La confessione di Rita era solo la punta dell’iceberg.
Riassumo: prima mi aveva fatto depilare da Barbara, la sua estetista (giunonica, BBW, sessantenne), e mi aveva guardato mentre la depilazione diventava una sega lenta e intensa; poi mi aveva detto che Barbara le aveva fatto il suo primo ditalino; e ora mi voleva dire altro…
Arrivammo a casa e ci mettemmo comodi. Cioè, io ero nudo, sdraiato sulla schiena, col cazzo che stava tornando a svettare dopo mezz’ora dall’ultima sborrata. E Rita, nuda anche lei, con le sue forme abbondanti in bella vista, seduta vicino a me, pronta ad approfittare della erezione in arrivo.
“Allora – disse – ora che sei bello comodo – e intanto mi accarezzava il cazzo – se ti dicessi che Barbara non è stata la prima persona a partecipare a del sesso con noi due?”
“Cooosa? Rita ma che cazzo dici?!” ero spiazzato e volevo alzarmi, ma Rita non era dello stesso parere.
“Buono…torna giù. Ascolta fino in fondo, non parlare, mettiti così” mi fece mettere la testa sulle sue cosce, in modo da avere le sue tettone in faccia da leccare e i suoi capezzoli da succhiare.
“Bravo… ti voglio così. Ora zitto e ascolta. Ti ricordi quella notte, al parcheggio del mobilificio, che avevamo la macchina praticamente circondata dai guardoni?”
Me lo ricordavo bene. In città quel parcheggio era famoso per le orge e le gang bang, le coppie lo evitavano. Si raccontava di mariti che portavano la moglie al parcheggio, nuda dalla vita in giù, la facevano mettere a cosce larghe sul cofano, e aspettavano che dei perfetti sconosciuti arrivassero a scoparle in tutti i buchi, mentre loro se lo menavano chiusi in macchina. Ma secondo la leggenda, a volte i ruoli si invertivano: donna chiusa in macchina, uomo appoggiato a 90 sul cofano, e via a prenderlo nel culo dal primo che passava… lo sconosciuto poteva guardarsi negli occhi con la porca, che se ne stava a sditalinarsi in macchina, mentre il tizio inculato neanche sapeva chi lo stava fottendo. Insomma, non era un parcheggio, era una stalla per bestie in calore.
Rita continuò: “Quella notte eri così preso dalla scopata che non ti sei accorto di quanta gente aveva tirato fuori il cazzo e bussava ai finestrini… beh, io un finestrino l’ho aperto”.
Stavo per alzarmi e chiederle che cosa avesse fatto col finestrino abbassato, ma Rita mi fermò: “Sta fermo! Devi ascoltare e basta, come te lo devo dire?”
Avevo una brutta sensazione, ma Rita – che aveva tanti anni più di me e mi aveva già insegnato tante cose nel sesso – sapeva sempre come trasformare quelle brutte sensazioni in orgasmi senza fine.
“Allora, dicevo, e non interrompermi, che avevo abbassato un finestrino e avevo tirato fuori una mano e ho sentito due cappelle. Sì, non una, ma due. Mentre tu eri sotto di me a scoparmi e farmi godere, io provavo a far godere due cazzi con una mano sola. E questi porci non si facevano problemi a strusciarsi i cazzi tra di loro, due nella stessa mano…chissà cosa avevano in mente… ma almeno uno dei due deve aver sborrato, l’ho sentito, mi sono pulita sui suoi vestiti e li ho mandati via”.
Non ci vedevo più! La mia donna che segava altri cazzi letteralmente alle mie spalle?!
“Rita…” stavo per alzarmi e protestare ma lei si buttò di peso sopra di me.
“Zitto! Non ho finito! Non ti bastano le tette? So cosa ci vuole allora… sì, anzi, così è perfetto… tieni quella bocca occupata con questi”.
Mi mise in faccia i piedi. I piedi di Rita…bellissimi, morbidi, erotici…mi facevano sempre un effetto indescrivibile. Piedi in faccia e mani sul cazzo, Rita mi dava tutto. E io senza protestare più mi ero arreso.
“Bravo… ora resta così. Che porcello feticista che sei diventato… tre giorni fa manco me li guardavi, i piedi, e adesso preferisci quelli alle tette. Ma io ti voglio così, pervertito che non sei altro. Sai cosa ci ho fatto con questi piedi? Sempre quella notte, col finestrino abbassato, abbiamo cambiato posizione, e ho tirato fuori un piede. E via un’altra cappella dura, grossa, che non ho nemmeno visto…ma ho sentito… ha strappato il collant e l’ha infilato in mezzo, tra il nylon e la pianta. Ci ha sborrato sopra subito. Sì, proprio la pianta che stai leccando adesso. Qualche settimana fa era piena di sborra di un cazzo che non so neanche di chi sia… poteva essere quello di un mio parente, per quanto ne so, o di un parente tuo, del prete, del mio ginecologo, del marito della mia migliore amica, di un barbone, di un avanzo di galera… Eri talmente preso a spaccarmi la figa da non accorgerti di niente… ma io invece sapevo… quella sborrata però non potevo pulirla, avresti visto… sono tornata a casa col piede quasi incollato alla scarpa…”
Cazzo!! A quelle parole ero andato in trance. Anziché staccarmi dai suoi piedi, mi ci ero buttato sopra con più foga. Rita mi aveva fatto andare fuori di testa e, nelle sue mani esperte, sentivo che avrei sborrato da un momento all’altro.
“Non protesti più? Bravo mi sa che… oh cazzo, ma stai sborrando?? Sì sì sì bravo, bravo, così!!”
Tre schizzi bestiali e due meno forti.
Rita si staccò e scambiammo posizione. Ora io ero seduto e lei sdraiata sulla pancia, con la faccia a due centimetri dal mio cazzo. Mi disse: “Dopo quello che ti ho detto… cosa pensi di me?”
“Che sei una troia Rita…anzi, una lurida troia”.
“Sì, è così. Mi hai capita. Un cazzo non mi basta. Non mi basterà mai. Sono una lurida troia. Guardami, ti prego, mentre lecco via tutta la sborra che hai schizzato. Ti pulisco con la mia lingua da troia”.
Era tornata la Rita sottomessa…ma anche da sottomessa si prendeva sempre quello che voleva. E io non le dicevo mai di no.
Mi leccava ovunque fosse finita la schizzata di prima. Pancia, petto, palle, gambe, un po’ era colata tra le palle e il culo, e ovviamente leccò il culo stesso (anche se dubito ci fosse finita la sborra ma va beh), e di nuovo la cappella.
“Ti sta tornando duro… hai intenzione di punirmi per i miei peccati da troia?” mi chiese.
“Ovviamente” risposi. Mentre spompinava tirò su i piedi, che faceva ondeggiare, ed era molto porno.
“Guarda quanto sono bagnata” disse poi Rita. Si girò, mi spalancò le gambe davanti. Aveva fatto un lago e la figa era aperta come non mai. Tirò su i piedi all’altezza della sua faccia. Rimanevo sempre sorpreso dalla sua agilità ma quello non me l’aspettavo proprio. Si era portata un alluce alla bocca e aveva iniziato a spompinarselo da sola.
“Questo non lo vedi neanche nei porno, vero? Sono una lurida troia, come dici tu… la tua lurida troia… che fa la troia per te…”
Mi avvicinai. Lei si leccava un piede, io l’altro. Il cazzo mi era tornato durissimo e le sfiorava la figa. Poi ci baciavamo, giocavamo con le nostre lingue e i suoi piedi. Intanto il cazzo era sul clito, che non avevo mai sentito così turgido.
“Me lo vuoi mettere in figa? Ma me lo merito? Dopo che mi sono presa la sborra degli estranei addosso senza dirti niente? Dimmi cosa mi merito”.
“Te lo meriti nel culo! A secco!”
“Oh no…a secco no! Ma se tu vuoi così…io te lo concedo così. Mi farà male ma almeno tu godi come desideri”.
E allora puntai al culo. Manco a dirlo, da esperta troia, l’aveva già aperto (e magari lubrificato mentre ero distratto da altro) che ci poteva entrare un braccio, figuriamoci se si faceva problemi col mio cazzo che – tanto si capiva – non sarebbe durato molto a lungo.
“Rita te lo do in culo ma non siamo pari comunque”. E intanto mi facevo strada nell’ano dilatato di Rita.
“Ah! Così mi spacchi, fai piano. Mi vuoi rotta in culo? Così troia?”
Scopare Rita così era fantastico. Potevo godermi ancora i suoi piedi. O guardare le sua tettone che le sbattevano sui rotolini della sua pancia. O anche solo godermi le sue espressioni da orgasmo in faccia. Ma del suo orgasmo non me ne importava niente. Volevo solo sborrare ancora. Così, quando stavo per venire, mi alzai, e iniziai a menarmelo davanti alla sua faccia. Le feci aprire la bocca con due dita. Lei lo fece, mi guardò, e la spalancò con lingua di fuori.
Pochi schizzi – era la terza sborrata nel giro di due ore – ma tutti sulla lingua.
Rita li accolse con una felicità incredibile. E ingoiò. Poi riaprì la bocca. Ma perché?
“Rita, non te lo metto in bocca, cosa vuoi ancora?”
“Non voglio che me lo metti in bocca”.
“Sì ma cosa vuoi? Non sborro più, che cosa vuoi in bocca?”
“Sono la tua lurida troia, cosa potrei volere dal tuo cazzo, stronzo bastardo che mi hai appena rotto il culo?”
“Rita non vorrai farti pisciare in faccia???”
Non potevo crederci! Voleva farsi trattare da cesso umano?
“In faccia no. In bocca. Se fai piano, non facciamo colare neanche una goccia. Voglio esagerare. Voglio andare oltre i limiti. Ti sto pregando… pisciami in bocca.”
Ormai Rita mi aveva travolto. Sì, ero sempre pronto al pissing, con tutta l’acqua che mi faceva bere. E così la accontentai. Piano piano, un getto leggero di piscio la centrò perfettamente, così leggero che riusciva a berlo senza problemi. Non era più solo sesso. Era un livello più alto e completamente diverso. Durò tanto, la pisciata. Dovevo fermarmi (con estrema fatica) e darle il tempo di ingoiare. Alla fine era rimasta solo qualche goccia, che le finì addosso, ma eravamo stati perfetti e non avevamo sporcato nulla.
Rita mi guardò negli occhi: “Baciami.”
“No Rita, questo no”
“Hai detto ‘no’? Sei sicuro? Dopo avermi trattata come l’ultima delle puttane rifiuti di darmi un bacio?”
“Lavati un attimo e ti do tutti i baci che vuoi” le dissi.
“No, no, o mi baci adesso o sarai in debito con me”.
“Mi prendo i debiti allora?”
“Ah sì? Ma poi mi dovrai pagare allora. Me la pagherai”.
Suonava come una minaccia, ma mi dicevo, sai che c’è? mi sta bene. Chissà cosa mi farà fare.
“Te la pagherò”.
Rita non disse niente. Si alzò, andò in bagno, si fece una doccia. Io mi lavai nel bidet. Non dicemmo nulla. Dopo la doccia si asciugò e restò nuda. Restai nudo anche io. Non ci dicemmo una parola. C’era tensione.
Poi mangiammo un boccone. Rita si lavò i denti. Io seguii l’esempio. Sempre nudi. A quel punto mi prese per mano, mi riportò a letto.
“Puoi baciarmi ora?”. Ci baciammo a lungo, solo baci, come una coppietta di ragazzini.
“Ora lo sai – disse Rita – che per me una persona sola non basta. La nostra deve essere una coppia aperta. E te lo dico subito. Sarei molto delusa se a te bastassi solo io. Vuoi altre donne? Posso anche aiutarti.”
Non sapevo che dire. E non dissi niente.
“Devo sapere se la cosa ti crea troppi problemi. Io di problemi non ne voglio”.
“Rita… non lo so… non ho l’esperienza che hai tu… ma a me va bene”. La baciai di nuovo.
“Ora sono soddisfatta – disse Rita sorridendo – anzi, no, siamo rimasti in debito da prima! Tu sei in debito! E visto quanto sei feticista (anzi, sei un po’ una troietta anche tu, senza offesa) dovrò usare tutta la mia fantasia per fartela pagare…”
“Non vedo l’ora – le dissi – e tanto per cominciare, ora mi faccio una bella mangiata di figa”
“Leccamela pure, ma lo stai facendo per il tuo piacere… io non ti faccio venire”
“Non voglio venire, voglio leccarti la figa, far venire te, e godermi la cosa guardandoti negli occhi”.
“Sei bravo… lecca pure come vuoi, ma non è così che torneremo pari. Te la farò pagare, porco”.
“E io ti ripeto che non vedo l’ora”.
Era bello essere tornato al servizio di Rita. Mentre gliela leccavo, gustandomi ogni leccata, andando in tutti i punti che riuscivo a raggiungere, sentivo che quelli non erano preliminari. Non avrei avuto nessun orgasmo e mi andava bene così.
“Guarda Rita, se ti siedi sulla mia faccia è più bello. Mi sentirei ancora piu troietta, come dici tu.”
“Buona idea… Bravo. Ma non te lo lecco, non ti tocco nemmeno. Tu non godi adesso.”
“E mi va benissimo così”.
“Ti piace avere una cicciona che ti schiaccia la faccia allora? Contento tu”
“Rita, no, non mi piace… lo adoro”
“Ah, questo mi lusinga… e ti accontento subito”. Si mise sopra di me abbassandosi piano piano, per farmi godere la scena al rallentatore… in quel momento temevo mi restituisse il favore di prima, facendomi partire una pisciata in piena faccia… ma non lo fece, per fortuna. Le bastava usarmi per godere.
Poi Rita continuò: “Apprezzo il tuo sforzo ma sei ancora in debito… la pagherai ma poi mi ringrazierai di nuovo”.
Avvolto dal dolce peso di Rita mi sentivo in paradiso. Nessuna sborrata poteva farmi godere più di così. O forse sì. Rita poteva farmi godere in modi che non avevo mai immaginato.
—
Continua
Mamma mia ruben, mamma mia... Ti prego, scrivimi a gioiliad1985[at]gmail.com , mi piacerebbe condividere con te le mie esperienze…
ciao ruben, mi puoi scrivere a gioiliad1985[at]gmail.com ? mi piacerebbe condividere con te le mie esperienze...
Davvero incredibilmente eccitante, avrei qualche domanda da farvi..se vi andasse mi trovate a questa email grossgiulio@yahoo.com
certoo, contattami qui Asiadu01er@gmail.com
le tue storie mi eccitano tantissimo ma avrei una curiosità che vorrei chiederti in privato: è possibile scriverti via mail?