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Vecchie amicizie, nuove emozioni

By 28 Marzo 2018Dicembre 16th, 2019No Comments

Conobbi Giacomo e Francesca ai tempi dell’università.

Lei la classica strafiga: statura media, viso da favola, capelli lisci scuri, corpicino n&egrave troppo magro, n&egrave troppo in carne; diciamo formosa il giusto. Il punto decisamente forte del suo fisico era un seno sodo spettacolare: una terza misura più che abbondante, che lei faceva risaltare ancor di più regolando il reggiseno sul gancetto più stretto. Il suo unico problema era che ogni tanto apriva bocca, risultando spesso insopportabile: nonostante la voce melodiosa, era la classica snob ‘figlia di papà’, che farciva i suoi discorsetti con i classici luoghi comuni da ‘radical-chic’, salvo poi schifare la gran parte dell’umanità nei suoi comportamenti quotidiani.

Lui invece tutto il contrario: oggettivamente bruttino, un pochetto storpio nell’andatura, oltremodo imbranato in ogni situazione. Era però un ragazzo piuttosto colto e dal carattere mite, con cui si poteva trascorrere qualche allegra serata in compagnia, intavolando discorsi più o meno impegnati, a patto ovviamente che non ci fosse lei in sua presenza.

Ed infatti nessuno tra i miei compagni di corso capì (io compreso) come pot&egrave succedere che dopo pochi mesi si fidanzarono e rimasero insieme per tutti gli anni universitari. Certo, tra loro filò sempre tutto liscio, anche perché ogni parola che lei proferiva era legge e lui ne eseguiva all’istante ogni volere, da buon cagnolino fedele.

Li persi di vista subito dopo, con quell’interrogativo che restava nella mia mente. A parte scorgere qualche particolare della loro vita su un noto social network, come ad esempio foto delle vacanze, non ebbi più alcun contatto con nessuno dei due (anche a seguito di un mio forte diverbio ideologico con lei), per cui non rientrarono nemmeno più nei miei pensieri.

Un mese fa rividi con piacere Giacomo, per motivi di lavoro. Mi ero infatti trasferito in una cittadina del nord Italia, assunto come analista in una banca di investimento locale. Un bel giorno il mio capo entrò nell’ufficio della mia divisione, annunciandomi ridacchiando: ‘Stefano, hai visite!’. Era proprio il mio amico in carne ed ossa, e compresi subito il motivo delle risate dei colleghi: il mio compagno era talmente in soggezione che continuava a balbettare parole a vanvera. Tutto come un tempo, insomma.

Decisi di metterlo subito a suo agio, interrompendo il divertimento di tutto il mio ufficio: ‘Jack, che piacere! Prendiamoci un caffé nel bar qui sotto!’. Ben presto capii che la questione che l’aveva portato al mio cospetto era decisamente seria. Aveva fondato un’azienda che produceva articoli ecologici (non l’avrei mai detto), insieme alla sua ‘dolce’ metà (indovinate chi aveva preso il ruolo di amministratore unico?), che nel frattempo aveva sposato. Tuttavia, si trovavano in guai grossi, in quanto una bolla in quel comparto aveva messo a dura prova i loro affari. Per farla breve, erano sull’orlo del fallimento: cercavano disperatamente finanziamenti, per questo avevano deciso di rivolgersi alla mia banca. Ed ovviamente lei aveva mandato il suo schiavetto a fare la parte dell’elemosinante. Il mio capo aveva deciso di affidare a me il loro caso, in quanto mi occupavo nello specifico di piani strategici e valutazioni di start-up.

Il mio amico mi mostrò tutte le informazioni nessarie: far approvare il finanziamento richiesto mi sembrò un’impresa davvero ardua. Tuttavia decisi di temporeggiare, dato che egoisticamente volevo godermi l’occasione unica di rincontrare un vecchio amico: la mia carriera mi aveva infatti portato ad abbandonare tutti i legami, per cui mi ero abituato a convivere con la mia solitudine. ‘Ehi, Jack, devo valutare attentamente il tuo caso. Però penso si possa fare qualcosa per aiutarvi. Che ne dici se ne parliamo meglio a cena questa sera?’. Accettò di buon grado, affermando che avrebbe portato anche la sua fidanzata.
Poco male, pensai, rivederla dopo tanto tempo non sarà poi così male.

Prenotammo in un localino molto chic del centro città, ben arredato e con luci soffuse al punto giusto. Quando li vidi entrare al ristorante ebbi un tuffo al cuore: Francesca era diventata ancora più bella di come me la ricordassi. I lineamenti del viso si erano ulteriormente rifiniti, i fianchi alleggeriti ed il seno ed il fondoschiena rassodati. Indossava un vestitino leggero che evidenziava magnificamente tutte le sue forme. Mi tornò un piccolo rimorso per non essermela giocata al meglio ed essermela lasciata scappare, quando poi lei aveva scelto il mio amico. Ma questa storia era già morta e sepolta.

Francesca mi salutò con il solito sogghigno: ‘Allora Stefano, la politica non era proprio il tuo forte, vero? Ho sentito dire che ti sei buttato a capofitto sugli affari e sui soldi, non ti fai più problemi di etica?!’. Avrei voluto rispondere che anche lei di politica non ci aveva mai capito un’acca, ma che inoltre il suo senso per gli affari si era rivelato un fallimento. Tuttavia prese il sopravvento la voglia di trascorrere una serata tranquilla, e non decisi di non rovinare tutto subito, per cui risi alla sua battuta e le girai un complimento che la fece arrossire non poco: ‘Eh in effetti hai proprio ragione! Tu invece sei più bella che mai, non ti smentisci!’. Giacomo provò a smorzare subito i toni: ‘Ragazzi, che ne dite di metterci a tavola? Ho una certa fame!’.

Prendemmo posto in un angolino in fondo al locale, ordinammo e nel mentre iniziammo a scolarci un paio di bottiglie di vino in onore dei vecchi tempi: ricordammo le feste universitarie, le sbronze da fuoco, gli esami studiati nelle ultime notti. I piatti arrivarono, mangiammo di gusto e bevemmo altrettanto, conversando allegramente e togliendo via via tutte le nostre inibizioni.

Ad un certo punto mi uscì senza volere la fatidica domanda che tenevo da ormai troppo tempo: ‘Fra, devo proprio togliermi un dubbio che abbiamo continuato ad avere tutti durante gli anni di università. Come ha fatto una super gnocca come te a finire insieme a quello sfigatello di Jack?’. Giacomo non se la prese (per la prima volta), anzi per effetti dell’alcool iniziò a ridere a crepapelle. Lei, dal canto suo, fece una smorfia malinconica e decise di rispondermi sinceramente: ‘Sai Stefano, quando ero piccola mi innamorai di un bambino poco più grande di me, che purtroppo scomparve prematuramente. Quando conobbi Giacomo, mi sembrò l’esatta fotocopia e mi sentii subito attratta.’

Giacomo a quel punto sembrò contrariato e protesò: ‘Ma come! Ho sempre pensato che ti affascinasse la mia personalità! Potevi dirmelo prima.’ Allora capii che era mio dovere rimediare a quella discussione e riportare tutto alla calma; peccato che dopo diversi bicchieri di vino, le mie doti diplomatiche non erano rimaste proprio lucidissime. ‘Dai Jack, non te la prendere! Francesca era una delle ragazze più belle ed a mio avviso più provocanti dell’università. Anche io ci provai, ma alla fine scelse te. Quindi sii contento della tua splendida conquista!’

Francesca si sentì corteggiata, e il suo vecchio spirito da cacciatrice tornò a galla. ‘Ma grazie Stefano, sei proprio un galantuomo! Sai, a volte avrei proprio voluto farci qualcosa con te. Ciò che più mi inibiva era la voce che ti fossi passato diverse ragazze del corso. Io sono abituata ad essere l’unica, non avrei mai sopportato di risultare una delle tante ai tuoi occhi.’ Giacomo sembrava ormai fuori di sé: ‘Ehi ma che state dicendo! Tesoro, l’alcool ti fa straparlare!! Finiamola subito con questo discorso idiota!’.

Io lo ignorai completamente, e rincarai la dose: ‘Hai ragione Francesca, e questo mi dispiace. In un primo momento sarei anche stato disposto a lasciare la mia vita da don Giovanni per conquistarti e stare con te, ma poi ti conobbi meglio e capii che proprio non sarei mai riuscito a stare insieme a una ragazza con la tua personalità. Però ho spesso sognato di portarti a letto, e ho immaginato tante volte cosa avrei potuto farti. Non riuscivo proprio a dimenticarti. Ti saresti proprio divertita con me, altroché quel rammollito!’.

Francesca decise che quella conversazione non doveva finire, anzi la stava proprio intrigando: ‘Parole sante, Stefano! Di sicuro tu saresti riuscito a soddisfarmi di più di quell’imbranato cronico! E toglimi una curiosità, cosa avresti voluto farmi?’. Nel frattempo iniziò a mostrarsi la mia erezione, un bozzo ormai sempre più evidente che premeva sotto i miei pantaloni. Entrambi i fidanzatini se ne accorsero: Giacomo era sempre più rabbioso, mentre Francesca continuava a sbirciare maliziosamente là sotto.

Decisi perciò che era arrivato il momento di giocarmi le carte al meglio, magari sarei riuscito a prendermi una piccola rivincita al dissapore ormai sepolto dagli anni e dalle diverse strade intraprese.

‘Beh, di sicuro avrei passato delle belle serate giocando con le tue tettone da urlo, che erano il sogno di mezza università e che vedo conservate alla perfezione tutt’ora. Mi ricordo quella festa universitaria al terzo anno, quando indossasti quel tubino nero che le evidenziava per bene e metteva anche in mostra parecchia carne. Mi ricordo che il tuo fidanzatino aveva avuto un contrattempo e sarebbe arrivato appena nel giro di mezz’ora: per ingannare il tempo mi chiedesti di tenerti compagnia e così cominciammo a ballare in pista, stretti stretti l’uno all’altra. Ti strusciasti parecchio su di me, fu una mezz’ora da sogno. Quando Jack arrivò, ti consegnai a lui e sparii in fretta e furia: ero tornato velocemente a casa a masturbarmi, dato che questo ballo molto sensuale mi aveva procurato un’erezione mostruosa e dopo un po’ ho iniziato a soffrire sempre di più. Peccato che quella volta sia finito così, mi sono sempre domandato cosa sarebbe successo se fossimo rimasti soli tutta sera”

A quel punto Francesca era visibilmente su di giri, si avvicinò a me pericolosamente ed esclamò davanti all’incredulità di Giacomo:
‘Già, ricordo bene quella serata. Stavo per decidere di venire a letto con te, quando &egrave sbucato questo sfigato ed &egrave finita la magia. E ricordo anche il tuo bozzo che si strusciava sul mio culetto e sulla mia fichetta. Ero bagnata da far schifo! Quanti rimorsi che ho avuto quella notte. E poi’ Si insomma, diverse ragazze ti conoscevano ehm intimamente, e tutte erano concordi a riconoscere che tu possedessi un attrezzo da paura, probabilmente il più grosso di tutta la Facoltà. Addirittura ricordo la storia di Chiara, che alle prese con un pompino, non riuscì ad infilarsi in bocca nemmeno la tua cappella, che a suo dire era grande come una prugna. Mi sarebbe così tanto piaciuto provarlo anche io”

Mentre proferiva queste ultime parole, mise una mano sotto il tavolo senza farsi vedere da nessuno ed iniziò a massaggiarmelo da sopra i pantaloni. Non sapevo che dire né che fare, poi presi coraggio, quel coraggio che non ebbi fino in fondo in quella serata appena ricordata:
‘Beh, il caso vuole che ci siamo rincontrati dopo tutto questo tempo. Forse era destino, io alle coincidenze non ho mai creduto. Siamo in un tavolo piuttosto appartato, le luci sono soffuse e questo nostro angolo &egrave parecchio isolato dal resto del locale. Che ne dici di finire ciò che avevamo lasciato a metà?’

Francesca non vedeva l’ora di sentire quelle parole, e si precipitò a slacciarmi la cintura e sbottonarmi i pantaloni. Dopodiché alzò l’elastico dei miei boxer e liberò finalmente la mia bestia affamata. Prendendo in mano il mio membro, non mascherò la sua espressione stupefatta e soddisfatta allo stesso tempo.

Giacomo era pietrificato, non riusciva a muoversi come avrebbe voluto, e fu soltanto in gradi di piagnucolare e farfugliare qualche frase sparsa: ‘Amore mio, no ti prego’ Non farlo, non farlo’ Torniamo a casa ti prego’. Lei crudelmente rispose: ‘Eh no caro il mio cornutello, questo &egrave solo l’inizio. Guarda qua che bel cazzone che ho in mano, &egrave quasi il doppio del tuo misero cazzetto. Adesso si che mi diverto, aspettavo questo momento da anni. Ehi, ma cosa stai nascondendo lì? Hai un’erezione? Allora ti piace essere un cornuto. Guarda che bel paio di corna che la tua amata fidanzatina ti sta mettendo con un vero uomo come Stefano’.

Mi faceva molta pena, ma allo stesso tempo non volevo affatto perdermi quell’occasione così ghiotta. Decisi però di farla finita con questa inutile umiliazione verbale del mio amico, così le presi la testa e gliela spinsi verso il mio cazzone. Lei aprì la bocca e avvolse le labbra intorno alla mia cappella, poi scese e si spinse fino a metà dell’asta, a mo’ di soffocone. Continuò a pompare così per un po’, poi si alzò ed esclamò: ‘Hai un attrezzo veramente da urlo, cosa mi sono persa in tutto questo tempo! Poi che odore da maschio vero che hai! Sono più brava di Chiara, che dici?’.

Sghignazzò malignamente, guardando verso il povero Jack, e riprese subito il lavoro: iniziò a prendermi in bocca le palle, una dopo l’altra, poi mi leccò il frenulo e mi mordicchiò l’asta. Io ero eccitato come non mai, le scostai le spalline e riuscii a prendere in mano le sue mitiche tettone, che avevo così a lungo desiderato. Mi accorsi che non portava il reggiseno, quindi aveva dovuto per forza di cose pianificare questa eventualità: scoprirlo mi fece eccitare ancora di più. Mentre io continuavo a palparla e a stuzzicarle i capezzolini, lei cominciò a pompare con foga la mia nerchia.

Il povero Jack, sconsolato, fece per passarle un fazzoletto, implorandola: ‘Ti prego, almeno non farlo venire in bocca!’. Lei si voltò con un ghigno maligno, poi si alzò un attimo: ‘Non ci penso nemmeno. Questo cazzone me lo voglio godere fino in fondo, e non c’&egrave niente che tu possa fare per fermarmi’. Dopodiché riprese possesso della sua conquista e ritornò a succhiarmi con la stessa foga, finché io giunsi al culmine: sparai cinque o sei getti caldi nella sua boccuccia. Si rialzò, ci mostrò la mia sborra che nuotava nella sua bocca, e subito dopo ingoiò tutto.

Mi diede un bacio appassionato con tanto di lingua, che apprezzai molto, poi prese la sua borsa, tirò per un braccio il povero sconsolato Giacomo e si avviò verso l’uscita, non prima di avermi detto con un bel sorriso: ‘A presto, mio bel cazzone!’. Io rimasi seduto una decina di minuti per riprendermi e metabolizzare il tutto, dopodiché andai a pagare per tutti, e ne fui ben contento, e tornai a casa con una bella passeggiata all’aria aperta. Mi addormentai come un sasso, felice come non lo ero da tempo.

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