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SONIA E IL SUO MASTER

By 22 Aprile 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

Mi aveva fatto capire le sue intenzioni la sera prima, parlandomi dei suoi gusti e del suo rapporto con le donne. Senza mezzi termini mi aveva detto ‘la femmina deve stare al mio servizio, non mi interessano le sue richieste e i suoi gusti: deve solo pensare a compiacermi e a soddisfarmi. Tutte le femmine sono passive e schiave, molte di loro però non lo ammettono a sé stesse e fanno le ribelli. Altre sentono di esserlo e hanno solo bisogno di padroni come me per diventarlo. Tu per esempio, sei la classica femmina sottomessa. Se ne vuoi la prova vieni domani a questo indirizzo, altrimenti &egrave stato un piacere’. Non avevo chiuso occhio nel ripensare a quelle parole, mi chiedevo come mai non mi era venuto d’istinto mandarlo a quel paese e rimproverarlo per come si era permesso di rivolgersi a me. Eppure ero tentata, perché sapevo che aveva ragione e perché morivo dalla voglia di presentarmi nel suo studio. Quel biglietto da visita l’ho consumato, continuavo a fissarlo e a giocarci, la mattina prima di andare al lavoro mi sono imposta di ignorarlo ma il pomeriggio mi sono detta che dovevo finirla con i miei scrupoli: ‘E’ una persona in vista, non può permettersi di farmi del male e di sputtanarsi. Io ci vado, male che vada lancio un urlo e scappo’. Con il cuore in gola mi sono presentata all’orario prestabilito. Lui &egrave venuto ad aprirmi e ha sorriso senza guardarmi in faccia. Davanti alla sua scrivania, dopo un silenzio interminabile, mentre lui sistemava delle scartoffie, mi sono seduta. Lui mi ha fulminata, rivolgendosi finalmente a me con tono deciso e severo: ‘Ti ho detto di accomodarti?’. Mi sono alzata in piedi di scatto e ho iniziato a sudare freddo, in quell’istante mi sono odiata per la scelta pazza che avevo fatto. Poi lui finalmente mi ha parlato: ‘Immagino tu sia qui per pura curiosità ma io non ho tempo da perdere’. Si &egrave alzato in piedi, mi &egrave venuto addosso, mi ha stretto un braccio attorno al collo e mi ha dato un bacio. Caldo, passionale, interminabile. Io dal terrore puro provato nell’attimo in cui si &egrave alzata sono passata all’estasi totale. Perché lui &egrave un bell’uomo, perché l’ho desiderato fin dal primo momento che l’ho visto. Mentre continuava a scavare con violenza nella mia bocca con la sua lingua prepotente mi ha solo strusciata con l’altra mano, in mezzo ai pantaloni. Si &egrave staccato, mi ha fissata e mi ha ordinato ‘spogliati’. Non l’ho capito subito ma &egrave stato in quell’istante che sono divenuta a tutti gli effetti la sua schiava. Senza pronunciare una sola sillaba ho eseguito abbassando lo sguardo. Mi sono sfilata anche gli slip facendomi scudo con la camicia che in parte mi copriva. Quando ho mosso le braccia per liberarmi del resto lui mi ha detto ‘basta così!’. Mi ha presa quasi con forza e mi ha fatta appoggiare sulla scrivania, mi ha afferrato le caviglie portandomi i piedi sul freddo piano di legno. Con un solo gesto mi sono ritrovata aperta e esposta, mi sono vergognata come una cagna ripetendo dentro di me quanto mi stessi comportando da troia. Ma il massimo &egrave stato quando lui invece di avvicinarsi si &egrave allontanato sedendosi sulla poltroncina di fronte. Sono rimasta incredula, ed &egrave andata peggio quando con un sorriso diabolico ha pronunciato una semplice parola: ‘Toccati’. Io ho ricominciato a boccheggiare, mi vergognavo, non sapevo che fare, non mi ero mai masturbata davanti a un uomo. ‘Non ho molto tempo’. Quando ha detto così mi sono decisa, ho portato un dito verso le mie labbra già aperte e subito l’ho sentita incredibilmente umida e appiccicosa. Ero eccitatissima, non pensavo di arrivare ad un punto simile. Ho chiuso gli occhi, ho iniziato a massaggiarmi le labbra muovendo su e giù tre dita. Un polpastrello lo tenevo piegato per penetrarmi, come ho sempre fatto con i miei ditalini. Non sapevo cosa mi stesse succedendo ma sentivo di impazzire. Mi ha riportata alla realtà lui, urlandomi severo: ‘Apri quegli occhi e guardami mentre ti tocchi!’. L’ho fatto, a fatica ma l’ho fatto. Sentivo che avrei impiegato poco a venire, speravo che si alzasse da quella poltrona e mi raggiungesse. Desideravo che mi facesse sentire dentro le sue dita e poi il suo cazzo, volevo a tutti i costi che mi possedesse. Il mio respiro si faceva sempre più affannoso, ancora pochi istanti e sarei venuta come una cagna, senza pudore e senza vergogna, sulla scrivania di uno sconosciuto che intanto rideva sotto i baffi, compiaciuto per la mia umiliazione. Ma all’improvviso. ‘Ok basta così, rivestiti e vattene!’. Ho fermato la mano istantaneamente, sgranando gli occhi per quello che aveva potuto farmi. In quell’attimo mi sono sentita calpestata, ignorata, derisa. Mi sono sentita una vera nullità. Era la prima lezione del mio padrone. ”’ Tornai nel suo studio la settimana successiva. Dopo il primo incontro mi assalirono mille pensieri, la notte non chiudevo occhio, mi sembrava di impazzire: lo odiavo per come mi aveva trattata ma allo stesso tempo avevo una voglia incredibile di lui e sentivo un impulso dentro di me che mi spingeva a cercare nuove umiliazioni, nuove sottomissioni a quello che era ormai diventato il mio padrone. Passarono due, forse tre giorni. Mi feci coraggio e tremando come una foglia mi decisi a chiamarlo. Mi rispose con poche parole: “Ora non ho voglia, ti contatto io”..e attaccò. Ero in suo potere, ero in balia di un uomo che poteva disporre di me a suo piacimento. Quella mattina mi arrivò finalmente un sms: “Vieni da me alle 17 in punto, senza reggiseno”. Quell’ordine perentorio mi fece rabbia, mi sentii quasi offesa, ma subito dopo capì che era quello che stavo aspettando e iniziai con i miei mille pensieri: perch&egrave quell’assurda richiesta? Voleva vedermi nuda? Forse voleva scoparmi, forse sarei stata sua… Arrivai nel suo freddo ufficio, lui era al telefono e non mi degnò di uno sguardo. Restai in piedi ad attendere che terminasse la conversazione, tremavo come una foglia ma allo stesso tempo mi sentivo già bagnata, quell’uomo aveva su di me un potere indescrivibile. Attaccò la cornetta e distrattamente mi disse di togliermi la maglietta, poi fece un’altra telefonata. Inizialmente misi le braccia davanti al seno per quel naturale istinto di vergogna, poi pensai che quel gesto non gli sarebbe piaciuto e così mi feci coraggio e abbassai le braccia. Fu allora che lui alzò per un attimo lo sguardo e fece una specie di ghigno, un mezzo sorriso malizioso e beffardo che mi fece gelare il sangue. Mi dissi in quegli attimi “sta ridendo di me, sta ridendo delle mie tette piccole”, salì l’agitazione, iniziai a sudare. In piedi seminuda, immobile e muta, sull’attenti come la più insignificante delle serve, davanti a un uomo che faceva tutt’altro e che non mi degnava di uno sguardo e di una parola. Come seconda lezione al cospetto del mio padrone poteva bastare, avevo solo voglia di scappare via in lacrime. E invece no, perch&egrave lui chiuse finalmente la telefonata e mentre si alzava dalla poltrona comandò “inginocchiati”. Eseguì come un automa, sapevo cosa voleva dire. Sinceramente l’idea di fargli un pompino mi confortava, almeno a sentire i maschietti che avevo avuto ci sapevo fare con la bocca anche se a tutti avevo sempre negato il piacere più desiderato, quello di ingoiare lo sperma alla fine del rapporto orale. Non avevo mai sopportato quel liquido vischioso sulla lingua e sul palato, al massimo ero arrivata a sputarlo via ma ormai avevo imparato a togliermi al momento giusto facendomi schizzare in faccia, sul collo o sul seno. Ero pronta comunque a dare il meglio di me, a dimostrargli di saperci fare e di essere all’altezza della situazione. Mentre si sbottonava la camicia mi disse “tiralo fuori”, io con le mani che mi tremavano gli abbassai i pantaloni e scostai gli slip…rimasi impressionata…non era un cazzo molto lungo ma non ne avevo mai visto uno così largo e per giunta ancora non in piena erezione…si lo ammetto, mi piaceva da morire e anche il suo odore mi faceva impazzire, l’avrei leccato con tutta la voglia e la passione del mondo prima di spalancare la mascella e accoglierlo tra le labbra. Lo avevo appena impugnato, però, quando lui mi fece rimanere paralizzata: “Stai ferma!”. Lo guardai negli occhi, non capivo cosa volesse dire, ritrassi la mano e trattenni il respiro, temevo di aver commesso qualche sbaglio ma non capivo. A quel punto fu un attimo, un istante. Mi afferrò la testa con entrambe le mani e mi spinse il cazzo in bocca con violenza. Lo accolsi a fatica, sentii sulla lingua che si stava indurendo ma non capii cosa volesse fare. Mi strinse forte la testa con le mani e iniziò a farlo scorrere. Prima lentamente, poi sempre più forte, fino a sbattermi con la cappella sulla gola. Mi mancò il respiro, ebbi dei conati di vomito, spinsi con le mani contro di lui per allontanarlo e riprendere fiato. Lui mi diede uno schiaffo: “respira con il naso e non mi interrompere più, troia!”. Io avevo la saliva che mi colava dal mento, mi trovavo davanti quel fardello di carne che sembrava essersi raddoppiato e chiusi gli occhi quando me lo riavvicinò alle labbra e me lo infilò dentro di nuovo. Mi concentrai sul respiro e sulla saliva, dovevo usare il naso come aveva detto lui e dovevo far uscire la saliva invece di deglutirla. Lui aumentava il ritmo con violenza, ogni volta che mi arrivava in gola avevo un conato ma era proprio questo che lo eccitava, me lo avrebbe confessato tempo dopo. Le lacrime per lo sforzo mi rigavano il volto, le mie tettine insulse si erano riempite della mia bava, mi facevano male le orecchie per come stava premendo. Avevo bisogno di riprendere fiato ma a lui questo non importava, speravo solo che finisse subito ma non sapevo quello che mi aspettava. I suoi testicoli arrivarono a sbattermi sul mento per come lo aveva spinto in fondo…subito dopo sentì un getto caldo direttamente in gola, mi andò di traverso, mi prese il panico, spinsi forte con le braccia per staccarmi ma lui premette contro la mia nuca per far rimanere la mia testa incollata al suo cazzo. Il secondo getto mi esplose sul palato, poi sulla lingua. “Ingoia troia, ingoia”. Stavo morendo eppure pensai al suo ordine e lo eseguii. Il primo ingoio della mia vita, nella maniera più traumatica possibile. Appena lasciò la presa gli vomitai sul pavimento, e rimasi col fiatone per un tempo interminabile. “Ora dovrei farmi pulire il cazzo da te ma mi fai schifo, pulisci per terra almeno”. Mi lanciò della carta addosso, poi mi prese i capelli e si pulì la cappella, intrisa di sperma e saliva. Quindi mi disse “rivestiti e vattene”. Mi aveva scopata in bocca, ero il suo pezzo di carne a disposizione per svuotare le sue palle. Da quel giorno ne avrei fatta di strada. Ora i conati li ho solo quando mi batte fino in fondo alla gola, ma so gestire il respiro e soprattutto riesco a non mandarmi di traverso quel getto caldo. Lui adora farmi lacrimare mentre me lo fa scorrere forte. Io adoro essere usata e umiliata in questo modo.

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