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Racconti Erotici Etero

UN INCONTRO IN MASCHERA

By 9 Maggio 2008Dicembre 16th, 2019No Comments

. Con questa signora ho avuto diverse conversazioni interessanti (niente sesso virtuale), tanto che ci davamo appuntamento praticamente ogni sera. Come nick avevo scelto ‘Rocambole’ e lei ‘Fiammetta’ (forse qualche frequentatore si ricorderà di noi), ma dopo circa un mese non mi riuscì più di trovarla, seppi poi che una malattia della madre l’aveva costretta ad assentarsi per prestarle assistenza.
Fu allora che decisi di cercare la mia ‘sconosciuta’. Una sera, entrato in chat, dopo aver seguito per una decina di minuti le conversazioni fra i diversi frequentatori, conversazioni puerili per la verità, lanciai questo appello: ‘cerco una mora’, lo lanciai diverse volte per diverse sere nella speranza che quella signora, che forse aveva cambiato, ‘nick’ si rivelasse. Ricevetti le risposte più disparate e spiritose tipo: ‘andrebbe bene una fragola?’, ‘una pesca?’ o peggio: ‘io avrei una banana!’ e altre dello stesso tipo; stavo per lasciare e andarmene a letto quando ricevetti la chiamata: ‘sono io Mora’. La invitai ad una conversazione privata in una delle stanze del sito e cominciammo a chattare. Il suo nick era effettivamente ‘Mora’, come me era di Torino e nel timore che ci conoscessimo nella vita reale non approfondimmo oltre, seppi soltanto che aveva 33 anni, sposata con una figlia piccola, dichiarai francamente di essere anch’io coniugato e di avere prole. Ci incontrammo diverse sere sempre in chat e ben presto diventammo talmente familiari da farci le nostre confidenze rispondendo francamente alle domande che ci facevamo. Alla mia domanda di cosa cercasse chattando con un uomo che non conosceva, rispose di non saperlo, al che suggerii che forse come me sperava in un incontro non impegnativo che la distraesse dalle preoccupazioni quotidiane. Riconobbe che forse era così, ma che pur trovandomi interessante (bontà sua), il timore era sempre quello, potevo essere una delle persone che incontrava ogni giorno abitando entrambi a Torino, o peggio ancora, forse ci conoscevamo veramente! Fu allora che decisi di giocare la mia carta. – Senti Bruna (questo è quello che dichiarò essere il suo nome), la settimana prossima saremo in pieno carnevale, potremmo mascherarci . . . – Scherzi? Non vorrai mica andare in giro con il viso nascosto da una maschera! – No ma basta che tu mi dica che sei d’accordo e troverò io il modo. Si dichiarò pronta a valutare la mia proposta. Sapevo che un mio collega aveva affittato una mansarda in un palazzo di Moncalieri a pochi chilometri da Torino per le sue avventure extraconiugali, gli esposi il mio problema, mi disse che poteva prestarmela in quanto lui si recava con la moglie a Cortina per trascorrervi la solita settimana bianca. Non mi rimaneva che convincere la mia sconosciuta, la cosa fu abbastanza facile. Accettò quando le dissi che doveva soltanto procurarsi una maschera di sua scelta, l’avrei aspettata nell’alloggio con indosso la mia maschera, lei avrebbe preso l’ascensore che arrivava al quinto piano e si sarebbe mascherata solo per salire l’ultima rampa di scale, poi le diedi l’indirizzo. Si dichiarò entusiasta della mia trovata e non vedeva l’ora che arrivasse martedì grasso giorno prescelto dicendosi eccitata al pensiero. Le sere che mancavano all’incontro il nostro chattare si incentrò sui nostri gusti in fatto di sesso, scoprimmo che entrambi desideravamo uscire dai soliti schemi infrangendo quei Tabù che ci impedivano di godere senza ipocrisie uno dell’altra, cosa che con i nostri coniugi non era pensabile. Programmammo il nostro incontro nei minimi dettagli, concordando che nel caso che già nei primi minuti ci fossimo piaciuti, non avremmo perso altro tempo, in caso contrario ci saremmo salutati e lei sarebbe andata via nella stessa maniera con la quale era arrivata. Il martedì successivo presi una mezza giornata di permesso uscendo dall’ufficio dopo aver pranzato in mensa e mi recai subito alla mansarda del mio amico. Aprendo la porta notai che l’ambiente era riscaldato e in ordine, una tenda azzurra scorrevole divideva la stanza in due ambienti, il primo era arredato con due poltrone, un frigo e un mobile bar oltre ad un elegante tavolino basso. Tirando il cordone della tenda vidi un letto coperto di cremisi e due tavolini, insomma era un pied a terre perfettamente adatto per incontri clandestini. Una stretta porta immetteva in un bagno essenziale che oltre ai servizi ospitava anche una doccia. Guardai l’orologio, era appena l’una mentre l’appuntamento era per le due. Dal frigo tirai fuori una bottiglia di spumante che disposi sul tavolino in un secchiello con del ghiaccio insieme a due calici, impiegai il rimanente tempo a dare gli ultimi ritocchi a quello che sarebbe stato (lo speravo), lo scenario delle nostre evoluzioni amorose. Faceva caldo ma non modificai la temperatura del calorifico dal momento che questo ci avrebbe aiutati a metterci a nostro agio. Quando mancavano cinque minuti alle due, indossai la mia maschera di seta nera che copriva il mio capo e metà del viso, faceva parte del costume di Zorro che avevo regalato al figlio di un amico e al quale avevo sostituito la maschera di stoffa con una di cartone. Sentii aprirsi l’ascensore al piano sottostante, accostai l’orecchio alla porta, udii dei passi leggeri salire le rimanenti scale e fermarsi esitanti davanti alla porta. Dallo spioncino vidi deformato, il viso di una donna seminascosto da una mascherina rosa bordata di perline, al leggero suo bussare, aprii cercando di non fare rumore. Indossava un cappottino scuro col bavero di pelliccia rialzato, aperto su un maglioncino bordò, una gonna che lasciava scoperte le ginocchia e stivali neri con i tacchi a spillo. Era veramente bella! Bruna, labbra rosse carnose, un nasino delizioso la cui radice era appena celata dalla forma della maschera; ma quello che mi lasciò senza parole era che . . . riconobbi in lei l’amica di mia moglie e anche mia amica dal momento che di solito l’accompagnavo insieme a sua figlia mentre portavo la mia allo stesso asilo. Si, era proprio lei, Claudia! Rimase impietrita, la vidi impallidire, anche lei mi aveva riconosciuto! Era impossibile fosse altrimenti, nei films di Zorro, mi ero sempre chiesto come mai nessuno riconoscesse che sotto quella maschera nera si celava il giovane don Juan de la Vega, ma quella era una finzione, invece Claudia e io eravamo reali e ci eravamo riconosciuti! Mi sentii mancare il fiato, trascorsero due o tre lunghissimi secondi durante i quali vidi sfumare la mia avventura poi decisi di giocare il tutto per tutto. – Bruna, sei bellissima! Dissi facendomi da parte. Dopo un attimo di esitazione la donna fece qualche passo pallida come un cencio, era evidente che non sapeva come comportarsi, incerta se assecondarmi oppure scappare via. – Posso? Accennai al suo cappotto, meccanicamente se lo lasciò sfilare. A questo punto capii che forse potevo sperare, la donna si guardò attorno, capii che stava riacquistando sicurezza. – Come devo chiamarti? Fece con voce esitante. – Lo sai, Rocambole. Il suo sorriso si allargò. – Ti chiamerò ‘Roca’. – E io ti chiamerò Bruna, ti chiami così vero? – Certo! Era fatta! Sapevo che da questo momento le cose si sarebbero svolte come era nei nostri desideri, posai le mani sulle sue spalle facendole scendere lungo le sue braccia, poi sui suoi fianchi, alla mia leggera pressione fece un passo e fu contro di me, chiuse gli occhi appena sfiorai le sue labbra ancora chiuse con le mie labbra e le mossi in una leggera carezza finché queste si dischiusero, allora le presi fra le mie labbra, prima quella superiore, poi l’altra, le risucchiai, prima una poi l’altra accarezzandone l’interno con la lingua. Poi sentii la sua lingua cercare la mia, giocare con la mia in una carezza umida. Le mie mani si spostarono dietro le sue reni, trovarono il bordo del maglioncino, salirono sotto di esso la schiena nuda, esultai nel sentire che oltre al reggiseno non portava altro, disfeci il gancetto . . . Ora era ad occhi chiusi che ci lambivamo le labbra in un gioco che fece indurire del tutto il mio pene. Ci staccammo il tempo di sfilare il suo maglioncino che lei agevolò sollevando alte le braccia poi toccò al reggiseno le cui spalline scivolarono lungo le sue braccia. Ebbi appena il tempo di intravedere il suo seno, una terza abbondante credo, che fu contro di me con la bocca larga accettando la lingua che spinsi in profondità subito avvolta dalle sue labbra e dalla sua lingua, mi risucchiò muovendo il viso, ondulò il ventre contro la mia erezione cominciando a respirare più rapidamente. . . Le mie mani ritornate alle sue reni disfecero il gancetto della gonna e abbassarono la cernierina, lei stessa senza smettere il suo bacio tirò in giù sulla gonna che superato il bacino cadde ai suoi piedi, le mie mani apprezzarono la consistenza del sedere appena coperto dalla striscia del perizoma prima di ammainare l’esile indumento aiutato dalle sue mani che lo fecero scendere a metà delle sue cosce, esplorai le sue natiche poi feci scendere le dita nella morbida morsa del solco che le divideva sfiorando le increspature del suo bocciuolo per fermarsi nell’umidore del suo sesso che accolse le mie dita. Il suo bacio si fece famelico, divaricò per quanto possibile le gambe appena sentì le mie mani che afferratala alle cosce l’attiravano contro di me, si strusciò apertamente contro il pene ancora prigioniero, poi si staccò, le sue mani fecero scendere la zip dei miei pantaloni, si intrufolarono cercando di superare la barriera dei boxers, poi spazientita disfece la mia cintura facendo scendere il tutto, abbassò lo sguardo verso il pene che inalberava la sua voglia e si chinò. Non mi aspettavo che avvenisse così presto il momento magico in cui la sua bocca avrebbe accolto il mio membro e quando accadde, quando quella dolcezza tiepida e umida scese lungo la mia asta la accolsi con un sospiro estasiato guardando incantato il capo bruno scendere, risalire, scendere ancora mentre la sua mano all’interno delle mie cosce ne accarezzava la giunzione, spingendosi con le dita fino a . . . Non la credevo così audace da titillare una parte che fino ad ora nessuna aveva osato stuzzicare . . . e nel mentre mi succhiava andando su e giù, su e giù salivando così abbondantemente da bagnare i miei testicoli ed era talmente piacevole che se avesse continuato . . . Ma si fermò e alzatasi applicò la sua bocca alla mia, questa volta fu lei a spingere la lingua esplorando la mia cavità, guizzando contro il mio palato, le mie gengive lasciandomi senza fiato. Si staccò, gli occhi scuri sotto la mascherina brillavano di una luce particolare e selvaggia, appoggiandosi al mio braccio sollevò prima uno poi l’altro piede sbarazzandosi della gonna e del perizoma. Fu lei a togliermi i pantaloni e i boxers dopo avermi sfilato scarpe calzini, lo fece mentre mi guardava togliermi il restante dei miei indumenti con il pene poggiato sulla sua mascherina rosa dove lasciò una traccia umida. – Adesso possiamo scopare! Disse all’improvviso. Scosse la testa vedendo che stavo per aprire la tenda che nascondeva il letto. – Lì . . . Fece indicando col mento una delle poltrone. Nuda era bellissima, la depilazione perfetta del suo pube ne rivelava il seducente gonfiore e l’inizio della fessura dalla quale emergeva la cresta del clitoride. I seni alti erano fermi e ben distanziati con i capezzoli così eccitati che mettevano voglia di prenderli in bocca e di succhiarli. Si girò dirigendosi verso la poltrona, non si sedette ma allungando le braccia poggiò le mani allo schienale e indietreggiando con le gambe le divaricò in una posa che ho visto solo nelle pellicole porno. Sentii il sangue pulsare nel mio pene. Anche nella completa nudità una donna riesce sempre ad mostrare una immagine di innocenza, di pudicizia che non provoca pensieri lubrici, ne fanno fede i dipinti dei migliori artisti, a meno che non voglia offrire di se l’immagine di una femmina desiderosa del maschio anziché quello di una donna da ammirare. Le prostitute e le ballerine sanno che niente è più provocante delle scarpe con i tacchi a spillo come unico indumento, se poi indossano degli stivaletti al ginocchio, neri per giunta, l’effetto sul maschio è devastante. Anche Bruna doveva saperlo perché quella postura con le reni abbassate le rialzava il sedere mettendo in risalto la forma tornita delle cosce al di sopra degli stivali e i globi mirabili del culo aperto con al di sotto il gonfiore del sesso nudo simile ad un frutto spaccato incapace di contenere la polpa rosa e le piccole labbra dai lobi sporgenti sfumati di scuro alla sommità. Ero eccitato e incantato da tanta provocante bellezza, i miei occhi non riuscivano a saziarsi, la vita era ancora sottile, la schiena ampia, il collo purissimo parzialmente coperto dalla chioma scura dei capelli che l’elastico della mascherina deformava sul capo, e . . . quel culo! Volse il viso . . . – Così . . . scopami cosi! Il mio pene ondeggiò appena mentre mi avvicinavo, posai le mani accanto le sue, il petto sulla sua schiena, le cosce contro le sue cosce strusciando la mia durezza contro il sedere che lei subito mosse per meglio sentire la mia eccitazione. Dissi mordicchiando il suo orecchio: – Sono contento che tu sia rimasta . . . e tu? Cielo come mi piaceva il modo in cui muoveva il culo accarezzando la mia verga, facendola muovere di qua e di là . . . – Te lo dirò dopo se sono contenta, ora scopami! Mi chinai repentinamente immergendo il viso nelle sue natiche accarezzando con la lingua le pieghine dell’ano che trovai duro, contratto, lei incavando le reni protese la groppa, la sollevò maggiormente e la sua fica fu contro la mia bocca e subito dopo la mia lingua entrava in essa separando le labbra sottili, gustando la loro carezza. Scesi ancora rovesciando la testa e le guance fra le calde sue cosce leccai la consistenza del clitoride, lo succhiai, sentii in bocca colare il miele del suo piacere, la donna gemette cercando inutilmente di chiudersi, di sottrarsi, tutto inutile, il suo orgasmo innondò la mia bocca, colò lungo il mio mento. – Ahhh . . . non volevo così . . . sei un porco . . . un porco! Mi rialzai e afferrandola alle anche d’un colpo entrai in lei fino in fondo percependo nel mio membro i residui spasimi del godimento della sua vagina e nuovamente con il petto sulla sua schiena chiesi al suo orecchio: – Cosa hai detto? – Che sei un porco! Arretrai il pene e lo spinsi nuovamente e ancora, ancora, ancora . . . Mi fermai in fondo al suo grembo, contro l’utero che il glande respingeva, era stupendo sentire contro il ventre premere il suo sedere caldo ora duro. – Cosa hai detto? Vuoi che smetta? Chiesi perfidamente. – Sei un porco ma . . . non smettere . . . dai continua! Afferrai i suoi seni strizzandoli fino a strapparle un grido, allora facendo roteare i capezzoli fra le dita arretrai le reni e mi immersi ancora, aveva la vagina talmente bagnata che era come se il membro scivolasse in una bocca salivante, chiudendo gli occhi pensai alla sua bocca quando prima mi aveva regalato quel bocchino troppo breve. Soffiava forte Claudia (pardon, Bruna) poi cominciò a gemere, prima piano, poi in modo sempre più lamentevole al salire del suo rinnovato godimento. Sopportava il peso del mio petto sulla sua schiena salutando le mie spinte con gridolini e gemiti di piacere venendo incontro al mio ventre, infilzandosi sul pene, muovendo il bacino come a voler farsi frugare maggiormente dalla presenza che la riempiva. Il mio piacere saliva insieme al suo, rantolai contro il suo collo lambendo il suo collo, sbavando sul suo collo, i suoi lamenti e i miei rantoli salirono di intensità, la bella stava per giungere all’apice del godimento e . . . anch’io! – Bruna . . . Sospirai al suo orecchio. – Si, voglio tutto dentro . . . adesso! Gridò Bruna nell’orgasmo, io lo sentii nel pene che gli spasimi della sua vagina stringevano come a trattenerlo ma io continuavo a immergermi sentendo il godimento salire, salire . . . – Voglio sentirti . . . oh dai . . . dai . . . Non avevo bisogno di incitamenti, gridai contro il suo orecchio il mio piacere e con un ultimo colpo scivolai fino il fondo e il glande contro il suo utero presi ad eiaculare. – Oh siiiii . . . ti sento . . . ti sentoooo ! ! ! Si mosse contro il pene scivolando su di esso con gridolini eccitati come se il suo orgasmo dovesse ancora venire e fu per me bellissimo essere ‘munto’ dalla sua vagina in movimento. Continuò così risucchiandomi fino all’ultima goccia, avrebbe continuato ancora se il pene perdendo la sua consistenza non fosse scivolato fuori trascinando insieme allo sperma gli umori della sua vagina che colando in fili densi caddero sul pavimento. La donna coprendosi il sesso con una mano scomparve nel bagno, appena fu uscita vi entrai per le necessarie abluzioni detergendomi non solo il pene ma anche i testicoli bagnati e l’interno di una delle mie cosce. Rientrando vidi che aveva stappato la bottiglia di spumante e stava riempiendo i calici, mi porse il mio con un sorriso particolare e con negli occhi una luce maliziosa. – Adesso posso dirtelo, sono contenta di essere rimasta! – E io ne sono felice. Poi indicando le nostre maschere aggiunsi: – A cosa servono dal momento che non ci conosciamo? Tentai di dire. – Ti sbagli, non capisci che queste maschere sono la barriera che ci permette di essere noi stessi? E’ Bruna che tu scopi, non l’altra! Dicendolo era arrossìta. Vuotammo i nostri calici guardandoci negli occhi, la donna vogliosa che avevo davanti non era certamente Claudia, la mamma della compagna di asilo di mia figlia e da anni amica intima di mia moglie, era una sconosciuta mascherata di cui conoscevo unicamente il nome: Bruna. – Adesso apri quella tenda! Ubbidii facendola scorrere sui suoi anelli. Il copriletto era di una pulizia impeccabile sicuramente opera di una mano femminile, Bruna sorrise compiaciuta poi si diresse verso il bagno da dove ritornò con l’ampio asciugamano che avevo visto appeso, lo distese chinandosi leggermente. Cielo che culo! A quella vista sentii il sangue scendere nel pene, istintivamente fui contro quella rotondità, come prima lei lo ondulò finché sentì il membro indurirsi completamente, solo allora si rialzò voltandosi. Il suo sorriso era di trionfo, abbassò lo sguardo portando entrambe le mani alla mia verga, la strinse fortemente come a controllarne la durezza, ne tese la pelle poi piantò i suoi occhi nei miei. – E’ dunque questo l’effetto che ti faccio? La sua voce aveva preso un tono beffardo che mi urtò prima di capire che la sua era una provocazione. Decisi di ripagarla della stessa moneta. – E’ l’effetto che mi fa la vista del tuo culo! – Toglitelo dalla testa, non sono così depravata! Ma il suo guardo mi sfidava apertamente ad osare, premetti le sue spalle, lei subito si sedette guardando apertamente il pene che pulsava ad un palmo dal suo viso, avanzai appena, lo prese in mano, lo inclinò fissandomi attraverso la mascherina in un modo talmente lubrico che protesi le reni, lei lo prese il bocca scivolando su di esso per quanto le permetteva la sua gola, sentii per un attimo il suo alito bruciante sul mio ventre poi subito la bocca si allontanò rivelando l’asta bagnata dalla sua saliva poi con le dita ne tese la pelle rendendo il membro sensibile alle labbra che scivolarono avvicinandosi ancora al mio ventre – Invece io lo sono, sono un depravato ed è merito tuo! Dissi accarezzando il suo capo. I suoi occhi brillarono sotto la mascherina e non si staccarono dai miei mentre le sue labbra scivolando avanti e indietro deliziava il mio pene in modo stupendo, ma quello che faceva salire la mia libidine alle stelle era il suo sguardo dolce e provocante allo stesso tempo che seguiva il salire del mio piacere. Le sue labbra lasciavano fuoriuscire l’aria con un lieve sibilo facendole aderire maggiormente al pene nel loro va e vieni mentre gocce della sua saliva filtrando venivano trascinate lubrificando l’asta di carne che appariva e scompariva quasi completamente. Fu un bocchino dolcissimo, una lunga carezza che mi portò al massimo dell’eccitazione, ma sul più bello, quando stavo per innondare la sua bocca, si staccò lasciandomi senza fiato e si lasciò andare all’indietro. Se voleva esasperare la mia libidine, ci era riuscita in pieno, ero follemente arrapato e pronto a tutto, la vista del suo corpo disteso, delle sue gambe pendenti oltre il bordo del letto delle sue cosce aperte su un sesso dove una goccia apparsa dall’apertura vaginale scendeva finendo sul bocciuolo contratto dell’ano bruno mi fecero chinare e coprire con la mia bocca l’invitante ferita. – Oh si . . . leccami Roca . . . leccami! Il suo sapore fu nella mia bocca impregnando la lingua che spinsi come a cercarne la fonte, altre gocce fluirono, ne seguii il sapore fin sull’ano che lambii stuzzicando la rosellina con la puntadella lingua, cercando di introdurla nella stretta apertura. – Sei un . . . lo sai che non voglio . . . smettila! Ma le mani che premevano il mio capo smentivano le sue parole così come le gocce che finivano sulla punta della mia lingua che riuscii a introdurre per poco. Un mio dito prese il posto della lingua, gridò Bruna sentendosi violare ma non allontanò il mio capo che guidò sulla sua fica, ondulò sentendosela leccare, lasciando che la mia lingua ne risalisse la ferita, sollevò il bacino appena cominciai ad aspirare il clitoride duro, teso, ebbe dei piccoli scatti e il suo nettare saporoso entrò nella mia bocca. – Mhhhh . . . sei terribile Roca, terribile . . . terribile! Mi sollevai e protendendomi su di lei abbracciai il suo busto e la bocca su uno dei suoi seni spinsi sul pene che trovò da solo l’apertura del suo grembo scivolando fino in fondo gustando con esso gli spasimi del rinnovato orgasmo ancora in atto e fu bellissimo udire i suoi lamenti banchettando con i suoi seni, succhiando dolcemente i capezzoli lunghi e sensibili. – Non sono più un porco? Chiesi estraendo e immergendo il pene. – Sai come far godere una donna. Scopami Roca . . . scopami ancora . . . So apprezzare il piacere di una donna, mi piace leggerlo sul suo viso nell’espressione di dolce sofferenza che assume nel godimento. Bruna era bellissima, la bocca socchiusa lasciava sfuggire dei flebili lamenti ogni volta che il pene si apriva la strada nel suo grembo fino a toccare l’inizio del suo utero e i miei testicoli premevano l’orifizio bagnato del suo culo ed era una cosa che mi eccitava follemente, tanto che decisi di osare. Rialzandomi il pene uscì dalla sua guaina trascinando gli umori che colarono ad inzuppare l’asciugamano. – Cosa fai, lo voglio dentro . . . dai dammelo ancora! – Eccolo cara, eccolo! La sua vulva era rimasta aperta come se contenesse ancora il mio pene mossi il glande sull’aperture poi lo strusciai sul clitoride provocando nel suo bacino dei sussulti che erano un invito quindi lo presentai fra le labbra turgide spingendo il glande, Bruna chiuse gli occhi, ma io lo ritirai subito e con un piccolo spostamento lo presentai sull’orifizio del suo culo. – Cosa fai, lo sai che non voglio! Non lo ritirai ma lo lasciai premuto sull’ano bruciante, poi afferrate le sue gambe le sollevai piegandole ai due lati del suo busto, solo allora cominciai a spingere sulle reni. – No . . . non voglio . . . no . . . noooo! ! ! Il suo capo si muoveva in un diniego che i suoi gesti smentivano perché agganciate le gambe alla piega delle ginocchia le mantenne spalancate e mentre la mia bocca soffocava le sue proteste spinsi maggiormente ed ebbi la sorpresa di sentire l’ano allargarsi attorno al pene che lentamente si aprì la strada nel calore del suo culo facilitato dagli umori di cui era impregnato. – Mhhhhh ! ! ! La sua bocca si aprì in un bacio appassionato, le nostre lingue guizzarono nelle bocche incollate cercandosi, inseguendosi, mi aspirò in profondità succhiandomi voluttuosamente come avrei desiderato succhiasse il mio . . . La freschezza delle sue natiche contro i miei testicoli premuti in esse mi fece capire che ero nelle sue interiora, solo allora lei liberò la bocca per dire: – Porco . . . porco . . . porco . . . porco . . . Quelle parole dette in tono di dolce rimprovero mi incitarono a ritirare il pene fin quasi ad uscire. Bruna fece una smorfia, poi gridò quando lo immersi nuovamente fino in fondo, gridò ancora e ancora, ma ben presto le sue grida si trasformarono in lamenti che se non erano ancora di piacere, ben presto lo divennero perché le sue mani lasciate le sue gambe si spostarono sul mio sedere attirandolo e accompagnandone il movimento. – Era questo che volevi vero, lo avevo capito sai? Sospirò. Mi sollevai e lo vidi, vidi come il pene nella sua corsa animava l’apertura del suo sesso come una bocca che si chiude per poi aprirsi mentre la verga appariva e scompariva nel suoi glutei ed era bellissimo! – E tu lo volevi? Aspettò prima di rispondere come per analizzare le sensazioni che le procuravano la presenza che sentiva muovere dentro di se allargandole l’ano, che ora che si era rilassato le procurava un piacere particolare fino ad allora sconosciuto. – Mhhh . . . non so . . . è la prima volta . . . ahhh . . . si, mi piace! Rassicurato accelerai i miei colpi, La donna non protestava più ma riceveva il pene con dei lamenti che sapevo di piacere. I bei seni si muovevano ad ogni mio colpo poi lei ondulò per farsi frugare maggiormente, incitandomi fra i lamenti con la voce e con lo sguardo che era di sfida a fare forte, più forte. – Ahhh sbattimi Roca . . . riempimi il culo . . . ahhh si . . . dai . . . dai . . . mhhh . . . mi stai facendo . . . godere. Affondavo il pene con una sorta di rabbia, affascinato dall’espressione divenuta selvaggia della donna, cercando il calore bruciante delle sue viscere, e ancora . . . ancora . . . felice del piacere che vedevo salire in lei, mosse le gambe inguainate dagli stivali neri che oscillavano ad ogni immergere del pene poi urlò e nell’orgasmo strinse fortemente i muscoli sfinterici rallentando al corsa del membro. Dovetti fermarmi per non procurarle altro dolore ma ormai ero agli stremi, furono gli spasimi dell’ano che si serrava e si rilassava attorno al membro a provocare il mio orgasmo. Riuscii a piantarmi fino in fondo al bel culo e fu coprendo la sua bocca con la mia che rantolai il mio piacere. – Ohhhh Roca . . . è bellissimo . . . oh siiii . . . schizza . . . schizza! ! !! Le mani aggrappate al mio sedere mi trattennero per tutta la mia eiaculazione mentre le morbide strette del suo anello di carne a poco a poco si affievolirono, quando cessarono del tutto lei liberò le mani permettendomi di sollevarmi. Estrassi il pene ancora rigido e con un lembo dell’asciugamano detersi le tracce di sperma che uscivano dall’ano ancora aperto e lievemente arrossato che poi lentamente si richiuse. Si alzò accettando il mio aiuto, notando il suo imbarazzo la strinsi contro di me e baciando delicatamente il suo viso riuscii a strapparle un sorriso. – Sei pentita? – Perché? Con questa maschera sono stata libera di lasciarmi andare, ho scoperto che è bello comportarsi da . . . troia ogni tanto. – Non dirlo, non lo sei affatto e lo sai! – Ti sbagli e fintanto che sarò Bruna intendo ancora esserlo! Temetti di non aver capito il significato delle sue parole ma nel rivestirci la donna ogni tanto mi gettava un’occhiata, infine chiese: – Quando ritorna il tuo collega? – Domenica sera, perché me lo chiedi? – Per sapere se mi conviene conservare ancora questa mascherina. E sorrise in modo particolare. Se ne andò com’era venuta con la sua mascherina rosa sul viso, udii fermarsi l’ascensore al 5′ piano, ripartire . . . Diedi una sommaria aggiustatina al letto, lavai i calici vuoti e uscii anch’io . . . ma non più mascherato da Zorro……………………… Cosa ne pensate? roca.diponson@gmail.com gradirei tantissimo conoscere la vostra opinione promettendoo di rispondere a tutti.

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