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Racconti Erotici Etero

Una Signora quasi perbene terza parte

By 22 Febbraio 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

UNA SIGNORA QUASI PERBENE – terza parte
Per alcuni giorni, pur salutandolo, evitai il contadino, non sentivo il bisogno di scopare, ma lo stesso mi offri nuda a lui, diciamo per non farmi dimenticare, e tenerlo in tiro per la prossima chiavata. Ne approfittai per scendere in paese e fare alcuni acquisti importanti, in farmacia comprai una pompetta per clisteri, con diversi beccucci, sostanza medicamentosa e una confezione di vasellina. Avevo letto, che prima del rapporto anale è consigliabile, pulire il retto con un clisterino, onde evitare che dopo lo prendi in bocca sporco di cacca, ma intanto non avevo ancora deciso di farmi inculare. Alle otto di sera, Alberto stava sul divano davanti alla tv, seguiva il telegiornale, io un po annoiata giravo da una stanza all’altra, non sapendo cosa fare. Sul comodino vidi la busta con le cose che avevo preso in mattinata, in farmacia e pensai di farmi un clistere, sia per provare che per ammazzare il tempo, lessi le istruzioni e cominciai la preparazione. Acqua calda mischiata al liquido medicinale, più o meno un litro, poi la pompa rossa riempita con il liquido caldo, il beccuccio, il più lungo e grosso, tutto pronto, ma.., mi mancava qualcosa, da sola mi sembrava un po squallido. Decisi di coinvolgere Alberto, presi un vassoio, ci misi sopra la peretta e la vasellina, afferrai un asciugamano e mi presentai toma toma da mio marito. Lui tranquillo e inconsapevole mi guardò stupito, caro vuoi farmi la peretta, chiesi con fare accattivante, lui, balbettando rispose cos’è…, stà roba! Sai amore, non vado di corpo, me l’ha consigliato il medico, sù.., dai non fare domande..! Posi sul divano il vassoio, mi alzai la gonna e abbassai la mutandina, mi curvai sulle sue gambe con il culetto ben pronunciato, lui paziente, inforcò gli occhiali, prese la vasellina e mi unse il buchetto, dentro e fuori, mentre mi tenevo le natiche aperte con le mani, mio marito visualizzò bene e mi introdusse delicatamente la cannula nel culo. Piano, dando il tempo necessario che il liquido travasasse dalla pompa nel mio culetto, mi scaricò il tutto dentro l’intestino, corsi subito nel bagno col culo scoperto, per ricaricare di nuovo la pompa, tornai e per la seconda volta mi iniettò il liquido dentro il culetto. Con il pancino pieno, non avvertivo ancora lo stimolo di defecare, intanto Alberto s’era eccitato e mi faceva sentire il cazzo duro sull’addome, misi la mano dentro il pigiama e lo masturbai. Mi alzai in piedi tenendo le chiappe strette per non far uscire il liquido, mi chinai per prendere il cazzo di mio marito in bocca, ma mi uscì un filo di sostanza dal buchetto, lo stimolo era arrivato, sempre più forte, per cui andai di corsa sul cesso. Mentre mi liberavo il pancino evacuando il tutto, mio marito si parò davanti e me lo mise in bocca, non ci fù cosa più gradita, glielo presi volentieri, e dato le normali misure me lo ficcai tutto in bocca. Comoda, seduta sul water col culo inzaccherato di merda, feci un favoloso bocchino a mio marito che certamente lo meritava, mi feci sborrare in bocca, ingoiando tutto lo sperma, fino all’ultima goccia. Quella sera andammo a letto veramente appagati e felici. Il mattino successivo, il contadino non venne, trascorsi l’intera giornata a crogiolarmi al sole. L’indomani mi concessi di nuovo a Teodoro, prendendolo in bocca e facendomelo strofinare sulla passera, che mi era molto gradito, ne approfittai anche per un piccolo assaggino, me lo strofinai anche sul buchetto del culo, che trovai gradevole. L’uomo, non si scompose, ma era evidente che gli piaceva e che me lo avrebbe rotto ben volentieri, tuttavia il clima simpatico e amichevole, contribuì ad abbassare la guardia, ed io giochicchiavo con lui alternando innocue premute, con il cazzo sia sulla passera che sul buco del culo. Mi venne come al solito in faccia, e come al solito mi beavo e ingoiavo tutto lo sperma che cacciava fuori, non ebbi nessun orgasmo, per cui un pò calcolatrice quando puttana, volli e mi feci leccare il buco del culo dal vecchio e schifoso sporcaccione. Non ci credevo, ma al contatto con la lingua del maiale, il buchino tendeva a schiudersi, ad aprirsi come se volesse far entrare l’intera lingua…, cominciai a menarmi la passera vigorosamente. Alla pecorina sul telo, Teodoro in piedi dietro di me, dopo avermelo ben leccato e umettato, mi introdusse un dito dentro, pensate al dito di un contadino, grande calloso, rugoso e rasposo, per’altro ben accolto dal mio culo, accelerò la mia venuta, gemendo, e farfugliando parole sconce strinsi il culetto, attorno al grosso dito e venni copiosamente, ficcandomi ben tre dita nella vagina. Pur soddisfatta, il vecchio porco non mi toglieva il dito dall’ano, appagata lo lasciavo fare, non mi accorsi che lui stava surriscaldandosi, e c’è l’aveva di nuovo duro e minaccioso, lo sbirciai dalla mia comoda posizione, non mi accorsi neanche, rapita e instupidita com’ero, che era salito su dei tronchi portandosi col cazzo all’altezza del mio culo. Stavo ancora in tempo per sottrarmi, invece mi fidavo di lui, pensavo che voleva solo “giocare” col mio sedere, quando me lo puntò sul buco del culo, mi girai e guardandolo gli sorrisi pure, poi l’amara verità. Mi abbrancò con le sue forti mani al ventre, mi attrasse con forza a se, per immobilizzarmi, e il suo palo di carne, si incuneò tra le natiche, puntando preciso sul buco, cominciò a spingere da forsennato cercando di incularmi. Istintivamente il mio buchetto si restrinse, forse dalla paura che m’ero presa, lui s’era imbestialito e cercava con forza di metterlo dentro, io spaventata urlai, ma subito fui zittita con una mano sulla bocca, comunque mi divincolavo cercando di liberarmi dalla presa. Teodoro aveva perso la testa e non si rendeva conto che mi stava usando violenza, mi aveva messa sotto e con il peso del corpo mi teneva ferma, molto spaventata, pensando che mi picchiasse, smisi di divincolarmi, favorendo così l’azione che stava facendo. Immobilizzata con le mani e il corpo dell’uomo, con la spaventosa cappella, già piazzata sullo sfintere, e nonostante che tenessi stretto il più possibile il buchetto, la straordinaria durezza del membro, inconsueta per un uomo di quell’età, iniziò la penetrazione del cazzo nel mio culo. Strinsi i denti e chiusi gli occhi, convinta di essere massacrata, mi abbandonai a me stessa, l’uomo, inaspettatamente violento e prepotente, me lo spinse con forza dentro, introducendomi l’intera cappella, la più consistente. Un senso di lacerazione e di rassegnazione mi accompagnò di lì in avanti, dandomi la forza di non svenire, quindi cosciente, sopportavo la violenza che mi veniva fatta, cedendo al pianto che mi venne spontaneo. Timida e indifesa, rannicchiata come una cagnetta, mi sorbii la parziale introduzione di quel mostruoso cazzo dentro il mio bel e delizioso culetto, mi distesi completamente sotto il peso dell’orco, che senza pietà continuò la sua opera di totale inculamento. Il culo mi bruciava forte, la carne s’era dilatata all’inverosimile, ma non si era rotta, il mio culetto, aveva resistito alla violazione e s’era ormai adattato alla misura…! Teodoro il cattivo me lo aveva messo tutto dentro, avvertivo la pancia piena, e i coglioni che sbattevano ad ogni colpo sulle natiche, lo tirava fuori e me lo rimetteva, in continuazione, senza sosta. Le lacrime si asciugarono, il più ormai fatto…, cosa potevo temere ancora? Mi feci forza, tenendomi quel palo nel culo fino alla fine, e lasciai sfogare la sua bestialità repressa su di me. Venne, emettendo un raglio da asino e spingendo dentro il cazzo fino alla radice, la sborra calda nell’intestino, mi procurò un sottile piacere che si pervase per tutto il corpo, per cui venne naturale toccarmi la fica e menarmela un po. Mi vergogno a dirlo, ma venni anch’io, quella violenza, incosciamente, mi piaceva e mi regalava un bell’orgasmo denso e sublime. Me lo tolse dal culo, raschiando con quella cappella ad uncino il retto, stavolta piacevole rispetto alla vagina, mi uscì dal culo con un semplice flopp…! Non ebbi il coraggio di guardarlo, lo odiavo per il male che mi aveva fatto, lui si sistemò le braghe, prima di andarsene mi lanciò un’occhiata molto tenera, forse cosciente dell’abuso, che aveva esercitato, lasciandomi lì rannicchiata sul quel giaciglio di fortuna, rotta dentro e fuori, lorda di sperma e soprattutto umiliata nel profondo dell’animo. fiordinorma@virgilio.it

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