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Sete di Lei

By 1 Febbraio 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

Così arrivo sotto casa sua, sono le 10 di sera. Abbiamo organizzato una serata tra amici, ma ci eravamo messi d’accordo per vederci prima così da fumare e bere un po’ insieme senza il casino che inevitabilmente crea la bella compagnia.
Suono al citofono, lei risponde. Mi apre. Apro il portone e lei è sulla soglia della porta del suo primo piano. è vestita in modo semplice, pantaloncini corti e maglia ampia che lascia poco all’immaginazione. La scollatura si srotola lungo il seno, il reggiseno è impalpabile. Decisamente un brutto inizio di serata, penso.
Mi accompagna in cucina e ci sediamo dinnanzi al caminetto. Ho con me qualche bottiglia di vino, e le chiedo di passarmi un cava tappi. Lei sorridente si affretta a porgermi l’attrezzo. Beviamo.
Come stai?
Bene, mi risponde annuendo.
Tu dove sei stato, mi chiede.
In giro, rispondo e mando già il primo bicchiere. Lei fa altrettanto.
Cosa hai fatto oggi? Domando banalmente, il tempo di mettermi a mio agio..
Ho studiato, ma non avevo una gran voglia..
Intanto inizio a girar su una canna, lei apprezza.
Dici così solo per nascondermi che passi il giorno ad intrattenerti con qualcuno dei tuoi spasimanti.. ‘ la stuzzico.
Si, non sai quanti orgasmi ho avuto oggi! – Ironica lei. Si siede sull’altra poltrona che da verso il fuoco.
Immagino, e do fuoco al cannone.
Cosa immagini? – Avanza in modo tanto inaspettato quanto sottile e bastardo.
Era così per dire..
Ti conosco. Parla!
No. Non entro nei particolari. ‘ Sono fottuto, il primo pensiero che mi viene in testa.
Ride. – Siamo grandi ormai, ce ne vuole per scandalizzarmi. Allora?
Sei la solita stronza.. sussurro sorridendo.
Dimmi! Cosa hai immaginato?
Te. Che scopi. ‘ rispondo sfrontato.
E ti piace?
Mi eccita..
Non sembri eccitato..
Riesco a nasconderlo se devo.
E perché devi?
è casa tua, le regole le metti tu, se non dovessi nascondermi ne subiresti le conseguenze..
Che genere di conseguenze?
Mi alzo, le passo lo spino infilandoglielo direttamente in un’insenatura tra le sue labbra, mi osserva ma resta immobile. Ha volto la guerra, ora vediamo quanto ci mette a perderla’
Non mi risiedo, mi inginocchio ai piedi della poltrona dove era seduta. Mi guarda.
Le alzo la gamba ed inizio a baciarle la caviglia. Lentamente.
La colgo di sorpresa tanto che sembra divertita dal fatto che non mi sia fatto troppi problemi riguardo le sue provocazioni.
Salgo strisciando fino alla coscia. La trovo calda e liscia, e mi soffermo un po’, lasciando che sia lei ora ad immaginare dove volessi arrivare.
Azzardo.
Si lascia sfilare il pantaloncino.

Appoggio le labbra sulla seta delle sue mutandine, e sento che un brivido le percuote la schiena. Lascio che la mia lingua segua l’interno della sua coscia, poi le scosto la mutandina.
Le bacio il clitoride, un tocco sottile, come un pizzico. Sussulta. Lei è in attesa, il respiro è fermo. Cedo alla tentazione.
Faccio affogare la mia lingua nella sua carne dolce e umida. Inizio adagio a gustarne piacevolmente il sapore ascoltando la musica dei suoi aneliti d’aria fusi al suono gelatinoso che le membra umide emettono al passaggio ormai avvinto della mia lingua. Tolgo le mutandine.

Lei inizia a fumare, intanto, viziata, avvolta nel calore del fuoco, ed immersa nel piacere, da cui, devota, si lascia mangiare, facendosi lustrare ed adulare tra le cosce nude.
La mia fame di lei sale quanto più sento che la danza scivolosa tra il mio gusto e il suo piacere le stempera le forze, godendo la sento sciogliersi su quella poltrona. So che ha avuto ciò che voleva, ma non mi faccio troppi problemi.
Ebbro del suo miele, alzo gli occhi, quelli che lei teneva chiusi, abbandonata all’estasi del vino, dell’erba e dell’ affascinante, tenebroso ed accogliente mondo del piacere. Priva di ogni resistenza, mi lascia intuire che si fida, il fatto che non sia uno sconosciuto le slaccia eventuali tensioni, paure o ansie da pregiudizio.
Con una mano si scopre il seno e con l’altra mi afferra ferma la testa, tenendomi duramente li, a leccargliela, a massaggiarle la figa con la lingua imbevuta di lei, a donarle un angolo di piacere tra le piaghe di un’età complicata. Ogni mio cambio di mosse è impedito, non che lo volessi, ma quella mano a possedermi, a dettare il mio dovere, incide nel sottolinearlo.
Il suo respiro affannato ad ogni tocco, ad ogni carezza della mia lingua, ad ogni assaggio, ad ogni goccia di piacere, mi fa sentire un cane intento a dissetarsi. A dissetarsi alla fonte tiepida, sacra e segreta della sua intimità. Le tengo divaricate la gambe, ne appoggio poi una sul braccio del divanetto, per avere una mano libera e penetrarla con due dita, ed insistere nel cercare di provocarle quell’ appagante e violento orgasmo che invoca ad ogni sguardo lanciato per sbaglio, o curioso, o ad ogni mugolio trascinato.
Suonano al citofono. Sono arrivati. Contro ogni forza di gravità lei alza la testa e riapre gli occhi.
Mi fermo, forse sul più bello.
Sapendo cosa avremmo dovuto fare mi alzo e, temporeggiando nei passi, vado per aprire loro il portone. Lei visibilmente spaesata e contrariata manda giù tutto d’un sorso un altro bicchiere, così tanto per tenersi in forma e riprendersi un po’. Lei è così.
La guardo e le sorrido, lei fa lo stesso. Torno. Bevo un bicchiere d’acqua e mi riprendo la mia canna, che, poverina, era stata lasciato a poco meno della metà : ‘la serata è lunga’ avanzo tra me e me, ma lei ne intuisce il senso. Forse’
Entrano.
Lei, rivestita, corre alla porta.
Ehi carissimo!… ‘ esclamo voltandomi verso il mio migliore amico – ‘ma quanto tempo ci avete messo ad arrivare? Era mezz’ora che non facevamo altro che aspettarvi!

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