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Racconti Erotici Etero

Pizza a domicilio

By 28 Agosto 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

Prima di iniziare vorrei ringraziare una scrittrice che pubblica qui, “Elen1985″. Il suo ultimo racconto mi ha dato l’ispirazione per tornare a scrivere, dopo diverso tempo.
Vi invito caldamente a leggere i suoi racconti, perchè sono eccezionalmente ben scritti e oliati, per un erotismo che origina da situazioni comuni in cui tutti noi possiamo imbatterci.
Ora, andiamo a incominciare.
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PIZZA A DOMICILIO

CAPITOLO 1: La gran memoria

Agosto.
Estate.
Caldo afatico insopportabile.

In settimana sono finalmente riuscito a sbarazzarmi di molti vestiti vecchi o logori, gettandoli tramite addio silenzioso nei cassonettoni gialli dell’humana.
E’ domenica, e finalmente, essendo a casa dal lavoro, decido di terminare il rinnovamento del mio armadio facendo una super lavatrice, con pantaloncini, magliette e biancheria rimaste in casa.
Decido anche che in settimana dovrò andare a comprarmi qualcosa perché, a esclusione della roba invernale, tutto l’abbigliamento estivo, comprensivo di biancheria, è stato comprimibile in un singolo cestello.
Morale, mentre sento che la lavatrice comincia a lavorare, non ho altro da indossare se non il mio solito paio di pantaloncini che io chiamo, per brevità, ‘Pantaloncini logori che indosso solo in casa quando lavo la roba in lavatrice’; trattasi infatti di un paio di vecchi boxer bianchi con l’elastico molto allentato, tanto da far quasi fatica a stare su, e lo spessore della carta velina.
Ma tanto non è un problema, ho già programmato di non dover uscire fino a sera tardi, quando la biancheria sarà lavata e asciugata, visti i 40 gradi.

Sono le 19, la lavatrice ha cominciato a fare il suo giro, quando i primi stimoli della fame si fanno sentire.
Voglia di cucinare con questo caldo asfissiante ZERO (considerando che non ho né clima né ventilatore, in casa si bolle dal caldo), decido così di ordinare una pizza.
Ovviamente a domicilio, che non ho vestiti per uscire.
Sto per chiamare, quando mi viene in mente che non ci farei proprio una bella figura ad aprire la porta in quello stato. Insomma, per la decenza, anche se ci saranno 40 gradi, dei pantaloncini corti e una maglietta sarebbe il caso di metterli, almeno per non passare come maniaco.
Mi viene a quel punto in mente di avere ancora pantaloncini e maglietta da calcetto nello zaino in camera, così, rincuorato, ordino finalmente una margherita per le 20.

Tra una partitina alla play e l’altra, le otto meno cinque arrivano in un amen.
Proprio mentre mi alzo dal divano, scorgo dalla finestra la macchina della pizzeria che gira l’angolo per entrare nella mia via.
‘Però, addirittura con qualche minuto di anticipo sono arrivati, ci saranno pochi clienti in giro ad Agosto’ penso.
Vado dritto in camera per cercare lo zaino’nel solito posto non lo trovo, guardo dentro l’armadio, sopra, di lato, ma niente. Poi all’improvviso l’illuminazione.
‘Cazzo! E’ vero che l’ho prestato a Teo!’
Teo, il mio amico che il mese scorso mi ha chiesto una divisa per il calcetto, e io gli ho mollato tutto l’ambaradàn visto che tanto fino a Settembre non mi sarebbe servito.
Mossa furba! E soprattutto gran memoria!
Mo’ cosa mi metto? La lavatrice sta ancora centrifugando e di interromperla non se ne parla, mettere su dei jeans lunghi neanche per scherzo, uhm magari però’.

EEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!!

Il citofono! E’ arrivata!
Che faccio? Di certo non posso rimangiarmi l’ordine, e poi comunque ho fame’
Rispondo e le apro la porta del condominio.
Penso che potrei magari indossare un asciugamano, fingendo di essere appena uscito dalla doccia, ma la cosa mi sembra ancora più da maniaco.
Niente, le aprirò così, scusandomi per l’abbigliamento (anzi, il non-abbigliamento), tanto comunque si tratta di pochi secondi.
Preparo i soldi contati in mano, in modo da non aver bisogno del resto.
Intanto sento l’ascensore terminare arrancando la propria corsa, dei passi e il campanello dell’appartamento suonare.

RIIIIIIIIIIIIIIIIING!

Guardo dallo spioncino,
Sembra lei, la solita ragazza della domenica che mi porta la pizza.
Bè, almeno è già venuta qui, e sa che non sono un maniaco. Se la butto sul ridere magari me la cavo.
Tergiverso un attimo, mi sistemo i boxer meglio che posso, ma vista la pigrizia dell’elastico tendono a scendermi a ridosso dei primi peli.
Niente da fare.
Apro la porta, imbarazzato.

‘Ciao’ mi dice con un sorriso, mentre regge la custodia con dentro la pizza.
Ora che la vedo, sono sicuro si tratti di lei.
Una ragazza credo di 19-20 anni, non troppo estroversa, ma decisamente sensuale, con un fisico morbido e florido. Capelli nero corvino lunghi, e due seni maturi e pieni, chiusi nella polo verde d’ordinanza della pizzeria.
Due gambe non troppo slanciate, ma ben tornite, incastonate da short di jeans. Ai piedi, semplici scarpe da ginnastica.
Questa ragazza ha un particolare che in qualche modo mi ispira, se mi consentite il neologismo, ‘porcaggine’. I denti davanti, gli incisivi, leggermente separati, con la fessurina.
In più, oggi, indossa degli occhialetti bianchi davvero da segretaria maliziosa.
‘Ehi, ciao” le rispondo, prendendo subito in mano la situazione ‘guarda, ti chiedo scusa se non ho niente da indossare, ma ho tutto in lavatrice’.
Nel mentre spalanco la porta, e vedo che in effetti dell’imbarazzo nasce nel suo viso.
Ma è rapida a dissimularlo, puntandomi dritto il suo sguardo ambiguo tra gli occhi.
‘Ah ehm no figurati, non c’è problema’.

Mentre armeggia per tirare fuori la pizza dalla custodia, vedo il suo sguardo guizzare inconsciamente verso di me. Verso le mie gambe, il mio petto…forse è il caldo ma mi sembra abbia dato una impertinente occhiata anche alla mia ‘fornitura’, di certo non troppo nascosta dalla carta velina che indosso.
Ho quasi l’ìmpressione che vorrebbe potermi squadrare da capo a piedi, con calma, mentre finge imbarazzo e noncuranza.
‘Ecco qua’ dice ponendomi la pizza.
‘Grazie, e scusa ancora’ le dico porgendole i 4 euro giusti per la pizza.
Mentre mi sorride, apre il marsupio per riporre le monete, quando succede il patatrac, l’imprevisto, la variabile impazzita che scombina le carte in tavola.
Il marsupietto le cade, e mille monetine si spargono sul pavimento di casa mia. Sotto i mobili, il divano, in cucina, semplicemente dappertutto.
‘Porca vacca ci mancava solo questo’ penso.
‘Ah’!’ si lascia sfuggire lei ‘cazzo!’
‘Oh no guarda che casino! Mi dispiace scusami scusami scusami!’ mi dice tenerissima, mentre anche le ultime monetine finiscono di nascondersi negli antri più oscuri del mio appartamento.
‘Ma no dai non preoccuparti’, le faccio eco, anche se in realtà è DAVVERO un bel casino. Il marsupio si è svuotato, aperto, sul mio pavimento, e ci vorrà più di qualche secondo a trovare tutte le monete.
‘I soldi che ho qua dentro sono contati, se non li riporto tutti sono nei casini!’
Mi sembra quasi sia vicina ad una crisi di nervi, così, istintivamente, le metto una mano sulla spalla, nel tentativo di rassicurarla.
I nostri visi sono più vicini, mentre la rincuoro dicendole che troveremo tutte le monete e non dovrà preoccuparsi di niente.
Dio quanto mi ispira sesso con sti occhiali, penso.
‘Bè, diamoci da fare’ le dico, mentre mi giro andando verso il salotto.
Entra anche lei nell’appartamento alla ricerca dei dobloni caduti, mentre uno spiffero di aria corrente socchiude la porta d’entrata.
Dentro fa un dannatissimo caldo. CAPITOLO 2: Scacco

L’imbarazzo a questo punto è ancora più alto, ma del resto non avevo scelto, ho dovuto farla entrare.
Nell’appartamento ci sono le tapparelle mezze abbassate, per far entrare meno caldo, così io e la ragazza siamo immersi nella quasi penombra.
Comincio a raccogliere le monete visibili sul pavimento, mentre lei, a gattoni, prende quelle sotto il tavolo.
Ho così modo di adocchiarle il bel culo pieno e rotondo, perfettamente delineato dagli short di jeans.
Ma devo distogliere lo sguardo, altrimenti rischio di essere scoperto.
D’un tratto, stando sempre in terra, vedo che erge il busto, sbuffando.
‘Uff’qui dentro si muore di caldo’, mugugna, dandomi sempre le spalle. Noto che armeggia con le mani, ma non ho modo di capire cosa stia facendo. Forse forse’
Deve essersi slacciata i bottoncini della polo, per far respirare un po’ il suo florido seno.
A quel punto la mia curiosità aumenta, e non devo aspettare molto per vedere esaudito il mio desiderio.
Stando sempre a gattoni, la ragazza si gira verso la mia direzione, per raccogliere altre monete da 1 e 2 centesimi, e regalandomi una vista paradisiaca.
La scollatura mi rapisce completamente. I lembi del colletto sono maliziosamente aperti, permettendomi di vedere distintamente le 2 mammelle sobbalzare sotto il tessuto.
Tanta morbida carne rosa in vista. Deve avere almeno una quarta, penso. Peccato abbia sotto il reggiseno.

Distolgo lo sguardo perché sento che la vista sta avendo effetto su di me, nelle parti basse, e non sarei certo nelle condizioni per nascondere un’erezione. Tuttavia, sono sicuro che un certo rigonfiamento sia già visibile’starò accucciato ancora un pochetto cercando monete, poi quando il mio amico sarà tornato completamente a riposo mi alzerò. Sono ragionevolmente sicuro che se stessi in piedi ora lei noterebbe la forma dell’asta, allungata a gonfiata negli ultimi minuti.
Passa un attimo, e la ragazza si alza. Armeggia col cellulare. Noto che sta tentennando, poi si fa coraggio.
‘Senti, devi proprio scusarmi, dovrei chiamare il negozio per dirgli che ritarderò, solo che non ho credito e mi chiedevo se’potessi prestarmi il tuo’
Ecco, e ti pareva. E ora come faccio? Mi tocca alzarmi per andare in camera a prendere il mio cellulare, visto che non ho il telefono fisso.
Sempre stando seduto, alzo lo sguardo e le rispondo tentando di guadagnare tempo.
Osservandola dal basso, però, i seni sembrano ancora più prominenti. Non c’è speranza che riesca a farlo tornare a riposo.
Ovviamente, non posso coprirmi con nient’altro.
‘Ehm..potresti chiamare con l’addebito’ le dico.
‘Ci ho provato, ma non mi ricordo come si fa..’
In effetti, non mi ricordo neanche io.
Rassegnato, mi alzo in fretta, girandomi per darle le spalle in modo da non darle il tempo di notare la mia eccitazione. Una volta in camera, farò passare qualche minuto pensando a Gad Lerner nudo, che ha sempre un forte effetto diseccitatorio su qualunque uomo.
Ma lei mi blocca ancora.
‘Scusa, qui fa troppo caldo, posso prendere un bicchiere d’acqua?’
Ecchecavolo’e quanti cazzi! Penso.
Ancora una volta non ho scelta. La cucina si trova dietro di lei, quindi devo girarmi e andare nella sua direzione. Che pomeriggio imbarazzante.
‘Si certo’, le rispondo serafico, mentre mi giro dritto per dritto e cammino verso di lei.
Il suo sguardo inizialmente non tradisce curiosità, rimanendo fisso sul cellulare, ma mentre proseguo noto che le pupille le si abbassano, furtivamente, sbirciando proprio in direzione del mio sesso.
Visto che le occhiate si ripetono, deduco che il mio amico deve essere ancora più evidente, nascosto dalla lieve foggia del mio ben misero boxer.
Sono tuttavia sguardi fugaci, figli di mamma curiosità e papà imbarazzo.
Passandole vicino, non posso che inebriarmi dell’odore del balsamo che i suoi capelli trasudano.

> continua CAPITOLO 3: Principessina

Le porgo il bicchiere d’acqua. Nel farlo non resisto, e anche se so che lei probabilmente mi sta guardando, abbasso lo sguardo tuffandolo nella sua invitante scollatura.
Noto che ci sarebbero ancora un paio di bottoni da slacciare, l’ultimo dei quali collocato poco sotto la parte bassa del seno. Fortunatamente sono ben allacciati, altrimenti non so quanto riuscirei a mantenere il controllo.
Dopo la radiografia, mi dirigo in camera per prendere il cellulare.
Passando davanti allo specchio noto che la mia eccitazione è più emersa di quanto pensassi. La testa gonfia e i contorni del tronco sono sfacciatamente ben visibili sotto la stoffa.
Fortunatamente, l’uccello si trova ancora in posa sud, sdraiato verso il basso.
Sapere che è stato comunque così visibile, aumenta il mio imbarazzo.
Afferro il cell sulla mia scrivania, e girandomi noto che lei mi ha raggiunto, aspettandomi sulla porta della camera.
‘Che giornata disastrosa, ora gli chiedo se posso non farti pagare la pizza’ mi dice, rimanendo appoggiata allo stipite della porta.
‘Ma no figurati, può succedere’ le rispondo, mentre le passo il telefono.
Mi aspetto che torni in salotto per chiamare invece non si sposta, rimanendo in quella posizione, col busto leggermente in avanti, impedendomi quasi il passaggio.
‘Pronto Marco, sono io, Lucia’ attacca al telefono.
Vorrei andare in salotto per continuare la ricerca delle monete intanto, e glielo faccio capire indirettamente avvicinandomi, ma lei non si sposta di un millimetro, lasciandomi uno spazio stretto per passare.
‘Senti, sono in riserva, vado a fare il pieno al distributore dove c’è lo sconto’.
Niente, non ci arriva, evidentemente le piace quella posa.
Le passo davanti e, come era probabile visto gli spazi angusti, il mio uccello finisce per strofinarsi contro la sua coscia nuda.
Ho un sussulto, lei invece non fa una piega, e continua al telefono, ‘il distributore però è un po’ lontano, e probabilmente ci sarà della fila, non è un problema se’ah ok, non ci sono altre comande, quindi posso fare senza fretta’.
Con quel contatto involontario finisco per eccitarmi ancora di più, tanto che sento il mio amico allungarsi ancora. Manca poco e la testa farà capolino da sotto i boxer credo, maledizione.
‘A posto, con questa scusa ho guadagnato tempo, meno male ci ha creduto’ mi dice, tornando in salotto.
‘meno male’ le rispondo, ‘perché qui mi sa che ce ne sono ancora in giro’.

‘Mi spiace per il caldo’ le dico. Un po’ di conversazione potrebbe essere utile per stemperare un po’ la mia eccessiva eccitazione.
‘purtroppo non ho né climatizzatore, e il ventilatore è rotto’ continuo.
‘In effetti, si muore proprio, ci saranno 40 gradi’ dice, sventolandosi con la maglietta, permettendomi di intravederle il pancino.
‘Ti spiace se vado un attimo bagno a sistemarmi? Stando così non resisto’ mi chiede.
Non capendo bene cosa abbia intenzione di fare, le rispondo certo fai pure, e intanto continuo a raccogliere monetine in cucina. Probabilmente vorrà darsi una rinfrescata, qui si suda anche solo a respirare.
Mi aggancio il suo marsupietto in vita per essere più comodo nel riporre le monete al posto giusto.
Passano pochi secondi ed esce.
Va verso la sua borsetta con qualcosa di nero in mano, ma non capisco cosa sia, forse un micro-asciugamano che aveva dietro. Lo mette dentro, poi continua anche lei la ricerca, puntando ai divani.
‘Credo che molte monete siano finite qui sotto’ mi fa.
Vado verso di lei, e dando un’occhiata concordo. Dovrei spostarlo, però i gommini sotto le gambe son consumati e farebbe un casino micidiale. La cosa migliore sarebbe che io lo alzassi quel tanto che basta per permetterle di prendere le monetine.
D’un tratto le suona il cellulare. Vedo che non risponde.
‘Dev’essere il mio ragazzo’ mi dice. Dopo qualche secondo di tentennamento continua ‘lo chiamo dopo’.
Azz è fidanzata penso, peccato. Ecco perché mi è parsa imbarazzata anche lei dalla situazione.

Senza perdere ulteriore tempo, alzo il divano lateralmente. Lei mi chiede di tenerlo bello alto, in modo da poter comodamente starci sotto e vedere bene. Hai capito la principessina, tanto la fatica la faccio io.
In quella situazione, ho entrambe le braccia praticamente sollevate per reggere il divano, mentre lei carponi davanti e sotto di me fa la cercatrice dell’oro.
Sotto il divano è un disastro tra monete da 1 e 2 centesimi, più quelle da 50 e da 1 euro.
Mi riprometto di non farmi tentare dall’abbassare lo guardo, che dall’alto verso il basso avrei una vista preferenziale sulla sua generosa scollatura, e in quel caso, se avessi un’erezione, non potrei nemmeno nasconderla perché sono bloccato con le mani impegnate a reggere il divano.
Ma lei sembra intercettare i miei pensieri, obbligandomi a fare il contrario.
‘Secondo te questa è una moneta? A me sembra un bottone’ mi chiede, alzando lo sguardo. Il suo braccio, teso verso di me, è pericolosamente vicino al mio membro, sempre ben visibile sotto la stoffa.
A quel punto non posso tirarmi indietro.
Abbasso lo sguardo anche io, cercando di concentrarmi sulla monetina. Certo che in quella posa anche il suo viso si trova proprio davanti al mio pacco.
‘si, mi sembra una moneta da 2 centesimi’ le rispondo, facendo uno sforzo sovrumano per non guardarle come un ossesso nella scollatura.
‘Ah ecco, mi sembrava’ dice, tornando a guardar per terra.
A quel punto però, un’occhiata mi sfugge sul decolletè.
Quando mai l’ho fatto, penso.
Ora ho capito in cosa consisteva il giro in bagno.
Evidentemente per sentire meno il caldo, si è tolta il reggiseno, quella ‘cosa’ nera che ha messo nella borsetta prima.
E a quel punto la vista è oltremodo arrapante. E irresistibile.
I seni pieni sobbalzano liberi ad ogni suo movimento. I capezzoli puntanto la stoffa della polo, senza lasciar dubbi sulla loro posizione. La linea in cui si scontrano i due monti di latte è un’autostrada che invita ad essere percorsa centimetro per centimetro.
Non riesco a togliere lo sguardo. E’ più forte di me.

E l’erezione arriva potente.

> continua CAPITOLO 4: Oh issa

Con mia sorpresa, la forte erezione viene bloccata dal cinturino del marsupio, che passa proprio sopra il tronco del mio uccello, mentre l’astuccio portamonete si trova lateralmente.
Il risultato è che il mio membro si riempie di succo ingrossandosi, ma si allunga in direzione sud, lungo la coscia.
A quel punto, sono quasi sicuro che la testa pulsante del mio cazzo sia fuoriuscita birichina dal lembo inferiore dei boxer logori, a pochi centimetri dalla testa della ragazza ancora chinata verso il basso.
Oh cavoli, devo trovare il modo di coprirlo, altrimenti la figura di merda è assicurata.
‘Hai visto dov’è il mio marsupietto portamonete?’ mi chiede, tenendo sempre lo sguardo giù.
Io rimango basito, poi le rispondo che ce l’ho su io, possibile che non se ne sia accorta prima?
‘Ah si è vero. Allora fammi mettere via questo mucchietto’.
Oh no maledizione, ora non potrà non vederlo.
Stando inginocchiata, si issa col busto, per riporre le monete nel marsupio che ho legato in vita.
Ha il viso ESATTAMENTE all’altezza del mio pacco, non può non accorgersi del mio cazzo che spunta da sotto i boxer.
E infatti, osservandola dall’alto, vedo che non le sfugge, e con lo sguardo languido indugia proprio lì.
Ma dopo pochi secondi di empasse, riporta l’attenzione al suo lavoro, e con le dita affusolate apre le tasche del portamonete e ripone con attenzione le monetine. La situazione non migliora perché, nel farlo, il suo polso sinistro si trova proprio poco sopra il tronco duro del mio cazzo.
Una volta lo sfiora inavvertitamente, poi tende ad indugiarvisi sempre di più, saggiandone con malizia la consistenza.
Tutto ciò ha l’effetto di farmi eccitare ancora di più.
L’operazione si ripete per diversi minuti, tanto che la ragazza arriva quasi a issarsi anche solo per mettere una singola monetina nelle tasche.
Noto anche che è abbastanza brusca nei movimenti, tanto da far oscillare il marsupio avanti e indietro nell’atto di aprire e chiudere le tasche’col risultato di far oscillare anche il mio cazzo, sempre costretto a stare chino verso il basso.

Poi, d’un tratto, una mossa improvvisa che mi spiazza.
‘Sai, è meglio se lo tengo io il marsupio, così non devo sempre fare su e giù’ mi dice.
Oh no, è la fine penso. Con un gesto simile, la mia eccitazione non sarebbe più contenibile, e il mio cazzo si ergerebbe in tutta la sua dimensione come un totem, svettando verso l’alto.
Peraltro, essendo la testa già ora quasi scoperta, si trascinerebbe indietro la stoffa, rimanendo completamente scoperto e sfacciatamente alla sua mercè.
Con un gesto repentino riesco ad abbassarmi quel tanto che basta i boxer, per arrivare a coprire il glande.
Giusto in tempo.
La ragazza si issa col busto, trovandosi sempre con la faccia a pochi centimetri dal mio pacco, e percorre con le dita il cinturino del marsupio attorno alla mia vita, alla ricerca del meccanismo d’apertura.
‘Ma no dai, lasciamelo su, tanto abbiam quasi finito’ provo a replicare, sapendo che, una volta sganciato, il mio pene si ergerà in un’erezione completa, impossibile da nascondere.
A quel punto non so se lei potrebbe imbarazzarsi o sconcertarsi troppo, e andarsene di colpo.
Del resto, non avrei modo di coprirla, avendo sempre le mani alzate a tendere il pesante divano.
La ragazza comunque finge di non avermi sentito, e slaccia furtivamente il marsupio, portandoselo di fianco ai piedi.
E’ questione di un nanosecondo.
Lei sta ancora guardando davanti a sé, quando il mio cazzo, finalmente libero dalla catena, si erge gonfiando immediatamente i boxer sgualciti, disegnando una tenda verso l’alto.
Si formano mille pieghe, che come tanti tiranti convergono verso la testa pulsante.
Vista la mollezza dell’elastico, non ci vorrà ancora molto perché, spingendo verso l’alto, fuoriesca dal lembo superiore, assieme a parte dell’asta.
Vedo che lei non se lo aspettava evidentemente, e rimane con lo sguardo fisso verso il mio cazzone duro, senza proferire parola, ma socchiudendo voluttuosamente la bocca.
Diventa rossa in viso.
Sciolgo il ghiaccio tentando una banale difesa.
‘Ehm scusami, ma sai col caldo’spero che non”
Lei non stacca gli occhi dal mio pacco.
‘No’ehm no figurati, non c’è problema’ replica, attratta magneticamente dal mio grosso tronco.

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