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Storie di Mare

By 22 Maggio 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

Durante l’adolescenza, il mio animo era turbato per Nina, una ragazza di un anno più grande di me conosciuta al mare l’estate precedente.
Non era la tipica bellezza, ma non era neanche brutta; era il suo atteggiamento da diva che la rendeva ai miei occhi una strafica. Se la tirava tantissimo senza averne poi tutti i motivi, ma Dio solo sa quanto avrei voluto trombarmela!
Ebbene, l’avrei rivista a breve, e già mi masturbavo pensando a lei: i capelli corvini mossi e lunghi fino alle spalle, le tette piccole ma sode ed il culo con quel tanto di cellulite (pochissima) che piaceva a me. Ma soprattutto ricordavo di lei l’aria di sufficienza che riservava a tutti, me compreso, e che tanto mi infastidiva. Nei miei sogni erotici io la sbattevo sempre al muro per vendicarmi del suo comportamento, e la scopavo violentemente.

Arrivato il giorno della mia partenza, mi ero recato subito in spiaggia senza passare per casa a posare le valigie, per risparmiare tempo.
L’avevo riconosciuta subito: sfilava per la spiaggia con le sue due inseparabili amiche, entrambe molto carine (e anche più di lei), tutte e tre vestendo costumi alla moda.
Ogni anno era dura riapprocciare dall’inizio per me, gli altri ragazzi si frequentavano tutti l’estate rimanendo tre mesi in paese, mentre io arrivavo sempre a metà luglio; era il motivo principale per cui ancora non avevo concluso nulla con Nina, né con le sue amiche.
Ma quell’estate avevo deciso di adempiere al mio obiettivo, e mi ero avvicinato spavaldo alle tre ragazze ostentando sicurezza e simpatia: avevo ottenuto il risultato di uscire insieme alla loro comitiva la sera stessa.

Quella sera eravamo un gruppo di dieci persone: Nina, le sue due amiche Laila e Cristina, io e altri sei ragazzi divisi equamente tra maschi e femmine. Io avrei preferito qualcosa di più intimo, e avevo dovuto aspettare verso mezzanotte, orario di coprifuoco per alcuni, per essere soddisfatto. Dopo quell’ora eravamo rimasti in sei: io, Nina, Laila, Cristina e altri due ragazzi, Luca e Simone.
A Nina era venuto subito in mente di giocare a ‘Obbligo o Verità’: in fondo era perfetto, dato che era notte ed eravamo ragazzi. Non vedevo l’ora, infatti speravo di poter concludere qualcosa con Nina grazie ad una domanda o un obbligo imposto da qualcuno.
Ma lei aveva altro in mente. Tutta la sera aveva cercato di mettermi in imbarazzo dicendo che io e Cristina saremmo stati una bella coppia. Io speravo che in realtà fosse solo un meccanismo di autodifesa allo scopo di nascondere la sua intenzione di provarci con me.

Tra domande e baci casti il gioco procedeva, finché a Luca non era stato ordinato di esibire il pisello. Lui aveva rifiutato dicendo: ‘Ragazzi, finché ci si baciava era tutto ok, ma non spingiamoci oltre. Meglio che me ne vada’, e così aveva fatto. Simone, da buon segugio, era andato via pure lui. Rimanevamo in 4, e a quel punto le ragazze, Nina soprattutto, mi intimavano di tirare fuori il cazzo.
Non avevo niente di cui vergognarmi, e quindi l’avevo mostrato. Le tre ragazze avevano espresso suoni di approvazione.

A questo punto Nina aveva deciso di prendere in mano le redini del gioco, e aveva sfidato Laila a farmelo drizzare. Lei non aveva nulla in contrario e io non mi ritraevo, quindi aveva cominciato a carezzarmi il pene. Non so se era stato quel tocco o l’avere Nina davanti a guardare, fatto sta che la mia mazza si era eretta in pochi secondi. Altri mugolii di approvazione. Laila intanto tornava al suo posto. Nina, ormai padrona del gioco, aveva sfidato Cristina a farmi un pompino di almeno cinque minuti. Cristina era una brava ragazza, un po’ timida, e io sapevo di piacerle. Per questo era restia e non voleva accettare ma, dopo le molte insistenze delle amiche, aveva avvicinato le sue dolci labbra al mio membro e mi aveva spompinato; dapprima lentamente, poi sempre più veloce, sino allo scadere del tempo.

Non ero ancora venuto, e questo pareva stupire le tre ragazze (evidentemente erano abituate con ragazzini che venivano appena li si sfiorava) tanto che Nina mi aveva chiesto: ‘Come mai niente latte? Non ti è piaciuto il tocco di Cristina?’. Aveva detto questa frase con evidente acidità, come una che prova sollievo nel vedere che una sua rivale ha fallito, ma non lo vuole dimostrare.
‘Preferirei altro’ era stata la mia risposta.
‘Cos’altro?’ aveva ribattuto lei in tono di sfida.
‘Mi piacerebbe sbatterti al muro e scoparti selvaggiamente’
Laila ululava in segno di provocazione, Cristina taceva imbarazzata. Dopo un momento di pausa che a me era sembrato interminabile, Nina aveva risposto: ‘Fallo, allora.’

Non me lo ero fatto ripetere. Mentre Laila e Cristina uscivano dalla stanza, io mi spogliavo velocemente proprio come Nina, e mi accingevo a mantenere ciò che avevo detto.
L’avevo scopata solo in piedi e sempre addosso al muro, perché era tutto quello che avevo sempre immaginato e perché il sesso non era durato più di quindici minuti. Ma in quel quarto d’ora avevo messo tutta la potenza accumulata in un anno e mi ero sfogato penetrandola con violenza.
Non era vergine, ma godeva decisamente parecchio.

Nel corso degli anni, ogni estate la scopo sempre e solo allo stesso modo, e lo farò anche l’estate prossima. Nina, a distanza di diciassette anni dalla nostra appassionata prima volta, è sposata con un politico di oltre trent’anni più vecchio di lei. Io sono sposato da cinque anni con Cristina, che non sa ma sospetta che io mi trombi ancora la sua amica, ma non fa nulla per impedirlo. Laila è l’attuale ministro della pubblica istruzione, anche se non è mai andata oltre il certificato di terza media. Pare che distribuisca prestazioni sessuali al Presidente del Consiglio, ora settantasettenne. Luca e Simone si sono sposati in Spagna tre anni fa, e hanno adottato due figli.
Ora scusate, ma c’è mia moglie che mi chiama. Ha invitato Laila a cena, e sembra che sia uscita fuori l’idea di un menage a trois: di certo non mi tirerò indietro, aspettando la prossima estate’

Premetto che inventerò il nome del paese di mare dove è ambientata questa storia, ma assicuro che è in tutto e per tutto ispirato al vero luogo in cui si è posta questa narrazione.

18 anni appena compiuti e tanta voglia di vacanza: nello specifico voglia di sole, mare e belle ragazze. A Tiberiade, dove la mia famiglia aveva una casa da generazioni, questi tre elementi non mancavano di sicuro. Tant’è che perfino gli imperatori romani venivano a sollazzarsi qua, portandosi dietro tanti schiavi e, perché no, una gran quantità di lupae, le prostitute latine.
Niente di meglio che campeggiare là, allora, e portarsi dietro Giorgio, amico da 11 anni con il quale era ormai per me tradizione passare insieme almeno una settimana d’estate l’anno.
Già nel viaggio in macchina, il primo da quando avevo preso la patente, discutevamo delle tattiche di abbordaggio che avremmo dovuto adottare per passare la settimana in buona compagnia.

Eppure, in nessuna delle sere a nostra disposizione avevamo trovato due pollastrelle single per noi, e il fallimento si ripeteva l’indomani in spiaggia. A noi, ormai abbandonati all’idea di una vacanza di divertimento spirituale e non fisico, rimanevano solo le belle partite a beach soccer e racchettoni.
E così arrivò il giorno in cui Giorgio doveva partire, mentre io sarei rimasto altre due settimane da solo, sperando di rincontrare qualche vecchio amico d’infanzia. Il suo treno sarebbe partito alle sette di sera, e perciò avevamo un’intera, ultima mattinata da passare insieme in spiaggia.

Eravamo stesi sul lettino, intenti ad osservare l’orizzonte che presentava il Circeo ad est e le isole Pontine a nord, quando la vedemmo. Una ragazza con lunghi capelli biondi con in braccio un materassino stava seguendo una donna più anziana in mare, probabilmente sua madre. Purtroppo non feci in tempo a guardarle il viso, e così anche il mio amico; ma ci bastò osservare il suo lato B per convincerci a seguirla in mare, nonostante avessimo fatto il bagno appena dieci minuti prima.

La battezzammo ‘Culo Divino’ data la splendida forma del suo posteriore. Le sue natiche erano così tonde e sode che una top model gliele avrebbe invidiate. Aveva davvero un sedere perfetto, e lei lo sapeva: ne aveva infatti accentuato le forme con un perizoma, mostrando le sue chiappe all’intera spiaggia.

Una volta in acqua io e Giorgio non riuscimmo ad avvicinarci a lei perché era in compagnia dei suoi genitori, ma riuscimmo a vederla anche da davanti. Il suo seno non era poi così grande, ma in viso era veramente una ragazza bellissima. Occhi color nocciola intenso, labbra carnose al punto giusto ed un timido neo sulla guancia destra le conferivano l’aspetto di una meravigliosa ragazza acqua e sapone. Godeva inoltre di un fisico perfetto, con la pancia piatta e le gambe toniche e chilometriche. Sarebbe stata la ragazza ideale per chiunque, per me lo era di certo: non riuscii a togliermela di mente neanche per un attimo. Anche quando accompagnai Giorgio in stazione pensavo a Culo Divino.

Quella sera stessa uscii, sconsolato per la partenza del mio amico e speranzoso di trovare qualche vecchio amico nella movida notturna di Tiberiade. Invece trovai Culo Divino: era seduta al bar con i suoi genitori, annoiatissima proprio come lo ero io privo della compagnia di Giorgio. Infatti pensai a lui dopo averla vista e glielo comunicai via sms. Lui mi rispose che, se avessi avuto la fortuna di trovarla sola, quello della noia comune sarebbe stato un ottimo argomento per rompere il ghiaccio.
Ma non ebbi quella fortuna, almeno nei tre giorni successivi.

Dopo quella sera non la vidi più, né in spiaggia né al bar la sera, e temetti che fosse partita. Ma fortunatamente la incontrai qualche sera dopo in una pizzeria a taglio, sola ed intenta a cercare i soldi nel portafoglio. Presi un pezzo di pizza per me e pagai anche il suo: lei mi fu così grata che accettò di passeggiare insieme a me per il resto della serata.
La portai al belvedere del paese, che presentava un bellissimo ritratto del Tirreno illuminato dai falò sulla spiaggia. Poi la portai in tutti i luoghi più romantici di Tiberiade, che conoscevo come le mie tasche essendoci andato tutte le estati della mia vita.

Fu una bella serata, in cui ci conoscemmo e io scoprii che il suo carattere era compatibile con il mio, e ciò la rendeva ancora di più la ragazza perfetta per me. Decisi di prendere l’iniziativa:
‘Ti ho notata in spiaggia, splendida con quel perizoma. E ti ho notata al bar, bellissima anche se annoiata dai tuoi genitori. Mi hai davvero colpito’
‘Se devo essere sincera, l’ho notato, e aspettavo con ansia una tua mossa: non mi è bastato sculettare per te mentre eravamo entrambi in mare, né le occhiate libidinose al bar. Ho dovuto fare tutto da sola stasera in pizzeria!’
Lo stupore di essere stato ricambiato aveva lasciato subito posto alla consapevolezza di essere un idiota che non sa leggere i segnali inviati dalle ragazze. Beh, non volevo perdere altre occasioni, e la baciai.

Fu una lunga e appassionata pomiciata; poi lei mi disse che non cercava una storia seria, ma solo del buon sesso. La cosa mi spiazzò, visto che pensavo ci fosse il giusto feeling tra noi. Inoltre non ero d’accordo: mi ero preso una gran bella cotta per lei.
Però dissi solo: ‘Non rifiuto mai del buon sesso, soprattutto ad una ragazza come te’ e la portai a casa mia.

Stranamente, sembrava lei quella più presa e fu lei a spogliarmi per prima. Quando invece la vidi nuda, fui così attratto dal suo corpo che, preso da un impeto ferino, la gettai sul letto e la penetrai senza troppi fronzoli. Era stata forse la delusione amorosa di poco prima a rendermi così violento, ed era sicuramente stata quella a negarle la gioia dei preliminari. La scopai con forza per due ore, e mentre godeva pensai che lei stava avendo esattamente quello che voleva, mentre io avrei rimediato ‘solo’ una gloriosa notte di sesso e niente più.

Dopo che esplosi il mio orgasmo dentro di lei, decisi che anch’io avrei dovuto trovare soddisfazione, in un modo o nell’altro. E quindi avrei dovuto avere quel culo celestiale.
La girai e, quando lei capì le mie intenzioni, cerco di dissuadermi: ‘No, ti prego, là sono ancora vergine’ Ci tengo’Ti scongiuro!’
Questo suo tentativo mi convinse ancora di più: sarei stato il primo a sfondare quel Culo Divino!
Lei provò nuovamente a opporre resistenza, ma ero irremovibile, e la porcellina cedette. Ma prima mi chiese se poteva farmi un pompino per lubrificarmi il pene, e io accettai di buon grado.

Era molto brava nella fellatio, sicuramente più delle altre con cui l’avevo provata in precedenza. Ci mettemmo in posizione di 69, così lei mi poteva succhiare il bastone mentre io le leccavo il buchino e lo allargavo con la lingua.
Non fu facile farla smettere: evidentemente lei sperava che io mi sarei stancato in quella posizione e che avremmo finito la serata così. Ma quello non era il mio obiettivo, e per nulla al mondo me lo sarei fatto sfuggire. E così fu: la misi a pecorina sul letto e spinsi il glande nel suo ano. Dapprima urlò di dolore, poi si abituò al corpo estraneo e allora io iniziai a pompare. La stantuffai sonoramente e, oltre all’atto in sé, il rumore delle mie palle che sbattevano nell’incavo delle sue natiche mi mandava in estasi. Venimmo simultaneamente.
Ormai si erano fatte circa le due di notte, perciò lei decise di dormire da me.

Facemmo sesso il giorno dopo, e quello dopo ancora, e così le due settimane successive. Andavamo in spiaggia, uscivamo e mangiavamo insieme. In quel periodo ‘Culo Divino’ è diventata la mia ragazza, e lo è ancora oggi. Così si è avverato il mio doppio desiderio di mettermi con lei e di possedere quel Culo Divino.

è la prima volta che vado a Perlatri, sul litorale tirrenico, da solo in macchina. Ho preso la patente da soli due mesi, ma non ho paura di guidare 120 km su una tra le strade più pericolose d’Europa, perché conosco così bene la strada che potrei farla anche ad occhi chiusi.

Ogni estate raggiungo quel paesetto pieno di belle spiagge insieme alla mia famiglia, e lo facciamo perché là abbiamo una casa e soprattutto i miei hanno una comitiva di amici che si conoscono da più di quarant’anni, e si ritrovano lì ogni anno.
Effettivamente io passo lì le mie vacanze più per abitudine che per passare delle piacevoli giornate estive: infatti non mi diverto più da quando ero un bambino.
Non che io sia asociale o che Perlatri non sia piena di ragazzi della mia età; il guaio è che i miei genitori escono con il loro gruppo di cinquantenni e io, non sapendo che altro fare, vado con loro.

L’unica persona di quella comitiva che mi si avvicina di più anagraficamente è Melita, di quattro anni più grande di me. è la figlia di Salvo, un verace e atletico campano, noto per il suo attaccamento alla figlia. Melita è infatti conosciuta da noi come ‘Melita a papà’ perché, quando il padre la chiama a sé, aggiunge il suffisso ‘a papà’ in ogni occasione. Per esempio: ‘Melita, a papà, vammi a prendere un caffè’. Oppure: ‘Melita, a papà, ti va di uscire con noi stasera?’

Il mio problema con Melita è che, essendo più grande di me, mi ha sempre trattato come un fratello minore o addirittura lasciato da parte: infatti lei ha da sempre preferito frequentare suo padre e gli altri adulti. Io invece la vedevo crescere nel fisico ogni anno di più e, quando ho raggiunto l’età in cui iniziavo a pensare alle donne in modo sessuale, mi masturbavo con l’immagine di Melita fissa nella mente.

Melita era nota a tutti per essere molto brava negli studi ed una ragazza perbene: queste caratteristiche, unite all’età maggiore della mia e ai suoi comportamenti nei miei confronti, la rendevano ai miei occhi una ragazza irraggiungibile.

La sua attitudine ad avere compagnie molto più vecchie della sua età si è amplificata da quando ha trovato lavoro in un ufficio legale; inoltre lei stessa sembra più vecchia di quello che è, sia nell’atteggiamento che fisicamente. Dai bei capelli color castano che aveva, lei se li è tinti biondo platino ed ha iniziato a truccarsi più pesantemente; oltre a ciò, la sesta di tette ed il culo rotondo e ingombrante aiutano a farla sembrare una quarantenne.

Ma a me sembrava solo una pornostar, una MILF, di quelle che nei video si fanno sbattere dagli idraulici o dagli scolari. Ecco: io durante le mie masturbazioni, immaginavo sempre di averla come professoressa e di scoparmela ogni fine lezione.

Quest’anno comunque, ho perso ogni illusione di poter entrare più in intimità con lei, anche perché non ho mai avuto nessuna possibilità: almeno spero di poter trovare un gruppo di amici della mia età, ed evitare così di passare un altro mese ad annoiarmi in compagnia di gente molto più vecchia di me.

Riconosco il lungomare azzurrissimo di Perlatri, parcheggio e mi reco a casa mia, dove mi aspettano i miei genitori.

Le prime due settimane passano come avevo temuto, e io non faccio nessuna nuova conoscenza; in compenso, però, ho finito di leggere due libri.

Il 14 luglio, in spiaggia, Salvo e Melita ci invitano al compleanno di quest’ultima in spiaggia domani sera. Compirà 22 anni. I miei accettano, e io con loro.

Arriva la festa, e si svolge come avevo previsto. Ci sono molti più ultracinquantenni che ragazzi, anche se sono i pochi amici e compagni di Melita che tengono animata la festa. Loro bevono alcolici a fiumi, i vecchi conversano e io rimango un po’ in disparte a rimpiangere di aver partecipato.

A festa finita, però, sorgono sviluppi che non mi sarei aspettato: Melita è ubriaca, e suo padre Salvo mi chiede di accompagnarla e farla dormire a casa mia, per la fiducia che ripone in me ma soprattutto per mancanza di alternative. Infatti a casa sua alloggeranno gli amici di Melita venuti da fuori e lui, i miei genitori ed il resto della comitiva continueranno la serata in un paesino vicino e dormiranno là, come ai vecchi tempi.
Un po’ spiazzato dalla richiesta ma deciso a caricarmi della responsabilità acconsento, e scorto la barcollante ragazza fino a casa mia, portandola sotto braccio.

La sistemo sul mio letto, il più comodo della casa, mentre io mi adagio sul letto matrimoniale.
Devo ammettere a me stesso che sono piuttosto eccitato, il prolungato contatto con Melita ha sortito un effetto ben visibile sul mio uccello, ora durissimo. Inoltre l’idea di rimanere una notte solo in casa con la ragazza dei miei sogni erotici e l’aver visto il suo corpo in mutande e reggiseno aumentano il fermento dei miei ormoni adolescenziali. Infatti, sotto sua richiesta, ho aiutato Melita a svestirsi per mettersi a letto.

Un’altra volta dovrò accontentarmi della solita sveltina in solitaria seduto sul cesso di casa mia, prima di concedermi al dolce abbraccio di Morfeo.

Siamo nel cuore della notte, e Melita viene a svegliarmi per chiedermi se può dormire insieme a me: vedo che è ancora brilla, e biascica di aver avuto degli incubi. Sono un po’ imbarazzato quando accetto, e mi tengo tutto sul ciglio del letto per lasciarle il suo spazio. Ma non è l’unica ragione: c’è qualcuno che si riaffaccia prepotentemente all’interno dei miei pantaloncini e vorrei nasconderlo.
A fatica, cerco di riassopirmi.

Non faccio in tempo ad addormentarmi che Melita si avvinghia a me, e il mio cazzo prende la consistenza del marmo. Ma sono bravo a resistere e faccio finta di niente.
La giunonica ragazza però se ne accorge, e prende la fatale decisione di giocare con me. Quindi, dopo aver sussurrato un ‘Che caldo!’ fintamente innocente, si sfila il reggiseno.

Ora le sue floride tette sono a contatto diretto con la mia schiena, e lei continua a strusciarsi su di me, avendo come effetto diretto quello di eccitarmi ancora di più, se possibile. I suoi capezzoli sono duri come chiodini, e quasi mi rigano la pelle. Lei continua la tortura direzionando i suoi seni contro la mia schiena circolarmente, a mo’ di massaggio.
Rilassati e pensa ad altro, dico tra me e me.

Incredibilmente e molto stoicamente riesco a resistere e a non dare retta alle voglie di Melita, anche se una parte di me si chiede perché non posso assecondarla: ho sempre sognato una situazione simile, ed è lei a volerlo fare. La risposta, purtroppo, è semplice: non sono il tipo che si approfitta di una ragazza ubriaca, e soprattutto conosco suo padre, e si fida di me.
Dotato di una resistenza quasi sovrumana, riesco a riassopirmi.

Ma la porcellina, ancora sveglia ed eccitata dai fumi dell’alcol, continua a tentarmi. Fallito l’attacco con le tette, decide di cambiare arma e, perseverando con la scusante del caldo, fa volare via dal letto anche le mutandine. Ora, completamente nuda, si divincola lentamente dietro di me, sfiorandomi la schiena con ogni centimetro del suo corpo. Il contatto è così diretto e prolungato che riesco a percepire il calore della sua micetta, e addirittura sento su di me gli umori che fluiscono da essa.

Faccio finta di dormire, ma la curiosità di vederla nuda è tanta che non riesco a reprimere l’impulso di girarmi. Ora sono rivolto verso di lei e apro un occhio per scorgerla, sperando che non mi veda. La visione è paradisiaca ed enormemente sensuale, e dal cervello arriva l’impulso al mio cazzo di erigersi. Ovviamente è palesemente visibile, velato solo dai boxer, ma devo sperare che Melita non si accorga anche di questo.

E invece doveva aver tenuto d’occhio quella zona per tutto il tempo, perché se ne accorge subito. Dice: ‘Allora ti piace!’ e dirige tutte le sue attenzioni sul mio pacco. Capisco che ha intenzioni bellicose e, dopo aver saggiato la consistenza della mia verga, mi cala le mutande molto lentamente.
Provo a protestare: ‘Melita, forse non dovremmo”, ma lei mi interrompe con un perentorio ‘Lasciami fare’. La lascio fare.

Le sue mani si avventano così sul mio uccello, e insieme si muovono su e giù, su e giù’poi arriva il turno della bocca, che accoglie molto calorosamente il mio membro. Ha ancora del rossetto sulle labbra, ed il contatto con esse va a colorare il mio glande. Quest’immagine rende Melita una puttana vera e propria ai miei occhi. E, siccome la carne è debole, decido di cedere al suo gioco e fare di lei tutto ciò che voglio.

Ho resistito fin troppo, ora è arrivato il momento di sfogare tutto il mio vigore. Mi sottraggo al caldo risucchio della sua bocca e le dico: ‘Va bene zoccoletta, facciamo come vuoi tu. Ma siamo in casa mia, e io stabilisco le condizioni. La mia unica regola è che non devi urlare, altrimenti verrai punita.’
Obbedisce come un docile cagnolino.

Il mio primo passo è quello di insinuarmi in quelle meravigliose poppe: avvicino la bocca alle succose mammelle e succhio avidamente. La porcellina geme di piacere.
I gemiti si intensificano quando sostituisco i denti alle labbra, e mordicchio con leggera cattiveria i rosei capezzoli.

Vorrei che urlasse per poterla punire a modo mio, e nello stesso tempo vorrei che non urlasse perché qualche vicino sveglio ci potrebbe scoprire. L’aspetto dominatore prevale su quello prudente, e perciò decido di avvicinarmi all’obiettivo progressivamente.

Infilo il tronco carnoso nello stretto canale tra le due meraviglie in mezzo al petto di Melita, e lei comprende la mia voglia di spagnola. Le sue mani accompagnano le burrose tette, che a loro volta assecondano il movimento del mio membro. Dopo tutto quello che ho sofferto per resistere di scoparmi seduta stante questa ragazza, non è il sesso soft che voglio; quindi scanso le sue mani dal seno e le sostituisco con le mie.

Solo che le mie mani sono molto meno delicate delle sue, e le stringono le tette più forte del normale: anche perché altrimenti non riuscirei mai a trattenerle nei miei palmi, sono così grosse e morbide che cercano di liberarsi da sole.
La strizzata non produce gli effetti da me desiderati, neanche un breve urletto.

Allora prendo Melita per i platinati capelli e, perpetuando la spagnola con l’altra mano, avvicino la sua testa al mio cazzo. Istintivamente lo accoglie in bocca, ma non mi dà soddisfazione.
Quindi lascio stare le tettone e mi impegno a ficcare l’intera nerchia nella sua bocca e a pompare velocemente, come se gliela stessi scopando. La porcellina non sembra disdegnare, e ci prende gusto. Almeno fino a che non gli va di traverso e rischia di soffocare.

Mi levo e la lascio respirare, non senza una punta di malsano compiacimento.

è arrivato ora per me il momento di scoparmi la zoccoletta nel mio letto. Con una mano tasto il suo livello di lubrificazione: la figa è madida di umori, non ci sarà bisogno di preparare il terreno con le dita o con la lingua. Una sottile coltre di peletti mi invita ad entrare, e penetro senza molti complimenti.

Proprio mentre meno me l’aspettavo arriva il suo grido, e non ne capisco il perché. Melita poi continua a soffrire in silenzio, ed io esco da lei. è in quel momento che capisco l’accaduto: la mia partner era ancora vergine, e c’è poco da stupirsi. In effetti non è una ragazza dissoluta, e la sua condotta fino ad ora era stata ineccepibile.

Tutto per me diventa più gustoso: sto sverginando il mio sogno erotico nel mio letto, e inoltre ha appena urlato. Ricompensa per me e punizione per lei!

Continuo a scoparla, e lei inizia ad abituarsi alle dimensioni del mio uccello e a lasciarsi andare. Ora sta persino godendo.

Improvvisamente mi separo da lei, e Melita non sembra essere d’accordo: ‘Dammene di più, dammene ancora ti prego!’. Ormai si era totalmente abbandonata agli istinti più primordiali ed al piacere dei sensi. ‘Oh, non ti preoccupare, ne avrai ancora. Ma hai urlato prima, e quindi hai infranto la mia unica regola. Adesso ti spetta una punizione’
Senza freni, e forse ancora un po’ brilla, Melita non si oppone neanche un po’: ‘Sì, puniscimi, fai di me ciò che vuoi!’
‘è proprio quello che ho intenzione di fare, dolcezza’

Di peso la posiziono a pecorina, e avvicino il naso alla micetta grondante: che odore paradisiaco!
La schiaffeggio un po’ sulle chiappe e, senza nessun preavviso, sfondo il suo forellino.

Puntuale arriva il secondo urlo, il dolore per lei deve essere immenso. Già ho in mente per lei la successiva punizione, e non mancherà molto prima che se ne possa accorgere.
In effetti anche per me il dolore è estremo: non avevo mai provato il sesso anale prima d’ora. Però so che devo lasciare tempo al suo retto per adattarsi al mio pene. Nel frattempo mi accascio su di lei, baciandola e massaggiandole le tette.

Due minuti dopo sono già qua che stantuffo, e mano a mano i suoi gemiti di dolore stanno diventando di piacere. Schiaffeggio il suo sedere, e ormai le sue natiche sono rossissime.

Lei è già venuta un paio di volte se ho contato bene, e tra poco arriverà anche il mio momento. Come punizione per prima, decido che lo farò interamente dentro Melita.
Puntualmente il mio orgasmo esplode, e scarico dentro il suo retto ettolitri di sperma caldo.

Ormai siamo stremati entrambi, e ci mettiamo a dormire uno accanto all’altra, abbracciati.

IL GIORNO DOPO

Ci svegliamo entrambi verso mezzogiorno, e lei sembra scossa. Non so se fa la finta tonta, ma afferma di non ricordarsi nulla. Potrebbe sembrare sincera, ma io non ci credo. Non si scorda una notte così, anche se si è ubriachi. Soprattutto se ti fai sverginare da un amico di vecchia data, che prima d’ora consideravi solo un ragazzino.
In ogni caso, non mi va di polemizzare, e le racconto tutto per filo e per segno. Le esprimo anche il mio rammarico per non aver resistito alla tentazione.

Melita mi guarda e mi sorride, e dice solo: ‘Non c’è problema’. Poi ci prepariamo ed andiamo in spiaggia.

Per tutto il giorno facciamo finta di niente con parenti e amici, e quasi evitiamo ogni contatto fra di noi. Poi lei mi chiede di andare ai bagni dello stabilimento per parlare di ieri notte. Ci chiudiamo nel bagno degli invalidi, il più ampio, e ci accingiamo a conversare seriamente. Ma non c’è granché da dire, oltre a quello che già sappiamo: non potremo più continuare per paura che gli altri lo vengano a sapere. E per altri intendo soprattutto suo padre.

Detto questo, lei si fa più rilassata e mi chiede: ‘Com’è stato? Cioè, io ho provato piacere?’
Capisco che si sta di nuovo formando tensione sessuale, e non voglio fare passi falsi.
‘A me è parso di sì, ma potrei sembrare un bugiardo in mancanza di una prova contraria’
‘Beh, allora voglio scoprirlo prima di pentirmene!’
Si sfila il costume intero, e subito il mio cazzo si impenna nei parigamba, pronto per essere chiamato in causa.

Il bagno degli invalidi è rimasto occupato per circa due ore.
Viola era contenta che la sessione d’esami fosse finita, perché così finalmente poteva pensare ad una meritata vacanza. Certo, non che avesse grandi aspettative su di essa, perché l’unica cosa che si poteva permettere sia economicamente che logisticamente era passare due settimane nella casa che le lasciavano a disposizione i suoi: si trovava a TorCapranica, a ‘ben’ 36 chilometri da casa sua a Roma. Eppure per lei non era affatto deprimente, perché quest’anno avrebbe avuto al suo fianco Francesca, sua inseparabile amica nella vita di tutti i giorni.

Era la prima volta che Francesca accettava l’invito di Viola nella sua casa al mare per le vacanze post-esami. Prima infatti aveva sempre rifiutato, poiché storicamente quello era il periodo che lei trascorreva con il fidanzato. Anzi, ormai ex-fidanzato, perché un litigio burrascoso aveva posto fine a quella che era stata una storia di quattro anni di tira e molla; ora Francesca era sicura che fosse tutto finito e voleva solo sfogarsi senza preoccupazioni.
Perciò sperava di fare sfracelli in quelle due settimane, l’unico problema sarebbe stato quello di far sbloccare Viola, da sempre riservata e sulle sue, tranne con coloro a lei più vicini.

Ragazza simpatica, Viola si era però sempre mostrata timida con le altre persone, e tutti coloro che la conoscevano bene si erano sempre chiesti il perché. La risposta la conosceva solo lei: mancanza di autostima, soprattutto a causa del suo fisico. Si sentiva troppo magra per poter provare un approccio con un ragazzo, e aveva paura che venisse rifiutata per il suo aspetto fisico. Per questo non aveva mai avuto una relazione amorosa.
Eppure, vista con un occhio maschile, Viola non era poi così male: era sì un po’ piatta sia davanti che dietro, ma era snella, e non magra; il suo viso inoltre era interessante e particolare: occhi color nocciola, capelli castani chiari lisci, lunghi poco oltre le spalle ed un naso aquilino che però non stonava con il resto.

Ma Viola era sempre stata invidiosa di Francesca, sin da quando la conosceva, e a ragione: era una ragazza che colpiva chiunque la guardasse. Di genitori africani ma adottata appena nata, Francesca veniva chiamata dai maschi (alle spalle, ovviamente) la Venere Nera. Aveva un seno esplosivo, un bel sedere e delle gambe atletiche. Anche il viso non era da meno: le labbra carnose erano equilibrate dagli zigomi prominenti e dagli inflessibili occhi marroni.
Con lei ci avevano provato tutti quelli che la conoscevano, ed ognuno di loro si doveva arrendere alla scoperta che era impegnata e assolutamente fedele. Ma la situazione stava per cambiare.

Dopo un breve viaggetto in Cotral, le due ragazze erano arrivate a casa, con l’intenzione di fiondarsi subito in spiaggia. Nel frattempo, Francesca aveva sondato le intenzioni di Viola riguardo i programmi della sera. La prima avrebbe voluto trovare subito una festa al mare o una discoteca, con l’ovvio obiettivo di rimediare una scopata, mentre la seconda propendeva per una più tranquilla cena + passeggiata, per riprendersi dalle fatiche del viaggio.

In spiaggia, le due erano state subito adocchiate dal popolo maschile, ma solo l’occhio attento di Francesca se n’era accorto; aveva però deciso di non darlo a vedere all’amica. Non poteva però esimersi dall’assumere pose provocanti per puro esibizionismo. L’esca aveva funzionato, e due stoccafissi avevano abboccato, avvicinando le ragazze mentre queste giocavano a racchettoni.
‘Scusateci, abbiamo occupato il campo da beach volley ma i nostri sfidanti non si fanno vedere. Vi andrebbe di giocare con noi? Ci sembrate molto atletiche”
Francesca, avendo visto in uno dei due ragazzi un tipo interessante e soprattutto palestrato, colse subito la palla al balzo: ‘Ma certo, dateci solo un attimo’

‘Senti Fra, non sono sicura che sia una buona idea”
‘Dai smettila, tanto mi ero pure stancata di giocare a racchettoni solo noi due’
‘Ma io sono scarsissima a giocare a pallavolo’
‘Non farti pregare, ci divertiremo’

I due ragazzi si chiamavano Christian (il fisicato) e Kevin (quello più sfigato dei due, di origini inglesi). Per tutta la durata della partita Francesca aveva palesemente flirtato con Christian, fino a proporre di fare un cambio di squadre e giocare insieme a lui contro gli altri due. Era chiaro come il sole che, se avessero continuato a frequentare quei due, a Viola sarebbe capitato Kevin.

Finito di giocare, i quattro si erano buttati a fare un bagno, e avevano perpetuato quella sottospecie di danza di corteggiamento iniziata poco prima. I contatti fisici tra Francesca e Christian si erano fatti frequentissimi. Si erano poi dati appuntamento dieci minuti dopo al bar.

Appena aveva potuto, Viola aveva bloccato Francesca per dirle che voleva godersi un po’ di relax loro da sole, senza quei due tamarri rompipalle. L’amica le aveva risposto che le piaceva uno dei due, e imponendosi le aveva ‘suggerito’ di reggerle il moccolo con l’altro tipo. Cinque minuti dopo, Viola si era ritrovata in compagnia di Kevin, con gli altri due che si erano infrattati chissà dove. Aveva deciso che era una situazione per lei insostenibile, data anche la sua incapacità di relazionarsi con gli uomini, e perciò aveva approfittato della prima occasione per andarsene.
Kevin le aveva infatti offerto di andarle a prendere qualcosa al bar, e si era allontanato. Prese le sue cose, era scappata a casa senza salutare nessuno, e un po’ incazzata con la sua migliore amica.

Nel frattempo Francesca e Christian avevano trovato un posto appartato, e stavano già chiavando. Dopo essere rimasta delusa dalla grandezza o, per meglio dire, la piccolezza del pene di lui, lo aveva sbocchinato sapientemente, e lui era venuto dopo pochi secondi. Francesca sperava che ciò non fosse tutto quello che il ragazzo aveva da offrire, e quindi aveva pazientemente aspettato che il minuscolo membro riprendesse vigore, aiutandolo con mani esperte. Aveva quindi aperto le gambe e messo a disposizione la nera micia, lasciandosi scopare da dietro. Come non detto: l’energumeno era venuto un’altra volta, sempre dopo una manciata di secondi.
Non valeva la pena di rimanere là con quell’idiota e quindi Francesca, dopo aver cercato la sua amica e non averla trovata, aveva ripreso la strada verso casa.
Solo il primo giorno di vacanza e già era riuscita a racimolare una scopata, ma non ne era rimasta soddisfatta, tutt’altro: la penosa performance di quel tizio le aveva lasciato l’amaro in bocca. Niente però le avrebbe impedito di rimediare la sera stessa.

Tornata a casa, Viola si stava preparando un discorso per rimproverare l’amica, ma era rimasta spiazzata dal ritorno di quest’ultima meno di un quarto d’ora dopo. E anzi era stata Francesca a rinfacciarle di essersene andata senza avvisare, e la povera Viola era rimasta senza parole. Alla fine, era stata costretta a cedere all’autorità della sua ospite, brava ad imporre il proprio volere. Avrebbero cercato una discoteca nei paraggi.

E le discoteche di certo non mancavano: così le ragazze erano entrate nella prima che offriva ingressi gratis alle donne. Come intuibile, era strapiena di maschi arrapati che si incollavano alle due come insetti sulla carta moschicida.
Francesca aveva raccomandato a Viola di divertirsi e soprattutto di farsi rimorchiare, poi era andata al bancone con il primo che le aveva offerto un cocktail.
Invece Viola era rimasta in piedi ad aspettare chissà cosa, in evidente disagio.

‘Ti hanno mai detto che sei uguale a Naomi Campbell?’
‘In effetti sì, ma se me lo dici tu non mi offendo’
‘Beh, comunque sei una bomba’
Non un granché come frase da rimorchio, ma Francesca voleva dare un’altra chance al tipo, anche se forse era già ubriaco.
‘Senti, che ne diresti di trovare un posto più tranquillo?’
‘Per fare che cosa?’. Che coglione.
Ma Francesca era troppo arrapata per buttare via un’occasione così:
‘Voglio scoparti fino a quando non esaurisci tutto lo sperma che hai nelle palle’

Il primo che si era fatto avanti era un bel ragazzo, ma si vedeva che curava troppo la propria immagine. Probabilmente si credeva anche sto cazzo.
‘Ehi bambolina, che ne dici se io e te andiamo in bagno e trombiamo fino all’alba?’. Come volevasi dimostrare.
In ogni caso il tipo le aveva portato una vodka liscia, e Viola era assolutamente sensibile a quel drink. Quindi, forte delle raccomandazioni della sua amica mangiauomini, aveva seguito il fighetto in bagno.

E il bagno era lo stesso posto in cui Francesca aveva portato il coglione di prima, il quale le aveva procurato una discreta scopata. Si stava pulendo le parti intime, quando delle voci da fuori la costrinsero a chiudersi dentro una delle toilette.
Le voci appartenevano a Viola e ad un ragazzo che stava con lei, abbastanza figo. La Venere Nera non aveva potuto così esimersi dal seguire la vicenda dallo spioncino.

‘Quindi ti chiami Viola, eh? Senti Viò, inizia col prendermelo in bocca!’
La ragazza era palesemente spaesata, ma i fumi dell’alcol e soprattutto i consigli di colei che adesso la spiava di nascosto la spingevano a voler dar retta al rude ragazzo di fronte a lei.
Quindi aveva iniziato col titillare con le dita il pene del tizio, senza sapere davvero cosa fare.

Sapeva di dover intervenire, perché non voleva vedere la sua migliore amica in quelle condizioni quasi stuprata da uno sconosciuto, eppure Francesca era eccitata; così la sua mano destra, invece di aprire la porta, era andata ad insinuarsi sotto la minigonna, a sfiorare ciò che lei stessa non aveva voluto coprire con un paio di mutandine. La troia si era stupita di trovarLa già così fradicia.

‘Beh, puttanella? Non ho tempo da perdere, quindi o me lo succhi o ti lascio da sola in questa sudicia latrina’. Decisamente non una frase cavalleresca, ma era bastata a convincere Viola a tirare fuori la timida linguetta e ad avvicinarla all’uccello mezzo moscio che le si parava davanti.
Non aveva un buon sapore, ma neanche cattivo; col passare dei secondi la ragazza iniziava ad abituarsi al gusto dell’arnese, e anzi ad apprezzarlo. Così le maldestre leccatine si erano trasformate in un pompino vero e proprio, sebbene non il migliore della categoria.

Completamente in balìa dell’eccitazione ed aumentando sempre più il frenetico movimento delle sue dita affusolate dentro il proprio antro, la Venere Nera continuava a spiare i due ragazzi.
Improvvisamente era uscita dal bagno per intervenire, forse più per placare gli ormoni che per aiutare l’amica in difficoltà. In ogni caso la sua entrata in scena aveva prodotto effetti positivi per le due ragazze.

‘Mo tu chi cazzo sei?’
‘Vuoi che ti racconti la storia della mia vita o preferisci scopare? Con lei concluderai poco’
Effettivamente sarebbe stato molto difficile fraintendere le sue intenzioni, priva di mutandine e spudoratamente sgocciolante.
Né il tizio rude, né il suo cazzo in poderosa erezione avevano voglia di ascoltare la storia della sua vita, quindi erano propensi alla seconda scelta. Viola guardava il tutto con aria assente.

Aveva iniziato col posargli dolcemente le labbra carnose sul glande, per poi continuare con un soave risucchio. Poi aveva notato che l’eccitazione stava scemando: l’unico che stava godendo in quel bagno era il maschio a cui stava succhiando il cazzo, e a lei non stava bene.
Ma perché?
Cos’era cambiato da pochi minuti prima, quando stava quasi raggiungendo l’orgasmo da sola guardando praticamente la stessa scena da uno spioncino?
Evidentemente non era il luogo sudicio e insolito ad eccitarla tanto, perché erano ancora lì.
Era stato guardando la sua amica spaesata che Francesca aveva compreso cosa aveva scatenato i suo ormoni: vedere finalmente Viola in atteggiamenti erotici.
Quindi aveva avuto l’idea.
‘Per ora basta così.’
Proprio un attimo prima che il ragazzo esplodesse il proprio piacere.
‘Cosa? Stai scherzando, spero’
‘Senti, come puoi vedere la mia amica non sta bene e non voglio che rimanga qua. Portaci a casa e te la do’
‘Mi puzza tanto di fregatura.’
‘Fidati, puoi rimanere fino a quando non sarai soddisfatto. Puoi anche dormire da noi, se ti va’
‘Sei convincente, ma non basta’
Allora Francesca aveva aperto le gambe, offrendone l’interno al maschio di fronte a lei.
‘Come vedi, sono dilatatissima, e sgocciolo peggio di un rubinetto. Se non lo sai, sono evidenti sintomi dell’eccitazione sessuale femminile. Voglio scopare tutta la notte, e tu hai un bel cazzo che potrebbe soddisfarmi. Sei pure carino, e non guasta. Ma la mia amica adesso non sta bene, e vorrei riportarla a casa. Se mi accontenterai accompagnandoci, allora subito dopo io accontenterò te’
‘E va bene, ma a due condizioni. Uno, se non mi permetti di scoparti qui e adesso, almeno fammi leccare la tua fica. Così a gambe aperte mi arrapi troppo, e voglio avere almeno un assaggio di quello che avrò dopo’
‘Accomodati pure. E la seconda?’
‘Non sono venuto qui da solo. Di là c’è un mio amico, e la macchina è sua. Deve venire anche lui a casa vostra e deve poter approfittare di quello che hai offerto a me, se vuole’
Detto questo, il tipo si era avventurato tra le gambe della panterona, e si accingeva a gustarne avidamente i succhi.

Intanto Viola, che cominciava a riprendersi, aveva paura: non voleva ritrovarsi in casa due ragazzi arrapati di notte. Chissà che intenzioni avevano, e chissà se le avessero lasciate in pace.
Francesca invece dentro di sé aveva reagito alla seconda condizione imposta in maniera completamente diversa rispetto alla sua amica: un cazzo in più per saziare la sua fame. Per questo, gemendo di piacere, aveva accettato e aveva detto al tizio di chiamare il suo amico, sperando che non smettesse subito di gratificarla oralmente.

In auto, l’ormai lucida Viola guardava la sua amica sedutale accanto. Anche i due maschi nei posti davanti davano ogni tanto un’occhiata tramite lo specchietto retrovisore per osservarla. Tutta questa attenzione era dovuta al fatto che Francesca non riusciva a smettere di toccarsi, sembrava una ninfomane. A vederla Viola provava un misto di biasimo e’ Eccitazione? Possibile?
Aveva chiesto all’amica se si sentisse bene, perché non l’aveva davvero mai vista così.
‘Non sono mai stata così emozionata, Violetta, e neanche tu dimenticherai mai questa notte’
Detto questo, aveva avvicinato le labbra alle sue, e l’aveva baciata. Viola non se l’aspettava, era stata passiva, ma aveva provato un fremito nelle parti basse. Francesca avrebbe volentieri continuato, se non fosse stata interrotta dai ragazzi che annunciavano l’arrivo a casa.

‘Guarda come sono infoiate, pure i baci lesbo! Stasera ci divertiamo!’

Invece, appena entrati, Viola si era chiusa in bagno.
Rimasti delusi, i due ragazzi si erano ribellati; ma Francesca aveva protetto l’amica, dicendo che nei patti era inclusa solo lei, e sarebbe stata felice di mantenere la promessa da sola. I due quindi non si erano lasciati pregare, buttandosi come bestie su di lei e spogliandola di quel poco che le rimaneva addosso.

Nel frattempo, Viola si sentiva una puttana per quello che aveva fatto prima in discoteca e per l’eccitazione provata in vari momenti della serata. Inoltre si era chiusa in bagno, lasciando nella camera vicina la sua migliore amica in balìa del proprio destino, a fare veramente la puttana in cambio di un passaggio in auto. Ormai era là da circa dieci minuti, ma voleva uscire per controllare se Francesca stesse bene. Dentro di sé però sapeva che non era quello il motivo. Era solo curiosa e molto, molto arrapata: una sensazione che non aveva mai provato prima.

Tutta l’eccitazione di prima sembrava sparita, e ora Francesca aveva un cazzo in ogni mano, e li maneggiava con indolenza. Ancora non si era fatta scopare perché sperava di risvegliare i propri ormoni con qualche sano preliminare. In realtà, continuava a guardare la porta, sperando di veder comparire Viola.

E Viola era comparsa. A quella visione, come rinfrancata da nuovo vigore, Francesca aveva riacquisito un istinto animalesco e si era gettata voracemente con la bocca sui due cazzi. Voleva farsi vedere dall’amica.
Guardando Francesca e sentendosi più mignotta che mai, Viola si era sfilata prima i jeans e poi le mutandine, indugiando con le timide dita sulla propria patatina. Anche lei voleva farsi vedere dall’amica, ma solo da lei. Stava sì nella stanza vicina, ma nella visuale della sola Francesca, rivolta verso di lei. I due maschi infatti erano di spalle, concentrati sulla pantera nera che infuocava i loro cazzi con il solo uso della lingua.

Era iniziata una danza voyeuristica tra le due ragazze: una leccava, succhiava, quasi divorava i due cazzi che si trovava davanti, spargendo saliva e sputo a destra e manca; l’altra si toccava, allargava le grandi labbra e si leccava in seguito le dita con un erotismo consumato, uscito da chissà dove. Il tutto guardandosi costantemente negli occhi.

Ormai i due tizi volevano di più, e anche Viola: così, si era unita presto ai tre in preda agli ormoni, ricevendo come risposta un ‘Ce n’è per tutte’. Era pronta per essere sverginata, e non poteva essere più felice di avere Francesca al suo fianco.

Quella notte la stretta micetta di Viola era stata trapassata da entrambi gli sconosciuti, mentre Francesca, più generosa, aveva offerto loro tutti i buchi che aveva a disposizione. I due quindi, soddisfatti da un’innocua serata in discoteca trasformatasi in una rombata epica, erano ritornati a casa propria, lasciando le due ragazze sole, arrapate, e desiderose di esplorare il corpo l’una dell’altra. Infatti Viola era stata iniziata nella stessa notte al sesso eterosessuale e a quello saffico, gradendoli allo stesso modo.
Le due si erano poi addormentate, nude e abbracciate.

Durante quelle due settimane di vacanza, Francesca e Viola avevano più volte fatto l’amore, sperimentando sempre nuove sensazioni. Ovviamente non avevano rinunciato a rimorchiare anche dei maschi, che erano sempre ben contenti di cedere a quelle due puttanelle. Ma la cosa che le ragazze preferivano era andare alla più famosa spiaggia nudisti di TorCapranica, ed esibirsi in spettacolari 69. Poi vedevano i peni maschili erigersi ed in base alle dimensioni se li portavano in casa, fameliche. Molto spesso catturavano nella propria rete anche delle donne, attratte da quelle ragazze così spregiudicate.
Al termine di quel periodo, le due ragazze erano poi tornate nella capitale, più amiche che mai.
Sfortunato come lo è sempre stato, Gabriele si è ammalato dopo soli due giorni dall’inizio delle sue vacanze al mare.
‘Vai a casa di nonno Manfredi, tanto là è già un lazzaretto’ gli hanno detto i suoi genitori.
Nonno Manfredi in realtà non è suo nonno, ma un anziano imparentato con loro da parte di chissà quale ramo familiare; la sua casa è quella che domina il paese, nonché la più grande e la più bella in assoluto. E questo è perché da generazioni la famiglia di Nonno Manfredi (cognome Fabella) appartiene al casato nobiliare del paesello, e di riflesso anche quella di Gabriele.

Ad ogni modo, il ragazzo segue il consiglio dei suoi e, invece di andare in spiaggia con loro, si dirige alla piazza principale e bussa al portone. Ad aprirgli c’è la vecchia governante che, dopo essersi accertata che Nonno Manfredi stia dormendo, se ne va.

Salutandola, Gabriele scopre che definire quella casa un lazzaretto è un’esagerazione: infatti, ad essere ammalata come lui e quindi a fargli compagnia c’è solo Annabella, oltre al dormiente anziano.
Annabella è la quinta figlia di Nonno Manfredi, e Gabriele non ha mai saputo come definirla: zia, cugina o quello che è, il ragazzo di lei sa solo che è una grande amica di sua madre sin dall’infanzia, pur essendo più giovane di qualche anno.

Annabella Fabella: il nome sembra uno scioglilingua, ma la doppia presenza dell’aggettivo ‘bella’ non suona ridondante, e anzi le calza a pennello. Vicina ai quarant’anni d’età, sembra averne almeno una decina di meno; il suo fisico è in perfetta forma anche grazie alle molte ore di sacrificio nello spinning. Non a caso Annabella è un’hostess, mestiere dove l’aspetto fisico è più che fondamentale. Anni e anni di abitudine le hanno conferito un portamento elegante degno dei reali d’Inghilterra.
Capelli mossi di un bel castano, lunghi fino alla spalla; labbra delicate rosso ciliegia; zigomi sporgenti il giusto; e occhi color nocciola chiaro, che a volte possono sembrare verdi.

è lei che Gabriele incontra in cucina, dove era andato per procurarsi un bicchier d’acqua.
La vede e non può non rimanerne affascinato: su di lei un top bianco e una gonnellina leggera sembrano un vestito da sera.
‘Ciao!’, dice lei baciandolo sulle guance.
è abbronzata e un po’ umida a causa del sudore, ed il breve contatto con lei provoca in Gabriele un fremito inatteso.
‘Ciao’
‘E così ti hanno mandato qua insieme all’altra malata, eh? Raffreddato anche tu?’
‘Sì, con punte di febbre leggera’
‘Che tristezza, eh? Gli altri tutti in spiaggia a divertirsi e noi qua a tirare su col naso’
‘Eh già’
‘Dai, che se ci facciamo compagnia e ci divertiamo, magari guariamo insieme’. Pronunciando queste parole, Annabella ammicca. Non con malizia, è un gesto di solidarietà: in ogni caso, Gabriele è scosso da un altro fremito.

Mano a mano i due rompono il ghiaccio, parlano del più e del meno, si spostano in salotto per guardare la televisione ma continuano a conversare. A Gabriele sembra di essere in compagnia di una coetanea, data l’espansività e la spontaneità della donna che ha di fronte. Se non fosse una parente, il ragazzo potrebbe tranquillamente confessarle di starsi innamorando di lei.

Il tempo scorre veloce senza che i due ne abbiano sentore, fino a quando Gabriele non chiede alla sua interlocutrice come mai sia venuta sola in paese e non in compagnia del marito Edgardo. Sposato con Annabella da cinque anni, Edgardo è popolare nella famiglia non soltanto per il nome bizzarro, ma anche per essere lui stesso un tipo eccentrico ma simpatico.

‘A dire il vero ci stiamo separando’. Una bella gaffe.
‘Ops, scusa, non ne avevo idea’ Dev’essere una mazzata terribile!’
‘Tranquillo, figurati’ Per la verità, la mazzata terribile è stata il non fare sesso per un bel po’ di tempo!’
Gabriele non si aspettava certo un’uscita di questo genere, dato che Annabella fino a quel momento era stata sì socievole e spigliata, ma non fino a quel punto. Adesso è rimasto spiazzato e non sa cosa rispondere.
‘E tu invece? Da quanto tempo non fai sesso?’
Oh no, ora vuole continuare su questo argomento, spostando l’attenzione su di lui. Gabriele è sempre più imbarazzato da questa situazione, e vorrebbe uscirne al più presto. Anche perché questi discorsi piccanti stanno iniziando a svegliare l’inquilino delle sue mutande.
‘Ehm, ho avuto una ragazza fino a poco tempo fa, ma niente di che’
‘In che senso ‘niente di che’? Te l’ha data o non te l’ha data?’ lo incalza Annabella.
Non immaginava che avrebbe dovuto affrontare quell’argomento, e ora lei inizia ad adottare anche un linguaggio più scurrile. Cresce l’imbarazzo di Gabriele proprio come sta crescendo il gonfiore all’interno dei suoi pantaloncini. Risponde impacciato:
‘Eeh, uhm, sì, ma’ Non è stato niente di esaltante, e ci siamo mollati’
‘Per un ragazzo come te ci vorrebbe qualcosa di esaltante invece, e in effetti servirebbe anche a me’

La cosa inizia a diventare problematica oltre ogni limite, e Gabriele si alza con la scusa di andare al bagno, coprendosi maldestramente la patta del costume da bagno che ha indosso.
‘Aspetta, voglio dirti una cosa’, fa Annabella, e così dicendo trattiene il ragazzo proprio per quei pantaloncini che, forse per sbaglio o forse intenzionalmente, vanno a calarsi fino alle ginocchia, lasciando il pene eretto in evidenza.

Il dado è tratto: coprirsi ormai ha poco senso, e Gabriele rimane lì fermo senza sapere che fare, arrossendo in volto. Non sa che la mossa di Annabella era stata solo una scusa per sfruttare l’occasione giusta.

‘Non ti devi vergognare, sai. è normale. Anch’io mi sono eccitata a parlare con te. E poi non sei messo per niente male là sotto.’
L’unica cosa che il ragazzo è in grado di rispondere è: ‘Grazie.’
‘Tu sei visibilmente arrapato. Io anche lo sono. Ti desidero intensamente. Ti andrebbe di fare l’amore con me?’
Timido ma, data la situazione, prendendo un po’ di coraggio, Gabriele risponde:
‘Sì.’ e si sfila i calzoncini, ormai arrivati alle caviglie.

Anche Annabella si spoglia, mostrando come sempre un fisico in perfetta forma. Il seno è perfetto: sodo, rivolto all’insù, di quelli che possono entrare in una coppa di champagne. Il sedere non è proprio quello di una ragazzina, ma l’allenamento continuo fa sì che la sua forma statuaria possa fare invidia a molte celebrità sue coetanee. Le gambe, neanche a dirlo, sembrano quelle di un’atleta, ma a differenza delle gambe delle sportive quelle di Annabella sono affusolate e molte sensuali.

Ridacchiando, la donna si avvicina al glande del ragazzo con aria birichina, e inizia a lapparlo lentamente. Poi ci avvolge le belle labbra attorno, dando così inizio alla fellatio più piacevole che lui abbia mai ricevuto. Poi, chissà perché, dato che momento meno adatto non può esserci, la sua mente inizia a tornare alla realtà e a farsi scrupoli: e se Nonno Manfredi si svegliasse e li scoprisse?
Espone il suo cruccio alla partner, che però non sembra curarsene. Dice che faranno in modo di non essere scoperti. E allora il ragazzo, soddisfatto della risposta, torna a farsi coinvolgere dall’atto orale.

Arriva poi il momento dello scambio dei ruoli, e Annabella si stende sul divano, in attesa dell’estasi. E Gabriele, avvicinandosi a lei, rimane piacevolmente sconvolto dalla sua vagina: è in assoluto la più bella che abbia mai visto, compresi i video porno. Glielo dice, e si complimenta. Essa infatti è completamente depilata, ma così bene che sembra che peli non ce ne siano mai stati e mai ce ne saranno. Le grandi labbra, non troppo prominenti, sembrano un ornamento al pube liscio e soffice, ed assomigliano a petali di un fiore che sboccia. Annabella è elegante anche nell’organo sessuale.

Gabriele si immerge tra le sue gambe, la bacia, la lecca, le stuzzica il clitoride con i denti: la cosa provoca un piacere immenso alla donna, ma anche il ragazzo ne è così coinvolto che vorrebbe non smettere mai. Inoltre gli odori e i sapori che quella vagina produce sono paradisiaci.
L’atto dura infatti una quarantina di minuti, fino a quando entrambi non si rendono conto che manca qualcosa al loro rapporto, e le cose si evolvono automaticamente.

Così il fallo penetra delicatamente, emozionato, e gli viene dedicata una dolce e calda accoglienza.
Entrambi vengono sopraffatti da un’ondata di gioia e si mettono a ridere, avvolti in un felice abbraccio. Continuano per svariati minuti ed il piacere aumenta progressivamente, finché Annabella non si lascia scappare un urlo dettato dalla situazione. Ed ecco che di nuovo la mente di Gabriele esplode in mille preoccupazioni, la cui maggiore è quella di svegliare Nonno Manfredi, che dorme ormai da troppo tempo nella stanza adiacente.
Ansimando, la partner gli risponde: ‘Rilassati, papà va ormai per i cent’anni, non si alzerebbe da quel letto neanche con la bomba atomica’
Di nuovo, la risposta soddisfa il ragazzo, che si immerge nuovamente nell’atto sessuale. Non ci vuole molto perché i due siano sazi della prestazione, e concludono con un orgasmo quasi simultaneo.

Infine, i due si rivestono e rimangono lì a guardare la tv, accarezzandosi come due innamorati.

Ecco che dopo una mezz’oretta tornano tutti i parenti dalla spiaggia, ma non scoprono niente di sconveniente: Annabella si era infatti rintanata in camera propria in tempo, per poi tornare a salutare tutti. Alla domanda di: ‘Come stai?’ dei suoi genitori, Gabriele risponde che avrà bisogno di molti altri giorni per poter guarire.

Così, nei giorni successivi, i due stanno a casa ‘malati’ mentre gli altri vanno in spiaggia; e, non appena Nonno Manfredi si addormenta e la governante se ne va’

Mi presento: il mio nome è Lynn e ho ventitré anni. Mi chiamo così perché sono nata negli USA, a San Francisco. Ma non fermatevi a quest’informazione: in realtà ho origini multirazziali, e all’esterno appaio di etnia asiatica; mio padre infatti è cinese, e mia madre californiana. Scavando di più nel mio albero genealogico, i miei nonni materni sono uno francese e l’altra italiana; quelli paterni lui sempre cinese e lei polinesiana. Sono perciò un vero e proprio miscuglio genetico, e posso fieramente affermare, senza inutili modestie, che ho preso il meglio dei tratti fisici di ciascuno di questi popoli. Chiunque mi abbia mai incontrato mi ha definito una bella ragazza, bella e particolare; questo mi ha spinto a rivolgermi ad un’agenzia di modelle in giovane età. Ormai ho alle spalle circa sette anni di carriera nel campo, sono ben conscia dei miei pregi e li sfrutto con il mondo maschile. A volte anche con quello femminile, poiché non disdegno la compagnia delle mie splendide colleghe.

A proposito del mio lavoro: l’estate scorsa si presentò un’occasione per me irrinunciabile e diedi incarico al mio agente di piazzare me in quell’incarico, dicendogli che l’avrei premiato con un pompino. Il lavoro consisteva in uno shooting nell’isola di Ponzarola, nelle isole Ponziane, per una famosa marca di costumi; mi interessava così tanto perché era proprio lì che abitava la mia nonna materna dopo essere rimasta vedova. Avrei così potuto unire l’utile al dilettevole e farmi una bella vacanzetta con mia nonna subito dopo lo svolgimento dell’incarico. Pochi giorni dopo il mio agente tornò da me trionfante: l’incarico mi era stato assegnato ed era pure ben pagato. Si autolodò per l’ottimo lavoro. In realtà probabilmente non aveva dovuto sgobbare così tanto, perché io ero una delle più autorevoli modelle dell’agenzia: sebbene avessi solo 22 anni, lavoravo ormai da tempo con loro, e in più parlavo fluentemente quattro lingue (inglese, cinese, francese e italiano). Comunque mantenni la mia parola e feci il miglior bocchino della mia vita a quell’uomo. Lo costrinsi però a venirsi nella mano, perché a me non piace assolutamente il seme maschile.

I capi dissero che comunque per il servizio fotografico avevano bisogno di appaiare ad una bellezza particolare come la mia una un po’ più convenzionale, e mi accoppiarono con un’altra californiana, Sheila. Biondissima, occhi azzurri e bocce che straripavano dal reggiseno, alta più di un metro e ottanta. Già la conoscevo, non era una delle solite viziatelle che si trovano nel mondo della moda, e perciò non mi opposi.
A metà di luglio prendemmo un aereo per Roma, prima classe ovviamente, e da lì un veicolo di lusso ci scortò al porto più vicino. Infine, da lì salimmo a bordo di un motoscafo che ci portò direttamente sull’isola.
Durante tutti quei trasbordi e quelle ore interminabili di viaggio provai a parlare con la mia collega, sperando di socializzare un po’ con lei. Mi sbagliavo: era probabilmente la ragazza più timida del mondo, nonostante fosse uno splendore mozzafiato; niente a che vedere con il mio carattere straripante. Desistetti dopo qualche tentativo, e mi abituai a viaggiare pensando ai fatti miei.

* * * * * * * * *

Oh cavolo, non pensavo che sarei mai stato così fortunato. Trent’anni di vita come scaricatore di porto sempre nello stesso insulso paesello e mai avevo visto cotanta bellezza venirmi incontro via mare. Due splendide ragazze si apprestavano a sbarcare da un motoscafo a pochi metri da me, e io rimasi imbambolato a fissarle. Tanto che alla fine il mio capo (e, contemporaneamente, mio zio: non siamo tanti ad abitare quest’isolotto) mi riportò alla realtà intimandomi di continuare il mio lavoro. Nel frattempo le due, accompagnate da uno stuolo di fricchettoni armati di luci e macchine fotografiche, lasciavano il porto dirigendosi verso la spiaggia. Verso le quattro il mio turno finì, e io quasi corsi sperando di trovare le due ancora in spiaggia: volevo saperne di più. La mia curiosità fu subito risolta quando vidi la piccola folla che attorniava un set fotografico e, trovando alcuni miei amici, chiesi loro qualche informazione a riguardo.

– Il solito Cristoforo – mi chiamo così, purtroppo – Sempre l’ultimo ad arrivare –

Quello era Serse, un mentecatto che mi trattava sempre come un idiota solo perché la sua famiglia era la più ricca dell’isola.

Strinsi i denti e scoprii che le due erano modelle americane che pubblicizzavano una famosa marca di costumi estivi.
Tutti quei bifolchi dicevano di essere attratti dalla biondona, e che l’altra non era niente di che. Io invece rimasi a dir poco stregato proprio dall’altra, l’asiatica, che in realtà non era un’asiatica qualsiasi. Era una di quelle rarissime creature nella quale il caos ereditario aveva fatto un’opera d’arte. Capii subito che era un insieme di razze, anche perché quello è il tipo di ragazze che prediligo da sempre. Alta circa un metro e settantaquattro, capelli nerissimi e liscissimi, tipici delle asiatiche, lunghi fino alle scapole. Nasino all’insù e labbra rosse, carnose; pancia piatta, sicuramente dovuta al frequente esercizio; gambe affusolate, seno turgido ma di media grandezza, e sedere piccolino ma non ossuto. La sua carnagione non era quella tipica delle cinesi, quella cosiddetta ‘gialla’, ma era più mediterranea. Però quello che mi fece innamorare di quella ragazza furono sicuramente gli occhi. Occhi a mandorla, ovviamente, occhi da gatta; di un colore che si districava perfettamente tra il nocciola, il verde smeraldo e il viola. E ciglia lunghissime e curve a rifinire il tutto. Quella forse non era una ragazza definibile ‘sexy’, ma aveva un fascino intrinseco nella persona, che se ti catturava non potevi più liberarti. E io ne fui catturato.

Fui l’unico di quel popolino a rimanere a guardare per tutta la durata del servizio, assaporando anche gli attimi di pausa, le due meraviglie che si rifocillavano o che si concedevano un bagno in mare. Non nascondo che, quando il fotografo ordinava alle due modelle di interagire fra loro, di mostrarsi sensuali a vicenda a me veniva un’erezione che faticavo a celare. Sapevo che quella voluttà era finta, faceva solo parte del loro lavoro; ma io ne rimasi profondamente colpito lo stesso.
Restai fino a quando sbaraccarono tutti gli strumenti, dandosi appuntamento per il giorno successivo; vidi le facce stravolte dalla stanchezza delle due protagoniste e non ebbi il coraggio di rivolgere la parola a una di loro, sebbene avessi notato che la mia preferita si mostrava estroversa con tutti. Semplicemente non volli dare di me l’impressione di un disperato stalker che approfitta di un momento di debolezza.
Almeno riuscii a carpire i nomi delle due ragazze: Sheila era la biondona, Lynn la mia amata.

Tornai quindi a casa, e cercai su internet informazioni sulle due modelle, soprattutto su Lynn. Con soddisfazione appresi che quest’ultima aveva origini sparse per il mondo: fui fiero delle mie intuizioni. In fondo conoscevo quella particolare categoria femminile, la multirazziale: pochi anni prima ero stato con una russa/thailandese/afghana.
Trovai una foto di Lynn particolarmente lussuriosa, e poco mi importò se era un’immagine dei suoi inizi, quand’era ancora minorenne: sempre tenendola fissa nelle pupille la mia mano andò a cercare il pene, e lo trovò duro. Mi masturbai goduriosamente.
Poi chiamai i miei amici, proponendo una birretta all’aperto.

* * * * * * * * *

Cazzo, quella prima giornata di scatti mi aveva reso insospettabilmente esausta. Avevo solo voglia di buttarmi a letto, ma prima dovevo farmi la doccia: Sheila mi aveva cortesemente chiesto se poteva farsela lei per ultima. E, dato che alloggiavamo in camera insieme, dovevo sbrigarmi se non volevo ritrovarmi a lavarmi a mezzanotte. Accesi l’acqua e mi infilai sotto la doccia. Lì mi sfiorò l’immagine di quel ragazzo che avevo sorpreso più di una volta a fissarmi durante il servizio. Non era certo stato l’unico nella mia carriera, e non sarebbe stato l’ultimo; ma quell’uomo mi guardava come se fossi l’unica donna sulla terra, o come se fossi una scultura di cristallo da preservare dal mondo. Normalmente, finito un servizio, me li scopavo quelli che mi fissavano più arrapati, ma con lui non avevo neanche avuto il coraggio di avvicinarmi.

Lui l’avevo già visto’ Ah sì, l’avevo scorto con la coda dell’occhio una volta arrivate al porto. Doveva essere uno scaricatore di porto, perché continuava a spostare carichi pesanti da una parte all’altra.
Ricordando i muscoli delle sue braccia gonfi per lo sforzo, il suo fisico prestante ed il suo viso estremamente virile, mi sorpresi a toccarmi la fighetta depilata sotto la doccia. L’unghia del medio titillava il clitoride, provocandomi un piacere inconsulto’ Smisi prima di dover strillare il mio orgasmo, e uscii dalla doccia, lasciando campo libero a Sheila.

Poi mi sdraiai a letto, cercando di pensare ad altro, ma ormai ero ossessionata da quel tipo, i suoi riccetti biondo cenere, la mandibola squadrata’ Tormentandomi per cambiare immagini nella mia mente, sovrappensiero andai in bagno e presi l’asciugamano di Sheila per asciugarmi i capelli e tornai sul letto. Ero oramai arrapatissima.
Quando la mia compagna di stanza dopo un minuto uscì dalla doccia, non trovando il suo telo, mi chiese ad alta voce se ce l’avessi io e, in caso, di portarglielo. Niente da fare: avevo ripreso a sgrillettarmi furiosamente e non le prestavo attenzione. Allora lei uscì anche dal bagno, completamente nuda, e piombò davanti a me, chiedendomi spiegazioni. Lì allora mi accorsi nuovamente di lei, e soprattutto mi accorsi di quanto era fottutamente bombastica. E di quanto io ero arrapata.

Imbarazzatissima per avermi sorpreso in quella situazione così intima, la diciannovenne Sheila si scusò con me, ma io non ci feci caso. Presa dalla lussuria, mi alzai dal materasso e mi avvicinai a lei, baciandola. In quell’occasione lei si mostrò per quello che era: una ragazzina insicura in un mondo di squali. Non si oppose minimamente al mio bacio o al mio successivo sfruculiamento della fica, era totalmente in balìa del mio carisma. E io ovviamente ne approfittai.

Rimase totalmente passiva, ma non contraria, anche quando la spinsi delicatamente sul suo letto a pancia in su e dedicai la mia lingua al suo dolce sesso. Le esploravo il sesso con le papille, mentre con le mani le stuzzicavo i capezzoli, torcendoli come piccole manopole. Mano a mano che andavo avanti, Sheila sembrava sempre più a suo agio, e anche più eccitata.

– Kiss me again – mi disse a un certo punto.

Obbedii e mi stesi sopra di lei, baciandola con passione. Ormai era più sciolta, e anche più partecipativa. Sempre continuando a pomiciare, prese l’iniziativa, e cominciò a sfiorarmi le grandi labbra con le dita. Mi piaceva e volevo che continuasse, ma prima decisi che volevo continuare a scoprire il suo corpo, e solo successivamente lei avrebbe esplorato il mio. Quindi la girai, chiappe all’aria, e cominciai a baciare e palpeggiare il suo bel culo tondo. Presi a leccare l’incavo tra le sue natiche, cercando l’ano e la fighetta, e sentendola ansimare di piacere. Volevo continuare a dedicarmi a quella zona, ma ora volevo che anche lei facesse la sua parte con me: mi posizionai sotto di lei testa-piedi, con lo scopo di dare inizio ad un 69.

Sebbene fosse inesperta in quel campo (non so che esperienze avesse avuto con gli uomini, ma quella era sicuramente la sua prima volta con una donna), non si fece pregare ed emulò quello che le stavo facendo io. Non era il miglior cunnilingus che avessi mai subito, ma certamente l’impegno non mancava.
Smettemmo quando mi accorsi che stava avendo un orgasmo. Io invece non avevo affatto raggiunto l’apice del piacere, ma mi accontentai di aver ‘traviato’ una ragazza e di averla condotta ad una vita di lussuria saffica. Alla fine sembrava contenta e appagata, e a me questo bastava. Ci sarebbero state sicuramente altre occasioni per rivendicare il mio godimento in quei giorni successivi.

Ci addormentammo nude, ognuna nel proprio letto.

* * * * * * * * *

– Merda, speravo di incontrarle stasera! – imprecai ad alta voce una volta rientrato in casa.

Mi riferivo ovviamente alle due modelle, Lynn e Sheila. Chissà perché avevo un presentimento che le avrei incontrate quella sera stessa, al locale in piazzetta. Più che un presentimento a dire il vero il mio era un ragionamento logico: due ragazze sulla ventina, abituate a divertirsi, in un’isola che aveva in quella specie di disco pub un catalizzatore per giovani, forse l’unico. E invece mi ero completamente sbagliato. Andando là con i miei amici con la scusa di una birra mi ritrovai a guardare ogni ragazza, sperando che fosse Lynn. Ormai la mia era una totale ossessione.

L’indomani la routine si svolse esattamente come il giorno precedente, con me che lavorai la mattina al porto e poi mi recavo a guardare il servizio fotografico nel primo pomeriggio. Stavolta la gente che guardava era notevolmente ridotta, quasi fosse stata solo una curiosità leggera. Meglio per me, se volevo avere una chance dovevo fare i conti con meno rompipalle possibili.

Approfittai di una pausa durante gli scatti, proprio mentre Lynn si era allontanata dal set per venirsi a fare il bagno nei miei dintorni, stranamente da sola. Beh, tanto meglio, rimasi in costume e mi buttai anch’io.

– Hi, i’m Cristoforo – mi presentai avvicinandomi a lei.

– Piacere, Lynn –

– Conosci l’italiano? Eppure avevo sentito che le due modelle che fanno il servizio sono americane’ – dissi allora io facendo lo gnorri, come se non sapessi che lei era poliglotta. Mi ero praticamente imparato a memoria la sua pagina Wikipedia.

– Eh già, ho una nonna italiana. A dire il vero lei abita proprio qua, in quest’isola –

– Davvero? Che coincidenza! E come si chiama? Magari la conosco, sai questo è un posto piccolo’ – stavolta non fingevo: sulla sua pagina Wikipedia non diceva che sua nonna era di Ponzarola. Forse questo era un colpo di fortuna che mi poteva portare molto vicino all’obiettivo.

– Di cognome fa Leotta. Diletta Leotta si chiama –

– Ah sì, mi pare di averla già sentita’ Forse la incontro pure, ogni tanto’ – anche adesso facevo lo gnorri. La signora Diletta Leotta la conoscevo, eccome! A quell’epoca avrà avuto circa sessantacinque anni, ed era comunque una bella signora. Ma il suo meglio lo aveva raggiunto sulla cinquantina, quando io ed i miei amici incorrevamo nella pubertà’ Quante pippe ci eravamo fatti guardandola passeggiare in paese d’estate con il seno prorompente bello esposto! Sebbene fossero accomunate da una grande carica sessuale però, la signora Diletta e sua nipote non si assomigliavano quasi per niente. Ma d’altronde la mia interlocutrice aveva avuto così tante influenze somatiche che sarebbe stato quasi impossibile.

– Ma a te non ti ho mai vista, sennò me ne sarei sicuro ricordato! Non la venivi a trovare? – continuai il discorso.

– No, mi era difficile, io ho quasi sempre vissuto in California –

– Bellissima la California, ho sempre sognato di andarci! Però scusami, permettimi una curiosità, se non sono indiscreto – e qua volevo piazzare la bomba, introdurre il discorso da ‘o la va, o la spacca’ – Ma tu non sei né Californiana né italiana, vero? O meglio, sei entrambe ma anche qualcos’altro, giusto? Non vorrei sbagliarmi – non rischiavo per nulla di sbagliarmi, avevo studiato – ma in te vedo anche l’etnia cinese e qualche altro tratto mediterraneo, che però non riesco a capire –

– Bravissimo, hai indovinato! Però che ne dici se continuiamo il discorso stasera a cena, che mi stanno richiamando sul set? –

– Perfetto, a che ora finisci? –

– Ci vediamo alle 21 in pizzeria ‘da Bonifacio’, ok? –

– Ottimo! –

Ero riuscito alla prima botta a invitarla a cena, e avevo fatto bella figura. Ora dovevo solo tornare a casa e prepararmi alla serata, magari rilassando il mio amichetto con un massaggio.

* * * * * * * * *

Avevo visto di nuovo l’uomo che mi fissava, e volevo conoscerlo. Così, alla prima pausa, mi feci il bagno vicino a lui sperando che mi raggiungesse. Cadde subito nella trappola e, nei pochi minuti di conoscenza, praticamente organizzai io la cena per la sera stessa. Finalmente, dopo qualche giorno (nella mia mente era un tempo interminabile) sarei potuta finalmente tornare al caro vecchio cazzo maschile. Come già detto, non disdegno anche la compagnia femminile, ma niente può reggere il confronto come sentirsi un bel bastone turgido dentro di sé. E avrei scommesso che quello scaricatore di porto ne aveva uno considerevole.

Mi vestii da troietta per l’appuntamento, e dissi a Sheila che sarei uscita. Anche lei usciva a cena, con il fotografo e gli altri dello staff. Magari, se mi fossi sbrigata con la cena, avrei avuto la camera a disposizione.

Arrivata al ristorante, vidi che Cristoforo mi guardava imbambolato. Avevo colto nel segno, come preventivato. Continuammo con il discorso delle mie origini: è sempre un tema che tiene banco quando esco con gli uomini. Poi feci una battuta sul suo nome, con un doppio senso su Colombo che aveva scoperto l’America. Forse lui avrebbe scoperto me allo stesso modo, gli dissi. Sul momento rimase senza parole: probabilmente lo associavano spesso al grande esploratore, ma mai in quel modo. Io durante quella serata potevo certo permettermelo. Si riprese congratulandosi per il mio italiano perfetto, e io ringraziai arrossendo. Ovviamente era tutta una facciata.

Tra un flirt e l’altro, in un non molto complesso balletto di seduzione, la cena volse al termine relativamente presto. Offrì lui naturalmente, e verso le dieci e mezza eravamo già fuori dalla pizzeria. Mi propose una passeggiata per l’isola, ma io controbattei con un’offerta più allettante:

– Che ne dici se invece andiamo in albergo da me? –

Non se lo fece ripetere due volte.

* * * * * * * * *

Penso di essere stato un drago in quella serata. Neanche il tempo di alzarci dal tavolo, che Lynn mi propose di andare in camera da lei. Non fu affatto difficile per me accettare.

Prendemmo a baciarci appassionatamente non appena lei fece scattare la serratura della stanza. Sembrava una gatta che giocava con il topo: così fascinosa e sensuale, in ogni movimento’ Se non mi fossi masturbato prima di uscire, probabilmente sarei venuto nelle mutande ancor prima di spogliarmi. Invece riuscii a resistere, e modestamente anche molto a lungo. Sembrava gradire molto la fase dei preliminari, e con lei la gradivo anch’io: era la regina del petting. Saremo stati circa una mezz’oretta a toccarci prima della penetrazione vera e propria, ma non ne soffrivo. Anzi, quella fase stava amplificando al massimo le mie percezioni e la mia voglia di sesso. Finalmente entrai dentro di lei, e fu meraviglioso. La girai e la rigirai, in una trottola di posizioni diverse, fino a quando lei non si impalò sopra il mio cazzo. La vidi scendere e salire sopra di me con movimenti lenti e studiati, e pensai che non avrei potuto trattenere ancora per molto il mio orgasmo.

Stavo per comunicarglielo, quando’ La porta della camera si aprì, e io mi congelai. Francamente non mi aspettavo nessuno, men che meno in quel momento. E invece entrò Sheila, l’altra modella, che ci sorprese imbarazzati. A dire il vero lei sembrava più a disagio di noi. Sul momento stavo per rivestirmi, pensando alle scuse che potevo inventarmi, ma Lynn mi anticipò. Si rivolse alla sua collega in inglese, e io, seppur non capendo tutte le parole, compresi il senso di quello che le stava dicendo.

Le propose di unirsi a noi, con voce maliziosa ma accomodante. Seducente, anche.

L’altra rispose di no: era fidanzata e voleva essere fedele. Disse che non avrebbe mai tradito il suo ragazzo con un altro maschio. Mi chiesi il perché di quella specificazione.

Mentre loro parlavano, io ero un groviglio di emozioni: concentrato, per capire cosa dicevano; imbarazzato, per essere stato beccato in quella situazione; eccitato, perché volevo almeno finire la mia scopata; e soprattutto speranzoso. Speranzoso perché, se Lynn fosse riuscita nel suo intento, avrei finito col scoparmi due modelle mozzafiato, insieme. Certo era che Sheila aveva solo diciannove anni, ben undici meno di me. Era ancora una ragazzina: non so se me la sarei sentito di scoparmela lasciandole il peso dell’adulterio.
In ogni caso rimasi ad ascoltare il divenire della conversazione tra le due strafighe.

Sheila continuava a nicchiare, dicendo che non si sarebbe unita a noi ma, se volevamo continuare, sarebbe uscita per qualche altra ora. Questa era un’opzione che non mi dispiaceva.

Ma bastò qualche moina di Lynn per convincerla. La mia partner si alzò dal letto, sfilandosi di fatto dal mio membro, e si avvicinò alla ragazza. La carezzò, la baciò e poi la prese per mano, conducendola al letto dove io stavo fermo a guardare. E la spogliò, liberando due tette paradisiache e un fisico che giustificava il suo mestiere. Continuò a baciarla e a sfiorarla, e io mi tenni in disparte fino a quando la stessa Lynn non mi fece cenno di unirmi a loro.

Fu una scopata epica, degna di essere raccontata ai posteri; mai nella mia vita mi alzai da un letto così compiaciuto. Avevo dedicato gran parte delle mie attenzioni a Lynn ma poco male, perché era quello che aveva fatto anche Sheila. Non mancarono occasioni di incrociare anche quest’ultima ovviamente, ma la vera protagonista della serata fu la ragazza multietnica.

Nei giorni successivi il copione si ripeté in altre occasioni, ma il più delle volte eravamo solo io e Lynn. Finita la settimana di scatti, una volta che Sheila fu partita, Lynn addirittura mi presentò a sua nonna. Proprio come ricordavo, la signora era molto appetibile anche a quell’età così avanzata per me.

Venne anche il tempo che partì Lynn, e questo fu un giorno abbastanza triste per me. Però devo ammettere che le mie soddisfazioni con lei me l’ero ampiamente tolte. Ad oggi, a un anno di distanza, non ci siamo più visti né sentiti, e probabilmente la situazione rimarrà così fino alla nostra morte: lei è una modella molto conosciuta, ed è impegnata in tutto il mondo; io invece sono solo uno scaricatore di porto che ha sempre vissuto e sempre vivrà a Ponzarola. Ma qua vive anche la signora Diletta Leotta, ormai vedova, e quando ha bisogno di non sentirsi sola la vado a trovare io’ Con i benefici annessi, ovviamente.

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