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Un giro in canoa

By 3 Febbraio 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

 

Era la terza volta che andavo a fare un giro in canoa con Cristina. Un bel modo di passare il pomeriggio, fare sport in un paesaggio naturale, poco fuori dalla città e per di più con una bella ragazza.

Cristina era molto allenata, era seduta sul doppio davanti a me, e potevo apprezzare la sua tecnica, la sua prestanza, il suo ritmo preciso come un orologio, una tecnica sopraffina che le faceva muovere davvero tanta acqua ad ogni colpo di remi.

Le sue spalle scoperte erano una lezione di anatomia, tanti piccoli muscoli ma ben definiti che si muovevano in armonia.

Finito il nostro giro tornammo al pontile e proprio dopo una vogata perfetta sbagliammo ad agganciare il pontile con i remi, ribaltandoci. Era estate e una rinfrescata non era poi così male, ci facemmo una risata tutti e due. Uscii dall’acqua e poi aiutai Cristina a veni fuori. Per un attimo ci trovammo l’uno di fronte all’altra, occhi negli occhi, a pochi centimetri. C’era della chimica tra noi, peccato che lei aveva un fidanzato in viaggio di lavoro a cui voleva essere fedele.  Abbassammo lo sguardo e ci allontanammo subito, imbarazzati, seri. Tirammo fuori la barca, la presi in spalla e mi infilai nel vialetto per portarla fino al baracco. Arrivato davanti all’ingresso posai esausto la barca per terra, e iniziai a togliermi il body da canottaggio fradicio.

Dietro di me sentii dire “Che bel costumino”, mi girai e vidi Cristina sorridente con i remi in spalla, vestita anche lei con il body da canottaggio che esaltava il suo fisico atletico, lasciando scoperte le spalle e le gambe, aderendo a tutto il suo fisico altletico ma non senza le curve giuste. I capelli bagnati, i piedi nudi, la sua cavigliera, le davano quel tocco in più che la rendeva irresistibile. Le sorrisi.

“Aiutami col la barca le dissi” e così ci avviammo nel baracco per posare la barca sulla rastrelliera. Lei era reggeva la barca dal davanti, io da dietro e dovevamo metterla sul ripiano più in alto. Era davvero alto, io riuscii ad appoggiare la coda per poco, Cristina invece non ci riusciva con la prua e mi chiese aiuto. Così andai di fronte a lei con calma e mi misi a fissarla, in quella situazione di difficoltà, con le mani tese in alto a cercare di appoggiare inutilmente la barca sul ripiano. Inutilmente perché benchè Cri era alta e in fisicamente in forma ma le mancavano 5- 10 centimetri per appoggiare la barca lassù.

“Dai aiutami!” insisteva mentre in punta dei piedi e con le braccia protese in alto cercava ancora di recuperare quei pochi centimetri che mancavano. Io, rimanevo li beato a godermi lo spettacolo:

Io:“Non hai abbastanza forza?”

Lei:“La forza ce l’ho, è che non ci arrivo!”

Io:“Allora se hai la forza potrei lasciati qui un’oretta”

Lei:“No, piuttosto potresti aiutarmi”

Io:“Non so, forse è il caso che vada prima a farmi la doccia…”

Lei:“Dai, aiutami, non fare lo stronzo!”

Io:“E poi mi prendi in giro per il mio costume…”

Lei:“Non ti ho preso in giro, era un complimento”

Ci fu un po’ di silenzio.

Poi mi avvicinai a lei e le presi il gancetto della lampo e le dissi:

“E il tuo costume com’è?”

E iniziai ad aprire la cerniera sul suo petto.

Lei rimase in silenzio, non poteva reagire, prigioniera di quella barca che doveva reggere sopra la testa, prigioniera della suo essere provocante, prigioniera dei miei occhi, prigioniera in tutta quella situazione.

Abbassai la lampo fino in fondo, sotto l’ombelico. Il body, blu, si sposava perfettamente con il colore della sua pelle abbronzata. Aperto sul davanti, lasciava intravedere i suoi seni, i suoi addominali ma non si vedeva il reggiseno.

Io:“Volevo vedere il tuo costume ma non vedo il pezzo di sopra”

Lei:“Ho dimenticato il costume a casa e allora non ho potuto metterlo”

Io:“Sicura?”

Lei:“si, ho dimenticato anche il body da canottaggio e ho preso questo che avevo nell’armadietto, era da buttare” e ancora:

“Mi aiuti a mettere su la barca? Ho un appuntamento fra un po’ e devo andare”

Io:“dove?”

Lei:“A cena con il mio amico Marco e poi a una festa”

Io:“Ma è ancora presto per andare a cena”

e intanto spostai a destra e a sinistra i lembi del body, scoprendo definitivamente il seno.

Lei deglutì e stette in silenzio, con lo sguardo intimidito.

Io:“magari gli puoi dire che arrivi dopo, ti vado a prendere il telefono. Ah, resta qui eh?”

E mi allontanai sorridendo.

Tornai dopo un minuto con il suo borsone e l’appoggiai sul vicino tavolo degli attrezzi.

Tirai fuori il telefono e “Visto che non puoi scrivere, ti faccio il favore di scrivergli io. Cosa scrivo?”

Lei:“Ciao Marco tardo 10 minuti”

Io:“Mh, credo che tarderai un po più di 10 minuti, facciamo un’oretta”

Lei:“Un’oretta? Devo tenere questa barca ancora per un’ora?”

Io:“Chi lo sa… Ciao Marco ritardo un’oretta. Come ti firmi?”

Lei:“Cri”

Io: “Sei sicura? Niente di più?”

Lei:“Si, è un’amico”

Io: “Non sarebbe meglio qualcosa di più intrigante, tipo, che so, la tua cavallina?”

Lei:“Ma no, è solo un buon amico, niente di più!. Non mi interessa altro!”

Io:“Ciao Marco ritardo un’oretta. La tua cavallina. Inviato. Cos’altro hai nella borsone?”

Lei:“Mi stai facendo fare una figuraccia”

Iniziai a rovistare. Tirai fuori due paia di manette, un manganello.

Io:“E questi? Non pensavo che piacessero questi giocattoli ad una borghesina fighetta come te”

Lei:“Non sono per giocare, è solo il travestimento per la festa di stasera”

“ah, e da cosa ti travesti?”

Lei:“da polizotta sexy, ho anche il vestito nella borsa”

In effetti c’era anche un corpetto e un paio di pantaloncini in pelle, e degli stivali belli alti, un tanga nero, una giarrettiera nera, un cappello e un distintivo.

“Non pensavo che dietro una faccia d’angelo come te si nascondesse una cavallina, anzi una cavallina selvaggia”

Lei:“ma è solo un travestimento, le tue ex fidanzate non si travestivano alle feste?”

Io: “magari in modo più discreto” le dissi guardandola con un sorriso e facendo roteare le manette. Pesa la barca?”

Lei:“Si, aiutami”

Mi avvicinai a lei e le ammanettai le mani in alto al supporto a cui non riusciva ad appoggiare la barca, poi misi a posto io la barca liberandola da quel peso.

Io:“visto, ti ho aiutata!”

Lei:“Grazie, ma non intendevo così!”

Io:“Volevo collaudare la manette, così sta sera sei sicura che funzionano per i tuoi giochini…”

Lei:“Ti ho detto che è solo un travestimento!”

intanto mi avvicinai con l’altro paio di manette, con la catena più lunga

Io: “immagino siano per le caviglie queste…” e mi chinai per applicargliele.

Lei:“Non lo so, no le ho mai usate”

Poi presi un paio di forbici dal tavolo “direi che alla festa non ci vai con la tenuta da canottaggio, è meglio che ci portiamo avanti no?”

Lei:“cosa vuoi fare?”

mi avvicinai a lei e iniziai a tagliarle il body sul fianco, dalla gamba in su fino all’ascella.

All’altezza dei fianchi il tessuto tagliato lasciava vedere un filo sottile: non avevo dubbi ormai che non avesse altro che tanga e perizomi nel suo guardaroba.

Poi passai all’altro fianco. Quello che poco prima era un body che copriva e copiava le sue forme, ora era un tessuto tagliato che stava precariamente appeso alle spalle, e che faceva intravedere la sua pelle liscia, luccicante, abbronzata, i suoi muscoli definiti.

Non diceva nulla, accettava impotente quella situazione, con un’aria interrogativa e curiosa sul cosa sarebbe successo. Si opponeva in modo del tutto inconvicente.

Poi le tagliai vestito anche sulle spalle, e dopo l’ultimo colpo di forbici, quei brandelli di tessuto caddero a terra lasciando il suo fisico statuario di fronte a me, coperto solo da uno striminzito tanga bianco che non lasciava nulla all’immaginazione.

Seno generoso, molto sodo. Pancia piatta, addominali scolpiti, gambe sode e un fondoschiena da favola.

Iniziai a passare due dita sulla sua pelle, sentivo che era dura come il marmo. Scesi con le dita e iniziai a rovistare nelle mutandine. Giocai con le sue labbra, con il clitoride. Lei iniziava ad ansimare, non sapeva più dove guardare. Aveva aperto le gambe al massimo di quanto gli permetteva la catena delle manette.

Poi infilai dentro due dita. Era bagnata, molto, e gemeva. Con l’altra mano assaggiavo il suo seno, i suoi capezzoli, il suo sedere, i suoi addominali, le sue gambe carnose e sode. Ormai ansimava, era eccitata, era cotta dal piacere. Mi abbassai il costume, ero pronto, e la vidi sbirciare.

Io:“Ne hai bisogno, vero cavallina selvaggia?”

non rispose

le infilai un dito nell’elastico del tanga

Io:“prendi la pillola?”

Lei:“si”

le strappai con forza il tanga, e la penetrai con forza.

Incominciai a spingere dentro di lei, quella bellezza, quella sensualità erano il cibo di cun non mi sazio mai.

Lei legata con le mani in alto non aveva altro che la bocca con cui poter assaggiare la mia carne, e inizio a mordicchiarmi sul collo. Le mie mani sulla sua schiena, i miei pettorali contro i suoi seni, i miei polpacci contro i suoi, la mia prestanza contro la sua. Più andavo avanti, più aumentavo il mio ritmo e più aumentavano le sue grida. Quando raggiunse l’orgasmo sembrava avesse partorito. Accelerai il ritmo, fino a venire dentro di lei, sfinito.

Restammo in quella posizione per qualche minuto, esausto e mi sedetti a terra di fronte a lei.

Sul suo telefono arriva un messaggio “Sto arrivando”.

Io:“Bene”

Le tolsi le catene ai piedi

Lei:“Grazie”

Io:“di niente”

iniziai a vestirla per la festa, il tanga, il corpetto, i pantaloncini in pelle cortissimi, la giarrettiera, gli stivali.

E lei non parlava, non capiva, era diventata un oggetto, annullata psicologicamente e sfinita fisicamente.

Poi presi il tanga che le avevo strappato, lo appallottolai e glielo misi in bocca.

Prendo il suo telefonino “Sono nel capanno Marco, vieni c’è una sorpresa per te. Inviato”

Cristina iniziò subito a dimenarsi, ma le manette ai polsi e il tanga in bocca non le permisero alcuna reazione.

Io:“tranquilla sei bellissima, farai una bella figura”

Presi il mio costume e mi avviai nudo e fiero verso l’uscita

Lei, con un’espressione implorante, continuava a gemere e dimenarsi.

Io:“vedrai che mi ringrazierai”

Uscii dal capanno e mi infilai sotto la doccia nel mio spogliatoio. Rimasi a sotto l’acqua per parecchi minuti a pensare a Cristina e di come abbia nascosto la sua passione dietro la sottomissione. Mi rivestii e uscii dallo spogliatoi per andare via. Appena uscito sentii che Cristina stava ricevendo un’altra razione. Non sapevo se da allora avesse provato odio per me, ma certamente avrebbe intensificato i suoi allenamenti in barca… sul “due senza”.

 

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