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Racconti 69Racconti Gay

Galeotto

By 17 Febbraio 2013Febbraio 9th, 2020No Comments

‘Hai un culo da favola’ mormorò di nuovo. Intanto mi accarezzava la cosce e i glutei, e la schiena. Io stavo disteso bocconi e in attesa del suo assalto. Insinuò la mano sotto la mia pancia. ‘Sei eccitato’ Puttana! Lo vuoi il cazzo in culo? Dimmi’ Lo vuoi?’ ‘Si, ti prego, non farmi aspettare ancora’ dissi. Mi afferrò i fianchi con entrambe le mani e mi sollevò il bacino. Sentii le sue guance ruvide sulle natiche, la sua lingua tentare di insinuarsi fino a raggiungere il mio forellino. Cominciò a baciarlo e a leccarlo, inumidendolo. Dopo un po’ di questo lavoro, lo sentii sollevarsi e me lo ritrovai ginocchioni con il suo cazzo che ballonzolava affinché lo prendessi in bocca. Mi misi su un fianco e cominciai a baciarlo e a leccarlo. ‘Hm’ Che buono’ Che buon sapore” Lui, intanto, mi lavorava tra le chiappe con le dita. ‘Si. Sei pronto, mignotta.’ Si mosse di nuovo e si posizionò tra le mie gambe divaricate. ‘Troia’ Tirati su’ Mettiti alla pecorina” mi ordinò. Obbedii e subito sentii il suo cazzo tra le natiche, cominciare a forzare per entrare. Piantò una mano sulla mia schiena, arcuandomela in maniera che esponessi meglio il culo, mentre con l’altra indirizzava l’attrezzo. Sentii il muscolo aprirsi sempre più per far posto al glande. Provai dolore. Cercavo di stare più rilassato che potevo. ‘Piano. Fai piano’ lo pregai, ‘aspetta. Ti dico io quando cominciare a muoverti.’ Sentii il glande dentro e il fastidio diminuire. ‘Si, maiale, adesso, sbattimi’ lo esortai. Cominciò a muoversi energicamente, donandomi un piacere immenso. A tratti indugiava, per poi riprendere a stantuffare con forza. ‘Ti rompo il culo, troia, te lo rompo più di quanto è già rotto, zoccola.’ Ansimava e sbuffava. Con le mani enormi mi serrava i fianchi. Mi sentivo ormai completamente aperto, spalancato, offerto. Lo sfintere bruciava sotto la sua azione. Ridemmo entrambi per i rumori che io producevo quando il cazzo arretrava. Poi avvertii un calore intenso nelle viscere. Improvvisamente si bloccò, scaricandosi. Appagato, esausto, fece per ritrarsi. All’uscita del suo cazzo, come per il salto di un tappo, avvertii uno sbocco bagnarmi le palle e cadere sull’asciugamani che avevo disteso sul lenzuolo. Era un misto di feci, sangue e sperma. Raccolsi a fagotto il tutto e corsi in bagno.

Lo avevo conosciuto in un locale, un paio di giorni prima. Stava insieme ad altri due, al banco. Allora io venivo fuori da un periodo di debilitazione fisica per un forma di depressione. Non dovevo avere un bell’aspetto, ma essi mi puntarono quasi subito. Stavo da solo, seduto a un tavolo. Avevo accompagnato il sandwich che avevo ordinato con una spremuta che cercavo di farmi durare. La mia immagine remissiva dovette aizzare la loro libidine. Vennero a sedersi accanto a me. Facemmo conoscenza. La serata finì che accettai di salire sul loro furgone. Mi portarono fuori città, in un luogo appartato. Mi fecero montare nel vano posteriore e qui mi scoparono, uno alla volta. Per fortuna avevo con me nel borsello profilattici e tutto quanto. Mi sforzavo di non azzardare mai negli incontri occasionali, specialmente dopo che, qualche tempo prima, essendomi fidato troppo di un ragazzo di colore, ne avevo ricavato una infezione al colon che avevo dovuto curare con antibiotici. Sulla via del ritorno restò lui alla guida dopo che i due suoi compari si fecero lasciare davanti alla bettola da dove eravamo partiti. Offrì di accompagnarmi a casa. Nel tragitto cominciò a fare il romantico. Disse che gli sarebbe piaciuto frequentarmi. Acconsentii a rivederlo. Gli lasciai il mio numero di telefono. Già la mattina dopo si rifece vivo.

Avevo gettato in lavatrice la spugna, avevo terminato di liberarmi sul wc e adesso stavo seduto sul bidè a lavarmi sotto. Lui stava ritto al lavandino per la stessa esigenza. Aveva detto di chiamarsi Saverio. A vederlo così impressionava ancora di più la sua figura muscoli e lardo. ‘Ti è piaciuto?’ domandai, ‘ scusami per questo incidente. Questa mattina non ero andato di corpo, e allora” Stava terminando di asciugare l’attrezzatura, mentre io indugiavo a farmi scorrere l’acqua calda tra le natiche e sull’ano, che sentivo ancora allentato, e contro le palle. Si avvicinò e avvicinò il cazzo al mio volto. ‘Sei proprio un bel femminello’ disse, e intanto me lo appoggiò sulla fronte e sul viso, prima che mi rialzassi e mi asciugassi anch’io. Tornammo in camera, non senza essere prima transitati per la cucina per dissetarci. Mi feci aiutare a cambiare le lenzuola che, per quanto protette dall’asciugamani, erano tuttavia rimaste un po’ insudiciate dal laborioso amplesso di prima. Ci sdraiammo e prendemmo subito a farci di nuovo le coccole. Ci abbracciammo e ci baciammo. Le nostre lingue si inseguirono. Mi sentii inebriato a respirare il suo respiro. I nostri cazzi si inturgidirono nel toccarsi. Ce li spingemmo tra le cosce, strofinandoveli. Lottando come due cuccioloni, ci ritrovammo infine impegnati in un esaltante sessantanove. ‘Caro, lo voglio di nuovo in culo’ gli dissi, infine, ma lui replicò che adesso dovevo essere io a metterlo a lui in culo, prima. Benché io da sempre prediliga un ruolo passivo, sentii di doverlo accontentare. Adesso si mise lui alla pecorina, offrendomi le chiappe villose. Gliele aprii. Notai che il suo buco era come slabbrato. Quasi leggendomi nel pensiero, mi confidò che lo avevano conciato così in carcere. Con una mano mi prese da sotto e mi spronò a entrare dentro di lui. Lo feci senza difficoltà. Era bravo a fare la femmina, più bravo di me. Sebbene avesse l’ano squarciato, non so come riuscì a farmi sentire la stretta. La sua schiena pur brunita e villosa, la vidi muoversi nei modi di una spiccata seduzione. Gli sborrai dentro. Quando sentì che avevo finito, egli si tolse da sotto. Repentinamente riassunse il ruolo del maschio. Si mise ritto, mi afferrò e mi obbligò di nuovo a mettermi a pancia in giù. Vidi il suo cazzo tesissimo prepararsi ad infliggermi una dura punizione. Ora senza alcun riguardo, con uno scarto violento e repentino, mi entrò dentro, strappandomi un urlo di dolore che si affrettò a soffocare tappandomi la bocca con una sua manona. ‘Zitto, troia, che c’è la questura qua vicino. Puttana.’ Si mosse con foga e ferocia, fino a nuovamente inondarmi col suo sperma.

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