori dal paese, e cominciai a correre.

 

Correvo molto, anni prima, avevo anche partecipato a qualche gara podistica, con scarso successo. Ero resistente, ma non avevo scatto. Forse perchè mi piaceva prendermi il mio tempo, esplorare percorsi nuovi, guardare gli alberi, le nuvole, quei dettagli che sfuggivano necessariamente a chi non si muoveva a piedi. E allora perchè accelerare? Ripercorsi le vecchie strade e mi accorsi di ricordarle ancora come una volta, anche se qua e là qualche dettaglio era cambiato. Un angolo nascosto era stato trasformato in una piccola discarica abusiva, un altro era stato ripulito, una rete era stata spostata, un albero tagliato… Il tempo passava e quasi non me ne accorgevo, avevo corso per un’ora e mezzo e il momento dei saluti a Karen si avvicinava. Tornai a casa per farmi una doccia. I miei genitori erano partiti, mia sorella era ancora a letto. Da sola, a quanto sembrava. Mi lavai in fretta ed uscii in giardino. I genitori di Karen stavano caricando la macchina con i primi bagagli.

 

  • Buongiorno! Quando partite? – chiesi a suo padre.

  • Oh ciao Marco! Si parte subito dopo pranzo. Come mai non sei venuto, l’altro giorno?

  • Ero stanco, devo ancora riprendere confidenza con l’Italia.

  • Eh ma chi te l’ha fatto fare di tornare ora, con la crisi e tutto il resto. Io sarei rimasto lassù, anche se sicuramente qui si mangia e si vive meglio.

 

Karen era uscita di casa. Bellissima, senza trucco, con i capelli acconciati in una semplice coda di cavallo, in mano l’asta di un vecchio ombrellone.

 

  • Che facciamo papà, lo portiamo questo? – mi notò e arrossì. – Ciao Marco! Partiamo oggi pomeriggio.

  • Lascia stare l’ombrellone, andiamo in albergo, hanno la loro spiaggia. Già la macchina è troppo pesante così, tra la tua roba e quella di mamma… Marco ma vuoi qualcosa? Karen offrigli un succo di frutta.

  • No – cercai di rispondere – non c’è bisogno, davvero…

  • Ma dai, un succo. Karen portalo in casa e dagli da bere. Tra dieci minuti arrivo.

 

Non era possibile tirarmi indietro. Karen alzò le spalle e mi fece entrare, chiudendo la porta dietro di lei.

 

  • Mi sembra di essere un assassino che torna al luogo del delitto – le sussurrai ironico.

  • Dai non fare lo scemo, sii naturale, ti offrò solo da bere.

  • Speravo potessimo fare qualcosa di più stamani…

  • Anche io… ma i miei si sono messi in testa di preparare tutto prima possibile… mi dispiace.

  • Almeno un angolo nascosto per un bacio lo possiamo trovare?

 

Karen si girò, si guardò attorno e mi baciò lì, a pochi passi dal portone. Un bacio frettoloso, ma appassionato.

 

  • Ho rischiato la vita per questo bacio, sappilo. – Mi sussurrò lei.

  • Addirittura? Ne sono onorato.

  • Si, mia madre è in cucina. Proprio qui accanto…

 

Mentre lo diceva aprì la porta. Sua madre stava evidentemente preparando il pranzo, una insalatiera enorme di insalata di riso che sarebbe bastata tre giorni in qualsiasi famiglia.

 

  • Marco! Ciao, che sorpresa. Vuoi restare a pranzo?

  • No, volevo solo salutarvi prima che partiate. – Il pranzo era troppo, non avrei retto. Karen intanto aveva aperto il frigorifero.

  • Ecco il tuo succo – mi fece l’occhiolino mentre sua madre mi invitava a sedermi.

 

Non potevo certo negarmi alle chiacchiere della sua famiglia, alle domande sul lavoro, su perchè ero tornato, sulla Germania. Arrivò anche suo padre a continuare il terzo grado e sinceramente non vedevo l’ora di finire. Anche Karen era evidentemente a disagio, non aveva quasi aperto bocca e scalpitava come se volessi trovarsi in tutt’altro luogo.

 

  • Dai, lasciate andare questo povero ragazzo, che lo state massacrando di domande – intervenne finalmente. I suoi genitori si fecero una risata e Karen mi accompagnò alla porta. La chiuse alle sue spalle e mi baciò, poggiandomi una mano sul pacco e facendomi diventare istantaneamente il cazzo duro. – Ricorda che questo è mio. – Mi disse con aria quasi minacciosa.

  • Anche questa. – Le risposi, infilandole una mano nei pantaloncini della tuta. La carezzai da sopra le semplici mutandine di cotone e gemette, provai a spostarle e a infilarle un dito dentro. Era bagnata.

  • Lasciami andare… altrimenti ti salto addosso qui e ora…

  • Qui e ora no, ma forse… vieni con me. – La trascinai via.

  • Dove mi porti?

 

La porta del mio garage era aperta, entrammo e la richiusi quel tanto che bastava, sollevai Karen di peso e l’appoggiai sopra la lavatrice.

 

  • Peccato che non è accesa – le dissi abbassandole pantaloni e mutande.

  • Tu sei matto.

 

Calai anche i miei pantaloni e la penetrai senza alcun preliminare, eravamo entrambi abbastanza eccitati. Scopammo con forza, in maniera animalesca, senza pensare a durare il più possibile, solo per godere, spinti dai nostri ormoni impazziti. La strinsi a me e lei mi morse una spalla.

 

  • Godo!!! Si scopami!!!

 

Tra il momento in cui mi aveva toccato il cazzo da sopra i pantaloni ed il suo orgasmo erano passati al massimo cinque minuti, eppure anche io ero sul punto di godere. In quel momento avrei tanto voluto che prendesse già la pillola, per svuotarmi dentro di lei, ma non potevo.

 

  • Sto per venire anche io.

  • Dammelo in bocca!

 

Si inginocchiò e schizzai immediatamente non appena la sua lingua mi toccò il glande. Ingoiò il mio seme, prendendo in bocca più cazzo che poteva. Quando anche il mio orgasmo si fu placato si staccò da me e mi mostrò la lingua senza più una goccia di sperma.

 

  • Come sarebbe possibile tradirti? Dove la trovo un’altra come te?

  • Non la trovi. Quindi non cercarla nemmeno, ti prego.

  • E anche tu… sii fedele, mi raccomando.

  • Lo sarò. Oddio… che faccio se i miei genitori si sono accorti che sono sparita? Che gli dico?

  • Che mi hai fatto un pompino di arrivederci? – La presi in giro.

  • Dai scemo, sul serio.

  • Dille che sei venuta a salutare mia sorella – la vidi storcere il naso. – Oppure… – mi guardai intorno. – Dille che ti volevo dare questa!

 

Abbandonata sopra uno scatolone c’era una bambola delle Winx, un po’ sporca ma ancora integra. Gliela porsi e lei mi sorrise. Mi baciò ancora, poi uscì di corsa.

 

  • Ti chiamo appena arriviamo. Ci vediamo presto, non vedo l’ora!

  • Anche io. Ciao!

 

Salii le scale ancora frastornato da quanto era successo. Di sopra, in salotto, mia sorella era stesa sul divano.

 

  • Lo sai che quella Winx era la mia? Magari era un ricordo, non c’hai pensato prima di darla alla tua amichetta?

  • Cazzo… scusami… hai sentito tutto…

  • Ho sentito tutto dal piano di sopra, avete fatto un casino… sei fortunato se non l’hanno sentita i suoi genitori dalla casa accanto.

  • Ecco, ci mancherebbe solo quello… scusami davvero. Se vuoi vado da Karen a riprenderla.

  • Non importa, quello era uno scatolone di roba da buttare. Ma la prossima volta pensa prima di fare le cose. Meno male che oggi partono per le vacanze, in questi giorni ti sei comportato proprio come un rincoglionito.

 

Sentire mia sorella parlarmi come se fosse l’adulta di famiglia mi faceva male. Ma dovevo chinare la testa. Forse aveva ragione lei, mi stavo comportando come un ragazzino quando invece stavo per compiere trenta anni. Salii le scale in silenzio. Almeno sapevo che non mi avrebbe tradito, visto che anche io conoscevo alcuni suoi segreti.

 

Quando dopo pranzo Karen partì la salutai dalla finestra. Attesi per ore un suo messaggio che mi dicesse che erano arrivati, mentre sentivo nella stanza accanto mia sorella che faceva l’amore con il suo fidanzato. Forse erano un po’ noiosi, o forse erano semplicemente più attenti di me e Karen. Al di là di qualche sospiro occasionale e di qualche gemito non si sentiva quasi nulla. Mi venne quasi voglia di spiarli dal buco della serratura, ma lasciai perdere. Alle 18.30 il telefono mi segnalò l’arrivo di un nuovo sms. Sobbalzai, mi stavo quasi appisolando. “Karen”, pensai. Ma non era lei.

 

Da: Marta

 

Ciao Marco, avevamo parlato di fare un’uscita a quattro, ricordi? Che ne dici di domani sera? Noi saremmo liberi, pensavamo di andare al ristorante cinese e poi a bere una birra da qualche parte? Ci sei?

 

Cosa dovevo risponderle? Il messaggio di Karen non arrivava, e le parole di mia sorella mi avevano fatto pensare. Volevo dire di no, ma in fondo cosa mi stava chiedendo Marta? Un’uscita tra amici, nulla di più. Perchè negarsi? E poteva essere l’occasione di prendere i contatti con gente più adulta, della mia età o quasi, che non avrebbe avuto problemi a rendere ufficiale la notizia che usciva con me. Non sarebbe stato come tradire Karen. Anche perchè non eravamo fidanzati. Anche se le avevo promesso che le sarei stato fedele. Oh cazzo, mi faceva male la testa. E quanto ci voleva ad arrivare a Marotta? A quell’ora avrebbero dovuto essere già lì. Al diavolo tutto.

 

A: Marta

 

Verrò volentieri. Ci troviamo direttamente al ristorante cinese o da qualche altra parte. E… che dici, porto dei fiori per tua sorella? :) Scherzo, a domani!

 

Il messaggio di Karen arrivò neanche tre minuti dopo.

 

Da: Karen

 

Riesci a crederci? UNA TRIPLA! Speravo fossero 2 stanze separate, tipo una suite, invece dovrò dormire tutti questi giorni in un lettino accanto a quello dei miei genitori. Speriamo almeno ke non scopino! Almeno avremo + spazio per noi quando verrai a trovarmi. Ti chiamo o ti scrivo appena i rompi allentano la guardia. Sarà una settimana LUNGA. Ti amo! Karen

 

Già, sarebbe stata una settimana molto lunga…

 

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