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Serpe senza veleno…non morde (seconda parte)

By 11 Novembre 2021No Comments

Segue la seconda parte del racconto che vede tre ragazzi impegnati in una storia dal contorno folle, a tratti irreale. La terza e ultima parte sarà disponibile in anteprima assoluta sul mio blog a partire da domani.
N.B. I protagonisti si intendono maggiorenni e consenzienti.

Buona lettura!

Ore 6 del mattino, la sveglia in camera mia cominciava a diffondere le note della radio: dimensione suono soft stava suonando Glicine di Noemi…un risveglio dolce, se non fosse che quel giorno a scuola non avrei visto Neus.

Con gli occhi ancora chiusi la immaginavo in coda in aeroporto…magari pensando a me, a noi…o forse urlando ai suoi genitori, colpevoli di averla trascinata in vacanza a Barcellona. Sorrisi nel pensarla intenta a dire parolacce: è così inusuale da parte di Neus che quando lo fa ne resto divertito e affascinato allo stesso tempo.

I miei pensieri vennero interrotti da un improvviso rumore. Aperti gli occhi, avevo notato un’ombra all’ingresso della mia stanza. Si muoveva in modo strano: la vedevo allontanare per poi ritornare sulla soglia della porta ed indugiare. Realizzai che si trattava di mia sorella, combattuta sull’entrare o meno.
“Fe’…” – la chiamai, facendole capire che ormai l’avevo vista

Lei, entrata con passo incerto nella stanza, si era seduta al bordo del letto.

“Io…dovrei…insomma…” – aveva balbettato imbarazzata. Doveva portare a termine il gravoso compito che le aveva dato la sua migliore amica, Neus, la mia ragazza, ossia svuotarmi le palle per evitarmi la tentazione di provarci con altre ragazze. Le si leggeva in faccia, sebbene in penombra, che Fede avrebbe rinunciato volentieri.

“Fe’…” – provai a rassicurarla – “…non è necessario che tu lo faccia. Dico sul serio. Sai benissimo che sono…”
“…uno stronzo!” – concluse lei interrompendomi

Ridemmo entrambe.
La risata aveva allentato la tensione e Fede, fattasi coraggio, aveva infilato la mano sotto le coperte alla ricerca del mio pisello. Le agevolai la ricerca abbassandomi i pantaloni del pigiama e le mutande e guidando la sua mano sul mio pacco. Un po’ per la situazione imbarazzante, un po’ perchè al mattino noi maschietti siamo facilitati da questioni “idrauliche”, Federica trovò il mio pisello già in piena erezione. Un sorriso di soddisfazione misto a imbarazzo le si disegnò in volto. Poi, afferrato il mio pisello, cominciò a muovere la mano su e giù. Notai in lei un leggero distacco: il suo sguardo era fuggito lontano, in un angolo della stanza. Provai a pensare a qualcosa di eccitante ma…nulla…non ci riuscivo.

“Fe’…non ce la faccio” – le sussurrai dopo un po’.
“Dai, Ale, non è ora de fa lo stronzo!” – protestò lei – “Dobbiamo annà a scuola, se nun te sbrighi qui mamma e papà ce sgamano…”
“Ok…proviamo in un altro modo” – le dissi – “Guardarmi.”

Fede sapeva che se non mi avesse assecondato avrebbe dovuto arrendersi e deludere Neus già al primo tentativo. Si girò verso di me. Cominciò a fissarmi negli occhi mentre riprendeva a menarmi. Riuscivo a percepire dal suo sguardo un po’ di eccitazione; sicuramente andava meglio di prima ma non era ancora abbastanza. Provai ad accompagnare con il pube i movimenti della sua mano ma…nulla da fare: non riuscivo ad andare oltre una certa soglia di eccitazione. Una espressione sconsolata si dipinse sul mio volto. Fede sbuffò e, alzate le coperte, si chinò sul mio pisello ed iniziò a baciarlo sulla punta. Mentre la sua mano scorreva sulla mia pelle sentivo il piacevole calore della sua bocca che dopo qualche istante avvolse completamente la cappella. Un mio gemito soffocato le fece capire che eravamo sulla strada giusta. Qualche istante dopo la sentii succhiare in modo più deciso. La sua mano nel frattempo continuava il massaggio alla base del mio pisello. Avvicinai le mani alla sua testa, le carezzai i capelli per incoraggiarla. Iniziò un lento su e giù con la testa, accompagnando i movimenti con la mano. Tutti quegli stimoli piacevoli mi portarono lentamente sulla soglia del’orgasmo.

“Sì, così Fede…” – la incitai sottovoce mentre le sensazioni diventavano sempre più intense.

All’improvviso ebbi un moto di rabbia: venni colto dall’immagine di lei che mi spiava, che spiattellava tutto a Neus, che si comportava con me come una guardia carceraria. Pensai che fosse il momento giusto per vendicarmi.

Mi abbandonai all’orgasmo sussurrandole – “…sei un’infame!”
Le bloccai con forza la testa sul mio pisello e contemporaneamente iniziai a scaricarle in gola tutta la sborra che avevo nelle palle. Lei provò a divincolarsi, a ritrarsi, ma ormai era troppo tardi. Mollai la presa solo dopo essermi assicurato di averle schizzato in bocca fino all’ultima goccia.

“Stronzo!” – fu l’unica parola che mi rivolse sottovoce prima di alzarsi e scappare via dalla mia camera.

A quel punto mi alzai e iniziai la mia giornata come se nulla fosse: bagno, vestiti, zainetto e giù a far colazione. Quella mattina, in cucina con mamma e papà, durante la colazione, Fede evitò il mio sguardo. Continuai a far finta di nulla. Quando arrivò il momento di uscire mi offrìi di darle un passaggio in motorino fino a scuola, sicuro che dopo quanto le avevo fatto avrebbe rifiutato. Con mia sorpresa Fede accettò.

Guidando verso scuola la seconda, strana, sorpresa. Fede, piuttosto che tenersi come al solito ai miei fianchi o alle maniglie sotto al portapacchi, mi aveva abbracciato. Quel suo gesto, il suo corpo stretto al mio, il suo odore…mi fece parecchio strano. Arrivati davanti alla sua scuola poi la terza sorpresa. Scesa dal motorino, dopo aver tolto il casco, e averlo rimesso nel portapacchi era rimasta a guardarmi. Mi sarei aspettato che se ne andasse senza rivolgermi la parola o mandandomi nuovamente a fare in culo.

“Beh…” – disse, in attesa che le rivolgessi lo sguardo – “…io vado.”

Detto questo avvicinò il viso al mio e, piuttosto che il classico innocente bacio sulla guancia, mi stampò sulla bocca un bacio identico a quello che solitamente Neus mi dava quando ci salutavamo. Rimasi di sasso. Nell’attimo in cui i nostri sguardi si erano incrociati piuttosto che leggere odio nei suoi occhi avevo notato una strana luce.

Mi ritrovai a pensare a lei più volte durante le lezioni, incapace di dare una spiegazione a quel suo strano comportamento. Uscito da scuola poi la quarta sorpresa: ricevetti una chiamata da Ciccio Camaleonte, il ragazzo di mia sorella, allarmato da quello che mia sorella gli aveva detto: quella sera Fede non sarebbe uscita con lui perchè si era ricordata di avere un importante impegno con me. Qualcosa non quadrava, era evidente. Non ricordavo di avere concordato con lei di fare o andare da qualche parte, Fede sapeva che quella sera avevo in programma di vedere alcune mie conoscenze che non facevano parte del mio classico giro di amici. Inoltre, difficilmente Federica frequentava le mie compagnie. L’unica spiegazione plausibile era qualche magagna che stava progettando alle spalle di Ciccio. Ma la cosa strana era che normalmente, prima di usarmi come copertura, mi avvertiva sempre in anticipo di coprirla e di reggerle il gioco.

Conoscendo la gelosia di Ciccio e il casino che avrei potuto scatenare dicendogli di non sapere nulla, decisi di mentire e coprirla. Lo tranquillizzai confermando quanto le aveva raccontato Federica cercando di non strafare nel raccontargli altre balle. Appena chiuso con Ciccio provai a chiamare Fede per chiederle spiegazioni. Telefono spento.

Provai allora a distrarre la mente chiamando Neus; sentire la sua voce, sapere come stava e come le era andato il viaggio mi avrebbero aiutato a tenere lontane dalla mia mente un po’ di domande. Neus mi rispose quesi subito, era arrivata da qualche minuto a casa dei nonni nel quartiere di Sant Gervasi e adesso stava disfacendo la valigia nella sua cameretta. Ci facemmo un po’ di coccole a telefono. Poi mi chiese di Fede. Le risposi in modo evasivo: sapendo benissimo che le due non vivono l’una senza l’altra. Ero certo che Neus sapeva già con precisione dettagliata tutto quello che era accaduto a me e a Fede quel mattino ma soprattutto quello che Fede stava architettando.

Avrei potuto fare leva sul fatto che io e Neus stavamo insieme e mettere alla prova la sincerità della mia ragazza nei miei confronti. Poi pensai al povero Ciccio Camaleonte e al numero spropositato di magagne che mia sorella gli aveva combinato alle spalle e al numero infinito di balle che Fede si inventava per coprire se stessa e Neus. Ero certo che Neus non avrebbe mai tradito Fede; si sarebbe fatta tagliare la gola piuttosto che raccontarmi il loro segreti. Decisi che il silenzio sarebbe stato meglio della balla che Neus mi avrebbe raccontato. Infine ci salutammo dopo qualche altra smanceria.

Tornai a chiamare Fede. Questa volta il telefono squillava. Dopo qualche squillo mi rispose. Il frastuono che c’era attorno a lei doveva essere quello del parrucchiere. La cosa mi suonava abbastanza strana visto che quello non era il giorno della settimana in cui lei faceva la sua “muta”, il suo cambiamento radicale di look. Il fatto che avesse anticipato il cambiamento di aspetto mi confermava la magagna in corso.
“Che c’è?” – mi chiese in modo sgarbato
“Fede, m’ha chiamato Ciccio e…” – le dissi
“Sì…embè?” – mi interruppe seccata – “…stasera esco con te…ndò me porti?”
“No, Fede, forse non ci siamo capiti: se devi combinarne una delle tue e vuoi il mio aiuto prima mi avvisi e poi…” – cercai di farle la ramanzina
“No, no, no…non hai capito te, Ale: io stasera ESCO con te. Nun me ne frega un cazzo de dove vai e co chi te devi vedè: io stasera m’attacco a te come na tellina a ‘no scoglio! Ho giurato a Neus che non avresti fatto cazzate…piuttosto me faccio fucilà! Quindi vedi de datte na regolata! Stasera te vengo dietro pure se vai in bagno a piscià!”.

Estasiato dalla delicatezza delle parole della marchesa “Federica Camaleonte”, nonchè stupito per il tono poco amichevole nei miei confronti, mi rassegnai ad entrare nell’ordine di idee che quella sera ai miei nuovi amici avrei dovuto presentare…già, chi avrei dovuto presentare?
Non volevo presentarla come mia sorella. Al di là del suo parlare spesso troppo rozzo di cui spesso mi vergogno, mi sarei sentito ridicolo nel far vedere che mi portavo dietro mia sorella un po’ come un detenuto si porta dietro la palla al piede.

“Fede…senti un po’…” – dissi, provando a far cambiare direzione al discorso – “…stasera ho un’appuntamento a Ostia con dei ragazzi che stanno fuori dal mio solito giro…hai presente quel gemellaggio tra la mia scuola e quella di Pomezia…?”
“…’mbè?” – ribattè mia sorella con tono seccato
“…mi conoscono poco e nulla…insomma…non è che potresti…cioè che io ti potessi presentare…come una semplice amica?” – chiesi titubante.

Rumore di phon dall’altro lato del telefono.

“Fede…?” – provai a chiamarla per capire se fosse ancora in linea
“Senti Ale…me basta sapè che stasera annamo a Ostia e che co’ Ciccio m’hai retto er gioco, fai un po’ come cazzo te pare!” – e chiuse.

Persi la pazienza. Richiamai nuovamente Fede per chiarire.

“…ancora? Che voi?” – rispose seccata.

“Avevo dimenticato di dirti due cose.
Punto primo: io stasera con me non ti ci volevo, ti lascio venire solo per evitare che Neus sbrocchi, chiaro?
Punto secondo: questa sera la marchesa ‘Federica di riva-stocazzo’ (riferimento a Elisa di Rivombrosa per ironizzare sui suoi modi tutt’altro che nobili) non deve esistere! Datti una regolata, Fede! Giuro che se mi fai fare una sola figura di merda ti prendo per il collo davanti a tutti e t’affogo con le mie mani sotto al pontile!” – questa volta fui io a chiuderle il telefono in faccia.

Sia chiaro: non sono il tipo capace di compiere violenza sulle donne, ho solo imparato a mie spese che qui a Roma con gente del calibro di mia sorella se non te ne esci con minacce “impressionanti” e spettacolari, non vieni calcolato completamente. Tornai a casa e mi misi sotto con i compiti, provando a dimenticare tutto il resto. Venni richiamato sul pianeta terra nel tardo pomeriggio dal bussare di mia sorella alla porta aperta della mia stanza.

“Toc toc!…posso?” – disse Fede con voce piuttosto insicura

Convinto che il suo tono fosse legato alla paura per il mio ultimo cazziatone le risposi con tono freddo e senza staccare gli occhi dai libri: “Entra.”

“…senti…Ale…” – iniziò titubante mentre entrava in camera mia – “…so che non è da me farti questo genere di domande ma…volevo sapere…come sto?”

Alzai gli occhi per guardarla e rimasi letteralmente a bocca aperta.

(continua)

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