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Racconti di DominazioneRacconti Gay

Il Professore – la scoperta

By 14 Aprile 2016Dicembre 16th, 2019No Comments

A quasi 35 anni posso dire che la mia vita sessuale sinora &egrave stata appagante. Sono sposato, eppure con qualche vizietto bisex… come tutti??? La versatilità e la compatibilità dei rapporti tra maschi non ha uguali. Forse perché ragioniamo con lo stesso c…azzo.
Il mio inizio &egrave lo stesso di tutti, con la pubertà gli ormoni aumentano. Fino ai diciotto anni &egrave stato un susseguirsi di ormoni impazziti, in cui tutto per un ragazzo com’ero era eccitante e sexy. Praticamente mi attirava tutto ciò che si muoveva… Femmine, soprattutto…
Finché assieme alle normali voglie, mi ritrovai non so come a fantasticare su uno dei miei professori. Non mi sentivo gay, ma cavolo quanto lui mi piaceva… e mi eccitava… praticamente dedicavo a lui ogni sega che mi facevo.
Non era propriamente un adone, ma era molto alla mano con noi studenti e ci faceva sempre passare delle belle ore. Quando spiegava si alzava e camminava per la classe, e per tutto un semestre mi son scoperto ad osservargli il pacco. Dai jeans si intuiva che aveva un gran bel cazzo. Una volta mi dovetti trattenere da allungare la mano e palparglelo davanti a tutta la classe… Per fortuna riuscii a trattenermi quella volta, ma era chiaro che l’idea di lui e me si faceva strada nella mia testa.
Un giorno, durante l’ora di laboratorio, esordì dicendo: “siamo rimasti indietro con le interrogazioni, ne farò qualcuna mentre fate l’esperienza di oggi. Tanto lavorate in coppia, ed uno dei due può essere interrogato”.
Le interrogazioni a sorpresa fanno sempre paura, e anch’io ne avevo, anche se era la mia passione che mi metteva sotto pressione. Cominciò da un’altra coppia, e poi toccò al mio compagno di laboratorio. Quando terminò ormai mancavano solo 10 minuti, e quindi sperai che non toccasse a me. Ed invece mi chiamò lo stesso.
Col cuore che mi batteva a mille, per la paura dell’esame e per la soggezione di stare a tu per tu con lui, mi avvicinai alla scrivania. In laboratorio non c’era la lavagna, e le interrogazioni venivano fatte da seduti, guardandosi diritti negli occhi. E le gambe si sfioravano…
Iniziò a farmi delle domande, e sforzandomi di stare concentrato sulla materia, riuscii a dare delle buone risposte…
E all’improvviso suonò la campanella, l’ultima ora era finita.
I miei amici se ne stavano andando, e io gli dissi: “dovrei andare…”, e lui rispose: “l’ultima domanda e abbiamo finito”.
Aspettò che tutti fossero usciti, e poi chiuse la porta. Si avvicinò a me e mi fece l’ultima domanda: “perché mi guardi il pacco? Ti interessa il mio cazzo?”.
Rimasi a bocca aperta, non pensavo si fosse accorto dei miei sguardi.
“Puoi toccarlo, se vuoi”.
Ma io ero totalmente bloccato e in soggezione. Io a sedere cercando di sprofondare nella sedia, lui dritto avanti a me che si avvicinava mostrandomi orgoglioso il pacco che si gonfiava dentro ai pantaloni.
Mi prese la mano e se l’appoggiò sopra. Mi obbligò a lasciarla lì, e poi si slacciò i pantaloni. Era già bello duro, e si intuiva anche se era compresso dentro le mutande, che era un arnese di tutto rispetto.
“Tiralo fuori, prendici confidenza. Si capisce che lo vuoi, che ti piace”.
E così feci… aveva ragione, mi piaceva molto toccarglielo con mano, sentirlo caldo e duro nella mia mano. Gli stavo finalmente facendo una sega. Anche il mio era duro, ma non osavo liberarlo.
“Bravo così. Ma ora assaggialo, prendilo in bocca. Baciamelo!”.
Ero molto eccitato, ma questo mi sembrava troppo. Masturbare un altro cazzo non mi sembrava scandaloso, ma succhiarglielo sì. Ma lui era più grande, forte e deciso di me. Si avvicinò ancora, e praticamente mi costrinse ad aprire la bocca tappandomi il naso. Appena si aprì, fu subito riempito dal suo bel cazzo.
L’odore mi arrivava forte alle narici.
E il sapore… era squisito. Mi venne naturale fare come mi aveva detto, glielo baciai, glielo leccai, glielo succhiai. Divenni subito un abile pompinaro e lui gradiva molto con gridolini e mugugni.
Finché senza preavviso, mi bloccò la testa e mi sborrò dentro tutto il suo godimento.
In me scattò una molla, offeso nella mia virilità, uscii dal laboratorio, e mi diressi nel bagno più vicino.
Temevo di incontrare qualcuno, che si capisse che cosa avevo fatto, e quindi ingoiai per non avere la bocca piena. Il mio cazzo però era ancora duro.
Non incontrai nessuno, ormai tutti erano verso casa, e anche il bagno era deserto. Mi sciacqui la bocca più che potevo, finché il sapore parve scomparire.
Allora ritornai verso il laboratorio per prendere le mie cose e tornare a casa.
Lui mi aspettava sorridente: “ti ho dato un bel voto. Quando vuoi ti aspetto qui tutti i giorni dopo le lezioni, per 15 minuti. Se vieni, sai ciò che ti spetta”.
Lo sapevo eccome, anche se non risposi.
E sapevo anche che il sapore che prima mi aveva sconvolto, ora già mi mancava. E ne volevo ancora. Ne avrei preso volentieri ancora. Ci sarei ritornato spesso, anche se non glielo dissi. Non volevo dargli troppa soddisfazione.
Presi le mie cose e me ne andai, ma la storia continua…

Ancora oggi quando vedo un bell’uomo autoritario con un gran bel cazzo, mi viene voglia di succhiarglielo… Il Professore mi era ormai entrato dentro in tutti i sensi. Non riuscivo a fare a meno, ma dall’altro lato non volevo nemmeno dargli troppa soddisfazione. Quindi un giorno sì ed uno no, al termine delle lezioni andavo in laboratorio, dove sapevo che mi attendeva. In realtà sembrava non curarsene, stava sempre facendo qualcosa seduto sulla sedia della scrivania, come se io non fossi lì per lui. Non ci dicevamo nemmeno “ciao”, né un gesto con la mano, e io rosso in viso mi infilavo sotto la scrivania.
L’unica cosa in cui mi facilitava era che trovavo la cinta slacciata e i bottoni dei jeans slacciati, per il resto dovevo fare tutto io. Se non fosse stato per il suo odore, e per la massa dura che gli cresceva nelle mutande, avrei dubitato del fatto che mi trovavo lì. Ma quando iniziavo il pompino, i miei dubbi sparivano. E come al solito lui veniva mugolando. I sospiri erano le uniche parole che mi rivolgeva. Io mi alzavo sempre con il cazzo duro, e dovevo andare di corsa in bagno a soddisfare anche me stesso.
Mi sentivo un po’ troppo usato, esistevo solo per il suo cazzo. Ma dopo due settimane ero ancora lì a dargli piacere, e non so come riuscii a dirgli: “mi piacerebbe che anche tu mi facessi godere, così non può più andare bene”.
A quel punto parve accorgersi della mia presenza, come se il pompino che gli stavo già facendo fosse in un’altra dimensione. Mi guardava con aria interrogativa, e allora uscii dalla scrivania e tentai il tutto per tutto. Mi tirai giù i pantaloni e le mutande e gli dissi: “anch’io ho il cazzo duro! Non voglio godere segandomi in bagno!”.
Non sapevo nemmeno io cosa aspettarmi, forse un gesto d’affetto, un qualcosa che mi facesse sentire più di quello che sembrava fossi per lui: una bocca da riempire.
“Se vuoi che ti faccia godere non &egrave un problema, ma lo farò come se te fossi femmina”, si alzò, si tirò su i pantaloni, e si diresse verso uno dei banchi del laboratorio. All’inizio non capii, ero come ubriaco, ma quando tornò con un vasetto di vasellina compresi ciò che voleva fare.
“No! Il culo no!” urlai.
Ma lui mi prese per un braccio, me lo rigirò dietro la schiena e mi mise di forza a pecora sulla scrivania: “non volevi godere? Vedrai come ti faccio sborrare”.
“No, lasciami!”, gli dissi piangendo.
Ma lui si unse l’indice e il medio e me li infilò nel culo dicendo: “se vuoi ancora il mio cazzo, mi devi lasciar fare”. La lubrificazione era sufficiente, e per timore di perdere il suo cazzo, lo lasciai fare. Lo sfintere si fece penetrare, e al di là del fastidio iniziale, cominciai a sentire una specie di pressione piacevole interna, a cui non sapevo dare un nome.
“Cazzo ragazzo, sei fortunato. Hai la prostata molto vicino al buco del culo. Ti farà godere” mi disse lui. Non so se &egrave una cosa mia o di tutti imaschietti, non ho mai inculato nessuno, ma la mia prostata era davvero lì pronta per essere stimolata.
“Ti piace?” mi chiese lui.
“Sì… No… Non so” risposi io.
“Ah! Non lo sai? Allora forse dovrei provare con qualcosa di più grosso!” mi urlò lui.
M’ero dimenticato che aveva ancora il cazzo duro pieno di succo, e quando lo sentii appoggiato al buchino mi ritrassi per istinto.
“Lasciati sfondare o non farti più vedere” mi intimò lui.
Non sapevo cosa fare, ma in quel momento la paura di perderlo era maggiore della paura della perdita della verginità anale.
Mi calmai e gli dissi che poteva procedere, ma che doveva lubrificarmi di più.
Lo fece… e poi… entrò piano piano, ma entrò. La pressione interna era molto forte, e la lubrificazione aveva attutito il dolore, ero tutto un insieme di emozioni e sensazioni che non riuscivo ad elaborare. Dolore, fastidio, pressione, e… godimento. Lui si muoveva piano per farmi abituare, credo, oppure per gustarsi di più il mio buchetto, non saprei. La pressione alla prostata era maggiore. Quando lo avevo tutto dentro, mi dava però più fastidio, e volevo che lo togliesse. Quando lo toglieva quasi del tutto, mi mancava, e volevo che me lo rispingesse dentro. Non sapevo cosa pensare, in ogni caso non ero mai in sintonia con il suo cazzo. E per quanto riguarda il mio cazzo, non mi ero nemmeno accorto d’averlo duro.
Ad un certo punto il suo cazzo mi parve indurirsi di più e i suoi colpi accelerare. Sapevo cosa mi stava aspettando, e questo aumentava il mio godimento.
E poi sentii schizzarmi dentro.
E allora anch’io schizzai di riflesso.
Più schizzavo, più contraevo involontariamente i muscoli anali, come se gli stessi succhiando il cazzo.
Più gli contraevo sul cazzo, più lui schizzava.
Persi l’equilibrio e caddi di pancia sulla scrivania, e il suo cazzo mi uscì fuori. Avevo il buchetto bagnato e colava di tutto, ma per fortuna non c’era sangue.
“Hai visto che ti &egrave piaciuto?”. I giorni successivi alla perdita della verginità anale, furono un po’ fastidiosi, poiché il buchetto mi dava un bel po’ di prurito. Nonostante questo, non riuscivo a stare lontano dal mio Professore. Quando andavo da lui, mi ripromettevo di non concedergli il culo, ma quando ero con lui, riusciva sempre a convincermi. Anche perché il piacere dell’orgasmo simultaneo era forte e volevo riprovarlo. Iniziavo quindi col pompino, e poi finivo col prenderlo dietro finché il suo orgasmo non comandava il mio. Un paio di volte &egrave successo che godessi prima di lui, ed allora glielo facevo togliere perché calato il desiderio mi faceva male, e finivo segandolo finché non mi facevo schizzare in bocca e sul viso.
Questa situazione portò anche un fatto inaspettato. Non mi aspettavo molto da lui e dalla nostra situazione, lui era un uomo con quasi 30 anni più di me, con moglie e figlia. Io un ragazzino eccitato sedotto forse troppo presto dal mondo omosessuale. Eppure il fatto che mi scopasse, lo portò a considerarmi come una specie di fidanzata, era più carino nei miei confronti, e non sembravo più per lui solo un buco da riempire. Cominciò a parlarmi in modo più benevolo, ovviamente solo al termine delle lezioni. Mi fece anche dei regalini, niente di costoso, niente che non potessi comprarmi da solo.
Tutto sembrava procedere così bene, che verso la fine della scuola, mi chiese se andavo un weekend con lui al mare, perché doveva sistemare la casa per le vacanze. Un weekend intero con lui… che sogno. Mi sembrava davvero che fossimo fidanzati, anche se, di fatto, non lo eravamo. Non persi l’occasione ed accettai, riuscendo a trovare una scusa anche con i miei genitori. Gli dissi che avevo vinto le selezione per le olimpiadi della chimica, e che essendo l’ultimo anno delle superiori, le finali si svolgevano in quel weekend con i migliori di tutte le scuole. Gli dissi che mi accompagnava un professore (a me ed ad altri, per rendere più credibile la storia), li feci anche parlare con lui, e ovviamente resse il mio gioco, che era anche il suo.
Il sabato della partenza arrivai col motorino a scuola, e m’avviai col mio Professore preferito verso il mare dentro la sua macchina. Mi sentivo in fuga col mio amore, e quando mi disse che aveva pronta una sorpresa per me, non resistetti, e gli dissi di fermarsi alla prima piazzola che volevo ringraziarlo facendogli una bella pompa. Nonostante fossimo in autostra ed in pieno giorno accostò appena pot&egrave, e acconsentì a farselo succhiare. Gli dissi di non trattenersi e mi impegnai a farlo godere nel più breve tempo possibile. Dopo pochi minuti mi fece bere il suo succo. Ripartimmo più rilassati.
Arrivammo per pranzo, e mangiammo sulla spiaggia. Nel pomeriggio iniziò a lavorare alla casa, e vederlo muoversi con quella conottiera bianca matida di sudore mi fece di nuovo venire voglia. Mi ero portato qualcosa da studiare per ammazzare il tempo, ma i miei occhi si spostavano sempre su di lui e sui suoi muscoli guizzanti. Che spettacolo.
“Ma non avevi una sorpresa per me? La voglio” gli dissi provocandolo.
“Non ti preoccupare, la sorpresa ti sfamerà la voglia di cazzo. Ora fammi lavorare, se mia moglie non trova tutto a posto, si insospettirà”, mi rispose.
Cercai allora di rilassarmi, e arrivò l’ora della cena. Ma della sorpresa ancora nulla. Eravamo rimasti al pompino della mattina, e io avevo una gran voglia che mi scopasse, per tutto il pomeriggio avrei voluto che mi prendesse sudato com’era e mi sbattesse sul tavolo senza tanti complimenti.
Stavo per dirglielo quando suonarono al campanello. Sbiancai dalla paura. Era sua moglie? Avrebbe scoperto tutto? Sarei passato come una puttanella rovina famiglie? La mia vita sarebbe stata rovinata.
“Ecco la sorpresa” disse semplicemente lui.
Aprì la porta ed entrò un suo amico che mi guardò con sguardo voglioso e disse: “&egrave questo l’amante del cazzo? Ora vediamo se gli piace anche il mio”.
Non solo ebbi paura, il suo amico sembrava un tipo poco raccomandabile, ma soprattutto non era il mio Professore. Con lui avevo fatto quel che avevo fatto, ma perché più o meno incosciamente ne ero innamorato. Per quest’altro non provavo niente, anzi mi faceva un po’ schifo. Ma non solo, avevo perso anche il sentimento che provavo per il mio Professore. Mi ero illuso che per un weekend potessi essere la sua fidanzata, anche se per gioco, e in realtà mi aveva teso una trappola per dividermi col suo amico. Cercai di prendere il cellulare e chiamare i miei, ma il Professore me lo impedì e disse: “non hai forse mentito ai tuoi? Che succederà se si saprà in giro che hai accettato di essere la mia donna e che mi hai chiesto di portarti anche un mio amico? Perché &egrave così che andranno le cose”. Mi teneva in pugno. E mi offrì al suo amico, lasciandogli l’onore si essere il primo. Dovetti obbedirgli e concedergli prima la mia bocca, e quando fu bello tosto passò a farmi il culo. Non mi piaceva per niente, ma non potei far nulla per impedirlo, speravo solo che finisse il prima possibile. Anche il mio Prof tirò fuori il suo uccello, e mentre il suo amico mi scopava, me lo infilò in bocca. Accadde una cosa strana: non mi piaceva più. Il fatto che mi avesse voluto concedere, me lo aveva fatto schifare. Si capiva che lo facevo controvoglia, comunque sarebbe andato quel weekend, la nostra storia era finita. Tra lo schifo, il dolore e l’umiliazione, il suo amico mi venne dentro, ma non mi sorpresi del fatto che non venni di riflesso. Non mi aveva fatto godere. Passò dietro anche il mio Prof, ma anche lui non riuscì a farmi sborrare, la magia tra noi era finita. Lui invece sborrò, e mi ritirai in bagno a pulirmi. Andai nella camera della figlia, sperando che non mi importunassero. Li sentivo chiaccherare e ridere di sotto, di sicuro si divertivano ricordando le malefatte che avevano compiuto, di cui io ero diventato una di queste. Passai una notte d’inferno, non potevo scappare, e ad ogni rumore trasalivo per paura che mi venissero a trovare. Più o meno dormii, finché all’alba non vennero a svegliarmi: “forza ragazzina, &egrave ora della colazione!” mi urlò il suo amico. Mi trattava con troppa confidenza, quando io mi sentivo d’averla persa anche con il Prof. Ma andai con loro, non mi sembrava il caso di farli arrabbiare.
Quando arrivammo in cucina si tolsero i pantaloni del pigiama e le mutande e mi dissero: “noi ci sediamo, e mentre facciamo colazione tu ci spompini. Per te la colazione sarà la nostra sborra”. Mi toccò stare alle regole, e mentre loro sopra il tavolo parlavano del più e del meno, io sotto che passavo da un cazzo all’altro. Mi vennero in bocca, facendo molta attenzione al fatto che ingoiassi tutto: “non vorremmo che tu rimanessi con la fame”.
Per fortuna per tutta la mattina si misero al lavoro, non risparmiando battuttacce su di me. Dopo pranzo mi scoparono a turno di nuovo, i loro cazzi si alternavano nel mio buchetto. Quando stavano per venire si fermavano e lasciavano il posto all’altro. Non avrei voluto, ma a forza di colpi m’ero eccitato, e il mio cazzo s’era indurito. Mi sentivo il buchetto ormai slargato, e voleva essere scopato. Nonostante mi trovavo prigioniero le continue stimolazioni avevano sormontato lo schifo e l’umiliazione. Volevo rigodere di nuovo col cazzo nel culo. Stavolta fui io a venire per primo, col cazzo del mio Professore dentro. Non si aspettava forse che venissi, e le mie contrazioni anali lo sorpresero, mandandolo al di là del limite. Mi sborrò dentro di nuovo, per l’ultima volta. Il suo amico non resisté alla vista, e me lo infilò in bocca rilasciandomi il suo succo direttamente in gola.
Tutto si era compiuto.
“Abbiamo finito” disse il mio Professore.
“Abbiamo finito davvero” risposi io.

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