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Racconti Erotici Etero

Verginità anale

By 19 Marzo 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

Le tette erano sospese nell’aria come dei blocchi di marmo. I capezzoli appuntiti sfioravano il lenzuolo. Carponi sul letto spingevo il culo verso l’alto, nella posizione impostami da Luca, determinato a incunearsi col cazzo fra le morbide pareti delle mie natiche.
Trattenevo il fiato, ma la paura mi consumava di dentro. Mantenevo il viso premuto sul cuscino, stringendo fra i denti un lembo di stoffa della federa, terrorizzata per gli irregolari tremiti del cuore. Luca, per niente turbato, stava alle mie spalle, determinato a portare a compimento il suo progetto.
Nessun’altro uomo, prima di Luca, era riuscito a convincermi a dare ospitalità fra le natiche a qualsiasi forma di cazzo, seppure posticcio.
Accondiscesi a farmi inculare per amore suo, seppure con riluttanza. Avevo il timore di essere lasciata e non volevo ritrovarmi senza un uomo accanto, per questa ragione accettai.
Prima di affondare il cazzo nelle mie viscere si premurò di ammorbidire l’orifizio leccandolo a lungo, tutt’intorno, provocandomi una gradevole sensazione di benessere indotta dallo sfregamento della lingua sulla pelle increspata attorno l’ano.
Prima d’incularmi lasciò cadere una minuscola quantità di vaselina sull’orifizio spremendola da un tubetto che si era portato appresso. La disperse tutt’intorno l’ano, poi fece breccia nella stretta apertura con un dito, dilatando il lembo terminale dell’orifizio. Lo ruotò più volte nella cavità senza provocarmi alcuna sofferenza fisica. Soltanto un lieve e gradevole prurito, poi inserì un secondo dito. Quando li tolse qualcosa di molto più consistente si accostò ai glutei e ne ebbi timore.
– Non ti farò male…
Furono le parole che Luca pronunciò prima di spingere la cappella nelle mie viscere.
– Spingi fuori il culo!… Spingi fuori… dai! Come se stessi per andare di corpo. – gridò.
Urlai anch’io, ma per il dolore che mi provocò il cazzo mentre risaliva nell’ano distendendo la parete della cavità. Spaventata per il dolore e per l’umiliazione cagionatami da quello che consideravo un corpo estraneo che mi risaliva nelle budella, ruotai il bacino da un lato e la cappella scivolò fuori dall’ano liberandomi da un peso ingombrante.
– Ehi… che c’è, cuccioletta?
– Niente… è che ho sentito un gran male. Poco cane! E’ un dolore tremendo, insopportabile.
Mi sentivo in soggezione e vittima della vergogna per ciò che mi stava accadendo. Rimasi raggomitolata su me stessa, sul fianco, con le ginocchia flesse e il capo curvo sulle tette.
– Dai, Chiara non fare la stupidina, riproviamo…
– No, non voglio… sento troppo male. Non puoi obbligarmi a sopportare un dolore così intenso.
– Allora tentiamo un altro metodo, che ne dici?
Non risposi, rimasi a guardarlo mentre si metteva supino sul letto accanto a me. Mi ordinò di collocarmi a cavallo sopra di lui con le ginocchia leggermente flesse. Quando gli fui sopra prese il cazzo nella mano e lo accompagnò verso l’ano, premurandosi di sollevarmi le natiche, allargandole prima d’incularmi.
– Non devi contrarre i muscoli e irrigidirti, lasciati andare quando senti che sto per penetrarti, rilassati dai… hai capito?
Rimasi immobile qualche istante prima di calare le natiche sulla cappella ed essere inculata. Presi fiato e sospinsi con tutta la forza che avevo in corpo l’anello dell’ano all’esterno, facilitando la penetrazione della cappella nel retto. Il cazzo sembrò lacerarmi i tessuti tanta fu la forza con cui risalì le mie viscere. Urlai a gran voce liberando la rabbia che serbavo in corpo. Avevo le tette gonfie per l’eccitazione ed i capezzoli turgidi, ma più di tutto avvertivo un grande dolore al culo.
Essere penetrata nell’ano si dimostrò diverso dall’essere scopata nella figa… molto diverso. La sensazione che provai fu di avere dentro di me un oggetto estraneo che risaliva nell’intestino arrecandomi solo dolore. Dolore e niente di più.
– Dai Chiara, muovi ‘sto benedetto culo!
Da quella posizione, seduta sopra di lui, incominciai a flettere le ginocchia e incurvare il bacino facendo oscillare le natiche sul cazzo, traendone un indefinibile prurito, mischiato alla sofferenza fisica che mi procuravano le frequenti spinte della cappella che martoriava le mie viscere. Rimasi per lungo tempo con gli occhi chiusi senza guardare il volto di Luca occupato a scoparmi nel culo.
Ansimavo respirando con difficoltà, mugolando a ogni affondo, specie quando il dolore fu sostituito poco per volta dal piacere.
Il clitoride tornò ad assumere una propria vitalità. Incominciai ad accarezzarlo mentre Luca sospingeva il cazzo dentro di me. Non avevo cognizione di quella metodica, abituata com’ero a essere scopata nella fessura attigua a quella dove Luca stava affondando la cappella. Dopo l’iniziale disorientamento e le grida di dolore cominciai a sbuffare come una giumenta quando è cavalcata dallo stallone.
– Stai godendo? – chiese guardandomi fisso in volto.
– E tu… e tu… sei soddisfatto? – farfugliai confusa.
Non diede riposta alla mia domanda. Chiusi gli occhi e iniziai a ondeggiare con il corpo facendo piccoli movimenti. Luca se ne accorse, posò le mani sui miei seni e cominciò ad accarezzarli, soffermandosi a pizzicare i capezzoli, poi prese a spingere con maggiore violenza la cappella dentro il culo per raggiungere l’orgasmo a lungo coltivato. Ogni spinta esasperava il dolore che mi procurava la presenza del cazzo dentro di me dilatando le pareti elastiche dello sfintere.
Una violenta scarica attraversò per intero il mio scheletro provocandomi un dolore acuto al pube. Morsicai le labbra trattenendomi dall’urlare come avrei desiderato. Luca, per niente preoccupato delle mie sofferenze, proseguì nello scoparmi fintanto che venne eiaculando dentro di me.

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