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Silenzioso, scivolo, nudo, tra le tue lenzuola;
dormi(o fingi?)ed io, malizioso, m’acquatto
accanto, quasi a sfiorarti, senza che osi
marcare la mia presenza; occhieggio e taccio.

Il respiro sottile, composto come sei, mi sfiora
appena; il regolare fiato ritma il tempo
che passa ed io m’accosto e m’inebrio del tuo
fresco, nudo odore; inspiro la tua espirazione.

Una scossa l’effetto; del tuo calore voglia
mi prende, s’incapriccia il sesso; combatto,
sì, combatto con me stesso. Coglierti come
una rosa sul prato, odorare la tua corolla

e poi spogliarti di ogni petalo per vedere
se m’ami; ma giungere alla fine non vorrei,
deluso per non restarne. Pescarti all’amo,
forse più conviene; offrirti, pendula, l’esca

perché, ratto, ti butti all’arrembaggio
ed io, a piè fermo ti attenda, girando
il mulinello solo all’ultimo momento,
quando la vorace bocca come una molla

scatta sulla mosca, che davanti al muso
balla, che torpida s’attarda. Ecco,
prendimi, ora; serra le fauci…, piano
però, che non m’offenda la carnivora

acuminata zanna. Lo strappo che dilania
non è in programma! Morbido scende, invece,
fra lingua e gota; gozzoviglia il mezzo
del piacere. E tu lo curi, lo coccoli,

lo lecchi,lo circumnavighi, con la veloce
lingua lo batti, poi lo succhi… Oh, sì,
mandami in solluchero, martirizzami,
staziami, rendimi cieco per tanta goduria!

Gli occhi serrati rivedono il sapiente
tocco che distrugge, annienta e polverizza
ogni speranza di finire in gloria quella
protratta tormentosa strada di vivida passione.

Ancora lì, ti attendo e lì permango,
anche se tremare le vene ai polsi sento,
le gambe hanno un pauroso schianto,
la pelle rattrappita e tremula diventa,

e l’orgasmica effusione il turgido
condotto, belluinamente, già risale.
Un colpo basso, all’improvviso, giunge
inaspettato. Sgomento e immenso, spietato

doloroso senso, trattiene l’imminente
esplosione, trangugia, frenando il magma,
ed elude la prossima eruzione. Ma, tu,
insisti, mi prendi e mi rovesci; ed io

con te giaccio, mi stendo, allargo
le mie membra, accolgo, contengo, ospito,
inglobo nelle ingorde visceri capienti
ti sento. Vibra il tuo membro e in uno

il mio diventa; così mi prendi, frutto
di rapina, io provo la tua destrezza e tu
in me ritrovi la tua virile potenza
da troppo tempo nascosta ed io in te
[m’anniento.

Nina Dorotea

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