Skip to main content
Racconti Erotici Etero

Un filoncino, per piacere

By 18 Marzo 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

 

 

Sono proprio di cattivo umore stamattina. Mi ci vorrebbe un qualcosa per tirarmi su… Un dolcetto, un pasticcino, della cioccolata…

Col solito passo spedito e disattento entro come una folata di vento in panificio, come tutte le mattine.

“Un filoncino, per piacere” dico senza nemmeno guardare chi c’è dietro al banco, ho solo visto che non c’erano corpi prima di me, quindi è il mio turno, “e ancheeeee…… un krapfen alla cioccolata!” aggiungo con gli occhi fissi sulla vetrina dei dolciumi. Che poi dico sempre che questo sarà l’ultimo krapfen alla cioccolata, ma quando sono di quest’umore è l’unica cosa che mi tira su.

“Abitudine o necessità impellente?” la voce non è quella della solita commessa: è una voce maschile, calda e sonora. Tiro su lo sguardo e incontro due occhi marroni profondi e intensi con ciglia lunghe e nere, che mi fissano. In una frazione di secondo mi dimentico completamente del mondo attorno e anche del cattivo umore. Mi perdo in questi occhi sorridenti che si sono incollati ai miei. Sento un brivido.

“Hai conosciuto Luca. E’ il nuovo commesso, sostituisce Marta che è andata in maternità.” Dice Claudia, la titolare del panificio. Ho un sospetto… Gli appoggia una mano sulla spalla e strizzandogli l’occhio mi dice “Sai, l’ho preso per incrementare le vendite della pasticceria, le donne non sanno resistere a uno sguardo come il suo… avrò il panificio pieno!”

Luca allarga un sorriso smagliante seppur imperfetto. Il viso non è giovane, è segnato, anche se non si capisce se dall’età o dalla vita. Ma ha un certo non so che… difficile da interpretare, un fascino, qualcosa… unico nella sua imperfezione, ma perfetto così com’è.

“Trattamela bene la Carla, Luca, che lei oltre a essere una buona cliente è anche una mia amica!” si raccomanda Claudia. Luca, se può, allarga ancora di più il suo sorriso e mi allunga i pacchettini col pane e il krapfen.

Vado alla cassa, pago e esco voltandomi a guardare verso il banco. Luca sta servendo un’altra cliente, ma alza lo sguardo e mi fa l’occhiolino. Di rimando alzo le sopracciglia ed esco. Beh, forse la giornata è un po’ migliorata…

Arrivata in ufficio i doveri della giornata mi assalgono e appena verso metà mattina ho il tempo di respirare e godermi il mio krapfen. Il pensiero torna a quei profondi occhi marroni. Che tipo strano Luca… è evidente che non è un ragazzino, non è il tipico commesso che ti aspetteresti di trovare in un panificio. Devo informarmi, scoprire qual è la sua storia sono troppo curiosa.

La giornata scorre come al solito carica di cose da fare, frenetica fino al momento di uscire. Ed è sempre troppo tardi. Arrivo a casa stufa del mondo, con lo stesso umore di quando ero uscita stamattina. Peccato che l’effetto krapfen-Luca non sia durato… Come da cliché proseguo con la noiosa vita di una single in carriera: a casa mi aspettano solo il gatto e la cena da scaldare. Quindi mi accoccolo sul divano e aspetto di essere sfinita abbastanza da accasciarmi sul letto svenuta.

La sveglia la mattina certe volte è un’agonia. Ma mi alzo lo stesso. Indosso la tuta e vado a farmi la mia corsetta. Doccia, crema, trucco, colazione. Pronta.

E ora….

“Un filoncino, per piacere”

“Niente krapfen oggi?” chiede Luca con un sorriso sornione.

“No, oggi no, rovinerei il beneficio della corsa”

“Corri?” incredulo, come si permette???

“Ti sembra tanto inverosimile?”

“No, si, cioè… scusa… non è che… insomma…beh…” imbarazzato. Beh, è evidente. Non sono una silfide per cui si era fatto come tutti l’idea che io fossi una da krapfen tutte le mattine e poi pasticci e schifezze. Sono muscolosa, non sono una balena!

“Corro tutte le mattine, mi aiuta a schiarirmi le idee sul mondo e mi prepara alla giornata. E non sono nemmeno tanto lenta!”

Mi sorride, Luca. Di cuore. Con una luce negli occhi.

“Anch’io corro tutte le mattine. Magari una volta potremmo farlo insieme.”

“Perché no?”

Afferro il mio pane e vado.

Questi strani siparietti si susseguono giorno dopo giorno. Prendiamo le misure tra una battuta e un piccolo svelamento. L’attrazione nel frattempo cresce.

Scopro così che Luca è un ingegnere che lavorava per una grossa azienda, che per motivi di famiglia non ha potuto accettare il trasferimento all’estero quando l’azienda ha dovuto chiudere in Italia e delocalizzare. Si è dovuto fermare qui per occuparsi di una zia che per lui è stata sia madre che padre, dato che è orfano. Certo che a 40 anni trovarsi a fare il commesso in panificio non se l’aspettava nemmeno lui, ma sua zia era amica della madre di Claudia e per fortuna c’è stata questa possibilità, che al giorno d’oggi anche gli ingegneri hanno difficoltà a trovare lavoro. Vive da solo, nell’appartamento affianco alla zia, e con il cambio di lavoro ha anche dovuto cambiare lo stile di vita, certo alcuni vizi li ha mantenuti, ma su tante cose ha preferito tagliare. Così è diventato un cuoco provetto, rinunciando al take-away e ha scoperto che la biblioteca comunale tiene molti dei libri che lui adora. Invece del cinema si accontenta dei canali digitali, gli aperitivi in centro sono stati tagliati e le uscite si sono ridotte a due al mese. Insomma, fa la stessa vita che faccio io. Ma senza gatto.

“Un filoncino, per piacere”

Uno sguardo mi incenerisce. “Ti darei un altro tipo di filoncino, io!”

Il tempo, l’aria, il mondo si sono fermati.

La bocca mi si è seccata di colpo. Settimane che ci parliamo sobriamente di tutto. Settimane che durante la corsa del mattino mi guardo intorno sperando di incontrarlo. Settimane che aspetto che faccia una mossa, una qualsiasi. E ora ha lanciato questa bomba.

Chiudo la bocca. Faccio per dire qualcosa ma non viene niente. Mi ha preso incredibilmente alla sprovvista. Beh, in effetti mi aspettavo che mi invitasse fuori, non che mi offrisse così le sue dotazioni anatomiche. Come la devo prendere? Come un gioco, uno scherzo, una boutade, o dice sul serio?

Sorrido, lo guardo diretto negli occhi con lo sguardo mio più sensuale e vado:

“E com’è che me lo vorresti dare questo filoncino?”

“Oh… in tutti i modi che ti vengono in mente, e in alcuni che non osi nemmeno immaginare…” il suo sguardo è fermo, la voce e l’espressione sono serie, intense. Non sta scherzando. Non sta giocando.

Stiamo lanciando le basi per qualcosa di estremamente stuzzicante, direi.

“Guarda che ho una buona dose di fantasia e di inventiva…” replico.

“Pure io, credimi… e non ho più voglia di usare solo la fantasia… ho voglia di te.”

PURE IO HO VOGLIA DI TE! MI FAREI PRENDERE ANCHE QUI SUL BANCONE!!!! Ho voglia di gridarglielo, ma non mi pare il caso, in fin dei conti siamo in un luogo pubblico.

“Che dici … a cena?” azzardo.

“No, non mi interessa cenare con te… voglio nutrirmi di te. Alle 8, da me. Non serve che ti vesti in modo particolare, tanto i vestiti te li tolgo subito.”

Non ho potuto controbattere perché è entrata una cliente.

Certo una proposta così esplicita non è che mi sia capitata spesso. Anzi.

Esco dal panificio trattenendo a stento l’eccitazione. Giro l’angolo e mi devo fermare un attimo ad ascoltare il mio corpo. Il cuore pulsante del mio corpo in questo momento è tra le gambe. Respira, freme, pulsa e sfrigola. Stringo con forza le gambe e faccio partire così un brivido che scuote il corpo dalla punta dei capelli alle dita dei piedi. Oh, che voglia intensa.

Mi riprendo e vado al lavoro. Ma la giornata è difficile, concentrarmi è difficile. Il pensiero torna a quegli occhi intensi e alle parole che ho sentito:

“Oh… in tutti i modi che ti vengono in mente, e in alcuni che non osi nemmeno immaginare…”

Finalmente è ora di andare a casa. Ho il tempo di farmi una doccia e farmi un te.

Sono le 8. Ho le mani che mi tremano quando premo il pulsante del citofono.

Non chiede chi è.

“Quarto” dice la sua voce dalla macchinetta.

Davanti all’ascensore sento che le gambe non mi tengono. Quelle parole… è tutto il giorno che mi perseguitano. Non so se essere eccitata o avere paura.

Mi aspetta sulla porta. Indossa solo un paio di boxer. Aderenti. Che evidenziano che pure lui è eccitato quanto me.

Non diciamo una parola. Mi tira dentro e chiude la porta appoggiandomici contro premendo il suo corpo sul mio, le sue labbra sulle mie, affondando le dita tra i miei capelli, aggrappandosi a un mio fianco.

Un turbinio di sensazioni invadono il mio corpo. Frenetiche le mani a togliere gli strati per liberare la pelle. I suoi occhi aperti fissi nei miei. Le lingue che guizzano, le mani che esplorano.

Due dita stringono un capezzolo, lo tirano e lo tormentano. Io gemo. Nella sua bocca.

“Mi senti?” dice dentro le mie labbra premendo il bacino contro il mio “Mi senti?” stringendo con forza il capezzolo già sensibile

“Sssssiiii” gemo.

“Ti sto per prendere… ti sto per avere… sei pronta? Mi vuoi? Non sarò dolce, ti avviso…”

“… si, Luca…” non riesco a dire altro.

La sua mano afferra una mia coscia e la tira su, lasciando così accesso libero al mio sesso caldo e bagnato, aperto… la mano sale l’interno coscia e va a inumidirsi le dita, mentre continua a baciarmi con gli occhi nei miei e tirando leggermente in dietro la mia testa con una presa salda delle dita tra i miei capelli. Si ritrae solo un attimo dal mio corpo, per permettere al suo sesso di essere all’altezza giusta, appoggia la punta alla mia apertura e con forza si spinge dentro di me.

Sono mesi dall’ultima volta che un uomo s’è fatto strada dentro di me… mesi che non sento la tensione di un corpo sul mio. E dall’intensità con cui lo sento, dalla sensazione di riempimento che mi sta dando, dal leggero fastidio che provo mi sembra quasi come se fosse la prima volta in assoluto.

Mi prende così con forza, contro la porta, con affondi lunghi e intensi, sbattendo con energia il suo corpo sul mio, tenendo la mia gamba sollevata con il braccio mentre la mano stimola quella parte di pelle tra il mio sesso e il mio buchino… mi morde le labbra, il collo…

Raccoglie i miei umori e si avvicina a dietro. Gemo, dico no…

“Tranquilla…” dice, mentre tra un colpo e l’altro, con un ritmo diverso, inizia a violare il mio buchino con il dito. Piano e profondamente.

Mi manca il fiato. Non mi aspettavo un’aggressione di questo tipo.

“… no …” gemo di nuovo quando il suo dito inizia a seguire il ritmo e la profondità delle penetrazioni.

A nulla serve…

“Se non ti piace smetto…” mi sibila nell’orecchio. Ma come posso dirglielo… non è vero. Non è che non mi piace… mi piace molto quello che mi sta facendo…

Gemo… guardo verso l’alto, guardo lui

“Continua…”

Questa singola mia parola sembra averlo caricato ancora di più, sembra avergli dato un’iniezione di energia. Colpi forti e lunghi si susseguono a ritmo variabile. Il mio corpo reagisce regalandomi brividi e scosse ogni volta che siamo perfettamente compenetrati. Sono sulla soglia di un orgasmo che prevedo potente, intenso e totalizzante…

Poi, di colpo, si stacca e mi priva di sé. Mi priva di quell’orgasmo nell’istante in cui stava per esplodere.

“NO!” strillo.

“Questo era l’antipasto, bimba… Ora viene il bello…”

E mi prende in braccio e mi porta di peso in camera da letto….

 

 

 

 

Letteralmente mi lancia sul letto. Cado su un mucchio di cuscini sparpagliati: alcuni lungo la testata, altri sul bordo del letto altri in centro. Mi ritrovo a cavallo di un cuscino lungo ed alto. Faccio per spostarlo facendo perno su un piede e afferrandone un angolo per sfilarlo da sotto di me.

“Ferma!”

Luca si protende verso il letto, afferrando le caviglie apre e solleva le mie gambe. Nell’operazione il mio sedere scivola sul cuscino e ci si trova in mezzo e lui si piazza lì, a fallo eretto, in ginocchio sul letto, davanti al mio sesso aperto sollevato dal cuscino.

“Ora sei perfetta… come quei vassoi di dolci della pasticceria dove viene voglia di affondare per godersi tutta la crema”

Con un movimento fluido e deciso mi solleva il bacino tirando le caviglie verso l’alto e inclinandosi un po’ in avanti mi infilza con il suo sesso eretto. Un sospiro. Un lungo e profondo sospiro mi esce dalle labbra a sentirmi di nuovo riempita dalla sua possanza.

I colpi ricominciano ritmati e profondi come poco fa, contro la porta. Ad ogni penetrazione il mio corpo sussulta per la posizione leggermente sospesa e i seni ondeggiano. Instabile, mi sento instabile mentre il piacere cresce. Le spinte mi spingono in alto e porto le mani sopra la testa a fermare questo scivolare verso la testata del letto. Affondano tra i cuscini ed arrivano ai tubi del letto di metallo. Mi afferro. Spingo. Contrasto le sue spinte. Stringo i muscoli della vagina e gemo…

“Luca… così… sai… oh…” ogni parola un respiro. Mi si smorzano pensieri incorrenti sulle labbra. Il piacere sale. Chiudo gli occhi e contraggo tutti i muscoli nell’onda del primo intensissimo spasmo di una serie che sembra infinita in questo orgasmo devastante che è arrivato.

Luca si ferma. Mi guarda più intensamente. Gli occhi scuri lanciano lampi mentre studia il mio viso trasognato dal piacere.

Si sfila da me, ancora prepotentemente eretto, piega le mie gambe ad appoggiare i piedi sul letto e si avvicina col viso al mio sesso.

“Sei ancora più bella quando godi…” dice sprofondando il viso tra le labbra della mia figa aperta e umida di eccitazione. La sua lingua, le sue dita, il suo naso… tutto concorre a tormentare ancora il mio sesso eccitato.

“Ti prego… aspetta…” cerco di sottrarmi allontanandomi verso la testata, indietreggiando.

“Non scappare!” le mani scivolano sotto le mie cosce e vanno ad afferrare i fianchi tirandomi di nuovo verso la sua bocca. Oh, la sua bocca… la sua lingua… i giri che sta facendo sul mio clitoride impazzito…

Gemo e faccio sentire il mio piacere senza ritegno. Non ero consapevole della fame che avevo. Fame di piacere.

Allungo le mani verso di lui, per mettergliele sulla testa, per afferrare i suoi capelli e fargli sentire fisicamente che se vuole restare per sempre così io sono d’accordo. E si stacca. Di nuovo, mi lascia lì sospesa. Di nuovo protesto.

Uno sguardo severo mi colpisce.

“Ne vuoi ancora?”

“Ho ancora fame, sì…” mugolo ancora immersa nel piacere torcendo leggermente il corpo per muovere il mio sesso e sentire il brivido che sale.

“Oh, ne avrai, tranquilla… te ne darò abbastanza da farti fare indigestione!”

Sfila il cuscino da sotto di me e mi sposta le gambe, assecondando la mia torsione, appoggiandole entrambe sul letto, una sull’altra. Sono leggermente girata sul fianco destro, busto dritto e gambe girate un po’ piegate verso di me. Prevedo una pecorina nel prossimo futuro… sorrido immaginando come mi solleverà i fianchi e si posizionerà dietro di me. Ma ancora una volta sbaglio la previsione. Appoggia una mano sul lato della natica e tira deciso. Scende su di me e spostando la mano guida il suo sesso nel mio.

Stretta. Così divento stretta. Cala lentamente con tutto il peso del corpo a spingersi dentro di me. Non si ferma finché il suo bacino è appoggiato alla mia natica. Lo sento. Lo sento come non credo di aver mai sentito nessuno.

Spostando il peso sulle mani, appoggiate ai lati delle mie spalle inizia a fare lenti e lunghi movimenti, penetrandomi con intensità, donandomi lunghi affondi di piacere.

Ma l’escursione non è completa, il sorriso sul suo volto non è pieno.

“Ti voglio sentire di più” dice spostando tutto il peso del corpo sulla mano sinistra. Si sfila da me e con agilità e con una forza che non pensavo avesse con la mano libera mi gira e mi fa stendere a pancia sotto. Si posiziona tra le mie gambe e scende su di me, guidando il suo sesso nel mio.

“Aspetta…” sussurro… afferro un cuscino e sollevando il bacino lo infilo sotto la pancia, così da avere il sedere ruotato leggermente indietro.

“Mi fai venire altre voglie così…” dice allargandomi e infilandosi di nuovo nel mio sesso.

“Oh, si, così ti sento… ti sento bene…”

Il movimento torna fluido, continuo, lungo, pesante, fondo, intenso.

Godo di ogni centimetro del suo sesso nel mio, godo del peso del suo corpo sul mio, godo di ogni piccolo bacio piazzato sul mio collo che scatena brividi lungo la schiena. Si piega su di me, arriva con le labbra al mio orecchio…

“So che non vorresti… ma farò lo stesso quello che sto per fare…”

Persa nel piacere non realizzo cosa intende, ma sento una mano che si insinua tra di noi, che scivola ad accarezzare la sua asta quando si sfila per caricarsi di umori, che va decisa verso il mio buchino e ci gioca…

“No…” protesto debolmente “non voglio… no… non…” mentre il suo dito mi viola nel profondo, mentre rotea dentro di me, mentre si sfila e si reinfila, mentre inizio a provare brividi di piacere…

“No… per favore…” mentre al dito se ne aggiunge un secondo, e lui continua imperterrito a penetrarmi con entrambi al ritmo con cui mi scopa, lento e profondo.

Mi giro piano, lo guardo. “No…” sospiro e lui affonda. Gemo.

Si sfila da me. Rinuncia, penso, ha capito… sbaglio ancora.

Mi afferra per i fianchi e mi fa mettere sulle ginocchia, allarga le chiappe con entrambe le mani e scende con la lingua a tormentarmi il buchino.

“No!” dico con decisione sollevando il busto e girandomi. Ma calcolo male la sua forza. Mi afferra i polsi e usando anche il suo peso mi fa piegare di nuovo sul letto, infila una mano sotto un cuscino e ne tira fuori una corda con cui con una velocità e una maestria che mi fanno pensare che lo faccia spesso mi lega i polsi alla struttura del letto. Protesto e mi agito, ma non ottengo nulla.

“Non voglio che lo fai! Non voglio lì! Non mi piace!”

“Non è l’impressione che mi hai dato… i tuoi gemiti sono aumentati quando ho violato il tuo buco. Hai goduto di più. E hai protestato quando mi sono sfilato…”

“No… non è così…” mi sento indifesa in questa posizione: io legata e appiattita sul letto, lui in ginocchio dietro di me. Ancora con quella potente erezione in atto. Eccitata dalla situazione. Eccitata perché lui ha ragione, ma non posso e non voglio ammetterlo con me stessa.

Mi solleva. Sono di nuovo in ginocchio, lontana dalla testata quanto basta da non poter usare le braccia tese e non potermi appoggiare sui gomiti.

Non posso nemmeno girarmi…

Sento chiaramente la pressione delle sue dita sul mio fiorellino. Sento il pollice scivolare dentro… sento la lingua inumidire il contorno, la rosellina… sento le dita lavorare i muscoli…

Due dita… due pollici a spingere dolcemente e lentamente. La rosellina che piano cede. Un dito che entra ed esce a simulare la penetrazione.

Oddio… ho paura… e sono eccitata…

Sento la pressione aumentare e di nuovo cerco di protestare con un flebile “per piacere…”

“Sssssshhhhhh”

La pressione aumenta ancora per poi fermarsi di colpo. Sento come un dolore acuto seguito da un leggero piacere e una pressione strana.

“Il più è fatto… la punta è dentro… ora respira… e stai tranquilla, non ho alcuna intenzione di farti male… anzi” mentre parla muove leggermente il bacino, sento chiaramente la pressione dentro di me che si sposta in tondo, ruota. E spinge…

“… oh… no… no… no…” non riesco, non so se è una questione di dolore o di mente, non riesco… ho un nodo in gola e vorrei scappare. Ma lui mi tiene saldamente i fianchi aumentando la pressione. Scivola dentro di me. Il dolore aumenta. Non è certo piacevole.

Mugolo, mi lamento… “… no…” il mio lamento è debole, poco convinto. Ho capito ormai che non ha intenzione di smettere anche se io non voglio. Aveva detto di volermi scopare “in tutti i modi che ti vengono in mente, e in alcuni che non osi nemmeno immaginare…” ecco. Io questo non l’avevo certo contemplato. “… noooo…” mi lamento piano.

“sssshhhhhhhh… fai la brava…”

Ormai il suo sesso è infilato in me fino in fondo e si è fermato.

“Vedi? Lo vedi che ce la fai? È tutto dentro…”

Ho le lacrime agli occhi.

Piano inizia a muoversi. Io continuo a mugolare il mio dolore e il mio disappunto… e lui continua a muoversi e a blandirmi.

Allunga una mano sotto di me, a cercare il clitoride. Lo tormenta piano. Lo strofina e lo stropiccia, certo che quel piacere che è convinto di darmi andrà a coprire il dolore che sento dietro. Non è così, ovviamente. Non è così…

Si sfila di colpo. Sospiro e gemo. Improvvisamente privata del dolore. Improvvisamente privata della scomodità.

Ma non faccio in tempo a rallegrarmi. Si sposta, mi afferra le caviglie e mi allunga le gambe. Cado di piatto sul letto e un attimo dopo è di nuovo su di me, dentro di me, il suo sesso nel mio culo. A spingere. A farsi strada. A farsi largo.

Un gemito più forte di protesta.

“Buona…”

Perdo il senso del tempo, perdo il senso del dolore. Non provo piacere, non è bello, non è una sensazione piacevole. Mi lamento e gemo e lui continua a blandirmi…

“ssssssshhhhh… buona…”

Lacrime mi rigano le guance. Il viso è girato sul letto, tra i cuscini. Le sue labbra sul mio collo e sul mio orecchio a baciare e sussurrare.

“fai la brava… ssshhhh”

Poi l’intensità aumenta, le spinte aumentano, la velocità aumenta.

Il suo respiro si fa più intenso più veloce. Deduco che sta per arrivare all’orgasmo, ma non posso vedere il suo viso…

“… oooh…”

Non sento altro. È venuto in silenzio. Dentro di me. Dietro di me. Di nascosto da me. Nel mio culo.

“Brava…” mi soffia nell’orecchio baciandomi. Tutto il peso del suo corpo sul mio.

Si sfila, mi scioglie i polsi, si alza, mi copre con il lenzuolo e va in bagno.

Resto lì. Provata. Sfinita. Con un leggero dolore dietro. Con le guance rigate dal pianto. Vuota. Incredibilmente vuota. Stranamente vuota. Vuota in un modo che non potevo immaginare potesse esistere… vuota…

Con l’inspiegabile desiderio che quel vuoto venga colmato di nuovo. Magari non subito subito, ma che succeda.

Porto una mano dietro. Alla rotondità del mio culo. No, non ho coraggio di toccare, di capire, di rendermi conto di com’è adesso la mia rosellina. Non ne ho il coraggio.

Lui ricompare al mio fianco, si lascia cadere sul letto. Mi guarda, sorride.

“Non è stato così tremendo, vero?”

FANCULO vorrei urlargli. Ma non lo faccio.

Lo guardo. Mi alzo piano, con cautela. Ho paura di avere dolori. Le lacrime si sono fermate. Ma il corpo, il cuore, l’anima sono feriti.

Esco dalla camera. Torno alla porta d’ingresso. Indosso i miei vestiti e me ne vado.

Lo sento chiamare dalla porta, ma non rispondo. Finché non ho chiuso alle mie spalle il portone d’ingresso non mi fermo e non respiro nemmeno. Non aveva realizzato che me stavo andando via.

Si sporge alla finestra.

“Aspetta Carla, aspettami!”

Non mi fermo. Me ne torno a casa. Devo pensarci su…

Vuota. Inspiegabilmente. Vuota.

 

 

 

 

 

 

E’ passata più di una settimana…

Ho ancora i pensieri molto confusi,  ma … mi manca il mio filoncino quotidiano. Ho rinunciato fino ad ora, ma … ma che diavolo! Perché devo rinunciare a qualcosa di mio per quello che è successo!

Prima di entrare in panificio guardo dalla vetrina. Luca è al banco dei dolci, a quello del pane c’è Claudia. Ok, ce la posso fare ad evitarlo.

Entro e senza guardarmi in giro mi dirigo da Claudia, certa di riuscire a sbrigarmela in fretta.

“Oh, Carla, finalmente! Che fine avevi fatto? Sarà una settimana che non ti si vede! Stavi male?”

“Si, non sono stata bene… mi dai un filoncino per piacere?”

“Immaginavo… sarà lo stress… ma c’è qualcuno che si occupava di te? Sei sempre sola? Potevi chiamare, facevo venire Luca a portarti il pane… vero Luca che andavi da Carla a portarle il pane???”

“Molto volentieri ci andavo!” e dicendolo mi guarda dritto negli occhi a volermi trafiggere… come se l’avessi tradito. Io? Io tradito lui?

“Devo andare, sono in ritardo…”

Afferro il sacchetto che Claudia mi porge e mi avvio alla cassa. Due persone davanti, devo anche aspettare. Ho il cuore che batte all’impazzata. Devo uscire da qui, allontanarmi da quello sguardo.

“Ti devi riprendere, qui c’è un krapfen al cioccolato… e voglio rivederti, dobbiamo spiegarci… perché sei scappata?”

Il suo fiato sul mio collo. Parole sospirate nel mio orecchio. Un brivido che corre veloce lungo la mia schiena fino alle mie viscere, fino al mio sesso, fino al mio culo… tutti i muscoli si contraggono per un istante e sono perduta.

Respiro a fondo. Chiudo gli occhi.

“Non voglio rivederti. Avevo detto di no. Non mi hai rispettato. Lasciami in pace” la voce poco più di un sussurro. Parole dette alla nuca della signora davanti a me. Lui al mio fianco che legge le mie labbra. E le brama.

“Ti voglio…”

“Lasciami in pace!”

E’ il mio turno. Sorrido, pago ed esco quasi di corsa. Con il sacchetto col krapfen in mano.

La nebbia affolla la mia mente. Pensavo che questi dieci giorni fossero sufficienti per superare il turbine emotivo che stava facendomi impazzire. Invece…

Apro il sacchettino e guardo il krapfen. Un bigliettino accanto: “Ti voglio. Chiamami. 34x-2x55xx8 Luca”

Osservo ipnotizzata la scrittura pulita e i numeri ben disegnati.

Infine mi scuoto dal torpore, appallottolo il biglietto e lo getto.

Ma il problema non è risolto… domattina lui sarà ancora lì. E io non intendo rinunciare al mio pane.

Come tutte le mattine mi alzo presto per andare a correre. Chiudo la porta, scendo le scale, apro il portone e… me lo trovo davanti.

“Ora non mi puoi ignorare!”

“Cosa fai qui? Chi ti ha detto dove abito?”

“Claudia, ovvio. Le ho detto che ti portavo delle paste. Era l’unico modo per parlarti. Avresti continuato a starmi lontana, vero?”

“Vattene, lasciami in pace. Non voglio avere nulla a che fare con te!”

“Oh, non è vero…” dicendo questo mi spinge di nuovo dentro l’atrio, contro una parete. Con una mano mi blocca e con l’altra scende tra le mie gambe.

“Si sente attraverso i pantaloncini che sei bagnata… io ti eccito. E non negare che ti è piaciuto quello che ti ho fatto… perché sei scappata?”

“Lasciami andare, stronzo! Ti avevo detto di no! Mi hai violentata!”

L’insulto, la frase intera, l’han colpito come un pugno. Come? Non si aspettava un attacco diretto?

“No… tu sapevi che ti volevo… te l’avevo detto… e non hai disdegnato quando ho iniziato…” lo dice allontanandosi piano da me. Quel tanto che basta da lasciarmi lo spazio per far partire la sberla più forte che ho nel mio braccio.

“No! – dico contemporaneamente allo schiocco – C’è una bella differenza tra desiderare e violentare… Quando ho detto no tu ti dovevi fermare, rispettare il mio limite, il mio desiderio! Non prendere quello che ti andava di prendere! Cosa ti fa credere che se si prova un po’ di piacere con un dito allora sarà lo stesso con altro? Eh?” sono arrabbiata all’inverosimile. Con una forza che non conosco sto aggredendo quest’uomo per fargli capire quanto è sbagliato quello che ha fatto. Due occhi increduli mi stanno osservando. La sua mano sulla guancia, il colpo è stato forte… ma ne sto caricando un altro, per sottolineare nuovamente la mia posizione.

Mi ferma la mano a mezz’aria. Preparo l’altra. Ferma anche quella.

Mi preme contro la parete con il bacino e tiene le mani ferme ben in alto sopra la mia testa.

“Lasciami!” sibilo.

“Non la senti? Dillo… non ci credo. Quest’attrazione violenta e intensa che ci spinge insieme… non la senti?” la sua voce si alza piano, stavamo mantenendo il controllo, ma ora il sangue sta fluendo a entrambi…

“Lasciami!” dico con un tono più forte.

Di tutta risposta il suo bacino preme ancor più forte sul mio. Il suo sesso eretto preme contro la mia pancia… Ho brividi che corrono lungo la schiena. Sento distintamente il mio sesso farsi liquido. Sento il sangue scorrere più veloce. Il respiro si accorcia.

“Dillo… dillo che non la senti questa attrazione animale… dillo…” le sue labbra a pochi centimetri dalle mie, a sussurrare alla mia bocca queste parole… a instillarle al mio corpo…

Respiro con la bocca aperta. I miei occhi nei suoi. Distesa sulla parete, bloccata dal suo corpo.

“Dillo che non mi vuoi…”

Non riesco ad articolare una sillaba. Il mio corpo lo desidera. Fortemente. Lo chiama. In ogni fibra. In ogni anfratto. Ogni anfratto…

“Io…” non riesco ad andare oltre. Non posso. Io la sento. Forte, potente, insaziabile attrazione animale. Non ho mai provato nulla di simile prima. Mai un’emozione così intensa come ora. Mai il mio corpo ha perso completamente il controllo come ora, protendendo in una sola direzione: la sua. Mai come ora il mio cervello ha perso ogni direzione…

“Io… ti voglio” riesco appena a finire la frase che le sue labbra si attaccano alle mie e inizia una danza frenetica delle lingue mentre le mani scendono a esplorare nuovamente il mio corpo, a conoscerlo, lì, nell’atrio…

Non andremo a correre stamattina.

 

 

 

Leave a Reply