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Racconti Erotici Etero

Sincronia

By 21 Gennaio 2018Dicembre 16th, 2019No Comments

Il navigatore segnava 300 metri all’arrivo e Sole aveva il cuore in gola, decine di palazzi gialli la avvolgevano, tenendola stretta in una zona di Roma che ancora non le apparteneva.
Sognava questo incontro da mesi.
Era tesa.
Accostò l’auto in doppia fila e mandò il primo sms:
– Sto arrivando, scendi? –
Mentre sperava in un – sali tu – il suo telefono squillò.
Gioele stava scendendo i gradini di casa due a due, mancava da Roma da troppo tempo, aveva bisogno di respirare un po’ d’aria di casa e quel pomeriggio aveva voglia di fare due passi, condividere con lei quei posti che lo facevano sempre sentire bene e dai quali era troppo spesso lontano.

Mentre scendevano verso il centro lui non riusciva a staccarle gli occhi di dosso, si perdeva tra le curve del suo collo e respirava il suo profumo. Sole non riusciva a staccare gli occhi dalle labbra di lui. Erano soli, pur essendo circondati da gente, piazze, basiliche e teatri. Soli.

Gioele decise di portarla nel posto più intimo e silenzioso della sua vita, una delle più belle viste sui tetti di Roma ed un paio di cocktail, lei continuò a chiedersi perché non le avesse chiesto di salire.
Entrarono in ascensore, fece per baciarlo, ma due sconosciuti si unirono nella discesa spezzando e rendendo ancora più elettrizzante la magia che si stava creando; i due si incamminarono sulla via del ritorno.

La macchina di Sole era lì, parcheggiata, pronta a partire.
Le passarono davanti senza accorgersene, finsero di non accorgersene, senza dire una parola.
Salirono verso casa di Gioele che se ne uscì con la scusa più banale e romantica di sempre:
– Vuoi vedere la vista da quassù? –
Erano passate quante? Sei ore?
Sei ore fa si sarebbe infilata nel suo letto senza farselo chiedere due volte, invece era ancora vestita, stretta tra le braccia di lui.
E sullo sfondo la cupola più alta della città. Passarono minuti che sembrarono ore, le labbra di lui sulle sue guance, poi dolcemente sulla sua bocca, uno, due, tre volte.
Baci dolci sempre più intensi, sapori intrecciati, il gusto del fumo sulle sue labbra. Gioele la prese per mano, la portò dentro, si sedette sul divano e la strinse a se.

Sole si divincolò dolcemente, come a voler dire – &egrave arrivato il momento di tornare a casa.

Lui la riportò a se, le alzò la maglietta, baciò la sua pancia, senti un irrefrenabile bisogno di lei, ‘del sapore di quella pelle calda e bagnata.
Le slacciò i Jeans, le tolse le mutandine e si innamorò di quel profumo fin da subito, ancora prima di averlo assaggiato.
Un turbinio di emozioni riempì quella piccola stanza, Gioele la spogliò, la strinse a se, aprì il divano letto e la lasciò cadere.
Era lì, nuda davanti a lui, il suo odore gli riempiva i polmoni, passo due dita tra di lei, le labbra si schiusero come un fiore, con una sincronia e simmetria perfetta, quel clitoride impregnato d’umori aspettava solo di essere sfiorato.
Sole lo guardò con un sorriso innocente e chiese – perché tu sei ancora vestito? così non vale – e anche i vestiti di lui si persero sul pavimento.
Odori nuovi riempirono la stanza, odore di sesso, alcohol, passione.
Gioele entrò dentro di lei, in quell’intimità così bagnata e stretta.
Le dita delle mani si intrecciarono, gli occhi si parlarono per ore, ad ogni colpo Sole si apriva e riempiva; ogni volta che lui usciva poteva sentire la carne viva di lei chiudersi dietro al suo passaggio.
Continuarono per un tempo indefinito a fare l’amore così, minuti che parvero ore, un ritmo costante e pieno riempiva e svuotava Sole mentre gli umori colavano tra le sue gambe e il cazzo di lui non smetteva di riempirsi.

Gioele rotolò sul letto e la porto sopra di sé, l’ammiro in tutta la sua bellezza, le strinse i fianchi i seni, esplorò e strinse quei capezzoli, li baciò e non ci si sarebbe più voluto staccare, mentre lei lo cavalcava e lo guardava negli occhi scavando nella sua mente.

I loro corpi si aggrovigliano.
Gioele danzava dentro di lei come se quello e solo quello fosse sempre stato il suo posto, una danza magica accompagnata dalla più bella musica di sempre.

Si sfilò, le aprì le gambe ed iniziò a baciarla, succhiarla, leccarla, la torturò di brividi
– Io, sai, io… – balbettò lei, spezzando la magia per un secondo – mi bagno, tanto! – lo avvisò imbarazzata.

Gioele la guardò ancora più eccitato e riprese esattamente da dove aveva lasciato.
L’orgasmo di Sole esplose invitante nella bocca di lui, fiumi di umori inondarono le labbra di entrambi mentre le gambe tremavano, si stringevano, rilassavano e stringevano ancora.
Il piacere di lei esplose incontrollato, più volte e senza difese. Era completamente sua dalla testa ai piedi. Un’onda di calore le percorse la schiena, tremò, riaprì gli occhi e lo guardò riconoscente, pensò di non aver mai avuto un orgasmo simile prima.
Quando il corpo di Sole smise di tremare Gioele si fermò, si stese accanto a lei e la strinse.
Con una mano le sfiorò i seni, accarezzò la pancia, il sesso ancora bagnato e Sole sentì di dover ricambiare quell’immensa gioia, non per dovere, per gratitudine.

Gli afferrò l’asta, ci giocò, lucida, la baciò, dura.
Gioele la guardò con occhi nuovi, mentre la bocca di Sole si muoveva su di lui, la lasciò fare e l’avrebbe lasciata fare per ore, se avesse avuto giorni da poter passare con lei, ma non voleva cercare un orgasmo con la bocca, non voleva godere di lei, ma con lei.

Non glielo spiegò mai e nel momento in cui la tirò a se vide che i suoi occhi gridavano disapprovazione e ingiustizia, ma lui aveva bisogno di lei, come del sale nell’acqua di mare.
Lei salì a cavalcioni su di lui, gli afferrò le braccia e si perse di nuovo nei suoi occhi prima di ricominciare la danza tra la sua bocca ed il cazzo di lui.
Gioele si lasciò andare, e Sole si sentì forte prima di essere fermata e di sentire – &egrave troppo.

Gioele la tirò a se, rientrò in lei, e si perse di nuovo nella sua carne.
Continuarono a consumare quei corpi fino a quando la pelle di lui si tese, vibrò e si svuotò dentro di lei, come se fosse stata la cosa più normale di questo mondo.
L’orgasmo riempì Sole, le sue pareti accolsero ogni goccia ed il corpo di Gioele avvolse inerme quello di lei.
Avrebbero voluto rimanere così per sempre.

– Ricordo ancora la prima volta che ho sentito il suo odore, la prima volta che ho passato le dita tra la sua vulva, il modo perfetto in cui si &egrave schiusa, come a voler invitarmi, accogliermi, ricordo il suo odore dolce, ricordo il primo bacio che ho lasciato tra la pancia ed il suo sesso, che probabilmente non dimenticherò mai. Ricordo il modo in cui abbiamo fatto l’amore, la sintonia di quei corpi che sembravano conoscersi da sempre, la dolcezza nei gesti e nelle parole, quella bocca spalancata alla ricerca spasmodica di un orgasmo, sono tutti pensieri indelebili che riempiono i ricordi di dolcezza. Ricordo il modo in cui mi sono svuotato dentro di lei, spinte decise dentro il suo corpo, mani intrecciate attorno ai suoi polsi, dita che percorrevano la sua gola, la mia bocca sulla sua bocca, sui suoi seni, sulla sua pancia, sulle sue labbra perfette, invitanti, terribilmente bagnate. Ricordo il sapore del suo primo orgasmo, come non potrò mai dimenticare la sua bocca su di me, la mia asta tra le sue labbra e quella voglia non voglia di venire nella sua bocca. Ricordo di aver fatto l’amore quella notte, fino allo sfinimento, fino a quando i nostri corpi non hanno più avuto la forza di muoversi e non vedo l’ora accada di nuovo –

Gio’ ‘She never looked nice. She looked like art, and art wasn’t supposed to look nice; it was supposed to make you feel something’, legge Sole sotto l’ombrellone. Un caldo tropicale e un silenzio paradisiaco. Solo lei e il suo nuovo libro, che probabilmente mollerà a metà come fa sempre.
‘Like art’, quante volte l’aveva chiamata ‘opera d’arte’? Tante. Davvero tante.
Dopo circa due anni di SINCRONIA (tra alti e bassi) lei &egrave Gioele avevano compreso di esser finiti in un gioco sbagliato, corrosivo. In realtà Gioele aveva capito, lei solo preso atto.
Un mesetto fa si erano visti per l’ultima volta, consumati, amati, respirati, e poi puff. Lunghi silenzi imbarazzanti e la frase magica ‘non sei la donna della mia vita’, Sole non era più la sua opera d’arte.
‘Supposed to make you feel something’, non più.
‘Sei la mia opera d’arte’ – ‘Sei la mia Troia’, l’ultima volta che le aveva detto queste parole Sole aveva polsi e caviglie legate, e le cosce spalancate. L’aveva inculata fino a farla colare e poi sbattuto l’uccello in gola, le aveva scopato la bocca, leccato la figa, l’aveva consumata ed era crollato addormentato abbracciato a lei.
Gioele lo sapeva, sapeva sarebbe stata l’ultima volta.
Sole l’ha capito solo adesso, nonostante lui glie lo avesse fatto capire in maniera esplicita, più o meno circa.
Lui voleva sentire quel ‘something’ per l’ultima volta.

Mi sono chiesta per settimane, come fosse possibile, convinta che tu stessi semplicemente negando il nostro legame, ignorandolo, per orgoglio. Ti ho supplicato di avere un rapporto con me, uno qualsiasi, umiliandomi, facendomi calpestare. Lo rifarei, nonostante il risultato fallimentare. Penso di amarti ancora, si, ti amo ancora. E ancora credo tu sia la mia metà della mela. E proprio perché ti amo, voglio vederti felice, e se con me non lo sei, va bene senza di me.
Buona vita Gio’
Il tuo sole

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