Skip to main content
Racconti Erotici Etero

sette minuti

By 5 Febbraio 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

Sono davanti alla porta dell’ascensore, come tutte le sere, come tutti i giorni, come tutti i mesi. Come gli ultimi dieci anni. E pensare che, quando ho preso questa casa, la mia idea era di traslocare entro breve. Si dice sempre così: durerà poco, &egrave solo una situazione momentanea’ Ecco, si &egrave illuminato il 4 piano, il 3. Adesso arriva. Sono dentro. Ho calcolato: ci impiega sette minuti ad arrivare al mio piano. &egrave bello questo ascensore. Vecchio, come questa casa. Io sono la persona più giovane del palazzo. Non &egrave vero. C’&egrave quello che abita sopra di me’ma si &egrave appena trasferito. &egrave un bell’uomo. Non &egrave sposato. Lo so perché ho guardato la sua mano sinistra. Ho imparato questo trucco dalla mia amica Bianca. Mai andare con gli uomini sposati, dice lei. Portano guai. Ha un buon profumo. Mi piace come si veste. Mi domando che lavoro possa fare. No, ma forse in fondo non mi interessa veramente. Non devo certo presentarlo a mia madre. Sette minuti, come sempre ed eccomi a casa. Meno tre, due. Ecco l’ascensore. Oggi sono a pezzi. Stasera non esco. Sto già visualizzando la vasca da bagno. Sto per chiudere la porta dell’ascensore. Una mano la ferma e penso ‘che palle! Speriamo che scenda al primo così non dovrò fare quei monologhi inutili sul tempo’ah, no &egrave lui. Beh io non ho voglia di parlare. A quanto pare neppure lui. Con la cosa dell’occhio lo guardo. Sì non &egrave sposato. Mi dilungo a osservargli le mani. Sono proprio belle. Lunghe, proporzionate, affusolate. Ha le unghie curate. La pelle olivastra. Mi sta guardando. Bene così siamo in due a studiarci.Gli faccio un debole sorrise, lui no. Mi guarda e basta. Ha gli occhi molto lunghi, e le ciglia molto scure. Non riesco a capire di che colore siano i suoi occhi. Il mio sguardo si posa sulle labbra. Sono rosse, scure. Labbra da donna su un viso da uomo. Mi si &egrave avvicinato ancora. Lo spazio vitale qui dentro &egrave poco, ma non tanto da giustificare il suo starmi così vicino. Non mi da fastidio, anzi m’illudo che sia un sottile tentativo di seduzione. Siamo arrivati. Io scendo per prima. Il rumore forte delle chiavi che girano nella serratura mi risvegliano dal mio torpore, ma sento ancora il suo odore addosso. Questa notte l’ho sognato. Ho sognato che prendevo l’ascensore e che una mano mi prendeva i capelli, mi spingeva dentro. Non potevo voltarmi, sentivo il suo fiato sul collo. Le porte si chiudevano. L’ascensore partiva. Non avevo modo di vederlo in faccia, ma ho pensato fosse lui. Mi tirava su la gonna e mi metteva la mano sulle gambe. Dal ginocchio, lentamente, la faceva salire. La stanza si riempiva solo del nostro respiro. La sua mano arrivava fino al nervo teso della gamba e iniziava a giocare con l’elastico delle mutandine. Lo faceva stringere sempre di più verso il centro, in modo da arginare il mio piacere in un minuscolo triangolo di stoffa. E a quel punto iniziava ad accarezzare il cotone. Da fuori. Fino a farlo bagnare completamente. Poi ha iniziato a tirare gli slip fino a farli diventare una riga sottile e mi provocava allo stesso tempo piacere e dolore. Ho cominciato a mugugnare: ‘mi fai male.’ La sua voce calda mi rispondeva: ‘zitta, bambina.’ Così mi mordo le labbra e lui mi dice ‘Brava’. Mi sembra che mi voglia dividere in due dalla forza con cui mi sta tirando le mutandine. Quando a un certo punto tutto il dolore sparisce: hanno ceduto. Un sollievo, finalmente una liberazione. Mi mette una mano sotto la pancia e mi fa piegare. Con l’altra continua a tenermi i capelli. Improvvisamente sento il suo sesso sulla porta del mio orifizio. Quello dietro. La porta dove non entra mai nessuno. Io penso: ‘non posso, non sono preparata’ e intanto sento il suo arnese che ostinatamente cerca un ingresso in una porta troppo piccola. Sento tirare la pelle. La sua voce mi dice ‘bambina, era tanto che mi stavi aspettando. Sarei dovuto arrivare prima’. Un calore mi assale. Lo sento entrare. Mi sembra di essere divisa a metà, tra il piacere e il dolore, come prima. La sua voce che mi dice ‘brava bambina, così si fa’. Ora la punta &egrave dentro e pian piano lo sento scivolare. Improvvisamente mi rilasso e lo sento arrivare fino in fondo. Sento la sua pancia battere contro le mie ossa. Resta fermo un secondo. E io penso ‘mi sento completa’. Lentamente lo fa uscire. Tutto. Io sono talmente eccitata da essermi bagnata l’interno coscia. A questo punto eravamo arrivati. E mi sono svegliata. &egrave passata più di una settimana e ancora non l’ho visto. Quel sogno mi ha lasciata insoddisfatta. Ora cerco di tornare volutamente alla stessa ora nella speranza di rivederlo. Inaspettatamente, una domenica mattina, entro e lui c’&egrave. Resto un secondo sulla soglia dell’ascensore a guardarlo. ‘e adesso, cosa faccio?’ mi dico, non fare la stupida: entro. Questa volta riesco a vedere il colore degli occhi. Sono nocciola, ma sembrano quasi truccati, con tutte quelle ciglia nere. Anche lui mi guarda. Questa volta non gli darò il piacere del mio sorriso, senza ricevere nulla in cambio. Mi metto, come d’abitudine davanti alla porta, di fronte a lui. Non faccio in tempo a girarmi, che mi afferra i capelli, raccolti in una coda. Mi mette contro le due porte. Sento il freddo delle maniglie che mi sbatte sulla pancia. Ho una maglietta di lino che non attutisce minimamente il freddo delle maniglie e una gonna di seta, leggera che in pochissimo tempo sento sopra le anche. Sento il rumore della zip che scende e appoggiarmi una cosa calda tra le natiche e il cotone delle mutandine tirare. Usa il suo sesso come aratro tra le mie natiche. Man mano scava in mezzo. Con l’altra mano da sotto entra dentro la camicetta, come un serpente aderisce alle curve del corpo, passa sotto il ferretto e mi afferra il capezzolo come fosse una preda che gli si concede senza lotta. Era lì ad attenderlo, già duro per l’eccitazione. Il vetro della porta &egrave completamente appannato. Vedo come attraverso la nebbia. Stringe il capezzolo furiosamente, lo gira tra le dita e poi lo tira. Ogni volta che mi tira il capezzolo sento vampate di calore che attraversano tutto il corpo, ma che lasciano segni evidenti solo nel cotone delle mie mutandine. Ora ne sta spostando l’elastico. Improvvisamente sento fresco. Sento il suo sesso a contatto con la pelle. &egrave caldo, &egrave turgido. Tanto da sentirne le vene. Non lo mette dentro, lo fa solo scorrere, il sadico. E sta anche molto attento che non entri. Sono talmente bagnata che non dev’essere facile. Ha smesso di toccarmi il capezzolo. Improvvisamente sento il freddo del vuoto in mezzo alle gambe. Si &egrave allontanato. Siamo arrivati. Non dico una parola. Apro le porte ed esco. Sono solo 7 cazzo di minuti.

Leave a Reply