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Racconti Erotici Etero

Ponte di comando

By 15 Giugno 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

Sono comodamente seduta sulla poltrona del mio ponte di comando.
Chiamo scherzosamente così, la scrivania del mio ufficio, d’altra parte sono una persona importante nell’azienda, ho compiti di rilievo, porto a casa un bello stipendio ed ho sotto di me un centinaio di persone, non è poco per una donna di appena quarantotto anni.
Beep beep. SMS.
‘Ciao Pat, scusa ma stasera non ci possiamo vedere, c’è stato un imprevisto in reparto e devo rimanere fino a tardi. Giorgio.’
Beh, me l’aveva detto quando ci siamo conosciuti: un medico d’ospedale è come un poliziotto, non ha orari.
Però, accidenti, se lo sapevo prima mi sarei organizzata, ora, invece, ho davanti a me una serata da schifo.
è sfumata la cena al ristorante ed il dopo cena da lui, mi ero pure portata lo spazzolino da denti ed un cambio di biancheria.
Il nuovo programma prevede invece cena da sola con surgelati precotti riscaldati nel microonde ed un bel dopo cena a sonnecchiare davanti alla TV.
Mi sono trattenuta fino a tardi proprio perché sapevo che sarebbe passato Giorgio a prendermi ed ora ‘ ci sono veramente rimasta male ed anche lei ‘ già, pregustavamo tutte e due una serata eccitante e invece ‘
La mia mano scivola lentamente in mezzo alle gambe, lei sembra abbastanza offesa.
Non fare così, sarà per un’altra volta, dai, ora ti faccio due carezzine e poi si va a casa.
In quel momento mi passa per la testa un’idea temeraria.
Sin da ragazza, ai tempi del liceo, sono sempre stata una persona tranquilla, però, delle volte, all’improvviso, d’impulso, ero capace di fare delle cose da pazzi.
Non è una cosa così pazzesca, perché di venerdì, alle otto si sera, in ufficio non c’è nessuno, siamo solo io ed il vigilante all’ingresso, al piano terra, ma lui rimane sempre lì, perché non può muoversi.
Così decido per la pazzia e, dopo essermi alzata in piedi, mi libero delle scarpe lanciandole lontano, mi tolgo le calze. Il collant grigio chiaro finisce arrotolato sulla scrivania, sopra una pila di carte, subito seguito dalle mie mutandine.
Riprendo posto sulla mia poltrona di pelle, sul ponte di comando, mi metto comoda, tiro su le gambe, poi poggio i piedi nudi sul ripiano di cristallo fumè ed allargo le gambe.
A questo punto mi arrotolo la gonna scoprendo completamente la pancia ed inizio a toccarmi.
Giorgio, accidenti a te, avevo tanta voglia, questa sera, e sono costretta a fare da sola.
Lei risponde subito alle mie sollecitazioni, allora mi sposto in avanti con il sedere e mi tiro indietro con la schiena, in modo da arrivare a poggiare la nuca contro il muro dietro di me.

Avevo deciso di finire la relazione, visto che non avevo niente da fare, e poi volevo fare bella figura con il capo.
Mi piace la Diamanti e sono contento tutte le volte che mi chiede delle cose da fare per lei.
I colleghi più anziani spesso mi sfottono: ‘Ti piacciono le fiche secche, ma non sarà un po’ stagionata per te?’
Sono l’impiegato più giovane dell’ufficio e, siccome sono anche timido, a volte i colleghi si divertono a punzecchiarmi.
Comunque qualcosa di vero c’è, perché a me, il nuovo capo, la Patrizia Diamanti, mi piace, anche se ha quasi vent’anni più di me.
Avrei fatto in tempo a finire la relazione anche Lunedì mattina, ma ho deciso di terminarla ora, in modo che lei la troverà direttamente nella sua stanza, dopo la pausa del weekend.
Dopo aver ricontrollato che non ci siano errori, esco dalla mia stanza con il fascicolo in mano, per andarlo a depositare sulla sua grande scrivania di cristallo.
Sto per entrare ma mi trattengo. La porta è stranamente chiusa, mentre lei, quando non c’era, la lascia sempre aperta.
No, a quest’ora non c’è di sicuro.
Ho già posato la mano sulla maniglia, quando mi viene uno scrupolo e busso.
Ma che busso a fare, figuriamoci se di Venerdì sera alle otto è ancora in ufficio.
Ora apro, lascio la relazione e me ne vado a casa.
Senza neanche pensarci, do una seconda bussata ed abbasso la maniglia.
Mentre la porta si apre sento una voce concitata che dice ‘un momento’, ma ormai è troppo tardi per fermarmi.
Lei, il mio capo, la dottoressa Patrizia Diamanti, è seduta alla sua scrivania, in fondo alla grande stanza.
Deve essere rimasta sorpresa dal mio inaspettato ingresso, perché ho notato un movimento strano e affrettato, mentre la porta si apriva.
‘Mi scusi, pensavo che lei fosse già andata via, volevo lasciarle la relazione per la riunione di Lunedì.’

Accidenti, proprio sul più bello, stavo quasi per venire.
Avrà visto?
Mi stavo spupazzando così bene la mia cosina, quando ho sentito un rumore strano, come se qualcuno avesse bussato alla porta, ma ero così presa che quasi non l’ho sentito.
La seconda bussata sì, quella l’ho sentita bene ed ho realizzato che se qualcuno fosse entrato, mi avrebbe beccata mezza nuda, con le gambe larghe ed i piedi sul tavolo, mentre mi masturbavo selvaggiamente.
Così ho gridato ‘un momento’ mentre cercavo di rimettermi a posto.
Avrà visto?
Non posso saperlo, ma ora mi sono risistemata, le mie gambe sono tornate sotto il tavolo e la gonna, più o meno, è al suo posto.
Le scarpe sono lontane, ed è meglio, evitare tentativi per recuperarle con strani movimenti dei piedi, che potrebbero attirare la sua attenzione, e poi, in fin dei conti, se guarda in basso e vede che sono scalza, non è una tragedia.
Poi il mio sguardo si sposta a sinistra, noto, sulla pila di carte, le mie calze arrotolate con sopra le mutandine nere e mi prende un colpo.
Per fortuna sono fuori dal cono di luce della lampada da tavolo, ma potrebbe notarle.
Proprio con Andrea Masi, il più giovane e carino degli impiegati, doveva capitarmi un simile incidente?
Per fortuna è un tipo timido e riservato e rimane di fronte a me, con lo sguardo verso il basso, e non sembra aver notato gli indumenti che ho lasciato sulla scrivania.
Mi accorgo che sta guardando i miei piedi e le mie gambe nude.
Beh, niente di strano, ho sempre avuto delle belle gambe, penso, poi la noto.
Sì, la macchia.
Quando ho rimesso a posto la gonna ero bagnata fradicia, ed ora, sul lino beige c’è una bella macchia scura, proprio in corrispondenza dell’inguine.
Andrea si sporge verso di me per darmi la relazione, io la prendo e proprio in quel momento mi accorgo di avere le dita sporche ed appiccicose.
Non ho fatto certo in tempo a ripulirmi e lascio così una bella impronta bagnata sulla copertina della relazione e, cosa assai peggiore, nel prendere il fascicolo la mia mano tocca la sua.

Stasera, la Diamanti ha qualcosa di strano. è spettinata ed il suo viso è insolitamente colorito, come se avesse caldo.
Attraverso il vetro fumé ho notato che era scalza e le scarpe erano finite lontano, vicino ad una della zampe della scrivania.
Osservando i suoi piedi nudi mi accorgo che è senza calze, strano perché non siamo ancora in estate e lei porta sempre dei collant velati molto belli, lo so perché una sbirciata alle sue gambe la do tutti i giorni.
Poi succede una cosa strana, mentre le porgo il fascicolo per cui ho fatto tardi stasera, le nostre mani si incontrano.
La sua mano è bagnata e mi lascia delle tracce umide ed un po’ appiccicose.
Allora io faccio una cosa istintiva: avvicino la mia mano al viso ed annuso.
Odore inconfondibile di fica in calore.
è un attimo, intuisco dove stavano le sue dita fino ad un attimo prima del mio ingresso.
Così si ricollega tutto: il suo atteggiamento strano, il fatto che sia scalza e senza calze, il colorito un po’ paonazzo del suo viso.
Per ultima vedo la macchia sulla gonna e mi immagino che sotto deve essere completamente zuppa.
Mi passa davanti agli occhi l’immagine della dottoressa Patrizia Diamanti, con la gonna sollevata, con le sue splendide gambe completamente allargate, mentre si tocca la fica, calda, bagnata ed aperta, ed il mio arnese comincia a crescermi dentro i pantaloni mentre penso che non mi dispiacerebbe affatto passare la serata con lei.

Che figura. Ho macchiato la copertina della relazione con i miei umori e, quello che è peggio, l’ho toccato con le dita sporche ed appiccicose.
Avrà capito di cosa si trattava?
Si è portato un attimo la mano bagnata vicino al viso ed ha annusato.
Mi è sembrato di vedere per un momento sulle sue labbra un sorrisetto ironico.
Merda! Lunedì tutto l’ufficio saprà che il capo si sditalina selvaggiamente mentre siede sul ponte di comando, perché il Venerdì sera non ha niente di meglio da fare.
Ma no, forse non ha capito, intanto, per levare di mezzo la relazione macchiata ed impedire che possa accorgersi delle mie mutandine, con gesto rapido ed elegante, piazzo il fascicolo sopra la pila di carte, così con un colpo ho sistemato due problemi.
Lui, nel frattempo, dopo essersi stropicciato più volte le dita ha preso a parlare, ma non riesco a seguire il discorso, perché sono troppo preoccupata dal rischio che scopra quello che stavo facendo.
Comunque, anche se sta parlando, il suo sguardo è sempre fisso sulle mie cosce e sulla maledetta macchia, che nel frattempo si è allargata.

‘Dottoressa Diamanti, mi scusi, ma mi sono accorto che la copertina della relazione deve essersi macchiata. Ora torno nella mia stanza e la ristampo, intanto questa’, dico mentre riprendo il fascicolo che lei ha posato sulla scrivania, ‘possiamo pure buttarla’.
L’ho vista così in imbarazzo, poverina, che ho cercato di trovarle una via d’uscita.
Naturalmente lei sa che io so, e questo mi potrebbe tornare utile, però intanto le do un attimo di respiro e le faccio almeno salvare le apparenze.
Prendo in mano il fascicolo e lo sollevo e, con mia grande sorpresa, mi trovo appeso alle dita un minuscolo slip nero da donna.
Nel tentativo di darle una mano l’ho inguaiata ancora di più.
Sono rimasto paralizzato, la mia mano tiene la cartellina, con le mutandine appese alle dita che dondolano a mezz’aria, mentre lei ha l’espressione di una che ha appena mangiato un limone intero.
Alla fine, dopo alcuni secondi di silenzio irreale, lo slip scivola via dal mio dito e plana dolcemente sulla scrivania, davanti agli occhi esterrefatti di lei.

Se potessi, vorrei nascondermi sotto terra.
Anche un seminarista avrebbe capito cosa stavo facendo prima che entrasse lui.
Ora, poi, oltre a sapere che mi stavo masturbando, ha scoperto che sono anche senza mutandine.
Continua a guardare la mia gonna, la macchia si è allargata ancora e sono sicura di aver lasciato una bella pozza umida sulla poltrona di pelle.
Alla fine, dopo aver preso fiato più volte, riesco a parlare.
‘Masi, spero che lei si mostrerà una persona discreta, per quanto riguarda questo piccolo incidente. Le assicuro che non è assolutamente come potrebbe sembrare, è tutto frutto di un equivoco.’
Non sono affatto convinta di quello che sto dicendo e continuo a guardare le mie mutandine che si trovano dove non dovrebbero essere.
Anche lui le sta osservando e, quando dopo un po’ allunga una mano e le prende, è come se mi avesse toccato direttamente lì.
Mi scappa dalle labbra una specie di lamento, che cerco di soffocare, poi decido che è ora di riprendere in mano la situazione e mi alzo in piedi.
‘Ora basta, per favore, ridammele.’
Mi rendo conto che la mia voce ha assunto un tono stridulo, non sono convincente né tanto meno autorevole, ma devo tentare.
Giro intorno alla scrivania e punto direttamente su di lui, che non sembra per niente in soggezione, anzi, continua a stropicciare il mio slip, con una aria vagamente lasciva, mentre guarda apertamente, senza alcun ritegno, le mie gambe.
Io mi muovo rapidamente, i miei piedi nudi avanzano leggeri sulla moquette marrone ma, quando arrivo di fronte a lui e cerco di prendere le mutandine, alza il braccio sopra la testa, mettendole fuori della mia portata.
Mi sporgo verso l’alto, ma senza l’aiuto dei tacchi alti delle mie scarpe non ci arrivo.
Sta giocando con me.
Alla fine, nell’ultimo disperato tentativo, mi sbilancio in avanti e gli finisco addosso.
è questione di un attimo, molla le mutandine e mi piazza le mani sul sedere stringendomi a lui.
La mia gonna bagnata preme contro i suoi pantaloni e così sento nettamente la sua erezione, mentre le sue mani mi carezzano le chiappe.
Il mio maldestro tentativo di recuperare la situazione è naufragato miseramente, e, tanto per togliergli ogni residuo dubbio, dopo aver appoggiato il viso sul suo petto, me ne esco con un sospiro profondo che lo incoraggia ancora di più, visto che le sue dita prima scendono sulle mie cosce, per poi risalire infilandosi sotto la gonna.
Mi sta carezzando l’interno delle gambe, le sue mani scivolano sulla mia pelle bagnata e alla fine approdano alla mia fica.
Basta solo un piccolo tocco per farmi gridare, sono proprio al limite.
Continua facendomi un massaggio all’inizio leggero e superficiale, poi via via più profondo ed io me ne sto aggrappata a lui, sospiro, gemo ed alla fine, perso ogni controllo, grido mentre mi strofino addosso al corpo del mio giovane impiegato, finché non arriva il tanto sospirato orgasmo.
A questo punto lui si apre i pantaloni, il resto lo faccio io.
Spero solo che non sia rimasto in ufficio qualche altro ritardatario, perché sarebbe veramente imperdonabile farmi beccare in ginocchio mentre succhio l’uccello ad un mio sottoposto.
Ho una voglia matta di ficcarmelo dentro tutto, fino in fondo, ma non è possibile perché lui viene in un baleno, riempiendomi la bocca di sperma.
Il pensiero pazzo di buttare in terra tutte le carte che ingombrano il piano di cristallo del mio ponte di comando, di sdraiarmici sopra e di farmi scopare, mi passa per la mente solo un attimo, poi penso che per oggi ho fatto abbastanza la matta e decido di fermarmi.

Usciamo dall’ufficio separati, salutando il guardiano notturno, a qualche secondo di distanza l’uno dall’altro.
L’aria fredda della notte mi ricorda che le calze e le mutandine sono nella tasca della giacca del tailleur, ma ho pensato che, visto che ero così bagnata, non era proprio il caso di rimetterle, e poi, per il programma di questa sera, non serviranno certo.
La cena prevede surgelati precotti riscaldati nel microonde (per due), ma il dopo cena sarà molto più interessante.

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