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Il Piacere di Cornificare

By 29 Luglio 2017Dicembre 16th, 2019No Comments

Mi sono sempre definito un ragazzo per bene, uno di quelli con la testa sulle spalle. Prima studioso, poi grande lavoratore (lavoro come gestore marketing in un’azienda che progetta impianti di risalita sciistici), e soprattutto sono fedele. Sono gay da sempre e dopo una serie di avventure più o meno intense, più o meno sfacciatamente vissute, decisi di mettere la testa a posto e mi fidanzai con Stephan, il mio attuale compagno con cui convivo ormai da due anni. Mai uno screzio, mai una litigata, mai una ripicca, mai un tradimento.

 

Ma, mai dimenticare, che c’è sempre una prima volta per tutto.

 

Un giorno il mio capo mi dice:” Stasera devi incontrare il direttore dell’azienda con cui siamo convenzionati per decidere il prezzo dei materiali per il prossimo progetto. La ditta organizza un’aperitivo in un locale del centro. Vacci e fai bella figura!”

 

Ero contento di quell’incarico così importante:” Se l’affare va in porto, sarà una bella svolta per la mia carriera, però mi hanno detto che questo direttore con cui devo trattare è un tipo tosto. Spero non mi faccia il culo”, dissi ridendo al mio compagno, e lui rispose:” Ehi guarda che quello posso fartelo solo io, il tuo sfintere è proprietà privata. Scherzi a parte, andrà benissimo”, disse, stampandomi un bel bacio sulle labbra.

 

Contento e carico, uscii di casa. Quando arrivai, il direttore non era ancora arrivato e quindi mi fiondai al tavolo del buffet per bere qualcosa. Ad un tratto mi sento toccare la spalla:” Un altro po’ di vino?”.

 

Ai miei occhi apparve un uomo bellissimo. Era il direttore dell’azienda con cui dovevo trattare. Cazzo che uomo! Alto, capelli corti, erti e leggermente brizzolati, occhi verde scuro e profondi, corporatura grossa ma tonica, e mani grandissime. Mi stavo sciogliendo! Mentre mi sorrideva, strani e libidinosi pensieri cominciarono ad affollarmi la mente.

 

“Non sapevo che avrei dovuto trattare con un ragazzo così giovane, che gradita sorpresa”, disse, sorseggiando del vino. Poi sorrise ed io rimasi incantato ad osservare il riflesso dei suoi denti bianchissimi sul rolex dorato che aveva al polso. “Lo prendo come un complimento. Direi di sederci così possiamo parlare meglio”, dissi invitandolo a sedersi, ma rifiutò. “Non ho alcuna voglia di parlare di lavoro stasera. Anzi, parlami di te”.

 

Cazzo non sapevo cosa fare. Ero imbarazzatissimo ed inoltre non riuscivo a staccare gli occhi dal suo pacco. Sembrava così allegramente pieno, chissà che sapore aveva il suo succo dell’amore. Mi maledissi cento volte nella mia mente per quei pensieri e cercai di buttare di nuovo la conversazione sul lavoro, ma senza successo.

 

Ci spostammo fuori a fumare una sigaretta che lui prontamente mi accese appena la misi in bocca. Eravamo nel retro del locale: un prato grandissimo e curato. “Però, che bel giardino! Così grande e pulito.”, “Ne ho uno molto più grande a casa, se vuoi te lo mostro”. Scoppio in una risata fragorosa. Mi stava provocando e non sapevo cosa fare, quindi cercai di divagare. “Comunque credevo di essere in ritardo, ho trovato molto traffico per strada. Per fortuna c’era parcheggio proprio qui di fronte”, dissi, e lui rispose prontamente:” Io invece ho avuto il problema opposto: ho evitato il traffico ma ho avuto difficoltà a trovare un parcheggio. Sai ho un bolide bello lungo e serve uno spazio abbastanza largo per accoglierlo tutto”.

 

A quel punto non resistei più:” Mi piacerebbe proprio vederlo questo bolide!”

“Se vuoi puoi venire da me, almeno così ci monti sopra e ci fai un giro. Sempre se non hai qualcuno che ti aspetta a casa!”.

Prontamente risposi:” No! Non mi aspetta nessuno”.

 

Nel giro di 15 minuti ero spiattellato sul tavolo di marmo del suo soggiorno: lui mi baciava dappertutto, ed io approfittavo per sondare quel corpo divino. Ad un certo punto mi prese per i capelli e mi mise in ginocchio:” Vediamo che sai fare!”.

 

Slacciai la patta dei pantaloni, scoprendo all’interno la piccola scritta “Ferragamo” che contenevano. Arrivai di fronte ad un paio di boxeur di marca “Calvin Klein” e già intravedevo la carnosa mazza, pronta come un toro che scalcia, che mi attendeva. Tolti anche i boxeur, non ebbi nemmeno il tempo di respirare; quel bastone carnoso e venoso cominciò a sondarmi prima la bocca e poi la gola. Cercai di rallentarlo segandolo, leccai la cappella con la lingua e poi andai sistematicamente su e giù con la bocca, lucidando l’asta meglio che potevo.

 

Ad un tratto lui me lo spinse giù in gola, facendomi tossire. Sputai saliva ma lui non mi diede tregua e lo rinfilò in gola e, guardandomi negli occhi mi disse:” Sai, in autostrada non bisogna mai rallentare!”.

Sapevo a cosa andavo incontro. La Ferrari genitale cominciò a fare su e giù nel mio apparato digerente e mi sentivo come se stessi soffocando, l’acido dello stomaco si faceva sentire nella gola, e gli occhi mi erano diventati rossi e pieni di lacrime per lo sforzo.

 

Che strana la vita: BASTA UN POMPINO FATTO BENE PER DISTRUGGERE TUTTI GLI ANNI DI CARRIERA SPESI PER IMPARARE A FARLI

 

Finito con la mia bocca, mi baciò e disse:” Siamo arrivati a destinazione! Vediamo se il tuo garage è abbastanza largo per parcheggiare il bolide”.

 

Quasi mi spaventai! Mi girò a 90 sul tavolino e, dopo aver applicato del lubrificante, il suo Cazzo-Maserati cominciò a spingere per entrare. Sentivo come se il mio buco stesse prendendo fuoco, come se qualcuno mi stesse infilando un tizzone ardente tanto era forte il bruciore. Ma decisi di resistere, e lui lo capì; infatti mi mise in bocca il suo intimo firmato “Calvin Klein” dicendo:” Vedi di non mordere troppo, non sai quanto costano questi!”.

 

Lavoravo nel marketing, per me la cosa più importante era la soddisfazione del cliente. Quindi stinsi i denti ma mi accorsi che dopo pochi minuti di penetrazione in stile sfondamento di Troia, il mio garage anale aveva perfettamente accolto il bolide genitale del mio ospite.

Dentro e fuori, dentro e fuori, in un ritmo incalzante e concitato. Gemevo, urlavo, mentre sentivo il rumore dei suoi testicoli che sbattevano contro il perineo.

 

Cazzo che goduria! Dopo un’ora di chiavata, sparse il suo diesel della vita sul mio petto. Lo raccolse un po’ sulle dita e me lo fece leccare.

 

Dopo esserci rivestiti mi guarda e dice:” Io vi garantisco una fornitura di materiali a metà prezzo per un anno, e tu per un anno mi garantisci parcheggio gratuito nel tuo parcheggio.”


Suggellammo il patto con una stretta di mano e me ne tornai a casa.

 

Il mio compagno era ancora alzato:” Insomma? Come è andata? Te l’ha aperto il culo?”

Lo guardai e risposi:” Cazzo non sai quanto! Mi ha letteralmente sventrato, però poi alla fine ha ceduto”.

“L’ho sempre detto che hai una lingua d’oro. Tu sai persuadere la gente.”

“Spero che da oggi in poi me lo diranno anche oltre persone, non solo tu!”

“Ti amo”, disse guardandomi.

“Anche io”.

 

Sapete cosa? Non ho mai rivalutato così tanto il detto:” Ogni lasciata è persa”.

Ci è concessa una sola vita ed un solo culo, tanto vale usarlo il più possibile. Un culo vergine è come un parcheggio per il quale sono stati spesi molti soldi ma non viene mai aperto. Aprite la mente, e non solo! Le corna sono state inventate per essere messe.


Il giorno dopo ripensai alla chiavata del giorno prima: il pene mi si indurì all’istante non appena ripensai a quel manzo aristocratico che squarciava le crespe dell’ano, mentre le sue palle da 24 carati sbattevano prepotenti contro il mio perineo. In quel momento il mio compagno mi passò davanti: si stava preparando per andare al lavoro, mentre io, in ferie, ero ancora intento a godermi il letto.
Il mio compagno mi si avvicinò e mi diede un bacio:” Io vado, oggi ho una montagna di cose da fare in ufficio. Spero di tornare per cena. Tu non divertirti troppo senza di me”. Ridacchiò ed io risposi mandandogli un bacio.

In effetti avevo proprio voglia di divertirmi alle sue spalle. Avevo delle strane sensazioni addosso: sentivo come il bisogno impulsivo e sessuale di cornificare. Pensai che il giorno prima non avrei goduto così tanto se non fossi stato fidanzato; sarà anche brutto da dire, ma la menzogna la bugia, rende tutto più intrigante. Danno alla vita, al sesso, a qualunque esperienza, quel pizzico di adrenalina in più che serve per imprimertele bene nella mente. D’altronde sono le bugie a tenere in piedi i matrimoni.

(MI RIVOLGO AL LETTORE: CHISSA SE, MENTRE STAI LEGGENDO QUESTO RACCONTO E HAI LA MAZZA DURA FRA LE MANI, INTENTO A MASTURBARTI, IL TUO COMPAGNO SI STA FACENDO IMPALARE COME UN KEBAB NEL CESSO DI QUALCHE BAR’AHAHAH)

Non avevo mai provato quelle sensazioni prima di allora: amavo il sesso con il mio compagno, ma quella scopata, durata poco più di un’ora, con un, tecnicamente, perfetto sconosciuto, mi ha dato più di tutte quelle che avevo fatto fino ad allora. Quindi, visto che la mazza svettava alta e dura da sotto le lenzuola, e il mio buco era ancora aperto dal giorno prima, decisi che era il momento di attivarsi e darsi da fare.
Mi sentivo come un vampiro: avevo fame e volevo nutrirmi, avevo bisogno di carne fresca. Anzi no! Di caldo sperma. Mi alzai, e dopo la doccia e il solito caff&egrave e sigaretta del mattino, telefonai ad un mio amico, anche lui omosessuale, ma molto più sfacciato, disinibito, e alla mano di me.
” Finalmente! Era ora che provassi un cazzo diverso da quello del ragazzo. Tesoro il cazzo &egrave come un fidanzato: se &egrave sempre lo stesso, alla lunga stufa”. Scoppiai a ridere, lui era troppo simpatico. Mi propose di andare con lui in una sauna, una di quelle per soli uomini, dove ci si incontra in realtà solo per scopare.

Ci demmo appuntamento in un bar in centro e poi ci avviammo a piedi. Durante il tragitto, poiché mi stava salendo un po’ di ansia da prestazione, il mio amico mi rassicurò, dicendomi che lui andava spesso lì. Disse che era un posto tranquillo, dove se volevi scopare scopavi, altrimenti, se non ti attizzava nessuno, te ne stavi per i fatti tuoi. Ovviamente, lui non era mai stato in disparte, anzi! Cazzi come se piovesse.
Arrivammo alla sauna, pagammo l’ingresso e ci vennero dati degli asciugamani, un accappatoio, e la chiave di un armadietto per i nostri effetti personali. La chiave andava poi legata, tramite uno spago, o al collo, o al polso o alla caviglia. Percorremmo il corridoio che portava alle saune e alle vasche idromassaggio, e mentre camminavamo non sentivo altro che i gemiti dei scopanti di turno mentre venivano sodomizzati. I loro gridolini vibravano all’unisono come le voci di un coro; quei suoni mi pizzicavano proprio le corde del pisello, che non mancò di entrare in funzione.

Entrammo in una delle vasche idromassaggio e dopo poco notai, in mezzo al vapore acqueo, volti di uomini; un brivido di eccitazione mi percorse la schiena quando un uomo si avvicinò a me, e con una mano mi afferrò una chiappa. Mi girai verso il mio amico che però era intento a farsi pecorizzare da due biondini niente male.
L’uomo aveva una presa delicata ma allo stesso tempo sicura: si alzò in piedi, e la sua mazza dura come il titanio, uscendo dall’acqua, provocò un minuscolo tsunami. Non ci pensai due volte; inizia a ciucciare quell’abbacchio venoso, cercando il più possibile, di inglobarlo dentro la mia gola, mentre l’uomo me lo spingeva sempre più in fondo.

Ad un tratto sentii una mano che afferrava la mia, che si poggiò su un altro cazzo. Un altro uomo volevo un servizietto da me. Mi ritrovai presto in ginocchio a ciucciare, alternatamente, due mazze grosse e dure. Potrà sembrare strano, ma il mio compagno, in quel momento, non mi mancava minimamente.
Uno dei due mi fece alzare in piedi e mi portò in una specie di piccolo spogliatoio di legno:” Adesso voglio fotterti, e siccome si vede che sei voglioso di cazzo, lascerò la porta aperta, così chiunque entra potrà usare i tuoi buchi come meglio crede!”. Non ebbi niente da obbiettare. L’uomo mi mise a pecora ed iniziò a montarmi selvaggiamente, mentre io cominciavo a gemere, ad urlare di piacere., un piacere che non avevo mai provato prima: IL PIACERE DI CORNIFICARE.

Un altro uomo, probabilmente attirato dai miei gemiti libidinosi, entrò e puntò il suo pene eretto verso la mia bocca; mi sentivo come un pollo allo spiedo, solo che io ero rosolato da due piselli e non da uno spiedo di metallo. Anche altri uomini cominciarono ad entrare, in totale, credo, furono cinque in tutto. Succhiavo avidamente, come una sanguisuga, qualunque pene mi venisse messo davanti, leccavo le loro palle, e poi a turno si alternavano nel culo.

A fine amplesso avevo il culo talmente aperto che avevo paura mi potesse fuoriuscire l’intestino; mi alzai per andare a cercare il mio amico ma, improvvisamente, venni messo al muro da un uomo che, prepotentemente, cominciò a fottere con violenza il mio sfintere. Mi sentivo quasi stuprato; mi spingeva la testa contro il muro, e intanto mi sculacciava, ma non ebbi la forza di oppormi; stavo godendo troppo.
Trovai il mi amico in un altro spogliatoio, intento a cavalcare la mazza di due uomini grossi e pelosi. Poco dopo ebbero finito, ed io e lui rimanemmo soli:” Insomma? Ti piace? Vedo che ti stai divertendo!”
“Non potevi portarmi in un posto migliore.”. In quel momento entrarono due uomini che ci pecorizzarono entrambi, ma causalità, ero finito faccia a faccia con il mio amico. Mentre i due ci trapanavano i buchi, come due trivellatori in cerca dell’oro nero, noi ci prendemmo la mano, un po’ come fanno due sopravvissuti dopo disgrazia, e, con voce flebile, gli sussurrai:” GRAZIE!”.

Uscimmo dalla sauna rotti e contenti, un po’ barcollanti, un po’ sfranti, ma felici. Rotti ma con gusto. Salutai il mio amico e, prima di andarsene, mi disse:” Penso che ci torneremo spesso. Sai le corna sono come le sigarette: una tira l’altra!”

Aveva proprio ragione”’ Dopo la mega scopata in sauna, dove molti maschi porci e arrapati avevano usufruito dei miei orifizi, sentivo dentro di me un desiderio crescente, una voglia insormontabile, di farlo ancora.
Era una sensazione strana: avevo voglia di vedere fino a dove potevo spingermi aspirando a diventare il traditore perfetto. Sentivo come un formicolio al buco del culo, formicolio che solo una cappella grossa e viola, che non era quella del mio compagno, poteva alleviare. Questa sensazione mi aveva accompagnato sin dal momento in cui, a quel meeting serale di lavoro, il dirigente dell’azienda gemellata volle posteggiare il suo pene-lamborghini dentro il parcheggio intestinale interrato

Tornai a casa, il mio compagno era intento a fare una videochiamata con dei dirigenti di un’azienda all’estero, e dunque non lo disturbai. Lo guardavo attraverso la porta semichiusa, sentivo un grande amore verso di lui, e allo stesso tempo però, non sentivo alcun senso di colpa.
Entrai nella doccia, e mentre mi insaponavo, non potevo fare a meno di pensare a quelle mazze di carne svettanti che mi avevano penetrato fino a qualche ora prima: dure, imponenti, quasi austere, mentre le loro cappelle sbattevano sulle mie guance o si facevano strada giù per la mia gola.
Cazzo! Volevo scopare.
In quel momento il mio compagno:” Ciao amore, purtroppo ho una brutta notizia: abbiamo dei problemi con la nuova filiale all’estero, e purtroppo stasera stessa devo partire. Non so quanto starò via, il meno possibile spero”. Lo guardai negli occhi, gli diedi un bacio e dissi:” Cavolo mi dispiace, torna presto!”.

Nella mia testa già risuonavano i piacevoli rumori che fanno le palle quando sbattono sul perineo, i suoni della sculacciata, oppure il rantolo soffocato di un cazzo in fondo alla gola. Con tutta la falsità di un Giuda, lo accompagnai in aeroporto, e quando se ne fu andato, telefonai al mio amico.

“Ha avuto un imprevisto di lavoro e starà via qualche giorno. Hai qualcosa di interessante da propormi?”, chiesi.
“Però! Vedo che ci stai prendendo gusto. Se vuoi c’&egrave una festa per soli uomini in un parco appena fuori città, ma ti avverto: &egrave molto buio, non si sa mai che si può incontrare”, disse lui.
“Che scemo che sei!”, risposi io:” Chi dovremmo mai incontrare? L’Uomo Nero?”
Avevo come al solito parlato troppo presto.

Arrivammo alla festa in piena notte, saranno state l’una o le due. C’era molta gente ubriaca, altra stesa sui prati, e altri dietro i cespugli. Tutti, ovunque, da ogni parte, stavano facendo qualcosa: vidi un ragazzo in ginocchio contro il tronco di un albero mentre due uomini, molto molto vecchi, gli stavano fottendo al gola a fondo. Più avanti vi era un altro ragazzo, con i capelli biondi tinti, insieme a tre romeni, intento a saltare sul pisello di uno di loro mentre gli altri si facevano spompinare o segare.

Persi di vista il mio amico, era troppo buio. Mi misi a cercarlo ed arriva in una parte del parco che sembrava tranquilla, soffusamente illuminata. Tutti quegli uomini, intenti a scopare e a sodomizzare, mi avevano fatto venire la verga dura come l’acciaio: mi appoggiai ad un albero e iniziai lentamente a segarmi.
Improvvisamente sento un rumore di passi e due mani che mi afferrano: ma la sorpresa fu davvero piacevole. Un ragazzo di colore, probabilmente originario dell’entroterra africano, mi fece inginocchiare con una forza inverosimile, ed iniziò a sbattere la sua verga potente e scura sul mio viso.

Il suo cazzo era di dimensioni assurde: lungo almeno fino a 22 centimetri, largo, con una cappella gonfia che, a pochi centimetri dai miei occhi, appariva minacciosa. Il ragazzo mi spinse la testa su quel tronchetto nero, e pensai che la bocca mi sarebbe potuta esplodere da un momento all’altro: ovviamente non riuscivo ad ingoiarlo tutto, però mi impegnai a fondo. Era la prima volta che scopavo con una persona di colore, quindi immersi la mia faccia in quella verga divina, cercando di spompinarlo al meglio.
Capii dai suoi gemiti che stava godendo, dunque accelerai un po’ il ritmo e lui, porco e arrapato, mi afferra per i capelli dettando il movimento alla mia testa. Filamenti enormi di saliva uscivano dal lati della mia bocca, e un sonoro colpo di tosse, scosse il mio petto quando estrasse l’asta dalla mia gola.
La mia eccitazione era alle stelle, sentivo la testa pulsare ed il cazzo esplodere.

Mi metto a novanta contro un albero per farmi inculare, e lui, già pronto, inficca violentemente quella mazza dentro il mio ano: vidi letteralmente le stelle, il mio culo andava a fuoco, me lo sentivo fino allo stomaco e mi veniva da vomitare. Lui lo capì e quindi rallentò il ritmo, estraendo e inserendo piano piano quel palo di carne: non so cosa mi disse la testa (o il cazzo) in quel momento ma, girandomi, gli diedi un leggero schiaffo sulla guancia per esortarlo a chiavarmi più forte.

Si fermò un momento, credevo non avesse capito.
Iniziò a sbattermi così violentemente tanto che mi immaginai impalato con il suo cazzo che fuoriusciva dalla mia bocca. Aumentava il ritmo sempre di più, accompagnandolo con sculacciate sulle mie chiappe divelte, mentre sentivo le sue palle grosse e furiose sbattere quasi contro le mie.
Ad un tratto mi prese per i capelli, si sdraiò sull’erba e mi tirò contro il suo pisello, dritto e possente. Iniziammo lo smorzacandela più bello della mia vita, sentivo l’eccitazione alle stelle.
Mentre ero intento ad urlare di piacere, qualcosa di duro e pulsante mi si infila in bocca: un altro ragazzo di colore, in quel momento, voleva chiavarmi.
Lo sbocchinai mentre nel frattempo venivo impalato, poi dopo mi feci ingroppare. I miei non sono stati mai vuoti durante tutto il rapporto.
Venuto il momento cruciale mi inginocchiò e, ad un tratto, una valanga di sborra mi ricopre il viso. Assaggiai con la lingua il latte di quei stalloni africani che intanto gemevano di piacere; dopodiché presi lo sperma con le mani e, con un colpo di lingua, lo feci scomparire dentro di me.

Mi alzai e me ne andai. Mi appoggiai davanti all’entrata del parco ad aspettare il mio amico che, fortunatamente, arrivò una ventina di minuti dopo, anche lui sporco di sperma. Ci guardammo, scoppiammo in una risata fragorosa ed amichevole:” Ti voglio bene.”, dissi, “Anche io, tanto”. Ci demmo un bacio a stampo sulla bocca e ci avviammo verso casa.

Il giorno dopo avevo un dolore lancinante al buco del culo e mi accorsi anche che, sulle mie lenzuola, c’erano delle strisciate marroni: non mi importò, dunque cambiai il letto. In quel momento sento il suono del mio cellulare, e per l’esattezza la suoneria di Skype. Era il mio compagno.

“Ciao amore, come va?”, dissi.
“Tutto bene, ancora non so quando tonerò. Tu come stai?”
“Io bene, anche se mi spiace dormire da solo. Mi manchi.” dissi io
“Dai, per qualche notte da solo mica avrai paura. Mica ti viene a prendere l’Uomo Nero.”
Scoppiai a ridere:” Mi ha già preso non ti preoccupare!”
Anche lui scoppiò a ridere, pensando che si trattasse qualcosa collegato alla mia infanzia.
Ma in realtà, l’Uomo Nero l’avevo già conosciuto e speravo di rincontrarlo.

Pagherei oro perché uscisse, tutte le notti, dal mio armadio e””’

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