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Racconti Erotici Etero

Storia di una ragazza qualunque – 7° capitolo – L’ispettore

By 13 Marzo 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

Come promesso Teresa mi fece divenire un agente realmente operativo, affiancandomi ad un collega molto esperto, che mi prese subito in simpatia.
In un mese Renzo mi mostrò non solo come muovermi, ma anche molti aspetti della città in cui vivevo che non conoscevo affatto.
Pur non avendo un incarico preciso, partecipai a diverse azioni di polizia, mostrando sempre sangue freddo e cervello, le due doti che lui riteneva basilari per un buon agente.
Un giorno, per puro caso, scoprimmo un giro di prostituzione che avveniva in una casa in periferia, e volendo il nostro dirigente un’azione in piena regola, l’irruzione fu condotta da quasi tutto il commissariato.
Non appena s’aprì il portone d’ingresso, facemmo irruzione tutti insieme urlando le solite frasi e spalancando con violenza ogni porta.
Purtroppo però, irrompendo da sola in una stanza, ebbi una triste sorpresa.
In questa camera trovai mio padre intento a farsi sodomizzare da una trans!
Quest’ultima, visto il mio attimo di comprensibile smarrimento, tentò la fuga, ma fu subito bloccata da un collega nel corridoio, mentre mio padre si mise a piangere come un bambino.
“Non dire chi sei o giuro che t’uccido.” gli sussurrai con tutta la rabbia che avevo in corpo prima di buttargli i sui vestiti addosso e portarlo fuori.
In commissariato lo evitai come la peste e fui felice quando lo vidi andare via, sperando che fosse tutto finito, ma la fortuna quella sera aveva deciso di non sorridermi.
Il giorno dopo infatti, l’ispettore Martinelli, da tutti considerato un figlio di buona donna, mi chiamò nel suo ufficio.
“Allora dimmi un po’, cosa si prova a dover arrestare il proprio padre ?” mi chiese non appena chiusi la porta.
“Scusi ma non capisco di cosa parla.” risposi cercando di prendere tempo.
“Stammi a sentire stronzetta, non provare a negare l’evidenza, ieri sera abbiamo fermato un uomo che guarda caso non ha solo il tuo stesso cognome, ma abita anche nel tuo appartamento, e vorresti dirmi che non &egrave tuo padre !”
Il suo tono brusco e deciso mi fece capire che non avevo nessuna possibilità di fuga, così ammisi stringendo le spalle.
“E’ vero, &egrave mio padre, ma cosa c’entra lui con l’indagine.”
“Vedi dovremmo chiamare alcuni ‘clienti’ a testimoniare e non vorrei mai che tra questi ci fosse anche lui, non sai come si vive male quando si ha un cadavere del genere nell’armadio e che tutti possono vedere….”
“E con ciò, basta chiamare qualcun’altro.”
“Certo ma se vuoi un piacere devi farmene uno a me, chiaro.” mi disse mettendomi una mano con forza nel sedere.
“Vuoi scoparmi ?” risposi furibonda “Dai tirami su la gonna e fallo, ma dopo se parli ti faccio secco.”
“Non qui, non amo le sveltine, inoltre una zoccola come te merita di meglio. Stasera verrai da me, vestita per quello che sei.” continuò palpandomi una chiappa “E se non hai nulla del genere puoi sempre chiedere a quel frocio di tuo padre.” continuò ridacchiando.
Me ne andai dopo aver afferrato un biglietto che mi porse, giurando che mi sarei vendicata con quel porco di mio padre.
Una volta a casa mi feci una doccia, ringraziando il cielo che quella sera Marco era impegnato, e che quindi non avrei dovuto mentigli per non essere con lui.
Dopo una breve cena, andai in camera mia a prepararmi come voleva il maiale, truccandomi subito in maniera volgare e vistosa, quindi presi dell’intimo rosso, a dir poco osceno, che mi avevano regalato per scherzo delle amiche, e delle calze nere a rete larga. Come mi vidi allo specchio ebbi per un attimo la voglia di lasciar perdere, tanto mi facevo schifo da sola, ma poi indossai una camicetta che annodai alla vita, e una mini molto attillata ed uscii di casa.
La casa dell’ispettore non era molto lontana, e lui m’accolse come se quella fosse una serata fra amici senza alcun secondo fine.
“Ma come siamo belle, esci sempre vestita così ?”
“Stammi bene a sentire.” gli risposi a tono “Facciamo quel che vuoi, ma niente prese in giro.”
“Va bene come vuoi tu, allora seguimi.”
L’appartamento di Martinelli era costituito in pratica solo da una grande stanza, che funzionava sia da salotto, che da camera da letto e, timidamente, chiesi il motivo di quella strana sistemazione.
“Vedi vivo solo e così ho un ampio locale tutto per me, diciamo che &egrave molto pratico.”
Lo vidi accendere lo stereo e mettersi comodo sull’unica poltrona, mentre io rimasi in piedi non sapendo che fare.
“Dai troia !” mi disse bruscamente “Fammi vedere come ti spogli, ma lasciati le calze.”
Muovendomi a tempo con la musica, mi tolsi la camicetta e la gonna, nella maniera più sensuale possibile, poi infilai le mani nel reggiseno per far uscire le tette. Quando rimasi col solo perizoma gli diedi le spalle per piegarmi in avanti sino a toccare con le mani le caviglie, credendo che più lo avessi eccitato, meno sarebbe durato il rapporto con lui.
“Ma com’&egrave brava la mia puttana !” esclamò battendomi le mani “Sotto il tavolo c’&egrave una scatola, aprila e prendi quelle che c’&egrave dentro.”
Feci quanto mi aveva ordinato, trovando nella scatola un grossissimo fallo con una ventosa alla base.
“Non dirmi che non sai cos’&egrave, visto che ti sei fatta quella gran lesbica di Teresa.” mi disse notando il mio stupore.”
“Ma che dici, sei pazzo !”
“Si e tu sei vergine, ah ah. Dai che lo so che ci sei stata a letto e che ti ha raccomandata per toglierti dagli uffici, quindi poche storie e datti da fare con quello, che dopo arriva quello vero.”
Decisi in quel momento, che qualunque cosa mi avrebbe fatto, non gli avrei mai dato la soddisfazione di dire che mi faceva godere.
Giurai inoltre a me stessa che mi sarei vendicata prendendomi anche gli interessi, con l’uomo che mi aveva costretta a subire quel ricatto, e che avrei rivelato tutto ciò che sapevo di lui a mia madre.
Mi sistemai sul tavolino con le gambe ben aperte, presi il fallo con le mani e, dopo averci sputato un paio di volte sulla punta, iniziai ad infilarmelo in bocca simulando un pompino.
“Hai proprio la faccia da pompinara !” mi disse sprezzante.
Per tutta risposta feci scivolare lentamente una mano sulla passera, per poi allargarla con due dita.
Feci entrare quindi due dita accompagnandole con sospiri di piacere e frasi sconce.
“Dai zoccola buttatelo dentro senza tante manfrine.” mi ordinò arrapato.
Senza dire nulla portai il fallo davanti alla mia passera per sfregarcelo contro ed iniziare a masturbarmi, incurante del dolore dovuto dalle sue dimensioni, con gran foga sin da subito.
Mi resi conto ben presto che ero però piuttosto scomoda, così fissai il fallo tramite la ventosa al centro del tavolo, per impalarmici sopra dando le spalle al mio aguzzino.
“Hai davvero un bel culo, sarà un piacere sfondartelo.” mi disse toccandosi il pacco.
“Oh non sai come godo con questo cazzone, spero tanto tu ce l’abbia bello grosso.” gli risposi sfiorandomi il buchetto.
“Ora basta !” urlò quasi furioso “Vieni qui e tiramelo fuori.”
Scesi dal tavolo e muovendomi a quattro zampe m’avvicinai a lui, gli tolsi i mocassini, per poi aprirgli i pantaloni che, come alzò il sedere, sfilai insieme alle mutande, scoprendo però un pene più che normale.
“Ma &egrave tutto qui !” esclamai quasi ridendogli in faccia “Cavolo il mio ragazzo al tuo confronto &egrave uno stallone di razza!”
“Taci troia e leccami il culo e le palle.”
“Si così magari ti si gonfia un po'” gli risposi sarcastica come non mai.
Nonostante avessi ribrezzo dell’uomo che avevo davanti, gli allargai le chiappe e allungai la lingua verso il suo buchetto, coperto da tanti peli da fare schifo. Gli leccai il culo quasi con devozione, per poi risalire i testicoli, che presi facilmente in bocca per succhiarli, mentre con una mano gli tenevo il pene il alto.
Quando il porco iniziò a gemere con maggior intensità, presi il suo membro in bocca, facendo scorrere fin da subito le labbra molto velocemente, certa che non avrebbe resistito a lungo.
Ma proprio quando stava per venire, lui mi spinse via, ordinandomi di mettermi carponi (perché) “Ho una bella sorpresa per te.”
Non appena misi il sedere il alto, m’infilò un plug nel buchetto, facendomi molto male, visto che non l’aveva neanche leccato per lubrificarlo un po’.
Poi mi girò sbattendomi il suo membro davanti alla faccia, e dandomi degli schiaffetti sulla passera.
“Ci vuole ancora molto per scopare ?” gli chiesi beffarda.
“T’accontento subito puttana !”
Mi fu sopra in una attimo, e tenendomi le gambe ben aperte, mi penetrò ancor più velocemente.
“Volevi il cazzo troia ? Eccoti accontenta !”
“Ma io lo volevo grosso, un bel cazzone che mi riempisse tutta, come quello finto che m’hai dato prima, non questo microbo.”
Più lui m’insultava, più io ironizzavo sulle dimensioni del suo pene, nonostante avesse iniziato a darmi delle forti manate sul seno.
Furioso com’era venne quasi subito, schizzando il suo orgasmo sul mio viso sorridente.
“Peccato sei già venuto … e io che speravo che almeno durassi abbastanza da farmi godere.” gli dissi pulendomi con la faccia con le dita che poi mi portavo in bocca.
Ormai fuori di se mi spinse sulla poltrona, dove m’alzò il sedere per sfilare il plug e sodomizzarmi col grosso fallo che avevo usato io in precedenza. Poi ne prese un altro leggermente più piccolo, che m’infilò nella passera, riempiendo così ogni mia intimità.
“Oh si dai fottimi con questi, non sai come mi sta piacendo…mm dai che godo.”
Il bastardo allora si girò dandomi la schiena, per schiacciarmi la faccia col suo culo schifoso, e non contento di ciò mi tirava i capezzoli facendomi davvero male.
“Non parli più puttana ? Ora ti faccio il culo come si deve e poi vediamo se ridi ancora.”
Essendo molto più forte di me, Martinelli mi sollevò dalla poltrona, mi sfilò il fallo dal culo per sostituirlo col suo pene nuovamente eretto. Mi ritrovai così quasi seduta su di lui che riprese a torturarmi le tette, ora strizzandole con forza, ora tirandomi nuovamente i capezzoli.
“Ti piace così ? Dillo che stai godendo ?” mi gridò con rabbia.
“Teresa &egrave molto più brava di te, lei si che sa come far godere una donna, anche usando la forza. Tu invece con quel cazzetto sei solo violento, quindi vieni in fretta e non rompermi le palle.” gli risposi con tutta la cattiveria che avevo addosso.
Ne seguì una sorta di danza in cui ognuno di noi due aveva un suo preciso ruolo, lui quello del sadico che cercava in tutte le maniere di farmi male, e io quello della donna insoddisfatta che lo prendeva in giro per la sua prestazione.
Devo ammettere che Martinelli si dimostrò in ogni caso un uomo ricco di fantasia, oltre che estremamente perverso, mettendomi in tutte le posizioni possibile e usando le mani con rara maestria pur di procurarmi del dolore.
Alla fine mi venne dentro mentre mi masturbavo furiosamente col fallo più grande, per poi infilarmi di nuovo il plug nell’ano martoriato.
“Così non hai bisogno delle mutandine per non sporcare, troia.” mi disse mentre si puliva con un fazzoletto.
Cercai i miei abiti che indossai in tutta fretta per andarmene finalmente via da quel posto così ricco di squallore., quando lui mi prese per un braccio.
“Non crederai che finisce qui, ti voglio domani alla stessa ora.”
“Scordatelo pure, puoi tenerti giusto il mio perizoma per farti una sega.”
“Ah si, così vuoi farmi incazzare ?”
“Stammi a sentire pezzo di merda che non sei altro, tu prova solo a nominare mio padre e stai tranquillo che dopo neanche due minuti tutta la città saprà che sei solo uno sbruffone senza cazzo !”
Lui cercò di darmi uno schiaffo, ma io fui lesta a schivarlo colpendolo al contempo con un calcio proprio in mezzo alle gambe, facendolo accasciare per terra.
“Vedo che non hai capito un cazzo, si vede proprio che sei uscito male, eppure tua madre era ben allenata a tenere le gambe aperte !”gli dissi uscendo da casa sua “Non devi più provare neanche a sfiorarmi, nominare me o uno della mia famiglia o diventi lo zimbello di tutta la polizia italiana, così magari poi trovi qualche bel maschione che t’incula e ti fa capire che razza di frocio sei.”
Nell’ascensore mi tolsi il plug pulendomi alla meglio con dei fazzolettini di carta, quindi presi la macchina e tornai a casa.
I miei stavano dormendo, così decisi che avrei raccontato a mamma tutto quello che sapevo su mio padre il giorno dopo, e con lei avrei cercato il modo migliore per vendicarci delle sue malefatte.
Mi feci una doccia per togliermi lo sporco che mi sentivo sulla pelle, anche se era più un lercio morale che materiale, poi m’infilai nel letto ancora un po’ dolorante per tutti gli schiaffi presi da Martinelli, il quale da quella sera m’evitò come la peste, per finire la sua carriera neanche un mese dopo, ucciso durane un ‘regolamento di conti’ nell’ambito della prostituzione.

Continua

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