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Racconti Erotici Etero

Stampante di rete

By 15 Aprile 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

Quando le cose iniziano ad andare storte, finiscono con l’andare sempre più storte.
Prima il computer che faceva le bizze. Aveva dovuto riavviarlo due volte, ma alla fine, sembrava aver ripreso a funzionare.
Mandò un paio di accidenti a Bill Gates, che aveva imposto a mezzo mondo sistemi operativi che si impallavano di continuo, poi si concentrò sulla relazione.
Era in ritardo e il suo capo la voleva assolutamente per la mattina del giorno successivo.
Per un attimo aveva pensato di finirla a casa, ma trovava stupido lavorare per l’ufficio sul suo computer personale, anche se poi era uguale, perché anche se si fosse trattenuto lì per tutta la notte, nessuno gli avrebbe pagato un minuto in più di straordinario.
Erano diverse pagine, con alcune immagini a colori.
A causa di queste ultime, non avrebbe potuto usare la sua stampante laser bianco e nero, ma avrebbe dovuto indirizzare la stampa sulla stampante di rete in fondo al corridoio.
Era un gioiello. Veloce, anzi, velocissima, eseguiva stampe di gran qualità e faceva addirittura il fronte retro automatico.
Messaggio di errore!
La stampante aveva finito il toner magenta.
Percorse il corridoio a grandi passi fino allo stanzino della stampante.
Aprì il coperchio e smonto il contenitore del toner.
Come prevedeva, era vuoto.
A quell’ora tarda, sarebbe stato impossibile procurarsi il ricambio.
Scosse il contenitore di plastica e lo rimise a posto.
A volte funzionava.
La stampante fece un po’ di rumori e comparve di nuovo la sentenza: TONER MAGENTA ESAURITO.
Restava l’altra stampante, quella in fondo all’altro corridoio, ma prima di provare era meglio controllare che fosse a posto.
‘Ciao.’
‘Ciao, Maria.’
Erano rimasti entrambi stupiti di incontrarsi nel corridoio, a quell’ora così tarda.
Maria lavorava da poco in quel posto.
Piccolina, un po’ cicciottella, aveva un bel viso, contornato da un caschetto di capelli castani.
Non era certo il suo tipo, visto che lui preferiva le donne alte e magre, e poi aveva le gambe un po’ grosse.
Aveva sempre manifestato molta simpatia per lui: tutte le volte che l’incontrava gli faceva grandi sorrisi e protendeva il busto in fuori, quasi a volergli mostrare le tette.
Beh, veramente, ad essere sinceri, era abbastanza sicuro dei sorrisi, ma l’altra faccenda, forse era una sua fantasia.
Quanti anni aveva?
Era abbastanza più giovane di lui, diciamo tra i trentacinque ed i quaranta.
Se fosse stato un tipo diverso, avrebbe provato a lavorarsela un po’, sfruttando la simpatia che lei gli mostrava in maniera così plateale.
Se la sarebbe scopata?
Beh, perché no?
Non era così male.
Pensieri stupidi che, a volte, attraversavano la sua mente.
Anche quella sera, per un attimo, gli era balenata l’idea, nel momento in cui lei gli schiudeva le labbra nel suo solito gran sorriso, che, questa volta, gli sembrò leggermente malizioso.
La osservò mentre, di spalle, si allontanava lungo il corridoio.
Le sue gambe forse non erano così grosse. Certo, non erano lunghe e snelle come quelle che lui preferiva, però, tutto sommato, forse anche grazie ad un collant velato ed alle scarpe nere con i tacchi alti, nell’insieme apparivano gradevoli.
L’altra stampante funzionava perfettamente.
Tornò nella sua stanza e fece partire la stampa, in tre copie.
Benissimo, ora prendo una cartellina, ci metto le copie della relazione, le lascio sulla scrivania del capo e me ne vado a casa.
Ripercorse per l’ennesima volta il lungo corridoio. A quell’ora, le porte delle stanze erano tutte chiuse. Anche Maria, doveva essere andata via, perché quando l’aveva incontrata, cinque minuti prima, indossava la giacca ed aveva la borsa del computer a tracolla.
Una delle porte era socchiusa. Controllò la targhetta, era proprio la sua stanza.
Da dentro venivano dei lamenti soffocati.
Forse era tornata indietro, perché aveva dimenticato qualcosa, e si era sentita male.
Se aveva bisogno di aiuto, nessuno sarebbe intervenuto fino alla mattina successiva.
Aprì la porta di colpo, senza bussare.
Non apriva mai le porte delle stanze dei colleghi, senza prima aver bussato, ma questa gli sembrava una situazione di emergenza.
La stanza era stretta e lunga e Maria se ne stava seduta in fondo, davanti alla sua scrivania, con la testa reclinata all’indietro e la nuca poggiata contro la parete.
Teneva gli occhi chiusi e, dalle labbra semi aperte, le usciva un sospiro profondo ed ininterrotto.
Le scarpe nere con il tacco alto erano in terra davanti alla poltroncina.
I suoi piedi erano poggiati sulla seduta imbottita, ricoperta di stoffa rossa.
Se ne stava con le gambe piegate e divaricate, con il collant arrotolato fino alle caviglie e le mutandine abbassate, mentre con una mano si masturbava profondamente.
Si rese conto subito della situazione particolarmente imbarazzante.
Fortunatamente aveva gli occhi chiusi e non si era accorta della sua presenza.
Doveva subito uscire dalla stanza e riaccostare la porta senza fare il minimo rumore.
Proprio in quel momento, Maria aprì gli occhi.
Forse lui non era stato abbastanza silenzioso, forse lei aveva intuito la presenza di qualcuno.
La sua mano si era immobilizzata, mentre dalle sue labbra socchiuse, il suono leggero che usciva, da ahhh, si era trasformato in un ohhh di sorpresa.
Era una situazione terribilmente imbarazzante ed erano rimasti entrambi come pietrificati.
Lui, davanti alla porta spalancata, con la mano ancora sulla maniglia, si rendeva conto con non poteva richiudere e far finta di non aver visto.
Lei invece era riuscita soltanto a tirar fuori le dita dalla sua fessura ed ora, con la mano stretta intorno alla fica, nel tentativo estremo di proteggerla dagli sguardi dell’intruso, non sapeva come venir fuori da quella situazione.
Avrebbe voluto ricomporsi, ma per fare ciò le occorrevano entrambe le mani e, durante il tempo necessario a rimettersi le mutandine ed il collant, glie l’avrebbe dovuta mostrare per bene.
‘Ero sicura di aver chiuso la porta …’
Maria aveva rotto il silenzio.
Lui guardò meglio la porta e si accorse che la chiave era inserita nella toppa, dal lato interno.
Il perno di metallo della serratura era completamente fuori.
Capì cosa era successo. Maria era rientrata frettolosamente e, convinta che la porta fosse chiusa, aveva fatto scattare la serratura.
La porta, invece era solo accostata ed il perno, invece che infilarsi nella sua sede, nel telaio dell’infisso, era fuoriuscito nel vuoto, impedendone la chiusura.
‘Mi spiace, passando per il corridoio mi è sembrato di sentire un lamento, ho pensato che ti sentissi male, che forse ‘ avevi bisogno di aiuto …’
Accidenti, forse avrebbe fatto meglio a stare zitto.
Ma che stava dicendo. Sì, certo, forse poteva comunque aiutarla.
Gli era passato per la mente questo strano pensiero.
Avrebbe potuto continuare lui, chissà, magari lei avrebbe apprezzato il cambio di mano.
Lo sguardo di lei gli fece capire che la tensione si stava allentando.
Ora aveva tolto la mano e la sua fica rosea e spalancata sembrava proprio reclamare il suo intervento.
‘Sì, hai ragione, credo proprio di aver bisogno di aiuto, e forse anch’io posso darti una mano.
Però prima chiudi la porta a chiave, per bene questa volta.’

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