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Orgia

Il volo della farfalla

By 24 Giugno 2008Dicembre 16th, 2019No Comments

Sono come in catalessi. La fronte mi pulsa e la bocca &egrave arida, sembra che mi trovo nel pieno di un deserto a mezzogiorno.
La guardo e non riesco a realizzare ciò che vedevo. E’ come se il cervello si rifiutasse di percepire ciò che gli occhi trasmettono.
Eppure, quante volte l’ho vista così, quante volte sono arrivato a sognarla proprio in queste condizioni.
Nuda, in forma perfetta nonostante non sia più giovane, attorniata da tutti quegli uomini che l’hanno appena usata e che ne hanno abusato abbondantemente.
Quel viso perso nel vuoto ma al tempo stesso con un rilassato ghigno, quasi un sorriso, il sorriso di chi ha appena appagato tutti i suoi sensi.
L’ultimo di quegli uomini gli ha appena eiaculato nella bocca ed un rivolo di crema biancastra scivola dall’angolo destro del labbro carnoso, su cui non c’&egrave più traccia di rossetto.
Il rimmel colato dagli occhi &egrave un tutt’uno con lo sperma che le ricopre larga parte del viso e gli impiastriccia i capelli ed i seni.
La sua vulva rasata, esposta e slabbrata dalle tante penetrazioni, appare ricoperta da una schiuma bianca che sembra voglia uscire’. o forse sta per essere risucchiata da quel forno così oscenamente offerto.
L’ano dilatato in maniera inverosimile, grazie alla sua impudica posizione, a gambe divaricate con i piedi poggiati sul letto, potrebbe accogliere tranquillamente la mia mano aperta.
La vedo per la prima volta per quella che in fondo &egrave veramente.
Una troia, una vera grandissima troia.
Ogni tanto, quando in qualche modo riprende conoscenza, la vedo girare gli occhi e rivolgermi il solito fuggevole sguardo, in cerca di quella complicità che fino ad oggi non gli ho mai fatto mancare, ma adesso’.
Allora la guardo con un sorriso vacuo e forse anche stupido disegnato sul volto, così che lei può fraintendermi e può sentirsi in pace con la sua coscienza, cio&egrave che fa lo fa per me’ per farmi felice’..
Così gli avevo sempre detto!

Quando l’ho conosciuta, – quand’&egrave stato, venti, no ventitre anni fa – lei appena sedici anni, bella, solare, formosa al punto giusto’ una quarta di seno ed un culo così alto da sembrare quello di una ‘nigeriana’, un viso da bambina maliziosa, paffutella quel tanto da farla sembrare più piccola di quella che era; due occhi da cerbiatta, sveglia ma impaurita.
Io, quarant’anni fatti da diversi mesi, piacente anche se con quel principio di pancetta e quella fronte tanto alta da far presagire un non lontano inizio di calvizie, che non mi permettono di passare per più giovane.
Professionista alquanto benestante, per lavoro ho uno studio affermato in città che si occupa di consulenze d’affari e serve una buona parte di imprenditori e professionisti della zona.
Discreto puttaniere, single per scelta, frequento spesso e volentieri le annoiate mogli dei miei clienti ed ogni tanto mi concedo qualche serata trasgressiva con una puttana d’alto bordo che lavorava d’intesa con una splendida trans ed insieme riescono a mandarmi fuori di testa.
Elena, così si chiama, sta terminando gli esami del Ginnasio per andare al Classico dalle Suore di Never e progetta per il suo futuro di iscriversi a Storia e letteratura medioevale, di cui &egrave innamorata.
Fu per pura combinazione che, quel pomeriggio, a causa di un improvviso acquazzone che ci ha colto separatamente mentre attraversavamo il parco, ci incontrammo in quella cabina telefonica per ripararci, tutti e due, lontani alcune centinaia di metri dal palazzo più vicino e senza nessun altro riparo nelle vicinanze.
La cabina risultava stretta per contenere agevolmente tutti e due, ed i nostri corpi si strusciavano ad ogni movimento.
Lei che era stata la prima a rompere il ghiaccio attaccando a maledire il tempo, ci scherzava su, con quell’aria di disinibita sfida che caratterizza le ragazze in quell’età, in cui rapidamente si avviano ad acquisire una piena femminilità.
Fu senza volerlo che, nei nostri goffi movimenti che cercavano di farci trovare una posizione meno imbarazzante, mi ritrovai dietro di lei con il cazzo duro che gli si appoggiò quasi naturalmente nel solco delle chiappe, lei come se niente fosse girò la testa e mi infilò la lingua in bocca.
Rimasi stordito da tanta sfacciataggine, con la bocca aperta sembravo un ebete e fu lei che con voce roca mi risvegliò dicendo:
– Accarezzami il seno stupido’
Come un automa l’afferrai da sopra la sottile maglietta e comincia a palparle il seno, pieno e sodo, ma al tempo stesso che dava una sensazione di burroso, e con sempre maggior audacia lo stringevo, incurante di trovarmi in quella vetrina trasparente, mentre lei con un’abilità insospettabile prese a strusciarsi sul mio cazzo con un movimento ritmico e sinuoso.
Bastarono pochi minuti di quel trattamento e venni come un ragazzino alle prime armi.
Lei se ne accorse, si girò e con una velocità sorprendente, mi infilò la mano nella patta dei pantaloni, e raccolse una buona dose di sperma che annusò con un gesto che mi colpì, lo avvicinò alla bocca leccandosi la mano impiastricciata mentre mi guardava negli occhi.
Poi con un fazzolettino di carta mi ripulì riuscendo e non sporcare il pantalone e mi guardò negli occhi con un sorriso incantevole.
– Anche se non c’e l’hai molto grosso mi piaci, hai un buon sapore.
Non sapevo cosa dire.
Annichilito la guardavo come un deficiente, incapace di articolare parola.
Fu lei che con la stessa naturalezza trasse, dalla borsa di tela che portava in spalla, un quaderno e ne strappò un foglio su cui scrisse un numero e me lo infilò nel taschino della giacca di lino che indossavo.
La pioggia stava continuando, con un fragoroso tintinnio sui vetri, a cadere molto forte.
Non sapevo cosa fare, allora sempre lei, con il suo splendido sorriso mi diede un veloce bacio e ruppe l’incantesimo che mi bloccava. Uscì correndo sotto la pioggia.
Dopo i primi due passi la maglietta ed il pantalone di cotone leggero bianco sembravano spariti e lei pareva corresse nuda sotto la pioggia.
Per guardarla meglio mentre si allontanava uscii anch’io dalla cabina e l’acqua che mi investì violentemente mi diede una scossa che sembrò risvegliarmi. Allora gli gridai:
– Posso chiamarti?
Lei si girò e divertita mi fece uno strano gesto e corse via.

Arrivo a casa che sono ridotto uno straccio, per la pioggia, ma anche perché sono preso da uno strano senso di euforia che dopo la sensazione di essere letteralmente svuotato di tutto, mi ha risvegliato una voglia che non sentivo da anni.
Lo stress, la stanchezza, il disagio che provi quando ti muovi con i vestiti bagnati’ tutto, &egrave come se fossi in un mondo irreale e tutto mi sembra bello.
Mi spoglio e mi guardo a lungo allo specchio, nudo e con il cazzo in tiro, mi trovo ancora piacente, la pancetta mi sembra perfino sexi.
Poi d’istinto mi dirego verso il bagno, con l’intenzione di infilarmi nella doccia che spero mi rimetta a posto.
Apro la porta del bagno di scatto e mi ritrovo faccia a faccia con Teresa, la mia collaboratrice tutto fare, una piacente vedova, mia coetanea, che abita nel palazzo e mi aiuta a tenere in ordine la casa – rimasi di stucco.
Nudo, con una potente erezione in corso, la testa ed i pensieri bloccati sul ricordo di quello che avevo appena vissuto nella cabina telefonica ed infine il prepotente bisogno di una potente sega per cercare di recuperare un po’ di serenità, e ‘ di fronte a me ‘ Teresa, con le braccia piene di asciugamani e biancheria sporca che stava portando via, che mi squadra con due occhi fuori dalle orbite che non gli avevo mai visto.
Fu all’improvviso che Teresa, senza tanti complimenti, lasciati cadere gli asciugamani sporchi, mi abbranca con forza violenta il cazzo, menandolo e palpandolo per saggiarne la consistenza e senza che io dicessi niente si cala in ginocchio davanti a me e comincia un vero e proprio pompino che definire delizioso era sicuramente riduttivo.
Con la lingua percorre tutta l’asta, poco più di quattordici centimetri, non molto grosso ma duro come il marmo; fino a giungere al glande, che prima lecca e poi accoglie nella sua bocca che risulta morbida e calda, facendolo affondare senza difficoltà fino alle palle.
Non gli ci vuole molto per farmi quasi venire. Ma prima di eiaculare, con un gesto istintivo ‘ quasi in trance – la tiro su per i capelli, gli alzo la gonna abbastanza stretta che si ferma a metà della pancia, con forza gli strappo via le mutande bianche, che mi colpiscono per la loro assoluta banalità, la giro e la riverso sul lavandino.
Mi basta un solo colpo per penetrarla nella figa che &egrave larga, calda, ma soprattutto un lago di umori che la rende particolarmente accogliente.
Gli do una raffica di colpi violenti e quando mi accorgo che sta partendo alla grande, senza alcun preavviso, sfilo il mio cazzo sempre più arrapato, e dalla figa glielo sbatto violentemente nel culo, con un colpo solo.
Il suo grido &egrave più di sorpresa che di dolore, infatti dopo i primi due colpi anche il culo si rilascia e mi accoglie quasi con gratitudine. Non so quanto &egrave durato, ma ad un certo punto sono venuto inondandole il retto e le visceri di sperma.
Quando mi fermo affannato appoggiato alle sue spalle, lei che doveva aver raggiunto più di un orgasmo nel frattempo, con un movimento aggraziato si libera scivolando ai miei piedi e mi riprende il cazzo in bocca e con gratitudine negli occhi me lo ripulisce tutto con la sua lingua.
Senza dire nulla, poi si alza, si ricompone, riprende gli asciugamani che erano stati gettati a terra e se ne va.
Rimango solo, ho ancora un po’ di affanno. Finalmente ‘ pensai – posso infilarmi nella doccia. Così mi abbandono al getto di acqua bollente che mi investe dandomi subito una sensazione di ristoro.
Dopo circa una mezz’ora che sono sotto lo scroscio d’acqua, con la testa piena di strani pensieri che si s’inseguono e spariscono così come sono venuti, mi ritrovo ancora con il cazzo duro, me lo sto menando lentamente, quasi a volerne saggiare la consistenza.
Esco dalla doccia e vado in camera, mi distendo sul letto e continuando il lento massaggio mi lascio cogliere dal sonno ristoratore.
E’ il freddo che mi risveglia alla tre di notte. Ho fame.
Mi alzo, vado in cucina e vedo cosa mi aveva preparato Teresa per cena.
Nel forno, trovo la padella con una caponata di melanzane in agrodolce, come piace a me.
Dal frigo tiro fuori la solita caciotta che prendo ogni volta che passo davanti al bar Bianco ed il barattolo delle olive verdi di Puglia. Tiro fuori anche la bottiglia di cabernet sauvignon che avevo aperto il giorno prima a cena e mi sistemo sul tavolo con la testa che già sta ripensando alla strana giornata che ho passato.
Al termine del pasto mi accendo una Marlboro e mi stendo sul divano in sala, sul tavolino c’&egrave sempre la bottiglia di torbato che non mi faccio mai mancare e me ne verso una abbondante dose nel bicchiere che &egrave sempre vicino alla bottiglia.
Il ricordo di quella ragazza prende tutti i miei pensieri, anche se ogni tanto fa capolino Teresa con il suo pompino, ma poi riemerge lei.
Il sonno mi prende così e quando la luce del giorno ormai inonda la sala mi sveglio con quel sapore che solo troppo vino e troppo wisky ti lasciano in bocca al mattino.
Ho anche un bel mal di testa, mi alzo e mi avvio verso il bagno. Passando dalla camera da letto vedo sul comodino la sveglia e mi accorgo che sono le dieci passate.
Dio santo! Ho appuntamento con quell’impresa che vuole un auditing sul bilancio.
Mi vesto in fretta e furia, scendo in garage – oggi decido di prendere la macchina – e mi infilo nel traffico caotico.

Arrivo in ufficio. Barbara, la mia efficientissima segretaria, mi rimprovera con lo sguardo e mi fa un cenno con il capo per farmi capire che il cliente &egrave già di la che aspetta. Gli faccio un equivocabile segno che ho bisogno di caff&egrave ed entro nella saletta riunioni dove trovo il Ing. Comm. Galvani (Gino per gli amici) che mi guarda da sopra gli occhiali, che ha messo per leggere il giornale, con un evidente fastidio.
Non trovo niente di meglio che metterlo al corrente della mia avventura del giorno prima per tentare di giustificarmi.
Il racconto ha un evidente effetto sul mio interlocutore, con gli occhi che si restringono, quasi riuscisse ad immaginare la scena della cabina telefonica, mi travolge di domande su come era, come erano le tette (così le chiama) della ragazzina e più io approfondisco e più il suo viso diventa rosso.
Solo l’ingresso di Barbara con il caff&egrave ci ferma e ci fa rimettere i piedi a terra.
Però l’intermezzo ha avuto l’effetto di far dimenticare il mio ritardo.
Gino, adesso ci chiamiamo per nome, in breve mi spiega della sua azienda e delle difficoltà nei costi generali che lui vorrebbe abbattere ma non riesce a capire come.
Mi impegno ad andare in settimana in fabbrica, così da rendermi conto ed a prendere anche tutta la documentazione contabile che mi &egrave necessaria.
Nel salutarci lui mi fa:
– perché domenica non vieni in barca con me, così oltre a darmi qualche speranza su ciò che puoi fare per la mia azienda continuiamo il racconto della tua esperienza di ieri?
Concludendo con un sibillino:
– Anche a mia moglie piacciono i racconti di queste avventure.
Lo lascio con la promessa che ci penserò seriamente e lo chiamerò entro sabato.
Finalmente solo in ufficio mi verso un’altra tazza di caff&egrave. Ricomincio a pensare a lei.
E sto pensando di farmi una bella sega. Il ricordo &egrave vivido nella mia mente, lo sento sulla mia pelle.
Quasi d’improvviso mi ricordo del numero che mi ha infilato nel taschino.
Scatto in piedi, esco dall’ufficio e dico a Barbara di disdire tutti gli impegni del pomeriggio perché ho un impegno privato.
Lei mi insegue farfugliando di cose importanti ma già non la sento e sono di nuovo in macchina verso casa.
Devo trovare la giacca prima che Teresa la porti in lavanderia.
Appena arrivo davanti al palazzo scendo e mi avvio quasi a passo di corsa verso l’ascensore, quando Pasquale, il portiere, mi fa segno dalla garitta di fermarmi.
Impaziente mi fermo e lui mi viene incontro e mi fa:
– Dottore, Dottore, volevo solo informarla che Teresa ha avuto dei problemi familiari ed &egrave dovuta partire per il paese. Mi ha detto che non sa quando e se torna.
Porca miseria! Penso: ‘Guarda sta troia, adesso si &egrave fatta venire i sensi di colpa e la vergogna. Ora che faccio, sono senza nessuno che mi badi alla casa’.
Chiedo allora a Pasquale se conosce qualcuna che provvisoriamente possa sostituirla, e lui:
– Dottore ci sarebbe la brasiliana che viene ogni mattina dal Dottor Michieli, lei fa solo 4 ore dai Michieli e forse potrebbe farne altrettante da lei il pomeriggio.
– Glielo chieda, per favore. Io sarò a casa nel tardo pomeriggio, se &egrave possibile venga a trovarmi. Gli dico allora.
Pasquale mi assicura che glie ne parlerà appena la vede.
Finalmente corro di sopra.
L’ascensore mi sembra sia più lento del solito e non arriva mai.
Ecco. Ci siamo. Con un sussulto l’ascensore si ferma e le porte automatiche si aprono.
Percorro i cinque metri fino alla mia porta, infilo la chiave ed eccomi a casa.
La giacca &egrave ancora a terra nel salone, insieme agli altri abiti che avevo buttato a terra mentre mi spogliavo di fretta.
La raccolgo e infilo le dita nel taschino. Frugo a lungo ed ecco che sento il pezzo di carta, umido.
Rischia di rompersi, allora mi impongo un po’ di calma e, piano piano, tiro fuori il foglio di quaderno.
Il numero si legge appena. Prendo il cellulare e lo compongo.
La solita antipatica voce femminile mi informa che il cliente da me cercato ha il cellulare spento o non &egrave al momento raggiungibile.
Mi accorgo che le mani mi tremavano. Sono emozionato come un ragazzino.
Ma il ricordo di ieri mi aveva risvegliato la stessa folle esaltazione che avevo provato.
Non so cosa fare. Guardo l’orologio e mi accorgo che sono quasi le 13.00.
E’ meglio che vada a mangiare qualcosa, almeno mi distraggo – penso.
Scendo, risalgo in macchina e mi re infilo nel traffico.

La mia meta &egrave Agnese, la vecchia osteria che &egrave proprio di fronte al parco.
Parcheggio la mia Saab in divieto di sosta, sul marciapiedi proprio di fronte all’osteria.
Non faccio tempo a scendere che suona il cellulare. Come d’abitudine, senza guardare, rispondo (tanto il mio numero lo hanno solo i miei amici ed i miei clienti).
– Chi &egrave? Dico.
– Ciao stupido. Sono io. ‘ E’ lei.
Il sangue mi va alla testa.
– Ciao. Dico, cercando di recuperare la calma.
– Scusa se non mi hai trovato prima, ma stavo facendo il compito in classe. Come va? Ti &egrave passata la voglia?
– Veramente, la voglia me l’hai fatta venire tu. Dico senza riflettere.
– Ma bene. Finalmente sono arrivata a segno.
– Scusa? Non ho ben capito.
– Vedi non ti eri nemmeno accorto che ti facevo il filo ogni volta che passavi davanti a casa mia.
– Come? Ma cosa dici? Non può essere che una bella ragazza come te mi passi inosservata, soprattutto se cerca di attrarre la mia attenzione.
– Ma va là! Non mi vedevi neanche. Ho dovuto rincorrerti nella cabina telefonica.
Come un film mi si ripresenta tutta la scena, dall’inizio. E’ vero! Lei mi ha raggiunto nella cabina dopo che io già mi ero riparato dentro.
– Scusa ma cosa ci trovi in uno come me’, come dire’, più’ Non riesco a terminare la frase.
– Più vecchio vuoi dire? Va là. Non fare il modesto. E’ che mi sei sempre piaciuto con la tua aria strafottente e volevo ‘ diciamo – conoscerti.
– Bene ‘ faccio io ‘ allora quando possiamo rivederci.
– Cosa ne dici di adesso?
Guardo con qualche rimpianto l’osteria, mi era venuta fame ed Agnese &egrave veramente brava, ma subito gli dico:
– Ok. Dove?
– Aspetta, arrivo io dall’Agnese, perché ho fame.
Ancora una volta quella sbarbata mi lascia di sasso, mi giro e la vedo che con la mano mi saluta dal lato opposto alla strada.
Mi sembra ancora più bella di ieri.
Ha un abitino che con il sole sembra trasparente. Il seno &egrave maestoso ‘ forse non ha reggiseno ‘ ed anche le mutandine. Se le ha, devono essere color carne, non si vedono.
Lei intanto sorridendo attraversa la strada, mi raggiunge e mi da un bel bacio in bocca.
Nel vero senso della parola. La sua lingua si intrufola fra le mie labbra ed esplora tutta la cavità.
E’ fresco il suo alito. Stringendola scopro che davvero non ha il reggiseno. Il suo profumo mi inebria.
Mi accorgo di avere il cazzo che ormai sembra voler scoppiare dentro il pantalone. Si vede in maniera inequivocabile.
Lei me lo accarezza e ride.
– Ho detto che ho fame, ma di mangiare. Per il resto vediamo dopo.
– Ok. Entriamo. ‘ rispondo a fatica.
Agnese, sempre una gran bella donna, anche con i suoi quasi settanta anni, mi accoglie come sempre alla porta e quando mi vede con una ragazzina mi guarda con un occhio incuriosito, poi sorridendo mi indica il solito tavolino nell’angolo scuro ‘ così in confidenza chiamiamo qual tavolo che &egrave proprio in un ansa del muro e che &egrave praticamente invisibile al resto della sala, e solo se ci si va di proposito lo si può vedere.
Quello &egrave il tavolo che mi riserva quando sa che sono con una donna.
Io la ringrazio con gli occhi e lei mi fa un sorriso di complicità, ed approfittando che la ragazza non la vede mi fa segno che &egrave proprio un bel bocconcino.
Stupidamente arrossisco.
Dopo aver aspettato che Agnese prenda le comande e porti l’acqua ed il vino, gli chiedo:
– Come ti chiami?
– Elena, e ti dico subito che ho sedici anni di età ma ho cominciato ad andare con gli uomini fin da quando ne avevo undici. E’ stato mio zio a sverginarmi.
Non ci provo nemmeno a far finta che mi dispiaccia. Ho capito che sa quello che vuole, ed allora glielo chiedo subito, direttamente:
– Cosa vuoi da me?
– Approccio diretto, eh? Ma va bene così. Ieri mi sembravi un coglione, se continuavi avrei dovuto rivedere il mio giudizio su di te. Beh, niente di che. Voglio diventare la tua donna.
La guardo con occhi indagatori per capire quanto &egrave vera o quanto di fasullo ci sia in questa ragazzina così’. Unica.
– Non avere paura, non voglio l’esclusiva. Capisco e so che forse posso non bastarti. Ma mi piaci. Somigli a mio padre. Avrei voluto farmelo, ma &egrave morto.
Mi rendo conto che parla seriamente. La cosa mi mette da un lato una strana sensazione di disagio, ma dall’altro stimola il mio ego e mi eccita tremendamente.
– Ma tu cosa sai di me per esserti, come dire, infatuata di uno tanto più grande di te?
– Praticamente so tutto. Ti chiami Sergio. Hai uno studio di consulenza in piazza e vivi in viale Garibaldi nel palazzo più bello. Hai, quanti 41 anni? E sei del segno della bilancia.
– Caspita, che servizio informazioni.
– Questo &egrave niente. Sapessi quante informazioni si possono avere in giro quando ti rendi quasi invisibile.
– E tu come fai, così bella, a renderti invisibile.
– Sai, quando sei cresciuta in un certo ambiente nessuna ti bada. Neanche quando poi sei cresciuta.
– E tu dove saresti cresciuta?
– Proprio vicino a te. Sono la figlia di Teresa. A proposito, cosa gli hai fatto a quella baldracca quando sei tornato a casa ieri sera. E’ fuggita così in fretta ieri sera stessa, che pareva avesse un tizzone ardente nel culo.
Quel linguaggio così volgare mi eccita ancora di più.
– Dio mio! Ma non ti ho mai visto. Faccio davvero sconvolto dalla sorpresa.
– Te l’ho detto, quando hai una cosa sempre davanti &egrave facile che non te ne accorgi che ci sia e quella pian piano cambia.
Riprendendo un po’ di calma, faccio.
– Beh, tornando a Teresa, veramente &egrave stata lei a cominciare; anzi, a dire il vero non mi ero accorto che fosse ancora li e mi sono spogliato. Quando l’ho avuta di fronte, io ero nudo e lei mi &egrave quasi saltata addosso.
– Ci credo, sapessi quante volte si &egrave masturbata chiamandoti. Ma almeno l’hai soddisfatta?
– Francamente credo proprio di si. Sia davanti che di dietro. Poi da come me lo ha leccato alla fine, si, direi proprio di si.
– Ma bene! Sei proprio come ti ho sempre immaginato. Un bel porco.
Intanto lei ha cominciato a masturbarmi sotto il tavolo. Io sono diventato di tutti i colori. Faccio fatica a far finta di mangiare. Arriva Agnese con il dessert che sto eiaculando in mano alla ragazza. Lei capisce e fa:
– Un bel dolce per finire e il godimento &egrave completo.
Riprendiamo come niente fosse a parlare del più e del meno.
Il pranzo ormai era terminato da un pezzo e quasi per sbaglio mi accorgo che Agnese sta abbassando la saracinesca dell’osteria. Guardo l’orologio e sono le 16.30. Mi alzo frettolosamente e gli faccio segno di mettere sul mio conto.
– Scusaci Agnese, non ci siamo accorti del tempo.
– Non si preoccupi Sig. Sergio, tanto devo seguire le pulizie. ‘ Fa lei premurosa.
– No. Grazie. Ma devo proprio andare perché ho un impegno.
Spiego ad Elena che devo vedere la brasiliana per sostituire sua madre che mi ha lasciato in braghe di tela e che quindi la devo lasciare, però, visto che sua madre non c’&egrave, magari verso le 20.30 può venire su da me, così parliamo un poco.
Lei mi guarda con un occhio furbo e mi fa:
– Si, si a parlare. Va bene ci vediamo più tardi, però non darti da fare con la brasiliana, altrimenti non ce la fai a reggermi. Ciao.
– Aspetta ‘ gli dico trattenendola per un braccio ‘ ma a proposito hai mai immaginato che io dalla mia donna pretendo molto?
– Lo spero! ‘ Mi fa sfrontata lei – Credo proprio che sarò in grado di darti tutto quello che vorrai’
E se ne va, quasi di corsa, con quel corpicino che sembra sempre sul punto di uscire dai vestiti che la contengono a fatica.

Torno di corsa a casa e trovo la brasiliana seduta sulle scale, davanti alla porta del mio appartamento.
Mi scuso per il ritardo e la invito ad entrare.
L’appartamento &egrave come l’ho lasciato io la mattina. I vestiti a terra nel corridoio, il letto disfatto ed il bagno sottosopra.
Scusandomi per il disordine la guido alla sala e la faccio accomodare sul divano.
Gli chiedo cosa posso offrirgli e lei con un cenno della testa mi fa niente.
Comincio ad osservarla. Bella donna. Avrà una trentina d’anni. Tosta. Ma soprattutto enorme. Enorme di statura, sarà oltre 1.90, enorme il seno ‘ anche se castigato in un vestito molto serioso che non lascia spazio all’immaginazione.
Il viso un po’ squadrato con una folta capigliatura crespa. La pelle di un nocciola incantevole.
Sto per dire qualcosa quando mi allunga un foglio con il curriculum vitae.
Lo leggo e resto esterrefatto.
– Dottoressa in economia, master ad Harvard e fa la cameriera? ‘ dico quasi scandalizzato.
Lei mi guarda e poi tirando un sospiro mi fa:
– Tanto prima o poi verrà a saperlo. Per circa 5 anni ho fatto il mestiere. ‘ accorgendosi che non capivo ‘ Ho fatto la puttana. Ma poi ho avuto un figlio e poiché avevo i soldi per comprarmi una piccola mansarda ho deciso di cambiare vita. Mia figlio non dovrà vergognarsi di sua madre.
La guardo ammirato e gli faccio.
– Quando prende dal Dott. Michieli?
– 450,00 ‘ netti, però mi paga i contributi.
– Va bene, io le darò 600,00′ ed i contributi. Però lei dovrà essere un po’ elastica con il mio modo di vivere. Sa, sono scapolo.
– Capisco! Stia tranquillo, anche per il mestiere che facevo prima, ho imparato che la discrezione &egrave una dote essenziale per godere della fiducia della gente.
– Mi fa piacere sentirglielo dire, ma mi dica come si chiama?
– Mi chiami solo Virginia, il mio nome completo &egrave troppo complicato. Mia madre, quando nacqui, mi volle chiamare con l’invocazione che aveva lanciato alla Beata Vergine Maria per il dolore che aveva provato durante il parto.
– Va bene Virginia, quando può cominciare.
– Se per lei va bene, do una sistematina veloce adesso e poi domani le faccio tutto a fondo.
– Benissimo, però si ricordi che in qualche modo deve sempre farmi trovare qualcosa da mangiare pronto. Io di solito pranzo e ceno fuori ma sa, a volte capitano situazioni improvvise e se c’&egrave qualcosa da mangiare &egrave perfetto.
– Capisco Dottore. Non si preoccupi sono un’ottima cuoca.
– Ok. Allora io passo un’oretta in ufficio e per le sette e mezza sono di ritorno.
– Troverà tutto pronto. Anche un piccolo spuntino.
– Arrivederci.
– Arrivederci, dottore.
Arrivo in ufficio che sono le 18.30. Barbara sta cominciando a mettere a posto la sua scrivania, quando mi vede entrare mi guarda curiosa e fa:
– Ma si può sapere cosa ti &egrave successo in questi due giorni?
Faccio finta di niente ed entro nel mio ufficio. Lei non demorde e mi insegue.
– Allora me lo dici che cazzo hai passato. Non puoi lasciarmi così un giorno e mezzo con il telefono che sembra impazzito e nessuno sa tu che fine hai fatto.
La guardo serafico e come niente fosse e gli annuncio:
– Dobbiamo trovare qualcuno che mi dia una mano in ufficio. Non bastano i professionisti per le consulenze. Voglio un vice, capace di sostituirmi quando serve.
Barbara strabuzza gli occhi e mi guarda come fossi un marziano. Poi cerca di riacquistare la sua proverbiale calma, si siede e mi dice:
– Allora cosa succede.
– Niente. ‘ gli rispondo sfuggente ‘ cosa c’&egrave, uno non può cercare qualcuno che l’aiuti quando c’&egrave troppo lavoro?
Barbara che tutto &egrave meno che ingenua, mi scruta e poi con un aria trionfante mi fa:
– Hai trovato la donna che ti ha messo il guinzaglio!!!!
– Ma no che dici’ – faccio io senza troppa convinzione.
E lei trionfante.
– Si ho proprio ragione, hai trovato chi ti prende per le palle!
Se ce una cosa che mi da fastidio di Barbara &egrave che capisce tutto al volo. Sul lavoro &egrave preziosa, ma sulle relazioni personali mi rompe proprio i coglioni.
Ma poi, ripensandoci, se non parlo con lei con chi posso parlare di ciò che mi accade.
Se lo faccio con gli uomini quelli si infoiano come mandrilli. Lei invece &egrave diversa.
Nel senso che per me, Barbara, &egrave come non avesse un sesso preciso. Troppo spesso tira fuori i coglioni con me, ma molto più spesso con chiunque mi voglia far del male.
Sul piano fisico’. Beh! Ad essere sincero non saprei descriverla se non c’&egrave l’ho davanti.
Nel senso che &egrave anonima. Non &egrave brutta. Anzi se la guardo ora, devo dire che &egrave molto longilinea, senza alcuna curva, anche se c’&egrave un accenno di tette che a volte si intravede ‘ soprattutto quando &egrave in maglietta.
Il viso allungato con due occhi svegli di un colore blu mare; sulla testa un cespuglio di capelli ricci che gli da un’immagine da allampanata, ma nell’insieme &egrave gradevole.
Ha una grande intelligenza che le fa capire un minuto prima che io dica qualsiasi cosa dove voglio arrivare.
Ad essere sincero, mi piace come persona.
Però, quello che più di tutto mi piace di lei &egrave il suo carattere. Sempre positivo. Anche quando s’incazza ‘ e vi giuro quando lo fa &egrave terribile ‘ dopo cinque minuti gli passa e cerca come risolvere la situazione che l’ha fatta incazzare.
A questo punto mi arrendo e gli racconto tutto.
– Sedici anni! Ma ti rendi conto che sei punibile come pedofilo?
Quando tira fuori il buon senso &egrave uno dei momenti che mi fa incazzare di più.
La guardo con odio e lei capisce. Dopo un po’ di tempo che riflette, continua:
– Beh, potresti sposarla. ‘ mi fa con uno sguardo da santarellina.
Ancora un occhiata carica d’odio, ma poi mi viene da sorridere.
– Perché no! Devo essere sincero? Mi &egrave entrata nel sangue.
– Dongiovanni! Stai solo attento a non farti prendere troppo dalla situazione troppo nuova. Sai, quando poi passa la festa restano le conseguenze. Però se davvero ci pensi, di tutto cuore, auguri. Anche se mi dispiace un po’, perché se ti sposi va a finire che non posso nemmeno più sognare di farti come vorrei.
La guardo stupefatto, ma il suo sorriso mi fa capire che scherzava. Però non so perché, ma in fondo penso che non sia solo uno scherzo.
Comunque decido di prepararmi per la serata e la saluto con un bacio sulla guancia, lei mi tocca il culo e mi fa:
– Mi raccomando, stroncala a quella viziosetta. Fagli vedere chi &egrave il mio capo.
Gli do uno scappellotto benevolo ed esco contento di aver parlato con lei.

Arrivo a casa e mi sembra di essere in un luogo diverso. Profumi d’incenso si spandono per tutte le stanze. Vado in cucina ed in forno trovo un tortino dal profumo delizioso. Sul tavolo un biglietto con scritto: ‘In frigo ci sono ostriche e caviale, lo champagne lo trova nel congelatore, ma lo tiri fuori un po’ prima di cominciare la festa. Mi raccomando non mi faccia fare brutta figura. Virginia’.
Mi viene da ridere. In meno di mezz’ora due donne mi augurano di fare bella figura con un’altra donna.
Come sono strane ste femmine. Valle a capire.
Mi spoglio, vado in doccia passando dalla sala dove accendo lo stereo con un bel cd di Glenn Miller.
Quando esco non manco di gettarmi una spruzzata del mio ‘Trussardi Inside’ e mi metto comodo.
Un pantalone di cotone leggere, senza boxer, ed un camicione in tela indiana molto fresco.
Mi accingo a riempire il mio bicchiere di ‘torbato’, quando suona la porta.
Sono colto da una violenta emozione, ma mi costringo a non correre. Vado ad aprire.
Ed &egrave la, davanti a me, più bella che mai.
La faccio entrare, lei guarda in giro, cercando di cogliere i miei aspetti più intimi.
Mi accorgo che l’incenso ha fatto effetto. Lo ha trovato perfetto per una serata fra noi.
Io mi seggo in divano e finisco l’operazione di riempimento che avevo iniziato e gli faccio segno se ne vuole anche lei. Senza dire niente mi fa cenno di no.
La guardo ed indago su di lei.
Ha un camicione bianco che copre tutto. Solo ai piedi riesco a scorgere due sandaletti i cui lacci si attorcigliano ad una caviglia sensualissima. Lei si lascia guardare. Mi accorgo che si &egrave truccata gli occhi.
Gli dico:
– Vuoi metterti in libertà per mangiare?
Lei senza rispondere, armeggia con qualcosa che deve essere sulla spalla destra ed il camicione scivola giù e lei resta in una posa stupenda.
Un tanga che sul retro ha il filo fra le natiche superbe e sul davanti due fili che contornano una figa stupenda. Depilata quasi dappertutto. Solo sul pube un ciuffetto di morbidi peli la contorna, come un vezzo, messo li apposta.
Il seno tenuto, per modo di dire, da un balconcino che le stringe – dandogli una forma ancora più sferica.
Un piccolo tatuaggio si intravede sotto il seno destro.
E’ uno schianto. Ma mi trattengo. Non posso sbrodolarmi subito, penso. Allora uso la tattica dell’attacco per vedere fino a che punto lei &egrave disposta a soddisfarmi.
– Non stai male così. ‘ faccio burbero ‘ però adesso dobbiamo vedere fino a che punto vuoi essere veramente mia.
– Qualsiasi cosa tu mi chieda. Mi fa lei in tono di sfida.
– Anche se ti chiedo di essere la mia schiava. E quando dico schiava, intendo dire una che posso cedere o vendere a chiunque per fargli fare qualunque cosa.
– Sono qua anche per questo. Padrone. Abbassando la voce nel pronunciare l’ultima parola.
La invito a venire in camera con me e con mia meraviglia mi accorgo che Virginia ha preparato un tavolino apparecchiato per poter mangiare sul letto.
Accendo le due candele che sono apposta sul tavolino.
Usando il regolatore di luminosità, abbasso la luce centrale e la stanza assume un aspetto molto intimo.
La faccio distendere sul letto ‘ ed anche qui scopro con sorpresa che Virginia ha messo delle lenzuola di seta (chissà dove le ha prese) – però fanno un grande effetto.
Apro l’armadio e dal fondo tiro fuori la valigia con i giocattoli che uso con la Moira la puttana ed il suo amico trans e comincio a tirar fuori un po’ di roba.
Intanto due manette che mi servono per legarle i polsi alla tastiera; le caviglie le fermo con dei legacci morbidi appositi.
A gambe aperte, la sua figa si dischiude, si vede che &egrave eccitata. Gli umori la rendono lucida.
Prendo un set di palline cinesi e gliele infilo nella figa. Lei si contorce per facilitare l’introduzione, ma appena sono dentro si accorge della loro particolarità. Sono comandate elettricamente a distanza per vibrare. Elena comincia a sussultare scompostamente. Non se la lo aspettava un orgasmo così violento subito.
La lascio che si scuota sul letto e vado in cucina a prendere la cena. Il tortino dal forno, tiepido al punto giusto, e le ostriche con il vasetto di caviale.
La bottiglia di champagne, due calici ed un po’ di tovaglioli di carta.
Appoggio tutto sul tavolino che avvicino al letto e mi metto anch’io sul letto.
Prendo la prima ostrica, la stacco dalla valva e la introduco nella sua figa. Il contatto gelido unito al vibrare delle palline deve dargli una grande sensazione da come reagisce.
Dopo un po’ che &egrave dentro, mi chino e comincio a leccarle la figa per tirare fuori l’ostrica.
Lei viene come una fontana.
Ripeto con buona parte delle ostriche. Poi all’improvviso spengo il vibratore e la vedo rilassarsi sul letto.
Le porgo un’ostrica, che ingoia quasi con avidità. Poi toltomi il mio pratico abbigliamento gli porgo il mio cazzo.
Comincia a leccarlo tutto.
Prendo del caviale e lo spalmo sul cazzo. Lei lo lecca, lo succhia. Lo infila tutto in bocca. Devo dire onestamente, proprio nulla da invidiare al pompino di sua madre. Anzi.
Glielo dico e lei sorride. Quasi contenta del paragone a suo favore.
A questo punto la sciolgo, mi stendo sul letto e gli dico:
– Fammi godere alla grande.
Lei mi guarda e senza fiatare comincia con un grande pompino.
Quando il mio cazzo con la sua saliva ed il suo umore risulta ben lubrificato, Elena toglie le palline dalla figa – nel farlo fanno un curioso schiocco ‘ e si impala sul mio cazzo dandomi la schiena.
In questa posizione comincia un movimento di roteazione e percussione lentissimo. Su e giù, destra e sinistra, avanti indietro e così via.
Non manca molto che sto per venire. Glielo dico e lei mi fa:
– Va bene. Ho preso la pillola.
Mi lascio andare e vengo in maniera violenta, riversando nel suo utero una quantità di sperma enorme. La mia eccitazione &egrave alle stelle.
Lei continua ancora per un po’. Poi si sfila, si pone con la figa sulla mia bocca mentre lei imbocca il mio cazzo ed io mi trovo con quella stupenda figa da leccare, però piena di sperma. Anche se &egrave il mio sono in imbarazzo, ma lei mi strofina la figa sulla bocca.
A quel punto comincio a leccare e lo sperma comincia a scendere. E’ davvero una quantità enorme.
Quando ho finito, con lei che &egrave venuta almeno altre tre volte, sono di nuovo pronto – in tiro – a ricominciare.
Senza dire niente, Elena si alza. Vedo che ha già sbirciato nella mia valigia dei giochi, da dove prende un tubetto di vasellina e si unge l’ano.
Io sempre disteso sul letto aspetto. Finita l’operazione di preparazione, si rivolge al mio cazzo ed unge anche quello, poi mi sale a cavalcioni e piano si infila il cazzo nel culo. Lo fa con molta cautela. Non &egrave vergine, ma si vede che l’ha usato poco,
Dopo una decina di minuti di lenti movimenti finalmente le mie palle sbattono sulle sue natiche.
Lei trattiene un attimo il respiro e poi comincia a cavalcare. E’ stupendo. Ad un certo punto inizia uno spegni moccolo strepitoso. Più aumenta il ritmo e più il suo culo si apre. Lo fa con grazia ed ogni volta che se lo sfila sento quel rumore di bottiglia stappata che mi fa arrapare ancora di più.
Un’altra dose di sperma si riversa nel suo culo. Lei si ferma a farmi sfogare per bene e poi con un movimento di muscoli che non so proprio come avvenga, riesce a succhiarmi il cazzo con il culo.
Che chiavata, ragazzi.
Quando si sfila subito corre in bagno. La lascio fare.
Quando ritorna mi chiede:
– Allora, padrone, come sono andata?
– Bene. Mia piccola ninfetta assatanata. Il primo round &egrave a tuo vantaggio. Ma vedremo andando avanti. Adesso ho bisogno di riposo. Quindi adesso stai buona che devo dirti una cosa. Ho parlato del nostro incontro nella cabina telefonica ad un mio amico ed adesso lui vuole che glielo racconti per filo e per segno. Per far questo mi ha invitato sabato ad un giro sulla sua barca. Cosa ne dici di venire anche tu. Sono sicuro che si arraperà ancora di più.
– Se tu sei contento. Dimmi solo come mi devo vestire.
– Sopra eccitante ma non troppo, ma sotto deve preparati alla grande. Poi io ti darò un giocattolino che con il telecomando posso attivare a distanza, in modo da far divertire il mio amico e sua moglie.
– Anche sua moglie? ‘ mi chiede con occhi sorpresi.
– Perché non l’hai mai fatto con una donna.
– Beh, qualche limonata e niente di più.
– E’ ora che cominci con il di più. Sentenzio gravemente.
Mi sento rinfrancato abbastanza, comunque decido che &egrave meglio mangiare anche il tortino e bere lo champagne.
Mentre mangiamo la guardo in tutti i suoi più reconditi angoli. E’ proprio bella e ben fatta.
Lei si accorge del mio sguardo indagatore e con fare lascivo si espone rendendosi ancora più perversa.
Ad un certo punto si gira ed offre alla mia vista il suo buco del culo. E’ ancora arrossato, ed ancora abbastanza aperto. La penetrazione spegni moccolo l’ha dilatata tantissimo.
Allora mi alzo di scatto dal letto, vado alla valigia e prendo un grosso fallo che ungo con la vasellina, torno sul letto e comincio a ficcarglielo nel culo.
E’ molto più grosso del mio. Sarà un buoni 20 cm. di lunghezza, ed anche il diametro &egrave bello importante.
Elena si dà da fare a facilitare l’ingresso del fallo, ma &egrave grosso e solo spingendo tanto, mi accorgo che se anche non dice niente alcune lacrime le solcano il viso, alla fine riesco a farglielo entrare tutto.
La faccio adattare al calibro. Lei si mette in una posizione che favorisce la permanenza del dildo, e solo quando mi accorgo che ormai si &egrave ben adattato accendo l’interruttore alla più bassa vibrazione.
Elena ha come una scossa. Io mi infilo sotto e piano la faccio impalare sul mio cazzo che intanto &egrave tornato duro da morire.
Faccio una fatica da cani a farlo entrare. Il dildo nel culo &egrave molto grosso e restringe il primo canale. Ma alla fine la perseveranza ha ragione della fisica e riesco a metterglielo tutto.
Quando si &egrave adattata a questo nuovo ingombro inizio a trapanarla su e giù.
Sento il vibratore che &egrave nel suo culo, sul mio cazzo. La sensazione &egrave favolosa. In men che non si dica un’altra potente razione di sperma riempie il suo utero.
Quando spengo lo strumento e glielo sfilo, facendo anche uscire il cazzo, lei cade riversa sul letto e continua per un buon quarto d’ora a scuotersi come una matta. Credo che un orgasmo così non l’abbia mai provato.
La lascio tranquilla e la vedo prendere sonno.
Mi stendo vicino a lei e rifletto. Ho trovato la troia dei miei sogni. Finalmente!
Nei miei pensieri si fa strada in maniera sempre più convincente che Elena &egrave la donna che devo sposare.

Mi sveglio che il sole &egrave alto. Elena non c’&egrave. Sul comodino vedo un biglietto scritto con una bella grafia, elegante ed ordinata. Mi dice che &egrave andata a scuola perché deve finire gli esami orali ed &egrave bene che io vada al lavoro.
L’appuntamento &egrave per la sera alle otto e mezza.
Stancamente mi faccio scivolare dal letto e mi trascino in bagno da dove esco dopo un’ora abbondante completamente a posto.
Mentre mi vesto ogni tanto mi guardo allo specchio e cerco di capire cosa gli piaccia di me.
Una forte sensazione di potere mi sta montando dentro. Credo che mi convincerò davvero che sono un drago e che lei farà tutto per me.
Quando sono pronto esco e vado in ufficio. La giornata &egrave tiepida e decido di andare a piedi.
Quando arrivo in ufficio trovo Barbara sommersa di carte.
– Ciao, finalmente sua eccellenza si degna di venire a lavorare ‘ mi fa acida.
– Ciao. Come va? ‘ rispondo indifferente al suo sarcasmo.
– Sul tavolo ci sono due curriculum. Sono quelli che ho selezionato fra tutti quelli che avevo a disposizione per trovare il tuo aiutante.
– Ma che brava. Speri che ti dia un aumento?
– Non cominciare a fare lo stronzo. Ricordati che nel pomeriggio devi andare da Galvani a vedere l’azienda e prendere le carte.
– Ok, schiavista.
E vado nel mio ufficio. Prendo i due curriculum messi ben in evidenza sulla scrivania e mi stendo sul divanetto di cortesia.
Dopo circa un’ora esco dall’ufficio e dico a Barbara:
– Convocali per lunedì mattina, lui alle 10.00, lei alle 11.00. Ora vado da Galvani, chissà che ci scappi il pranzo. Avvisalo che sto andando.
Scendo, al posto taxi di fronte al mio ufficio ce ne sono tre che aspettano i clienti. Mi accomodo in quello in testa, tanto va tutto sulle spese di Gino. Dopo circa un quarto d’ora varco il cancello. Gino mi viene trotterellando incontro sprizzando gioia da tutti i pori. Sembra una ragazzino che ha visto Babbo Natale.
Ci salutiamo e andiamo nel suo ufficio. Con fare professionale gli do un elenco di documenti di cui ho bisogno ‘ e lui prontamente chiama per interfono la sua segretaria e la incarica di provvedere. Poi gli chiedo di fare un giro in fabbrica per rendermi conto della situazione. Ma lui non vuol saperne:
– Ora andiamo a pranzo. Dice con cipiglio autoritario.
Facendo finta di cedere per suo rispetto lo seguo nel miglior ristorante della città
Comincia con un antipasto crudo di pesce e poi spaghettini con le aragostine ed una cernia subito in forno.
Intanto che affrontiamo gli antipasti, con una certa noncuranza, mi butta là:
– Allora, pensi di poterti liberare per sabato. Il tempo promette bello!
– Ah! Già, sabato in barca. Si penso che potrò venire, ma ci sarebbe una piccola complicazione. ‘ Faccio sibillino. ‘ Adesso sono in compagnia.
– Ma nessuna complicazione allora. Chiunque sia con te &egrave mio ospite. Mi risponde tutto contento, già pregustando i racconti in barca, glielo si legge negli occhi.
Terminato il pranzo torniamo in azienda e facciamo un attento giro di tutti i reparti.
Ci attardiamo a parlare di questioni tecniche e si fanno quasi le otto.
Allora gli dico che devo andare perché ho un impegno e lui mi ricorda l’appuntamento per sabato:
– Mi raccomando alle sette in punto, quando arrivi al porto turistico chiedi del molo di Galvani, lo conoscono tutti. Ciao.
Mi faccio chiamare un taxi e di corsa a casa.
Lei &egrave sulle scale che mi aspetta. Fa tenerezza da come mi aspetta sottomessa. Entro e gli dico di preoccuparsi lei di prepararmi da mangiare. Io ho bisogno di una ripulita.
Vado in doccia e mi ficco sotto l’acqua tiepida. Quando esco mi accorgo che lei &egrave la e mi aspetta con l’accappatoio in mano. Lascio che mi strofini l’asciugamano sulla schiena. Sulle natiche, sulle cosce e poi sulle gambe fino ai piedi. Poi passa sul davanti. Cominciando dai piedi risale lentamente con il morbido asciugamano.
Quando arriva al cazzo rende il massaggio più delicato, poi subito dopo completa il lavoro.
Nudo vado in camera e cerco una t-shirt ed un boxer. Così vestito vado in sala dove la tavola &egrave pronta.
Virginia &egrave sorprendente. Una paella alla valenciana come difficilmente se ne trovano in ristorante. Un ottimo vino bianco accompagna il tutto.
Mangiamo in silenzio. La guardo e gli faccio segno di alzarsi e girarsi intorno. Nei suoi occhi vedo la gratitudine perché mi occupo anche di lei.
Ha una gonna a portafoglio. Dopo un piroetta prende il lembo della gonna e lo tira verso l’alto e lo blocca ‘ evidentemente con un bottoncino prima ben nascosto ‘ e la sua figa &egrave bella che in mostra. Prende l’altro lembo e lo alza nel senso opposto. Anche il buco di culo &egrave pronto.
Sopra una camicia con una zip che scivola silenziosamente ed il suo seno emerge in tutta la sua prepotenza.
Ha il fiato grosso. Si &egrave eccitata solo a mostrarsi. Preso da un raptus gli faccio brusco:
– Ricomponiti. Usciamo.
In silenzio lei si ricompone subito. Non si vede niente. Vado in camera ed indosso una maglietta ed un jeans di ‘Armani’, prendo la patente, il portafogli e le chiavi della macchina e mi avvio.
Lei mi segue quasi correndomi dietro per tenere il mio passo. Arriviamo in macchina, parto.
Dopo una ventina di minuti siamo sulla superstrada. Arriviamo al paese vicino, mi dirigo verso il lungomare e cerco un posto dove parcheggiare. Troviamo il posto e scendiamo.
Io cammino avanti apparentemente senza meta e lei mi segue come un cagnolino.
Quando arrivo in un bar con i tavolini fuori, abbastanza affollato da ragazzi e ragazze, mi siedo e gli indico di sedersi. Come lei accenna a sedersi gli faccio segno di alzare il primo lembo.
Mi guarda per un attimo interdetta. Capisce che dico sul serio e subito tira su.
La faccio sedere sulla sedia che guarda la strada e gli faccio segno di accavallare le gambe come un uomo.
La sua figa &egrave in bella mostra per chiunque guardi.
Due ragazze di fronte a noi se ne accorgono subito e cominciano a ridacchiare parlandosi all’orecchio.
Elena ha il viso color porpora.
Un ragazzo girandosi per prendere le sigarette dal borsello si accorge. Quasi cade dalla sedia. Facendo un grande fracasso richiama l’attenzione degli altri che cominciano una serie di apprezzamenti irripetibili infinita.
Ormai Elena ha perso qualsiasi apparente resistenza. Piange disperatamente. Gli faccio segno e lei si alza, abbassa il primo lembo e tira su il secondo e si avvia verso la macchina. Un ragazzo più intraprendente si alza gli va dietro e gli infila un dito nella figa da dietro. Elena comincia a correre.
Dopo aver bevuto con calma un aperitivo, la raggiungo e la trovo vicino la macchina, con il culo appoggiato sul cofano, ma il lembo della gonna &egrave ancora alzato.
La bacio focosamente in bocca e quando la sento tranquillizzarsi la invito in macchina. Ci allontaniamo e lungo la superstrada mi fermo ad un area di parcheggio. Non c’&egrave nessuno. Mi piego su di lei e gli lecco la figa. E’ inondata di umori. Quando viene, preso come sono da quest’euforia che mi ubriaca, gli dico:
– Allora, porcellina, &egrave piaciuto anche a te il fuoriprogramma?
Fa un cenno d’assenso con la testa.
– Come hai detto? Facendo finta di non aver capito.
– Si, mi &egrave piaciuto, padrone. Risponde piano.
– Bene allora adesso facciamo un altro passo.
– Va bene. Mi dice.
– Va bene cosa? Stronza!
– Va bene, padrone. Sono pronta.
– Bene, adesso andiamo a cinema e tu farai un pompino a chi ti indico.
Rimetto in moto e dirigo verso un cinema a luci rosse, uno dei pochi rimasti, che &egrave in periferia.
Arriviamo che lo spettacolo &egrave già cominciato. Ci fermiamo lungo un lato della sala per permettere agli occhi di adattarsi al buio e vedere chi c’&egrave al cinema a quell’ora.
Dopo poco riesco a distinguere un uomo di circa sessant’anni che mi pare si stia massaggiando il pacco.
Gli faccio segno, lei mi guarda con due occhi gonfi, ma incrociando i miei che ora sono duri, si avvia senza dire nulla. Si siede a fianco dell’uomo. Io mi posiziono in modo da poter godere la scena.
Dopo qualche minuto mi accorgo che lo sta segando. L’uomo ha buttato dietro la testa. Il trattamento gli piace. Elena si cala sul suo cazzo. Faccio fatica ma riesco a vedere. E’ un bell’arnese. Molto più grosso del mio. La vedo andare su &egrave giù, dopo poco la vedo scostarsi, ma non troppo velocemente. Un portentoso fiotto di sperma la colpisce in pieno viso.
Mi avvicino e gli faccio segno che &egrave ora di andare. L’uomo mi guarda stupito, ma io gli sorrido. Lui si rilassa e mi fa segno di andare in bagno. Non ci credo, appena venuto ed il vecchiardo &egrave già pronto. Vediamo se &egrave vero.
Prendo Elena per la mano e la conduco nei bagni delle donne ‘ tanto non mi pare ce ne siano altre in sala.
L’uomo ci raggiunge quasi subito e tira fuori il suo bel cazzo. Gli dico che senza preservativo solo in culo. Lui mi guarda con gli occhi strabuzzati. Ed io subito dopo, però ti costa 100′.
– Non ti sembra un po’ troppo per sta zoccola.
– L’hai vista bene. Comunque o cento o non se ne fa niente.
Bofonchiando tira fuori i cento euro, ma mi fa:
– Però tu resti a guardare.
– Ok. ‘ rispondo.
Elena sembra impassibile alla nostra contrattazione e quando lui gli fa segno si appoggia con tutte e due le mani al lavandino e si tira su la gonna.
L’uomo &egrave arrapatissimo. Si sputa sulla mano e comincia a violare il suo culo con le dita. Prima uno, poi due, poi tre. Quando &egrave soddisfatto dell’elasticità che ha raggiunto, si sputa ancora sulla mano e si accarezza il cazzo. Punta la cappella allo sfintere e via un colpo di reni potente. Elena lancia un grido che gli si strozza in gola. Due grosse lacrime le solcano il viso. L’uomo ha cominciato uno stantuffo potente. Va avanti per circa venti minuti, poi con alcuni movimenti scoordinati mi accorgo che gli sta riempiendo le visceri di sperma.
E’ ancora dentro di lei quando si gira verso di me e mi fa:
– Posso pisciargli nel culo a sta zoccola.
Guardo Elena negli occhi. E’ impassibile ma capisco che sta raggiungendo il limite. Allora gli rispondo:
– Non fa per te. Ce ne vorrebbero mille di euro per questo.
– Ma andate a cagare tutti e due ‘ fa lui uscendo dal suo culo. E tenendosi il cazzo ancora abbastanza duro in mano, se ne va a pisciare nel cesso.
Prendo Elena per la mano e la porto fuori dal cinema. Dal culo gli sta scendendo lo sperma di cui &egrave piena.
– Grazie padrone. Mi fa a bassa voce.
– E’ ora di andare a casa. Amore.
Lei mi guarda con riconoscenza. Realizza che ho usato per la prima volta la parola amore con lei. Il suo viso si illumina.
Arriviamo a casa. Come entriamo mi chiede di poter andare in bagno e io gli dico di si e che l’aspetto a letto.
Deve aver fatto una lunga doccia ed una lunga abluzione al culo per tentare di sfiammarlo.
Quando arriva si &egrave lavata la faccia. E’ acqua e sapone, come la prima volta che l’ho vista. L’abbraccio teneramente e all’orecchio gli sussurro:
– Vuoi sposarmi, Elena?
Si scosta e mi guarda stupefatta. Capisce che faccio sul serio. Non ha parole, fa solo si con la testa e ricomincia a piangere abbassando la testa sul mio petto. La bacio profondamente. Teneramente. Con amore. Con il grande amore che provo per lei in questo momento, la mia donna.

Finalmente &egrave sabato.
Quando scendo in garage alle sei e mezzo, trovo Elena appoggiata al cofano della mia macchina. Vedo che ha una tunica in tela indiana color panna. Ai piedi i soliti sandali alla schiava e due profonde aperture ai lati sotto le braccia, che lasciano intravedere, in certi movimenti, il profilo del suo seno stupendo. In mano regge una piccola borsa da viaggio, probabilmente una falsa Luis Vuitton.
Intravedo delle strisce, che mi sembrano di pelle, che sicuramente servono a tenere il giocattolo che gli ho dato ieri sera. Una specie di supposta, lunga e grossa come il mio dito medio, di un silicone morbido che ieri sera gli ho fatto provare in mano.
Dal telecomando che ho in tasca, utilizzando i tre pulsanti che ci sono, posso dargli sia una temperatura quasi gelata che una abbastanza calda, da non scottare, ma sicuramente che si sente in maniera inequivocabile. Il passaggio dal freddo al caldo e viceversa, avviene nel giro di pochi secondi.
L’ultimo pulsante da il movimento allo strano aggeggio. Una pulsata si mette a vibrare, con due inizia un movimento sia ondulatorio che di contrazione ed estensione ed infine con tre avvia tutti e due i movimenti insieme.
L’accordo era che lei lo infila nell’ann ed io quando vorrò lo metterò in funzione come voglio.
La vedo sedersi con cautela accanto a me in macchina e gli chiedo come va. Dopo qualche attimo mi dice:
– Credevo peggio, ma quasi non si sente.
– L’hai fermato bene? Gli chiedo premuroso.
– Vedrai che non ti farò fare brutta figura, padrone. Mi risponde con un sorriso.
E’ di una tenerezza unica.
Partiamo ed in meno di quindici minuti siamo al porticciolo. Al posto di guardia abbasso il finestrino e dico:
– Siamo ospiti di Gino Galvani.
La sbarra si solleva e l’incaricato mi indica un parcheggio sulla destra. Allora gli chiedo:
– Dove trovo la barca?
– Non può sbagliare ‘ mi fa l’uomo ‘ dietro quella costruzione bianca ci sono i moli, la più grande che c’&egrave.
Parcheggio, tiro fuori dal bagagliaio la mia borsa Cartier originale, chiudo la macchina e ci avviamo.
Come giro l’angolo, in mezzo a decine di barche di tutti i tipi e dimensioni, svetta quella che a me sembra una nave da crociera.
Due piani chiusi emergono oltre il ponte d’accesso. In alto sul ponte superiore vedo ergersi la goffa figura di Gino. Gli faccio un cenno con la mano e lui come mi vede comincia a far grandi gesti e dei saltelli che lo rendono più ridicolo di quello che &egrave in bermuda e canottiera.
Ci avviciniamo, lui usando un ascensore panoramico viene giù e si mette a lato della passerella di accesso per riceverci. Noto che per l’occasione si &egrave infilato un cappello da ‘simil’ capitano di marina.
Salgo davanti ad Elena con il braccio steso per stringergli la mano, ma mentre salgo non posso notare che ci sono tre o quattro uomini indaffarati nel piano inferiore del ‘panfilo’.
Mi stringe calorosamente la mano, ma i suoi occhi sono già puntati su Elena.
Allora gli faccio con un tono che rende evidente il mio orgoglio:
– Caro Gino, ho il piacere di presentarti Elena, l’argomento della nostra conversazione.
– Sono incantato. ‘ Mi fa con voce soave, mentre si inchina in un untuoso baciamano alla ragazza – Non speravo che potessimo arrivare a tanto. Salite pure sul ponte ed accomodatevi, io mi scuso ma credo che sia necessario che avvisi mia moglie della bella novità.
Prendiamo l’ascensore e ci accorgiamo che dentro &egrave già attiva una piacevole aria condizionata che rende la lenta salita stupenda.
Dal ponte le barche a fianco, che pure ce ne sono di grosse, sembrano nani ai piedi di un Re. Il ponte &egrave attrezzato di tutto: sdraio, tavoli (due ‘ uno grande credo per 10 o 12 persone ed uno piccolo, quadrato, che mi fa supporre che sia utilizzato per giocare a carte. Poltrone e sedie non mancano. Nel rialzo della torretta mi accorgo esserci una piscina di almeno 10 metri. La brezza mattutina &egrave piacevolissima.
Elena si &egrave già sistemata su di una sdraio ed ha indossato dei grandi occhiali da sole che le ricoprono mezzo viso.
Mentre siamo li che aspettiamo, arriva una giovane cameriera, di origine asiatica, estremamente piccola, ma fatta come una bambolina. Se non fosse per due piccole zampe di gallina ai lati degli occhi gli avrei dato l’età di una bimba. La bambolina ci serve un caff&egrave che solo nei migliori bar della città puoi gustare. Insieme, sul vassoi ci sono degli invitanti pasticcini.
Elena ne prende uno alla crema e proprio come una ragazzina si impiastriccia tutta la faccia.
In quel momento arrivano i Galvani.
– Caro Sergio, questa &egrave Cristina.
Ai nostri occhi appare una donna non più giovane (sicuramente si avvicina alla cinquantina), ma ancora pienamente in forma. Alta sicuramente più di un metro e settanta, un seno che ti paralizza dalla grossezza (poi scoprirò che l’ottava gli va stretta) ed il culo enorme – ma bello. Senza un filo di cellulite, alto e pronunciato, coperto si fa per dire da un tanga invisibile in tanta grazia, che ti lascia senza fiato.
Dopo un attimo di troppo in cui mi sono soffermato a rimirarla, mi inchino e mimo il baciamano, cosa che lei sembra apprezzare, mentre mi valuta nei miei calzoncini corti e maglietta assolutamente Lacoste. Anche se bella matura ‘ penso – &egrave proprio un gran pezzo di figa. Lei sembra accorgersi dei miei pensieri e mi fa un cenno di assenso, come a rispondermi ‘ Si sono una porca! -.
Intanto Gino, sempre con grande disinvoltura, si rivolge a sua moglie e gli fa indicando Elena:
– Cristina, questa &egrave la splendida creatura di cui ti ho accennato.
Elena con uno scatto si alza in piedi e con un certo imbarazzo, che mostra come non sia abituata al mondo delle relazioni, accenna un buffo inchino.
– Splendida. – Dice ispezionandola la donna con l’occhio esperto di chi sa cosa cerca in una persona.
– Proprio splendida ‘ Ripete. ‘ Vieni cara che ti mostro la vostra stanza, vedrai che avremo modo di divertirci questo week end.
Sempre senza profferir parola Elena raccoglie la sua borsa, poi mi viene vicino e raccoglie anche la mia. Cristina corre ad aiutarla ed approfitta per toccarle un seno attraverso lo spacco, così da riuscire a saggiarne la consistenza, la ragazza si guarda bene dal sottrarsi alla carezza, anzi il suo capezzolo reagisce e tutti se ne accorgono.
Mentre le due donne scendono per una scaletta al piano di sotto, sento che i motori accesi fin dal nostro arrivo cominciano a rullare più forte e sento i vari comandi che il personale ai piani inferiori grida nel momento della partenza.
Con movimenti dolci e repentini, inaspettati in un colosso di quella stazza, la barca prende il largo allontanandosi da tutte le altre barchette ormeggiate lungo il molo.
In pochi minuti raggiungiamo le bocche di uscita del porto ed in dieci minuti siamo in mare aperto. Il vento &egrave forte, ma nel punto dove siamo arriva solo una leggera brezza, frutto di un attento studio volto ad assicurare il comfort dei passeggeri.
Chiedo a Gino notizie sulla barca, e lui orgoglioso ne decanta tutta la potenza e comodità.
Scopro in tal modo che il personale di bordo &egrave fatto da Comandante due marinai ed un mozzo per la navigazione, mentre per il servizio ci sono la cameriera (tahitiana) che ho già conosciuto, un cuoco ed un’altra cameriera (italiana) addetta al governo ed al comfort dei passeggeri.
Ormai &egrave diverso tempo che sono andate giù le due donne, e mentre lo faccio notare a Gino, lui subito cambia espressione. Riprende quell’aria infoiata che gli avevo scorto mentre gli raccontavo il mio primo incontro con Elena.
– Vedi Sergio, devo dirti una cosa. Diversi anni fa ho rischiato di morire per un brutto incidente, però me la sono cavata. Purtroppo mi &egrave restata una conseguenza abbastanza spiacevole, non riesco più ad avere erezioni. Solo grazie a mia moglie sono riuscito a riscoprire il gusto della vita e con esso il gusto del sesso attraverso il ‘voyeurismo’. Guardare, toccare, parlare e pensare sono gli unici modi che ho per godere. Ti confesso che all’inizio credevo fosse impossibile, anche perché hai visto mia moglie. Quando era più giovane ne abbiamo fatte di cotte e di crude insieme. Ma lei ha voluto che provassi, prima guardando di nascosto, poi piano piano mi ha coinvolto nei suoi giochi. Adesso io partecipo guardando, toccando, annusando, leccando e provando. Lei non si stanca mai di organizzare eventi in mio onore. Però anch’io adesso sto cominciando, anzi a dire il vero, tu sei il mio primo vero evento.
Dicendo questo mi ha fatto entrare in uno studiolo che dava sul ponte e sedutosi alla scrivani vedo che preme un tasto sotto il ripiano.
Io non trovo parole per rispondere alla sua confessione e quindi muto mi concentro a tentare di capire cosa sta facendo.
Alle finestre si abbassano delle tendine oscuranti, si apre un pannello su di una parete ed appaiono una quantità enorme di monitor. Toccando il ripiano della scrivania come per magia appare sullo stesso una tastiera come di computer. Digita alcune lettere e cifre e tre monitor si animano. Appaiono Elena che sta leccando la figa di Cristina e questa che sta manovrando un cazzo di lattice dentro la figa di Elena.
La visuale &egrave diversa in ogni schermo e nessun particolare sfugge. Il cazzo mi si rizza immediatamente. Guardo Gino negli occhi che aspettava una mia reazione, ma subito il mio sguardo lo rassicura. Ci accorgiamo subito che il gioco va avanti da diverso tempo perché sono tutt’e due all’orgasmo.
Sono bellissime in quella posizione. Il contrasto fra la donna matura spropositata nelle forme – ma bella da vedere, anzi per meglio dire: ‘che arraperebbe qualsiasi uomo che guarda’, e la ragazzina, perché poi Elena &egrave una ragazzina, &egrave una visione stupenda. Il mio cazzo sembra voler scoppiare nel pantaloncino.
Elena indossa uno strano costume fatto di lacci di cuoio. Un collare con degli anelli al collo con due cinte che partono sul davanti e cingono ‘ stringendoli – i suoi bei seni.
In vita una cintola simile al collare con quattro lacci ‘ due davanti e due dietro – che partono fino a poco più giù dell’inguine. Qui si collegavano ad un’altro cinturino su ognuna delle due gambe.
Da ciascuna delle due strisce verticali sul davanti, all’altezza del pube, partono altre due strisce che terminano con due mollette che aprono in maniera oscena le labbra della figa, mostrando la clitoride scoperta. Sembra un minuscolo cazzetto in tiro..
Da ognuna delle due strisce verticali sul posteriore ne partono altre due che collegano fra di loro le due verticali, formando una sorta di griglia con al centro – all’altezza dell’ano – una piastra in cuoio, che suppongo serva a tenere lo strumento che gli ho fornito.
Adesso hanno proprio finito. Le vedo rilassarsi sul letto e mi viene voglia di provare lo strumento .
Tiro fuori dalla tasca il telecomando e facendo segno a Gino di guardare premo il primo pulsante.
Elena ha uno scatto. Quando mi accorgo che comincia a rilassarsi ecco che premo il secondo ed anche il terzo insieme.
Elena comincia a contorcersi sul letto.
Cristina sembra non capire sulle prime, poi nota che le strisce di cuoio sul culo &egrave come avessero preso vita e capisce. Si vede che Elena gli ha spiegato il perché di quella strana bardatura, che a dire la verità mi ha affascinato appena l’ho vista.
Faccio cambiare continuamente il ritmo ed il calore allo strumento fino a che vedo che Elena &egrave in preda ad un orgasmo anale incontrollabile. La telecamera di destra che riprende il suo culo che si agita, lo zooma, ed io e Gino ci accorgiamo che qualcosa, come un liquido, fuoriesce dal culo della ragazza.
Gino ha degli accenni di schiuma ai lati della bocca. I suoi occhi sono catalizzati.
– Credo proprio che faremo una splendida gita. Dice con voce vogliosa.
Spengo il telecomando. Elena &egrave stremata. A fatica, aiutata da Cristina va in bagno a rinfrescarsi. Con una rapida successione di comandi Gino attiva le telecamere nel bagno e mentre su un monitor si vede Elena che ha smontato l’armamentario e si estrae, seduta sul bid&egrave, lo strumento – a me sembra di sentire lo schiocco di quando questo esce dal suo culo. Poi comincia una lenta abluzione delle sue intimità (la visione in questo momento &egrave da sotto ‘ ed alla mia meraviglia Gino mi informa che c’&egrave una telecamera anche nel bid&egrave). Cristina, invece, appare su un altro monitor seduta sul water. La sua figa che si apre e pulsa per far uscire i suoi liquidi &egrave in primo piano. Non appare fresca come quella di Elena, ma &egrave enorme. Il tutto mi fa arrapare in maniera sempre più inverosimile.
Gino spegne e richiude l’armamentario e mi dice:
– Neanche Cristina sa di questi giocattoli. Se vuoi a fine crociera ti fornisco il filmino di tutto, sono diventato proprio bravo a montarli.
Allora gli chiedo se ce ne sono tante di telecamere a bordo e lui mi dice che praticamente non c’&egrave nessun posto della nave scoperto dal suo controllo.
Ritorniamo sul ponte giusto in tempo per incrociare le due donne che tornano.

… continua …. Le due sono rinfrescate e ricomposte come se nulla fosse. Elena porta di nuovo il camicione che aveva al suo arrivo, Cristina ha un pareo che la cinge solo su un fianco, lasciando ampiamente scoperta sia la figa che il suo enorme culo.
Venendomi vicino, in un orecchio, Elena mi fa a bassa voce:
– Non potevi scegliere momento peggiore per sperimentare il tuo giocattolo.
La guardo facendo finta di non capire perché. Lei mi fa un vago gesto e si allontana.
Allora invito tutti a metterci comodi e cominciare a godere della crociera che ci attende.
Io e Gino armeggiamo per spogliarci, la sul ponte, e restiamo nudi. Gino con un considerevole cazzo ‘ purtroppo moscio ‘ io invece con uno più modesto ma in tiro in una maniera formidabile.
Slacciandosi il pareo Cristina mi fa:
– Ma saprai resistere per tutto il viaggio con quel cannoncino?
Quasi arrossendo per l’implicita allusione alla derisione che intravedo nel tono di Cristina, gli rispondo:
– Vorrà dire che mi risparmierò per te.
Lei mi sorride maliziosa. Poi quasi all’unisono tutti gli occhi si puntano sul comune oggetto di desiderio: Elena.
Lei mi guarda negli occhi e armeggiando con tutte e due le mani sulle spalle, anche in questo caso, con un solo movimento fa scivolare il camicione.
Gino &egrave senza parole. Cristina – che ha già potuto assaggiare – ci invita a sederci sui divanetti intanto che Sue (la cameriera Tahitiana) ci serve qualcosa da sgranocchiare, perché lei vuole ascoltare il racconto del nostro incontro.
Stesi al sole con la solita leggera brezza che ci accarezza, mentre io racconto sono interrotto, prima da Gino e poi da Cristina, che vogliono indagare su ogni singolo particolare di quanto &egrave avvenuto.
Quando arrivo a quella parte del racconto che mette a nudo la mia intenzione di volerla sposare, i commenti diventano entusiasti e subito Gino si offre per farmi da testimone. Lo stesso fa Cristina con Elena. Però &egrave evidente l’eccitazione di tutti. Allora, mentre continuo a parlare, riaccendo il telecomando. Elena tenta di resistere ma poi cede. Comincia di nuovo a contorcersi ed i miei ospiti, ipocritamente gli chiedono cos’abbia. Lei rossa in viso non sa che fare e gira i suoi occhi da cerbiatta verso di me; ed io con un cenno che la rincuora gli faccio segno di si, che può parlare. Allora con quella voce roca, che assume ogni volta che &egrave arrapata, dice quasi con un sussurro:
– Il mio padrone mi ha messo un regalino dietro.
– Come? Non capisco? Parla più forte, dove ti ha messo il regalino? Gli fa Gino, anche lui con la voce ansimante per l’eccitazione.
Sempre più rossa in viso, ed ora anche scossa dall’orgasmo che comincia a montargli, lei gli grida:
– Il mio padrone mi ha messo un giocattolo nel culo.
Gino e Cristina scoppiano a ridere. Elena ormai &egrave quasi incosciente per l’ulteriore orgasmo e lentamente sta scivolando giù dal divanetto. Spengo l’interruttore, mi metto a fianco di Cristina, e gli dico in un orecchio in modo che anche Gino senta:
– Dovresti provare anche tu qualcosa di simile.
E le tradendosi:
– Ma cosa vuoi che mi faccia quel moscerino nel culo?
– Come fai a spere quanto &egrave grande? Gli faccio con voce che si può intendere irritata.
– Ma cosa vuoi ‘ fa lei con un certo imbarazzo ‘ Elena me ne ha parlato mentre gli mostravo la camera.
Allora, con un sorriso molto più disteso sul viso gli faccio:
– Ma io non parlavo di quello. Pensavo a qualcosa di, come dire, più adatto.
Curiosi i miei due anfitrioni mi guardano con grande interesse. Il fatto che sia arrivato uno che prende in mano le redini del gioco li mette in una situazione nuova per loro che hanno sempre condotto il gioco.
Qualcuno che li controlla nel loro territorio.
Prendendo la palla al balzo della strana situazione creata sigli faccio:
– Sai ho sempre desiderato avere una schiava, ma due penso che sia il massimo. Se poi &egrave appena appena zoccola come immagino tu sia, credo che ci si potrà divertire alla grande.
Gino si riprende per primo e subito si schiera al mio fianco, sostenendomi con una valanga di sproloqui senza senso. Cristina &egrave interdetta. Sembra soppesare la proposta, guarda Elena che da buona schiava sta con gli occhi bassi e non dice niente in attesa degli eventi. Alla fine dice:
– Quali sono le regole.
E’ Gino che a questo punto riprende in mano la situazione:
– Come piace a te, amore mio. Nessuna regola. – Un lampo malizioso gli attraversa gli occhi.
– Nessuna regola. ‘ Ripete lei facendo un cenno di assenso con la testa.
– Bene ‘ intervengo io ‘ Allora andiamo nella mia stanza che ti do una mano a prepararti. E tu ‘ rivolto all’altra donna ‘ sii a disposizione del mio amico.
– Va bene padrone.
Mentre ci avviamo, Cristina mi fa:
– Però la prossima volta tocca a te.
– Ok. ‘ Rispondo io.
Allora tutt’e due si dirigiamo verso la mia cabina. Uscendo faccio l’occhiolino a Gino il quale si passa, con fare da porco, la lingua sulle labbra e mi fa cenno di lanciargli il telecomando; cosa che faccio al volo.
Arrivato in cabina dico a Cristina di mettersi sul bordo del letto, cosi da avere il suo culone appoggiato proprio sul bordo. Apro la mia borsa e subito si vede che non ho portato granché di biancheria o abiti, ma solo strani oggetti tutti sistemati in bell’ordine.
Cristina resta a guardarmi muta. Prendo allora un nuovo giocattolino, una farfallina da applicare al clitoride (però deve essere abbastanza pronunciato perché rimanga su mentre vibra) – con lei sicuramente non ci saranno problemi.
Mi inginocchio fra le sue gambe gli frugo fra le cosce e finalmente in mezzo a quella montagna che sono le labbra della sua figa riesco a trovare la clito. E’ la più grande che abbia mai visto. Sembra proprio il cazzo di un bimbo piccolo. Gli blocco sopra la molletta dello strumento e gli dico di girarsi.
Avere davanti quel ben di dio &egrave una tentazione troppo forte. Comincio a leccargli le natiche, il solco, fino a che arrivo sul buco che &egrave bello cedevole, segno dei tanti cazzi che deve aver preso anche li. Ci affondo un dito per saggiarne la resistenza, poi due, poi tre, la mano continua a girare agevolmente nel buco e lei comincia appena a mugolare. Quattro dita, ormai ho infilato il pugno chiuso. Quasi tutto l’avambraccio &egrave scivolato dentro di lei.
Solo con l’eccitazione di questa operazione me ne vengo. Per fortuna sono nudo e gli faccio cadere lo sperma tutto sul suo culo, e mentre continuo a roteare l’avambraccio dentro le sue viscere con la mano libera gli spalmo la mia cremina su tutto il suo portentoso culo. Finalmente comincia a dare segni di cedimento. Una voglia incontenibile di misurarla mi prende. Sfilo l’avambraccio fino a portare la mano all’altezza dell’ano. Il suo culo ormai &egrave un lago di umori di tutti i colori. Infilo l’altra mano aperta e le congiungo a mo di siluro e comincio ad affondare. Adesso comincia a strillare.
– Ma che fai. Mi sfondi così.
– Cosa vuoi che sfondi ancora, Troia.
E continuo la mia penetrazione. Metà degli avambracci riesco ad infilarli. Lei si sta scuotendo come un’ossessa, sta godendo in maniera spropositata, così com’&egrave in questa posa posso vederla allo specchio. Lei riversa sul letto con le gambe penzoloni ed io con quasi tutte e due le braccia nel suo culo.
Quando estraggo le mie braccia sono lorde di tutto.
Lei si gira e guardandomi con occhi contriti mi fa:
– Non avevo pensato di fare un clistere preparatorio.
– Peccato. – gli rispondo ‘ vuol dire che mi pulirai tu tutto.
E gli stendo le braccia davanti al viso. Lei mi guarda con aria di sfida e poi come se niente fosse comincia a leccare. Capisco che &egrave proprio una, come si dice, ‘rotta a tutto’.
Quando ha finito il suo lavoro di pulizia, vado alla mia valigia ed estraggo un giocattolo simile a quello che ho infilato nel retto di Elena; solo dieci volte più grande. Ha quasi la circonferenza del mio avambraccio. La sua consistenza mi fa un po’ senso. Sembra un serpente. Quando glielo ficco in culo, lei lo inghiotte come una suppostina. Mancandomi una abbigliamento come quello che ha indosso Elena (a proposito chissà dove ha trovato quell’abbigliamento), per fermarglielo dentro ed evitare che esca mentre &egrave in funzione, prendo uno strap-on (un cazzo di lattice con cinte e fibbie che indossano le donne per chiavare con le altre donne) e glielo infilo alla rovescia nel culo e lego le fibbie sul davanti in modo che ci resti.
Così bardata gli dico di andare su.
Quando usciamo in coperta trovo Elena a cavalcioni di una strana sella e con il cazzo di un negro possente (che scoprirò essere il mozzo) in bocca, sta succhiando con avidità. In quel momento mi accorgo che il nero &egrave venuto perché vedo Elena che tenta di inghiottire ma dello sperma fuoriesce in rivoli dagli angoli della bocca.
Quando l’uomo ha finito di scaricarsi, si ricompone e sparisce. Elena, intanto, con un dito sta raccogliendo lo sperma che &egrave fuoriuscito per non perderne una goccia.
Gino &egrave estasiato. Mi vado a sedere vicino a lui e gli chiedo.
– Ma almeno 50 euro te li sei fatti dare?
Lui sgrana gli occhi. Poi mi fa:
– Ci avessi pensato. Ma vedrai che prima o poi ti accontenterò e ti farò guadagnare. Molto ma molto di più.
Intanto, adesso che mi sono avvicinato ad Elena, che sta godendo silenziosamente come una porca, mi accorgo che &egrave seduta su una sella munita di cazzo vibrante e lei c’&egrave infilata sopra. Guardo meglio e vedo che anche lo strumento nel culo &egrave in funzione. Ora capisco perché &egrave fuori di testa completamente.
Alla fine dell’ennesimo orgasmo faccio segno a Gino di spegnere i suoi due telecomandi, e gli mostro come ho apparecchiato sua moglie. Gino mi chiede chiarimenti sugli strumenti utilizzati e quando si sente soddisfatto delle minuziose spiegazioni mi dice di accendere.
Come accendo i due strumenti Cristina scivola letteralmente a terra e comincia a scuotersi come una dannata. La bestia che gli ho piazzato in culo ha dei movimenti potenti e la farfalla sulla clito ha cominciato il suo costante martellamento. Viene in pochi minuti.
Io non spengo. La vediamo venire di nuovo dopo una decina di minuti. Mi implora di spegnere ed io niente. Al terzo orgasmo consecutivo spengo. Lei &egrave in un lago di umori che si &egrave creato sotto di lei.
Faccio allora alzare Elena dalla sua seggiola (che a giudicare da come si &egrave alzata, non doveva stare così comoda da quando la macchina non era più in funzione) e gli dico di pulire tutto. Lei si mette in ginocchio e comincia a leccare il ponte in corrispondenza degli umori versati da Cristina. Quando ha finito gli faccio segno di continuare con Cristina. Lei gli toglie la farfallina e comincia a leccargli la figa. Dopi pochi attimi ci accorgiamo che invece di togliere gli umori ne sta facendo produrre altri alla vacca, che si tiene la figa spalancata con le mani per farsi leccare meglio. Gli dico di smettere e di passare al secondo canale. Quando toglie lo strap-on, Elena si accorge che c’&egrave il filo del secondo congegno. Lo tira e lo strumento, tutto sporco, emerge da quel culo straordinario. Finalmente vedo una smorfia di disgusto sulla faccia di Elena.
Con grande soddisfazione senza aprir bocca, solo con gli occhi, gli ordino di pulire. Lei con una strana espressione sul viso, quasi assente, comincia l’opera. Dopo un paio di minuti, lo strumento risulta pulito, ma lei non accenna a smettere di leccare, anzi appare tutta concentrata a voler completare il pompino che sta facendo alla macchina. Con un calcio la distraggo e gli indico il culo di Cristina che sembra un traforo. E’ spalancato. Lei gli si cala sopra e comincia a leccare anche la. Quella troia di Cristina comincia a godere anche per questo trattamento. Allora ordino ad Elena di smettere ed andarsi a pulire la bocca nella bocca di Cristina. Lei si avvicina alla sua bocca e comincia a farsi leccare. La faccia, in bocca. Cristina vorrebbe continuare ma io non voglio più farla godere e dico di smettere.
A quel punto, visto che &egrave quasi l’una Gino ci invita a prepararci per il pranzo.
Andiamo nelle rispettive cabine ed appena entriamo estraggo lo strumento dal culo di Elena e ci infilo il mio cazzo che sta per esplodere. Solo pochi colpi e gli riempio il culo.
Quando ho finito lei con la solita grazia si sfila, si inginocchia davanti a me e comincia uno dei suoi meravigliosi pompini.
Quando dopo una mezz’ora, tutti e due completamente nudi e con la doccia che ci ha rinfrescato perfettamente, usciamo, se non fossimo in tenuta adamitica sembreremmo davvero una coppia di fidanzatini.
Gino e Cristina sono già a tavola. Nudi come noi. Mentre Sue comincia a servire gli aperitivi, Gino mi fa:
– Guarda che &egrave chiaro che puoi disporre di tutto l’equipaggio come meglio credi. Sei come il padrone a casa mia. Lanciandomi un’occhiata maliziosa.
– Grazie Gino. Spero proprio che siano tutti all’altezza della situazione.
– Te l’assicuro. Persone discrete, di buona salute e disponibili. Li pago molto bene anche per questi servizi.
Il pranzo si svolge con un’amabile conversazione con i nostri anfitrioni. Quando finiamo sono già le 15.30, il caldo &egrave tanto ed allora decidiamo di andare a fare un riposino e che ci vediamo sul ponte verso le 17.30/18.00.

Quando siamo in camera, subito ci mettiamo sul letto. E’ comodo. Elena si rannicchia vicino a me. L’aria condizionata fa il suo effetto e nudi ogni tanto qualche brividino ce lo fa provare. Opto allora per metterci sotto le lenzuola. Elena ne &egrave contenta ed approfitta per farsi più sotto a me.
La bacio sulla fronte, e ricordandomi della curiosità sulla sua bardatura gli chiedo come ha avuto l’idea, e lei mi fa:
– Ho chiesto consiglio a Virginia. Sai lei &egrave stata una professionista.
– Virginia? Ma tu come la conosci? ‘ Gli chiedo davvero stupito.
– Beh, chi ha provato il lato duro della vita spesso si occupa di chi attorno a lei può star peggio. Così siamo diventate amiche e spesso lei mi ha aiutato. Anche quando ero rimasta in cinta di mio zio. E’ con lei che ho fatto qualche esperienza lesbica. Da quando ha lasciato il mestiere non ha più avuto contatti con uomini. Si vergogna molto del suo passato e non vuole che per sbaglio suo figlio venga a scoprirlo.
Questa rivelazione mette in funzione la perversione del mio cervello e con immediata spontaneità gli dico:
– Senti visto che ci sposiamo – anzi appena torniamo a casa parlane con tua madre, perché sicuramente ci servirà il suo consenso, e cominciamo a preparare i documenti necessari ‘ perché non te la lavori un po’ a Virginia e gli proponi che venga a tempo pieno da noi, così ti aiuta con la casa e magari ci scappa qualche giochetto in tre?
– Certo che sei proprio un porco! ‘ mi fa con la sua vocina che vorrebbe essere burbera ‘ Anche se devo dire che &egrave il tuo lato migliore. Comunque, brutto stronzo, glielo avevo chiesto io e speravo di convincerti se davvero mi sposavi.
– Perché, piccola troietta, pensi che io scherzi sull’intenzione di sposarti?
– E’ una cosa importante e gli uomini spesso ne hanno paura.
– Certo. Se sposano una donna cosiddetta normale e chiaro che hanno paura, ma io che ho avuto la fortuna di trovare una creatura meravigliosamente puttana, troia fin in fondo all’anima, vuoi che abbia paura? No, non ho paura, anzi più ci penso e più mi sento felice.
Lei ha uno scatto di reni che la fa saltare e me la trovo addosso che mi sta baciando con una tenerezza che mi scioglie. La amo davvero. Sarà mia moglie!
Ci addormentiamo così, abbracciati uno all’altro.
E’ solo un discreto fruscio ed il profumo di un delizioso caff&egrave che mi da la forza di aprire gli occhi. Elena non &egrave più vicino a me.
Un’altra cameriera ‘ Concetta si chiama ‘ mi sta scoprendo dal lenzuolo. La guardo per capire cosa fa e lei mi sorride, poi si abbassa in mezzo alle mie gambe e comincia a leccarmi il cazzo.
La reazione &egrave immediata, allora lei si rialza, si gira e si abbassa a prendere la tazzina del caff&egrave che &egrave sul comodino. Mi accorgo che non porta mutandine, allungo la mano e gli ficco un dito nella figa. E’ bella lubrificata. Lei gira il capo piano per non far cadere la tazzina e mi sorride e fa:
– Ben sveglio signore. La signorina mi ha incaricato di svegliarla con dolcezza.
Gli sorrido e gli faccio segno che &egrave riuscita nell’intento. Di buon umore mi alzo e mi infilo in doccia.
Per la sera infilo un leggero pantalone il tela indiana ed una camicia che lascio aperta sul petto.
Mi guardo allo specchio e resto soddisfatto di ciò che vedo. Esco dalla cabina per andare sul ponte e butto l’occhio al mio orologio che &egrave sul comodino: segna le 20.30.
– Cazzo! Che tardi.
E corro di sopra. Vedo Elena stesa nuda, con gli occhi chiusi, su un lettino rivolta agli ultimi raggi di sole. Gli vado vicino e gli chiedo perché non mi ha fatto svegliare prima; ma girando attorno al lettino vedo dello sperma uscire dalla sua figa e gli faccio ridendo:
– Brutta troia, neanche quando dormiamo insieme posso essere tranquillo, va a finire che un giorno mi trovo con un bel nero cazzuto nel letto.
Sento la voce di Gino alle mie spalle, che mi fa:
– Non sgridarla, gli ho chiesto uno spettacolino privato. Ti assicuro che &egrave stata all’altezza.
Mi giro e lo vedo sornione steso su un divanetto da cui deve aver goduto della scena, che mi indica l’armadietto dei monitor. Tutto registrato. E con le dita mi indica 3. Tre cazzi in una volta.
Gli sorrido e gli faccio il gesto del pollice come OK!
– Penso che avrai fame? – mi fa ancora ‘ Dovremo aspettare ancora un poco perché &egrave solo un’ora che Cristina ha cominciato ad occuparsi del pranzo.
Lo guardo perplesso ed allora lui mi dice:
– Il cuoco &egrave una bestia. Ce l’ha più di trenta centimetri. Quando ha voglia di cucinare, Cristina comincia dal cuoco e se lo cucina a fuoco lento ogni volta. Sai mi ha detto che l’hai fatta arrapare come era da tanto tempo non riusciva ad essere.
Vediamo Sue che silenziosamente compare in coperta con un vassoio con degli aperitivi ghiacciati e degli snack vari. Poggia il vassoio inchinandosi leggermente. Ne approfitto per controllare se anche lei &egrave senza mutande. Lo spettacolo &egrave stupendo. Niente mutande, niente pelo e due labbra gonfie ed aperte.
La sua esile figura da bambina, armonicamente arrapante, mi fa venire voglia.
Gli faccio segno e lei subito mi viene vicino. La spingo in malo modo contro una balaustra e sollevandogli il piccolo gonnellino gli do una sculacciata fortissima. Lei si gira e mi sorride. Mi calo il pantalone e glielo infilo alla pecorina.
Comincio piano, poi più forte, la ragazza non da segni di accorgersi di alcunché. Senza alcun preambolo glielo sfilo dalla figa e glielo caccio brutalmente nel culo, senza alcuna preparazione. Fa solo un poco di fatica per l’attrito ma scivola dentro come fosse burro. La cosa mi eccita ancora di più. Dopo pochi minuti gli inondo il culo di sperma.
E’ incredibile che in un corpo così piccolo il mio cazzo ci sia entrato tanto facilmente.
Gino mi applaude dal suo divanetto, allora mentre continuo un lento movimento rotatorio gli faccio un segno con la mano per dirgli aspetta.
Chiamo Elena a gran voce, che sussulta come l’avessi svegliata. La faccio venire vicino e mentre lei mi sta vicino comincio a pisciare nel culo di Sue.
La ragazza dopo i primi secondi che non aveva capito comincia a dimenarsi. L’orina &egrave tanta. Non avevo svuotato la vescica appena sveglio. La sua pancia si &egrave gonfiata allo spasimo. Per tenerla meglio ed evitare che si sottragga, la tengo con le due mani per la figa, con quattro dita per mano infilate dentro. Mi accorgo che sta venendo.
Quando ho finito di pisciare dico ad Elena.
– Cerca di tappare questo culo rotto, che non sporchi il ponte, e portala in cesso.
Elena mi guarda senza capire. Allora gli prendo la mano e mentre tiro fuori il cazzo gliela faccio infilare nel culo di Sue.
Come se niente fosse entra fino ad oltre il polso.
In quella posizione le due donne quasi trascinandosi, vanno verso il bagno che &egrave sul ponte, ma Gino dal divano ordina.
– Portala nel cesso della servitù, giù nella sala motori.
Senza fiatare e con grande difficoltà, lentamente prendono la via della scaletta. Elena scende avanti. Sempre con il braccio infilato nel culo dell’Asiatica. Questa segue, ma ad ogni scalino esce un po’ di piscio che finisce in faccia ad Elena.
Allora anch’io gli grido:
– Prima di salire fatti ripulire da questa troiona.
Elena scuote la testa in segno d’assenso.
Appena le perdiamo di vista, io e Gino ci guardiamo soddisfatti. E lui mi fa.
– Ho messo la registrazione automatica. Tutte le telecamere sono in funzione. Dovrò lavorare un bel po’ per montare il film. Ma forse ne farò più di uno. Pensavo di farne uno per ognuna di queste troie che sono qui con noi.
Gli esprimo il più pieno sostegno e poi gli faccio.
– Vorrà dire che faremo un festival a cui inviteremo tutti gli amici.
– Idea geniale! ‘ Conclude Gino.

…continua…. All’improvviso riemerge Cristina da sotto. Stranamente ha addosso un camicione nero di cotone che la copre tutta.
Come la vede Gino mi fa l’occhiolino e mi dice:
– Sai mi hai fatto venire voglia di pisciare anche a me. Cris, stenditi sul lettino a pancia sotto.
Lei lo guarda con disappunto, sta per dire qualcosa ma vede la mia espressione cattiva ed allora esegue.
Sono curioso di vedere come farà Gino con il cazzo moscio.
Gino si avvicina al lettino e lentamente solleva il camicione.
Il culo di Cristina si presenta come un forno aperto. Si vede che &egrave l’effetto delle cure del cuoco che mi ha raccontato Gino.
In piedi, Gino prende la mira e comincia a pisciare dentro quel buco enorme. Va avanti per un bel pezzo. Poi si avvicina all’interfono scuotendosi il cazzo moscio e grida:
– Concetta, vieni su con l’imbuto.
Sempre più curioso aspetto di vedere cosa succede..
Concetta si presenta sul ponte brandendo uno strano imbuto in una mano – con la punta abbastanza grossa ma la parte superiore &egrave larghissima ‘ ed un notevole cazzo di gomma nell’altra.
Gino gli indica un lettino e lei si stende, prende l’imbuto e se lo infila nel culo.
Compaiono intanto all’improvviso i due marinai (tutti e due molto robusti) – da come si muovono &egrave evidente che stanno ripetendo una manovra che conoscono bene ‘ prendono Cristina uno per i piedi e l’altro da sotto le braccia e la sollevano, la portano dov’&egrave Concetta, la rigirano e aspettano che con molti sforzi la donna svuoti le sue viscere.
Lo spettacolo &egrave affascinante. Appena finita l’operazione ridepositano la donna sullo stesso lettino dove l’avevano prelevata e spariscono così come erano comparsi.
Con grande abilità, Concetta estrae l’imbuto e si ficca il cazzo di gomma, senza alcuna difficoltà nel culo e si allontana con tutto il suo armamentario.
– Bellissimo! ‘ Esclamo davvero estasiato dallo spettacolo ‘ davvero una gran bella ed originale esibizione.
– Me lo lascia fare raramente – mi dice Gino quasi scusandosi ‘ ma quando torna con quel culo così aperto &egrave più forte di me. Devo pisciarci dentro. Quando non me lo lascia fare ci sto male. Mi ci fisso.
Ci rimettiamo comodi sul divano ed aspettiamo che inizi la cena.
Cristina, dopo una rapida escursione in bagno ‘ si vede che si &egrave lavata per bene e deve aver messo qualche crema rilassante ‘ perché si ripresenta nuda con il culo quasi richiuso: ‘quasi’.
Ma intanto sarà mezz’ora che Elena &egrave andata giù con Sue ed ancora non si vede. Alle mie domande Gino risponde che gli ha predisposto una doccia giù in sala macchine.
Non finisce ancora la frase che Elena emerge dalla scaletta con tutta la faccia, i capelli, i seni inondati di sperma.
Scoppio in una fragorosa risata.
– Proprio una bella doccia. Poi rivolto ad Elena ‘ E tu cagna, non permetterti di sederti a tavola, mettitici sotto e aspetta che ti butti qualcosa.
Ubbidiente la ragazza si cala in ginocchio e si intrufola sotto il tavolo sistemandosi proprio come un cagnolino.
Arriva la cena e conversiamo amabilmente per tutta la sua durata. Ogni tanto butto qualcosa da mangiare per terra sotto il tavolo. Elena raccoglie con la lingua e mangia quello che riesce. Gli faccio portare una ciotola e ci metto vino bianco, ma prima di metterla sotto il tavolo ci piscio dentro.
Elena con la lingua cerca di ingurgitare il liquido. E’ stupenda.
Finita la cena, consento ad Elena di andarsi a ripulire. Torna dopo un ventina di minuti.
E’ splendida. Il suo portamento &egrave maestoso. Nonostante lo sforzo cui &egrave stata sottoposta oggi, si staglia alla luna che sembra una statua. Ha indossato un top leggerissimo ed un tanga minuscolo.
Viene a sedersi ai miei piedi ed io la invito a giocare un po’ con Cristina. Lei subito esegue. Comincia a leccare le enormi tette della donna. Dico a Gino di chiamare anche gli altri dell’equipaggio per movimentare la serata.
Arrivano subito le due ragazze e Malu, il mozzo. Come vedono Elena in difficoltà con Cris le due donne si lanciano anche loro a leccargli: una l’altra tetta, l’altra la figa.
Malu, con evidenti segni d’impazienza, aspetta. Il suo cazzo già rigido fa capolino a metà coscia alla fine del bermuda. Gino gli fa un segno e lui accenna a gettarsi su Elena ma Gino gli indica Cristina.
Lui si posizione davanti a lei e gli caccia il cazzo in bocca.
Da sotto arrivano anche gli altri. I due marinai si cacciano dietro le due cameriere e le inculano, arriva il Comandante che lo mette nella figa di Elena alla pecorina.
Io mi alzo e mi infilo anch’io. Invito Roberto, il Comandante, a passare davanti ad Elena per chiavarla così che io possa ficcargli il mio cazzo nel culo.
La sensazione di sentire un altro cazzo che entra nel suo corpo mi inebria.
Ho cominciato a stantuffare da parecchi minuti quando da sotto emerge Rosario il cuoco.
E’ nudo. Il suo cazzo &egrave mostruoso. Sicuramente più di 30 cm di lunghezza, ma sarà anche 14/16 cm di larghezza.
Si stende per terra con il cazzo svettante. Come ad un segnale i due marinai abbandonano la piacevole inculata delle due cameriere e si avvicinano ad Elena, con delicatezza mi spostano ed anche il Comandante si sposta.
Sollevano la ragazza come un fuscello e la portano sul mostro. Come gatte in calore le tre donne si portano intorno per gustare meglio lo spettacolo e collaborare come possono.
Cristina lecca voracemente la figa di Elena per lubrificarla, poi si rivolge al mostro e senza riuscire ad imboccarlo cerca di riempirgli il cazzo di saliva.
Lentamente i due marinai abbassano la vittima sullo strumento del suo supplizio.
Anch’io mi avvicino per vedere se davvero quel mostro riesce a violare il mio amore.
E’ pazzesco lo sforzo di Elena, però lentamente la cappella si sta facendo strada nella sua figa.
L’operazione &egrave molto lunga. Dopo molti tentativi la cappella &egrave dentro. Il biscione comincia ad affondare con una certa facilità.
Sto venendo ancora senza neanche toccarmi. Lo spettacolo &egrave stupendo.
Non mi accorgo che sotto di me si &egrave infilato Gino ed ha cominciato a raccogliere con la lingua lo sperma che mi sta uscendo. Senza pensarci gli prendo la nuca e con un colpo gli affondo il cazzo in gola.
Ecco. L’orgasmo a questo punto mi sconquassa.
I fiotti di sperma diventano molto più intensi e più pieni. Mi svuoto ancora una volta.
Il mostro ha compiuto la sua opera. Le chiappe di Elena poggiano sulle palle del cuoco.
Molto lentamente Elena ha cominciato a muoversi avanti ed indietro. Ha le pupille dilatate come fosse drogata. Una schiumetta bianca gli contorna gli angoli della bocca.
Cristina scavalcando la testa del cuoco porge la sua figa ad Elena. Lei non la vede nemmeno. Cristina deve spingergli la testa sopra perché lei cominci a leccare. Concetta e Sue hanno invece preso a leccare ognuna una delle due meravigliose tette della mia ragazza. Della mia prossima moglie.
Mi sento svuotato dalla tanta eccitazione provata. Gino mi sta leccando il culo. Il cazzo come a comando ha ripreso vita.
La lingua di Gino mi penetra. Il cazzo &egrave tornato duro.
Ad un cenno di Gino, Cristina viene verso di me. Si mette alla pecorina e mi dice:
– Mettimelo alla percorina. Ed abbassando la voce ‘ E con le mani fai come prima.
Eseguo come un automa.
La fotografia che emerge &egrave: Elena impalata sul cuoco con le due donne che gli leccano le tette che nel frattempo sono state reinculate dai due marinai che hanno lasciato Elena al suo godimento; Roberto il comandante ha messo il suo cazzo in bocca ad Elena che succhia come una pazza; io sono con il cazzo nella figa di Cristina e le due braccia infilate nel suo culo, mentre lei sta spampinando Malu; chiude Gino che ha ripreso ad infilarmi la lingua nel culo.
Mi riprendo che sono disteso sul letto della mia camera con Elena vicina che dorme con la soddisfazione disegnata sul volto.
Guardo il mio orologio e sono le tre e trenta.

Scivolo silenziosamente giù dal letto e lentamente apro la porta della cabina ed esco.
Ho bisogno d’aria fresca. Vado sul ponte. L’aria della notte &egrave come una sferzata. Nudo mi appoggio alla balaustra e comincio a ripensare a quanto sta accadendo su questa barca.
Penso che sia una follia. Una stupenda follia. Così come una follia sarà sposare una ragazzina come Elena. Ma mi sento veramente convinto che lei &egrave la donna che ho sempre sognato per compagna.
Uno sciabordio d’acqua mi distrae. Non viene dal mare. Mi guardo intorno e presto più attenzione ai suoni della notte e capisco che arriva dalla piscina che si trova al piano di sopra.
Lentamente salgo i gradini della scaletta fino ad arrivare con la testa a vedere cosa succede.
Lo spettacolo &egrave inaspettato. Disteso a morto sull’acqua della piscina, Gino viene inculato da Malu. Il nero sta pompando con violenza nel suo culo. Al suo fianco c’&egrave Cristina che subisce la stessa sorte a cura di Rosario il cuoco; sul bordo della piscina Sue &egrave alle prese con gli altri tre cazzi dell’equipaggio, uno in ogni orifizio.
L’unica che si sta masturbando violentemente con un grosso cazzo di lattice infilato nel culo &egrave Concetta.
Dio che squadra &egrave questa? Penso in testa a me.
Lentamente ridiscendo i gradini; non penso di riuscire a soddisfare qualcun altro ora. Forse fra un paio di ore vediamo.
Ritorno silenziosamente in cabina e mi infilo sotto le lenzuola e mi lascio cadere in un profondo sonno che spero sia ristoratore.
C’&egrave il sole che entra dall’oblò quando mi sveglio. Sento Elena sotto la doccia ma non ho ancora voglia di alzarmi. Scosto il lenzuolo e resto così nudo sul letto.
Dopo poco sento la porta aprirsi ed entra Concetta con un largo vassoio con ogni ben di dio. Caff&egrave, latte, burro, marmellata, nutella, croissant freschi e ciambelle calde; due ciotolette colme di crema zabaione al marsala.
Mentre apparecchia gli chiedo:
– Senti Concetta, ma su questa barca &egrave sempre così?
– Quasi signore. ‘ mi risponde mentre con grande efficienza apparecchia il tavolino per noi due ‘ A volte, quando ci sono molti più ospiti &egrave anche peggio.
– Ma a te va bene? ‘ gli chiedo curioso.
– Beh, perché no. La paga &egrave ottima e ci si diverte alla grande. Anche lei mi sembra si sia divertito ieri.
– Certo, ma per me era la prima volta? ‘ Quasi a scusarmi.
– Sa signore, il sesso col tempo diventa una dipendenza, una piacevole dipendenza. Se ci metti l’anima oltre al corpo, lui ti cambia la vita.
– Grazie Concetta. ‘ gli faccio riconoscente delle confidenza.
Lei mi sorride ed avendo terminato il suo compito mi fa un inchino ed esce.
Elena entra in quel momento e vedendo la tavola imbandita lancia un grido di gioia.
– Sono affamatissima, amore. E si siede a tavola con un croissant già in bocca per metà.
Anch’io mi alzo e mi metto a mangiare. Quando abbiamo terminato la colazione vado a fare una doccia, indosso un costume ed esco con Elena che indossa solo un minuscolo tanga color argento.
Arrivati sul ponte troviamo i nostri amici intenti a giocare a carte.
Ci invitano ad una partita di ‘Burraco’ che iniziamo tranquillamente.
– Come state stamattina? Fa Gino rivolto a noi due.
– Benissimo ‘ risponde subito entusiasta Elena ‘ in perfetta forma.
– Bene ‘ fa lui con occhio sornione mentre sottocchio mi guarda per scoprire le mie reazioni. Vedendo che non reagisco continua ‘ perché stamani ci incontriamo al largo con un’altra barca dove ci sono degli amici che vorrei farvi conoscere.
Il sorriso sulla mia faccia &egrave più che eloquente. Elena mi guarda con una certa preoccupazione e poi mi fa:
– Devo mettere in atto qualche accorgimento per l’occasione, padrone?
Come richiamata ad un dovere, anche Cristina a bassa voce mi chiede:
– E per me ci sono disposizioni, padrone.
– Niente di particolare. Vorrei che reindossaste i vostri giocattolini ‘ e possibilmente, soprattutto tu, Cris, preparati bene, anzi fatti aiutare da Elena e fatti un bel clistere. Non vorrai far fare a me e Gino una figuraccia con gli ospiti?
– No padrone. Fa lei con un tono sempre più sincero e sottomesso. Anche i suoi occhi sono molto meno fieri di ieri.
– Allora potete andare grandi troie.
Le due donne si alzano dal tavolo e scompaiono.
Gino mi guarda indagatore e mi fa:
– Ho apprezzato che stanotte non ti sia fatto vedere. E’ un aspetto di questa esperienza di cui non vado particolarmente fiero. All’inizio &egrave stata Cris ad ordinarmelo, ma adesso ad essere sincero &egrave l’unico godimento fisico che riesco a provare.
Lo guardo serio, ma rilassato.
– Sei un amico. Puoi stare tranquillo. Avevo intuito qualcosa quando ieri sera hai partecipato anche tu al gioco. Ma non preoccuparti non ho alcun imbarazzo o inibizione.
– Forse, allora, quando ci saremo conosciuti meglio potresti fare anche tu qualcosa per me.
– Mai dire mai. Amico mio. ‘ gli rispondo con un sorriso.
Arriva intanto sul ponte Roberto, il Comandante. In uniforme, si rivolge a Gino per avvisarlo che lo ‘Sparviero del mare’ &egrave all’orizzonte.
– Benissimo amico mio. Faccia chiamare le signore che ci prepariamo a lasciare la barca.
Non capendo perché dobbiamo noi lasciare la barca, mi alzo e faccio per dire qualcosa. Ma Gino mi ferma con una mano.
– Il loro sistema di telecamere &egrave migliore. Hanno anche il sonoro.
Rido di gusto alla precisazione ed annuisco.
Le due donne appaiono ambedue con un camicione addosso, Elena bianco, Cristina nero.
I marinai si danno da fare a mettere in mare la lancia, un sei metri, e quando sono pronti ci danno l’ok per l’imbarco.
Lo Sparviero ora &egrave abbastanza vicino da vederlo bene ad occhio nudo. Un tre alberi bellissimo. Così da lontano l’avrei scambiato per l’Amerigo Vespucci, la nave scuola dell’accademia di Livorno della Marina Militare.
Sulla scialuppa su cui siamo vedo avvicinarsi lo Sparviero, &egrave enorme.

…. continua …. Per fortuna il mare &egrave una tavola. In mare aperto la più piccola onda ti crea dei movimenti che la lancia fa fatica a governare. Finalmente abbordiamo il veliero.
Ci saliamo attraverso la scaletta che &egrave sul lato di babordo e quando siamo a bordo la bellezza &egrave ancora maggiore.
Innumerevoli ottoni luccicano al sole. I marinai devono essere molti di più di quelli che ci sono sulla barca di Gino e, sono tutti in divisa.
Ne conto sei in movimento sul ponte e sento altre voci dalla sentina di prua.
Quando siamo tutti a bordo, uno dei marinai ci fa strada verso una porta che introduce al salone delle feste.
E’ proprio quello che chiamano! Un enorme salone, addobbato come per un fine d’anno, con pedana per l’orchestra, una decina di tavoli ovali, ognuno apparecchiato per otto persone.
Sul fondo due figure ci vengono incontro.
Sono incantato da quella femminile. Avrà trent’anni si e no, un semplicissimo vestitino aderentissimo di seta nera, fascia un corpo che ci pare modellato dentro. Sicuramente &egrave alta meno di un metro e sessanta, ma le proporzioni sono perfette. Un viso leggermente allungato con due occhi a mandorla color blu mare ed un bocca con due labbra stupende. Un caschetto nero di capelli sormonta il tutto.
In qualche modo mi ricorda la Valentina dei fumetti.
Il collo del vestito, alla coreana, ha una larga apertura all’altezza dei seni che ne escono abbondantemente facendo intravedere i capezzoli. Elena che si &egrave accorta che sono rapito da quella figura, mostrando una certa gelosia, mi sussurra all’orecchio che sono rifatte. La fulmino con uno sguardo e lei abbassa gli occhi e da quel momento non esiste più.
Mentre ci saluta, mi accorgo che anche sulla schiena c’&egrave un abbondante apertura che arriva a metà delle natiche che si presentano molto in fuori, come un mandolino capovolto. Gloria &egrave il suo nome. L’uomo che l’accompagna, che sta già scherzando con Gino su come sono rimasto di stucco, mi tende la mano.
– Sono Alfredo, chiamami Fred, molto piacere.
Come risvegliato da un coma, mi giro e lo guardo. Un pezzo di marcantonio alto più di un metro e novanta. Due spalle atletiche con muscoli ben scolpiti che si intravedono sotto la aderente maglietta.
Due gambe che sembrano quelle del colosso di Rodi ed un sorriso smagliante stampato sulla faccia.
– Piacere, Sergio. ‘ Rispondo, tornando finalmente sulla nave insieme agli altri.
– Vedo che Gloria a fatto un certo effetto su di te.
– Ne sono rimasto piacevolmente colpito. ‘ Dico cercando di assumere un atteggiamento più disinvolto.
– Bene. Ciao Cris, allora, &egrave questo il gioellino nuovo? ‘ indicando Elena.
– Si Fred. Ti assicuro che &egrave una promessa.
– Allora bisognerà farla partecipare ad una delle nostre serate d’onore.
– Quando sarà il momento ‘ interviene Gino stoppando bruscamente la discussione.
– Accomodatevi. Ci fa Alfredo mentre ci indica un’altra saletta più piccola dove ci sono diversi divanetti accostati al muro con al centro una pedana molto più piccola di quella che abbiamo visto.
– Credo che se siete d’accordo possiamo rilassarci un poco in compagnia.
Così dicendo ci fa accomodare.
Gino, mentre si siede dice:
– Direi di saltare i preamboli che non servono. Ragazze sulla pedana. Sergio comincia lo spettacolo.
Elena, Cristina e Gloria salgono sulla pedana. Le luci della sala diventano più soffuse, alcuni faretti invisibili illuminano la pedana, una musica sensuale comincia a diffondersi nella saletta.
Io accendo i telecomandi degli strumenti, che hanno le mie ragazze dentro il loro corpo, alla intensità più bassa. Alfredo fa segno a Gloria che inizia una sinuosa danza che accompagna il suo stupendo strip-tease. La giovane donna fra un movimento e l’altro, ora tasta Elena, ora bacia Cristina che invece si sono liberate rapidamente dei loro camicioni ed hanno cominciato una lenta danza fatta di strane contorsioni in cui il ritmo della musica si confonde con le vibrazioni degli strumenti che stanno facendo salire la loro eccitazione, già pericolosamente vicina al primo orgasmo.
La scena &egrave molto arrapante. Gloria si slaccia dietro il collo un bottoncino e lentamente si scopre tutto il seno.
Due vere e proprie palle da bowling, Elena comincia a succhiargli un capezzolo.
Lentamente, al ritmo della sensuale musica, il vestito continua a scendere ai fianchi della bella ragazza.
Girandosi di spalle, aiutata dalle mani di Cristina il vestito nero scivola ai suoi piedi.
Le sue forme ed i muscoli ben definiti rendono evidente la cura del corpo che si persegue con palestra e massaggi.
La ragazza rimane con un body che ha due spalline sottili che scendono fino ai fianchi dove reggono una mutandina che copre solo il davanti, sul retro un filo fra le belle e tonde chiappe.
Gloria si gira che ha già i due pollici infilati sotto le spalline e con un gesto molto professionale si sfila l’indumento facendolo scivolare ai suoi piedi.
Per me &egrave uno shock. Trattenuto sulla pancia da una sorta di nastrino rosso si erge un lungo, anzi lunghissimo cazzo.
Ne sono affascinato. Non &egrave per niente grosso, anzi &egrave molto ‘ come dire ‘ snello; però mi attrae la sua lunghezza. Non riesco ancora a quantificarla però &egrave lungo.
Gli supera abbondantemente l’ombelico.
Con un gesto aggraziato anche il nastrino rosso cede. Il cazzo si distende in posizione più naturale, &egrave come una proboscide. Elena si &egrave fermata nonostante avesse da poco iniziato un orgasmo. E’ incantata a bocca aperta a guardare la strana creatura con un corpo da splendida donna ed un cazzo da far invidia a molti uomini.
Aveva ragione, le tette erano rifatte, anzi finte. Ma fatte proprio bene.
Sempre danzando con dolci movimenti aggraziati, Gloria attira a se Elena e, mentre comincia a limonare con la sua lingua, la cinge a se e comincia un languido ballo lento, avendo cura che la bestia trovi la giusta posizione fra le gambe della ragazza.
Cristina esclusa, nonostante i suoi due strumenti siano in funzione ha preso una bottiglia di coca cola che era su un banco bar e se la sta infilando e togliendo rapidamente da dentro la figa.
Porto alla massima intensità le sue macchienette e l’effetto si vede. Stramazza a terra e comincia a contorcersi come una bestia in calore.
Incuranti le altre due donne sono rapite in una danza che le vede abbracciate strettamente con la bestia di Gloria che passando fra le gambe di Elena esce alla sue spalle per altri buoni dieci centimetri.
Con un movimento dolcissimo Gloria spinge Elena ad inginocchiarsi ai suoi piedi e lei non si fa pregare.
Facendosi strofinare la bestia lungo tutto il corpo come per entrarci in confidenza, lentamente arriva alla sua punta.
Con la lingua comincia a saggiarne il sapore, poi la sua consistenza ed infine la sua lunghezza.
La lingua impiega un tempo che pare interminabile per percorre tutto quel cazzo. Poi risale e lo imbocca per quanto può.
Va avanti ed indietro per un tempo che sembra interminabile e finalmente arriva il primo nettare che quella creatura speciale può offrirgli.
Intanto Cristina che deve aver raggiunto il suo quinto sesto orgasmo sta letteralmente rotolandosi a terra per cercare di trovare un poco di riposo.
Colto da un attimo di umanità spengo gli interruttori.
Cristina distesa a terra come fosse in croce rimane immobile con gambe e braccia aperte e con gli occhi rivoltati all’insù.
Gloria, a cui Elena ha fatto letteralmente un bid&egrave dopo che ha eiaculato, &egrave di nuovo in tiro e scostando Elena si inginocchia fra le gambe di Cristina, toglie la farfallina che era applicata alla clito, sfila la bottiglia di coca cola e infila la sua bestia nel forno, ormai sfatto dagli orgasmi, di Cristina.
Con un movimento lento e profondo Gloria comincia a pompare la donna matura, incurante che sembri svenuta. I suoi colpi si fanno sempre più decisi e profondi. Ormai la biscia entra fino alla sua radice, in qualche colpo pare che insieme al cazzo, nella figa di Cristina, entrino anche i coglioni – che non sono proprio piccoli.
Occorrono venti minuti di questo trattamento e altrettanti di leccamenti vari che intanto Elena a cominciato a fare sulle eccessive tette della femmina perché questa dia la sensazione che qualcosa stia accadendo. Dopo un altro periodo di tempo indefinito Cristina reagisce al trattamento e comincia ad abbracciare la ragazza che la sta chiavando e inizia a partecipare attivamente a questo spettacolo che ha letteralmente inchiodato i tre uomini sui loro divanetti.
Con una certa calma, Alfredo, si sfila il pantaloncino e mette in mostra un arnese molto ma molto più piccolo di quello della sua compagna.
Se lo massaggia fino a quando lo sente ben disteso e sufficientemente duro e come se fosse la cosa più naturale del mondo, tira per il braccio Gino verso di lui e gli spinge su la testa.
Con un po’ di imbarazzo iniziale, dopo avermi dato un occhiata – a cui rispondo con un sorriso rassicurante – lui comincia una pompa convincente su quel cazzo che non &egrave il migliore sulla piazza in quel momento.
Sentendomi un po’ come messo da parte, decido di prendere anch’io l’iniziativa e tirato giù il pantaloncino, con il cazzo già bello duro da parecchio, vado alle spalle di Gloria e completo un bel trenino cominciando ad incularla.
Non ci metto troppo tempo a venire perché lei, che intanto aveva iniziato a riempire di sperma la figa di Cristina, nell’eiaculazione contraeva i muscoli del culo al ritmo della sua sborrata.
Gli scarico una abbondante dose di sperma nel buco.
Lentamente mi riporto sul divanetto e trovo Gino seduto a terra fra le gambe del giovane che si lecca le labbra mostrando di aver gradito l’offerta.
Gloria e Cristina sono come svenute una sull’altra, con Gloria che ha ancora la sua bestia nella pancia dell’altra donna. L’unica che sembra aver ancora cartucce &egrave Elena a cui la bassa intensità del movimento dello strumento non ha provocato evidentemente orgasmi sufficientemente soddisfacenti.
Porto al massimo l’intensità del giocattolo e mi lascio sprofondare in un sonno ristoratore.
Quando dopo qualche tempo indefinito riapro gli occhi tutti dormono mentre solo Elena continua a contorcersi a terra come una cagna in calore. Ha umori che escono da tutti i suoi orifizi. Attorno a lei c’&egrave un lago umido di umori sparsi. Spengo la macchinetta e lei &egrave come se svenisse.
Sono le quattro e mezza di pomeriggio che, sei fra camerieri e cameriere, vengono a svegliarci con caff&egrave, paste, crema zabaione, ciambelle calde e succhi di frutta freschissimi.
Dopo esserci rifocillati Alfredo ci invita ad utilizzare i bagni per darci una rinfrescata e così siamo pronti per ritornare a bordo della barca di Gino.
Lasciamo Alfredo e Gloria da vecchi amici, abbracciandoci e baciandoci, e proprio mentre bacio Gloria, questa, carezzandomi l’uccello, all’orecchio mi dice:
– Guarda che ho un credito con te. Appena possibile esigerò di riscuoterlo.
E mi lascia andare accarezzandomi il culo.
Un brivido mi percorre la schiena. Mentre in lancia torniamo verso la barca, Gino mi dice che Gloria non lo da mai via il culo. Fra lei ed Alfredo l’uomo lo fa lei e chi lo prende nel culo &egrave Alfredo. E poi &egrave lei che ha i soldi. Possiede un’azienda che produce semilavorati in acciaio. Solidissima.
Mi scopro che la cosa non mi meraviglia. Comincio a capire che in questo giro di amicizie non dovrò meravigliarmi mai di niente.
Appena siamo a bordo, Roberto ‘ il Comandante ‘ ci comunica che prenderemo subito la rotta per il ritorno perché &egrave previsto un repentino cambiamento delle condizioni climatiche.
Nel giro di un’ora siamo di nuovo in porto. Con un bacio in bocca a Cristina, una forte stretta di mano a Gino, un saluto a mano aperta a tutto l’equipaggio, io ed Elena lasciamo la barca che ci ha fatto vivere il week end più godurioso della nostra vita. Mentre ci allontaniamo, vediamo Rosario il cuoco che emerge in coperta. Elena si lascia scappare un sospiro..
Mentre in macchina torniamo verso casa dico ad Elena:
– Dobbiamo darci delle regole per il nostro sesso, altrimenti ho paura che prima o poi scoppiamo.
Lei annuisce.
– Faremo non più un week end così impegnativo al mese, gli altri tutti più tranquilli in casa. Questo non vuol dire niente sesso, vuol solo dire un po’ di maggior moderazione.
Elena continua ad annuire.
– Durante la settimana, tranne particolari eccezioni, oppure occasioni esterne che dovessero capitarci, faremo riposo perché io devo lavorare e tu devi studiare. Voglio che tu finisca il liceo e ti iscriva all’Università. Al massimo ci concederemo qualche giochino.
Lei mi guarda con riconoscenza e mi dice un sommesso:
– Grazie amore mio.

… continua ….. Mi sveglia un fastidioso rumore, ancora una volta come accade da qualche giorno, il sole ha già raggiunto un’altezza che mi fa capire che &egrave molto tardi.
Dopo un po’ realizzo che &egrave il telefono che suona. Cristo! devo vedere i due candidati all’assunzione.
Mi butto giù dal letto e rispondo. E’ Barbara che, incazzatissima, a bassisima voce mi fa:
– Si può sapere dove cazzo sei andato a finire? Il ragazzo &egrave qua che aspetta da oltre un’ora ed ora &egrave arrivata anche la ragazza.
– Digli che ho avuto un incidente e sono in arrivo. ‘ butto giù il telefono e corro a vestirmi.
Alle 11.40 entro in ufficio. Porto gli occhiali scuri per darmi un tono, do una occhiata ai due giovani seduti sul divano d’attesa e vado nel mio ufficio facendo cenno a Barbara di seguirmi.
Lei cerimoniosa mi segue con blocco e penna cominciando ad elencarmi una quantità di impegni fasulli.
Come siamo dentro chiudo la porta ed incarico Barbara di mandare un bellissimo mazzo di fiori alla moglie dell’ing. Galvani. Poi gli chiedo se ha provveduto a far fare le solite indagini di routine sui due ragazzi che sono di la.
Senza rispondere, dal suo blocco, tira fuori due informative che l’agenzia di investigazioni a cui normalmente ci rivolgiamo ha già provveduto ad inviare via fax.
Gli dico allora di darmi cinque minuti e poi di far entrare la ragazza, per cavalleria si intende.
Guardandomi storto, lei risponde:
– S’intende. ‘ Ed esce dalla stanza richiudendosi la porta alle spalle.
Le informative in genere non sono altro che chiacchiere o pettegolezzi che vengono raccolti sulle persone che ci interessano. Ma soprattutto cercano di descriverne il carattere.
Vedo quella della ragazza, Cinzia, che ho scrutato essere una bella rossa abbastanza in carne. 27 anni, una laurea e due master (di cui uno ad Harvard) fanno capire che &egrave una figlia di papà. Carattere positivo ma non molto stabile. Potrebbe risultare psicologicamente fragile.
Il ragazzo, Bruno, 30 anni, due lauree e master alla Bocconi grazie alla borsa di studio. Mi era sembrato, entrando in ufficio, che avesse una faccia da topo. Due occhialetti su un viso emaciato con della peluria sotto il naso. Sull’informativa si leggeva. Mente brillante ma incapace di relazioni. Insoddisfatto e frustrato sul piano sessuale &egrave stato sorpreso a masturbarsi in un cinema seduto a fianco ad una signora di circa cinquant’anni. Denuncia ritirata per intercessione del parroco.
Bussano alla porta, al mio avanti, Barbara introduce la ragazza.
Effettivamente &egrave bella pienotta. Ha una folta capigliatura di ricci di un rosso esagerato. Alta non più di un metro e sessanta, ha della cellulite che si vede sui fianchi.
Ha una gonna a tubino nero con spacco laterale che accentua la sensazione di grasso eccessivo sui fianchi e sopra indossa una camicetta bianca sbottonata vezzosamente giusto fino a far intravedere il costoso reggiseno di pizzo traforato. Sopra una giacca nera con un bottone che le valorizza il seno che sembra voler straripare.
La faccio accomodare di fronte a me, e lei mette in mostra una sicurezza che certamente non ha. Accavalla le gambe e la gonna sale fino a scoprire il bordo delle autoreggenti. Facendo finta di aggiustarsi fa si che la gonna vada su quel tanto che compaia anche una piccola striscia di pelle bianca.
La stronza gioca la carta della seduzione.
Gli faccio un paio di domande tecniche a cui risponde con competenza. Poi con decisione gli dico:
– Ok, vada di la, si tolga le mutandine ed aspetti che la richiamo.
Rossa in viso sta per farfugliare qualcosa che io ho già acceso l’interfono per dire a Barbara di far entrare il ragazzo. Confusa si alza ed esce dalla stanza.
Appena entra, il topo mi aggredisce dicendo:
– Potevate fare a meno di farmi perdere tempo, visto che le interessa più l’aspetto che le competenze.
Senza alzare gli occhi dal suo curriculum gli rispondo:
– Siediti stronzo. E non ti permettere più di usare quel tono con me.
Stramazza sulla sedia e non dice più una parola.
Dopo alcuni minuti che faccio finta di rileggere il curriculum gli chiedo:
– Quanto sei bravo.
Lui mi guarda spaesato e farfuglia qualcosa.
– Mi dici perché dovrei prendere con me un segaiolo come te?
Il giovane non riesce a dire più una parola. Il suo viso e paonazzo. Stringe i pugni facendosi venire le nocche dalle dita bianche, ma non riesce a profferir parola.
Poi, così all’improvviso, gli faccio una complicata domanda tecnica.
Come se fosse un’altra persona, mi risponde immediatamente, con una precisione e capacità d’analisi assolutamente oltre la norma.
Adesso &egrave tornato normale. La sua mente &egrave tutta presa dalla prossima domanda che farò.
Invece gli dico:
– Ho deciso che vi prendo tutti e due. ‘ all’interfono dico a Barbara di far entrare la ragazza. Appena questa entra, gli indico di sedersi proprio di fronte a me, e se anche lei tenta di stare seduta come una santarellina si vede chiaramente che si &egrave tolta le mutandine. Il pelo rosso della figa la tradisce. Ripeto anche a lei la mia intenzione.
– Bruno assumerà il ruolo di mio vice e tu Cinzia gli farai da assistente. Vi raccomando però che nella mia squadra io pretendo affiatamento e solidarietà completa, oltre chiaramente ad un ubbidienza e fedeltà cieca nei miei confronti. Se ve la sentite il posto &egrave vostro. Partiamo con 1.500’ a testa e fra un anno vediamo se ho indovinato come utilizzarvi per avere da voi il meglio.
I due ragazzi mi ascoltano a bocca aperta. Bruno &egrave il primo che si riprende e facendo una sorriso a trentadue denti si spertica in assicurazioni che per me si farà uccidere o torturare. Gli dico di non esagerare e poi chiedo a Cinzia se &egrave d’accordo. E lei con un filo di voce mi dice:
– Disponga di me come vuole, dottore.
Ed io trionfante in cuor mio gli faccio:
– Perché non cominci a darla a Bruno, così vi conoscete subito approfonditamente e sicuramente ne trarrete benefici anche sul lavoro. Senza contare che potrebbe essere anche divertente.
Lei diventa rossa fino a confondere il colore del viso con quello dei capelli e poi con un filo di voce:
– Come vuole lei dottore.
– Allora Bruno, mi raccomando prima portala a pranzo in un posto decente. Anzi per festeggiare, il conto portalo a Barbara e digli di metterlo sulle spese di produzione.
Escono rossi in viso tutti e due e vanno via senza neanche salutare Barbara la quale, quando esco dal mio ufficio, mi chiede:
– Me che gli hai fatto a quei due per ridurli così?
– Niente. Li ho assunti.
– Tutti e due? – Mi fa lei come una balia premurosa – non &egrave eccessivo?
– Ma dai, ho bisogno di una mano. Il lavoro cresce ed io non ho più l’entusiasmo e la forza per star dietro a tutto.
– Si! Si! ‘ fa lei sorniona ‘ poi il signorino deve mettere su famiglia.
Gli tiro dietro i due curriculum dei ragazzi e gli dico che vado via, senza prima avergli ricordato i fiori per la moglie di Galvani:
– Già fatto, capo.
Allora esco soddisfatto.
Vado a pranzo da Agnese, che quando mi porta il dessert si viene a sedere vicino e mi chiede con fare ruffiano.
– Rinnoviamo il guardaroba, eh dottore? Però proprio un bel bocconcino ha trovato.
Con Agnese anche altre volte ci siamo scambiati intimità sulle nostre vicende amorose, passate (le sue), presenti (le mie). Per me &egrave diventata come una psicologa a buon mercato che con il buon senso dell’esperienza mi permette di mettere in fila i casini della mia vita.
Ma questa volta gli dico subito che &egrave diverso.
Dopo avermi ascoltato attentamente, lei mi guarda pensierosa e mi dice:
– Stia solo attenta che la farfalla non prenda il volo. Comunque mi faccia sapere quando vi sposate, non vi farò mancare un mio ricordino. ‘ E mi guarda con malizioso divertimento.
La ringrazio e dopo aver pagato mi avvio verso casa.
Arrivo che non sono ancora le quattro e trovo Virginia ancora intenta a far le pulizie.
Ragazzi che sventola con la vestaglietta di cotone a giro manica molto largo che indossava. Era aperta per larga parte su tutto il davanti. Aveva solo un paio di bottoni chiusi. La saluto e gli chiedo se quando ha finito può fermarsi che voglio parlargli. Lei mi dice di si e che in camera da letto ha finito, perciò se voglio riposare posso anche mettermi a letto che quando finisce viene a chiamarmi.
Vado in camera, mi tolgo il vestito e rimasto solo con i boxer e la canotta, mi stendo sul letto e chiudo gli occhi.
Mi sveglia Virginia che si sta stendendo nuda a fianco a me. La guardo più con curiosità che con altri sentimenti. Lei mi dice:
– Stamattina ho parlato a lungo con Elena. Mi ha detto di che razza di porco si &egrave innamorata. E mi ha detto che vuoi anche me.
Senza pensarci rispondo:
– Certo che ti voglio. Non vedo perché tu debba buttar via la tua vita, la tua voglia, solo per paura. Qui sarai protetta da tutti. Tutto ciò che vorrai darmi sono disposto ad accettare. Io non ti chiederò mai niente. Solo una cosa me la devi promettere. Starai vicino ad Elena e la aiuterai a crescere. Ha bisogno di una madre.
– Lo farò, perché &egrave troppo tempo che non vedo un cazzo vero. Ma tu promettimi che non lascerai mai Elena. Se dovesse perderti non resisterebbe ‘ e continua con un minaccioso ‘ ed io ti taglio le palle e te le infilo in gola.
– Non ti preoccupare ‘ dico con un filo di preoccupazione nella voce – puoi starne certa, sono proprio innamorato di lei.
Detto questo, infila la mano destra nella gamba del boxer e mi tira fuori il cazzo.
Dopo parecchi movimenti verso l’alto e verso il basso, appena ha preso consistenza mi scavalca con una gamba e se lo infila nella figa.
Comincia con un movimento lungo e profondo. Ha la testa alzata verso l’alto e gli occhi chiusi. La sua figa &egrave già un lago di umori.
Ad un certo punto le monta un improvviso orgasmo e comincia scuotersi tutta. Da sotto, con molta fatica, cerco di assestargli dei colpi affinché possa goderselo come si deve.
Quando ha finito smonta e con un viso soddisfatto mi dice:
– Grazie. Era tanto che non lo avevo. Ora penserò anche a te.
E detto fatto mi comincia un pompino da manuale. Con le unghie corre lungo la venatura del cazzo e con la lingua mi lavora la cappella in maniera dolcissima.
Quando il suo dito affusolato viola il mio culo e comincia a roteare furiosamente dentro di esso, &egrave come se si fosse scatenato un tornado. L’orgasmo mi prende all’improvviso. L’ano si serra sul quel dito indiscreto e dal mio cazzo esce un mare di sperma che Virginia ingurgita avidamente. Quando non riesce più a trovare alcunché da ingoiare, mi lecca ancora qualche colpo per finire di pulirmi e poi si tira su.
– Ricordati di avvisarmi per tempo quando vuoi che partecipi con te ed Elena o con chi vuoi. Ho un bimbo da sistemare, se sto fuori la notte devo trovare la baby sitter.
La assicuro che la avviserò sempre per tempo e la congedo.
Visto che sono a letto decido di approfittarne per fare un riposino. Virginia mi ha scaricato per bene. Ma nonostante mi ci metta d’impegno non riesco ad addormentarmi. Il pensiero della mia reazione al dito di Virginia nel culo non mi fa dormire.
Mi dico che non ha niente a che fare con i giochetti in piscina di Gino, ma &egrave inutile negare il piacere &egrave stato tantissimo.
Dovrò stare molto attento per non farmi prendere la mano. Virginia &egrave una troppo scaltra per me. Sarà meglio che la utilizzi con gli altri. A cominciare da Elena.

…… Continua …….. Mi alzo che sono quasi le 19.30. Vado in bagno, ma sento trafficare nell’altra stanza e così come sono, con il cazzo che mi pende ancora fuori dal boxer vado in sala. Nella cucina intravedo la figura di Elena indaffarata a preparare qualcosa. Poi il caratteristico profumo del caff&egrave mi fa capire cosa sta facendo. Gli vado dietro e la cingo affettuosamente. Lei si abbandona sul mio petto, poi si gira e mi bacia in bocca.
Quando si accorge che ho il cazzo fuori assume un atteggiamento da burbera maestrina e mi fa:
– Mi sembra che eri stato tu a dire che durante la settimana bisognava dedicarsi al lavoro e basta. O no?
– Ma amore, sai ho parlato con Virginia. Poveretta, aveva bisogno di essere confortata.
– Stronzo! Però adesso ogni volta che scopi qualcuna delle tue troie non nasconderti dietro Virginia solo perché sai che ho un debole per lei.
La bacio sulla bocca con molta tenerezza. Lei si abbandona al bacio e quando termino mi sorride con quel suo sorriso dolcissimo.
La aiuto a preparare la tavola per la cena ed intanto gli racconto dell’incontro con i due ragazzi.
E lei, molto interessata:
– Ma come farai a sapere se poi lui l’ha chiavata davvero.
– Beh! Che domande, lo chiederò a lei. Non saprà nascondermi nulla. Ormai &egrave in mano mia.
– E’ tanto bella? ‘ Mi chiede seria.
– Non assumere più quell’atteggiamento da gelosa. Gli dico con voce dura ‘ ricordati che sul piano sessuale hai scelto di essere la mia schiava. Io farò sempre ciò che voglio con chiunque. ‘ Poi addolcendo il tono della voce, continuo ‘ ciò che faccio con le altre però, non ha nulla a che vedere con l’amore che provo per te. Sarai sempre e solo tu la mia donna.
Rassicurata, lei si scusa per la sua stupidità e mi promette che non succederà più.
Quando siamo a tavola, mi informa che ha parlato con sua madre che a momenti aveva una crisi di nervi, e che comunque a promesso che sabato in tarda mattinata arriva qua.
Gli dico di non preoccuparsi. E lei mi assicura che non si preoccupa per niente e che anzi con lei se la vede da sola. Io gli dico che però voglio assistere e se riterrò necessario partecipare come voglio io, lo farò e basta.
Lei mi guarda strano, poi fa un cenno d’assenso con il capo.
Gli chiedo l’indomani cosa fa, e lei mi dice che &egrave libera perché le ultime prove si svolgono giovedì e venerdì.
Allora gli dico, domattina andiamo a fare shopping insieme. Lei si illumina come una lampadina e corre ad abbracciarmi come una bambina, saltandomi a cavalcioni sui fianchi.
Mangiamo uno spuntino preparato da Virginia e poi andiamo a letto e dopo qualche carezza ci abbandoniamo al sonno. Abbiamo ancora molto da recuperare del week end appena trascorso. Il sonno ci prende ancora abbracciati.
La mattina appena mi sveglio telefono a Barbara e gli do istruzioni per i due ragazzi, lei però subito mi assale:
– Cos’&egrave sta storia che devo rimborsargli il conto del ristorante di ieri?
– Ah, si! Mi ero scordato. Ho detto a Cinzia che se gliela dava a quell’imbranato di Bruno gli avrei pagato il pranzo.
– Ma che cazzo te ne frega se quei due chiavano fra di loro?
– Basta adesso, non ho voglia di litigare. Fai così e basta. Guarda che ti ho chiamato per dirti che stamattina non vengo al lavoro. Forse passo nel pomeriggio.
– Agli ordini capo. Ma si può sapere dove vai, se non sono indiscreta?
– Porto la mia ragazza a fare compere in centro.
– Buon divertimento. ‘ Fa lei con voce ironica.
– Ciao. ‘ rispondo brusco e riattacco.
Appena pronti andiamo in garage, prendiamo la macchina e ci rechiamo in centro.
Camminando sotto braccio come due fidanzatini gli dico che dovrebbe fare scorta di biancheria intima arrapante. E lei mi dice che ha il negozio giusto. La proprietaria, Virginia, gli ha assicurato che &egrave una grandissima lesbica che non se ne fa scappare una.
La guardo con faccia da scandalizzato, ma poi gli dico:
– Purché riesci a farmi vedere qualcosa.
– Farò il possibile. ‘ fa lei facendomi l’occhiolino.
Arrivati sul corso principale Elena mi porta in un anonimo negozio di biancheria intima. Gli chiedo se &egrave sicura che troverà qualcosa, e lei mi rassicura con un categorico:
– L’ha detto Virginia.
– Allora’.. ‘ rispondo io perplesso.
La donna che emerge da sotto il banco non &egrave particolarmente bella, ma &egrave sicuramente una donna di gran classe. Ha un singolare aspetto mascolino. Veste un jeans di tela ed un maglietta che le arriva sotto il piccolissimo seno. Però i capezzoli si ergono dritti come due punte. Attorno all’ombelico un sensuale tatuaggio di una farfalla. Ci squadra dalla testa ai piedi per valutare la situazione. Ma evidentemente a causa della forte differenza di età fra di noi non &egrave sicura perché ci accoglie con un formale:
– Cosa posso fare per voi?
– Vorremmo fare un po’ di acquisti di biancheria per la mia fidanzata. Dobbiamo sposarci e vorrei che si facesse un bel guardaroba. Mi capisce, vero? ‘ Faccio con un occhiolino alla signora.
– Ma certo che ho capito. Allora, vediamo come posso aiutare questa bella sposina. Risponde con un largo sorriso ammiccante.
Comincia tirando fuori una quantità inverosimile di scatole. La scelta dei primi pezzi da provare e difficile e lunga. Alla fine ci sono sedici completini da provare. Ad occhio lei fa ad Elena:
– Direi sotto una terza e sopra una quarta. ‘ dimostrando grande professionalità.
Elena annuisce e comincia ad andare nello spogliatoio.
Dopo un po’, con una caterva di scatole la signora la segue nel camerino dicendomi:
– L’aiuto a provare i completini.
Non ci mettono molto a cominciare , il respiro roco di Elena – ormai &egrave per me inconfondibile.
Dopo poco la porta del camerino di prova, si apre leggermente. Sullo specchio vedo riflesso la signora che in ginocchio sta leccando la passera di Elena che &egrave invece appoggiata alla parete e guarda lo specchio per cercare i miei occhi.
La prova dei completini dura un bel po’ di tempo. Ci vogliono oltre due ore in cui credo che Elena sia venuta almeno sei volte.
Quando usciamo la proprietaria si premura di assicurarsi che la sposina soddisfatta nei suoi desideri torni a trovarla, e quella stronza, con voce da santarellina gli risponde:
– E come potrei farne a meno, adesso che ho provato il suo eccellente servizio di prova.
Usciamo con quattro bustone enormi che propongo di depositare in macchina, così possiamo continuare. Allora come una bambina Elena mi chiede se le lascio comprare delle scarpe. Io acconsento. Quando la vedo così felice mi sento proprio bene.
Lasciata la biancheria intima in macchina Elena mi fa cenno di aspettare un attimo. Gira dietro la macchina, nel lato nascosto alla strada e la vedo accovacciarsi. Curioso allungo la testa e scopra che si sta togliendo le mutandine. Sotto la sua mini cortissima può rappresentare un’arma impropria se trova qualcuno che soffre di cuore. Faccio finta di non essermene accorto.
Dopo un po’, io resto lungo il marciapiedi a passeggiare avanti ed indietro, lei entra in un grande negozio dove ci sono una bella ragazza ed un uomo di circa la mia età, ma sicuramente meglio piazzato di me. Deve essere il padrone da come si comporta con i clienti.
Elena gira per un po’ fra le scatole poi sceglie tre o quattro tipi di scarpe. Fra cui degli stivali che arrivano alla coscia.
La ragazza la fa accomodare. Di fronte ha un grande specchio su cui dovrebbe poi guardarsi con le scarpe. Lei invece comincia ad aprire e chiudere le gambe. La ragazza appena si cala per infilargli la prima scarpa se ne accorge e quasi scappa dal padrone a dirgli qualcosa all’orecchio.
L’uomo gli fa segno di stare tranquilla, si scambia con la ragazza la cliente che stava seguendo e va verso Elena. Si abbassa con un ginocchio piegato e ‘ parlandogli con un sorriso suadente – gli infila la prima scarpa, avendo cura di fargli alzare il piede per almeno trenta centimetri.
Io che sono in strada, nello specchio vedo la sua figa aprirsi spontaneamente. Il figlio di puttana ci sa fare, penso.
Poi l’aiuta a provare le altre scarpe attardandosi con profonde carezze lungo la gamba fino al ginocchio, finché arriva agli stivali. Sempre inginocchiato su una gamba il proprietario comincia ad infilargli lo stivale e mentre tira su la lampo che dietro la gamba lo chiude fasciandogli la gamba fin su alla coscia, con l’altra mano accompagna per tutta la durata la corsa della lampo, arrivato al bordo superiore, anziché fermarsi continua a salire e riesce ad infilare le dita nella figa di Elena.
Lei. Stronza, gli sorride. Lui rincuorato gli chiede se vuol provare alcune scarpe appena arrivate, ma dovrebbe seguirlo nel magazzino che &egrave sul retro. Elena, da gran troia, gli dice di si.
Io comincio a diventare rosso per l’eccitazione. Cerco di scoprire dov’&egrave il magazzino e mi accorgo che vanno verso un lato del negozio, dove le vetrine sono smerigliate e non si vede dentro.
Tento di aguzzare la vista ma niente. Ad un certo punto, come d’incanto, sulla vetrina appaiono le mani di Elena appoggiate tutte e due e la sua bocca aperta compare sul vetro. Capisco che si sta facendo chiavare alla pecorina.
Esce dopo una ventina di minuti, rossa in viso, ma felice.
– Sai, sono riuscita a farmele regalare tutte e cinque paia. ‘ Mi fa con occhi angelici.
La bacio teneramente sulla bocca senza dire niente. Mi accorgo che ha bevuto sperma.
Continuiamo tutta la giornata in questo modo. Con sveltine o pompini al volo che le fanno fare il pieno. La sera, appena arriviamo a casa la sbatto sul letto, gli alzo la mini – &egrave sempre senza mutande – e comincio a leccarla dappertutto. Il sapore di sperma c’&egrave l’ha dappertutto, in tutti gli orifizi, davanti e di dietro. Mi piace. Riesco a farla godere altre due volte.
Quando ho terminato gli bastano due colpi con la mano mentre mi stringe il cazzo ed io gli vengo in faccia. Lei se lo spalma tutto addosso e poi mi fa:
– Leccami ancora, amore.
Ed io lo faccio silenziosamente.

…. continua ….. E’ sabato mattina, la settimana si &egrave conclusa tranquillamente. Stamattina Elena, che si &egrave trasferita da me, &egrave abbastanza nervosa. Alle 10,45 arriva Teresa, sua madre.
Quando arriva &egrave tutto uno scambio di baci e abbracci, ma la tensione &egrave altissima.
Dopo i primi convenevoli, Teresa mi attacca subito.
– Lurido porco. Con una bambina dovevi metterti. Non ti vedi che sembri un vecchio?
Io accenno a rispondere, ma Elena mi blocca con una forza insospettabile.
– Lascia fare a me, amore. E tu troia ‘ rivolta a Teresa ‘ quando dovevo soddisfare tuo fratello andava bene che la tua piccolina stava con un vecchio? Adesso non rompermi il cazzo. Io faccio quello che voglio. A meno che tu non voglia beccarti una bella denuncia per avermi offerto a quel maiale di tuo fratello. Ti ricordi vero, quando mi ha sfondato il culo, vero? Avevo, quanto, 11 anni? E tu che facevi, gli dicevi ‘mi raccomando usa la vasellina’ ed a me cosa dicevi, telo ricordi? ‘cara, impara bene che se trovi qualche stronzo che ti prende almeno lo fai felice’. Vero MAMMA.
Teresa pallida e tremante chiude la bocca e abbassa la testa.
– Ma non &egrave finita. Sappi che da adesso in poi ‘ fa lei con una energia che non gli facevo ‘ sarai la vacca di mio marito. Se ha voglia di pisciare tu gli offrirai il culo. Se avrà voglia di cagare tu gli darai la bocca. E guai a te se resisti. Se ti chiederà di spompinare un plotone di soldati, tu lo farai ed alla fine gli dirai grazie padrone. E se qualche volta anche io vorrò un cesso come te a portata di mano, tu correrai e ti metterai a disposizione. Sono stata chiara?
Teresa &egrave incapace di reagire, accenna un timido si con la testa.
– Fatti sentire, baldracca. ‘ Gli dice la figlia rossa in viso dalla rabbia.
– Si figlia mia, farò tutto quello che vorrai tu’ ed anche a lui.
– Bene, troia. Adesso vai in bagno e mettiti nuda nella vasca.
Io mi godo lo sfogo del mio angelo con sua madre. Quando Teresa &egrave pronta, Elena gli va sopra e gli dice:
– Apri la bocca, cesso.
Quando con la paura negli occhi Teresa apre la bocca, la figlia comincia a pisciarci dentro. Buona parte dell’orina entra, il resto le va sui capelli, sulla faccia, sul seno ora un po’ più cadente.
Quando ha finito gli dice:
– Girati e prepara il culo.
Lei si gira e si mette carponi con il culo in bella mostra.
E’ ancora un gran bel culo.
– Ora, cara mammina, proverai uno dei giochetti che al tuo fratellino gli piaceva farmi.
Detto fatto, prende un cazzo di gomma mostruoso per dimensioni, lo unge bene con la vasellina e glielo ficca nel culo con un colpo solo.
Teresa lancia un urlo sovrumano. Anche se lo strumento era unto di vasellina lei era ancora secca lì, e si vede che da parecchio tempo non lo prendeva. Dopo che Elena ha manovrato il potente cazzo facendolo andare su e giù per un bel pezzo, lo estrae e rivolgendosi a me, con uno sguardo carico di vendetta, mi chiede di pisciargli dentro.
L’orifizio risulta oscenamente aperto. Decido che &egrave meglio non contraddirla, mi spoglio ed entro nella vasca, lo appoggio appena a quel culo rotto, ed eseguo diligentemente. La mia pisciata &egrave lunga. Quando ho finito esco dalla vasca, Teresa ha il ventre che ha cambiato forma. Elena mi fa segno di andargli davanti alla bocca e capisco che vuol farmelo pulire, cosa che la donna fa diligentemente senza che lei debba dargli alcuna istruzione. Appena finita la mia pulizia Teresa tenta di alzarsi. Appena se ne accorge, Elena subito gli ordina:
– Dove cazzo credi di andare bagascia.
Lei timidamente tenta di rispondere.
– Ma amore mio, ho bisogno di scaricarmi.
– Bene fallo la dove sei. ‘ Così dicendo blocca lo scarico della vasca.
Teresa che &egrave sconvolta dal mal di pancia capisce l’antifona e si lascia andare. Dal culo insieme al mio piscio gli escono anche un sacco di escrementi che la lordano tutta. La figlia allora gli fa, stando alle sue spalle:
– Adesso rigiratici dentro.
Solo quando completa il giro Teresa si accorge che la figlia la sta riprendendo con la piccola telecamera ed allora si mette a piangere. Sembra una maiala in mezzo a quella merda, e la puzza &egrave insopportabile.
– Bene, spero tu abbia capito cosa ti aspetta da adesso in poi.
Teresa singhiozzando a dirotto annuisce.
– Adesso datti una lavata e rivestiti che fra mezz’ora dobbiamo essere in municipio per firmare i documenti.
La mia futura suocera esegue puntualmente.
Mentre lei si prepara chiedo ad Elena come gli &egrave venuta in mente questa tattica per liberarsi da quanto la rodeva dentro e vendicarsi di sua madre.
Senza altre spiegazioni mi dice:
– Virginia.
Capisco, ancora una volta, che dovrò stare molto attento alla mia amica Virginia. Però saperla cosi forte mi da una certa scarica. Un giorno potrebbe piacere anche a me di provare ad avere una qualcuna che mi domina.
Lei e Gloria sarebbero perfette, secondo me. Dovrò pensarci prima o poi.
In municipio le pratiche per il matrimonio civile si riescono a combinare con una certa facilità, grazie all’autorizzazione che la mammina ha dato, e quindi fissiamo subito la data. Il mese prossimo, di sabato mattina in Municipio.
Una volta che tutto &egrave definito chiamo Gino al telefonino per capire se intende mantenere l’impegno di farmi da testimone, come mi sente lancia uno strillo di gioia che dire spontaneo &egrave poco.
– Caro Sergio, amico mio, che piacere. Avevo paura che la cura in barca fosse stata eccessiva e forse tu ti potevi essere offeso per qualcosa.
– Ma no, che dici mio caro. Solo che siamo stati impegnati ad organizzare il matrimonio ed ora abbiamo la data.
– Ti ricordi vero che io e Cris siamo i testimoni?
– Ti telefonavo proprio per questo.
– Bene &egrave cosa fatta. Sappi che io e Cristina abbiamo ragionato sul regalo da farvi, e se per te va bene, noi vorremmo regalarvi una casetta che abbiamo nei pressi della nostra tenuta di campagna a 40 minuti da qui.
– Ma non dirai davvero? ‘ gli chiedo sinceramente stupito ‘ sono confuso da tanta generosità.
– Ma non preoccuparti caro amico mio, &egrave roba della Fondazione, tutto quello che va in donazione sfugge alle tasse, e poi cosa vuoi, noi non abbiamo figli. Piuttosto che i miei beni vadano ai miei parenti che sono tutti ipocriti bacchettoni, preferisco di cuore che una piccola parte possa andare a te ed alla tua dolcissima moglie con tanto affetto.
Quasi commosso non ho più parole. Allora lui fa:
– Allora &egrave deciso. Do disposizioni al notaio che provveda per i documenti. Però, scusami, ma volevo informarti che ho lavorato come un matto giorno e notte, ma sono riuscito finalmente a finire il montaggio dei films. Sono venuti una cannonata. Dopo che avremo fatto il matrimonio organizzeremo una prima d’eccezione dedicata a voi. Vedrai sarà una cosa fantastica per te ed Elena. Ora però, permettimi di ringraziarti. Cris &egrave molto cambiata da quando ti ha conosciuto. Adesso si lascia comandare anche da me, quasi sempre. Si sta comportando anche lei come se diventare una schiava fosse ciò che aspettava da sempre. E’ una sensazione di potere stupendo quello che provo quando la umilio. Mi sento io l’uomo, dopo tanto tempo.
– Sono molto felice per te, ma anche per lei. Gino, vi voglio davvero bene.
Ci lasciamo tutti e due con un nodo alla gola per l’emozione. Chiamo subito Elena e l’informo delle bellissime novità. Anche lei si commuove.

… continua … Le settimane corrono veloci. In ufficio i miei due aiutanti stanno andando alla grande ‘ anche grazie ad un sacco di clienti che mi ha procurato Gino – ed allora decido di spingere un po’ di più su loro due.
Una mattina mi presento e convoco prima ‘il topo’, ormai lo chiamo così, e gli dico che io non sarò eterno e poiché non ho figli a cui lasciare la mia impresa, loro due potrebbero rappresentare il futuro. Bisogna quindi che loro raddoppino gli sforzi per prendere in mano tutto il lavoro. Il ‘topo’ va via gasato come un matto, senza avermi prima informato tutto contento che &egrave riuscito a farsi fare una sega da Cinzia.
Appena fuori convoco Cinzia. Quando &egrave davanti a me gli chiedo se &egrave senza mutande. Lei mi guarda stralunata. Allora con voce dura gli dico:
– Mi pareva di essere stato chiaro. Tu devi essere sempre senza le mutande. Anche quando non sei in ufficio. Questa &egrave una precondizione del nostro contratto.
Lei &egrave incapace di reagire, e come io gli faccio un segno inequivocabile, con gesti goffi, sempre stando in piedi di fronte a me, si toglie gli slip. Stendo una mano e con le dita gli faccio il gesto eloquente che le voglio. Lei me le mette in mano, io le porto al naso per sentire il suo odore – che risulta molto buono. Ormai il suo viso non sa più di che colore diventare.
Tranquillamente gli faccio segno di sedere e di aprire le gambe in modo che possa godermi lo spettacolo. Appena esegue, ripeto con voce suadente anche a lei la storiella. Quando finisco ha dimenticato l’imbarazzo. Adesso mi sembra molto interessata. Riesco a farla sbottonare e mi dice che sarebbe felicissima di questa eventualità, anche perché sarebbe uno smacco per quello stronzo di suo padre che la giudica una incapace.
Allora da gran figlio di puttana io gli faccio:
– Bene Cinzia, capiamoci. Io potrei anche accelerare, in parte, questo processo, facendovi diventare miei soci di minoranza fin da subito, ma &egrave chiaro che allora tu devi diventare più preziosa di adesso e devi aiutarmi ad affrontare le crisi con i clienti.
Lei tutta presa dalla voglia di poter realizzare questo obiettivo così importante, non ci pensa due volte ad assicurare la piena disponibilità per aiutarmi in qualsiasi problema ci sia con i clienti. Ed io di rimando:
– Anche a darla a qualche cliente difficile, se serve?
Mi guarda, arrossisce, ma ha capito cosa voglio da lei. Prende il coraggio a due mani e mi risponde con un tentativo di decisione:
– Dovessi arrivare a prostituirmi sarò all’altezza di tutto ciò che tu mi chiederai, per il bene dello studio. ‘ E si lascia andare ad un equivoco – Per te sono disposta a tutto.
E’ chiaro che &egrave fatta. Allora incalzo:
– Bene Cinzia. Vedo che ci siamo capiti. E’ chiaro che non &egrave necessario che tu informi ‘il topo’ di questo accordo tra di noi. Resterà il nostro piccolo segreto. Comunque sarà bene che tu cominci a dargliela anche a lui, magari da stasera; altrimenti quando si renderà conto potrebbe ostacolarti per paura che tu vuoi soffiargli il posto.
– Se proprio devo.
– Certo che devi.. E poi sai che lui &egrave il tuo capo diretto e devi avere riguardo per lui. Ricordati l’affiatamento fra di voi &egrave fondamentale
I suoi occhi esprimono comunque gratitudine per le prospettive che gli si aprono, in tutti i sensi, ed io la lascio andare e chiamo l’avvocato che ci assiste.
Lo informo delle mie intenzioni cominciando a dare una piccola partecipazione, il 5% ai due ragazzi e farli miei soci e poi continuo con altre istruzioni che già avevo in testa da tempo.
Lui prima fa qualche obiezione ma poi dice che va bene si può fare senza danni.
Lo saluto e chiamo Barbara.
Lei &egrave l’unica che da un poco di tempo non seguo più con la stessa attenzione. Poiché prima lei era il centro di tutto l’ufficio, voglio assicurarmi che questi cambiamenti non la infastidiscano.
Di lei non potrei farne a meno, e poi ho dei progetti che la vedono protagonista.
Quando entra &egrave un po’ guardinga. Ed io, indicandogli la poltroncina, gli faccio:
– Dai siediti un po’ piccola, parliamo un poco. Come stai? In queste ultime settimane ti ho un po’ trascurata. Scusami. – Dico con tono davvero contrito – Ma sai, preparare un matrimonio non &egrave una cosa semplice.
Quasi come una tempesta che aspettava di scoppiare, lei mi assale con grande slancio e mi risponde:
– Tu lo sai, vero, che puoi sempre contare su di me, quando hai bisogno di qualcosa!
Capisco al volo che ho fatto bene a chiamarla.
– Ma, veramente, pensavo che trattandosi di fatti miei personali forse non sarebbe stato giusto se ti coinvolgevo, mi sembrava di abusare di te. ‘ con una voce quasi credibile, ma subito dopo ‘ Però se mi dai una mano mi salvi la vita.
Lei con la felicità stampata sul viso mi fa:
– Devi solo dirmi a che punto siete e poi mi organizzo e penso a tutto io.
– Guarda, facciamo così, questo &egrave il cellulare di Elena, chiamala e stagli dietro. Se no quella mi fa qualche casino. ‘ E gli allungo il numero di Elena.
– Ok capo. Mi dice con un sorriso a trentadue bellissimi denti.
– Adesso però dobbiamo parlare di lavoro. Come ti trovi con il topo e la rossa?
– Mi sembrano una bella coppia affiatata ‘ per lavoro intendo. Lui &egrave una macchina da guerra, ma lei &egrave molto più riflessiva e riesce ad avere ascendente su di lui e lo fa ragionare.
– Bene. Sono contento di questo tuo giudizio. Volevo dirti che li farò diventare miei soci di minoranza. ‘ Aspetto qualche attimo per cogliere se ci sono reazioni. Niente. Allora continuo.
– A loro assegnerò il 5% della società a ciascuno, in quanto collaboratori miei. A te, invece, il 7%. Da oggi sei il nuovo Direttore Amministrativo dello studio.
Per la prima volta da quando la conosco, Barbara &egrave senza parole. Mi guarda esterrefatta. Allora ne approfitto per continuare.
– Dovrai trovarti un aiuto, a part time mi raccomando ‘ altrimenti andiamo troppo su con le spese, e dovrai farti i biglietti da visita.
Con la voce spezzata dall’emozione, mi fa:
– Sergio. – Mi chiama per la prima volta con il mio nome, anche se in privato mi ha sempre dato del tu, non lo aveva mai usato ‘ Non so che dire. ‘ Con uno sguardo trasognato – Credo che tu abbia trovato la felicità. Solo un uomo felice può fare quello che stai facendo tu. Non so che dire. Ti voglio bene. Ed a bassa voce, ma non tanto che non sentissi ‘ e ti amo sempre di più.
– Ei piccola! Sai che sto per sposarmi e non ho mai mischiato il lavoro con la vita privata.
Comincio a dire a mo di scusante. Ma non riesco a finire la frase, che lei mi gela:
– Non dire niente. Non ti devi preoccupare, anche se non lo sa nessuno, io sono una convinta lesbica. Ma a te ti amo. Non so come dire: fraternamente. E, a dire la verità, sei l’unico uomo che mi ha fatto fare un ditalino pensando a lui.
Mi dice con un leggero imbarazzo. Scoppio a ridere di una bella risata che contagia anche lei, che si alza, gira attorno alla scrivania e viene a darmi un bel bacio in bocca.
Allora, colto dal mio – ormai solito – raptus che mi fa arrivare a orientare tutto verso il sesso, gli butto là:
– Allora quando ti farai Cinzia?
Lei fa una smorfia e risponde:
– Pensi che non ci abbia già pensato. Però non volevo’ come dire, deluderti.
– Guarda che ti sbagli di grosso. ‘ Faccio di rimando. – Sono molto interessato. Anzi se potessi dare una sbirciatina, sarebbe il massimo. Eppoi la cosa può tornare utile all’azienda, se tu riuscissi a prenderne il controllo sul piano sessuale. Sarebbe la nostra schiava perfetta.
– In che senso. ‘ Fa lei, come non capisse. Anche se sono sicuro si &egrave accorta della faccenda delle mutande fin dal primo giorno.
– Io, ormai già la controllo psicologicamente, non voglio per il momento farmela direttamente, però se tu la controlli fisicamente, sarà totalmente in nostro potere.
Scorgo nei suoi occhi una luce diversa. Molto perversa.
– Si potrebbe tentare’ Fa allora. Lasciando cadere la risposta nell’indefinito.
– Bene. ‘ Faccio con tono di voce notevolmente soddisfatta – Mi pare che oggi abbiamo fatto un passo importante nella nostra conoscenza più profonda. Ne sono proprio contento ‘Sorellina’. Allora comincia a diventare la spalla su cui Cinzia può venire a piangere. Ok?
Dico sorridendo e baciandola sulla guancia.

… continua …. Quando esco dall’ufficio mi sento bene, più sereno. Sto già pensando di andare da Agnese a mangiare qualcosa quando squilla il cellulare. E’ Gino.
– Ciao brigante, cosa stai facendo? ‘ Squittisce con la sua voce di quando &egrave allegro.
– Ciao caro. Stavo giusto pensando di andare a mangiare qualcosa. Perché non vieni a farmi compagnia?
– No caro. Sei tu che vieni con me. La casa &egrave pronta e devo darti le chiavi. Spero che vorrai vederla.
Colto all’improvviso, la curiosità mi pervade.
– Ok, cosa faccio.
– Vieni in azienda da me che andiamo con la mia macchina.
Lo raggiungo rapidamente e lo trovo che mi aspetta già nella sua Jaguar.
Monto vicino a lui e partiamo a tutto gas. Esattamente 41 minuti ed arriviamo.
Alla faccia della casetta, penso vedendola. Un palazzetto barocco di quattro piani, con marmi e fregi su ogni finestra. Per arrivarci, dal cancello che abbiamo trovato sul davanti, si deve percorrere un viale alberato di almeno 200 metri, ai lati un boschetto di piante di tutti i tipi.
Parcheggiamo sul davanti e lui mi fa:
– Questo &egrave il corpo principale. Alle spalle hai la dependance che comprende, le lavanderie, i magazzini, i garage, l’orto e la casa del custode. Di quello non preoccuparti &egrave stipendiato dalla Fondazione.
– Un giorno mi spiegherai cos’&egrave sta Fondazione. ‘ Gli faccio davvero incuriosito.
– Un giorno. Più avanti. Adesso vieni dentro.
Il piano terra &egrave composto da una amplissimo atrio da cui parte un doppio scalone che porta al piano nobile. Ai lati della scala, da un lato, si accede ad una sala minore per ricevere gli ospiti, dall’altro, alle sei camere per il mio studio privato. In fondo c’&egrave anche una sala biliardo, e la biblioteca.
In un angolo, ben mimetizzato dalla tappezzeria alle pareti, si riconosce un modernissimo ascensore.
Sia nel salone che lungo le pareti che fiancheggiano le scale, numerosi dipinti negli stili più vari, ma esposti da una mano professionale. Il gusto che esprime quella esposizione &egrave rilevante.
Saliamo lo scalone ed arriviamo a quello che mi presenta come il piano nobile.
Entriamo nel salone delle feste, sul fondo si intravedono due porte che danno sul’appartamento padronale e le stanze di servizio (un attrezzato centro per riscaldare le vivande, un vero e proprio banco bar, ed altro che non approfondisco sul momento).
Al secondo piano le camere per gli ospiti e diversi studioli. All’ultimo le camere per la servitù e stanze di servizio varie.
Il palazzo &egrave arredato con mobili originali dell’epoca ed &egrave stupendo.
Vedendomi a bocca aperta, per rompere un po’ lo strano clima, Gino mi fa:
– E’ chiaro che tutta la casa &egrave controllata da un ottimo servizio di telecamere di videosorveglianza. Le puoi controllare direttamente dal tuo ufficio che &egrave giù al piano terra, a fianco della biblioteca.
Sono senza parole. Gino se ne accorge, mi prende sotto braccio e mi fa:
– Vieni adesso, ti porto a vedere la nostra tenuta, la casa la scoprirai insieme ad Elena. Sai con Cris abbiamo deciso di ritirarci e lasciare l’azienda alle cure di un manager e quindi verremo a viverci. Avervi vicino per noi sarà meraviglioso.
Non so cosa mi sia preso, ma a quelle parole così affettuose, il tono usato, l’immaginifico regalo, mi giro di scatto, lo abbraccio e lo bacio sulla bocca.
Gino mi guarda negli occhi, consapevole della spontaneità del mio gesto, ed ampiamente soddisfatto mi dice:
– Grazie di esistere. A tutti e due.
Mi consegna le chiavi (raccomandandomi di andare solo con lei nelle cantine), poi mi tira per la giacca perché dice che &egrave tardi e Cris ci sta aspettando per mangiare.
Arriviamo alla sua tenuta. Da quando mi dice che &egrave cominciata la sua tenuta, occorrono circa venti minuti di macchina per arrivare in vista di quello che lui chiama ‘il casale’.
Colline a vigneto, campi coltivati ad alberi di frutta ed una vasta area coltivata a mais. Sembra infinitamente estesa questa campagna.
Da lontano si staglia una imponente villa palladiana, con timpano che sormonta l’ampio scalone esterno ed il colonnato che sorregge la veranda posta all’ingresso.
Ai lati sorgono due barchesse, piuttosto basse (che però lui mi dice essere state ristrutturare ed in cui hanno ricavato ben due piani) che cingono a semicerchio il piazzale, su cui insiste un bellissimo giardino con al centro una fontana monumentale che rappresenta, con una cornucopia tenuta in braccio da un fanciulla nuda, la Dea dell’abbondanza.
Nelle due ‘barchesse’, da un lato sono ospitati i servizi per la casa, dall’altro invece la Fondazione con gli uffici e la sala delle riunioni dei soci.
Andiamo diritti a casa e troviamo Cris che ci aspetta in veranda. Come arrivo, lei mi corre incontro e mi abbraccia con forza. Mi bacia in bocca. E mi fa a bassa voce:
– Non vedo l’ora di poter giocare ancora con te ed Elena.
A bassa voce gli rispondo:
– Facci passare questo cazzo di matrimonio che mi sta facendo diventare matto, e vedrai che ci divertiremo un sacco. ‘ Poi alzando la voce e ridendo di gusto ‘ Poi adesso che saremo vicini di casa.
Pranziamo fraternamente e poi Gino mi riporta alla macchina ed io torno a casa.
Come arrivo Elena mi corre incontro e mi grida:
– Il massimo dei voti. ‘ Sulle prime non capisco, poi mi ricordo che ha fatto gli esami.
– Che brava la mia bambina. – E la bacio forte sulla bocca. -Bisognerà festeggiare alla grande per questo importante risultato.
La porto in sala, la faccio sedere e gli racconto gli straordinari eventi della giornata. Alzandosi con un’espressione di infantile felicità lei mi dice che vuole subito andare a vedere la casa. L’accontento perché tanto &egrave già corsa a vestirsi per uscire.
Arriviamo che il sole &egrave ancora alto e ne approfittiamo per vedere la dependance. E’ un classico fabbricato rurale ad un piano. Sarà lungo una cinquantina di metri ed in fila ci sono le porte d’accesso ai singoli servizi. Sul lato più distante dalla casa c’&egrave l’abitazione del custode che, avendo aperto il cancello quando abbiamo suonato, ci sta venendo incontro.
E’ un uomo anziano, di età indefinibile. Quei volti solcati da profonde rughe, proprie dei contadini che hanno vissuto sempre all’aperto.
Ci saluta rispettosamente, facendoci capire che sa già tutto e non servono spiegazioni con lui. Poi chiama la moglie che viene subito presentarsi e ci tiene a farci sapere che &egrave una bravissima cuoca. Infine chiama la figlia. Una splendida fanciulla. Deve avere l’età di Elena. Ma &egrave di una bellezza ribelle. Deve avere un carattere d’acciaio ad occhio.
Ci saluta con una certa insofferenza per il servilismo che mostrano i genitori e subito va via. Mentalmente annoto che dovrà entrare, prima o poi a far parte del mio Harem personale. Ringrazio i coniugi, Calogero e Rosa, che scopriamo essere di origine siciliana, anche se &egrave una vita che vivono qui.
Dopo di che, da soli, ci dedichiamo a visitare la casa.
Elena vuole subito andare su al salone. Come arriviamo rimane a bocca aperta. E’ veramente bello. Lampadari di Murano enormi illuminano a giorno gli stucchi che l’adornano. Alle pareti ci sono due grandi quadri. Sicuramente uno &egrave un Tintoretto ed uno un Giorgione, ricordo di averli visti in un catalogo a qualche mostra.
Quando glielo faccio notare lei radiosa mi sciorina una lezione di storia dell’arte sulla pittura veneta. La stoppo proponendogli di vedere le altre stanze.
Il nostro appartamento &egrave sontuoso. Il letto ha un baldacchino stupendo. Dalla camera da letto dipartono due porte. Uno per il mio studio personale dove c’&egrave anche il mio spogliatoio personale da dove all’interno si accede anche al bagno; e l’altra per la camera personale di Elena con il suo bagno.
Nei bagni, arredati finemente, ci sono due meravigliose Jacuzzi a pavimento, con alcuni gradini per accedervi, sembrano due minipiscine.
Le stanze personali, nella mia, una scrivania ed una biblioteca che aprendo mostra l’enorme schermo di un TV al plasma. Quello di Elena colorata in tinta pastello &egrave arredata con un tavolo lavoro ed un divanetto. Un guardaroba enorme (che stupiti troviamo già pieno di ogni genere di abiti elegantissimi e ‘ li definirei ‘ anche pornografici, tutti della taglia di Elena).
Continuando nel girovagare, perdiamo un’altra ora buona per visitare gli altri due piani.
Alla fine stanchi riscendiamo al piano terra. Prima di uscire mi ricordo dell’esortazione di Gino quando stavamo uscendo e propongo di andare a vedere la cantina.
Dal lato del mio studio troviamo una porta con una serratura blindata. Penso che possa essere quella. Cerco fra le chiavi e ne trovo una adatta. Apro ed imbocchiamo una scala non molto ampia. Uno alla volta scendiamo i gradini ed arriviamo abbastanza sotto. Accendendo le luci si mette in funzione un silenzioso servizio di aerazione che rende subito gradevole l’ambiente. Troviamo un corridoio con una serie di porte. La prima porta ad un’altra scala dove scopriamo la dispensa dei prosciutti e dei salumi in genere.
Un’altra permette di accedere alla cantina dei vini. E’ enorme ed &egrave attrezzatissima.
In fondo al corridoio trovo un’altra porta chiusa. Trovo la chiave ed entriamo in un vestibolo con ancora tre porte. La prima che apriamo &egrave un bagno attrezzatissimo. C’&egrave perfino una doccia.
La seconda porta in una stanza scarsamente illuminata, ma appena vicino alla porta ci sono gli interruttori che accendo, rendendomi conto che sono del tipo in cui si può regolare l’intensità della luce.
Al centro c’&egrave una strana poltrona, in qualche modo ricorda quella che utilizzano i ginecologi. Dove si appoggiano le braccia e le gambe, ci sono dei bracciali adatti a bloccare gli arti, guardandoli bene mi accorgo che sono imbottiti all’interno per non provocare danni a chi viene fermato su quella strana poltrona. Alla parete, anelli e catene dove agganciare eventuali vittime. Da un alto un cavalletto, anche questo con un bracciale su ogni gamba, con cui bloccare gambe e braccia alla vittima predestinata. Alla parete una infinita collezione di fruste e frustini. Tutta una serie di strani strumenti, fra cui un generatore di corrente con dei piccoli morsetti che intuisco si possono utilizzare sui seni o sui genitali. In un armadio una collezione completa di cazzi. Di tutte le misure, sia di lunghezza che di larghezza. Il più grande credo che abbia una trentina di centimetri di circonferenza e deve essere lungo una sessantina di centimetri. Stranamente la cappella non &egrave proporzionale al resto. E’ mostruosa. Indefinibile. Pensare che si possa introdurre in qualcuno mi crea ansia.
Elena mi segue e guarda con attenzione dietro di me, facendomi domande su come si usa questo o quello, oppure con commenti sulla grandezza degli attrezzi.
In una cassetto sotto la collezione di cazzi, una quantità infinita di giocattoli di tutti i tipi, di alcuni non so neanche a cosa servono o cosa sono.
Andiamo nell’altra stanza e scopriamo un vetro, invisibile dalla sala delle torture, che da una visuale stupenda, Un divanetto, comodo anche per chiavarci, completa la parte centrale dell’arredo. In parte, &egrave disposta una consolle tipo quella che hanno i registi televisivi. Capisco che da li si può registrare tutto ciò che accade nell’altra stanza.
Elena torna nell’altra stanza, si toglie il minuscolo tanga che ormai ha preso l’abitudine di usare e sale sulla sedia. Si posiziona e si mette comoda, ben rilassata. Appena con l’occhio mi vede che sono entrato anch’io mi dice con voce roca:
– Non ti sembra che l’occasione meriti uno strappo alla regola?
Muto gli vado vicino e chiudo gli anelli. Mi accorgo che posso bloccarli e lei non riuscirà mai ad aprirli da sola. Gli giro intorno. La conformazione della seggiola consente non solo di avere libero accesso alla sua figa, ma anche il buco del culo risulta accessibile senza alcun ostacolo. Continuo a girarci attorno. Mi fermo di fronte a quello spettacolo stupendo ed inginocchiandomi comincio a leccargli tutto.
Dai piedi alle cosce, su fino alla figa e poi scendere giù lentamente fino ad introdurgli la lingua nel culo.
Rapidamente lei si bagna dappertutto. Gli umori, abbondanti, la sommergono. Mugola ed aspetta. Sa che non deve chiedere. Sa che se chiede qualcosa sarei capace di lasciarla così, legata sulla sedia ed andare via.
Si fa forza e resiste. Vado avanti un bel pezzo. Poi vado all’armadio e prendo un cazzo di discrete dimensioni. E’ di acciaio freddo. L’interruttore sotto vedo che ha due posizioni. Normale ed Automatico. Lo posiziono su automatico e senza nessuna preparazione glielo ficco nel culo e l’accendo.
La violenza dell’entrata gli fa male. Ha dolore. Ma riesce a non gridare. Una lacrima gli scende sulla guancia.
Lo strumento ha cominciato il suo lavoro. Stantuffa automaticamente, raddoppiando la sua lunghezza, ai lati sono comparse delle flange che ruotano battendo sulle pareti dello sfintere.
Se fossero elicoidali il movimento sarebbe di penetrazione certa.
Non serve molto per farla partire. Adesso si che grida. Il piacere l’ha assalita in modo devastante. Non riesce più a controllarsi. Non aveva mai avuto un orgasmo anale come questo. Lo vedo!
Lascio che se lo goda oltre il sopportabile. Quando sviene spengo e lo estraggo. Il buco rimane aperto in maniera eccessiva.
Mentre &egrave ancora svenuta provo ad infilarci quattro dita. Entrano a fatica. Le rigiro dentro.
Sento che lentamente sta riprendendo conoscenza.
Vedo sul fondo dell’armadio un clistere di notevole dimensioni.
Vado in bagno e lo riempio di acqua tiepida, torno e scegliendo una cannula spropositata, riesco a riempire quel buco aperto. Faccio scivolare il liquido. La prima metà scende facilmente. Poi comincia a scendere con sempre maggiore difficoltà. Quando ho finito l’operazione lei si agita. Cerco con gli occhi qualcosa in cui farla scaricare. Vedo una grossa bacinella. La metto sotto e sfilo la cannula.
Il getto &egrave violento. Dopo la prima uscita comincia ad uscire con più regolarità il resto. Il rilassamento gli porta anche il rilassamento della vescica. Mentre gli escrementi escono dal culo, lei comincia a pisciarsi sotto.
Va avanti un bel pezzo. Quando ha finito &egrave stravolta dalla stanchezza.
La sciolgo e lentamente la faccio scendere. L’accompagno sottobraccio in bagno dove lei si siede sul bid&egrave, apre il getto e lascia che l’acqua l’accarezzi lenendogli le parti.
Quando dopo quasi un’ora esce dal bagno ha un sorriso felice.
– Grazie padrone. Mi hai fatto godere come non mi era mai accaduto.
Con voce calma gli faccio:
– Non ti ci abituare. La prossima volta non sarà così bello.
– Sarà come tu vorrai. Ma per me sarà sempre bellissimo.
La bacio per questa tenerezza che &egrave capace di avere dopo che io la tratto nei modi peggiori. E’ una sensazione fortissima che mi prende. Mi sento forte. Non so come dire. Veramente uomo.

… continua … Arriva il fatidico sabato. Alle dodici il matrimonio &egrave fissato nella sala di rappresentanza del municipio. Celebrerà il sindaco in persona, per rispetto a Gino, che &egrave tra l’altro suo grande elettore.
Oltre ai testimoni sono presenti Barbara, il topo e la rossa (particolarmente arrapante in un vestitino rosso che la fascia, lasciando intravedere che &egrave senza mutande e senza reggiseno), Gloria ed Alfredo, Agnese, Virginia che adesso ha assunto il ruolo di governante e Teresa che invece ha assunto il ruolo di mia serva personale.
La cerimonia, sobria, si svolge in meno di venti minuti. Poi ospiti nel ristorante di Agnese, chiuso per l’occasione, abbiamo consumato un suntuoso pasto durato fino a notte fonda, fra scherzi, giochi e costruzione di qualche intrigo per il futuro.
Alla torta Agnese mi porta un bottiglione di uno sciroppo fatto in casa e mi dice:
– Questo &egrave il mio regalo per lei Sergio. E’ un’antica pozione che le donne di casa mia si tramandano da molte generazioni. Pensi che una mia trisavola che si dice l’abbia inventata, fu arsa viva come strega, tanto che funzionava la pozione.
Curioso gli domando a cosa serve. E lei:
– La provi per una settimana e poi continui a prenderla. Se quando la finisce ne vorrà usare ancora gliene venderò un’altra. Ma sappia fin d’ora che le costerà mille euro.
– Alla faccia! ‘ esclamo scherzando, ma il regalo mi incuriosisce forte. Anche perché Agnese non &egrave venale, tant’&egrave vero che il pranzo nuziale lo ha voluto offrire lei.
Va beh, vedremo.
Il viaggio di nozze ci porta lontano per oltre venti giorni. Quando torniamo il primo pensiero &egrave quello di invitare i nostri amici a cena ed offrire, come dice Gino, un evento per ringraziarli di tutto quanto hanno fatto per noi.
La sera della cena il nostro ‘palazzo’ &egrave tutto illuminato. Lungo il viale ho fatto sistemare delle torce che rendono suggestivo l’arrivo. Al piano terra ho messo un servizio di vigilanza che accoglie gli ospiti e ci garantirà la più assoluta tranquillità per quella che voglio diventi una serata indimenticabile.
Per l’occasione chiedo a tutte le ‘mie donne’ di partecipare.
Barbara e Cinzia, Virginia ed a Teresa impongo il ruolo della troia di strada.
La faccio truccare come una baldracca e con un guepiere bianca che le lascia scoperto figa e culo, le tette solo sostenute e con calze a rete dello stesso colore con la cucitura sul dietro. Sopra, per abbigliamento, un grembiulino bianco da cameriera ed una cuffietta.
Lei, dopo aver servito in tavola avrà il compito di mettersi sotto il tavolo e leccare le fighe ed i cazzi degli ospiti fino a farli godere la prima volta. Lo sperma degli uomini, non dovrà ingoiarlo ma solo farselo arrivare sul viso. Poi durante la serata deciderò come usarla.
Virginia e Cinzia, dovranno mettere in atto un siparietto lesbo per scaldare l’ambiente e dopo lasciarsi andare. Barbara dovrà sedurre Gloria (non sa della sorpresa che nasconde). Elena ed io ci dedicheremo a Cristina e poi, con Gloria ed Alfredo cercheremo di soddisfare anche Gino.
Il programmino lo spiego a grandi linee, senza entrare nei particolari. Ognuno sa solo quello che deve fare personalmente. L’insieme della serata cercherò di crearlo con tanta fantasia. Vedremo cosa ne uscirà
Finalmente arrivano gli ospiti.
Prima Gloria ed Alfredo ‘ Come vede Gloria, Barbara se ne innamora e comincia a sbavarci attorno. Poi arrivano Cristina e Gino.
Devo dire che stasera Cristina ha strafatto. E’ ‘ non trovo aggettivi ‘ sembra la porca perfetta.
Un vestito lungo fino ai piedi che lascia scoperti i seni fin oltre le aureole dei capezzoli. In linea con i capezzoli stessi, che ad ogni passo escono strusciando sul bordo, così sono raddoppiati in lunghezza per l’eccitazione.
Il decolté sulle spalle arriva giusto al buco del culo in cui &egrave infilata una coda da cavallo che fa da accessorio al vestito.
Il trucco &egrave stupendo. Gloria sempre con vestitino fasciante in cui le tette sembrano fatte crescere dentro, tanto gli aderisce &egrave ancora più arrapante di quando l’ho conosciuta.
Anche Barbara devo dire si &egrave preparata bene. Un vestito giacca pantalone, senza camicia e quindi con le tette che si vedono ad ogni singolo movimento. I pantaloni sono aperti sotto e figa e culo risultano accessibili, basta che lei apra le gambe. Scopro che le sue tette non sono piccole come avrei immaginato. A Cinzia gli ho detto di presentarsi anche lei in guepiere. Nera, su cui il pelo rosso risalta alla grande. Per finire Virginia. Maestosa. Elena l’ha convinta a fare una entrata da prima donna. Un vestito fatto di veli che lasciano intravedere ma non si vede niente. E’ stupenda. Elena, da buona padrona di case, porta un vestito da sera normalissimo. Solo che quando vuole con un gesto riesce a scoprire qualsiasi cosa. La figa, le tette o il culo. Gli basta solo un ampio gesto della mano.
Sono soddisfatto di come si presenta la serata.
Quando Teresa comincia a servire, non mancano le palpate ed i commenti degli ospiti che cominciano a metterla in imbarazzo. Dopo il primo giro di vivande &egrave rossa come un peperone. Allora la invito a gran voce a dare comfort ai nostri amici.
Lei, come gli ho raccomandato, si mette carponi e passando fra Gino e Gloria si infila sotto il tavolo. Gloria ne approfitta per saggiare la sua figa.
– Cazzo. Fa ad alta voce ‘ Questa sta già godendo come una vacca solo a pensarci.
Teresa comincia proprio con lei. Appena tenta di accedere alla sua figa si ritrova la proboscide in bocca. Quasi scappa dalla paura. Gloria, che immaginava la sua reazione, &egrave lesta a trattenerla per i capelli ed ad infilarglielo in bocca per buona parte ‘ anche perché non bisogna ancora scoprire le carte con Barbara. Anche Gloria &egrave rimasta colpita da Barbara e mi ha fatto capire che dovrà farsela alla grande, stasera.
Quando ha finito il primo giro con tutti, Teresa emerge piena di sperma dappertutto.
Gli dico di continuare a portare le pietanze così.
Quando ha finito il giro gli faccio segno di tornare sotto e venire a soddisfare me. Quando vengo mi rendo conto che la cura di Agnese funziona davvero. La quantità e la consistenza dello sperma che mi esce &egrave elevatissima. Quando avevo cominciato a vedere gli effetti della cura avevo telefonato ad Agnese, e lei mi ha confermato che da generazioni, le donne di casa sua davano quella pozione ai loro uomini per aumentare le dosi di sperma che erano capaci di produrre.
Teresa emerge ancora una volta lorda di sperma. Questa volta il viso &egrave totalmente ricoperto. Faccio segno a Cinzia e questa chiama Teresa vicino a lei, la fa stendere sul tavolo e comincia a leccarla.
Tutti i miei programmi vanno a catafascio. Tutti si alzano e vanno attorno a Teresa.
Gino ed Alfredo aiutano Cinzia. Virginia sta manovrando la coda di Cristina che &egrave tenuta su da un enorme cazzo di gomma che &egrave infilato nel suo culo. Ma lo fa talmente bene che Cristina dopo poco sta già venendo come una fontana. Virginia che ha capito il tipo, prende un altro cazzo ‘ anche questo di gran calibro – da una scorta che avevo preparato su un tavolino di servizio, estrae la coda dal culo di Cristina, li avvicina tutti e due li reintroduce fino in fondo con un colpo solo. L’urlo di gioia di Cristina non ha niente di umano.
Gloria sta limonando con Barbara. Finalmente gli lascia mettere la mano fra le sue gambe. La faccia di Barbara &egrave ridicola. Ha la bocca aperta, gli occhi stralunati e sega quel lunghissimo cazzo. Gloria la fa abbassare e glielo infila in bocca. Dopo una resistenza iniziale, Barbara si lascia guidare. Elena &egrave intervenuta a leccare la figa a Barbara. Barbara comincia ad avere gli occhi vitrei di chi sta passando il limite.
Quando Gloria la fa stendere e comincia ad introdurglielo nella figa lei lascia fare. Elena collabora leccandola dovunque può.
Cinzia si sta facendo fare da Alfredo. Gino che di soppiatto si &egrave preso un vibratore dal tavolino se lo &egrave ficcato in culo e si sta abbandonando al godimento. Vado da lui e glielo metto in bocca. Con gli occhi che esprimono gratitudine, devo essere sincero, mi fa la più bella pompa che abbia mai avuto in vita mia.
Sto quasi per sborrargli in bocca, quando la lingua di Cristina comincia a trapanarmi il culo. L’effetto &egrave immediato. Vengo con un’altra potente razione di sperma che Gino non tralascia neppure per una goccia. Ingoia tutto. Sto avendo le ultime contrazioni, quando alle mie spalle sento qualcosa, come un dito che mi riempie il culo. Ricordando il lavoretto di Virginia, lascio fare. E’ troppo tardi quando mi accorgo che &egrave Gloria che si sta vendicando.
Con tre colpi &egrave arrivata alla radice. Me lo sento venire su in gola. Non so come ha fatto a farlo entrare tutto. Il fatto che sia sottile mi ha permesso di non sentire un forte dolore. Ma i colpi che mi sta dando, quelli si che mi stanno facendo male boia.
Piango. Virginia mi sta baciando e Cristina mi sta facendo un’altra pompa.
Quando sento il caldo dello sperma che risale nel mio retto, non capisco più niente. Tutto diventa nero.
Mi risveglio che &egrave notte fonda. Sono tutti stesi a terra.. Abbiamo tutti addosso dei caldissimi plaid di cachemire. Virginia che &egrave l’unica fra noi in grado di governare un orgia &egrave l’unica che sta continuando. Mi alzo e vado a vedere. Ha indossato uno strap-on e sta inculando Gino.
Mi guardo attorno e vedo ancora sul tavolo Teresa che si sta masturbando lentamente.
Gli scosto la mano e gli infilo il cazzo. La figa risulta larghissima. Il mio cazzo si perde. Chissà cosa ci ha messo dentro finora. La faccio rigirare e glielo metto nel culo. E’ peggio della figa. Cinzia ed Elena si sono svegliate sentendo i movimenti. Vengono a vedere. Arriva anche Gloria. Tolgo il cazzo da quel culo rotto e dico che &egrave troppo grande per me. Elena dice che vuole vedere. Senza mezzi termini ci infila la mano chiusa a pugno. Viene inghiottita come fosse burro. Elena mette l’altra mano. Teresa, per favorire la penetrazione alza il culo, scoprendo anche la figa. Cinzia, che ormai ha perso ogni freno, gli ficca anche lei una mano a pugno chiuso davanti. Anche lei dice che c’&egrave troppo spazio. Anche Gloria vuol provare e ci ficca anche il suo braccio. Teresa ha nel culo le due braccia di sua figlia e nelle figa le braccia di Cinzia e Gloria che ne approfittano per intrecciare le dita e cominciare a baciarsi in bocca. Teresa, finalmente sente qualcosa. Comincia un orgasmo dirompente. Si scuote come una matta. Alla fine, poiché nessuna delle sue curatrici si ferma, sviene con la bava che gli sale alla bocca. Le ragazze estraggono le loro braccia. Lo spettacolo &egrave osceno. Adesso l’hanno girata. Lei &egrave sul tavolo stesa supina con gambe e braccia allargate. Salgo sulla tavola, gli infilo il cazzo nella figa e comincio a pisciarci dentro. Quanto ho finito, anche Gloria vuole farlo. Gli cedo il posto. Quando finisce, sveglia Alfredo che dormiva e lo prega di pisciare nella figa a Teresa. Alfredo ancora mezzo addormentato ed esegue. Il ventre di Teresa &egrave gonfio all’inverosimile. Lei si risveglia e non capisce. Tenta di sedersi sul tavolo. Appena riesce a tirarsi su dalla figa comincia ad uscire il liquido. Lei non capisce cos’&egrave, ma ciò che prova gli procura un altro orgasmo. Quando ha finito, invito Gino che ha appena finito anche lui di prenderlo nel culo da Virginia, di salire sul tavolo e pisciare in bocca a Teresa. Non se lo fa ripetere due volte, perché ne ha voglia. La pisciata &egrave lunga ma Teresa non ne fa cadere una goccia. A quel punto Elena invita tutte le signore a pisciare in una bacinella che ha appena procurato. Intanto lei ha tirato fuori il clistere con la cannula speciale, quando tutte hanno finito lo riempie, fa stendere sua madre sul tavolo e gli ficca la cannula nel culo.
Il clistere ci vogliono più di venti minuti per svuotarlo. Circa tre litri di piscio. Quando finisce, tira fuori il cazzo di gomma mostruoso, quello lungo sessanta centimetri e con un diametro di trenta ed a fatica gliene ficca più della metà nel culo. Teresa strilla come una pazza. Ma si vede che sta godendo come una vacca.
La lasciamo così per un bel pezzo. Quando si sente soddisfatta, Elena gli dice che può andare a cagare. Teresa tenta di scendere a terra, come mette i piedi a terra e tenta di tirarsi su, il mostruoso cazzo che ha in culo, parte come un razzo e tutto si rovescia sul pavimento. Siamo presi da una risata isterica che ci coinvolge tutti. Solo Elena &egrave furibonda. Apostrofando la madre con tutti i termini peggiori che gli vengono in mente, la prende per i capelli la sbatte con il muso a terra e gli dice:
– Adesso lecca tutto. Troia. Pulisci il mio pavimento.
La donna esegue senza alcuna resistenza.

… continua … Dopo la nostra serata, Teresa &egrave diventata famosa. Sia Gino che Gloria litigano per farsela prestare per usarla come cesso a tutti i loro incontri.
Elena &egrave felice di prestargliela, anzi si raccomanda di osare sempre di più.
Non ci vuole molto che Teresa &egrave ridotta da buttare. Ormai non si lava più. Va in giro sempre nuda con qualsiasi cosa gli venga dato infilato nel culo o nella figa.
Dopo qualche tempo, Elena decide che ha pagato abbastanza e mi chiede di rimandarla al paese.
Gli dico di si ma a condizione che lei si impegni a non dirmi mai di no.
Mi guarda con uno sguardo preoccupato, ma alla fine mi risponde:
– Come potrei rifiutare qualcosa al mio padrone.
Quella mattina ho chiesto ad Elena di andarsi a fare un tatuaggio che gli abbellisca la figa. Lei dopo aver tentato di capire cosa volevo, e non riuscendo ad ottenere altro di: ‘fatti una bella figa’, &egrave uscita presto ed ancora non &egrave tornata. Verso le 11.30 vado in ufficio. Sto facendo il punto sui lavori che abbiamo in corso, con il topo e la rossa, quando sul cellulare mi chiama Gino:
– Ciao Sergio. ‘ Fa con una voce seria. ‘ Come stai? Avrei bisogno di parlarti, &egrave possibile che ci vediamo a pranzo?
Preoccupato dal tono formale, gli chiedo subito di cosa si tratti, ma lui vago mi dice solo se posso andare a pranzo con lui.
– Certo che vengo a pranzo con te. Dove ti &egrave più comodo.
Stranamente mi da appuntamento da Agnese per le 13.00.
Continuo con un po’ di preoccupazione il mio lavoro.
Sono appena scoccate le 13.00 che entro nel locale.
Come mi vede, Agnese, mi viene incontro e mi accompagna al solito tavolo dove trovo già seduto Gino.
Adesso davvero allarmato mi siedo e mi accingo ad ascoltare cosa ha da dirmi il mio amico.
– Caro Sergio, scusa se sono stato un po’ reticente, ma di certi argomenti &egrave meglio parlare solo fra mura amiche.
Sono sorpreso che comprenda il locale di Agnese come mura amiche. Lui intuisce e mi fa:
– Vedi, Agnese &egrave la segretaria della Fondazione.
Capisco che sta succedendo qualcosa che mi riguarda. Continuo ad ascoltare annuendo e senza fiatare.
– Ieri sera, si &egrave svolto il Direttivo della Fondazione. Gloria ha lanciato la proposta che tu ne entri a far parte.
A questo punto intervengo per chiedere, davvero incuriosito:
– Credo che dovrai prima spiegarmi di cosa si tratta, non credi?
– Beh. Vedi la Fondazione raccoglie un certo numero di soci ‘ un numero molto limitato ti assicuro ‘ ed opera per la completa soddisfazione dei propri soci. Non so se mi capisci.
– Credo che possa interessarmi la cosa. ‘ Faccio pensando ingenuamente che la cosa finisse li. Ma lui continua.
– Ci sarebbe però un piccolo problema per l’adesione.
– Perché? ‘ Faccio io ingenuo.
– Perché’ la quota annuale &egrave di un milione di euro.
Rimango a bocca aperta come uno stupido.
– Però ci sarebbe un altro modo per farti entrare senza dover versare la quota annua.
Adesso davvero preoccupato, gli chiedo:
– E cosa dovrei fare per ottenere questo onore. ‘ Mettendoci anche una punta di ironia nel tono.
– Beh! Dovresti consentire a che Elena diventi l’oggetto di una serata d’onore. ‘ Fa lui tutto di un fiato.
– Una serata d’onore? E cosa vuol dire di grazia?
– Dovresti acconsentire a che tua moglie per un week end sia ‘usata’ dalla Fondazione. ‘ Poi di seguito senza darmi il tempo di intervenire ‘ Oltre a non pagare più la quota annuale, in quanto diventeresti socio di diritto, avresti la possibilità di guadagnare un bel po’ di soldi.
Lo scruto con sguardo indagatore. Lui continua.
– Elena verrebbe battuta all’asta. Io, per farti un esempio, per Cris ho avuto ben 250.000′. Che non sono una sciocchezza per un week end. A te &egrave data facoltà di porre tre limiti o condizioni che nessuno discuterà.
Resto un attimo pensieroso. Lui si interrompe e non parla più.
Mi accorgo che Agnese si &egrave guardata bene dal portare il pranzo. Forse temeva qualche mia reazione inconsulta.
Dopo alcuni minuti che non so quantificare. Dopo aver passato in rassegna tutto l’ultimo periodo della mia vita, vissuta accanto ad Elena, tiro un profondo sospiro e gli dico.
– Amico mio ti ringrazio del garbo che hai usato per affrontare con me questo argomento. Ma’. ‘ lui assume un atteggiamento di chi capisce il mio diniego, ed io continuo: non serviva. La mia schiava &egrave sempre a disposizione per i miei amici e per gli amici dei miei amici.
Lo sguardo di Gino impiega circa cinque secondi per realizzare la mia risposta e poi si illumina come avesse vinto la lotteria. Agnese, che ha origliato dietro l’angolo, esce allo scoperto ed abbracciandomi mi da un profondo bacio in bocca.
Mi sento euforico. Sono contento di poter regalare tanta gioia a questi amici che hanno fatto tanto per me.
Mangiamo di gusto tutto ciò che Agnese porta, ed intanto Gino mi da tutti i particolari.
Appena torno a casa sento che Elena &egrave già a casa e che &egrave in camera. Apro la porta e la trovo sul letto con Virginia che la sta valutando.
Il tatuaggio &egrave meraviglioso. Un sole le contorna la vulva. I peli sono tutti spariti. I colori sono innumerevoli. Guardo Virginia per capire cosa ne pensa e lei mi fa un gesto di OK inequivocabile. In effetti &egrave bellissima. I due raggi superiori si estendono fin sopra i capezzoli. Girandosi mi accorgo che i due inferiori vanno dritti dentro il buco del culo.
Faccio segno a Virginia di uscire. Mi seggo vicino a lei e gli racconto dell’incontro avuto con Gino e della proposta che ho accettato.
Solo per un attimo mi accorgo di un certo smarrimento nei suoi occhi. Non vorrei aver esagerato. Poi, come abitualmente fa quando io assumo il mio ruolo nel nostro gioco sessuale, abbassa la testa e sussurra:
– Come sempre, tutto quello che vuoi. Padrone. Come potrei rifiutarti qualcosa. Mi ricordo della promessa che mi ha fatto quando ho concesso a sua madre di andarsene al paese..
Allora gli faccio:
– Se non vuoi, basta che tu lo dica ed io ritirerò la parola che ho dato.
Quasi allarmata, neanche fosse una minaccia nei suoi confronti, pronta mi risponde:
– Non ti farei mai fare una simile figura, padrone. E poi, se tu ne sei felice, anch’io sono felice.
Non credo di riuscire a reggere ancora per molto il suo atteggiamento sottomesso. Finiamo li la discussione. Mi alzo e vado giù nel mio studio.
E’ enorme. Finirà che porterò qui tutto il mio ufficio. Tanto non so che farci di tutte quelle stanza. Eccettuata quella per il controllo delle telecamere e la sala biliardo, il resto &egrave sprecato.
Mi metto a riflettere su quello che sta accadendo al mio amore. Sono certo che qualcosa sta cambiando. Ma la mia sensazione di potere mi soddisfa troppo. Mi sento il suo dio.
Verso sera mi telefona Gino e mi dice che il ‘Gran Consiglio’ della Fondazione ha deciso di dedicare il prossimo week end all’accoglimento della mia persona nel Direttivo. Con l’occasione si svolgerà la serata d’onore dedicata ad Elena.
Vivo sulle spine i due giorni che mancano a venerdì sera.
Quando la chiamo per uscire, &egrave incantevole. E’ proprio la ragazzina di ancora sedici anni che ho conosciuto. Acqua e sapone, indossa una mini tunica bianca. Ai capezzoli, mi accorgo che espone due anelli in piercing e due pendagli pesanti li tirano verso il basso. Gli alzo l’orlo della tunica e vedo che porta le due strisce di pelle nera che reggono i soliti morsetti che le tengono aperta la vulva e fanno sporgere la clito. I capelli sono intrecciati come si usava una volta per evitare alle bambine che i capelli gli andassero davanti agli occhi. Formano una corona attorno alla sua testa. Fra i capelli sono inseriti fiori bianchi che sembrano nati direttamente li.
Calza due sandali da schiava e porta alla caviglia destra una catenina in segno di pegno d’obbedienza nei miei confronti.
La bacio e lei mi contraccambia con ardore. Mi accorgo che anche lei &egrave eccitatissima Prendiamo l’auto ed andiamo a casa di Gino.
Lui ci aspetta in giardino. Appena posteggio, un servitore viene ad aprire la porta dal lato di Elena. Lui mi viene incontro dal mio. Mi da la mano ed una pacca sul braccio, poi va da Elena e la bacia con affetto. Si accorge che &egrave eccitatissima, ma anche il suo viso mostra un eccitazione non indifferente.
Per la prima volta entriamo nel vasto salone dell’ala riservata alla Fondazione. Una musica soffusa rende l’ambiente più caldo. La luce &egrave scarsa, ma riesco ad intravedere una ventina di persone sui divanetti.
Sul fondo, una specie di palcoscenico con una punta che dal palco si spinge fino al centro del salone.
Gino ci accompagna sul palco. Io prendo posto ad un lungo tavolo, quasi al centro. Una inserviente, nuda, accompagna Elena al centro della sala, sopra la pedana in punta alla penisola.
Alcuni faretti la illuminano da ogni parte. La musica assume un andamento ritmato ed il volume si alza. Come colta da un raptus, Elena si lancia in una sensuale danza.
Accanto a me viene a prendere posto Gino, mi spiega che ‘ se sono d’accordo – sarà il mio consulente ed a lui potrò chiedere tutti i chiarimenti che sono necessari prima di accettare qualsiasi proposta. Lo ringrazio di questo aiuto.
Al centro siede Agnese con al suo fianco Gloria.
La musica si interrompe. Agnese legge una formula rituale di inizio della serata. A quel punto La luce si accende in tutta la sala e mi rendo conto che i presenti sono circa una quarantina. Quasi tutti uomini di una certa età. Il loro &egrave il classico aspetto delle persone facoltose. Anzi direi proprio ricche.
Gloria si alza, avanza lungo la penisola, quando arriva vicino a mia moglie, gli fa segno di scoprirsi.
Con il gioco dei gancetti, basta un gesto ad Elena per restare completamente nuda. Esposta dalla sua bardatura, appare eccitata ed eccitante. Solo le due strisce di pelle ed il tatuaggio la ricoprono.
Un mormorio d’assenso si alza dalla sala. Qualche battimani.
Gloria, come fosse una banditrice ad un asta pubblica di manzi o maiali, comincia a decantare le virtù della merce.
Sottolinea più volte l’età della ragazza e propone come prezzo base 50.000′.
Si alza subito una mano. Ma subito anche un’altra. Siamo a 100.000′.
Non ci vuole molto tempo. Rapidamente siamo a trecentomila.
Sono eccitatissimo. Sto vendendo mia moglie davanti a molta gente che conosco. E’ un esperienza che mi entusiasma.
Dall’ombra avanza un orso peloso, brutto da morire, ma soprattutto enorme. Se il suo cazzo &egrave proporzionale al resto, Rosario, il cuoco della barca di Gino &egrave un bambino al suo confronto.
Dopo aver girato attorno alla pedana, infila rudemente un dito nella figa di Elena. Tutti si accorgono che &egrave bagnatissima. L’uomo odora il proprio dito, se lo infila in bocca e poi alza la mano aperta. Agnese batte per cinquecentomila euro.
Sta per dare l’ultimo colpo, quando dal fondo della sala, una voce femminea, grida:
– Sua eccellenza l’emiro Al Baruk Jamil, offre un milione.
Il silenzio più assoluto cala sulla sala. Il mio stomaco si contrae. Penso che non ho mai sognato di possedere un milione di euro ed ora vendendo mia moglie per due giorni posso averlo.
Sono euforico, ma al tempo stesso stordito.
Dopo qualche secondo, Agnese comincia a battere:
– Un milione ed uno’.. un milione e due’.. – il silenzio &egrave totale. Allora ecco che arriva ‘ un milione e tre. Aggiudicata.
Un applauso scrosciante accoglie la battuta. Gino mi informa che &egrave stato battuto il record. Poi mi dice che l’acquirente &egrave un emiro arabo ricchissimo e viziosissimo.
Vengo invitato da Agnese e Gloria, ed accompagnato da Gino, le seguo in una stanza dove, mi viene spiegato, verranno sbrigate le formalità.
Qui già trovo Elena che non so come sia arrivata fin la, messa su una sorta di lettiga sorretta da quattro energumeni nudi, e tutti con un cazzo da fare invidia.
L’emiro accompagnato dall’effeminato che parla al posto suo, entra e si siede di fronte a me. Rapidamente la somma viene accreditata elettronicamente su un conto di transito presso la Fondazione. Lunedì mattina, al termine del week end, transiterà sul mio conto personale.
Terminata l’operazione, l’effeminato ci dice che sua eccellenza l’emiro vuole conoscere le mie condizioni. Io, tramite Gino, rispondo che voglio solo assistere.
L’emiro mi guarda. Il suo sguardo mi mette a disagio. Poi mette in campo il suo carico. Parla all’orecchio del suo portavoce.
L’effeminato, dopo un colpo di tosse che dovrebbe schiarirgli la voce, ci dice che sua eccellenza l’emiro sarebbe disposto ad un extra – consistente in un diamante valutato trecentomila euro. Dopo qualche secondo precisa che, in cambio, chiede che prima di lasciar andar via la mia consorte, lunedì mattina, vorrebbe far ‘sfogare’ ‘ usa questo termine ‘ il suo stallone.
Guardo Gino per cercare di capire. Lui, su di un orecchio, mi dice che &egrave frequente una contrattazione privata per chiedere qualcosa di particolare al venditore. E poi con voce impercettibile mi precisa che la collezione di cavalli dell’emiro &egrave famosa al mondo. Io guardo Elena. Lei non da cenni di alcunché, ma nei suoi occhi leggo che per la prima volta ha paura.
Dopo qualche secondo di riflessione pronuncio un no deciso. L’emiro mi guarda ancora fisso negli occhi. Lo sguardo mi fa gelare il sangue nelle vene. Spero nessuno se ne accorga. Come fossi fuori dalla scena, lo vedo ancora rivolgersi all’orecchio dell’effeminato e dirgli qualcos’altro. L’effeminato, usando un tono se possibile ancora più mellifluo di quello fin qui usato, dice:
– Sua eccellenza l’emiro Al Baruk Jamil, si onora di chiedere all’illustre venditore, qualora il suo piccolo fiore non fosse già stato violato, se &egrave disposto ad offrire il proprio bocciolo partecipando anche lui al gioco, nel qual caso la sua offerta &egrave di ulteriori due milioni di euro.
Per un attimo non capisco. Guardo Gino e dal suo imbarazzo mi rendo conto della proposta. Il mio viso diventa paonazzo. La rabbia sta per sopraffarmi, la tranquilla stretta di Gino sulla mia gamba mi ferma. L’aria sembra diventata solida, tanto non si respira. Tutti gli sguardi sono puntati su di me. Cerco di cogliere qualche segnale da qualcuno, ma la posta &egrave troppo alta. Guardo Elena e mi sembra di cogliere un baleno di ironia nei suoi occhi. Poi, come se fosse inevitabile mettere in piazza la mia vergogna, rispondo con il tono più basso possibile un laconico:
– No.
Dopo un’altra frase pronunciata dall’emiro all’orecchio del suo servo, sempre con la sua melliflua voce, l’effeminato mi fa:
– Sua eccellenza l’emiro Al Baruk Jamil, si onora di chiedere all’illustre venditore se il suo no &egrave alla proposta oppure al fatto che il suo piccolo fiore sia già stato violato.
La testa sembra scoppiarmi. Non ero preparato a questo. Ho quasi le lacrime agli occhi. Però’. due milioni’. Dopo un tempo che mi sembra interminabile, ho il coraggio di dire con l’ultimo esile filo di voce:
– La signorina Gloria ha avuto il piacere di essere la prima e l’unica.
L’emiro, che chiaramente capisce la nostra lingua, scoppia in una fragorosa risata.
Allora detta all’effeminato la sua risposta, inequivocabile:
– Sua eccellenza l’emiro Al Baruk Jamil, si onora di dire all’illustre venditore che allora il fatto non fa testo, le dimensioni della onorabilissima signorina Gloria non sono in grado di violare alcunché, e se l’illustre venditore &egrave d’accordo possiamo procedere subito alla stipula del patto.
Mi gira la testa. Mi sembra di guardare dal di fuori tutto ciò che accade: con incredulità vedo la scena che sta accadendo. La mia testa fa un doppio cenno di assenso e Agnese subito, utilizzando in maniera disinvolta il computer portatile che ha davanti, procede all’accredito di ulteriori due milioni sul conto della Fondazione. La mia testa &egrave persa nei calcoli. Pur di non pensare. Quanto mi aveva detto Gino che era la percentuale della casa: il 12,50% se ricordo bene. Lo guardo in cerca d’aiuto ma lui non capisce.
Sono comunque in totale più di due milioni e mezzo. Mi dico che ne vale la pena.
Agnese, inesorabile, mi porge il testo dell’impegno ad onorare la ‘vendita’. Firmo.

… continua …. La riunione riservata si conclude e veniamo invitati, io e mia moglie, a seguire l’emiro nelle stanze dedicate alla serata d’onore.
Entriamo in un postribolo affascinante. Specchi, sculture ed affreschi che rappresentano soggetti erotici o scene di amplesso, rendono quasi morboso l’ambiente. Non ci sono letti ma a terra &egrave come ci fosse un pavimento di cuscinoni. Negli angoli, sono posizionati strategicamente, piccoli tavolini, che mi accorgo sono dotati di un piccolo frigobar posizionato proprio sotto il ripiano. Sopra sono pieni di ogni ben di dio da mangiare. L’emiro congeda il resto della compagnia e chiude la porta alle nostre spalle.
Rimaniamo con l’emiro e l’effeminato che continua a scodinzolarci dietro.
Lui si avvicina ad Elena e le accarezza la pelle. La vedo provare un brivido d’eccitazione. Non &egrave la prima volta che l’ho venduta, anche al cinema era avvenuto, però, farlo così, in quel modo pianificato e poi a quel prezzo. Anch’io sono colpito da brividi che mi corrono lungo la schiena. Poi all’improvviso, mentre lui si gira verso di me e mi tocca il cazzo, che nonostante tutto &egrave in tiro, realizzo che anch’io sono carne per quel banchetto. Mi sento smarrito. Lui se ne accorge e con gesto affettuoso mi invita a spogliarmi. Elena &egrave già nuda. Non fosse altro che per i legacci che tengono le pinzette che gli aprono la figa.
Eseguo come in trance. Quando ho finito, lui invita Elena a prendermelo in bocca. Lei esegue e comincia un arrapante pompino.
Negli specchi che ci circondano, vedo che si comincia a spogliare. E’ di spalle. Secondo me avrà circa 45 anni, Il corpo asciutto e muscoloso, riempito di profonde cicatrici in vari posti, denotano un’abitudine alla vita dura, propria dei guerrieri ‘ alla fine scoprirò che ha oltre sessant’anni. Quando ha finito di togliere gli indumenti, si gira. Espone un attrezzo favoloso. Più di tutto mi colpisce che lo trovo bello. Lungo, bello grosso, turgido che si inarca leggermente. In punta una cappella che sembra una pesca. Si posiziona dietro mia moglie e la penetra alla pecorina.
Sembra che affondi una lama nel burro dalla facilità con cui penetra.
Elena gradisce l’intrusione e la sua pompa al mio cazzo diventa quasi famelica. Si lascia scivolare il mio cazzo fin in fondo alla gola, lo trattiene alcuni secondi e poi si ritrae, con un movimento della lingua che si attorciglia lungo la mia asta e sulla mia cappella.
Non ci metto molto ed una enorme quantità di sperma gli si scarica in gola. Il primo fiotto la coglie impreparata, che ha l’asta infilata fin in gola e quasi si soffoca. Lo sperma va direttamente giù. Quando si ritrae per un colpo di tosse, il secondo fiotto gli imbratta il viso. Subito lei lo riposiziona in bocca e riesce a deglutire tutto il resto.
L’emiro si sfila, prende Elena per mano e la allontana dolcemente dal mio cazzo.
Con un gesto mi indica una sorta di tavolo basso, su cui c’&egrave un morbido rivestimento di pelle, ed in corretto italiano mi dice:
– Si stenda comodo a pancia in giù. ‘ E si pone davanti a me – Sarà bene che cerchi di lubrificare al meglio il mio strumento, io la farò aiutare dalla fanciulla per cercare di prepararla al meglio. ‘ Detto questo indica ad Elena un vasetto di vasellina che lei prende e, appena mi sono steso, comincia ad ungere il mio ano.
Il cazzo dell’emiro svetta davanti alla mia faccia. Mi faccio forza pensando ai milioni di euro ed apro la bocca e comincio a succhiarlo. Mi trovo stupito che il primo pensiero che ho &egrave: che &egrave buono. All’inizio predomina il sapore di Elena, della sua figa. Ma dopo qualche minuto che succhio, il sapore cambia, prende il sopravvento un gusto più selvatico, più maschio.
Elena continua a massaggiarmi il buco del culo. Credo che mi abbia infilato più di un dito per tentare di elasticizzare l’ano.
Il gusto del cazzo dell’uomo, la cosa mi sconvolge, non mi da alcun fastidio, anzi mi piace. Il suo cazzo ormai &egrave ben bagnato, quando lo estrae quasi me ne dispiace. Ma soprattutto mi terrorizza l’idea di ciò che sta per accadere. Lui mi gira attorno e si posiziona dietro di me. Sento la calda cappella che si appoggia al mio orifizio.
La paura mi fa contrarre in modo da rendere quasi impossibile la penetrazione senza alcuna violenza. Lui se ne accorge e cambia tattica.
Fa un cenno all’effeminato; questi va in una stanza accanto. Ne esce scortato da tre negri nudi che sembrano montagne. Io comincio a singhiozzare e lui mi fa con una dolce voce, tranquillizzante:
– Non ti preoccupare, non sono per te. Per il momento’
E ciò detto indica ai tre Elena. Quello con il cazzo più grosso si stende a terra, &egrave come un obelisco enorme e lunghissimo. Gli altri prendono di peso mia moglie e la impalano letteralmente. Un altro la spinge verso il busto dell’uomo su cui &egrave impalata e senza alcun riguardo, si posiziona dietro di lei e gli infila il cazzo nel culo. Elena, già eccitata dal trattamento dell’emiro, sta già partendo alla grande. Ha gli occhi strabuzzati per quanto grandi sono i due cazzi che la stanno riempiendo. I due che sono facilitati dalla esile figura della ragazza, la stanno sconquassando con colpi bestiali.
La scena di mia moglie così violata dai quei cazzi ha un effetto dirompente per me.
Il mio cazzo si erge in maniera immediata.
Il terzo negro gli porta il cazzo all’altezza della bocca, ed Elena lo attira a se per imboccarlo il più possibile. Lui, comincia a chiavarla anche in bocca. Tirandogli la testa per i capelli gli da il giusto ritmo.
I tre si muovono all’unisono. Il mio cazzo pulsa dall’eccitazione. E quando l’effeminato, che si &egrave intanto infilato sotto il tavolo dove sono steso, ha cominciato un bel lavoro di bocca attorno alla mia cappella, comincio a partire in quarta. Sono quasi all’orgasmo ormai.
Sto per eiaculare quando all’improvviso il mio mondo cambia.
Con un solo colpo potente, mentre tutto me stesso si rilassava per poter lasciar sgorgare la cascata di sperma in quella bocca vorace che mi sta succhiando, ecco che l’emiro ha colto ‘il mio piccolo fiore’.
Il suo cazzo, in un sol colpo mi &egrave scivolato nel retto. Quando si &egrave fermato ho sentito distintamente le sue palle sbattere contro le mie. E’ tutto dentro di me.
Mi sembra di morire. Mi sento come squartato. Un bruciore inimmaginabile mi pervade l’intestino. Non ho idea di cos’altro sta accadendo attorno a me. Il mio cervello &egrave paralizzato dal dolore.
Non riesco più ad avere la cognizione del tempo. Non riesco a capire più da quanto tempo dura la vile profanazione che l’emiro sta operando. Devo aver pianto. Quando riesco a riconnettere la realtà vedo Elena sommersa da sperma, dappertutto. Poi mi accorgo che nonostante tutto, il mio sperma ha investito l’uomo che sta disteso sotto di me ed anzi sento ancora le sue labbra e la sua lingua lavorare sul mio cazzo.
All’improvviso il supplizio si rinnova. L’emiro prima si ritrae poi riaffonda la sua spada dentro di me. Poi ancora. Ha iniziato un lento e profondo andirivieni.
Il dolore &egrave immenso. Elena si &egrave avvicinata, tutta piena di sperma e si abbassa su di me e mi bacia. Con la sua lingua, nella mia bocca, entra un’abbondante dose di sperma che lei aveva da poco ricevuto dal terzo negro.
Mi sembra di morire. Non so perché ho vergogna di me stesso. L’andirivieni ha accelerato il ritmo. Ormai &egrave come se il dolore sia diventato troppo forte per essere correttamente riconosciuto dal mio corpo.
Non so da quanto tempo va avanti. Ad un tratto un caldo tepore mi riempie le viscere. Deve passare molto tempo perché riconosca che lui mi ha sborrato nel culo.
Non riesco a capire come, ma nonostante tutto, la mia perforazione continua.
Ormai credo di essere svenuto almeno un paio di volte. I colpi dietro di me sono diventati violenti. Quando il suo ventre si abbatte con violenza sulle mie chiappe, il suo glande me lo sento arrivare in gola.
E’ strano, &egrave come fossi stato anestetizzato. Non sento più il dolore. Eppure i colpi sono violentissimi. Mi sento le viscere, già piene di sperma che sono continuamente violate da questo martello pneumatico che &egrave il suo cazzo.
Sono dapprima sorpreso, poi subito dopo sconvolto, quando comincio a rendermi conto che il mio culo si muove al ritmo dei suoi colpi, come per favorire una sempre maggiore penetrazione.
Quando comincio a scuotermi in maniera incontrollata per un orgasmo che non ho mai provato, mi rendo conto che mi sto pisciando sotto. L’uomo &egrave sempre sotto di me a bocca aperta. Come in un sogno, razionalizzo che la sua esperienza deve essere molto approfondita per prevedere tutte le mie reazioni. Reazioni che io non avevo mai provato e non sapevo potessero esistere.
Dio, il godimento &egrave micidiale. Lui continua imperterrito. Una seconda ondata di sperma si sta scaricando dentro di me. Perdo conoscenza.
E’ una sensazione di dolce lenimento quella che mi trova quando riprendo conoscenza. Sento il mio culo accarezzato con una dolcezza unica.
Cerco di girare la testa, nello specchio vedo l’effeminato che con la lingua sta cercando di recuperare tutto lo sperma che cola dal mio culo. Mi guardo attorno e vedo l’emiro che sta inculando Elena, come fosse il primo approccio della serata. Mia moglie &egrave in estasi. I colpi dell’uomo la squassano e lei ne gode.
Mi viene in mente il piacere provato. Cado sopraffatto dalla stanchezza.
Non riesco a capire. Riemergo dalle tenebre e sento ancora quella sensazione,
No, no la lingua. Sento il cazzo che mi sta violando ancora.
Elena &egrave di fronte a me mentre due dei negri stanno tentando una doppia penetrazione nel suo culo.
All’improvviso un lancinante dolore mi risveglia del tutto. Riesco a girare un po’ la testa e nello specchio vedo che l’emiro e l’altro negro mi stanno offrendo lo stesso trattamento.
Ancora una volta riaffondo nelle tenebre.
E’ innumerevole le volte che sono riemerso e sono ricaduto nell’incoscienza. Quando ad un tratto realizzo che sto mangiando qualcosa, mi rendo conto che stanno continuando a profanare il mio povero culo. Non so più dove sono, ne cosa sto facendo.
Quando riapro gli occhi ho l’emiro davanti che mi guarda beffardamente. Si avvicina al mio orecchio e mi sussurra:
– Se ti piace tanto vedere tua moglie fottuta dagli altri, &egrave certo che anche tu vuoi essere fottuto. Perciò offri come regalo tua moglie. Così speri che anche tu possa essere accontentato. Questa volta ti &egrave andata bene. Puttana.
Mi tira su il capo e mi ficca il suo cazzo in bocca. Io, come una puttana, gli faccio una pompa vera. Quando sta per venire, lo estrae e mi sborra in faccia.
Elena &egrave li. Si accuccia vicino a me e comincia a leccare tutto.
Mi metto a piangere e chiudo gli occhi.

Mi sveglio che sto fra lenzuola di seta. Mi sento che sono stato lavato. Ho la sensazione che mi hanno picchiato tanto. Mi fanno male tutte le articolazioni.
Mi rigiro. Mi fa male il culo.
Con cautela, allungo la mano verso di lui. Cerco a palpo di scoprire in che condizioni &egrave.
Si vede che non ho l’età di Elena. I miei tessuti non hanno la stessa elasticità. Mi rendo conto che il buco &egrave proprio aperto. Come fosse stato perforato. Riesco ad infilarci quattro dita e ci sarebbe ancora spazio. Le lacrime tornano a riempire i miei occhi, ma la sua voce mi scuote.
– Non essere ipocrita. La tua prima &egrave stata un successo. Hai goduto come una vacca. Anche tua moglie ha goduto guardandoti. Però devo dire che lei &egrave più puttana di te. A lei piace essere violata. Tu devi ancora impararlo. Sono sicuro che quando andrai via di qua domani mattina, sarai un’altra persona.
Con terrore mi rendo conto che non &egrave finita.
Anche la domenica trascorre con una continua violenza dentro di me. Comincio a convincermi che sta godendo più con me che con Elena. Ad un certo punto, lui decide di chiavare mia moglie con la carta copiativa. Io chiavo mia moglie, lui incula me. Dio mio, mi piace da morire.
L’effetto dello sciroppo di Agnese &egrave sempre presente. Nonostante le ripetute eiaculazioni il quantitativo del mio sperma resta sempre alto. Il suo, molto più del mio.
In uno degli orgasmi più violenti che ho avuto mentre lui mi incula, alla fine lui mi ha pisciato nel culo. E’ stato entusiasmante. Prima di andare via gli ho chiesto di rifarlo. Lui per fami contento e premiarmi per la mia ‘disponibilità’, mi ha fatto pisciare nel culo dai tre negri. Mi sembrava di scoppiare. Quando hanno finito mi ha fatto evacuare addosso ad Elena. Lei si stava masturbando ed ha goduto come una pazza rotolandosi nei miei escrementi.
Quando lunedì mattina esco dalla doccia, sono sfinito, svuotato nel vero senso della parola. Lui &egrave già andato via. Nel letto resta l’esile figura di Elena che ha il sesso irriconoscibile. Non gli guardo il culo per non immaginare come &egrave il mio.
Se dovessi fare un confronto quantitativo, direi che ha più inculato me che dedicarsi ad Elena.
Quando siamo pronti tutti e due usciamo dalla porta da dove eravamo entrati. Trovo Gino che mi aspetta. Mi abbraccia e fraternamente mi consola. Mentre mi accompagna alla macchina mi da le ultime due notizie che completano la mia distruzione psicologica. Sabato prossimo verrà proiettato il video con il meglio del mio stupro, visto in diretta da tutti i soci, e per finire, l’emiro molto soddisfatto di me mi ha lasciato anche il famoso diamante da trecentomila euro, come regalo aggiuntivo
– Per la sua puttana. ‘ Ha detto consegnando il gioiello a Gino.
Arriviamo a casa senza aver proferito parola per tutto il viaggio.
Come entriamo, troviamo Virginia che ci aspetta. Come ci vede. O forse, meglio, perché informata, &egrave pronta a prestare le sue amorevoli cure mettendo a disposizione l’esperienza di una che di cazzi ne ha preso una bella quantità per professione.
Il suo aiuto &egrave determinante. La sera di lunedì il mio culo ha ripreso , almeno esteriormente, l’apparenza di prima.
Per tutta la settimana, sia Virginia che anche Elena, mi curano e mi coccolano come fossi un bimbo. Elena già martedì mattina era tornata in forma.
Io non sono tornato al lavoro per tutta la settimana. Ho vergogna. Ho l’idea fissa che tutti si accorgeranno che ho il culo rotto.
E’, ormai, venerdì sera che Virginia mi affronta e prende in mano le redini.
– Allora, stronzo. Non ti piace più giocare? E’ ora che diventi grande. Quando si comincia a giocare con il sesso devi farlo diventare come una malattia che ti accompagna. A cosa servono i sensi di colpa? Ti &egrave piaciuto essere una puttana? Bene, quando vorrai, sai che ti basta metterti a fare la puttana e godrai. Tua moglie. L’hai abbastanza troia? La vuoi ancora più troia? Nessun problema. Basta che scegli. Deve ancora provare l’accoppiamento con le bestie.
Io faccio per rispondere svogliatamente, ma lei mi da un manrovescio che mi fa sanguinare il labbro.
La guardo smarrito e lei si apre la vestaglia che indossa e mi mostra uno strap-on di notevoli dimensioni che mi fa segno volermelo mettere nel culo. Accenno ad una difesa, ma lei mi da un altro schiaffo.
Io mi giro. Mi tira giù il pigiama che ancora indosso da lunedì, mi fa stendere con un cuscino sotto la pancia, mi unge il culo con della vasellina che non so dove abbia preso e poi come niente fosse mi penetra.
Il suo movimento &egrave dolce. Ha un ritmo che imprime lei con dolcezza. Dopo non molto mi accorgo che sto sborrando e comincio a godere da matti.
Quando ha finito, si toglie lo strumento e mi accorgo che era a due vie. Un cazzo di analoghe dimensioni lo aveva anche lei nella figa. Mi bacia, e mi fa:
– Tu sei il padrone di Elena. Io la tua. Da adesso in poi giochiamo in tre.
Io quasi inconsciamente mi affido alla mia nuova signora e padrona. Lei adesso, deciderà per me.

Il mio ritorno alla vita quotidiana riprende abbastanza tranquillamente sotto la guida di Virginia.
Informo della novità i miei amici e loro già pensano a come utilizzare la cosa. La prima &egrave Gloria che ci invita tutti e tre insieme sul suo vascello.
Virginia che non l’aveva ancora visto &egrave rimasta affascinata da quanto &egrave bello.
Elena, che ha preso la novità con grande gioia, ora &egrave la mia schiava ed allo stesso tempo l’amante della mia padrona.
Quando arriviamo troviamo gli immancabili Gino e Cristina. I loro sorrisi ci accolgono soddisfatti. Come arriviamo, ci accorgiamo che ci sono altre persone a bordo.
La prima cosa che viene fatta &egrave subito &egrave mangiare. La disposizione dei posti avviene in un modo che a me appare casuale. Mi trovo seduto tra Gloria e Cristina. Gino fra Elena e Virginia. Realizzo che Alfredo non c’&egrave, chiedo lumi a Gino, il quale mi risponde che Gloria si &egrave stancato di lui.
Il pranzo &egrave abbondante ed il vino scorre generoso. Quando siamo al dessert, le donne sono nude e noi con il cazzo fuori. Quello di Gino come sempre moscio.
Cominciano i primi giochi a due ed Elena si ritrova con Cristina.
Cris si introduce un lunghissimo fallo a due teste nella figa e si mette distesa a terra e chiede ad Elena di avvicinare la sua figa e comincia a scoparla.
Virginia mi chiede di leccargli il culo che vuole essere inculata da Gloria. Mentre lo faccio, lei distesa sul ponte ed io in ginocchio fra le sue gambe, mi sento la biscia di Gloria strofinarmi il buco. Mi rilasso e la lascio entrare. Mi da due colpi fenomenali. Me lo sento uscire dalla gola. In testa mi scoppia l’orgasmo. Non capisco come mai. Con due colpi sono già che mi rotolo sul ponte.
Mi incula per un bel pezzo e poi mi riempie le viscere. Poi si dedica a Virginia con cui ha un rapporto molto più dolce e molto più lungo. Sono la che guardo, ancora scosso dal godimento provato così violentemente, che Gino si piega fra le mia gambe e comincia a succhiarmelo. Non ci mette molto che sono di nuovo in tiro.
Senza neanche chiederglielo, con un piede spingo via Gino, lo faccio girare e comincio ad incularlo. Lo faccio con violenza. Lui gradisce. Vengo copiosamente dentro di lui e subito dopo inizio a pisciare nel suo culo. Ho vivido il ricordo di quello che ho provato con l’emiro. Non mi accorgo che intanto Cris ha estratto la lunga biscia dalla figa di Elena e mentre ancora sto pisciando in culo a suo marito mi incula a sua volta.
La gita continua così per tutto il week end. Il mio culo &egrave entrato a far parte del gioco per tutti. In fondo mi rendo conto che non me ne importa niente.
Ormai la mia vita ha costruito il suo corso.
Il tempo passa.
Un estate in cui abbiamo passato più di un fine settimana a casa di Gino, sono arrivato a far provare ad Elena quello stallone che gli risparmiai con l’emiro.
E’ stata una cosa eccitantissima. Il cazzo del cavallo era mostruoso. Nessuno di quelli che ha partecipato avrebbe mai immaginato che fosse riuscita a farcelo stare tutto dentro.
La violenza con cui il cavallo si &egrave scaricato su di lei &egrave stato uno spettacolo che mi ha spinto a masturbarmi. Mentre lei, con la figa sfatta era a terra con il cavallo che continuava a spargere il suo sperma su di lei, anch’io mi sono unito alla bestia.
Tutti i nostri amici hanno preso l’abitudine un giorno a settimana a venirci a trovare per giocare nella nostra stanza delle torture.
Con il tempo, io ed Elena, abbiamo preso l’abitudine a muoverci con la macchina per cercare camionisti da adescare nelle aree di sosta lungo l’autostrada.
All’inizio mi facevo quasi sempre pagare, e spesso, riuscivo a trovare chi si offriva di riempire anche a me il culo o la bocca di sperma. Ormai, quello che chiedevo a lei, lo desideravo anche per me.
Una volta, abbiamo trovato quattro tir fermi e gli autisti che stavano giocando a carte. Alla mia offerta, hanno lasciato le carte e ci hanno fatto salire nel cassone di uno dei tir.
A terra c’erano i cartoni che erano avanzati dal trasporto. Dopo diverse ore che andavamo avanti a prenderlo tutti e due, mi sono accorto che i quattro, con i 50′ che mi avevano dato, continuavano a far salire sempre autisti diversi. Ne ho contati ventotto. Tutti hanno voluto la figa di Elena ed il mio culo.
Però, sono convinto che sono stati molti di più. Uno, ci ha lasciato il numero di cellulare dicendo che ci conosce e vive vicino a noi. Se abbiamo bisogno di cazzo lui ce lo procura in niente.
Alle nostre uscite, piano piano ho convinto a partecipare anche Virginia e Cinzia (la quale ha sposato il topo). Lui però, &egrave stato tenuto all’oscuro dei nostri giochi, tanto &egrave tutto preso a guidare l’azienda – che gli ho ceduto dopo aver incassato i tre milioni ‘ che non si accorge di niente. Quando voglio che Cinzia venga con noi, faccio in modo che uno dei suoi clienti gli crei problemi e lo costringa ad andare in trasferta da qualche parte e così noi possiamo usare tranquillamente la moglie.
Adesso, abbiamo scoperto che grazie alla serata in fondazione del mese scorso, con 16 ragazzi neri – tutti con cazzi portentosi – Cinzia &egrave rimasta incinta. Bisognerà trovare motivazioni credibili per convincere il marito. Grazie al sindaco, amico di Gino, siamo riusciti a creare dei falsi documenti che attestano che un lontano antenato della rossa Cinzia, era di origine africana, e quindi se il ragazzino sarà scuro di pelle sarà stato per tale motivo. In fondo il topo, sulle questioni di sesso, &egrave talmente fesso che si beve tutto. Poi a lui basta che la moglie gli faccia fare una sveltina il sabato e gli regali un pompino la domenica mattina e lui &egrave contento.
Barbara, quando ho ceduto lo studio al topo, ha lasciato il lavoro. E’ andata a vivere con Gloria che ha espresso l’intenzione di sposarla.
Ormai video tratti dai filmini che riguardano me ed Elena, girati sia sulle barche che nella fondazione, sono diventati un cult su internet. La versione integrale la si acquista tranquillamente da qualunque socio della Fondazione.

… continua … Questa settimana, per venerdì sera &egrave prevista la solita riunione mensile della Fondazione.
Per l’occasione ci siamo messi a dieta di cazzi per oltre due settimane. Anche il mio culo, che comunque non ha l’elasticità di quello di Elena, ormai si &egrave abituato ad assumere innumerevoli cazzi e per ridargli un po’ di forma &egrave meglio farlo riposare.
Il tempo che &egrave passato, ormai, mi ha reso non più appetibile per molti.
Spesso, quando troviamo esterni, se voglio poter avere anch’io la mia parte, dopo che hanno usato Elena, sono spesso costretto a pagare.
Ormai, anche Gloria non mi incula più, tutta dedicata a Barbara, a sua volta tutta innamorata del suo lunghissimo cazzo &egrave in cinta di cinque mesi.
Virginia ha cominciato ad utilizzarmi solo come cesso per i suoi bisogni, scaricandomeli in bocca. Per fortuna mi rifaccio su Cinzia, la quale ormai ha due gemelli, nerissimi di pelle, che vanno alle scuole medie. Gli ho detto che presto dovrà portarmi anche sua figlia.
A già detto di si.
Elena &egrave diventata quasi irraggiungibile per me. La usano tutti, io mi limito a guardare e sperare che qualcuno usi anche me.
Mentre mi vesto mi guardo allo specchio.
La mia pancia &egrave ormai molto pronunciata. Il corpo abbastanza cadente, e Virginia mi ha fatto depilare del tutto rendendomi ridicolo, mi trovo orrendo. Ciò che mi colpisce &egrave la faccia. Gli occhi, con due profonde occhiaie su un viso tondo e roseo che stride in maniera oscena. Il rimmel che Virginia mi fa mettere &egrave evidente da lontano. Sembro una vecchia baldracca. Anche il mio cazzo ormai fa fatica a reggere. Per fortuna hanno inventato il viagra. Agnese, che &egrave morta circa dieci anni fa, mi ha lasciato senza la sua pozione. Le mie eiaculazioni sono molto scarse e si stanno diradando. Ormai riesco a godere solo quando lo prendo anche nel culo. Però ormai il mio culo fa sempre più fatica a richiudersi dopo ogni inculata.
Guardo Elena che si sta preparando. Lei invece, non &egrave più la bambina che ho conosciuto, ma &egrave sempre una bella donna. Nonostante tutti i cazzi presi, continua a mantenersi pienamente in forma. Anzi sembra rinascere ad ogni nuovo cazzo.
Il seno molto più grande, anche se in po’ pendente. Anche perché ha cominciato a frequentare un giro di sadomaso che usano i piercing che si &egrave messa sui capezzoli per appendergli pesi mostruosi.
Il culo ha raggiunto le stesse proporzioni che aveva Cris ai bei tempi di quando l’avevo conosciuta, anche se fa anche lei un po’ più di fatica, prima che torni alle dimensioni normali, dopo che &egrave stata inculata da cazzi particolarmente grossi.
Nel complesso &egrave una gran bella vacca da chiavare a tutta birra.
Ci vestiamo come sempre, come due troie. Ormai ci appellano come le sorelle del cazzo.
Indosso a fatica la guepiere che mi rende ridicolo. Questa volta, Virginia oltre al fard, mi costringe a mettere anche il rossetto. Rosso scarlatto.
Mentre in macchina stiamo andando, il ragazzino che adesso chiava Elena per me – un palestrato di ventidue anni con un cazzo favoloso, la sta pompando alla grande sul sediolino di dietro dell’auto. Virginia, inutilmente, continua a sbocchinarmi nella speranza di farmelo venire duro. E’ ancora presto. Perché faccia effetto il viagra occorre ancora una mezz’oretta.
Arriviamo nel giardino. Come scendiamo dalla macchina veniamo subito divisi. Ognuno in una stanza. Io ho sedici cazzi da soddisfare.
Dopo aver lavorato duramente, sono riuscito a farli sborrare tutti due volte, e per cinque di loro c’&egrave stato il tris.
Quando il nuovo presidente della Fondazione, con garbo viene a prendermi – perché il figlio dell’emiro che ha cambiato la mia vita vuole conoscermi – mi prende una strana eccitazione.
E’ bello come suo padre. Il suo cazzo &egrave grosso, il doppio di quello di suo padre.
E’ più potente di suo padre. I suoi colpi mi fanno letteralmente impazzire dalla goduria.
Il ricordo di quel lontano giorno si mischia con il piacere che mi sta dando.
Alzo la testa e nello specchio vedo Elena.
Sono come in catalessi. La fronte mi pulsa e la bocca &egrave arida, sembra che mi trovo nel pieno di un deserto a mezzogiorno.
La guardo e non riesco a realizzare ciò che vedevo. E’ come se il cervello si rifiutasse di percepire ciò che gli occhi trasmettono.
Eppure, quante volte l’ho vista così, quante volte sono arrivato a sognarla proprio in queste condizioni.
Nuda, in forma perfetta nonostante non sia più giovane, attorniata da tutti quegli uomini che l’hanno appena usata e che ne hanno abusato abbondantemente.
Quel viso perso nel vuoto ma al tempo stesso con un rilassato ghigno, quasi un sorriso, il sorriso di chi ha appena appagato tutti i suoi sensi.
L’ultimo di quegli uomini gli ha appena eiaculato nella bocca ed un rivolo di crema biancastra scivola dall’angolo destro del labbro carnoso, su cui non c’&egrave più traccia di rossetto.
Il rimmel colato dagli occhi &egrave un tutt’uno con lo sperma che le ricopre larga parte del viso e gli impiastriccia i capelli ed i seni.
La sua vulva rasata, esposta e slabbrata dalle tante penetrazioni, appare ricoperta da una schiuma bianca che sembra voglia uscire’. o forse sta per essere risucchiata da quel forno così oscenamente offerto.
L’ano dilatato in maniera inverosimile, grazie alla sua impudica posizione, a gambe divaricate con i piedi poggiati sul letto, potrebbe accogliere tranquillamente la mia mano aperta.
La vedo per la prima volta per quella che in fondo &egrave veramente.
Una troia, una vera grandissima troia.
Ogni tanto, quando in qualche modo riprende conoscenza, la vedo girare gli occhi e rivolgermi il solito fuggevole sguardo, in cerca di quella complicità che fino ad oggi non gli ho mai fatto mancare, ma adesso’.
Allora la guardo con un sorriso vacuo e forse anche stupido disegnato sul volto, così che lei può fraintendermi e può sentirsi in pace con la sua coscienza, cio&egrave che fa lo fa per me’ per farmi felice’..
Così gli avevo sempre detto!
Ma adesso, mentre il figlio dell’emiro continua a penetrarmi con una forza sovrumana, con la mia faccia piena di sperma riflessa in quello specchio, mentre ripercorro i tanti cazzi che lei si &egrave goduto in tutti i modi, e quelli che ho subito io, da quando da solo mi sono prostituito, finalmente i miei pensieri hanno una chiarezza che ormai non riuscivo più ad avere, capisco che l’emiro non aveva ragione.
Non ero uno che vendeva la moglie perché cercava cazzi da prendere.
No, ero solo un coglione che si era illuso di poter essere ‘il padrone’ di quella grandissima troia di Elena. No, non sono mai stato il suo padrone. E’ stata lei, grandissima zoccola, che mi ha dominato, mi ha portato ad accettare tutto quello che lei ha voluto fare e mi ha fatto fare tutto quello che ha voluto per umiliarmi.
Si &egrave presa così la sua vendetta, da sola, su quel padre che &egrave morto troppo presto perché lei potesse chiavarselo. Si &egrave vendicata di una madre che l’aveva venduta.
Si &egrave impossessato di tutto quello che gli uomini potevano dargli illudendoli che erano loro a chiavarla.
Mi ero illuso anche io. La padrona &egrave stata lei.
Solo Agnese aveva visto giusto. ‘La farfalla ha preso a volare’.

Così finisce la storia.
Ringrazio tutti quelli che hanno avuto la pazienza di leggerne qualche capitolo ed ancor di più ringrazio chi ha avuto il coraggio di leggerlo tutto.
Apprezzerò molto eventuali commenti che chiunque vorrà lasciare. Grazie.

By imitalo

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