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OrgiaTrio

Un angolo d’Oriente nell’Oltrepò Pavese – parte 6 – fine

By 4 Settembre 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

 

Mi tuffai nel lavoro estraniandomi da tutto, installando secondo la cronologia migliore i vari software indispensabili nell’uso base del computer. Dopo di essi scelsi con cura gli applicativi che gli avrebbero consentito una lavorazione più semplice e sicura per la sua attività. Al termine li testai per vederne il risultato. Passato alla configurazione generale del pc come piace a me per un uso più leggero e pratico, disabilitai alcune funzioni di base meno funzionali e più pesanti di quanto installai successivamente. All’ultimo riavvio mi accorsi che oramai le dodici erano passate da poco quando Aiko e Suki comparvero nello studio. Le osservai avvicinarsi mangiandomele con gli occhi e dissi loro:” Ooohhh i due gioiellini, come va?”

Mi risposero quasi all’unisono ”Plepalato mangiale, Evalisto alliva più taldi, tu finito?” Sorridendo per il loro tenero modo di pronunciare la lettera italiana più impossibile per gli orientali risposi loro: ”No belle, è lungo fale tutto, finile oggi pomeliggio, adesso mangiale con i due angioletti”.

E lidendo tutti e tle, ops scusate, e ridendo tutti e tre per la mia canzonatura, presi una per parte le ragazze (mi sembrava in quel momento di volare in paradiso) e scendemmo le scale mentre cercavo di baciare prima l’una e poi l’altra, poi l’altra e poi l’una quindi fermandomi le avvicinai tutt’e due e tentai un bacio a tre che finì miseramente tra le risate di tutti noi. Nel mentre scendavamo, confessai loro di quanto fossero meravigliose e di come me le sarei leccate come aperitivo. E loro ancora a ridere mentre rimanevo per cosi dire “a bocca asciutta”.

Il pranzo orientale preparato dalle ragazze era una squisitezza, (sono sempre stato amante della buona cucina cinese e rare volte ho provato anche la giapponese non disdegnandola). Feci dunque loro i miei complimenti andandole a baciare (ma non vi voglio dire chi prima e chi dopo) come loro premio per il mio apprezzamento. “Glazie” mi risposero con il sorriso, ed io, vedendo l’atmosfera allegra chiesi loro se sapevano il perché gli orientali avessero “gli occhi a mandorla”. Strupore sulle loro dolci faccine. La spiegazione fu lunga perché il capire di botto così tante parole di italiano per loro era alquanto difficoltoso e dovevo fare giri di parole semplici per cercar di spiegar loro che fu un famoso scienziato che scoprì il perché di quella diversa anatomia. E chiedendomi il perché, risposi loro:” perché tutte le mattine quando gli orientali si mettono a tavola e guardano nel piatto…..” e messomi le mani ai lati degli occhi, tirando leggermente per mimare l’occhio a mandorla, conclusi con “oh no ancola liso!!”.

Risata generale per la stupidità della battuta, mentre Aiko balzata in piedi correva verso di me nell’intento di tirarmi un buffetto, tipico nell’oriente in questi casi, ma io lesto evitandolo le cinsi la vita ed attirata verso di me la baciai nella scollatura della camicetta, senza opposizione da parte sua, mentre Suki ridendo continuava a guardarci. Subito sentii le sue braccia stringere la mia testa trattenendomi mentre mi baciava i capelli.

Euforico e non contento, la mia mano scese cercandole l’inguine con difficoltà, data dai suoi shorts microscopici ed aderentissimi. Riuscii finalmente ad infilare un dito fra la dolce pelle del fine coscia ed il jeans sfilacciato, arrivando con fatica e scostato lo slippino, ad un lembo di rosea carne che iniziai a massaggiare, Aiko, stretta alla mia testa e respirando tra i miei capelli iniziava ad ansimare dal piacere datole dai sensi risvegliati.

Le cercai la bocca subito offertami, baciandola avidamente, osservavo con la coda dell’occhio Suki che sbocconcellava lentamente lanciandoci di tanto in tanto occhiate che mi parevano di invidia. Oramai il mio dito entrato completamente nell’intima e umida grotta di piacere di Aiko, ne esplorava le stillanti pareti che sentivo stringersi sotto le mie carezze, il che mi spronò a strofinare sempre più velocemente fino a sentire il premio finale di Aiko che mi disse:”Venile adesso… venile adesso…”. Tolto il dito, lo porsi vicino alle nostre bocche che avide e all’unisono lo succhiarono leccandone tutta la sua imperlatura d’ambrosia.

Quando finalmente staccati vidi Suki che oramai mangiucchiava tenendo gli occhi abbassati, notando il suo senso di disagio ed di esclusione, afferrato un gamberone e chiamandola dolcemente, glielo porsi come gesto di pace. Lei sorridendo aprì la bocca per coglierlo protendendosi sul tavolo, io fingendo di non arrivarci, feci il giro sedendomi al suo fianco e glielo porsi con estrema lentezza. Suki immobile, con la boccuccia semiaperta attendeva la mia imboccatura ed io preso metà gamberone tra i denti mi avvicinai al suo volto porgendoglielo con la mia bocca.

Lei lo afferrò con i denti senza distogliersi e mentre il gamberone si spezzava, ci guardammo, la afferrai per la vita ed infilai di colpo la mia lingua nella sua bocca piena dandoci un lunghissimo bacio al gamberone. Era una squisitezza, anzi ve lo suggerirei annaffiato da un fresco bicchiere di malvasia della versa, ma non quello dolce come molti penseranno, ma quel vinello ambrato fermo dal dolce sapore di passerina orientale…. (ma questa…. è una mia licenza poetica).

Ritrovata la serenità sul volto di Suki veniamo improvvisamente interrotti dall’arrivo di Evaristo che subito sfottendo disse:” Eh bravi non vi si può lasciare soli che subito andate al lardo” mischiando detti e risate.

Sedutosi per il pranzo, dopo i convenevoli, lo aggiornai sull’evoluzione del lavoro confermandogli che per metà pomeriggio avremmo dovuto vederci per le spiegazioni finali.

E., mi chiese lumi ed informazioni varie, voleva saperne di più, e qui mi scuserete, ma pensai di cogliere la palla al balzo, voi non lo avreste fatto? Poteva diventare un mio potenziale cliente nonché far da tramite per allargare la mia cerchia di lavoro, così gli detti spiegazioni ma senza esagerare nell’esposizione, non è nella mia natura. Andai sul coinvolgimento tecnico atto a fargli apprezzare l’uso di vari strumenti software utili a semplificargli il suo lavoro.

Al termine lo vidi sì interessato, ma mi dava l’impressione del non esserne convinto, e non disse più di tanto al punto che pensai non fosse del tutto soddisfatto. Pazienza, pensai tra me e me, avrò toppato nell’esporre con troppo fervore le mie argomentazioni, a me non piace il vanto in sé, ma evidentemente per una volta che esalto il mio operato… evidentemente l’ho fatto nel modo errato.

Quel silenzio stava diventando fastidioso, quand’ecco che sempre pensieroso mi fece altre domande tecniche su tipologie di lavorazioni da svolgere con il pc. Rimasi però sintetico nelle risposte, quasi essenziale, non volevo ancora esagerare, dovette accorgersene perché poco dopo aggiunse che aveva in mente qualcosa, forse mi avrebbe fatto sapere, e questo fu tutto.

Giudicandolo poco soddisfatto, chiusi il discorso e finii il pranzo forse rimanendo un po’ troppo assorto, perché poco dopo Suki venne a sedersi vicino a me per bere il caffè. La guardai ed il suo sorriso mi fece immediatamente ritornare la serenità ed il sorriso.

Tornai al lavoro, che è una cosa (quasi) sicura di darti soddisfazioni (tranne quando va male)

Ero quasi arrivato al termine del mio compito e mi accorsi guardando l’orologio che erano passate ben due ore, mi stavo stiracchiando per il troppo immobilizzo quand’ecco arrivare Suki. “Come va?” si informa. “Bene rispondo” E lei:“ Tu ancola allabiato?”

Rimasi sorpreso e la guardai con occhi nuovi, aveva sì difficoltà nell’uso della nostra lingua, ma in quanto a leggerti dentro era impareggiabile. “ Non è niente, adesso per me è come essere in paradiso perché Suki vicino”, le dissi.

Non mi disse niente, ma mi guardò solamente.

Ragazzi non so se in Giappone insegnano a parlare con gli occhi ma vi posso dire che Suki aveva una maestria in ciò, ti parlava la lingua dei sentimenti, dei sensi, con quei suoi grandi occhioni neri, ma io non la capivo. Intuii però che dovevo fare qualcosa per ringraziarla della sua gentilezza, così l’attirai dolcemente, la feci sedere accondiscendente a cavalcioni su di me. “Piccola Suki” le dissi, “Ho quasi finito, tra poco andrò via, forse non ci vedremo più, ma ti voglio dire che tutto quello che abbiamo fatto insieme tu ed io e anche con Aiko, per me, voi due siete la cosa più bella che ho mai avuto e mai più avrò nella vita, grazie Suki” … Lei rimase in silenzio, anzi adesso che ci penso, lei capì subito tutto senza che dovessi darle varie spiegazioni. Mi sorrise e mi baciò dolcemente, quello fu uno dei baci più belli che mai ebbi, e mi vien di che pensare che la bellezza di un bacio oltre che come si dà, dipende anche dal momento e dall’intensità del viverlo, quell’attimo fuggente.

Sedendosi su di me la sua minigonna si era rialzata svelando la sua nudità, le sollevai un lembo ed osservai in estasi, il suo piccolo folto pelo scuro. “ Io pensato così pel te” mi disse!. Dunque, pensai, era venuta di proposito senza niente sotto, quella piccola viziosa!.

Con un gesto brusco scostai di lato la tastiera ed il mouse incurante di dove sbattessero, e sollevato Suki, la feci sedere sul bordo della scrivania, facendola poi adagiare sulla schiena in mezzo ai miei preziosi DVD e pendrive USB di cui non mi fregava più niente in quel particolare momento. E buttatomi in ginocchio affondai il mio volto nel suo pelo massaggiandogli con il naso, con le labbra e con il mento tutta la zona pelvica, prima di fermarmi ed infilatala in un sol colpo iniziai a leccare dolcemente la sua calda fessurina con grandi passate che affondavano sino alla radice della mia lingua.

Nel mentre lei con le mani si allargò le grandi labbra come in un’offerta in un sacrificio di sé per poterla così vedere in tutta la sua bellezza, in tutto il suo erotismo.

Leccai come un forsennato per non so quanto tempo, sentivo di tanto in tanto i suoi gemiti, i suoi mugolii, gli ansimi, e quando non resistendo più al trattenere il mio sesso stretto, oramai dolorante per la costrizione dentro i jeans, me li slacciai e d’un sol colpo affondai dentro lei strappandole un forte grido di piacere per poi iniziare con colpi indiavolati a penetrarla selvaggiamente.

Più sentivo i suoi gemiti più riaffondavo brutalmente dentro di lei, non so per quanto tempo andai avanti, forse trenta secondi, forse qualche minuto, non lo so, perché mi persi. Mi persi dentro di lei, dentro il calore della sua figa, nell’odore dei suoi lisci capelli neri che mi fecero pensare a qualche profumo orientale, nella vibrazione della sua pelle, nei suoi gridolini di piacere. Ah Dio che meraviglia, che estasi, sentirla gridare di piacere sotto i miei colpi provocatori, finchè esausto, dicendoglielo, venni sgorgando dentro di lei mentre la sentivo gridare:” amole mio …amole mio” con il respiro mancante per la nostra goduta simultanea.

Rimasi dentro di lei a lungo come volessi non finisse mai, ansimando insieme a lei cercando di non schiacciarla con il mio peso, poi, stringendola a me, senza staccarmi, mi sedetti tenendomela in grembo, morendo ed afflosciandomi a poco a poco dentro di lei, sentendo il liquido che colava sulle mie cosce. La sua testa riposava sulla mia spalla con il respiro ansimante e gli occhi chiusi, che gli feci riaprire dandole un bacio profondo e lungo che lei contraccambiò con grande vigore respirando affannosamente con il naso. Rimanemmo così per un po’ dopodiché ci staccammo con grande lentezza e difficoltà, sarei rimasto dentro lei per ore. Ci lavammo, e con lei scesi al pianterreno, cercai Evaristo per invitarlo a supervisionare il risultato.

Le spiegazioni durarono circa mezz’ora o poco più, capiva velocemente le abbreviazioni che gli avevo creato per le sue lavorazioni e rapidamente prese dimestichezza sul modus operandi per portare a termine facilmente i suoi lavori, creando infine il backup di sicurezza. Lo lasciai fare da solo senza dargli ulteriori chiarimenti. Lo vidi alquanto assorto nel procedere sino a quando mi disse solamente: ho capito. Rimase pensieroso nel mentre recuperavo tutti i miei averi, ci incamminammo tacitamente insieme in quel silenzio, dabbasso. Oramai era giunta l’ora del mio commiato, me lo confermava il silenzio che aleggiava in soggiorno e lo sguardo triste delle ragazze.

Esitante, salutai E., ricordandogli di chiamarmi pure a qualunque ora e per qualsiasi problema, gli strinsi la mano che trattenne dicendomi solo:” domani avrai l’accredito per il lavoro” e poco dopo “ci rivediamo, dobbiamo parlare di alcune cose, ti farò sapere.”

Giratomi verso le ragazze, mi avvicinai per il saluto finale e baciai Aiko sulla guancia, ma lei svelta e girando la testa mi accolse con un casto bacio sulle labbra sussurrandomi un dolce ciao. Andai verso Suki che scoppiò in lacrime aggrappandosi al mio collo, dopo qualche singulto le presi la testa fra le mani dicendogli: “dai ci vediamo presto, ne sono sicuro” e la baciai con un risultato salato.

Salito in macchina, mentre mi allontanavo vidi nello specchietto, Evaristo che con una mano cingeva le spalle di Suki singhiozzante, con la testa appoggiata sul suo petto ed Aiko dall’altro lato con il viso teso. Questa è l’ultima immagine che colsi di quelle due meraviglie, prima di lasciare quel piccolo paradiso orientale sperduto nelle alture sulle colline dell’Oltrepò Pavese.

Mi chiesi in un attimo sfuggente se mai sarei ritornato lì, ma questa è un’altra storia

 

 

Fine

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