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Una Chiacchierata Tra Amici

By 2 Agosto 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

Io e Carolina eravamo amici d’infanzia. Da piccoli eravamo gli unici bambini del nostro quartiere, nati a cavallo tra una generazione e l’altra, tutti e due ultimi figli di famiglie che ci avevano concepito dopo un lungo periodo di riflessione. I nostri fratelli e le nostre sorelle erano molto più anziani di noi e, già quando noi eravamo solo bambini, avevano iniziato a lasciare casa, andando a vivere da soli.

Fummo così inscindibilmente uniti in un rapporto che, col passare del tempo, finì per essere più che un’amicizia. Per non lasciare che subito, nelle vostre menti, si insinui un noiosissimo cliché, è importante specificare che il rapporto tra me e Carolina non ha mai varcato i confini dell’affetto che un amico può provare per un’amica, mai vi erano state coccole e tenerezze tra noi, anzi, eravamo sempre stati un po’ frustrati dalle continue voci che, inevitabilmente, giravano sul nostro conto e che ci vedevano spesso ritratti come “futuri sposi”. Era capitato solo qualche volta che uno di noi, talvolta io, talvolta lei, si fosse invaghito dell’altro per qualche giorno prima che, con una chiacchierata su una panchina del parco, si fosse giunti insieme alla conclusione che non potevano che essere gli ormoni dell’adolescenza che facevano il loro corso. Chiaritici, mettevamo sempre da parte le nostre strane idee e tornavamo a tirare calci al pallone.

Carolina infatti non era certo una ragazza come le altre. Il suo carattere ed il suo modo di vestire erano abbastanza mascolini durante l’adolescenza e le sue passioni erano lo sport e le auto, piuttosto che le scarpe e i profumi. Fortunatamente per lei, e per voi lettori, le abitudini da maschiaccio di Carolina non intaccarono i progressi naturali del suo corpo, che la videro divenire da bambina dall’aspetto mascolino, ad adolescente di bell’aspetto, a giovane donna bella e corteggiata. Tutte le nostre corse, i nostri tiri al pallone e i giri in bicicletta, avevano modellato il corpo di Carolina in maniera esemplare, facendone uno splendido esempio di bellezza e sensualità naturali.

Negli ultimi anni, quelli che seguono alla maturità scolastica ed alla maggiore età, il cambiamento fisico di Carolina iniziò ad influenzare il suo carattere ed a portare via un po’ di quel suo essere maschiaccio. Seppure continuò a praticare sport, divenne sempre più difficile che lo praticasse come un gioco da fare con gli amici, piuttosto si allenava con una società sportiva o in palestra. I nostri incontri divennero quindi più sedentari, e ci trovavamo sempre più spesso a chiacchierare, piuttosto che a correre in un parco con la palla tra i piedi.

In tutti quegli anni il nostro rapporto non era però cambiato, eravamo ancora amici per la pelle. Ci raccontavamo tutto, senza peli sulla lingua, senza esclusione di colpi e senza mai giudicarci l’un l’altro per le nostre azioni. Io negli anni raccontai a Carolina le mie prime esperienze con le donne e ricordo, un giorno di primavera, di averle raccontato il mio primo rapporto sessuale, in ogni singolo dettaglio. Lei d’altro canto, mi parlava dei suoi corteggiatori e di come le mancasse la libertà che aveva un tempo. Si sentiva costretta, per appartenere al gruppo, a divenire sempre più come le altre, a comportarsi più da ragazza, ad allontanarsi dallo sport, a vestirsi in maniera femminile, quando le sarebbe piaciuto poter restare la ragazza che era con me: un po’ maschiaccia ma pur sempre donna.

Eravamo insomma, sempre e comunque uniti. Ma il desiderio si insinua sempre nelle piccole crepe che, invecchiando, attraversano la nostra coscienza. Notavo infatti che, da qualche tempo, alle nostre conversazioni più piccanti, seguiva sempre un’imbarazzante eccitazione, come se l’aver parlato dei nostri rapporti intimi fosse stato in se un atto sessuale. Più volte, dopo che lei se ne era andata, mi ero masturbato pensando alle scene di sesso da lei descritte, immedesimandomi nella parte di chi l’aveva posseduta. Come potevo resistere d’altronde? Carolina era bella: capelli castani e mossi, occhi grandi e sensuali dello stesso colore, lentiggini, seno procace e, sempre più spesso, messo in evidenza da una scollatura mozzafiato ed un sedere virtualmente perfetto.

Questi innocenti sfoghi erotici però, non avrebbero mai potuto prepararmi, mentalmente, a quello che successe un pomeriggio di settembre.

Avevo ventidue anni ed ero andato da poco a vivere da solo. Non mi ero allontanato molto da casa mia e Carolina veniva spesso a visitarmi, quando i suoi studi, e il mio lavoro, non ci impedivano di vederci. Parlammo a lungo davanti ad una tazza di the e gli argomenti del discorso spaziarono dall’esame di economia di lei, al mio insopportabile capoufficio, ai recenti risultati della nostra squadra del cuore, ai nostri rapporti amorosi. In quel periodo eravamo tutti e due liberi, io ero appena uscito da una breve relazione, lei aveva iniziato a uscire con un ragazzo più giovane di noi ma non aveva ancora deciso di uscire con lui in maniera fissa. Parlandomi di questo ragazzo Carolina mi raccontò della sua inesperienza, citando alcuni episodi di buffi “incidenti” e di innocenti incontri amorosi, durante il racconto, Carolina si soffermò un paio di volte su alcuni dettagli, in particolare, di come lei amava far impazzire il suo nuovo, inesperto flirt, usando mani e bocca, dato che ancora non riteneva opportuno donargli tutto ciò che aveva. Durante il racconto, l’eccitazione nell’aria era palpabile, notammo ambedue, in più di una occasione, come l’altro fosse piuttosto eccitato ma, grazie anche alle goffe reazioni del giovane in questione, raccontate con maestria da Carolina, tutto finiva in una roboante risata che spezzava la tensione del momento.

Ridendo e scherzando però, le verità che ci eravamo nascosti iniziavano a venire fuori. Piccoli complimenti, travestiti da battuta, iniziavano a fare il tragitto dalle mie labbra a alle orecchie di Carolina e dalla sua bocca ai miei timpani. Confessioni sempre più pericolose si facevano strada grazie anche alla rapidità ed alla franchezza della conversazione. Anche le nostre domande, in genere volte a scoprire qualcosa sui nostri rispettivi partner, volgevano su noi stessi ed assumevano un tono decisamente piccante.

“Dai, forza, visto che le stiamo sparando tutte posso chiederti una cosa che non ti ho mai chiesto.” Disse lei. “Prendo per scontato che lo fai, sei un uomo” puntualizzò con una punta di sarcasmo per indispettirmi “ma ogni quanto ti fai le seghe?”

Ridacchiai e risposi senza pensare “adesso che sono single una al giorno, non sempre, ma abbastanza spesso insomma. Tu invece, ti masturbi?”

Anche Carolina rise e senza timidezza mi rispose “Certo! Perché, tu puoi e io no? Anzi, adesso te ne dico una, sai quando mi hai raccontato della tua prima volta? Quando sono tornata a casa pensavo a quanto fosse eccitante, io non lo avevo ancora fatto, e allora mi sono messa in camera e mi sono masturbata, tu non sai che bello!”

Sentii un sussulto dalle mie parti intime, Carolina si masturbava pensandomi, l’idea mi eccitava da impazzire, la mia espressione infatti, mi tradì immediatamente.

“Dai non fare quella faccia!” mi sgridò lei “noi ci diciamo sempre tutto! Anzi, adesso mi dici tu quante volte lo hai fatto tu pensando a me!”

Mi sentii un po’ in imbarazzo. Non era una risposta facile da dare e per non dare un numero che potesse sembrare troppo alto o troppo basso, mi limitai a dire “bhe, qualche volta è successo..” arrossendo.

“Haha!” rise lei, imitando un personaggio dei Simpson “sei tutto rosso, dai, non fare così, guarda che anche a me succede. Anzi..” e Carolina fece una pausa, come se avesse avuto un ripensamento improvviso, poi però fece spallucce e continuò “dai…ti racconto una cosa. Però non pensare male eh…”

Non risposi. Ma sorrisi, ero ancora un po’ in imbarazzo. È facile dire “ci possiamo dire tutto” ma arrivare a certi discorsi non è così semplice come potrebbe sembrare.

“Sai, certe volte..” Carolina iniziò subito a parlare, senza darmi il tempo di reagire, pareva che la confessione le volesse sfuggire a ogni costo. “…certe volte penso a te, ed immagino che ti stai facendo una sega davanti a me…” non riuscivo a capire se la cosa fosse positiva o negativa, pensava che fossi un maiale per caso? Dopotutto non avrebbe avuto tutti i torti. “…e la cosa mi fa impazzire, quando ci penso finisco sempre per toccarmi.”

Per un attimo rimasi a bocca aperta. Anche lei vi rimase, resasi conto di cosa le era sfuggito nella foga del momento, poi fui io a spezzare il ghiaccio, alleggerendo la situazione.

“Ok” dissi scherzoso “e dove faccio questa cosa? Spero non da te, i tuoi non sarebbero contenti…”

Carolina sorrise “no, succede sempre nella tua cucina, anche qui mi andrebbe bene però..”

Ci fu un attimo di silenzio imbarazzante, poi fui io a dire “Hai mai fatto una cosa del genere?” le chiesi.

“No, mai..” disse lei, lasciando che la i sfumasse in maniera nostalgica.

“Nemmeno io.” Le dissi, affannato per l’emozione. Avevo il cuore in gola e sentivo una rigida sensazione nei miei pantaloni. Non ho idea di come mi sfuggi il “Vuoi provare?”

Ad oggi, penso che non siano passati più di cinque secondi dalla fine della mia ‘e’ inquisitiva all’inizio della risposta di Carolina, ma in quel momento mi sembrava fossero passati circa due anni e mezzo.

“Si” disse lei guardandomi dritto negli occhi.

Ci furono ancora alcuni secondi di silenzio, non sapevamo ne come ne da dove cominciare. Poi Carolina disse.

“Tiralo fuori, io poi mi spoglio…” disse guardando in basso “altrimenti mi vergogno.

Pensai di svenire a sentirla pronunciare le parole “tiralo fuori” ma per fortuna ciò non accadde ed io, in lieve imbarazzo ma palesemente eccitato, mi abbassai pantaloni e boxer a sufficienza da rivelare il mio membro irrigidito, mostrandolo alla seducente ragazza seduta di fronte a me.

Quel giorno Carolina, come oramai faceva solo con me, indossava una comune tuta da ginnastica, sopra una maglietta bianca senza scritte e piuttosto noiosa. Ciononostante, quando mi sorrise e si alzò, la sua sensualità incontenibile mi fece impazzire in un istante e la mia mano iniziò a muoversi da sola.

Carolina aprì lentamente la zip della giacca della tuta, prima di lasciarsela cadere alle spalle, sul pavimento accanto alla poltrona del salotto su cui era seduta. Poi si chinò in avanti e si sfilò i pantaloni. Si capiva dal modo in cui si era abbassata la tuta, che Carolina era in imbarazzo. Non cercava di essere sexy in alcun modo, il suo non era uno strip-tease, l’emozione e l’eccitazione del momento l’avevano forse colta un po’ di sorpresa o forse non sentiva il bisogno di fingersi una vamp in mia presenza ma nonostante il movimento piuttosto poco accentuato e la semplicità con cui si lascò cadere i pantaloni, la sua sensualità mi fece impazzire.

Si sfilò con altrettanta naturalezza la maglietta, rivelando il suo intimo bianco, semplice, adatto al suo abbigliamento sportivo. Era bellissima e la sua incredibile carica sessuale era accentuata dal reggiseno che, forse un po’ vecchio, era leggermente troppo piccolo e le premeva oltremodo i seni, che mi chiamavano come sirene per i naviganti. La mia mano oramai era nel pieno del suo movimento sul mio membro eccitato.

“ehi, aspettami un attimo” disse lei, sedendosi di fronte a me, mentre mi sfilavo con una mano pantaloni e boxer, lasciandomeli cadere ai piedi e togliendoli del tutto con un movimento delle gambe, senza mai smettere di fissarla e toccarmi. “voglio godere anche io sai?”

Carolina si sedette a gambe aperte, lasciandomi guardare le mutandine bianche mentre la sua mano iniziava a strusciarvisi sopra e il suo respiro iniziava a farsi più intenso. Poi la sua mano scese sotto il cotone bianco e vedevo le dita muoversi avanti e indietro sotto il velo di tessuto, il suo volto iniziò a distendersi ed assunse un’espressione di piacere.

“Ti piace?” mi chiese.

“Da morire” risposi, travolto dalla passione “sei bellissima..”

“Vuoi vederla?” chiese ancora, con un tono sempre più eccitato

“Si…” sussurrai.

Lei si alzò e si mise in piedi davanti a me. Mi feci avanti per toccarla ma lei mi fermò.

“Non smettere di toccarti” mi disse “guardarti che ti fai una sega mi fa impazzire!”

Si abbassò le mutandine e, rimasta in reggiseno, portò il bacino in avanti, allargando le cosce si mise proprio davanti a me, facendomi vedere come le sue dita penetravano la sua vagina eccitata, iniziò ad ansimare mentre mi guardava masturbarmi freneticamente come io guardavo lei, intenta nel medesimo atto di assoluta eccitazione sessuale. Lasciò che, con la mano libera, le sfiorassi il sedere, gemendo in preda al piacere quando con le dita, le sfiorai l’ano.

“ti piace la mia fica?” mi chiese.

“Si…” risposi a fatica, occupato nel guardarla, ascoltarla, godermela mentre si concedeva ai miei occhi nell’atto del piacere.

La sua mano sinistra le salì lungo il corpo, con la destra intenta più che mai a soddisfarla, e le sfilò un solo seno dall’intimo di cotone bianco. Prese a sfiorarsi con delicatezza il capezzolo ed i suoi gemiti si fecero più forti.

“E le mie tette, come sono…?” mi chiese ancora, gemendo più forte.

“Sei tutta stupenda” risposi “mi fai impazzire!”

Carolina si allontanò e, senza mai fermare le mani, tornò a sedersi, stavolta quasi sdraiata sulla poltrona. La sua mano sinistra le sfilò l’altro seno e poi scese a dar manforte alla destra, penetrando anch’essa il suo orifizio bagnato.

“Come mi piace guardare il tuo cazzo duro!” disse “Vai più forte! Sto per venire!”

Io accelerai e lei mi fissò con intensità mentre la mia mano destra si dava da fare con tutta se stessa. I suoi seni, belli e grandi, rimbalzavano tra le sue braccia mentre le tendeva per penetrarsi con foga. I suoi gemiti crescevano di intensità e si avvicinavano l’uno all’altro mentre l’orgasmo sopraggiungeva.

“Cazzo! Vengo! Vengo! Siiii” Gridò come una pazza mentre veniva, tremando dal piacere che lei stessa si era concessa, guardando il mio membro e la mia mano, ancora intenta a menarlo.

“Ah! Ah! Ah cazzo si!” continuò a gemere, mentre l’orgasmo si intensificava per poi spegnersi e lasciarla per un secondo, soddisfatta sulla poltrona, mentre io quasi impazzivo nel vederla godere come una vacca.

Carolina si alzò, le sue gambe gocciolavano del suo piacere mentre si avvicinava, ora priva di inibizioni e con il solo intento di sedurmi del tutto, si mise in piedi davanti a me e chinandosi mi fece passare il seno dirompente sul volto, poi sullo stomaco e infine sul membro, con la mano che lo urtò con piacere nell’atto della masturbazione, facendolo rimbalzare piacevolmente sul mio scroto, mentre si abbassava. Carolina si era inginocchiata davanti a me.

“Adesso ti finisco io!” disse, e sfilandomi la mano con la sinistra, accarezzò e poi strinse il mio cazzo nella destra, prendendo a menarlo con sicurezza e tenacia.

“Mi hai fatto godere come una maiala! Adesso ti meriti un bel premio!” disse muovendosi sempre più forte su di me.

“Vienimi in faccia! Docciami! Godi come un porco dai!”

Non ci volle molto, solo vedere le sue labbra muoversi mentre lo diceva mi fece quasi cedere, ma fu la sua mano, con il suo movimento così deciso a finirmi del tutto.

“Vengo Carolina! Vengo!” Gridai, mentre il seme iniziava a sprizzarmi fuori dal pene ed a bagnarle il viso.

“Si, dai, dammela tutta!” Carolina ansimò aprendo la bocca e lasciandosi coprire il volto sensuale di bianco sperma.

“Siii! Aaahhh! Siiiiiiii!” Fui io a gridare dal piacere stavolta, mentre la sua mano non accennava a rallentare, assicurandosi di mungere ogni goccia del mio liquido prima di rallentare e lasciarmi sfinito sul divano, leccandosi le dita, bagnate anch’esse del seme eruttato.

Tutto si fermò, poi, insieme, iniziammo a ridere. Era stata un’esperienza piuttosto insolita. Una chiacchierata tra due amici, trasformatasi nello sfogo di una passione repressa per anni. Caterina rimase con me a parlare fino a sera e nemmeno una volta ci capitò di menzionare quanto era accaduto poco prima. Quando se ne andò io ripensai alla giornata con un sorriso sul volto ed una certezza. Il nostro sfogo non era finito.

Passarono alcune settimane prima che io e Carolina ci rivedessimo. Non posso parlare per lei ma io mi sentivo imbarazzato solo al pensiero di sentirla, figuriamoci all’idea di vederla. Quello che era successo non era qualcosa che ci saremmo aspettati l’uno dall’altra. La sensazione che però mi feriva di più, era quella che mi veniva al pensiero che una così forte amicizia si fosse spezzata per via dell’isteria di un momento, per la follia di qualche minuto in cui non avevamo saputo controllare i nostri scatenati istinti. Avrei voluto riparare, ma non potevo.

Mi ero già avvicinato al telefono, titubante ed indeciso, con le dita pronte a comporre quel numero che conoscevo a memoria oramai da tanti anni, che avevo digitato tante volte, volevo invitarla a passare un pomeriggio da me, come ai vecchi tempi, giocando ai videogame e raccontandoci ogni cosa ci venisse in mente ma mi rendevo conto che era impossibile. Appena alzata la cornetta, prima ancora di toccare il primo tasto, le mie dita si bloccavano, e la mia mente mi proiettava la sua immagine, nuda, in piedi di fronte a me, mentre si toccava furiosamente chiedendomi di farla godere. Come potevo rivederla come amica?

Ogni volta che provavo a fare qualcosa, il suo volto contorto dal piacere mi tornava in mente ed ogni volta mi fermavo a pensarci ripercorrendo, involontariamente, tutta la scena. Inevitabilmente le mie mani prendevano il controllo e finivo, quasi senza accorgermene, per masturbarmi con rabbiosa passione, ripensando alle sue dolci curve ed alla sua voglia incontenibile di mostrarsi a me, guardandomi a sua volta mentre manifestavamo le nostre più intime passioni. “Carolina…” ripetevo a me stesso con il membro stretto tra le dita “…mi fai impazzire…”, per poi secernere il mio seme in quegli ebri attimi di abbandono totale.

Mi sentivo sporco, ogni volta di più. La mia amica più cara, più dolce, avuta sin da bambino, persa perché non ero riuscito a contenere la voglia di fottere. Mi ero comportato come una bestia, peggio, come un maiale, privo di ogni inibizione e logica, intento solo a rincorrere il piacere, ingordo e disgustoso, approfittando di un momento di debolezza di una ragazza così bella e sincera ma al contempo sensuale ed irresistibile… le mie mani riprendevano a toccarmi ancora una volta.

Ero oramai prigioniero dell’anello di Moebius, intrappolato dall’infinito e banale concetto del cane che insegue la propria coda. Nel tentativo di non pensare a lei, era a lei che finivo per pensare, pensandola mi perdevo nelle mie passioni più buie, uscendo dal tunnel di passione, sudato ed appiccicoso, mi ripromettevo di non pensare più a lei e tentando di non farlo, la ripensavo. Il mio corpo non era certo invecchiato in quelle settimane, ma la mia mente era oramai senile, debole, esausta e, benché nessuno potesse vederlo dall’esterno, stavo cadendo in uno stato di follia dal quale, temevo, non mi sarei mai più risvegliato.

Domenica. Era la parola che oramai temevo di più al mondo. Domenica. Nulla da fare, nessuno sfogo, nessuna idea, nessuna voglia di fare alcunché, se non pensare alle sue labbra mentre mi dicevano “Adesso ti finisco io”, ai suoi seni mentre mi sfioravano il viso, alla sua mano mentre mi mungeva del prezioso latte che i miei testicoli, suoi schiavi, contengono. Ero oramai disgustato da me stesso, non ero sveglio da più di cinque minuti e già la immaginavo succhiarmi con voracità, già chiudevo gli occhi e pensavo al completo abbandono di quegli istanti, già la desideravo come un cane affamato desidera una succulenta bistecca. Ero sdraiato ventre all’aria sul mio letto, con il pene all’attenti nella mia mano destra ed ansimavo pesantemente, quando il cellulare mi salvò, riportandomi con la sua fastidiosa melodia alla grigia ma sensata realtà della mia solitudine.

Sospirando mi girai su un fianco ed, allungando il braccio, afferrai il mio tecnologico salvatore. “Chi ha detto che i telefoni non hanno un’anima.” Pensai “Il mio mi ha appena salvato da me stesso.” Mi sbagliavo.

Era lei, il nome Carolina lampeggiava sul display a ritmo di musica, la vibrazione pareva ridere di me. Ero nel panico, ma privo di alternative che mi sembrassero valide, premetti il tasto verde e cercai di contenere il mio respiro, ancora non del tutto tranquillo.

“P-pronto?”

“B-buongiorno signorino!” Mi prese in giro lei. “Non sarai mica con una ragazza, vero?”

“No, no, stavo dormendo.” Per Carolina sembrava non fosse mai successo nulla, la sua voce era tranquilla e serena, benché comprese subito che la mia non lo era certo. La scusa del dormire non l’aveva convinta, lo si capì dalla pausa che fece subito dopo, ciononostante fece finta di credermi.

“Senti, dormiglione, che ne dici di passarmi a prendere oggi? Ce ne andiamo al parco a fare due tiri?”

Già, il pallone, non lo toccavo da mesi, non lo prendevo a calci dal giorno in cui ero andato con lei. Non ero mai stato molto bravo a giocare, ma di sicuro oggi sarei stato peggiore del solito. Tuttavia non potevo rifiutare. Se volevo superare questa cosa dovevo provare a me stesso di poter passare un pomeriggio con lei, come ai vecchi tempi, senza pensare a lei come oggetto della mia perversione.

“O-ok…” dissi, “…passo tra un’ora?”

“Ma, stai bene? Hai la voce di un fantasma! Comunque no, non tra un’ora. Passa adesso e andiamo, oggi pomeriggio devo uscire con la Pri.”

Già, Priscilla, la migliore amica di Carolina. Un nome che non mi piaceva affatto, ma dietro il quale c’era una ragazza abbastanza simpatica e molto carina. Ero anche uscito con lei una volta…ma lei, con tutto questo, ora non c’entra.

“Ok, cinque minuti e suono. A dopo!”

Carolina mi salutò con naturalezza e riattaccò la cornetta. In genere mi rifiuto di uscire senza essermi fatto una doccia, ma per andare a giocare a calcio andavo bene così. Forse speravo che la sensazione di caldo e sporco che non farmi la doccia mi provoca, avrebbe tenuto lontano i malvagi spiriti della mia ossessione. Evitando di riprendere il terribile atto che la chiamata aveva interrotto, mi infilai i primi vestiti a portata di mano ed uscii.

Da casa mia a casa di Carolina ci vogliono meno di 90 secondi, se la si prende con comodo. È un tragitto che faccio sempre a piedi, ma in questo caso presi l’automobile, dato che dovevamo andare al parco. In genere infatti era lei a venire da me ma, forse, questa volta era meglio passare da lei, ed evitarci l’imbarazzo di passare un solo minuto nella stanza in cui tutto era accaduto. Accesi il motore, girai l’angolo e posteggiai. L’azione mi sembrò irreale, dato che il viaggio in macchina era stato assai più lungo di quello a piedi, un concetto che, da amante dei motori e disprezzatore del passeggio, il mio cervello si rifiutava di computare.

Scesi dall’auto e mi recai al suo cancello, suonai il citofono e, con notevole ritardo, lei mi fece entrare senza chiedere chi fosse. Dopotutto, sapeva del mio imminente arrivo. Quando, passato il portone e salite le scale, mi trovai davanti alla sua porta, lei mi aprì. Era in mutandine e reggiseno, ma non certo per motivi estetici.

“Ciao! Scusa ho rovesciato la Coca Cola! Mi passi il panno sul pavimento? Io mi tuffo in doccia. Due minuti e sono pronta.”

Non risposi, ero ipnotizzato dal corpo che mi aveva tenuto sveglio per decine di notti da quel fatidico giorno, il mio pene si era fatto duro nei pantaloni e il mio fiato sospettosamente ansimante. Carolina non ci fece nemmeno caso, si girò e raccolse i vestiti sporchi di cola che si era tolta. Non lo fece con malizia, ma chinandosi mi puntò quel culo perfetto contro, come invitandomi a sfondarla immediatamente. La mia mente viaggiava nell’iperspazio della lussuria, ma fortunatamente, evitai di mostrarle la mia nuova, perversa natura, riuscii a trattenere la voglia di toccare quel ben di dio. Carolina si alzò, mi passò il panno e andò a farsi la doccia.

Carolina, in quanto a tempi, è un orologio svizzero. Non più di 120 secondi dopo il suo ingresso nel bagno, riapparve con un accappatoio color crema in dosso, avvicinandosi a me, che ancora chino, finivo di pulire il pavimento.

“Meno male che i miei sono fuori.” Disse, ma io non sentivo, da una piccola fessura nel suo avvolgente mantello di spugna si intravvedeva l’interno delle sue cosce, così invitante da farmi eccitare istantaneamente. “Ho sentito la Pri e disdetto il pomeriggio, almeno stiamo un po’ insieme, non ti vedo da troppo! Quindi facciamo con calma.” Con i capelli bagnati e l’accappatoio legato intorno alla vita, Carolina prese un panno e, mettendosi in ginocchio, venne a darmi una mano.

Passarono trenta secondi e tutto era passato. Non solo l’orrida macchia di cola sul pavimento, ma anche le mie subdole sensazioni. Avevamo ripreso a ridere e scherzare, come se nulla fosse mai successo. Eravamo nuovamente amici, io e Carolina, del tutto immuni al richiamo dei nostri istinti. Ci sentivamo di nuovo bene insieme, a tal punto che Carolina chiese:

“Perché non mi hai più chiamata da quel giorno?”

Oramai la domanda non mi spaventava più, mi alzai e presi i due panni che avevamo usati. Li portai in cucina e li misi in lavatrice, dopotutto casa di Carolina era per me una seconda casa, oramai. Lei intanto si era seduta sul divano ed aveva posto una sedia d’innanzi a se, per farmi sedere davanti a lei.

“Non lo so. Forse avevo paura che non fossimo più amici.”

“Sei scemo!” Rispose lei ridacchiando “Guarda che non è successo nulla di male!”

“Lo so, ma non è facile non pensarci ed andare avanti…” Mi sentii sollevato. Era così bello poter espiare i miei peccati confessandoli ad un’amica “non volevo che tu mi vedessi come un maiale.”

“Ma vai a cagare va!” Mi disse lei ridendo “Guarda che non sei solo tu ad avere pensieri un po’ sconci, lo fanno TUTTI!” mi sorrise con gentilezza, poi mi fissò con simpatia “..e poi hai tutti i motivi per pensarci, guarda che io sono brava in queste cose!”

Sorrisi, e la guardai negli occhi, non riuscivo a capire perché ci fosse una strana tensione nell’aria, Carolina sembrava delusa da me. Forse si aspettava un complimento, io invece annuii con un gesto del capo e sorrisi come un ebete, vittima di quella mezza timidezza che ancora mi rimane dall’infanzia.

“…solo tu sei immune…” aggiunse lei, con tono frustrato “…mi sono fatta in quattro per farti impazzire e tu non hai fatto una piega…”

Non ci vollero molte parole per esprimere quello che provavo. Ne ce ne vollero molte altre per far capire a Carolina che si sbagliava, che io di pieghe ne avevo fatte e che la mia salute mentale era stata sull’orlo del collasso. Mi basto assumere un’espressione di evidente sorpresa e rispondere “Eh?”

“Dico, l’altra volta!” Ora Carolina era seccata dalla mia mancanza di comprensione “Ti dico che mi masturbo pensando a te, dopo qualche minuto ti dico direttamente di farmelo vedere, mi comporto come una vacca di prima categoria e no, non lo faccio certo per chiunque, mi lascio prendere dall’emozione del momento in tutto e per tutto e ti mostro tutto quello che ho sempre voluto farti vedere. Tu scompari il giorno dopo. Oggi ti invito da me, mi faccio trovare in intimo, niente, ti sbatto il culo in faccia, niente, mi faccio una doccia ed uscendo mi assicuro di fartela vedere bene… e tu non fai una grinza…”

“Sono settimane che voglio chiamarti…” la interruppi e Carolina si ammutolì, intimidita dal mio tono serio e dalla mia espressione, improvvisamente lucida. “…ci ho ripensato quaranta mila volte a quel giorno. Mi sono fatto mille seghe pensando a quei momenti e mi sono sentito una merda. Tu eri mia amica e ho rovinato tutto.”

“Ci hai pensato…? Io credevo che non volessi più vedermi perché ti facevo schifo. Non sai che panico oggi a chiamarti!”

Ora era Carolina ad essere sollevata. Era incredibile pensare che avessimo passato gli stessi momenti orribili, pensando l’uno di aver perso l’altro. “E oggi?”, chiese, “non eri molto contento di sentirmi…”

“Quando mi hai chiamato ero a letto, nudo, appena sveglio, ero cosciente da meno di un minuto e già mi ero trovato a pensare a quello che mi hai detto quel giorno. Mentre mi parlavi lo avevo ancora tra le mani…”

Ma cosa stavo dicendo? La conversazione era matura ed intelligente e nel giro di tre frasi ci eravamo persi nuovamente nel tunnel della volgarità. Ero davvero un porco! Carolina voleva solo capire che rapporti ci fossero tra noi, e io mi ero messo a spiegare i dettagli disgustosi dei miei atti di autoerotismo. Scossi la testa e la guardai, rimanendo allibito. Il suo volto era rosso di vergogna, ma le sua schiena si era adagiata allo schienale del divano e le sue bellissime mani si erano fatte largo tra le fessure dell’accappatoio per toccarla in quel luogo paradisiaco.

“e…” il suo tono era timido, era imbarazzata ma non riusciva a contenersi.

“Carolina…io…”

“Mi spiace…sono una troia!” mi disse, esitando, ma io ero già vicino a lei. La baciai.

“Credevo di farti schifo…” le dissi.

“Raccontami come ti fai le seghe, dimmi come mi immagini…” Rispose lei, riprendendo a maneggiare tra le sue cosce.

“Ti immagino come quel giorno, in mutande e reggiseno, che mi dici che vuoi che lo tiro fuori…” Iniziai titubante “poi lo prendo in mano e sento la sensazione che ho provato quel giorno. Sento la tua voce che mi chiede se mi piace la tua figa. Sento la tue mani su di me ed inizio ad impazzire.”

Le mani di carolina si muovevano ora con una cadenza più decisa, l’imbarazzo andava svanendo e la voglia prendeva il sopravvento. L’accappatoio si era allargato e vedevo le sue gambe, oltre che parte dei suoi seni, agitarsi nell’atto così piacevole che stava svolgendo.

“Fammi vedere…ti prego…”

Carolina allungò la mano e mi accarezzò l’inguine, ancora coperto dai pantaloni, sotto i quali il mio membro stava letteralmente impazzendo. I pantaloni e i boxer scomparvero in un attimo ed io, oramai sua preda, lo menavo con sfrenata ingordigia, osservando quel ben di dio che avevo d’innanzi.

“Voglio…ah…” Carolina esitò, in preda ai suoi dolci gemiti, voleva vergognarsi, ma era troppo immersa nel piacere per fermare il proprio corpo e le proprie parole. “Voglio sentirmi…libera…” non riusciva a finire le frasi, come io non riuscivo ad aiutarla a dirle, lei ipnotizzata dal mio cazzo eretto, io dalla sua bellissima figa, oramai visibile dall’accappatoio aperto, bagnata ed accarezzata con cura dalle sue dita capaci.

“Voglio essere troia…fammi sentire troia…e io ti faccio sentire maiale…”

“Carolina…” ansimai in preda ai miei stessi movimenti. Lei però mi interruppe.

“Siamo io e te…non vergognarti di niente…fammi tutto quello che hai sognato di farmi, e io farò a te tutto quello che ti voglio fare io…godi con me dai…”

Finalmente capii. Ci conoscevamo così bene che eravamo gli unici a poterci comprendere. Carolina voleva essere se stessa. Mascolina nello sport e nel vestire, certo, donna seducente nel corpo, ma libera di ogni inibizione a letto. Lei una puttana, io un porco, non ci saremmo giudicati, ma avremmo completato sessualmente l’un l’altro, un orgasmo alla volta.

“Si Carolina…le dissi…fammi impazzire…”

Carolina si lasciò scivolare verso il basso, sfilò le braccia dall’accappatoio oramai aperto e porse una mano alla bocca per leccarsi le dita unte dei suoi succhi. Allargò le sue gambe, lisce e vogliose, alzando i piedi all’aria. Con l’altra mano poi, si allargò la vagina. Era rasata, invitante, irresistibile. Un giardino dell’eden pronto ad accogliermi, ma ancora voglioso di essere stuzzicato.

“Leccamela…”

Caddi in ginocchio e la mia testa si lasciò andare, accompagnata dalla sua mano, verso il paradiso. La mia lingua iniziò ad accarezzarla ed assaggiarla, come se la mia vita dipendesse dai nettari che liberava. Perdetti persino la forza di toccarmi, per quanto ero immerso nell’atto di assaporarla, dolce e vogliosa, dopotutto il mio membro non aveva certo bisogno di altri stimoli per rimanere duro. Il mio capo veniva intanto spinto sempre più forte verso di lei, mentre i suoi gemiti si facevano intensi. Le accarezzai con la punta della lingua il clitoride e la sentii tremare. Insistetti, giocando con il suo punto più sensibile fino a farla impazzire, fino a far divenire grida i suoi gemiti, fino a quando, contorcendosi come sotto l’effetto di una scossa elettrica non mi strinse le gambe intorno alla testa, agitando il sedere in alto e in basso e muovendomi il capo, imprigionato tra i suoi caldi arti inferiori, la mia lingua insistette e lei pareva tentare di domare un toro, prima di arrendersi, domata dall’animale che credeva di poter sottomettere. Si lasciò andare all’orgasmo.

“Ah…ah…..AAAHH” le sue grida erano incontrollabili, i suoi liquidi si sprigionarono e, poco dopo, la mia testa fu lasciata libera. Mi sollevai ma non feci in tempo a fare altro. Lei si sedette e mi prese il pene in bocca, fino a chiudere le labbra alla sua base. Fece un unico, lento, voglioso movimento all’indietro, sfilandoselo dalla bocca del tutto, lasciandomi tutto il desiderio di venire risucchiato da quelle bellissime labbra. Carolina però aveva altre idee. Si sdraiò sul divano in una posizione piuttosto anomala: aveva il sedere in aria, appoggiato allo schienale e, col corpo, seguiva la linea del divano, lasciandole sporgere la testa dai cuscini inferiori in modo che fosse tra le mie gambe. Si apri ancora con le dita.

“Leccala ancora…non te ne pentirai…” mi disse sorridendo, mentre con la mano libera mi accarezzava le palle.

Non potevo che obbedire, ero suo. Poggiai le ginocchia sul bordo del divano, e il mio membro le sfiorò le guance, così delicate. Lei però, non ebbe esitazione, con una mano prese a mungerlo mentre con la lingua leccava tutto ciò che riusciva a raggiungere. Era una sensazione talmente forte che quasi persi i sensi, ma le sue gambe, cercando di arpionarmi, mi ricordarono che anche io avevo del lavoro da svolgere. Mi immersi ancora tra le sue cosce e ripresi il mio instancabile lavoro.

“Come prima…” gemette lei, già nel pieno del piacere “fammi impazzire come prima…”

Le leccai il clitoride con foga, forse anche più che in precedenza, e lei subito prese a dimenarsi. Con le ultime capacità di intendere rimaste, mi strinse il membro tra le dita e se lo cacciò in bocca, esortandomi con le mani a spingere. Presi ad ondulare dolcemente, sentendo la sua lingua strofinarmi la testa del pene e le sue labbra assaporare la mia cappella, ritratta fino alla base del glande. I miei movimenti si facevano più profondi e lei iniziava a tremare, la mia bocca stava ben stuzzicando le sue parti più intime.

“mmm..” mugugnò, ed io le lasciai il tempo di parlare. “Ah…” prese un respiro “ti conosco…” disse, “fai quello che vuoi…lo sento che vuoi spingere…e allora spingi, fottimi la go…mmm…”

Non le lasciai finire la frase, la mia lingua aveva ripreso a carezzarla ed il mio bacino aveva iniziato a dimenarsi come il pistone di un motore da corsa…”mmmmkkhh…” la sentii boccheggiare e feci per rallentarmi ma lei spinse sulle mie natiche e si assicurò di premermi sull’ano. Voleva boccheggiare, voleva sentirsi scopata fino nella gola. Presi una decisione, l’avrei fatta uscire di senno.

Presi a sfondarle la bocca con veemenza e decisione e lei accompagnò il gesto con nuovi gemiti di piacere, spingendo con le mani sul mio lato B per assicurarsi che io spingessi fino in fondo. Intanto, tra le sue gambe, avevo invitato le mie mani ad aiutarmi, accarezzandole l’ano e strofinandole le cosce mentre la mia lingua riprendeva a farla agitare. Più i suoi rantolii crescevano, più a fondo si spingeva il mio pene nella sua dolce cavità orale, ora, stavo gemendo insieme a lei. Oramai era quasi una sfida a chi riusciva a dare più piacere all’altro. Io e Carolina avevamo sempre amato sfidarci ma questa volta il piacere era mille volte più intenso, un colpo dopo l’altro, tentavamo in ogni modo di superarci: lei mi leccava il glande con la lingua, io la penetravo con un subdolo dito, senza mai smettere di leccarla, lei alzava una mano e mi accarezzava lo scroto, io le schiaffeggiavo e carezzavo una natica con la mano libera, lei mi spinse con tutta se stessa, lasciandosi infilare come se il suo esofago non avesse fondo ed io…

Sentivo Carolina avvicinarsi all’apice, tremava e si dimenava come in preda ad incurabile follia, anche io però ero vicino all’orgasmo e non volevo darmi per vinto. Le tolsi il dito dalla vagina e le allargai bene le natiche, poi mi avvicinai con un dito laddove non si aspettava che andassi, diedi un altro affondo di lingua al suo clitoride e le infilai senza esitazione un dito nell’ano, prendendo a carezzarne i primi centimetri. Fu come se avessi aperto la scatola di pandora nell’innocente universo di Carolina. Fece un unico, acuto gemito ed il suo dimenarsi si fece ancora più intenso, poi perse del tutto il controllo di se stessa. Le sentivo ansimare, respirando dal naso mentre continuava a venire penetrata, nella bocca, dal mio membro oramai sul punto di impazzire, io intanto non avevo più bisogno di muoverle il dito nell’ano, ella stava già agitando il suo sedere, rotondo e sensuale, con foga insaziabile, il gemito, a tempo con il suo folle andamento, si fece sempre più acuto, fino a sfociare nell’orgasmo. La sua figa rilasciò tutti i suoi nettari e si strinse, la sentivo palpitare dal piacere sotto la mia bocca, Carolina era venuta, ma io non mi fermai, le prolungai l’orgasmo senza darle tregua, sentendola mugugnare, sfinita dal ritmo intenso avrebbe voluto implorarmi di lasciarla riposare un attimo, ma allo stesso tempo desiderava portare fino in fondo l’intensità della sua estasi, al culmine della quale, sentii il mio cazzo cedere alla sua bocca insaziabile, staccai la lingua dalla sua vagina.

“AAAAH!” Gridai, mentre lei si rifiutava li rallentare, succhiando ogni goccia del mio spera e deglutendo, senza lasciarmi tregua, senza rallentare, avrebbe prosciugato ogni goccia di quello che avevo da darle. Per qualche attimo, fummo nuovamente dell’anello di Moebius, nell’infinito, l’uno intento a prolungare l’orgasmo dell’altro il più possibile, mentre il piacere dell’altro amplificava ciò che sentivamo, rendendoci ancor più sensibili alle sue dolci torture. Simultaneamente infine, ci fermammo e lasciammo liberi io il suo ano e lei il mio membro. Cademmo l’uno sull’altra e per qualche minuto non sentii più nulla.

Non ho idea di quanto fosse passato. Forse mezz’ora, forse cinque minuti. Sentii però una strana sensazione nelle mie parti più basse. Aprii gli occhi e guardai verso i miei piedi per capire cosa stesse accadendo. Io e Carolina eravamo ancora in una posizione contorta, a me poco chiara ma lei, anche se sfinita quanto me, aveva avuto l’idea di riprendere a maneggiarmi il pene, leccandomi contemporaneamente il perineo. Sentivo la mia pelle rabbrividire e il mio pene, lentamente, riprendere conoscenza, il mio corpo però, ancora non riusciva a muoversi.

“Che fai…?” le chiesi.

“Non abbiamo finito.” Rispose lei, intensificando i suoi sforzi mentre le mie parti basse entravano nuovamente nel pieno delle loro forze.

“No?” chiesi sbalordito. Effettivamente non mi sembrava avessimo fatto poco.

“Io ho avuto tutto quello che volevo oggi.” Mi disse “Ma tu sei solo stato al gioco…” mi assaggiò lo scroto, tremai di piacere “Ora devi sfogare le tue fantasie…”

“Io…” Non riuscii a dire altro.

“Mi hai sempre raccontato tutto di te, ho anche visto i tuoi porno. So cosa vuoi. Ti piace fare un po’ lo stronzo no? Ti piace prenderla un po’ di forza… Io ieri ho sognato che mi sbattevi in questa stanza, mi scopavi senza pietà… Mi è piaciuto da morire. Dai, fammi vedere come sai scoparmi..”

Non ebbe bisogno di dire altro.

Ritrovai non so dove le forze e mi alzai. La presi per i capelli e lei mi guardò con un ghigno malefico in viso.

“Vedi che non siete solo voi uomini a fare i porci? Anche a noi piace scopare! Dai vediamo che mi fai adesso…”

La spinsi in basso con forza. “Ah..” lei gemette, cadendo in ginocchio. Mi fissò dal basso con lussuria ed aprì la bocca. Io la spinsi verso di me e iniziai a spingerla con foga.

Ripresero i suoi gemiti, ma stavolta io avevo la bocca per parlare, per dire cose che avevo sinora visto solo nei film più spinti.

“Quanto sei troia…succhialo, dai!”

Ero sorpreso, ma il trattamento rude a cui la sottoponevo, sembrava quasi piacere più a Carolina che a me. Forse, bisogni di uomini e donne a volte non sono poi così diversi. Il sesso un po’ più hard può piacere molto anche a loro, se fatto al momento e nel modo giusto. Fu lei infatti ad interrompere il pompino, resistendo a fatica con le mani al mio spingerla soltanto il tempo necessario per dire:

“Allora? Se mi vuoi troia quando è che mi scopi come una maiala?”

Non parlai, sempre tenendola per i capelli la tirai su e la spinsi con decisione contro il tavolo di vetro del suo salotto. Le feci alzare la testa e le baciai il collo, eravamo tutti e due impazziti, ma la follia stava per riservarci il più bello dei suoi vantaggi. Mi misi dietro di lei e, senza esitare, mi infilai nella sua vagina con durezza, approfittando anche della sua eccitazione, che l’aveva resa bagnata ed accogliente. Senza smettere di tirare i suoi meravigliosi capelli bruni, con la mano libera le schiaffeggiai il culo, per poi chinarmi su di lei ed afferrare uno dei suoi prorompenti seni. Iniziai a fotterla con tutta la forza che avevo, gridavamo insieme, ci chiamavamo, ci insultavamo, ci contorcevamo senza sosta.

“Non smettere….fottimi….FOTTIMI!” Gridava “è da tutta la vita che aspetto che mi fotti!”

“Ti piace eh?” Risposi “Tu non sai quante volte ho sognato di scoparti così!”

“AAHH, si, sono tua, sono la tua troietta! Ti prego non fermarti, VENGO!”

Lei venne ma io non rallentai, le guardavo gli occhi, colmi di passione, di desiderio, stavamo realizzando un sogno, scopare liberamente, l’uno con l’altra, senza inibizioni ne esitazioni. Iniziai a sbatterla con estrema violenza, ipnotizzato dal suo orgasmo, desideroso di vederla perdere la testa. Il tavolo si muoveva in avanti e noi lo seguivamo, come gli stantuffi di un treno in corsa, con il nostro respiro per vapore, la nostra passione come fuoco, i nostri gemiti una sirena che andava a ritmo con ogni singolo colpo. Veloce, sempre più veloce, fino a quando, oramai un tutt’uno con lei, non sentii che il mio orgasmo era oramai quasi arrivato.

Le lasciai i capelli e le passai le mani sotto le braccia, afferrandole i seni, palpandoli, tastandoli, facendole sentire il contatto con le mie mani. La alzai in piedi, senza uscire da lei, la presi bene sotto le spalle e la sollevai. Mi lasciai cadere sul divano, con lei sopra, oramai ero al culmine e lasciandola cadere su di me, affondandole dentro, rilasciai un grugnito di estasi incontrollabile. Lei capì immediatamente cosa volevo, come se avessimo comunicato telepaticamente. Al momento giusto si alzò, estraendosi il membro dalla figa e sedendovisi immediatamente dietro inarcò indietro la schiena e si lasciò toccare, mentre allungava le mani verso il mio cazzo in fibrillazione e prese a menarlo con tutta se stessa.

“Riempimi…” disse, mentre le prime gocce di sperma si facevano largo. Prese a strofinarsi contro di me, muovendo i fianchi a tempo con la mano.

“Si cazzo! SI!” Esultai “Godo, GODO…AAAHH”

Carolina non si fermò ai primi schizzi, continuò ad agitarsi fino a quando ogni goccia era uscita da me, fino a quando il suo corpo non fu ricoperto dal caldo liquido seminale, fino a quando, tremante, non mi accasciai contro il divano, lasciando che anch’essa si appoggiasse con la schiena a me, distrutta. Per qualche minuto non volemmo accettare che il momento fosse finito. Io, di tanto in tanto, continuavo a massaggiarle il seno, era irresistibile, e lei mi premiava con piccoli gemiti, o minuscole carezze sulle mie parti più sensibili.

Solo dopo quasi un’ora ci alzammo. Si rese necessario pulire un po’ la casa, prima che i genitori di Carolina tornassero e noi ne approfittammo per discutere di cosa sarebbe stato.

“Forse un giorno troveremo l’amore della nostra vita.” Mi disse lei. “Allora magari ci toccherà smettere.”

Mi guardò con dolcezza e mi baciò amorevolmente.

“Io so che non siamo fatti l’uno per l’altra…” Continuò, “…ma ci capiamo a vicenda e siamo buoni amici. D’ora in poi, potremmo sfogare le nostre fantasie insieme, se ti va.”

Annuii con la testa e la baciai nuovamente. Ora sapevamo che quello che provavamo non era sbagliato, era reciproco e giusto. Eravamo amici, ma eravamo attratti l’uno dall’altra. Non cercavamo nell’altro l’amore, ma le parole, ed a volte il corpo, di qualcuno che ci capisse in tutto e per tutto e che non ci giudicasse mai.

Pur vivendo in un paese che letteralmente impazzisce per il Calcio, devo ammettere che, come sport, questo non è mai stato tra i miei preferiti, almeno dal punto di vista di uno spettatore. Guardare una partita in televisione infatti, è sempre stata per me un’esperienza piuttosto noiosa, fatta eccezione per rare occasioni quali partite particolarmente spettacolari, grandi occasioni o episodi in cui, grazie magari ad una compagnia eccezionalmente gradevole, la partita passava, inevitabilmente, in secondo piano.

Negli ultimi anni però, grazie ad amicizie piuttosto appassionate del “bel gioco”, ho iniziato a seguire un po’ di più la scena calcistica nazionale ed internazionale, seguendo, in particolare, le gesta di una squadra che rappresenta la città di Milano ed, al contempo, sfoggia due colori che ho sempre amato quali il nero ed il rosso. Non me ne vogliano, per carità, gli amanti di altre tifoserie, di altri giochi o di altri colori; non sono ne un tifoso sfegatato ne ho intenzione di annoiarvi scrivendo di avventure calcistiche o gesta atletiche di alcun genere, soltanto, essendo una partita di calcio lo sfondo di questo racconto, mi è sembrato quantomeno necessario far comprendere quale sia la mia natura calcistica e quanto, o quanto poco, io sia esperto di pallone.

Contrariamente a me però, Carolina è sempre stata una vera e propria fanatica di calcio, sfegatata tifosa milanista, giocatrice accanita, collezionista di maglie, sciarpe, abbigliamento ed oggettistica. La sua passione era pressoché ineguagliabile e piuttosto coinvolgente; non era, infatti, per nulla facile iniziare una conversazione con lei senza finire a parlare di giocatori, gol ed errori arbitrali. In questo modo, pur senza perdere la testa, era piuttosto semplice che anche io, pur inesperto in materia, mi facessi trascinare in turbini di discussione calcistica.

Fu grazie ad uno di questi diverbi, avvenuto in compagnia di vari amici, che si finì, tra una battuta e l’altra, per organizzare un piccolo ritrovo di tifosi milanisti, da compiersi nella mia modesta dimora in occasione di un’importante partita di coppa tra la squadra meneghina e la squadra londinese dell’Arsenal. Partecipanti, oltre al sottoscritto, due “furiosi” milanisti, decisi a partecipare nella speranza di potere, alla prossima discussione in compagnia, parlare di una vittoria netta ai rimanenti membri del gruppo, per la gran parte tifosi delle rivali Inter e Juventus: Carolina ed Antonio, un altro tifoso molto appassionato.

Il giorno della partita, al ritorno dal lavoro, passai per un supermercato, ove comperai patatine, bevande e snack, una fonte di sostentamento fondamentale per affrontare un impegno fisicamente provante come guardare un’ora e mezza di televisione, mi recai a casa e misi tutto a disposizione dei miei ospiti, davanti alla mia televisione in salotto. Pochi minuti dopo il mio arrivo, sentii suonare il campanello e, recatomi ad aprire, trovai Carolina, vestita, come prevedibile, di rosso e di nero.

Feci accomodare la mia ospite che mi salutò inizialmente con un bacio sulla guancia, poi, accertatasi che Antonio non fosse ancora arrivato, si lanciò in un timido ma sensuale bacio sulle labbra, stringendomi a se con le braccia. La cosa non mi sorprese, i nostri ultimi due incontri erano finiti entrambi in atti sessuali tutt’altro che sobri e, come normale, c’era la voglia, da parte di tutti e due, di ripetere al più presto tali prestazioni. In quel momento, però, non c’era tempo, Antonio sarebbe arrivato da un momento all’altro e, cosa ancor più importante per Carolina, la partita stava per cominciare.

Il ritmo del match fu immediatamente elevato e, contrariamente alle mie aspettative, il Milan attaccava e pareva avere la meglio sui londinesi. Antonio intanto, non era ancora arrivato, ne aveva telefonato o scritto per annunciare un suo possibile ritardo. Mentre Carolina fisava lo schermo, senza perderlo un secondo di vista io mi preoccupavo delle sorti del mio amico, solitamente affidabile, momentaneamente disperso e con il telefono spento.

Fu proprio mentre la voce robotica dell’anonima signora all’altro capo della connessione telefonica mi ripeteva, per la quinta volta che il numero da me composto non era raggiungibile che sentii un grido scellerato provenire da dietro di me. Riagganciai e feci appena in tempo a girarmi, prima che Carolina mi saltasse addosso, travolgendomi e spingendomi, inevitabilmente, a cadere sulla grande e morbida superficie del mio divano. Il Milan, aveva segnato.

Mi ritrovai sdraiato per il lungo sul sofà, fortunatamente grande a sufficienza da ospitare tutto il mio metro e ottantadue, con lo stomaco rivolto verso l’alto, coperto dal corpo di Carolina, la quale tentava, ostacolata solo dalla sua altezza, di molto inferiore alla mia, di baciarmi, riuscendo nel suo intento dopo aver strisciato un po’ verso la parte alta del mio corpo.

“Gol!” Gridò “Ha segnato Boateng!”

Abbracciai Carolina, felice per la sua contentezza, più che per il gol, che in una gara di andata, al quattordicesimo minuto, ha valore, certo, ma non è sinonimo di vittoria. Mi lasciai baciare dalla mia amica fino a quando lei non decise che, per questo gol, l’esultanza era stata sufficiente, o almeno così credevo. Carolina mi fece sedere con le gambe stese sul divano, appoggiato con la schiena al bracciolo mentre lei sedeva, inginocchiata tra i miei arti inferiori, leggermente divaricati.

“Adesso piantala di chiamare Antonio e goditi la partita!” Mi disse. “Ti sei già perso un gol bellissimo.”

Obbedii, voltando la testa verso il televisore per vedere il replay e godendo così del favoloso gesto tecnico del giocatore Ghanese, ignaro del fatto che i miei piaceri erano appena cominciati. Mentre le squadre davano nuovamente inizio al gioco, sentii infatti una mano sfiorarmi il cavallo dei pantaloni e, voltandomi, trovai Carolina, intenta ad abbassare la cerniera dei miei Jeans.

“Che fai?!” chiesi “Antonio arriverà da un momento all’altro!”

“E allora?” rispose lei, slacciando il bottone all’altezza del mio ventre ed abbassandomi i boxer per liberare il mio membro, ancora assopito, vista l’imprevedibilità del momento. “Se arriva, quando suona smetto. Adesso fammi vedere la partita che a te ci penso io!”

Accarezzandomi il petto da sotto la maglietta, con i palmi delle mani tesi in avanti, Carolina avvicinò il volto al pene ancora morbido che aveva ormai estratto dalle loro vestigie di cotone ed, aprendo dolcemente le labbra, lo risucchio all’interno della sua calda bocca, spostando gli occhi verso la sua destra, in modo tale da non perdere di vista la partita in televisione.

Sentii il sangue scorrere dal resto del mio corpo verso il mio cazzo, il quale iniziava a crescere ed indurirsi tra le labbra di Carolina, le quali lo premiavano ad ogni aumento di taglia e di durezza con delicate carezze, decisi colpi di lingua, irresistibili risucchi e piccoli gemiti di piacere, che la mia sempre più seducente amica accompagnava al mio ansimare, completamente sedotto dai suoi sinuosi movimenti.

Dapprima concentrata solo sul match, lentamente Carolina iniziò ad alternare i suoi sguardi, i quali si spostavano dal televisore per cercare, sempre più spesso, i miei occhi, il mio volto preda del piacere, mentre le sue mani le sfilavano la giacca della tuta rossa e nera, lasciandole in dosso una maglietta piuttosto scollata, la quale mi permetteva di vedere, con l’aiuto della sua posizione, buona parte dei suoi seni, avvolti in un intimo, più sensuale del solito, anch’esso in tinta con il resto del suo abbigliamento.

Osservavo le tette di Carolina alzarsi ed abbassarsi, allungandomi per toccarle, solo per venire nuovamente spinto indietro dalla mia stupenda seduttrice, la quale, ancora contesa dal mio sguardo e dalla televisione, mi premeva contro il bracciolo del divano con la mano destra, con l’altra oramai scesa tra le sue cosce, coperte dai pantaloni della tuta che però non le impedivano di massaggiarsi laddove sentiva di più la passione del momento.

“Stai rilassato…” mi disse, staccando la bocca dal mio membro ed abbassando la mano destra verso di esso, per non lasciarlo solo nemmeno un secondo “…goditi la partita…e la mia bocca…non vorrei ti perdessi un altro gol!”

Mi sorrise ed io portai la testa indietro, sopraffatto dal piacere quando la sua bocca riprese il suo lavoro e la sua mano, non più costretta a tenermi a bada, le dava un prezioso aiuto, massaggiandomi la base del pene, i testicoli e il perineo. Sentivo l’orgasmo avvicinarsi ed il mio respiro aumentava, cosa che Carolina sembrava gradire molto, dato che anche il suo respiro si intensificava, i suoi movimenti si approfondivano ed aumentavano di frequenza, facendomi rabbrividire e tremare dal piacere.

“Dai..” mi disse lei, sorridendo, tenendomi sul punto del non ritorno con la mano, la quale mi mungeva con amorevole bravura “..vieni..”

Quando Carolina affondò nuovamente il mio cazzo nella sua bocca, così calda, così colma di passione, non potei più resistere; le bastarono pochi movimenti decisi della testa, profondi, rapidi ed accompagnati da piccoli gemiti, i quali lei emetteva come note ogni qualvolta le sue dita premevano i tasti giusti, massaggiandosi la vagina come un delicato strumento musicale, ed io esplosi, inondandole la bocca, la quale non accennò nemmeno un secondo a rallentare ma tremava soltanto un pochino, evidentemente condizionata dai piaceri che, impossibile non notarlo, la dolce succube che mi stava possedendo provava.

Con sguardo intenso, diretto per la prima volta solo e soltanto ai miei occhi, Carolina si assicurò che io la sentissi mentre, con il mio membro ancora nella bocca, deglutiva, non lasciandosi sfuggire una sola goccia del mio seme, accertandosi del fatto che io impazzissi, fino alla mia ultima molecola, preda del suo ondeggiare, della voglia che avevo di lei. Solo allora ella lasciò libero il mio cazzo, il quale tornò nuovamente a rilassarsi solo una volta ricoperto da boxer e Jeans, e tornò, dopo essersi assentata un attimo per sciacquarsi la bocca a sedersi, guardando la partita col sorriso sulle labbra, adagiandosi, di tanto in tanto, su di me, accarezzandomi o concedendomi qualche bacio sul petto.

I successivi minuti furono di grande dolcezza, unita a grande divertimento. La partita era intensa e la squadra rossonera continuava a cercare la porta avversaria, scatenando un tifo vivace da parte di Carolina. Io sedevo sul divano, ancora incredulo per la semplicità con cui eravamo passati dalla passione calcistica a quella finisca per poi tornare a quella sportiva. Ad ogni azione Carolina balzava in piedi e, tra un tiro e l’altro, si adagiava sul divano, appoggiandosi a me e, non riuscii a fare a meno di notare, sfiorandosi di tanto in tanto tra le gambe, laddove era intenta a darsi piacere durante l’incredibile gesto orale che mi aveva concesso. Compresi come l’eccitazione agonistica e quella sessuale, stessero contendendosi la mia amica in un tiro alla fune carico di ormoni e passione.

Mentre questo pensiero rimbalzava da un capo all’altro del mio cervello, oramai lontano anni luce dall’evento sportivo che Carolina stava seguendo con tanta passione, sentii la sua voce aumentare di volume e tornai a concentrarmi sulla partita, proprio mentre un giocatore, arrivato sulla linea di fondo campo, crossava verso il centro dell’area, ove un suo compagno, lasciato libero dal suo marcatore, ebbe modo di colpire di testa, insaccando il pallone in rete.

Ancora una volta, Carolina saltò in piedi per la gioia, incoraggiandomi a fare lo stesso ed abbracciandomi appena lo feci. Festeggiante, la ragazza mi saltò letteralmente in braccio, avvolgendo le gambe intorno al mio corpo. Ancora una volta, ella mi baciò, infilando la lingua oltre le mie labbra ed esplorando le profondità della mia bocca. Il bacio risvegliò, quasi istantaneamente, il mio membro, il quale era tornato all’originale torpore dopo i piacevoli giochi del primo gol.

“Ti prego…” disse lei, arrossendo per l’eccitazione “…fammi godere.”

Adagiai Carolina sul divano e le sfilai, piuttosto facilmente, i pantaloni della tuta, lasciandola con i suoi slip, molto sensuali, sempre di colore rosso e nero, con piccoli ricami e trasparenze che mi invitavano ad avvicinarmi e strapparle via dalla vita della loro proprietaria, invece, mi tolsi i jeans e i boxer, sfilai la mia t-shirt e feci per salire sul divano, sopra di lei, venendo però fermato dalla sua mano destra, la quale si posò sulla mia testa.

“No, aspetta…” Mi pregò “…fai come ho fatto io…fammi godere mentre guardo la partita.”

Per un secondo fui un po’ confuso dalla richiesta che Carolina mi aveva fatto, ma poi lessi nei suoi occhi la voglia di giocare, di divertirsi, di vedermi intento a darle piacere come lei aveva fatto con me. La feci comodamente sedere sul divano, inginocchiandomi sul freddo pavimento del mio salotto e sfilandole gli slip, divaricandole poi le gambe, mostrando il paradiso che lei stessa, aprendone i cancelli con le dita, mi stava invitando a stuzzicare.

Le mie mani accarezzarono dapprima le ginocchia, poi le gambe, poi le cosce di Carolina, avvicinandosi alla sau vagina, pronta ad accogliere le mie dita, le quali subito iniziarono a massaggiare, toccare, penetrare la figa, già calda e bagnata della mia dolce amica, la quale accolse le attenzioni delle mie mani con dei piccoli gemiti e dei tremolii a malapena percettibili. Infilai prima uno, poi due dita all’interno della favolosa vagina di Carolina e cominciai a penetrarla con movimenti orizzontali, prima dolci, poi più intensi ed infine rapidi, decisi e forti, lei inizio ad accompagnare i miei movimenti con il bacino ed i suoi gemiti amumentarono, una sua mano mi venne in assistenza, accarezzandole il clitoride mentre la penetravo. L’atto era ora intenso e passionale, Carolina si massaggiava con un’intensità sempre più acuta e la sua vagina, penetrata dalle mie dita, diveniva sempre più bagnata. Sentivo che l’apice del suo piacere non era lontano ma, sul più bello, lei si fermò.

“Leccami…” disse “…Ti prego voglio venire mentre mi divori…”

Affondai il volto tra le sue cosce, assaporando quel piacevole orifizio, caldo ed avvolgente, mentre lei impazziva sotto i delicati colpi della mia lingua, la quale la stuzzicava laddove era più sensibile, trascinandola in un vortice di piacere che la costringeva a chiudere gli occhi, di tanto in tanto, distraendosi del tutto dalla sua preziosissima partita. Le sue gambe si strinsero intorno alla mia testa ed improvvisamente sentii una sua mano spingermi la nuca. Guardai in alto e vidi una delle sue mani stringere ripetutamente un suo seno, giocando con il tessuto della maglietta che li copriva, i suoi occhi si abbassarono verso di me e mi guardarono come avrebbero fatti quelli di una preda, oramai catturata dalla fiera sua predatrice.

“Dio non ci credo…” ansimò tra un mugolio e l’altro “…stiamo vincendo, guardo la partita e tu intanto mi stai facendo impazzire…è fantastico…voglio venire!”

Anche io non potevo crederci. Esclusa la mia mano, che di tanto in tanto mi massaggiava, nulla mi stava sollecitando, ciononostante stavo impazzendo, ero suo, deciso a darle tutto il piacere che voleva, ci fossero voluti mille anni. Ero in ginocchio, spinto da una mano verso di lei, eccitato, caldo, duro, voglioso, ipnotizzato dalle sue grida, le quali oramai riempivano la stanza, riecheggiando da muro a muro.

“Vengo!” Gridò “Vengo!!!”

La sentii tremare, tremare dal piacere mentra veniva, spingendomi con forza a se, stringendomi tra le gambe, bagnando se stessa ed il mio viso dei frutti del suo intenso piacere. Improvvisamente, la sua presa si allentò, il suo corpo si rilassò e ricadde all’insietro, tornando a stendersi sul divano ed io, soddisfatto dei risultati del mio lavoro, le diedi tregua, sedendomi divertito sul pavimento, accarezzando il mio membro delicatamente nel guardarla toccarsi, tentando di tornare in se lentamente dopo l’orgasmo.

Ancora una volta mi trovai a rivestirmi, così come fece lei, ed a sedermi sul divano mentre il primo tempo finiva. Carolina mi abbracciò. Era felice, come prevedibile dopo due gol ed altrettanti momenti di piacere, e rimase srdraiata con me a vedere i replay e la pubblicità prima che, al rientrare delle squadre in campo, sentimmo suonare il campanello.

“Scusate il ritardo!” disse Antonio quando lo feci entrare “Lavoro… volevo chiamarvi ma avevo il cellulare scarico!”

Preso un po’ in giro Antonio per il suo ritardo ci sedemmo tutti e tre e, sperando che non sentisse, in qualche modo, l’odore di sesso che riempiva la stanza, ci guardammo tranquillamente il secondo tempo, esultando ai successivi due gol della nostra squadra. Ebbi, per un attimo, il timore che, per l’emozione, Carolina si sarebbe lanciata in qualche eccessivo atto erotico anche in presenza di Antonio. Al quarto gol infatti, incrociai il suo sguardo intenso e mi sembrò di vedere, in esso, la voglia di ricominciare. Per fortuna Carolina riuscì a trattenersi e, alla fine della partita, mi trovai a salutare i miei ospiti, felice sia per la vittoria che, soprattutto, dei piaceri che avevo vissuto.

Tornai in salotto per ascoltare i commenti del post-partita e, sedutomi sul divano, ricominciai a pensare a Carolina. Fu in quel momento che il campanello suonò ancora. Scesi le scale di corsa ed aprii la porta, trovando Carolina dalla parte opposta che, scusandosi, mi spiegò il perché del suo ritorno.

“Scusami. Dovevo parlarti un attimo.”

Feci entrare Carolina che, appena chiusa la porta mi saltò in braccio come dopo il secondo gol e, proprio come allora, mi baciò intensamente, stringendomi un braccio intorno al collo ed afferrandomi i capelli con la mano opposta.

“Ti devo due gol!” Mi disse, prima di baciarmi ancora.

Con carolina ancora in braccio, mi allontanai dalla porta, facendola sedere sul primo mobile libero, un tavolo verde un po’ vecchio ma solido a sufficienza da sopportare il nostro peso e feci per strapparle i vestiti di dosso. Ancora una volta, Carolina mi fermò.

“Ti prego, portami di sopra!” mi disse “Voglio scoparti dove lo abbiamo fatto prima!”

Eccitati, corremmo al piano superiore, fermandoci qui e la, troppo presi dalle nostre passioni per non baciarci, toccarci ed iniziare a perdere qualche indumento (la maglietta io, il cappotto lei). Giunti in sala fu Carolina, decisa come sempre, a fare la prima mossa. Prima che potessi dire o fare nulla mi slacciò i jeans, sfilandoli del tutto e togliendomi, con loro, i boxer. Trovatasi di fronte al mio membro, eccitato e pronto all’azione, lo prese in bocca immediatamente, lasciando che, per qualche secondo, accompagnassi con le mani i movimenti della sua testa, poi, improvvisamente, si staccò, si alzò e con le mani mi spinse verso il divano.

“Lo sai cosa mi piace…” disse “…Guardami, ti faccio uno spettacolino. Tu però, fammi vedere come ti piace…”

La mia dolce amica iniziaò a spogliarsi, molto lentamente, iniziando con la giacca della tuta, rimossa abbastanza in fretta. Io feci ciò che Carolina aveva chiesto, e, con vero piacere, iniziai a masturbarmi mentre lei, toltasi scarpe e calzini, iniziava a mostrarmi la parte interessante dello spogliarello, sfilandosi la maglietta e lanciandola verso di me, saltellando per far rimbalzare le sue tette, ben sostenute dal suo sensuale reggiseno.

Fu proprio il reggiseno ad essere rimosso subito dopo, una spallina alla volta, in una sensuale danza, accompagnata dal suono del post partita, reso incredibilmente sexy da una sola cosa, lei. Carolina si slacciò il reggiseno e, chinandosi in avanti, lo lasciò cadere a terra, avvicinandosi lentamente a me per strofinare le sue splendide, sode e dolci mammelle sul mio volto, mentre la mia mano si agitava follemente sul mio pene. Poi fu la volta dei pantaloni, che vennero sfilati dolcemente, lasciati cadere e spinti indietro, mentre Carolina di nuovo si fece avanti e, salendo con un piede sul divano, mi rimise faccia a faccia con i suoi slip, lasciandosi baciare il pube prima di tornare indietro, andando verso la finestra e piegarsi, dandomi le spalle, per sfilarsi gli slip neri, ondeggiando un culo fantastico e capace di ipnotizzarmi del tutto. A quel punto portò le mani al vetro della finestra chiusa (e fortunatamente oscurata dalla tapparella abbassata) e, piegata a novanta gradi, con le gambe divaricate, girò lo sguardo verso di me.

Era bellissima. Le sue gambe, benché non lunghissime, erano sinuose, perfette, invitanti, con cosce carnose e perfette, sode, colme di vita. La sua vagina, ben visibile da dove ero seduto, era rosea e liscia, privata di ogni pelo fatta eccezione di un piccolo triangolo davanti. Il suo sedere era rotondo, leggermente abbondande forse, ma in maniera molto sensuale, come si diceva sempre un tempo di quello di Jennifer Lopez; stomaco, schiena, braccia e spalle erano una sinfonia di perfezione, il suo viso, tondo ed adornato da grandi occhi marroni, era un’opera d’arte il cui punto migliore erano, senza dubbio, le labbra, femminili ed irresistibili. I suoi seni erano grandi, succosi, materni ed i suoi capelli, mossi come la criniera di una leonessa, parevano briglie, fatte apposta per cavalcare e domare una tale belva feroce.

“Vieni a prendermi…” Mi chiamò lei “…fammi tua!”

Mi alzai ed in un attimo fui da lei, appoggiando il cazzo contro la sua vulva e strofinando, senza penetrarla, la sua figa stupenda. Gemevamo già entrambe, torturati dalla voglia di prenderci ma eccitati dalla bellezza dell’attesa. Giocavo, usando il mio membro, con la sua vagina, il suo ano, le sue natiche; toccandola, massaggiandola, masturbandomi e baciandola, avvicinandomi con il mio corpo al suo, chinato in quella posizione così invitante, contro la finestra.

“Lo voglio troppo!” disse lei “Sfondami!”

Entrai in lei con decisione e subito ci trovammo a dimenarci, a grande velocità, sbattendo l’uno contro l’altra furiosamente, spingendo i nostri corpi a collisioni ripetute ed infinitamente piacevoli. Carolina agitava il suo sedere come se esso avesse preso il controllo della sua mente e gridava, sotto gli effetti piacevoli della penetrazioni, piccole frasi che esprimevano il suo piacere, facendomi quasi impazzire solo al sentirle pronunciare.

“Sono tua!” diceva “Fottimi così!” continuava “Scopami, fammi impazzire!” mi implorava, lasciandosi toccare in ogni dove, invitandomi a schiacciarla contro il vetro, appannato dal nostro fiato accaldato.

Il suo orgasmo fu improvviso e sorprendentemente intenso, sancito da un grido acuto e da un tremore irresistibile, seguito da sorrisi, mugugnii e piacevoli contrazioni della sua vagina, ancora preda dei colpi di verga che le stavo infliggendo. Solo al termine del suo momento più intenso, accennai a rallentare, dandole tempo di prendere fiato. Fu allora che lei si sfilò e girandosi mi prese con la mano, prendendo a mungermi mentre mi baciava.

“Voglio fare un gioco…” disse “…Ti manca molto?”

“Non credo…” risposi “…ti prego, fammi venire…”

“Perfetto!” rispose lei, poggiandomi ancora le labbra sulla bocca e dandomi un altro piccolo bacio.

Carolina si mise in ginocchio ma non accennò ad ingoiare il mio cazzo, il quale, massaggiato dalle sue mani, non vedeva l’ora di venirle addosso; invece, mi lasciò del tutto Portandosi le mani al seno ed alla vagina e riprendendo a compiacersi, subito tornando piuttosto vicina al piacere estremo che aveva appena avuto.

“Guardami!” Ordinò “Ti piaccio?”

“Sei stupenda!” risposi io, ancora confuso riguardo alle sue intenzioni.

“Allora continua a guardarmi e fatti una sega…” spiegò lei “…ci penso io a farti godere come mai prima d’ora!”

Invitato al gioco dalla punta della sua lingua, che mi sfiorò il glande prima di abbassarsi per leccarle un capezzolo, presi a masturbarmi, in piedi, con il cazzo pochi centimetri sopra il suo volto. Lei mi guardava, osservando il movimento della mia mano mentre si toccava, portandosi presto ad un nuovo, sebbene più sedato orgasmo.

“Il Milan ha vinto 4 a 0.” Disse “Ho avuto tre orgasmi e tu stai per venire guardandomi. È la serata più bella che possa ricordare!”

Così dicendo, Carolina portò la bocca verso il mio scroto e, infilandosi tra le mie gambe, iniziò a leccarmi, succhiarmi e prendermi in bocca le palle, allcungando il suo raggio d’azione al perineo ed arrivando, a volte, a leccarmi quasi l’ano. Il piacere era sublime ed aumentò quando lei, senza pietà per la mia mente ormai debole, alzò il petto e portò i seni alla base del mio pene, lascianndo che io la schiaffeggiassi sul petto con la verga prima di massaggiarla un po’, per poi lasciarla di nuovo alle mie esperte mani.

“Carolina sto per venire!” dissi io, in preda a sensazioni troppo forti per essere controllate.

“Vieni, forza, godi per me!” rispose lei “Voglio che mi fai la doccia col tuo seme!”

Carolina attese il momento in cui sapeva che non ci sarebbe stato ritorno, poi, sporgendosi con il viso all’indietro, con la lingua percorse il mio scroto e tutto il mio cazzo, passando per un attimo sopra la mia mano, intenta a muoversi a folle velocità, poi, con una mano mi massaggiò il perineo mentre l’altra, dopo aver lasciato i suoi seni, ora spinti in alto pronti ad accogliere il mio seme, mi percorse le natiche delicatamente fino ad infilarsi, al momento propizio, nel mio ano stringendo in una morsa di piacere il mio corpo tra le sue dita.

Esplosi in un gemito infinito ed il mio cazzo eruttò come un vulcano, secernendo tutto ciò che avevo nei testicoli sul suo corpo. Lei accolse lo sperma sul volto, sui seni, sui capelli e si lasciò coprire, assaporando con la lingua ogni goccia che fosse capace di carpire prima di intervenire con le sue stesse mani per torturarmi, assicurandosi che ogni goccia fosse stata munta prima di concedermi di crollare, facendo qualche passo indietro e lasciandomi cadere sul divano.

Quando finalmente ci fummo ricomposti, per la terza volta, era tardi. Carolina doveva correre a casa ed io, a letto. Il giorno dopo avrei lavorato come sempre e non potevo permettermi di rimanere ancora con lei. Il nostro rapporto si stava evolvendo però e sentivamo, dentro di noi, il bisogno di esplorare sempre di più il desiderio sessuale che ci univa, un desiderio che andava oltre la semplice voglia ma che si stava trasformando in una vera e propria ossessione. Il corpo di carolina era oramai un’immagine fissa nella mia mente e il piacere che solo lei era capace di darmi era il mio solo desiderio, la mia unica volontà.

Salutandomi con un bacio Carolina si incamminò verso casa e, guardandomi, mi fece capire che, ben presto, il momento di perdere del tutto la ragione, l’uno per l’altra, sarebbe tornato.

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