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Ristorante Cinese

By 11 Luglio 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

7.00 del mattino, il trillo della sveglia mi riporta indietro dal mondo dei sogni. Ho sempre odiato dovermi svegliare presto, ma quella mattina alzarmi dal letto mi sembrava ancora più doloroso del solito. Mi trascinai in bagno con l’agilità di uno zombie, una bella doccia mi avrebbe dato una mano a riprendere conoscenza, pensai. Mentre mi dedicavo alla mia igiene personale, mille pensieri cominciarono ad affollarmi la mente: da quando mi ero laureato in lettere e filosofia con il massimo dei voti, circa 5 mesi prima, non avevo combinato un granché, non pensavo che le cose sarebbero state così difficili, ma come si sente spesso dire in giro, questo è un periodo di crisi!
Uscì dalla doccia sgocciolando per tutto il bagno, senza prestare troppa attenzione. Eppure fin da quando ero piccolo mi era sempre stato detto che una laurea mi avrebbe aperto le porte del mondo del lavoro: studia e farai i soldi mi dicevano’ cazzate! Ora mi ritrovavo a 24 anni con un pezzo di carta appeso al muro della mia stanza e senza un euro nel mio portafogli. Gli ultimi 4 mesi della mia vita li avevo passati tra serate con gli amici, grandi bevute e grandi dormite, e a mandare curriculum un po’ ovunque. Il più delle volte non ricevevo nessuna risposta e quando la ricevevo sembrava esserci sempre qualcosa che non andasse, a volte ero troppo vecchio, a volte troppo giovane, a volte mancava l’esperienza, il posto, i soldi, il tempo, tornavo a casa da quei pochi colloqui che avevo la fortuna di avere sempre più sconfitto e arrabbiato.
Ma poi ritornando a casa da uno dei vari colloqui fallimentari incontrai per caso una mia vecchia conoscenza, una ragazza di origine cinese che avevo conosciuto ai tempi del liceo, con la quale avevo ormai perso i rapporti da anni. Il suo nome era Mei Xiang, ricordo che la prima volta che la conobbi mi chiesi perché i suoi genitori avessero scelto un nome cinese, visto che lei era nata in Italia e molte ragazze come lei portavano un nome occidentale. Questa cosa mi aveva sempre incuriosito, dovevano essere delle persone davvero molto legate alle loro origini, ma non fui mai così in confidenza con lei da porgerle certe domande. Mei, sorprendentemente, si dimostrò molto socievole, così passammo un pomeriggio a parlare del più e del meno, molte delle cose che disse non le ricordo perché ero molto preso ad osservarla: era diventata davvero una bella ragazza, alta poco meno di me, che sono 1.80, magrolina, ma ben proporzionata, capelli scuri e occhi nocciola, gambe sinuose e uno splendido sorriso. Mei aveva un anno in meno di me e studiava lingue all’università, in più mi disse che lavorava part time nel ristorante dei suoi genitori non molto distante dal centro di Roma. Quando le parlai della mia situazione fu lei a propormi di lavorare nel loro ristorante, mi disse che erano a posto col personale, quindi avrei dovuto adattarmi a fare qualsiasi cosa e che lo stipendio era davvero misero, ma era pur sempre qualcosa, meglio che stare con le mani in mano nell’attesa di trovare un impiego migliore. Cercando di non sembrare così disperato, come in effetti ero, accettai la sua offerta, lei mi lasciò il suo numero, dicendo che ne avrebbe parlato a casa e che mi avrebbe ricontattato nei giorni seguenti.
Aprì l’armadio e scelsi un abbigliamento casual: jeans grigi, camicia e un giacchettino da mezza stagione, presi un caffè e uscì di casa diretto alla fermata dell’auto. Quella mattina sarei dovuto andare ad un colloquio per un lavoro da bibliotecario. Mentre aspettavo l’autobus ripensai all’offerta di Mei, erano passati giorni ma non mi aveva contattato, tanto meglio pensai, in fondo sarebbe un tantinello umiliante per un ragazzo italiano e laureato trovarsi a fare da sguattero in un ristorantino cinese per uno stipendio da fame. Tuttavia Mei era proprio una bella ragazza e mi resi conto che un po’ mi piaceva, quasi quasi dopo il colloquio la invito ad uscire pensai.
13.30 ora di pranzo. L’incontro per quel lavoro da bibliotecario non era stato così entusiasmante: ‘lei non ha mai lavorato? No.. beh le faremo sapere’. Che senso ha rispondere così quando si potrebbe semplicemente dire di no grazie?! Mentre facevo la fila al Mcdonald della stazione Termini, con poco appetito, le tasche semivuote e ansioso di prendere l’autobus per tornare a casa per fuggire da quella città e da quel mondo così spietato sentì un trillo provenire dal mio cellulare. Aprì Whatsapp distrattamente e lessi:
– Ciao Silvio! Sono Mei’ Scusami se non ti ho scritto prima ma ho avuto da fare con l’università’ Allora ho parlato a casa e per loro va bene!!!  Se accetterei ti spiegherò tutto quanto io a voce.. fammi sapere!! Nel caso, l’indirizzo lo sai Ci vediamo lì davanti al ristorante per le 6.30′ baci!  –
Il suo messaggio mi colse di sorpresa, ormai non mi aspettavo più mi contattasse. Lo rilessi diverse volte come se quella semplice risposta dovesse essere la scelta più importante della mia vita. Dentro di me sentivo un inspiegabile senso di ansia e agitazione, avevo già deciso che non mi sarei abbassato a tanto, eppure ero lì col telefono in mano incerto su cosa avessi dovuto rispondere, dentro di me il caos.
Seduto al tavolino del Mc, con un cheesburger davanti ancora integro fissavo il tabellone che segna gli orari dei treni e le migliaia di pendolari e turisti che ogni giorno circolano in quella grande arteria metropolitana, a me, da quella posizione sopraelevata, sembravano tante formiche che scappano all’impazzata dopo che qualche bambino pestifero ha acceso del fuoco sul formicaio. All’improvviso presi una decisione:
– Ok va bene!  ci vediamo più tardi! ‘
In fondo non avevo nulla da perdere pensai’ ma forse mi sbagliavo.
Mentre scrutavo il continuo via vai di autobus e taxi appena fuori la stazione pensavo a quello che mi avrebbe aspettato poche ore più tardi. Mi accesi una sigaretta e aspirai profondamente, mi piace la malsana sensazione del fumo che penetra nei polmoni, una sensazione così liberatoria quanto autolesionista. In quel caos metropolitano il mio pensiero andò a Mei. Il luogo del nostro incontro non era molto distante dalla stazione, conoscevo l’indirizzo, si trattava di una via vicina a Piazza Vittorio Emanuele, ‘quale posto migliore per un ristorante cinese a Roma?!’ pensai. Guardai l’orologio: le 15.15, data la vicinanza sarebbe stato troppo presto per recarmi sul posto, ma anche troppo tardi per tornare a casa e cambiarmi, così decisi di ammazzare il tempo facendo una passeggiata per le vie del centro.
Camminando con i piedi sull’asfalto e la testa fra le nuvole, arrivai rapidamente a Piazza Venezia, di lì imboccai via del Corso. Facendomi strada tra le migliaia di turisti che affollavano le strade, mille pensieri affollavano la mia testa, mentre scrutavo le vetrine dei molti negozi che costeggiavano il viale. Pensai che in fondo Mei era stata molto gentile e che avrei dovuto farle un regalo se mi avessero assunto per quel lavoro. Ignorando totalmente i gusti della ragazza e visto il mio scarso interesse per la moda non sapevo dove andare a parare, ma caparbio entrai in qualche negozio di abbigliamento per farmi un’idea. Nonostante le mie buone intenzioni, però, non ci misi molto a mollare la spugna: purtroppo ogni cosa che mi sembrava poter starle bene addosso era ben al di sopra delle mie finanze, mi sentì un po’ sconfitto e umiliato, chissà forse con i soldi che sarei riuscito a guadagnare con quel lavoretto mi sarei potuto permettere, in futuro, di comprarle qualcosa di carino, magari avrei anche potuto chiederle di uscire. Guardai di nuovo l’orologio: si stava facendo tardi, meglio incamminarsi.
Riuscì ad arrivare all’appuntamento in perfetto orario. Mei era già là, sulla soglia del ristorante intenta a fumarsi una sigaretta con il cellulare in mano e le cuffie nelle orecchie. La cinesina portava i capelli legati, Ray Ban davanti agli occhi, indossava una camicetta bianca che lasciava la sua pancia perfettamente piatta alla luce del sole, sopra di essa un cardigan leggero di colore scuro, blue jeans e ballerine nere ai piedi. Appena la vidi immaginai di spogliarla con gli occhi, lei, nella sua estrema semplicità mi sembrava elegante e bellissima, non riuscivo a capire come avevo fatto a non notare quella ragazza ai tempi del liceo.
Mei distolse lo sguardo dal suo telefono, sorrise e mi salutò calorosamente.
– Ciao Silvio, sono molto contenta che tu sia venuto, come stai? ‘ disse lei.
– Tutto bene’ stai molto bene vestita così! ‘ le feci io un po’ imbarazzato.
– Grazie! Sei molto carino’ – rispose un po’ sorpresa per il mio complimento e un po’ rossa in volto.
– Allora sono quasi le sette’ che ne dici di entrare così ti spiego tutto? ‘ disse gettando la sigaretta, ormai finita, in terra e spegnendola con la suola delle sue scarpe.
Io le feci cenno di sì con la testa e la seguì all’interno del locale. Il ristorante non era molto grande, ma mi sembrò abbastanza grazioso e accogliente, a differenza di altri ristoranti cinesi dove mi ero trovato in passato per mangiare. L’insegna rossa all’esterno recitava 跳舞小(857; (Tiàowù Xialòng: la casa dei draghi danzanti), ovviamente non capivo neanche una parola di cinese, ma la mia amica sembrava conoscerlo molto bene, nonostante fosse nata in Italia. Appena entrati mi ritrovai in una saletta con non troppi tavoli, le pareti erano molto colorate e sui muri serpeggiavano decorazioni che raccontavano episodi dell’intricata mitologia cinese, mentre dal soffitto pendevano i tradizionali lucernari rossi che illuminavano a dovere l’ambiente. Superata la sala Mei mi fece strada nella cucina e negli altri locali, dove mi fece conoscere lo chef, un signore cinese basso e paffuto sulla cinquantina, gli altri cuochi, un paio di camerieri e una ragazza che lavorava alla cassa. Quando le chiesi di suo zio, Mei mi spiegò che questo non era l’unico ristorante di sua proprietà, infatti ne possedeva svariati anche in altre città del paese e non tardò ad informarmi che in sua assenza il capo là dentro era proprio lei, visto che in futuro il ristorante sarebbe divenuto di sua proprietà. Appena venni a sapere che Mei, quella graziosa ragazza con gli occhi a mandorla e la faccia pulita, sarebbe stata il mio capo mi sentì un po’ in soggezione, non credevo che sarebbe stata davvero in grado di comandare qualcun altro.
All’improvviso la cinesina si rese conto che il tempo stava passando in fretta e che di lì a poco i primi clienti sarebbero cominciati ad arrivare, così cambiò modo di fare e mi spiegò brevemente gli ultimi dettagli:
– Allora Silvio, tra poco la gente comincerà ad arrivare, quindi devo darmi da fare anch’io! Ti avevo già detto che siamo in regola col personale quindi tu sarai il nostro tuttofare’ ti dirò io tutto quello che devi fare e tu lo farai’ non aver paura, vedrai che non è poi così dura! ‘
– O..ok! ‘ Feci io un po’ stupito dal suo repentino cambiamento.
– Ah dimenticavo’ oggi sarai solo in prova, quindi riceverai solo un rimborso spese di 20 ‘, se poi mi piacerà il modo in cui lavori ti proporrò un contratto di 200 ‘ a settimana, con due serate libere ogni cinque lavorative’ quindi fa del tuo meglio per fare buona impressione e dopo la chiusura parleremo del tuo contratto e di eventuali bonus! Tutto chiaro? ‘
– Chiarissimo Mei! ‘ Risposi io stregato dal suo modo di fare così deciso!
– Bene! ‘ rispose lei soddisfatta ‘ Allora per prima cosa aiuta i camerieri a preparare la sala, poi vai a vedere se serve una mano in cucina! ‘
– Subito! ‘
E così ebbe inizio il mio primo giorno di lavoro nel ristorante cinese. Nonostante la proposta non fosse proprio delle migliori, pensando a ciò che mi aspettavo di fare solo sei mesi prima, iniziai, deciso a fare del mio meglio per dare a Mei una buona impressione; in fondo essere un suo dipendente un pochino mi eccitava. Senza troppa fatica preparai i tavoli e andai subito in cucina dove mi fu affidato qualche compito secondario come prendere del cibo dal magazzino o andare in cortile a gettare i rifiuti. Poi i clienti cominciarono ad arrivare, anche più del previsto e sebbene ci fossero già due camerieri mi fu richiesto di dargli una mano. Tuttavia, non avendo mai svolto compiti simili fino ad allora mi trovai un po’ in difficoltà: portai un paio di piatti al tavolo sbagliato e confusi alcune delle ordinazioni, man mano che la serata andava avanti mi sentivo sempre più affaticato e i ritmi continuavano ad essere sempre più frenetici. Con la scusa di andare a fumarci una sigaretta Mei mi trascinò nel cortile sul retro, sembrava un po’ innervosita, così la seguì senza fare storie:
– Silvio ‘ esordii lei sbuffando nuvole di fumo ‘ mi dispiace ma devo dirti che come cameriere sei una frana! ‘
– Mi dispiace scusami’ ma non mi ero mai trovato a svolgere questo tipo di lavoro’ – provai a giustificarmi, incredulo di tanta severità nei miei confronti.
– Sì lo so, ma questa non può essere una scusa, i clienti si sono lamentati per i tuoi errori’ – sentenziò la cinesina.
– Cercherò di migliorare’ – risposi io un po’ umiliato.
– Lo so ‘ ripeté ancora lei ‘ Ma per stasera ce la caveremo noi, mi metterò io a dare una mano a servire i tavoli’ –
– E io che devo fare? ‘ chiesi.
– Tu vai in cucina e fai tutto il lavoro sporco e cerca di non fare casini! ‘ ordinò la ragazza.
Entrambi finimmo di fumare e rientrammo riprendendo i nostri ruoli. Io andai in cucina dove mi misi a disposizione dei cuochi, ma nonostante la mia determinazione, forse a causa della stanchezza, urtai una pila di piatti appena usciti dalla lavastoviglie, che rovinarono a terra andando in mille pezzi e facendo un gran fracasso, tanto da essere udito anche dalla mia amica che era in sala a servire ai tavoli. Quando Mei vide quello che avevo combinato andò su tutte le furie, ma nonostante questo mantenne la calma, facendomi sentire ancora più una merda per quello che avevo fatto. Visto che ormai la serata stava per giungere al termine e, per evitare che io creassi altri problemi, la cinesina mi ordinò di andare a sparecchiare i tavoli man mano che si liberavano, facendo attenzione a non fare danni e, quando tutti i clienti furono usciti dal locale, mi ordinò, forse anche un po’ per punirmi, di andare a pulire i bagni. Mentre passavo lo straccio sui pavimenti mi resi conto di quanto potessi essere sceso in basso: possibile che non ero neanche degno di fare lo sguattero in un ristorante cinese? Ripensai a tutti i guai che avevo causato quella sera: cosa mi avrebbe detto Mei, il mio capo, alla fine di quel disastroso primo giorno di lavoro? Questi pensieri mi mettevano in agitazione, per quanto potesse essere umiliante essere finito a pulire i cessi di un ristorante cinese, essere ritenuto non idoneo per un lavoro così umile, da una mia amica per giunta, sarebbe stato ben più umiliante’ arrivato a quel punto, sconfitto nell’animo e nel corpo, il mio unico obbiettivo era ottenere il posto di lavoro, avrei fatto tutto il necessario per riuscirci.
Quand’ebbi finito uscì dai bagni e mi resi conto che il locale era ormai deserto e in perfetto ordine. Tutti quanti erano ormai andati a casa, tutti tranne Mei, che mi stava aspettando seduta su una sedia, intenta a contare i soldi, il ricavato della serata. Subito capì di essere stato davvero molto lento persino nello svolgere un compito così banale e anche quest’ultimo dettaglio non avrebbe di certo giocato a mio vantaggio.
– Ah finalmente ce l’hai fatta! ‘ sbottò la mia amica, distogliendo lo sguardo dal denaro.
– Si’ – balbettai ‘ scusami per la lentezza’ –
– Mmmm fammi dare un’occhiata ‘ disse lei alzandosi dalla sedia e dirigendosi verso le toilettes ‘ Beh c’è da dire che anche se sei lento come una lumaca sei bravo a pulire i cessi! ‘ fece lei senza curarsi di reprimere una risatina di scherno.
– Grazie capo! ‘ risposi io sempre più umiliato ‘ Allora? ‘
– Allora? ‘ ripeté la ragazza ‘ Allora non saprei da dove cominciare’ come cameriere non vai ancora bene, come lavapiatti sei un pericolo, inoltre sei ancora lento e impacciato, giusto a pulire i bagni sei capace, ma non posso assumerti solo per questo! ‘ Disse con aria un po’ da stronzetta.
– Capisco’ – risposi io in tono sommesso.
– Senti Silvio’ tu sei mio amico, quindi potrei anche venirti incontro, ma dimmi, cosa sei disposto a fare per questo lavoro? – Chiese lei ammiccando una strana espressione.
Devo dire che la sua domanda mi lasciò un po’ spiazzato, tuttavia ero deciso ad ottenere quel posto, non potevo permettermi di fallire anche in una cosa del genere.
– Tutto quello che vuoi Mei!! ‘ risposti io con determinazione.
– Ah’ – bisbigliò la cinesina un po’ colpita ‘ sei anche disposto a fare qualche ‘lavoretto extra’? ‘
– Cosa intendi? ‘ le chiesi confuso.
– Potrei darti una dimostrazione proprio ora se vuoi! ‘ disse lei spavalda.
– Va bene’ –
– Come vuoi’ mettiti in ginocchio! ‘ ordinò la cinesina con voce autoritaria.
– Cosa? ‘ replicai io sempre più confuso.
– Hai detto che avresti fatto qualsiasi cosa’ quindi obbedisci! ‘
Sentì l’eccitazione prendere il sopravvento mentre mi accingevo a fare come aveva chiesto. In vita mia avevo sempre avuto rapporti normali con le ragazze che avevo frequentato, ma l’idea di essere sottomesso da una donna mi aveva sempre intrigato, anche se non pensavo avrei mai avuto il coraggio di provare un’esperienza del genere. Quando fui nella posizione richiesta Mei si rimise seduta e, guardandomi dall’alto in basso, avvicinò i suoi piedini a me:
– Sai che per colpa della tua inettitudine sono stata costretta a sgobbare tutta la sera? E ora per colpa tua mi fanno malissimo i piedi!! ‘ si lamentò Mei.
Non avevo il coraggio di rispondere, un po’ per la vergogna perché sapevo che aveva ragione, un po’ per l’imbarazzo di trovarmi in quella strana e inaspettata situazione e un po’ per l’eccitazione che prendeva sempre più possesso di me.
– Visto i tuoi risultati di stasera, se vuoi che ti tenga come mio dipendente dovrai fare sempre ciò che ti dico e tanto per cominciare vedi se sei in grado di farmi un bel massaggio ai piedi, così forse potrei perdonarti!! ‘
Ebbi un attimo di riluttanza. Ero tremendamente imbarazzato ed eccitato, ma un massaggio ai piedi, per quanto umiliante visto il modo in cui mi veniva chiesto, non era nulla di estremo. Così sfilai delicatamente le ballerine dai piedini di Mei, l’odore pungente che ne veniva fuori aveva un non so che di afrodisiaco, tanto che il mio cazzo cominciò a crescere nei pantaloni, io cercai di dissimulare, sperando che la cinesina non si accorgesse della mia reazione. I piedini di Mei erano estremamente graziosi, piccolini, numero 37-38 occhio e croce, la pianta arcuata, i talloni rosei, le dita affusolate e nel complesso molto curati anche se non portava lo smalto; davvero splendidi per un feticista come me. Appena li presi in mano dovetti resistere alla forte tentazione di baciarli e leccarli, lottando contro i miei impulsi, e incominciai a massaggiarli con delicatezza e perizia, mentre la ragazza sprofondava sulla sua sedia mostrando un’espressione rilassata. Io nascondevo la mia eccitazione e con le mani le accarezzavo le piante, soffermandomi sui talloni e al di sotto delle dita dove premevo con i polpastrelli, poi le avvolgevo tutto il piede facendo su e giù dalle caviglie alle dita, finivo col soffermarmi su di esse per poi ricominciare di nuovo da capo ripetendo gli stessi movimenti. Mei gradii moltissimo il mio trattamento e dopo una decina di minuti me lo fece capire esplicitamente:
– Wow’ devo ammettere che sei bravissimo!! Mi sento proprio rilassata, devo dire che ti stai facendo perdonare alla grande! ‘
– Grazie Padron’ ehm volevo dire grazie Mei! ‘ Cazzo mi era sfuggito!
– Ahahahahah mi stavi chiamando padrona per caso?! ‘ disse la ragazza con aria divertita.
– No no’ scusami sarà la stanchezza! ‘ sudavo freddo.
– Nah’ mi piace! SCHIAVO! Ahahahah ‘ aggiunse lei in tono canzonatorio.
– ‘. ‘
– Vabbé dai’ – riprese lei ‘ si sta facendo tardi! Mi dispiace dirti di smettere perché sei un bravo massaggiatore e sappi che i miei piedini apprezzano molto! A saperlo prima ti avrei assunto direttamente per questo!!
– Grazie! ‘ risposi io eccitatissimo.
– Senti facciamo così! ‘ disse Mei rimettendosi le ballerine e riprendendo il denaro che aveva lasciato sul tavolino- questi sono tuoi te li sei meritati! ‘
Una banconota da venti ondeggiò a mezzaria e si andò a posare come una foglia secca che cade dagli alberi coloriti dall’avvento dell’autunno sul pavimento a pochi centimetri dai piedi della cinesina. Umiliante o no, presi i soldi e ringraziai la mia amica, lei mi guardo maliziosamente con aria di complicità: ero appena stato assunto’ ma per fare cosa esattamente?!

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