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Una lunga estate

By 28 Settembre 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

Il mio nome &egrave Roberto e sono uno studente di medicina.
Io provengo da una famiglia di ceto medio e ogni volta che ho potuto, compatibilmente con gli impegni universitari, ho cercato di fare qualche lavoretto in modo tale da potermi togliere qualche sfizio senza dover gravare sulle spalle dei miei genitori.

Nella mia università c’&egrave la possibilità una volta all’anno di poter lavorare 150 ore in una delle strutture universitarie (biblioteca, mensa, uffici ecc..) a circa 7′ all’ora. Per cui l’anno scorso, come ogni anno, feci la domanda per poter lavorare ed avendo una buona media riuscii a posizionarmi nella parte alta della graduatoria e venni chiamato per poter svolgere le mie ore nel periodo estivo.
Io sperai sino all’ultimo di essere mandato in una biblioteca, in quanto sostanzialmente non si fa un cazzo e si riesce a studiare tranquillamente.
Essendo un tipo molto fortunato venni mandato da tutt’altra parte, ovvero all’ufficio deputato alle borse di studio e alle relazioni con gli studenti. Per carità non &egrave un brutto posto, solo che non si riesce a studiare, ma cosa ancora peggiore, lo sportello apre 2 ore al giorno, per cui mi facevano lavorare circa 2 ore e mezza al giorno.

Avendo iniziato a metà giugno io speravo di riuscire a finire queste 150 ore in 5-6 settimane, in modo tale da avere agosto per le vacanze. Ma essendo stato mandato in questo posto di merda, i miei piani erano sfumati. Ma non mi arresi e iniziai a pensare a come fare per riuscire a fare più ore e avere un po di vacanza.

In questi uffici oltre a me c’erano 5 donne e un uomo che, mi venne spiegato, sarebbero andati in vacanza quasi tutti assieme, lasciando a lavorare noi delle 150ore.
Delle 5 donne, due erano delle dirigenti e volevano essere chiamate dottoresse.
Una si chiamava Maria, una donna sui 40 anni, alta non più di un metro e sessanta. Era di costituzione abbastanza magra, scura di carnagione, capelli neri corti e un’aria da rompi coglioni sempre presente.
L’altra era Luisa, anche lei sulla quarantina, ma era più brutta e più grassa, però sembrava essere molto più gentile e cordiale.

Oltre al personale vero a proprio pochi giorni dopo di me venne un’altra 150orista, Elena. Due anni più piccola di me, era davvero brutta. Bassa, senza tette ma con il culone, denti storti, occhiali e faccia da scema.
Insomma era difficile che mi potesse capitare di peggio.

Ma cosa centra tutto questo con la storia che vi voglio raccontare?
B&egrave, questa &egrave la storia di come sono stato umiliato, sfruttato, stuprato la scorsa estate.

Iniziamo dal principio.
Dopo qualche giorno che frequentavo il nuovo posto di lavoro, iniziai a capire quello che potevo e quello che non potevo fare per far risultare che facevo più ore.

Praticamente io una volta che arrivavo dovevo segnare in un foglio l’ora di ingresso e l’ora di uscita arrotondando alle mezzore. Per cui se arrivavo alle 10:20 dovevo scrivere 10:30, se arrivavo alle 10:14 dovevo scrivere 10:00.
Per cui dopo i primi giorni in cui vidi che nessuno mi controllava decisi di forzare un po’ la mano in modo da riuscire a finire prima e andarmene dal quel posto. Per cui iniziai a rosicchiare minuti sia in entrata sia in uscita. Del tutto ignaro che la principale (la dottoressa Maria) aveva nascosto delle telecamere collegate in ufficio in modo tale da poter vedere cosa facevano i suoi sottoposti durante le ore di lavoro, anche quando lei non sarebbe stata presente.

Il mese di giugno passò tranquillo e io avevo fatto quasi un quarto delle ore. Di quel passo sarei riuscito a finire per i primi di agosto così da godermi un mese di pieno relax.

Il 3 luglio, come tutti gli altri giorni arrivai alle 10:25, segnai come orario di ingresso le 10:00 e iniziai a sbrigare le pratiche che mi appartenevano. La mattinata passò molto lentamente, come tutte le altre del resto, e alle 13:00, chiusi la porta d’ingresso per il pubblico e iniziai a sistemare le cose per potermene andare via. Ad un certo punto venne Lucia, una delle impiegate, per dirmi che la dottoressa mi voleva parlare di una cosa.
Andai nel suo ufficio pensando che mi voleva dare qualche istruzione per la settimana a venire ed entrai tutto tranquillo.
-Buon giorno dottoressa- esclamai sorridente.
-Siediti Roberto- disse seccamente. Mi sedetti di fronte a lei.
Silenzio.
Dopo circa 30 secondi, passati con lei che mi fissava senza proferire una parola esclamò:
-Ti sembro stupida?-
-Come scusi?- risposi perplesso.
-Ti ho chiesto, se per caso, ti sembro una stupida-.
-Certo che no dottoressa, perché lo dovrei pensarlo?-. Al termine della mia frase, un sorriso comparve sulle sue labbra. Girò lo schermo del monitor dove c’era in riproduzione il video di me che entravo con l’orario corretto.
-Se non sembro stupida, perché hai cercato di fottermi come se fossi la scema di turno?-
Non riuscii ad emettere un suono, cercavo di trovare una scusa qualsiasi per giustificarmi, ma il quel momento nella mia testa c’era il buio più totale.

-Roberto, ci sono due possibilità: 1) faccio un esposto al rettore dove comunico questo tuo comportamento e ti prendi un’ammonizione ufficiale sul tuo libretto e non potrai più partecipare a nessun concorso dell’università e perderai i soldi che ti spettano da queste 150 ore.
2) io non faccio nulla, tu continui a fare il tuoi giochini con l’orario, però mi obbedirai totalmente in questo mese che ti resta. Che ne dici?-

-Dottoressa, lei lo sa bene che non mi posso permettere un’ammonizione e di perdere tutti i soldi- dissi con la voce strozzata ‘ devo per forza scegliere la seconda opzione. Ma cosa intende che le dovrò obbedire?-
Ridendo lei esclamò: -Se te lo dico che gusto c’&egrave? Ti basti sapere che non esigerò nessun rifiuto. &egrave chiaro?-
-Si dottoressa, come vuole lei-
-Bene, ora vattene. Ci vediamo lunedì.-
-Arrivederci dottoressa-.
Uscii dalla stanza e andai via dal lavoro, chiedendomi cosa sarebbe potuto succedere la settimana successiva.

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