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GIOCO 4-La gogna

Altro giorno, altro gioco.
Chiara non riusciva a smettere di ripensare, non tanto al fatto che avesse perso la gara di pompini sebbene per un momento avesse creduto che quel tubero di dimensioni mostruose le potesse regalare la vittoria. Cosa pretendeva? Si era semplicemente limitata a tenere aperta la bocca, non potendo per altro fare altrimenti. No, non riusciva a smettere di ripensare a quelle strane sensazioni provate: al calore in mezzo alle cosce, al liquido tiepido che aveva ricevuto in faccia e al desiderio di essere dominata. Una doccia non era bastata per lavarle via insieme agli umori. Quella notte aveva addirittura sognato di essere presa e usata dai supereroi dei film Marvel che le piacevano tanto: le fantasie erotiche, che fino a quel momento s’erano limitate al soft sex, a fantasie in cui lei distesa su un letto di rose veniva scopata alla missionaria, stavano diventando sempre più violente e perverse. La ragazza era preoccupata e spaventata, nel contempo si sentiva colpevole di non aver combattuto con abbastanza volontà contro il suo stesso corpo, come ben comunicavano l’espressione corrucciata del viso, l’assenza di trucco e lo sguardo vuoto.
Jasmine era furiosa contro il tipo che aveva osato venirle in bocca facendole fare una figura di merda. Lo aveva permesso solo ad un uomo in tutta la sua vita: era l’unico uomo di cui si fosse innamorata, questo prima che lui la tradisse e Jasmine capisse che l’amore sofferenze e rinunce non è fatto per le donne in carriera. Fosse tornata indietro avrebbe scelto una guardia meno bella ma più rispettosa, fosse tornata indietro non si sarebbe mai innamorata…Una cosa era certa: non si sarebbe più sentita un indifeso micetto nelle mani di nessuno. Sperava che il quarto gioco le avrebbe dato la possibilità di tornare a torturare il suo ragazzetto indiano (ne sentiva un gran bisogno!)
Martina, di cui non ci siamo occupati nel precedente capitolo, rifletteva seduta gambe incrociate e mani sul mento: forse aveva fatto male ad iscriversi a quello stupido gioco, i soldi sarebbero finiti al maschio etero di turno (poteva scommetterci). Ad ogni modo ormai aveva avuto il coraggio di mettersi in bocca quel coso puzzolente e non poteva ritirarsi proprio ora. Pensò alle dorate spiagge di Miami beach, dove avrebbe portato Giorgia (la fidanzata) una volta vinti i 20 milioni.
Tutte le giocatrici si chiedevano però come mai dopo un abbondante quarto d’ora dai dormitori maschili non fosse uscita ancora anima viva (i game master avevano separato gli ambienti maschili e femminili per minimizzare il rischio di sesso fuori dal gioco).
Dalla porticina verde entrarono finalmente delle guardie. Portavano quelli che sembravano essere sei pesanti mobili di legno che posizionarono con fatica in fila: erano gogne. Sì, proprio le gogne che nel medioevo e ancora in età moderna venivano usate per umiliare in piazza le persone. Le guardie avevano questa volta il volto incappucciato, evidentemente volendo richiamare l’immagine di boia. Poi nella sala giochi fu portato un tavolino su cui vennero meticolosamente disposti numerosi sex toys e oggetti: vibratori, plug anali, dildo, pinze e fruste di ogni sorta. Quindi fu il turno di altre sei guardie che trascinarono e misero alla berlina sei donne nude; le donne scalpitavano e calciavano come cavalle imbizzarrite. Le donne non potevano urlare solo perché bloccate da ball gang, ma mugugnavano… eccome se mugugnavano! Su ognuna di esse era stato disegnato con il pennarello un numero da uno a sei; una volta messe di forza nella macchina di tortura, avendo testa e mani immobilizzate, erano costrette per tenersi in equilibrio a stirare le gambe e tenere il bacino un po’ all’in su esponendo così bene il sedere. Stupore e sgomento si diffusero nella stanza quando le giocatrici misero a fuoco l’identità delle donne alla gogna: una aveva il volto della mamma di Chiara; una era senza dubbio la sorella minore di Jasmine; poi c’erano la fidanzata di Martina, la sorella gemella di Alice, la migliore amica di Sae-byeok e infine la zia di Erika. Cosa? Non ci si poteva credere! Quale sadico gioco sarebbe stato messo in scena?
Poterono fare il loro ingresso anche i sei ragazzi in gara. Al che il solito altoparlante interruppe il vociare che s’era fatto ora decisamente acceso:
“ Stiamo entrando nella parte della gara che v’impegnerà di più, soprattutto emotivamente. Sapete, dobbiamo intrattenere il pubblico con emozioni forti, altrimenti non ci finanzierà una seconda edizione. Ascoltate: abbiamo rapito e messo alla berlina le sei persone più importanti nella vita delle giocatrici. Vogliamo soltanto che i maschietti profanino brutalmente i loro buchetti e le giocatrici vi assistano. Vincerà chi secondo il nostro determinante parere avrà fatto del suo peggio per umiliare e soggiogare. Ricordo che è possibile ritirarsi in ogni momento, basta dire una sola parolina. Oggi vi prenderete tutta l’ora a vostra disposizione…Buon gioco! ”
“Certo -pensarono più o meno tutte le ragazze in gara-, credevamo davvero di conquistarci 20 milioni di euro con un pompino e qualche scopata? Eh però i nostri cari avrebbero potuto tenerli fuori. Bastardi maniaci. Chissà cosa staranno pensando di noi i nostri cari, forse che siamo anche noi complici del loro supplizio o forse che siamo vittime di un ricatto … E in fondo sono vere entrambe le cose”.

Michele si avvicinò con passo esitante alla migliore amica di Sae-byeok. Aisha, marocchina di ventisette anni, era una lettrice di arabo a contratto che Sae-byeok aveva conosciuto all’Orientale di Napoli e con cui aveva subito legato: bassina, corporatura esile, due occhi castano profondissimi, capelli neri e lisci stirati che le arrivavano fin sotto le scapole, gambe snelle e dritte, tette di una seconda scarsa e culetto sodo. Delle donne alla gogna Aisha era quella che più si dimenava, si dimenavano forse così le streghe che nel trecento cercavano di sfuggire al rogo. Estremamente religiosa, tanto che l’amica l’aveva vista senza chador solo in intimità, aveva confessato che lei avrebbe perso la verginità solo dopo il matrimonio. O così avrebbe voluto. Una volta s’era fatta mettere due dita nella passera, ma se genitori e parenti l’avessero scoperto l’avrebbero rinnegata. Inoltre temeva le pene eterne dell’inferno.
In altre circostanze ci si sarebbe sopresi che davanti a quel delizioso culetto servito su un piatto d’argento Michele non avesse ancora avvertito alcun turgore sotto il tessuto dei jeans, ma vedere le lacrime inondare il viso di Sae-byeok gli dava una stretta al cuore troppo forte. Sae-byeok si doveva sentire terribilmente in colpa. Ad ogni modo si disse che doveva continuare.
“ Rilassa i muscoli e smettila di agitarti. Vedrai che sarà meno doloroso” disse il ragazzo. Tuttavia Aisha proprio non ne voleva sapere di accettare quel destino e continuava a contrarre tutti i muscoli del corpo e a scalciare. Così Michele fu costretto ad immobilizzarle ed allargarle le gambe prima di inserire il glande di un pene mezzo moscio tra le grandi labbra. Cominciò a strusciarlo e a menarselo su quella pelle appena più chiara di quella che ricopriva il resto del corpo. “Stai buona, ti ho detto!”. Questa volta la ragazza marocchina ascoltò, troppo alla lettera probabilmente perché era diventava rigida come un legno mossa soltanto da un tremolio involontario delle gambe. “Devo rilassarmi anch’io –si ripeté Michele ora concentrando lo sguardo unicamente sulle bellissime natiche di Aisha-, questa ragazza non conta niente per te. E’ solo una zoccola marocchina e Sae-byeok la conosci da una settimana appena: è solo una zoccola coreana”. Ottenne, grazie a quegl’incoraggiamenti, un’erezione mezzo decente e introdusse d’un fiato il membro nella vagina; cominciò a muovere avanti e indietro il bacino lentamente. Però non avrebbe mai potuto vincere la gara a quella maniera. Diede una panoramica intorno e in effetti brandivano già tutti chi un dildo, chi un vibratore e chi una frusta; c’era chi forzava una fica per mezzo di un dildo di venti centimetri, chi con il vibratore si divertiva a procurare potenti squirting e chi aveva segnato di rosso un sederone a furia di scudisciate.
Michele si staccò dalla fica di Aisha, corse a prendere un plug anale in modo da prepararla a un’inculata e girò dall’altra parte della gogna. La lettrice di arabo tornò per un attimo ad agitarsi per rifiutare quel plug nel buchetto stretto (era davvero stretto!), per poi acquietarsi definitivamente. Forse s’era rassegnata ormai alla dannazione eterna. Forse Allah aveva voluto punirla per i suoi peccati… Il barese le rimosse dalla bocca la ball gang e la sostituì con il cazzo, stando bene attento a non lasciarla fiatare nemmeno un secondo (gli avrebbe magari lanciato una maledizione?). In attesa che il plug avesse dilatato l’ano alla ragazza doveva tenere il cazzo al calduccio e all’umido, affinché non perdesse quel poco di consistenza che aveva faticosamente conquistato. Dopo aver dato una seconda panoramica alla sala si convinse a prendere la frusta. Per qualche minuto si fece spompinare controvoglia mentre lanciava di tanto in tanto sferzate non troppo convinte alla schiena e al sedere della marocchina, poi si decise a rigirare dall’altra parte e togliere il plug. In quel momento Michele rialzò però lo sguardo e incrociò quello della partner: implorava perdono all’amica per ciò che stava subendo, tutto a causa di quei maledetti soldi. Il viso di Sae-byeok era macchiato da righe di lacrime che facevano male come fossero di sangue, i suoi occhi così amabilmente a mandorla un labirinto di capillari pronti a detonare a un minimo cenno e le unghie inconsciamente s’erano conficcate nelle carni del ginocchio che aveva avvicinato all’altezza del viso.
“Basta, basta! Io mi ritiro. Calamaro.” urlò Michele, mentre ormai gli si era ritirato una volta per tutte anche il flaccido augello. Il gesto sorprese soprattutto la partner. Il ragazzo non poteva più continuare vedendo l’amata (si, avete letto bene) arrovellarsi nei sensi di colpa. Non era altruismo, qualcuno s’era preso proprio una bella cotta…

Filippo, ben più determinato e mal celando un sorriso a trentadue denti, continuava invece a torturare imperterrito Giorgia (la fidanzata di Martina). Giorgia, bassina e capelli neri a caschetto che terminavano in una frangetta dritta sulla fronte, non aveva il fisico tonico e allenato di Martina, ma aveva due meloni ancor più grossi che cadevano morbidi per niente preoccupati di opporsi alla gravità; quegli occhietti piccoli con sguardo da furba invitavano anche chi li guardava ad abbandonare ogni scrupolo. Per la prima volta Martina pensò alla bisessualità di Giorgia senza avere un moto di gelosia: “scommetto che ninfomane qual è se la godrà eppure parecchio. Dai, Filippo è un coglione, non potrà farle troppo male. Ma ha un pene lungo come piacciono al mio amore”; con questi pensieri cercava di sfuggire al senso di colpa per averle mentito. Le aveva pure raccontato una balla per partecipare al gioco: in questo momento si sarebbe dovuta trovare in crociera con i genitori. In fondo però l’aveva fatto solo per farle una grande sorpresa nel caso di vittoria. Certo, a pensarci bene ora era spaventata che Giorgia potesse riaffezionarsi al cazzo, ricordare con nostalgia i bei momenti andati e scappare con Filippo. Conosceva bene il passato di Giorgia, quando un giorno sì e l’altro pure invitava a casa un amico o due e dopo averli circuiti con abilità be’ proponeva loro un piccolo gioco di ruolo con tanto di divisa da poliziotto o dottore.
Filippo scippò alla svelta dal tavolino un dildo verde lungo venti centimetri e largo cinque. Non aveva bisogno di controllare che la passera di Giorgia fosse lubrificata, sbavava neanche fosse un mastino napoletano. Introdusse con una punta di sadismo il dildo metà per volta, per reazione ebbe un timido sussulto e un risolino. Non c’era gusto. Dopo aver penetrato con il dildo la rosetta ancora un paio di volte lo puntò quindi contro lo sfintere. Quando la ragazza sentì minacciarsi il didietro da quel grosso sex toy di plastica questa volta cominciò ad infervorarsi ed agitarsi tutta. Nonostante la ball gang ne smorzasse il suono si poteva benissimo indovinare l’urlo: “E’ troppo grosso!”. In effetti Filippo doveva concedere che l’ano non avrebbe mai accolto un diametro di cinque centimetri…Per il momento.
Filippo accantonò momentaneamente il grosso dildo zuppo degli umori di Giorgia, allargò le chiappe alla ragazza e appoggiò la sua cappella alle pareti dell’ano. Dopo aver preso bene la mira e calibrato la spinta premette. Premette con insistenza e al costo di qualche ahi soffocato fu dentro per qualche secondo; tirò fuori la cappella e la reintrodusse mezzo centimetro più a fondo. Ora si godette un po’ di più le mucose dello sfintere che gli davano addosso quasi a volersi richiudere e decapitare la testa del serpente. Iniziò così una lenta e gustosa sodomia che provocò ben presto la prima sborrata di Filippo.
Guardò il display del timer, erano passati appena venti minuti. Il ragazzo biondo estrasse il cazzo sporco di sperma, si posizionò spalle a Martina nella bocca di Giorgia che ripulì il suo seme, poi riprese il dildo che aveva precedentemente mollato.
“Ora riproviamo con questo” disse sventolando il grosso arnese che in pochi secondi si ritrovò incastrato nell’ano della moretta mentre il ragazzo superato l’ostacolo della gogna di legno si era allungato busto e braccia per lasciarsi nel contempo sbocchinare: venne in questa posizione due o tre volte.

Infine Chiara. O meglio la madre di Chiara: una donna sulla cinquantina, biondo cenere l’Oréal Paris, occhi azzurri come quelli della figlia ma poco più piccoli, alta 1,58, corporatura esile e aspetto curato. Elettra, questo il suo nome, lavorava come commessa in un supermercato. Dall’espressione del viso veniva da dire che fosse una donna frigida e antipatica, magari una mamma rompiscatole.
Benito si avventò sul corpo della donna con la stessa foga di una iena sulla carcassa di una gazzella: prese letteralmente a pesci in faccia Elettra, la liberò dalla ball gang, con una pinza sulle narici la costrinse a spalancare la bocca per poter respirare e le diede in pasto il suo cazzo fino ai coglioni. Aspettava che fosse prossima al soffocamento per ritirare il possente nerbo e reintrodurlo. Sembrava avere la dimestichezza del pelato di Brazzers che gira l’ennesimo porno.
“Chiara, ti renderò un docile ermellino”, questa frase era parsa a Chiara di leggere sul labiale di Benito mentre il ragazzo aveva carezzato la madre con il dorso della mano. Però forse era solo suggestione. D’altro canto il bestiario del pelato di Sexy Squid Game non poteva ridursi che a una vacca, una cagna e a una pecora. No, no: non ci poteva essere spazio per gli ermellini in quella zucca vuota!
Nel frattempo il bullo si era già stancato della bocca di Elettra che aveva lasciato dolorante smascellare come sotto effetto di droghe. Si era minuto di vibratore e frusta, non senza aver prima applicato due pinze ai capezzolini della donna; il vibratore aveva subito trovato la strada di vagina e clitoride e già lavorava alla massima velocità; la frusta batteva un colpo ad ogni lamento (la ball gang non era stata rimessa):
“Ouuuu ahiii ahiiii la pagheraiiii ahiaaaa”
Chiara si sentiva gli occhi arrabbiati della madre puntati contro e non poteva smettere di chiedersi se in fondo il “la pagherai” della madre fosse rivolto a lei e non all’animale che la stava scopando. Sicuramente se l’avesse riaccolta a casa dopo tutto questo le avrebbe impartito una bella punizione: si immaginò la madre picchiettarle le braccia con una bacchetta mentre lei nuda era costretta a servire a tavola un’arrosto di maiale e ogni volta rischiava di rovesciare il vassoio a terra veniva sodomizzata da una zucchina.
“Chiara, ne vuoi un po’?”, ora avrebbe giurato di aver letto giusto sul labiale di Benito mentre questi aveva preso a inculare Elettra senza ritegno e stanco anche delle urla della donna l’aveva obbligata a sbocchinare un dildo. “Chiara –si ripeté la ragazza- nei vuoi un po’?”. Come se quella domanda fosse l’apriti sesamo per la caverna delle perversioni, a quella domanda le si dischiusero in mente mille immagini: distesa sullo stesso letto di rose in cui aveva tante volte accolto tra le gambe il My Lord di Sailor Moon, era la protagonista di un bukkake selvaggio; universitari di ogni paese si erano dati raduno sopra di lei per sborrarle in viso, sulle tette e sulla pancia i loro sapori; “mmm buono, sembra fruttato… Forse dovrei fare la pornoattrice. Cosa ho in meno di Haley Reed?”
No, no, no! Cosa le era successo? Quale flusso di coscienza s’era impossessato di lei? Quello di Tinto Brass, tutto ciò non le apparteneva. Non doveva appartenerle.
Ripresasi Chiara alzò lo sguardo verso la gogna per controllare ciò che stava accadendo. Al posto della madre c’era lei, coperta dappertutto da sperma e sputi, mentre lo speaker si complimentava con la sua coppia per la porcaggine e la tempra morale. Alla sua coppia andavano i 10 punti della gara, erano secondi nella classifica generale.
Per tutto il giorno Chiara non osò proferire parola e sollevare gli occhi da terra.

CONTENUTI BONUS: Per non far durare ogni capitolo una ventina di pagine non posso concentrarmi in ogni capitolo su tutte e sei le coppie. Farò dono a chi me lo chiederà delle parti mancate (Per esempio Chiara durante la seconda prova o Alice durante la prova di oggi). Premetto però che potrò accontentarvi solo quando la saga sarà finita e procederò per ordine di prenotazione.

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