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Racconti Erotici Etero

Storia di Francesca

By 23 Aprile 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

Sul bus

Quel giorno pensai che valesse la pena prendere i mezzi pubblici per andare in periferia. Non conoscevo bene il percorso e non avevo assolutamente voglia di passare il mio tempo in auto alla ricerca di quella via che, sicuramente, non avrei mai trovato. Non era proprio il mio ideale di viaggio, non sopportavo la calca e il rumore che c’è di solito sui mezzi pubblici ma decisi, malgrado tutto, che avrei fatto buon viso a cattivo gioco.
L’autobus arrivò alla mia fermata già stipato come un container, pieno di ragazzini e anziani che si spostavano nella città per mezzo di queste enormi scatole di sardine. Salii’. L’odore acre di quei corpi praticamente schiacciati gli uni contro gli altri mi arrivò diritto al cervello ricordandomi uno dei principali motivi per cui non amavo proprio quel tipo di trasporto.
Non curante della calca delle persone accesi il mio Ipod e mi appoggiai ad uno dei pali di sostegno cercando di ricavare il mio spazio vitale tra quelle persone. Mi guardai attorno. Mi piaceva scrutare le persone e cercare di capire la loro storia, fantasticavo su chi fosse l’uno o l’altra, cosa facessero, quali fossero le loro idee, i loro sogni’. Notai che un uomo mi stava guardando con insistenza, non mi staccava gli occhi da dosso.
Non mi ritenevo una dea di bellezza ma ero consapevole di far girare molti uomini quando camminavo per la strada, di fondo avevo tutte le curve al punto giusto e i miei 25 anni contribuivano indubbiamente a darmi quell’aria mista tra donna e bambina che, sicuramente, piaceva.
Pensai a come ero vestita. Mi stavo recando ad un colloquio di lavoro avendo risposto ad un annuncio di ricerca come segretaria amministrativa e per cercare di far colpo sul possibile selezionatore, avevo scelto una serie di abiti che ritenevo essere sexy ma non eccessivi. Una camicetta lasciata consapevolmente aperta quel tanto che bastava per far intravvedere la mia 4′ di seno. Una gonna al ginocchio con spacco laterale che arrivava a metà coscia. Scarpe aperte con un discreto tacco per slanciare la mia figura. Trucco leggero per far risaltare i miei profondi occhi verdi e un tocco di rossetto che mettesse in risalto la carnosità della mia bocca.
Lui continuava a fissarmi. Incontrai più volte il suo sguardo indagatore. Avrà avuto 40 anni. Vestito in un completo scuro, giacca aperta. Camicia azzurra sbottonata e cravatta leggermente allentata per il caldo. Sarà stato alto sul metro e novanta e dalla sua figura capivo che, indubbiamente, era abituato a frequentare qualche palestra perché aveva anche un fisico notevole. Scrutai le sue mani. Non portava la fede, non era sposato pensai.
Intanto il nostro mezzo continuava la sua corsa lungo la città ‘. L’incedere classico dei mezzi pubblici mi impediva una presa e una postura stabile, schiacciata come ero tra tutta quella gente a me estranea. Ad ogni fermata dovevo fare delle manovre da esperta circense per potermi sostenere e non cadere addosso a qualcuno e, ovviamente, questo mi faceva assumere delle posture che risaltavano, di volta in volta, le mie curve.
L’uomo continuava a fissarmi come calamitato da me. Ad un certo punto, dopo l’ennesima fermata del mezzo, mi ritrovai schiacciata da un paio di anziani che avevano deciso di impadronirsi del posto che mi ero conquistata, così decisi che era tempo di cercare un’altra sistemazione più comoda. Mi sposai verso di lui e presi posto alle sue spalle, voltandogli la schiena. Sentivo il suo profumo, indubbiamente era una persona molto curata.
La mia mente iniziò a fantasticare su cosa facesse per vivere, come mai un uomo così non fosse sposato. Cercavo di immaginarmelo nella quotidianità. Avevo in testa l’immagine dei suoi occhi neri che, fino a poco tempo prima, mi stavano scrutando e mi ritrovai nel giro di pochi secondi ad immaginare che lui fosse un dirigente d’azienda e che il fatto che non fosse sposato gli permettesse di trarre profitto dalla sua situazione verso qualche dipendente.
Mi convinsi nel giro di pochi attimi che un uomo così potesse scegliersi una segretaria personale non troppo grande, magari poco esperta nel lavoro ma sicuramente piacente e disponibile. Subito dopo mi venne in mente che io stessa stavo andando ad un colloquio per divenire segretaria. I due pensieri si mischiarono divenendo per un breve attimo una fantasia.
Immaginai di essere la sua segretaria. Di essere stata assunta da pochi giorni e quindi di non avere le qualità e le competenze necessarie per assicurarmi il posto di lavoro. Immaginai che lui, di contro, non fosse semplicemente interessato ad una segretaria brava nel lavoro ma ad una brava segretaria. Mi immaginavo seduta sulla sua scrivania, con la gonna sollevata quel tanto che bastava per far vedere la morbidezza delle mie cosce e lui che mentre parlava al telefono le accarezzava guardandomi negli occhi.
Incurante di quello che mi stava attorno continuavo quel viaggio trasportata nella mia fantasia. Lo immaginavo seduto sulla sua poltrona con decine di fogli di carta sulla scrivania, lo immaginavo con la testa leggermente reclinata all’indietro, lo immaginavo con le gambe aperte e la bocca aperta, ansimante. Mi immaginavo accucciata tra le sue cosce, nascosta dalla scrivania. Mi immaginavo intenta a succhiare il suo cazzo, desiderosa di sentirlo esplodere nelle mie fauci.
Mi resi conto che quei pensieri mi stavano facendo montare dentro un desiderio fortissimo. I miei capezzoli in un lampo erano diventati talmente turgidi da sollevare e far tirare la leggera stoffa della mia camicetta senza lasciare spazio all’immaginazione a chi mi guardava. La mia fica aveva iniziato a produrre liquidi in quantità industriale al punto che il mio perizoma faticava a contenerli, tanto che iniziai a sentire l’interno delle mie cosce bagnarsi. Il mio clitoride era divenuto talmente duro e gonfio che pensavo sarebbe esploso da un momento all’altro. Aprii leggermente le gambe quasi come se volessi cercare di far respirare il mio sesso.
L’autobus iniziò a svuotarsi. Ero quasi arrivata alla mia fermata. Quell’uomo che era entrato di prepotenza nelle mie fantasie facendomi bagnare ed eccitare in quel modo era ancora dietro di me. Ancora due fermate e sarei giunta alla mia destinazione, pensai.
Nonostante il mezzo fosse oramai vuoto, nessuno di noi due voleva spostarsi. Si voltò e afferrò il palo a cui mi sostenevo posando la sua mano vicino alla mia, sfiorando il mio corpo con il suo braccio. Mi sentivo sovrastata da lui e la scena immaginata poco prima riprese nella mia testa come in un film. Quella situazione mi stava facendo impazzire, ero talmente bagnata e calda che dentro di me si fece strada il desiderio di essere posseduta. Sentivo dentro di me, irrefrenabile, la voglia di farmi scopare. Sentivo il desiderio di farmi prendere da lui, da quello sconosciuto che si era insinuato nella mia testa e che, senza dire o fare nulla, mi stava mandando via di cervello.
Lo immaginavo piegarmi sulla scrivania. Lo immaginavo mentre mi alzava la gonna fin sui fianchi. Lo immaginavo mentre mi spostava il perizoma lasciando libera la mia fica voglioso. Lo immaginavo mentre, afferrandomi con entrambe le sue mani forti mi tirava verso di lui affondando il suo cazzo totalmente dentro di me. Lo immaginavo mentre con ritmo incalzante mi scopava come un toro facendomi sobbalzare sulla sua scrivania. Immaginavo le sue mani che si impossessavano dei miei seni, le sue dita che iniziavano ad accarezzare e torturare i miei capezzoli duri come il marmo, il suo cazzo che svettava trionfante dentro il mio corpo.
Quelle immagini, quelle idee, quella voglia mi stavano mandando fuori di testa. Avevo perso il controllo del mio corpo, mi sentivo preda di bisogni animali, il desiderio di sentirlo dentro di me offuscava ogni altra idea. Sentivo il mio sesso bruciare dal desiderio di essere sua. Avrei voluto che lui mi prendesse li, davanti a tutti, alzandomi la gonna e scopandomi come una troia nel mezzo di quell’autobus. Senza nemmeno rendermene conto sentii la mia fica pulsare e avvertii una scarica elettrica che, partendo dalla mia testa, attraversò tutto il mio corpo, fino a raggiungere le mie intimità.
Mi dovetti sostenere con entrambe le mani per non perdere la presa. Dovetti mordermi le labbra per non urlare. Sentivo chiaramente il mio perizoma fradicio dei miei umori. Sentivo la mia fica pulsare. Sentivo il mio liquido colare lungo l’interno delle mie cosce. Avevo provato un dolcissimo ed intenso orgasmo solo fantasticando su uno sconosciuto.
Arrivò la mia fermata. Leggermente tramante ed ansimante scesi dall’autobus. Notai che anche lui era sceso alla stessa fermata. Mi voltai a guardarlo ma nel giro di pochi metri lo vidi sparire dietro all’angolo di un palazzo, non prima che si fosse voltato a fissarmi, mi sorrise. I suoi occhi mi scivolarono dentro, avevo la sensazione che mi leggesse dentro e che si fosse accorto di cosa era stato capace di farmi vivere e provare ‘. Assurdo.
Estrassi dalla mia borsa l’indirizzo dell’ufficio dove avevo il colloquio. Mi indirizzai all’appuntamento cercando di liberare la mente da quell’idea, da quelle immagini, da quell’uomo. Arrivai all’ufficio e mi aprì una signora sui 60 che, gentilmente, mi disse di attendere alcuni istanti facendomi accomodare su una poltrona. Ne approfittai per cercare di sistemarmi meglio che potevo, le domandai dove fosse la toilette, di certo non era il caso di andare ad affrontare il mio colloquio di lavoro ancora gocciolante per l’orgasmo provato prima.
Dopo essermi sistemata mi sedetti e attesi alcuni minuti, dopo di che la signora mi chiamò e mi fece cenno di seguirla.
Ci fermammo dinnanzi alla porta di un ufficio. Lei bussò e dopo pochi attimi mi disse di accomodarmi facendomi strada in quell’ufficio.
Vidi un uomo seduto su una poltrona manageriale, spalle alla porta, che stava parlando al cellulare mentre guardava fuori dalla finestra. La signora si congedò da noi chiudendo alle mie spalle la porta dell’ufficio. Mi voltai per dare una rapida occhiata alla stanza. Una grande libreria, una grande scrivania, un divano.
Pensai che era proprio il tipo di ambiente che aveva popolato la mia fantasia sull’autobus. Sorrisi quasi divertita. Sentii l’uomo che parlava al cellulare salutare il suo interlocutore.
Si voltò e mi guardò negli occhi. Il cuore mi esplose in gola. Non ci potevo credere. L’uomo che stava per farmi il colloquio di assunzione era lui. Mi fissò, sorrise e mi disse: ‘si accomodi, signorina ‘.?’. Lasciando quella frase in sospeso in attesa di risposta. Io mi sedetti di fronte a lui, lo guardai e rossa in volta risposi ‘Francesca, piacere’

‘.. continua’.
‘Bene Signorina Francesca’ disse lui. ‘Io sono il dottor Rossi, piacere’
‘Dunque, ha portato con se un curriculum, immagino’. Mentre mi diceva quelle parole i suoi occhi continuavano a scrutarmi e provai nuovamente la sensazione che avevo vissuto prima che lo vedessi sparire dietro all’angolo del palazzo, era come se quell’uomo mi leggesse dentro.
Non riuscivo a seguire il suo discorso in modo lucido, non riuscivo a comprendere le sue parole, ero come catalizzata da lui, quasi imbambolata. Ripensavo continuamente a ciò che avevo provato e vissuto durante il tragitto in bus. La sua voce suadente si faceva strada nella mia testa portandomi in uno stato di trance. Come un automa presi il mio curriculum dalla borsetta e glie lo porsi.
Nell’afferrarlo sfiorò la mia mano e quel contatto mi provocò un brivido che mi percorse per tutto il corpo. Cercai di sistemarmi meglio che potei sulla mia poltrona per non far comprendere a quell’uomo il mio stato, cosa che pensavo impossibile visto che il mio seno sembrava volesse saltar fuori dalla mia camicetta per liberarsi di quei fardelli di stoffa che lo costringevano e i miei capezzoli erano talmente turgidi da voler quasi bucare la stoffa.
Sospirai tentando di far entrare nei polmoni quanta più aria possibile per liberare la mia mente e il mio corpo da quello stato di soggiogazione delle mie stesse fantasie.
Nel frattempo il ‘dottore’ continuò a spiegarmi quelli che sarebbero dovuti essere i compiti della persona scelta per ricoprire quel posto.
‘Vede Signorina Francesca. Quello che stiamo cercando non è tanto una segretaria quanto un’assistente. Io per lavoro sono costretto a continui spostamenti in giro per l’Italia e ho necessità di una persona che mi accompagni e che tenga sempre traccia dei miei impegni e dei appuntamenti’.
Un istante di silenzio che mi parve un’eternità. Poi riprese. ‘comprendo che per una ragazza come lei possa essere un’attività complessa perché significa che dovrebbe rivoluzionare la sia vita, i suoi impegni, i suoi affetti ‘.. mi dica subito se potrebbe interessarle’
Alzai gli occhi. Dentro di me sentivo un susseguirsi di sensazioni e di emozioni che mi stavano devastando. Pensai alle sue parole, a ciò che quella scelta avrebbe significato per me e per la mia quotidianità. Senza riflettere ulteriormente su quelle che potevano essere le conseguenze dissi ‘si. Non avrei problemi’
‘bene. Possiamo darci del tu?’ chiese lui
Io arrossii: ‘va bene’
‘Grazie’ disse lui ‘aprendosi in un grande e caldo sorriso.
Riprese a parlare. ‘appurato che non hai problemi nel seguirmi durante i miei spostamenti dovrei valutare le tue capacità relazionali e soprattutto la tua abilità al computer. Considerando il fatto che necessito di inviare continui documenti e relazioni, mi servirebbe una persona in grado di scrivere rapidamente sotto dettatura. Ti andrebbe di fare una prova?’
‘Certo’ risposi
‘bene. Accomodati’ e mi fece segno di sistemarmi alla scrivania dinnanzi al suo computer.
Mi sedetti alla sua scrivania. Mi sentivo ancora preda di quelle sensazioni che non mi permettevano di mantenere il controllo del mio corpo. Lui, quella situazione, le mie fantasie mi stavano nuovamente portando in uno stato d’estasi. Sentivo nuovamente il mio corpo fremere e il mio sesso iniziò a secernere umori.
Mi sistemai dinnanzi al pc mentre Mauro iniziò a vagare per il suo ufficio, dettandomi i contenuti della lettera di prova. Scrivevo senza perdere una sillaba di ciò che mi giungeva all’orecchio, la sua voce mi provocava piccole scosse di piacere che tentavo di mascherare meglio che potevo. Ogni tanto provavo a cambiare posizione sulla poltrona per assumerne una più comoda mentre sentivo il mio corpo in un tumulto di sensazioni e di desiderio. Mi stavo nuovamente bagnando. Lui, a me sconosciuto, mi stava facendo nuovamente bagnare di eccitazione e di voglia.
Terminò di dettare. ‘vediamo come te la sei cavata’ e mentre proferiva quelle parole si venne a posizionare proprio dietro di me, guardando il monitor e ciò che avevo scritto.
‘bene Francesca. Noto con piacere che te la cavi molto bene. Ottimo’ fu il suo commento.
‘grazie.’ Fu la mia risposta.
Poggiò una mano sulla mia spalla e strinse leggermente. Quel suo gesto voleva essere un complimento per il mio lavoro ma il mio corpo e la mia mente lo interpretarono in modo completamente diverso. Fui invasa da un ondata di piacere che, partendo dalla testa, mi fece bruciare e fremere tutto il corpo per esplodere nelle mie intimità.
Mi sentivo un lago tra le cosce. Ero bagnata al punto che temevo di lasciare traccia del mio desiderio sulla sua poltrona. I miei capezzoli erano duri al punto di farmi male. Senza nemmeno rendermene conto mi ritrovai a scavallare le gambe sotto alla scrivania e ad aprirle leggermente. Quel gesto fece alzare la mia gonna lasciando intravedere le mie cosce. Mi domandavo se lui mi guardasse. Mi domandavo se lui mi desiderasse come io desideravo lui.
Avrei voluto alzarmi da quella poltrona, voltarmi e appendermi al suo corpo. Avrei voluto che lui mi prendesse su quella scrivania in quel momento proprio come avevo fantasticato ed immaginato sull’autobus poco prima.
‘Perfetto!’ la sua voce mi strappò a quell’idea e mi fece, per un attimo, tornare alla realtà.
Stavo affrontando un colloquio di lavoro e per la prima volta in vita mia ero io che provavo il desiderio e la voglia di essere presa da quell’uomo che sembrava non curarsi di me.
Lui estrasse da una cartellina una proposta di assunzione pre compilata, me la porse e mi chiese di completarla con i miei dati. In quel momento squillò il telefono. Io, senza pensarci, mi alzai dalla poltrona lasciandogli il posto e anziché tornare al mio posto di fronte a lui, restai li.
Lo sentivo di fianco a me. Avvertivo la sua fisicità. Era come se avesse un’aurea che dominava completamente l’ambiente. Quelle sensazioni continuavano a provocarmi scosse e brividi. Sentivo il bisogno di godere, sentivo il bisogno di essere posseduta. Volevo essere sua. Dovevo essere sua.
In quell’istante decisi di provocarlo. Il mio desiderio era diventato talmente forte da farmi agire con lucidità sperando che le mie armi potessero essere sufficienti per ottenere ciò che volevo.
Mi piegai sulla scrivania cercando di sposarmi quel tanto che bastava per costringerlo a sfiorarmi senza che la cosa fosse così comprensibile. Aprii leggermente le gambe per assumere una postura tale che chiunque avrebbe capito che ero disposta e disponibile ed iniziai a compilare il contratto.
Mauro continuava a parlare al telefono senza curarsi della mia presenza. Ogni mio gesto, ogni mio respiro, ogni mia idea sembravano non essere colte da lui. Tutti quelli che pensavo essere segni evidenti ed inequivocabili del mio desiderio e del mio bisogno cadevano come gocce d’acqua nel mare. Lui non si accorgeva di me o semplicemente non era interessato a me. Iniziai a perdere le speranze. Terminò la sua telefonata e si alzò dalla sua poltrona.
Era dietro di me nel tentativo di scavalcarmi e muoversi per l’ufficio quando decisi di giocare il tutto per tutto. Pensai che se non mi voleva avrei sempre potuto giustificare i miei movimenti con una posizione scomoda o cose simili, comunque avrei trovato una scusa plausibile.
Mi mossi all’indietro quel tanto che fu necessario per far aderire il mio sedere al suo corpo. La sensazione che provai con quel contatto fu per me devastante. Ero completamente bagnata. Il mio sesso era gonfio e bollente, gli umori mi colavano tra le cosce, il clitoride talmente duro e gonfio che ogni movimento lo faceva strofinare contro il perizoma provocandomi spasmi e brividi di piacere.
Quell’istante in cui il mio corpo aderì al suo fu per me lungo un’eternità. ‘ecco!’ pensai ‘ci siamo. Ora inizierà ad insultarmi e mi gioco il lavoro oppure, semplicemente, farà finta di niente e si sposterà da me’.
Lui non si mosse. Restava attaccato a me senza dire una parola. Mi spinsi ancora di più all’indietro aggrappandomi con una mano alla scrivania premendo il mio sedere contro di lui.
Sentii il suo cazzo diventare duro come il marmo attraverso la stoffa dei pantaloni e puntare deciso tra le mie natiche come calamitato. ‘Allora non gli sono indifferente’ pensai e mi ritrovai a sorridere di gusto.
‘Francesca ‘. ‘ pronunciò il mio nome con un tono e un’armonia che per me furono come una bomba.
Girai la testa per guardarlo. Incontrai quegli occhi, quello sguardo che mi facevano impazzire. Senza proferire parola mi leccai le labbra fissandolo negli occhi e premetti, per quanto possibile, ancora contro di lui.
Il resto fu un attimo.
Mauro mi sollevò la gonna ai fianchi. Si abbassò i pantaloni e mi spostò con le dita il perizoma. Poggiò la punta del suo cazzo contro di me e mi afferrò per i fianchi.
Tremavo di desiderio e di voglia. Mi sentivo grondante di umori. Lo volevo sentire dentro di me e sapevo che era giunto il momento tanto desiderato e atteso.
Lui invece iniziò a strofinare il suo cazzo contro il mio corpo. La sua asta scorreva sulle labbra della mia fica provocandomi spasmi di piacere, la punta del suo sesso premevano contro il mio clitoride portandomi sulla soglia della pazzia. Muoveva lentamente il suo corpo facendomi sentire il suo membro in tutta la sua lunghezza. Come avevo immaginato aveva un cazzo di notevoli dimensioni ma sembrava non decidersi mai’.
Ansimavo di desiderio, ansimavo di voglia. Staccai una mano dalla scrivania e la feci scivolare tra le mie cosce, ero completamente esposta e pronta davanti ad un uomo che sembrava non volesse prendermi. Trovai il clitoride gonfio, duro, iniziai a far scorrere le mie dita su di lui in preda alla bramosia fino a che, nel giro di pochi attimi, senza rendermene conto, dissi ‘scopami ‘. Te ne prego!’
Mai avrei creduto di pregare un uomo di scoparmi ma in quel momento non desideravo altro che sentirlo dentro di me. Ripetei il mio invito ‘ ‘scopami!’ questa volta aveva l’aria di essere un imperativo a cui lui non si ritrasse. Era proprio come avevo fantasticato ed immaginato sull’autobus. La mia fantasia stava diventando realtà.
Mauro mi afferrò per i fianchi e in un solo movimento mi fu completamente dentro. La sensazione che provai fu devastante al punto che, tremando, venni urlando il mio piacere.
Mauro iniziò a fottermi alternando colpi lenti e profondi con movimenti rapidi. Io ansimavo e godevo. Lo sentivo sbuffare dietro di me, lo sentivo ansimare e la cosa mi provocava ulteriore piacere. Il suo cazzo danzava in me e mi mandava in estasi. Tremavo di voglia e di desiderio mentre lui continuava a spingersi dentro.
Venni nuovamente talmente forte che lui fu costretto a sostenermi per non farmi cadere a terra. Mi sentivo al settimo cielo, mai avevo goduto così in vita mia. Mauro continuava, imperterrito, a pompare dentro di me, mi sentivo una bambolina tra le sue mani quando ad un tratto lo sentii irrigidirsi, avvertii il suo membro pulsare. Strinse le mani sui miei fianchi e mi tirò contro di lui affondando completamente il suo cazzo dentro di me al punto che sentii i suoi testicoli poggiarsi contro il mio corpo. Esplose dentro di me con una quantità tale di liquido che mi sentii completamente riempire. La sensazione provata fu per me l’ennesimo colpo. Come un fiume in piena venni nuovamente urlando mentre lui continuava a riempire il mio sesso del suo caldo seme. Dopo alcuni attimi si ritrasse dal mio corpo lasciando spazio ad un mare di umori e sperma che, colando dal mio sesso, scendevano lungo le mie cosce.
Traballante mi sollevai, voltandomi per guardarlo, e mi abbassai la gonna. Lui mi guardò, e accasciandosi sulla sua poltrona, mi disse ‘sei assunta!’
Lo ringraziai e presa la borsa mi incamminai verso la porta dell’ufficio per uscire quando la sua voce mi fermò.
‘Francesca’ mi disse ‘per la cronaca ti avrei assunta comunque’
Mi voltai, sorrisi e dissi ‘grazie Mauro. Non l’ho fatto per il lavoro. L’ho fatto perché ti volevo’
‘Meglio!’ disse lui. ‘Sarà l’inizio di un interessantissimo rapporto di collaborazione. Ci vediamo domani allora’
Uscii dall’ufficio e passando davanti alla segretaria la salutai. La signora mi guardo, sorrise e disse:’
‘E’ andato tutto bene? Il signor Mauro è una così brava persona, vedrà che la prenderà di certo’
Mi voltai, la guardai e sorridendo le risposi ‘il signor Mauro mi ha presa’ calcando su presa ‘ e si ‘. Ha ragione signora, è proprio bravo. Ci vediamo domani’ e me ne andai

Arrivò così il primo giorno di lavoro. Mi presentai puntuale in ufficio alle 9.00. Mario, il dottore, come veniva chiamato abitualmente nel luogo di lavoro era fuori per una serie di incontri e ad accogliermi vi fu la Sig.ra Franca, la segretaria sui sessanta che avevo visto la settimana prima.
La signora Franca mi fece accomodare e mi fece fare un giro dell’ufficio. Mi fece vedere la sala relax dove vi erano la macchina del caffè, un micro onde, un frigo e dei fornelli; segno che spesso si fermavano durante l’orario di lavoro a pranzare direttamente in ufficio. Mi mostrò dove fossero i bagni e la stanza delle fotocopie; l’archivio ed infine mi introdusse nel mio ufficio.
Sulla porta notai subito la targa che riportava Francesca xxxxx, Assistente e la cosa mi riempì di orgoglio. Entrammo.
La stanza che era adibita a mio ufficio era piuttosto piccola ma confortevole. Una scrivania piuttosto ampia dominata da una comoda poltrona, un computer a mia disposizione, un mobile archivio, un telefono e l’interfono. Insomma il classico arredo. Notai subito che nella stanza era presente una seconda porta rispetto a quella d’ingresso e ne domandai il motivo alla signora Franca.
Lei, sorridendo, mi disse ‘è la porta di comunicazione diretta con l’ufficio del dottore. Il dottore ti ha lasciato un paio di appunti sulla scrivania, mettiti pure comoda e buon lavoro’ e si congedò da me chiudendosi la porta alle spalle.
Mi sedetti e iniziai a pensare al colloquio avuto con il dottore, soprattutto pensai a quello che era accaduto tra di noi e una fitta mi colpì allo stomaco per poi liberarsi tra le mie cosce inumidendo leggermente i miei indumenti intimi.
Quella mattina trascorse piacevolmente e senza intoppi. Indaffarata come ero nel cercare di preparare gli incarti che Mauro, il dottore, mi aveva lasciato in eredità prima del suo ritorno. Ogni tanto sulla soglia della mia porta faceva capolino qualche collega curioso di vedere e conoscere la nuova assunta.
Mi resi conto che la struttura aziendale era piuttosto snella e giovane. Contai una quindicina di persone tutte, grosso modo, tra i 25 e i 40, ad esclusione della signora Franca che pareva essere il punto di riferimento di tutti quanti. Quello che mi colpì fu lo squilibrio che vi era nel rapporto tra maschi e femmine in quell’azienda. Oltre a me e alla signora Franca vi erano altre tre donne. Bruna, alta slanciata, sui 35 anni. Capelli rossi a caschetto e due occhi verdi messi in risalto da una montatura di occhiali che ne tracciavano un profilo simpatico. Un bel fisico decretai, fasciato in un tailleur blu notte. Era la responsabile del settore aquisti.
Martina. Mia coetanea. Minuta e graziosa. Occhi neri su un visino paffuto. Capelli biondi lunghi sulle spalle. Magliettina nera e jeans. Impiegata nella segreteria generale.
Chiara. Alta sul metro e 75. Capelli neri e ricci che le ricadevano sulle spalle. Labbra carnose, frutto di un’operazione chirurgica pensai subito. Un fisico da modella. Gonna sopra al ginocchio che lasciava intravedere un paio di gambe lunghissime ed affusolate. Una camicetta che fasciava il suo busto tirando in prossimità del seno che sembrava facesse di tutto per sfuggire alla morsa del reggiseno, ad ogni suo respiro. Scarpe nere di vernice aperte con un tacco 12 che la facevano svettare di un palmo sopra gli altri. Era la responsabile del settore vendite.
Quello che mi saltò subito all’occhio era il fatto che le poche donne che lavoravano nell’azienda erano tutte a capo dei diversi reparti, ad eccezione di Martina che scoprii lavorare da pochi mesi nell’azienda.
Gli altri colleghi erano uomini, alcuni piacenti, altri simpatici, altri mi avevano subito dato l’impressione di insinuare chissà in che modo avevo ottenuto il mio posto di lavoro. Stronzi, anche se in cuor mio pensavo non avessero tutti i torti.
Assorta, come ero, in questi pensieri iniziai a fare il mio lavoro. La cosa mi portò via l’intera mattina senza che nemmeno me ne rendessi conto ed arrivò l’ora di pranzo. Mi diressi verso la zona relax e trovai alcuni dei miei colleghi che già pranzavano e chiacchieravano del più e del meno. Ad un tratto, mentre stavo pranzando, la Signora Franca entrò nella sala relax e mi disse
‘Francesca, il dottore ti vuole subito nel suo ufficio’
Lasciai il pranzo a metà, mi alzai e mi diressi verso l’ufficio del capo. Il cuore mi stava esplodendo in gola. Era la prima volta che lo rivedevo dopo quello che era accaduto tra di noi e non sapevo quali sarebbero state le sue reazioni, le sue pretese, il nostro rapporto.
Bussai lievemente alla porta.
‘avanti’
Aprii la porta e lo trovai seduto alla sua scrivania con lo sguardo immerso in un contratto di vendita. Sollevò il capo dai pezzi di carta che teneva nelle mani e i suoi occhi incontrarono i miei. Mi scrutò in quel modo che solo lui conosceva, e la sensazione che mi dava era sempre la stessa. Come se mi volesse leggere dentro.
‘vieni Francesca’ mi disse aprendosi in un sorriso disarmante ‘chiudi pure la porta’
Come un automa varcai la soglia del suo ufficio. Chiusi la porta alle mie spalle e attesi nuovamente suoi ordini immobile ad osservarlo mentre il mio respiro perdeva il naturale ritmo della tranquillità portandomi in un stato che era un misto tra ansia ed eccitazione.
‘Se resti li non possiamo lavorare’ mi disse lui invitandomi ad accomodarmi sul divano.
Mi sedetti. Accavallai le gambe e la mia gonna si sollevò quel tanto che bastava per far vedere più di metà delle mie cosce. Faceva troppo caldo per portare le calze in quei giorni e poi tutti mi avevano sempre detto avere un paio di gambe da urlo, quindi perché non metterle in risalto?
Mauro si alzò dalla sedia, fece alcuni passi verso di me. Lo osservai. Fasciato in un paio di calzoni blu scuro che mettevano in risalto la struttura muscolare delle sue gambe. Il busto era nascosto da una camicia a righe bianche e blu che lo fasciavano facendo comprendere a chiunque lo osservasse che quell’uomo aveva un fisico invidiabile. Notai in prossimità del cuore l’incisione delle cifre sulla sua camicia, segno inequivocabile della classe che contraddistingueva quell’uomo.
‘Come stai?’ mi chiese spezzando per un momento il mio stato di trance
‘Bene’ risposi io
‘La tua prima mattina è andata bene? Hai conosciuto i tuoi colleghi?’
‘Si’ risposi io ‘ La signora Franca è gentilissima e ho conosciuto tutti quanti’
‘Bene’ disse lui ‘Franca è il punto di forza di questa azienda e tu dovrai cercare di avere un ottimo rapporto con tutti perché dovrai essere il mio termine di unione con gli altri’
‘va bene’ risposi io
‘ok. Cominciamo a lavorare’ incalzò lui. ‘stamattina ti avevo lasciato da prepararmi alcuni incarti’
‘certo’ ed estrassi dalla mia cartellina tutto il lavoro che avevo predisposto
Li prese e dopo avervi dato una rapida occhiata mi disse ‘ottimo lavoro Fra’ sorridendo
Io arrossii e lo ringraziai. Inutile da dire. Mauro mi metteva in uno stato di soggezione e di eccitazione al tempo stesso. In me si fece largo l’idea e la convinzione che quell’uomo avrebbe potuto ottenere da me tutto quello che desiderava. Qualunque cosa mi avesse chiesto sarei stata disposta a farla. Mi sentivo completamente presa. Cercai di non fargli comprendere il mio stato d’animo e di concentrarmi sul lavoro.
Lui passeggiava freneticamente davanti a me pensieroso quando ad un tratto si rivolse a me e mi disse:
‘Francesca ‘.. ‘ l’attimo di silenzio che ne seguì mi gelò il sangue nelle vene
‘Si’ accennai timidamente
‘Ascolta. Ciò che è accaduto settimana scorsa tra di noi è stato un attimo di follia reciproca. Io ti ho assunta perché credo tu possa essere di aiuto alla mia azienda, questo sia chiaro’
‘Certo’ risposi io.
In me si fecero strada due pensieri contrastanti. Da un lato ero felice perché sapevo che quel lavoro lo avevo ottenuto per capacità o semplicemente perché lui credeva nella prospettiva di far crescere persone giovani al suo fianco. Dall’altro l’idea di non poter essere nuovamente sua e di sentire il suo corpo contro e dentro di me mi fecero mancare il fiato.
Trascorse una mezz’ora in cui il dottore mi spiegò parte del lavoro che dovevo svolgere. Mi dettò un paio di appunti e alla fine mi disse
‘dimmi cosa ne pensi di questo contratto’ e mi passò i fogli che prima teneva tra le mani
Lessi rapidamente gli incarti e alla fine sentenziai ‘mi sembra una buona offerta’
‘Ecco. Ciò che mi volevo sentire dire’ rispose lui
‘Dovresti scrivermene tre copie entro un’ora’
‘va bene’
Mi recai nel mio ufficio e preparai le tre copie del contratto che il dottore mi aveva richiesto. Le mandai alla stampa, mi alzai per prendere i fogli stampati e mi piegai sulla mia scrivania per sistemare le copie.
In quell’istante sentii due mani afferrarmi per i fianchi. Mi voltai di scatto per osservare chi fosse pronta a ruggire un ‘cazzo fai?’ quando vidi Mauro dietro di me sorridente che mi disse ‘guarda che se ti metti così a lavorare rischi che tutti i miei dipendenti perdano il controllo dei loro nervi’ e nel mentre iniziò a sfiorarmi con le mani le gambe salendo dalle ginocchia fin sulle cosce per poi scendere nuovamente.
Io sorrisi ‘hai ragione, meglio una posizione meno ‘..’ attesi qualche istante per completare la mia frase ‘invitante’ conclusi
‘Già’ disse lui ed insinuò le mani sotto la mia gonna raggiungendo il mio perizoma e facendolo scivolare fino alle mie ginocchia
Non ci potevo credere. Poco prima mi aveva assicurato che la cosa non doveva ripetersi ed ora era li dietro di me che mi stava togliendo le mutandine mentre ero piegata a novanta. In un attimo un turbine di emozioni prese il sopravvento su di me. La mia mente mi diceva di reagire e sottrarmi a quella situazione ma il mio sesso aveva tutt’altra intenzione. In un lampo iniziai a bagnarmi. Dalla mia fica sgorgavano copiosi umori che mi innumidivano le labbra come gocce di rugiada. I miei capezzoli divennero, in un lampo, talmente duri e gonfi da provocarmi ulteriori brividi di piacere strofinando contro la stoffa del mio reggiseno e la qual cosa alimentava la fonde del mio desiderio tra le mie cosce.
‘sei una droga’ disse Mauro piegandosi dietro di me e poggiando le labbra sul mio fiore.
Quel contatto mi fece trasalire. Iniziai a fremere di voglia. Lui, dal canto suo, iniziò a passare la punta della lingua sulle mie grandi labbra con una lentezza esasperante; la cosa mi faceva godere.
Iniziai ad ansimare di piacere quando lui staccò la testa dal mio corpo
‘Avvisa la signora Franca che non ci devono disturbare’
Presi il telefono, composi il numero interno della Signora Franca, la quale rispose prontamente e dissi
‘il dottore ha detto che per un’ora siamo in riunione Di non disturbarlo’ mentre parlavo con Franca al telefono, Mauro riprese a leccarmi la fica alternando piccolo colpi con la lingua a lappate più profonde. La cosa mi stava mandando fuori di testa, iniziai ad agitarmi come un’anguilla, tremavo, fremevo, godevo di quel trattamento.
Lui proseguiva nel mangiarmi letteralmente la fica fino ad arrivare con le labbra al mio clitoride gonfissimo. Lo trovò ed iniziò a succhiarlo come si succhia il frutto più buono che si sia desiderato e mangiato e nel contempo fece scivolare dentro la mia fica calda e bagnata due dita che iniziò sapientemente a far roteare fino a sfiorarmi con la punta delle dita il collo dell’utero.
Nel giro di un attimo fui pervasa da una scarica elettrica e venni sconquassata dal mio orgasmo riempiendogli la mano dei miei umori.
‘ahhhhhhhh”dioooooooooooo”..siiiiiiiiiiiiiiiii’ godetti
Lui si alzò da me. Si portò le dita alla bocca e succhio il mio nettare. La cosa mi fece impazzire ancora di più. Quell’uomo aveva dentro di se quel misto di carisma, forza, sicurezza e porcaggine che avevo sempre sognato e desiderato. Sapeva come prendermi, sapeva come dominarmi e la cosa mi faceva impazzire di desiderio.
‘Uhmmmmm” Francy’ sei proprio buona’ mi disse.
Mi girai e notai subito il rigonfiamento prepotente nei suoi pantaloni. IL suo cazzo sembrava volesse esplodere da un momento all’altro. In ginocchio mi avvicinai a lui pronta a soddisfarlo e soddisfarmi quando Mauro mi fermò
‘No Francy. Sono le due. Ho una riunione con Bruna’
Mi lasciò li carponi, con ancora il perizoma a metà coscia e la gonna sollevata desiderosa di avere il suo cazzo tra le fauci e la fica grondante del meraviglioso orgasmo che mi aveva donato, incredula del fatto che lui non avesse voglia o desiderio di venire, sparendo dietro la porta di comunicazione dei nostri uffici.
Mi alzai e mi risistemai. Mi sedetti alla scrivania e mi resi conto che la mia fica era ancora talmente sensibile e gonfia che ad ogni piccolo movimento che facevo per cercare una posizione comoda, lo sfregamento della stoffa sul mio sesso mi provocava piccoli brividi di piacere che mi trapanavano il cervello.
Pensai se la soddisfazione che io gli avevo offerto e lui aveva rifiutato la potesse prendere da Bruna. Pensai che, come me, anche le altre donne di quell’azienda erano soggiogate dal modo di fare e di essere di Mauro e che anche loro sarebbero state disposte, malgrado tutto, a soddisfare ogni sua richiesta.
Un misto di eccitazione e di gelosia annebbiarono la mia mente. Mi rimisi a lavoro pensando a cosa sarebbe potuto accadere nella stanza di fianco tra ‘il dottore’ e Bruna. Continua”

Dalla mia scrivania sentivo il dottore parlare con Bruna di quelle che sarebbero dovute essere le scelte commerciali dell’azienda in quel prossimo trimestre. La conversazione era fitta, fatta di botta e risposta da parte di entrambi senza però perdere l’educazione da parte di nessuno dei due, specie da parte di Mauro che, nonostante parlasse con un suo sottoposto, manteneva sempre un modo cordiale, affabile e cortese tale da portarti a non avere la forza, in alcuni casi, di controbattere alle sue asserzioni.
Seduta alla mia scrivania con la mente che continuava ad essere popolata dell’immagine dei loro corpi avvinghiati. Immaginavo Bruna, come me poco prima, piegata sulla scrivania con la gonna sollevata sui fianchi in attesa di prendere quel randello di carne che Mauro sapeva muovere a dovere portando ogni donna fin sulle vette del paradiso.
Ero certa che anche la responsabile del settore acquisti della nostra azienda si sarebbe fatta sbattere volentieri dal nostro capo ed ero convinta che, come me, anche lei non lo avrebbe fatto per cercare di ottenere qualche cosa in più dal lavoro ma semplicemente perché le piaceva godere e farsi scopare dal dottore.
Fu un attimo. Lentamente la mia mano scivolò tra le mie gambe e, sollevando leggermente la stoffa della mia gonna, si insinuò tra le mie cosce fino a raggiungere il mio perizoma. Lo scostai leggermente per trovare il mio clitoride gonfio e svettante dalle mie labbra che attendeva una giusta ricompensa.
Chiusi gli occhi e reclinai la testa indietro. Con l’altra mano iniziai ad accarezzarmi un seno. I capezzoli duri mi facevano male premendo nella stoffa del reggiseno. Le mie dita iniziarono, leggere, a danzare sul mio clitoride provocandomi piccoli dolcissimi brividi di piacere che si tramutarono, in breve, in copiosi liquidi che fuori uscivano dal mio sesso.
Mi concentrai sulla voce di Mauro e lo immaginai nuovamente li con me. Immaginavo che fossero le sue mani al posto delle mie. Immaginavo la sua bocca succhiare e leccare il mio clitoride gonfio. Ero in preda all’estasi, continuai a strofinare le mie dita sul clitoride che sembrava essere sul punto di esplodere.
L’altra mano abbandonò il mio seno per andare a tenere compagnia alla gemella tra le mie cosce. Allargai il più possibile le gambe e mi sedetti in punta sulla sedia facilitando così l’arrotolarsi della mia gonna sulle mie cosce. Le mie dita trovarono pronto il mio sesso, desideroso di attenzioni e in un istante le mie dita trovarono l’altro del mio desiderio aperto e pronto.
In un barlume di lucidità pensai a quanto ero porca. Il primo giorno di lavoro ero seduta alla mia scrivania che mi masturbavo, dieci minuti dopo che il mio capo me l’aveva mangiata al punto da farmi venire, pensando proprio a lui e al desiderio che avevo di farmi scopare.
‘Sono proprio una troia’ sospirai e in quel momento affondai le dita nella mia fica grondante.
Iniziai un lento su e giù con le mie dita dentro al mio corpo mentre con l’altra mano iniziai a pizzicare e solleticare il mio clitoride gonfissimo fino a quando non fui scossa da un brivido. Reclinai la testa indietro’
‘ahhhhhhhh’ dovetti mordermi le labbra per non urlare. Venni.
Poco alcuni istanti ripresi contatto con la realtà. Mi risistemai sulla mia poltrona e cercai di focalizzare nuovamente le voci che venivano dalla stanza accanto la mia, per cercare di comprendere quale fosse l’andamento della conversazione tra il dottore e Bruna.
Non udii nessuna voce provenire dall’ufficio accanto al mio. Pensai che la loro conversazione fosse finita e che non me ne ero accorta intenta, come ero, nel procurarmi piacere. Mi venne da sorridere e da dirmi quanto fossi stata stupida nel credere che anche le altre colleghe avessero i miei stessi desideri e bisogni e che probabilmente il dottore, realmente, doveva discutere con Bruna di lavoro.
Questi miei pensieri furono divelti completamente dalle parole che sentii
‘E’ Francesca che te l’ha fatto rizzare così?’
Non potevo credere a quello che sentivo, eppure ero sicura di aver udito quelle parole. Bruna, la responsabile degli acquisti si era rivolta a Mauro, il nostro capo, chiedendogli se era stata causa mia il fatto che lui avesse il cazzo in tiro.
Bruna continuò ‘ci penso io, ora, dottore, non ti preoccupare’
La certezza che quello che avevo sentito corrispondesse a pieno a quello che avevo pensato, quanto meno e sicuramente per quello che riguardava Bruna mi colse impreparata. Impietrita davanti alla porta che collegava il mio ufficio con quello del dottore, un misto di gelosia ed eccitazione pervasero il mio corpo fino a che non decisi di fare ciò che avrei mai creduto.
Aprii leggermente la porta di comunicazione quel tanto che mi bastava per poter guardare dentro.
La scena che si presentò ai miei occhi fu devastante sia sotto al profilo della gelosia che a quello dell’eccitazione. Bruna era in ginocchio in mezzo alla stanza con la camicetta aperta e le tette completamente di fuori, teneva Mauro per le natiche affondando completamente il suo cazzo dentro alla sua bocca. Sembrava volergli succhiare via anche l’anima da quanta era la foga e il desiderio che metteva in quella pompa.
Mauro, dal suo canto, le teneva la testa con una mano mentre con l’altra, ogni tanto, le strizzava un capezzolo facendole uscire piccoli lamenti di godimento. Mauro dava un ritmo alla pompa che Bruna si stava prodigando nel fargli che mi sembrò surreale. Vedevo la testa di lei salire e scendere su quel palo di carne con una foga e una velocità tale che mi sembrava le si staccasse la testa da un momento all’altro.
Pensavo che da un momento all’altro avrei chiuso la porta, avrei preso le mie cose e me ne sarei andata stizzita invece mi resi conto che quell’immagine mi teneva catalizzata li; non solo. Presto mi resi conto che mi stavo nuovamente eccitando.
Feci scivolare una mano sotto la mia gonna ed iniziai ad accarezzare il mio sesso mentre continuavo ad osservare la pompa che Bruna faceva al dottore. Le mie dita danzavano leggiadre sulla mia fica riempiendomi di dolci spasmi di piacere mentre vedevo chiaramente il palo di carne di Mauro perdersi nella bocca della mia collega.
Ad un tratto Mauro, il dottore, premette con forza la testa di Bruna contro il suo bacino, facendole ingoiare completamente il suo cazzo e in quel frangente accadde quello che non mi sarei aspettata.
Mauro voltò la testa verso la porta di comunicazione tra i due uffici, mi sorrise e fissandomi negli occhi grugnì il suo piacere nella bocca di Bruna che teneva schiacciata contro di se costringendola a bere fino all’ultima goccia di quel succo che avrei tanto desiderato bere io.
In quello stesso istante il mio corpo fu pervaso da brividi di piacere e le mie dita furono invase da rivoli di umori che mi colavano dalla fica. Ero nuovamente venuta e di nuovo lo avevo fatto masturbandomi per Mauro. Lui indubbiamente mi aveva vista, anzi continuava a guardarmi mentre teneva sempre la testa della mia collega schiacciata contro il suo corpo per darle modo di leccare la sua cappella e pulirla delle ultime tracce di sperma e nel frattempo continuava a fissare me, come se sapesse che mi sarei trovata li e che avrei osservato tutto quanto.
Chiusi la porta. Avevo il cuore che andava a mille. Non riuscivo più a comprendere cosa mi stesse accadendo, dove ero finita, dove volessi arrivare. L’unica cosa che sapevo per certo era che gli occhi di Mauro mi martellavano nel cervello impedendomi di essere lucida e che ogni volta che pensavo a lui mi bagnavo come una cagna in calore.
Vinta mi rimisi alla mia scrivania per riprendere il lavoro quando sentii squillare il telefono. Numero Interno. Alzai la cornetta e dissi ‘Si. Sono Francesca’
Dall’altra parte la voce del dottore ‘piaciuto lo spettacolo?’ mi fece gelare il sangue nelle vene
Non riuscii a rispondere al ché lui incalzò ‘credo di si visto che sei venuta guardandomi’
Cazzo si era reso conto che mi stavo masturbando mentre guardavo Bruna che lo spampinava
‘Sei un ottimo acquisto per l’azienda Francesca’ disse il dottore ‘ricordati che ti ho assunta perché penso tu valga qualcosa, non mi deludere. Ci vediamo domani’ e riattaccò

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