Skip to main content
Racconti di DominazioneRacconti Gay

In vacanza coi ragazzi

By 3 Settembre 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Quello che vi racconto è accaduto un po’ di tempo fa. Avevo vent’anni allora, proprio alla fine del secondo anno di università e, dopo aver portato il segreto con me troppo a lungo, avevo finalmente trovato il coraggio di confessare la mia omosessualità ai miei vecchi amici d’infanzia. Ero ancora in contatto con alcuni di loro, venivamo tutti da un quartiere piuttosto bene della città dov’eravamo cresciuti ed il fatto che io fossi gay non li turbava minimamente. E’ l’Inghilterra questa, dopotutto.

Quell’estate uno di loro, Dan, aveva organizzato una vacanza tra ragazzi. La mia ‘confessione’ non aveva cambiato quello che pensava di me e ne ebbi conferma dal momento che fui uno dei primi ad essere invitato. In tutto saremmo stai in otto: oltre a lui e al mio vecchio compagno di scuola Rich, c’erano un paio di amici di Dan che aveva conosciuto all’università, un tizio con cui Dan era andato alle elementari, giù a Brighton, un certo Charlie, e due dei suoi amici.

Prima di andare oltre dovrei forse raccontarvi qualcosa di me. Mi chiamo Ste, adesso ho venticinque anni e sono circa un metro e ottanta. Piuttosto magro e slanciato, non effeminato, intendiamoci, però neanche troppo mascolino, temo. Se fossi etero sarei quello che la gente chiama un metrosessuale, ma visto il mio ‘orientamento’, direi che sono un ragazzo gay piuttosto comune.

In quel periodo come ho detto, mi ero appena confessato ai miei amici e alla mia famiglia ed ero stracontento di poter cominciare ad essere sincero ed aperto ma soprattutto che tutti l’avessero presa così bene. Ovviamente erano anni che guardavo i ragazzi con interesse sessuale ma ora non dovevo più nascondermi, potevo finalmente abbracciare quella parte di me. Avevo già un’idea chiara di quali ragazzi trovassi sexy e, per l’appunto, erano proprio i classici tipi atletici, fighi e un po’ arrogantelli che trovavo irresistibili. Quindi era ovvio che trovassi l’idea di andare in viaggio con sette fighetti etero’ beh, per lo meno di mio gradimento.

La nostra destinazione? Berlino. Dato, però, che avevamo il volo la mattina presto, la comitiva si riunì a Londra la sera prima, pronti per prendere un taxi per l’aeroporto l’indomani. Se avessimo avuto qualche anno di più saremmo probabilmente giunti alla conclusione che sarebbe stato meglio non andare a letto troppo tardi visto che dovevamo alzarci alle 5:00. Ma a dei ventenni non passa neanche per la testa di preoccuparsi di stronzate simili quindi, buttata la nostra roba nelle camere che avevamo prenotato, ci fiondammo in città per devastarci.
Trovammo questo posto carino, poco illuminato, con un bel bar, la pista da ballo e diversi séparé in qua e là. Tutti quanti chiacchieravamo raccontandoci le nostre vite e buttando giù pinte di Lager a velocità piuttosto allarmante.

Avevo già incontrato Charlie, l’amico di Dan, un paio di volte nei due anni precedenti, quand’era venuto a trovarlo e un’altra volta quando io e Rich eravamo andati giù a Brighton. Mi ricordavo bene che razza di stallone fosse. Una sera in un bar di Brighton, giuro, ogni ragazza presente sembrava conoscerlo e nel giro di quindici minuti due tizie a caso gli si erano avvicinate e avevano cominciato a slinguazzarlo, per poi sussurrargli qualcosa all’orecchio, fargli l’occhiolino ed andarsene lasciandolo tronfio e più pieno di sé che mai. Sarà stato si e no un metro e settanta scarso, con i capelli biondo chiaro, una bella abbronzatura, un sorriso perfetto e un visetto aggraziato e carino. Era fottutamente sexy, cazzo’ e lo sapeva!
In quelle occasioni, la mia sessualità era ancora in subbuglio e immagino di essergli sembrato un imbranatello etero un po’ intimidito, se non schiacciato, dalla sua ombra. Ma adesso le cose erano differenti. Ero gay e mi sentivo sicuro di me, del mio aspetto e del mio modo di fare.

Ma torniamo a noi. All’inizio della serata, quand’eravamo al bar a bere, Dan aveva detto a Charlie della mia recente confessione e lui aveva sorriso, mi aveva dato una pacca sulla spalla e tutto incoraggiante mi aveva detto qualcosa tipo ‘Buon per te Ste!’ o roba simile.
Un paio d’ore dopo quasi tutti stavano ballando in pista mentre io mi riposavo un attimo al bordo, sorseggiando l’ennesima birra. Vidi Charlie che usciva dal bagno. Si accorse di me e lo vidi avvicinarsi.
Era un po’ brillo ed aveva un sorriso allegro disegnato sul bel visetto. Mi mise un braccio sulle spalle:
‘Allora Ste?! Ti diverti?’ mi chiese.
‘Si!’ gli risposi, un minimo in imbarazzo per la vicinanza del suo corpo troppo sexy ‘Serata figa!’ poi mi accostò la bocca all’orecchio abbassando appena il tono di voce:
‘Senti mi chiedevo se potevi aiutarmi con una cosa” mi disse guardandomi negli occhi ‘sono sempre stato curioso di sapere se il mio cazzo regge il confronto con la media. E poi vedendoti mi sono detto che tu di cazzi devi averne visti parecchi, giusto?’
Non me l’aspettavo. Rimasi un attimo inebetito e borbottai una risposta che non era né un si né un no. Lui usò il braccio che aveva intorno alle mie spalle per voltarmi verso un angolo della parete poco illuminato e senza nessuno in giro. Abbassò la mano e cominciò a sbottonarsi i jeans.
‘Hey!’ gli dissi capendo che non stava affatto scherzando ‘Non puoi tirartelo fuori in un bar!!’
Lui, però, mi afferrò un braccio ‘E dai, amico, voglio saperlo davvero! Dammi una mano, che ti costa?’ lo guardai negli occhi e mi parve di scorgere vulnerabilità, cosa che lo faceva, se possibile, persino più attraente. Inghiottì e mi guardai intorno. Alla fine concessi un ‘Ok’ sicuro”

Sì aprì i pantaloni, infilò il pollice sotto l’elastico dei boxer e se li scostò. Lì, in quel cotone bianco giaceva il cazzo più delizioso e desiderabile esistente al mondo. Mi aspettavo fosse piccolo, viste le sue premesse, quindi rimasi decisamente sorpreso. Anche se non fosse cresciuto di molto in erezione sarebbe tranquillamente stato un diciotto, venti centimetri buoni di carne e piuttosto spesso. Notai che, involontariamente, la lingua m’inumidì le labbra e la ritrassi imbarazzato. Mi destai dal mio sognare ad occhi aperti e mi resi conto che forse l’avevo rimirato un paio di secondi di troppo. Gli occhi risalirono al suo viso. Charlie stava sorridendo.
‘Allora? Che mi dici?’ mi disse sostenendo il mio sguardo ed alzando un sopracciglio. Io ero leggermente sconvolto:
‘Io’ ehmm’ si’. ehm’ beh, è piuttosto” balbettai.
Poi, dalla nebbia che momentaneamente mi offuscava la mente, ricordai quale fosse la domanda che mi aveva fatto.
‘Beh, non credo che tu abbia niente di cui preoccuparti in termini di confronto.’ gli dissi e gli sorrisi. Lui annuì sempre sostenendo il mio sguardo con una sicurezza disarmante e si riabbottonò i jeans.
‘Grazie Ste!’ mi disse. Poi si avvicinò di nuovo al mio orecchio ‘Fai il bravo e magari te lo faccio succhiare qualche volta.’
Prese il suo bicchiere di birra, mi guardò dritto negli occhi ed alzò le sopracciglia come ad assicurarmi che parlava sul serio. Poi si voltò e raggiunse gli altri nella pista da ballo, tornando a ridere e scherzare con loro, tornando ad essere al centro dell’attenzione. Feci lo stesso, riunendomi al gruppo e la serata fu davvero piacevole, anche se evitai di guardare Charlie, più che altro perché avevo paura che mi diventasse duro.

Rientrammo in hotel verso le 2:30 del mattino e cominciammo a fare gli accoppiamenti per le camere. Ne avevamo prenotate 4 doppie. Gli amici di Charlie e quelli di Dan presero le chiavi e sparirono dietro le porte, il che lasciava me, Dan, Rich e Charlie.
‘Vado io con Ste!’ disse Charlie ed io mi limitai ad annuire. Avevamo si e no un paio d’ore di sonno quindi pensai che la breve sistemazione in camera non faceva granché differenza.
Entrammo e io collassai sul letto. Charlie cominciò a svestirsi. Si sfilò la maglietta ed io ammirai il suo torace scolpito. Era esattamente come il tipico figo atletico che si vede nei porno. Un sacco di pensieri estremamente sconci mi volavano in mente ma non avevo intenzione di fare la minima mossa. Tra l’altro mi ero convinto che le sue parole di poco prima fossero state niente di più di uno scherzo.
Gettò la maglietta su una sedia, si sfilò le scarpe da tennis e i fantasmini, poi cominciò a massaggiarsi il pacco.
‘Cavolo, mi diventa sempre duro quando bevo un sacco!’ disse e il mio cuore si fermò per un attimo. Guardava dall’altro lato quindi non riuscivo a vedere la sua espressione. Poi si voltò e si sfilò i jeans, rimanendo solo con quei boxer bianchi dall’aria familiare.
‘Mi mancava tanto così per scoparmi quella troietta con le tette enormi!’ disse e io la visualizzai nella mia mente. Gli era stata addosso tutta la sera, strusciandosi a lui, accarezzandogli il petto e il culo mentre lui aveva fatto lavorare le dita sotto la sua gonna.
‘Quella stronza se l’è squagliata e m’ha lasciato con le palle piene!’
Ci fu una pausa poi, me lo ricordo come fosse ora, disse:
‘Ste, ti decidi a muovere il culo e venire qui a darmi una mano o cosa?!’ lo guardai di colpo e lui mi sorrise: ‘Non avevo programmato di concedertelo così presto ma, cazzo, ho bisogno di scaricarmi!’
Mi tirai su, sui gomiti, insicuro su cosa fare. Il mio primo istinto ovviamente sarebbe stato di ubbidirgli perché in fondo lo volevo, lo volevo da morire, cazzo! Mi chiesi, però se la vacanza non sarebbe poi stata un po” strana.
‘Ste!’ il suo tono era più fermo stavolta ‘Vieni qui, ora!’ mi disse puntando al pavimento dii fronte a lui. Ero troppo ubriaco e troppo eccitato per protestare anche minimamente. Volevo il suo cazzo, non c’era altro da pensare.

Mi alzai dal letto per inginocchiarmi di fronte a lui e lo guardai negli occhi. Mi sorrise. Era chiaro che quel minimo potere che aveva su di me gli piaceva eccome.
‘Bravo. Docile e ubbidiente” disse divertito mettendomi la mano sulla testa per poi afferrarmi i capelli.
‘Ficcaci il naso e comincia a baciare!’ mi disse lasciandomi i capelli. Mi fermai un secondo, poi gli ubbidì. Seppellì la faccia nel tessuto bianco intriso del suo odore acre e terribilmente maschio. Sentivo la sua carne dura che mi premeva sulla faccia, poi avvertì la sua mano sulla nuca quando cominciò a strusciarmelo con vigore sul muso.
‘Ok, ora toglimi i boxer” mi disse. Erano diventati veri e propri ordini e lui sembrava perfettamente a suo agio ad impartirli. Glieli sfilai in un attimo.
‘Comincia a leccarmi la cappella poi succhiamelo come si deve, capito?’ ubbidì. Il suo cazzo aveva un sapore incredibile. L’unico, irrazionale pensiero che avevo in testa era quanto fossi fortunato ad avere la possibilità di succhiare il cazzo di questo figo stratosferico!
In verità era solo il secondo che succhiavo quindi non ero sicuro di essere bravo, però ho due belle labbra carnose che sembrano fatte apposta per sbocchinare e mi sembrava proprio di star facendo un bel lavoretto. Stavo attento a non avvicinare minimamente i denti alla sua carne. Volevo a tutti i costi che lui se la godesse appieno e allo stesso tempo temevo il suo giudizio.
Era duro come una roccia quindi ero abbastanza sicuro che gli piacesse. Gemeva e le sue mani non facevano che afferrarmi i capelli, tenendomi salda la testa e dandomi qualche schiaffetto sulle guance. Mi ci buttai completamente, anima e corpo, tanto che non mi accorsi neanche da dove arrivò il flash. Alzai lo sguardo e vidi Charlie col telefono in mano. Ne scattò un’altra ma in quel momento non me ne fregava niente, volevo assolutamente che la sua sborra mi inondasse la bocca.

Sentivo che era vicino. Il suo respiro si faceva sempre più pressante, il suo cazzo incredibile pulsava e mi teneva fermo cercando di ficcarmelo sempre più in profondità con ogni spinta. Poi sentì la mano tirarmi i capelli e la sua virilità, lucida della mia bava, mi si sfilò di bocca.
‘Supplicami!’ di nuovo, il mio solo pensiero era riavere quella carne in bocca e bere il suo piacere. Non esitai.
‘Per favore, fammi succhiare il tuo cazzo, fammi ingoiare la tua sborra, per favore!’ dissi all’istante, disperato.
‘Lo vuoi davvero?’ mi disse sorridendomi a trentadue denti. Con la mano salda sui miei capelli me lo sbatté di nuovo dentro dando tre o quattro pompate, per poi sfilarlo ed allontanarmi di nuovo.
‘Supplicami ancora, ma mostrami più rispetto!’
Il mio pene si contrasse indurendosi più di quanto già non lo fosse. Non esitai, alla faccia del mio orgoglio.
‘Si Signore! La prego, Signore, voglio il suo cazzo da morire! La supplico me lo lasci succhiare e mi lasci ingoiare la sua sborra, Signore, la prego” gli dissi come un soldatino semplice che si rivolge ad un superiore. Charlie rise.
‘Hahaha!!! Ci stai godendo, eh?!’ e me lo sbatté di nuovo in gola.
Qualche altra spinta e la sua presa d’acciaio s’irrigidì ulteriormente mentre il bel biondo cominciava a spararmi la sua sbroda dentro. Era calda, viscida e densa e io la ingoiai tutta, con piacere.
Rimanemmo in quella posizione per una decina di meravigliosi secondi, poi me lo sfilò di bocca.
‘Non male” mi disse schiaffeggiandomi il viso con aria di sufficienza ‘Di succhiacazzi ne ho avuti di meglio, però tu sei tutto zelante e la cosa mi piace! Hehehe!’
Quel tono, quella voce, quelle parole’ Troppo per me e cominciai a toccarmi ma lui mi seccò subito.
‘Vattene in bagno se devi farti una sega, non voglio assistere!’

Ci andai di filato e sparai un carico enorme nel cesso, dopodiché ritornai in camera. Cominciai a realizzare che le cose sarebbero potute diventare davvero imbarazzanti a questo punto.
‘Hey, Charlie” gli dissi nervosamente ‘Non lo dirai agli altri, vero?’
‘Nah, tranquillo, amico!’ era sdraiato sul suo letto e mi sorrideva.
‘E le foto?’
‘Sono solo per la mia collezione personale Ste, giuro! Siamo apposto, tranquillo, sei stai bravo!’
Io gli sorrisi. Probabilmente sarei dovuto essere molto più nervoso ma per qualche motivo sentivo di potermi fidare di lui. Che idiota’ la vacanza doveva ancora cominciare.
Dopo un sogno estremamente erotico quella prima notte, fui molto sollevato nel vedere che la mattina dopo, Charlie non avesse parlato a nessuno dell’accaduto. Era tranquillo e del tutto normale e io comincia a rilassarmi, non vedendo l’ora di iniziare quella vacanza. Non mi capitava spesso di passare tempo con i miei vecchi amici e sapevo che gli altri ragazzi sarebbero stati uno spasso, una volta bevuto un po’.

Il volo per Berlino fu piuttosto agitato ed eravamo tutti un po’ scossi quando atterrammo. Era più o meno l’ora di pranzo quando riuscimmo ad arrivare in hotel dove scoprì che Dan aveva prenotato due camere da quattro. Rimanemmo nella hall per alcuni minuti talmente stanchi da non riuscire a prendere neanche una decisione banalissima come chi dovesse dormire con chi. Fu Charlie a riprendersi per primo.
‘Che ne dite se io, Fowls e Pete dormiamo con Ste” propose ‘ l’abbiamo già fatto ieri sera, è la cosa migliore.’ lo disse con una certa autorità e tutti annuirono, non avendo nulla da obiettare.
‘A te va bene Ste?’ mi chiese Dan ‘Tanto è solo per la notte, non è un problema, no?’ Non mi sentivo del tutto a mio agio con la decisione ma, come aveva detto lui era solo per la notte che problema ci poteva essere?
‘Si, nessun problema!’

Decidemmo di andare in camera a rilassarci un po’ dopo il turbolento viaggio e ci accordammo per incontrarci dopo un’oretta. Entrammo in camera e scegliemmo i posti. Erano letti a castello, io e Charlie stavamo sotto e gli altri due sopra. Ci togliemmo le scarpe e cercammo di rilassarci, Charlie e Pete sul letto di Charlie e Fowls ed io sul mio. Ovviamente non potevo dormire con lui sul letto, quindi stavo lì a sedere e li ascoltavo mentre raccontavano delle ragazze a cui avevano corso dietro la sera prima, descrivendo nel dettaglio cosa erano riusciti a fargli e cosa avrebbero voluto fare. Io, ovviamente ero tagliato fuori dalla conversazione quindi decisi di farmi una doccia.
L’acqua era calda e la cosa mi rilassò di brutto, rigenerandomi. La porta non si chiudeva a chiave e all’inizio, stupidamente, avevo quasi paura che entrassero di nascosto e mi facessero delle foto nudo o roba simile, ma non accadde.
Mi sentivo davvero molto meglio, mi asciugai, mi rivestì e tornai nella camera. Fowls si era alzato dal mio letto e sedeva dall’altro lato di Charlie. Stavano guardando qualcosa di buffo sul suo telefonino e ridacchiavano.

‘Che state guardando?’ chiesi mentre mettevo il mio asciugamano ad asciugare, tentando di inserirmi nella conversazione. Charlie alzò lo sguardo:
‘Ah, niente di che. Gli facevo solo vedere le foto che ti ho fatto ieri sera.’ mi fece l’occhiolino e gli altri due risero di nuovo. Il mio colorito svanì. Sperai di aver capito male o che non intendesse quello che temevo.
‘Come?’ dissi cercando di sembrare il più casual possibile, nel caso mi stesse solo prendendo in giro e mi avvicinai per vedere lo schermo. Charlie non era minimamente turbato e voltò il telefono per farmelo vedere. Ero proprio io, non c’erano dubbi, col suo cazzo piantato in gola e un’espressione beata. Il pacco mi si irrigidì leggermente ma ero arrabbiato e guardavo gli altri due. Non riuscivo neanche a trovare le parole.
Charlie intervenne prima che potessi sfogarmi:
‘Tranquillo amico. Questi due non diranno niente agli altri. Non ti preoccupare, i tuoi amici non lo sapranno. Solo noi di Brighton. E poi dai, non è che non abbiamo mai visto un succhiacazzi prima d’ora. Ti piace succhiare cazzi, e allora? Non è la fine del mondo!’
Li guardai. Stavano annuendo e sembravano sinceri.
‘E’ tutto apposto amico, davvero!’ mi disse Fowls rassicurante. Continuai a guardare ognuno di loro per un paio di secondi, poi scrollai le spalle.
‘Ok, se lo dite voi” dissi. La cosa non mi piaceva molto ma il danno era fatto e loro sembravano tranquilli, quindi non c’era molto che potessi fare, in realtà. Mi voltai e tornai al mio borsone per cominciare a sfare i bagagli. Sentì qualcuno alzarsi dal letto e camminare, detti un’occhiata e vidi Fowls che veniva verso di me con la mano a massaggiarsi il pacco, come ad aggiustarselo.

‘Sai una cosa Ste?’ mi disse ‘Anche io avrei bisogno di scaricarmi’ proprio ora.’
Mi voltai e mi alzai in piedi pronto a protestare, ma prima che me ne rendessi conto era vicinissimo a me e mi guardava con gli occhi scuri e fissi. Una mano era ancora sul pacco e l’altra la mise sul retro del mio collo. Io avevo alzato le mani sul suo petto per fare resistenza e stavo per dirgli di smetterla ma la sua stretta su di me si fece più forte e io mi bloccai.
Le sue labbra si inarcarono in una sorta di sorrisetto:
‘Dai, inginocchiati!’ mi disse tranquillo ma autoritario.
Fino ad allora Fowls mi era sembrato il più tranquillone del gruppo e pensavo fosse uno apposto. Vedere una sorta di bestia nascosta nei suoi occhi mi eccitò da matti. Era un figo, come gli altri, capelli scuri visetto angolato e fisico atletico e non so perché ma mi fece sentire benvoluto, aveva bisogno di me. Decisi che volevo obbedirgli e, gettato nuovamente l’orgoglio, m’inginocchiai e cominciai a sbottonargli i jeans.
Glielo tirai fuori. Un cazzo bellissimo, quasi del tutto in tiro, con una bella criniera di peli scuri intorno. Gemette al mio tocco e tenne la mano ben ferma sul mio collo. Mi misi al lavoro.

Dio mio che sapore! Sapeva di cazzo non lavato, il sapore di maschio m’inebetì il cervello. Sentì altri passi e vidi Charlie avvicinarsi con la coda dell’occhio.
‘Sicuramente vorrai una bella foto ricordo Fowls, giusto? Hehe!’ disse all’amico ma non me ne fregava nulla. Il cazzo di Fowler era caldo e saporito e io ero di marmo nelle mutande. Adoravo succhiarglielo e adoravo i gemiti compiaciuti che sentivo da lui.
Charlie doveva aver scattato solo un paio di foto dal numero di ‘click’ che avevo sentito ma stava sempre seduto sul mio letto e mi guardava da vicino.
‘Cazzo!’ disse ‘E’ una meraviglia guardare uno che finalmente sa come si succhia un uccello! Dovremmo portare questo succhiacazzi a Brighton e fargli dare lezioni alle ragazze su come si serve un uomo!’
‘Eccome, amico!’ disse Fowler con il fiato corto. Sentivo il suo cazzo pulsare.
Cominciavo ad apprezzare le attenzioni che mi davano e le loro lodi, quindi, come con Charlie, feci del mio meglio, ingoiando quanto potevo e succhiando come un ossesso. Di nuovo quell’impellente sensazione di compiacere, di fare in modo che quello fosse il bocchino migliore che avesse ricevuto.

Ovviamente Fowler si accorse di quanto mi piacesse servirlo e volle divertirsi. Mi afferrò i capelli e mi allontanò.
‘Cazzo! Supplicami, troia!’ mi ordinò guardandomi dall’alto quasi selvaggiamente. Mi chiesi se a Brighton i ragazzi fossero abituati a dire queste cose ma ubbidì tutto contento. Quasi m’inciampò la lingua tra le parole perché volevo dirle troppo velocemente.
‘Adoro il tuo cazzo, amico’ mmm’ ti prego, fammelo succhiare per bene” mi venne risbattuto in gola, poi una voce alla mia destra:
‘Fatti dare del lei, è uno spasso quando ti chiama ‘Signore’!’ disse Charlie ‘Questa troietta non aspetta altro, hahaha!!!’ disse ridendo. Io arrossì leggermente ma non m’interessava. A Fowler ovviamente piacque l’idea e, strattonandomi di nuovo, mi guardò col sopracciglio alzato:
‘Beh?!’ mi disse aspettando. Io non esitai:
‘Certo Signore, mi perdoni Signore! Per favore lasci che io succhi il suo cazzo meraviglioso, Signore!!’ dissi supplicante. Lui mi guardò come se stesse valutando la cosa:
‘No, troia. Per ora puoi baciarmi le palle.’ obbedì, baciando ed inalando il suo odore animale. Sentivo Charlie che se la rideva insieme a Pete. Almeno ero tranquillo che non ci fossero foto anche di questo.

‘E va bene, ora puoi riprendere a succhiarmelo’ concesse dopo un paio di minuti ‘ma solo se prometti di lasciarti sborrare in quel gozzo da puttana e d’ingoiare fino all’ultima goccia, ok?’
‘Si Signore! Io ingoio sempre, Signore!’ dissi zelante senza neanche pensare e sentì Charlie e Pete scoppiare di nuovo a ridere. Poi il suo cazzo mi colpì di nuovo il fondo della gola. Mi scopò la faccia quasi brutalmente prima di spararmi il suo carico massiccio direttamente nello stomaco.
‘Così frocetto, tieni! Ingozzati di cazzo!!’ grugnì.
Sentì la voce di Charlie di nuovo ‘Cristo Fowls, tu si che sai come si trattano quelli come lui” disse ridendo ‘Aspetta di rivederti dall’inizio, amico, hahaha!!’
Fowler stava finendo di venire e mi teneva stretto a lui. Solo quando mi lasciò e mi sfilò il cazzo di bocca colsi le parole di Charlie. Aveva filmato l’intera scena. Mi voltai e vidi il suo telefonino fisso su di me, poi guardai Pete seduto sul letto di fronte che mi sorrideva tronfio.
‘Hehehe!! Sorridi Ste! Ti è piaciuto no?!’ io forzai un breve sorriso ma non dissi niente. Avevo un brutto presentimento.
Fowler si riabbottonò i pantaloni e mi struffò i capelli:
‘Grazie Ste! hehe!’ mi disse ridacchiando e Charlie, messo via il telefono, suggerì che ci facessimo un sonno veloce prima di incontrarci con gli altri. Io ne fui felice, avevo bisogno di un po’ di tempo per riordinare le idee.
Alla fine era pomeriggio inoltrato quando ci riunimmo con gli altri. Charlie, Pete e Fowler erano di nuovo tranquilli e sembravano aver dimenticato completamente quello che era successo poco prima. Charlie fece un paio di commenti sul fatto che io fossi un compagno di camera fantastico e Dan e gli altri sembrarono contenti che andassimo d’amore e d’accordo.

Ci facemmo tutti una birra in un bar. Man mano che sorseggiavamo scappavano fuori storie di vita, storie buffe per far ridere gli altri e Charlie, come al solito, era al centro dell’attenzione. Era preso nel racconto di una nottata assurda a Brighton in cui ne avevano combinate di tutti i colori, quando si rese conto che i bicchieri di tutti erano quasi vuoti.
‘Volete fare un altro giro, ragazzi?’ chiese interrompendo la narrazione. Tutti annuirono e lui tirò fuori una banconota da cinquanta euro e me la passò:
‘Ste, ti dispiace fare tu stavolta? Sono nel bel mezzo della storia.’ e tornò al suo racconto senza aspettare la mia risposta. Mi sentì un po’ in imbarazzo sul momento, ma l’aveva fatto in maniera talmente casual che a nessun altro aveva dato fastidio. Pensai che non valesse la pena fare una scenata per così poco e andai a prendere loro le birre.

Più tardi, in serata, dopo esserci riempiti la pancia con una bella grigliata tornammo a bere in un locale e Charlie cominciò a raccontare dell’anno che lui e Pete avevano passato in America, come parte del loro curriculum accademico. Ad un certo punto attaccò a parlare di come fosse la vita per i gay negli States.
‘Ste, amico, non ti piacerebbe per niente lì!’ disse al gruppo ‘In certi posti la gente è omofobica fino alla stupidità!’
Pete annuì ‘E’ vero! Lo chiamano ‘pesta la checca’, come fosse un gioco ed è un problema grosso laggiù!’ mentre li ascoltavo, pensai a che inferno dovesse essere. Insomma era una roba orribile, ma guardando i loro due bei visetti mi resi conto che non sembravano particolarmente infastiditi dalla cosa.
‘Già, amico!’ Charlie disse e si sporse verso di me ‘Non vorremmo certo che qualcuno pestasse la nostra checca preferita, no? Hahaha!!!’ disse ridendo e mi dette un abbraccio fraterno.

Tutti risero con lui e io sembrai essere l’unico turbato dal fatto che mi avesse appena chiamato checca di fronte a tutti.
La mattina dopo ci alzammo verso le 10. Fowler si fece la doccia per primo, poi fu il turno di Charlie. Water e doccia erano nella stessa stanza e dai rumori che sentivamo era chiaro che Charlie stesse facendo ampio uso anche del cesso. Quando ebbe finito uscì e Pete era già pronto ad entrare.
‘Io non ci andrei Pete, amico” gli disse Charlie ‘C’è una puzza micidiale.’ poi si voltò verso di me ‘Vuoi andare tu, Ste?’ io arrossì leggermente ma cercai di non prendermela. Lui mi guardava col suo bel visetto aspettando una risposta a quella che più che una domanda sapeva molto più di ordine. Così borbottai un ‘ok’ e mi alzai per andare in bagno.
Cristo, non stava certo scherzando! I miei polmoni si riempirono de tanfo che aveva lasciato. Era maschio da morire e mi resi conto che mi non dava affatto fastidio. Cazzo mi eccitava pure, a dirla tutta! Mi ricordava l’altra notte, l’odore del suo pacco mentre mi sbatteva l’uccello fino in gola. Me lo godetti per qualche minuto, tergiversando un po’, poi mi feci la doccia, mi rivestì e Pete prese il mio posto, ora che l’odore si era dissolto.

Volevo il mio telefono per controllare i messaggi ma non lo trovavo, non era da nessuna parte. A Charlie arrivò un messaggio dagli altri dicendo che ci saremmo incontrati dopo una mezzora. Io continuavo a cercare il mio dannato cellulare sul letto, sul comodino, nel mio borsone.
Mi voltai verso Charlie e Fowls, un minimo preoccupato di averlo perso.
‘Ragazzi, avete visto il mio telefono?’ M’ignorarono entrambi.
‘Ragazzi?’ dissi di nuovo.
‘Si, è qui.’ disse Charlie senza guardarmi. Era accanto a lui, sul suo letto. Lo prese e lo gettò verso di me, senza mirare troppo bene. Riuscì ad afferrarlo prima che si sfracellasse a terra.
Il cuore mi batteva piuttosto forte adesso.
‘Perché era lì?’ chiesi, cercando di non sembrare infastidito dalla cosa. Charlie alzò lo sguardo e Fowler rise.
Il bel biondino mi guardò fisso negli occhi:
‘Abbiamo solo preso qualche precauzione.’ disse e gli occhi gli tornarono sulla rivista porno aperta sul suo letto.
Ero confuso.
‘Cosa?’ fu tutto quello che riuscì a dire.
Charlie si alzò, evidentemente infastidito e scocciato che stessi continuando a fare domande. Mi si avvicinò e io mi alzai in piedi. Il suo viso era a pochi centimetri dal mio.
‘E dai, checca’ mi disse sorridendo, anzi, sogghignando ‘non fare il difficile. Hai passato gli ultimi due giorni a succhiarci l’uccello e a fare quello che volevamo.’ si voltò a guardare Fowler sul letto di sopra ed entrambi sorrisero ‘Ti abbiamo solo preso un paio di numeri di telefono’ è la nostra polizza di assicurazione, hehe!’

‘Vogliamo solo essere sicuri che continuerai a trattarci come si deve, frocetto!’ aggiunse Fowler.
Non ero sicuro di quello che mi stessero dicendo:
‘Vo’ volete ricattarmi?’ balbettai, col cuore in gola. La cosa stava diventando un po’ troppo seria.
Charlie rise ‘Hahaha!!! E dai checca, non fare il drammatico. Tu continua a fare il bimbo bravo ed ubbidiente e noi non avremo motivo di spedire le foto in cui ci spompini a nessuno.’ vedendo l’evidente preoccupazione nei miei occhi Charlie rise di nuovo, stavolta però in maniera più dolce
‘E dai, ti stiamo prendendo per il culo, amico! Non manderemo niente a nessuno. Tranquillo! Non lo diremo neanche ai tuoi amici.’ Lo guardai negli occhi e sembrava sincero. Questo mi rassicurò non poco. Perché mai avrebbe dovuto mentire. Se dovevo solo continuare a succhiargli il cazzo per tutta la settimana e comportarmi come niente fosse per il resto del tempo a me andava di lusso!

‘Però ascolta frocetto’ mi disse Charlie, come si fosse appena ricordato ‘C’è un’altra cosa che devi fare.’ il mio cuore si fermò di nuovo.
‘Mi diverto un casino a chiamarti checca di fronte ai tuoi amici” mi disse sorridendo ‘ ‘ e voglio che anche loro ti ci chiamino!’ Un sacco di pensieri mi inondarono la mente. Anche se non mi fossi opposto vedevo la cosa come molto improbabile.
‘Per il resto della vacanza il tuo soprannome sarà solo ‘Checca’!’ disse Charlie ‘Ok?’
‘Ma” attaccai cercando di dar voce a tutti i pensieri che avevo.
‘Non ti preoccupare, checca, ci penso io a farlo sapere agli altri. Tutto quello che devi fare tu è stare al gioco e far capire a tutti che la cosa ti piace.’
Non sapevo cosa rispondere.
‘Hai capito?’ mi disse Charlie, impaziente. Pete era uscito dal bagno e, insieme a Fowls mi stavano guardando, aspettando il mio assenso.
‘Sicuro’ dissi piano, pensando che non è che avessi scelta. Charlie mi fece un gran sorriso, poi mi dette uno schiaffetto e, voltandosi a ridere con gli altri:
‘Ma che brava la nostra checca, hehehe!!!’

Quando Pete fu pronto scendemmo nella hall e andammo a pranzo. Scherzammo e ridemmo delle cazzate fatte la sera prima in una discoteca di quart’ordine. Charlie, come al solito era sotto i riflettori, dove si sentiva più a suo agio.
‘Voi ragazzi avete dormito bene?’ Dan chiese a noi quattro. Capì che, in realtà, voleva assicurarsi che io fossi a mio agio con gli altri.
Charlie rispose immediatamente ‘Ce la spassiamo di brutto amico! Io, Pete, Fowls e la checca!’
Dan e gli altri si bloccarono a guardarlo. Erano tutti imbarazzati dall’ovvia offesa, soprattutto adesso che eravamo completamente sobri.
‘Charlie’ uhm’ ‘checca’ non è un termine carino’ disse Rich diplomatico, cercando di non farne un dramma né di mettermi in imbarazzo ma volendo troncare qualsiasi insorgere di problema alla radice. Io non fiatai.
Ci pensò Charlie a rispondere. ‘Nah, nah, è tutto apposto, amico! A lui sta bene il soprannome. Ieri sera stavamo parlando di quanto siano stupidi in America con la storia dell’omofobia. E’ un soprannome ironico, capisci?’ si voltò verso di me.
Era qui che dovevo intervenire e stare all’eccitante, seppur spaventoso gioco di Charlie.
Risi cercando di essere convincente ‘Ma dai Rich, smetti di essere così bacchettone, è solo un soprannome!!’ Sembrarono tutti convinti della cosa, anche se Rich aveva ancora qualche dubbio. Guardai Charlie che mi stava sorridendo, con quella faccia da schiaffi perfetta.

‘Allora? Che avevate in programma di fare oggi?’ chiesi agli altri ma guardando Dan e Rich.
‘Pensavamo di andare a museo Ebraico?’ rispose Dan ‘Anche tu volevi andarci, no?’ mi disse.
Prima che potessi dirigi di si, Charlie intervenne ‘E dai amico, un museo del cazzo? Noi quattro pensavamo di andare giù ad Alexanderplatz a farci un paio di birrette e dare un’occhiata a quella parte della città!’ Pete e Fowls lo assecondarono.
‘Non c’è problema, amico, possiamo dividerci e fare cose diverse” disse Dan ”e darci appuntamento più tardi per una birra insieme, che dite?’ Charlie annuì.
‘Allora Ste? Con chi vuoi andare?’ mi chiese Rich.
Charlie intervenne di nuovo ‘E dai checca, devi venire con noi! Quelli della stanza 22 devono stare uniti. Non puoi lasciarmi da solo con questi due bambocci” disse indicando Fowler e Pete. Continuando a sentirmi quasi obbligato, cedetti:
‘Ok, sicuro’ ci facciamo una birra”
Mentre tutti ci alzavamo da tavola, Charlie mi si avvicinò all’orecchio e mi sussurrò:
‘Tu continua ad ubbidirmi, checca e siamo tutti contenti, ok?’ per poi uscire con gli altri lasciandomi a guardare le sue spalle.

Sulla via per Alexanderplatz, passammo davanti al museo erotico. Tutti stavamo scherzando tranquillamente e mi ero completamente rilassato, trovandoli simpatici e di ottima compagnia.
Fowler insistette per visitare il museo, giusto per farsi una risata e tutti concordammo. Passammo accanto a un pene di legno di quasi due metri e i ragazzi fecero ovvi commenti su fatto che fosse grosso quasi quanto i loro. Ovviamente io sapevo esattamente com’erano fatti i cazzi di almeno due di loro.
La maggior parte del museo era piena di foto in bianco e nero piuttosto noiose di donne e uomini nudi con quei baffetti anni ’70. Decisamente poco allettanti. Poi c’era una sezione di foto a colori di donne a gambe spalancate semi sdraiate su macchine o moto e vari altri oggetti che loro tre apprezzarono decisamente. Io cercai qualche foto maschile ma non c’era niente di che.
Più avanti c’erano delle stanze più piccole chiuse da tende, ai lati di un corridoio, che mostravano roba un po’ più forte e ‘potenzialmente offensiva’. Mi ritrovai a pensare che se sei uno che si scandalizza per roba del genere, forse non dovresti metterci piede in un museo erotico. Alla vista di una donna che veniva penetrata da un cavallo, però, dovetti ricredermi perché mi venne quasi la nausea.

Poi vidi Fowler emergere da una delle tende e tirare dentro Charlie per mostrargli qualcosa. Come mi avvicinai, Charlie uscì e mi chiamò:
‘Hey, checca, vieni a vedere!’ e io entrai nella stanza. Era molto piccola e Fowler era appena uscito quindi c’eravamo solo io e Charlie. Alle pareti c’erano teche illuminate con foto di donne e uomini in diverse posizioni di completa sottomissione: in ginocchio, a succhiare cazzi, a quattro zampe, qualcuno che veniva usato come poggiapiedi, alcuni con un collare da cane e una coda di lattice infilata nel culo. Ero leggermente nervoso a vedere Charlie così divertito.
‘Hai mai fatto stronzate del genere, checca?’ mi chiese.
‘Ehm’ no” replicai, piuttosto sprezzante, come il fatto che lo suggerisse fosse assurdo.
Di colpo Charlie mi prese il mento e il suo viso bellissimo e perfetto mi guardava a un centimetro da me. Sentivo il suo respiro così vicino: ‘Ascoltami bene checca, voglio che tu mi chiami sempre Signore, quando siamo solo noi quattro, m’hai capito?’ mi guardava così severo ed autoritario ‘Tanto lo so che la cosa ti piace.’ concluse e la sua mano mi colpì in mezzo alle gambe, non forte ma percepì il mio cazzo così duro che faticavo a tenerlo nei pantaloni. Sapeva esattamente il potere che aveva su di me. Il cuore mi batteva all’impazzata ma, chissà perché, guardandolo dritto negli occhi sentivo che era tutto a posto, andava tutto bene, era giusto così.
‘Si Signore.’ dissi infine e lui mi lasciò il mento.
‘Bene.’ sorrise, compiaciuto dalla mia risposta
‘Dai muoviti, checca, continuiamo!’ e mi spinse fuori dalla tenda per tornare nel corridoio.

Dopo il museo ci fermammo in un bar e io andai ad ordinare il primo giro di bevute. Dovevano essere particolarmente assetati perché quando io arrivai più o meno a metà pinta, loro avevano praticamente già vuotato i loro bicchieri.
Charlie posò il suo boccale sul tavolo, mi guardò e sorrise:
‘Va’ a prenderci dell’altra birra.’ mi ordinò, così come se niente fosse. Io lo guardai. Non ero sicuro se stesse scherzando o fosse serio.
‘Ma ho appena pagato per il primo giro.’ dissi, anche se sapevo già che le mie parole sarebbero state irrilevanti. Charlie continuò a guardarmi:
‘Sei una checca, no?’ mi disse semplicemente, come se spiegasse tutto ‘Dai, muoviti! Tre pinte, solo per noi uomini.’ Punto, fine. Non c’era altro da aggiungere. Mi alzai ed ubbidì.

Mentre tornavo dal bar con le loro birre, vidi il mio bicchiere mezzo vuoto di fronte a Pete. Aveva il viso piegato su di esso e io guardai come fosse una scena a rallentatore mentre il suo sputo gli gocciolava dalle labbra fin dentro al mio bicchiere.
Poggiai le birre sul tavolo, incapace di dire niente. Charlie le prese e le distribuì agli altri, spostando la mia da Pete a me.
‘Abbiamo pensato di riempirtelo un po’, checca!’ mi disse sorridendomi.
Dio quanto non avrei voluto essere spaventosamente eccitato da tutto questo. Ma lo ero e in più sapevo che discutere con questi tre era perfettamente inutile. Mi guardavano e sapevo esattamente cosa volessero. Presi il bicchiere e buttai giù un sorso senza dire niente. La sentivo in bocca, era mista alla birra ma la sentivo perfettamente, la viscida schiuma della loro saliva.
‘Ringraziaci checca.’ disse Charlie fermo.
Me lo stava davvero chiedendo? Dovevo ringraziarli per l’onore di bere i loro sputi? Ma era fuori di testa? E se era così, perché io mi sentivo in dovere di farlo, allora?
‘Ringraziaci per il regalo, checca!’ disse nuovamente. Mi guardava con un bel sorrisetto sul viso, aspettando. Sapeva esattamente cosa sarebbe successo.
‘Grazie, Signori’ dissi loro che ridacchiarono. Charlie mi posò la mano in testa e mi struffò i capelli ‘Ma che bel frocetto ubbidiente, ci siamo trovati! Hahaha!!’

Eravamo ancora nel bar quando Charlie ricevette un messaggio e lo guardammo rispondere. Poi ci guardò e ci disse.
‘Gli altri vanno al museo del sesso e poi cenano da qualche parte ma non vengono da questa parte della città. Gli ho risposto che noi l’abbiamo già visto quindi con loro ci vediamo domattina. Il che vuol dire” fece una pausa per guardarmi, sorridendomi ” che sei a nostra disposizione per tutta la notte, checca! Hehe!!’ Avevamo già potuto constatare che Pete parlasse piuttosto bene il tedesco e quando Charlie gli sussurrò qualcosa all’orecchio, lo vidi sparire verso il bar e chiacchierare con il barman. A un certo punto vidi il ragazzo al bancone, un moretto sui venticinque, guardare verso il nostro tavolo’ no, verso di me con un sorrisetto che era’ direi quasi denigrante, poi tornò a guardare Pete e cominciò a gesticolare, come se gli stesse dando delle indicazioni. Quando tornò, Pete disse qualcosa a Charlie:
‘Ok, andiamo’ disse il biondo ‘Pete ha trovato un posto fico dove andare.’

Uscimmo dal bar e ci dirigemmo verso una strada poco illuminata, con Pete alla testa del gruppo. Arrivammo fino all’ingresso di un bar poco illuminato. Le finestre erano tutte oscurate e quando guardai l’insegna, nonostante non riuscissi a tradurre il nome, l’immagine delle manette era piuttosto’ esplicita.

Charlie mi disse di entrare per primo. Capì dal tizio all’entrata che l’ingresso era 10 euro a testa. Charlie mi guardò e mi disse:
‘Fuori la carta di credito, checca!’ poi guardò il tizio e indicando il gruppo cercò di spiegargli che avrei pagato io per tutti.
Esitai per un secondo. Questo giochetto cominciava a diventarmi costoso. Poi sentì la sua mano tra i capelli. Mi tirò indietro la testa:
‘Smettila di pensare e comincia ad ubbidire, checca! Siamo qui solo per te, in fondo!’ Non riuscivo a credere che lo stesse facendo in pubblico. Ero terribilmente in imbarazzo e velocemente pagai il dovuto. L’uomo mi guardò e rise, evidentemente quello era un posto dove erano abituati a cose del genere.

Entrammo e vidi che c’erano sia uomini che donne dentro e la cosa, non so perché, mi fece sentire leggermente meglio. Probabilmente mi sarei sentito ancora più in imbarazzo se fosse stato un bar gay. Poi, quando finalmente gli occhi mi si abituarono alla luce vidi che quello era un club per gente piuttosto’ perversa. C’erano un casino di uomini e donne con dei collari, inginocchiati oppure a quattro zampe, ai piedi dei loro padroni o padrone.
‘Va’ a prenderci da bere, checca.’ ordinò di nuovo Charlie ‘Tre birre, però, solo gli uomini bevono, lo sai!’ Devo ammettere che ero davvero eccitato e quel posto sembrava perfetto per poter giocare a quel gioco di ruolo insieme a loro, quindi non feci storie e mi adeguai. Tornai al tavolo con tre birre soltanto. Non vedevo l’ora di poter succhiare di nuovo il cazzo di Charlie.
Misi le birre sul tavolo e chiesi a Charlie se poteva farmi passare per sedermi nel posto accanto a lui. Lui non si mosse. Mi guardava mentre stavo in piedi, poi buttò giù un sorso dalla sua pinta. Guardò gli altri: ‘Ragazzi, che ne dite? Pensate che dovremmo permettere alla nostra checca di sedere al tavolo con noi?’
Fowls rise e Pete scosse il capo divertito.
Poi Charlie guardò me, ancora in piedi di fronte a loro: ‘E tu che dici? Pensi di essere degno di sederti con tre ragazzi etero che si bevono la loro birra in pace? Una checca inferiore come te?’
Mi lasciò di nuovo senza parole e mi guardava col suo bellissimo ghigno, in attesa di una risposta. Guardai in basso e scossi il capo.
‘Dillo a voce alta’ mi disse. Mi stavo ancora guardando le scarpe e non lo vidi ma sentivo il riso perfido nella sua voce.
‘No, Signore”
‘Dicci a voce alta di cosa non sei degno!’
Sapevo che non c’era via d’uscita. Alzai lo sguardo e lo fissai negli occhi.
‘Signore, sono la vostra checca e non sono assolutamente degno di sedere insieme a degli uomini veri” mi guardai intorno per vedere cosa stessero facendo gli altri sottomessi nella stanza ”dovrei’ dovrei stare sul pavimento, Signore, così che la gente capisca che mi siete superiori!’ finì di recitare.
Charlie era raggiante come non l’avevo ancora visto:
‘Cazzo, mi piace come impari velocemente, troietta. Dai, inginocchiati al bordo del tavolo e non fiatare se non te lo diciamo.’ Le ginocchia mi si piegarono da sole, posizionando la testa proprio sotto il piano del tavolo da cui potevo ammirare le loro metà inferiori. Vedere il pacco a tutti e tre mi eccitò ancora di più. Il cazzo mi premeva contro la stoffa dura dei jeans.

Speravo che avrei avuto la fortuna di spompinarli o roba simile ma m’ignorarono completamente per i successivi quindici minuti, lasciandomi lì. Le mie ginocchia cominciavano a far male per la posizione, mentre loro bevevano, scherzavano e ridevano, ogni tanto scuotendomi la birra davanti agi occhi, solo per divertirsi ad umiliarmi un po’.
Mi venne ordinato di andare a prendere altri drink e quando tornai con le loro bevute feci per rimettermi nella mia posizione ma Charlie aveva un’altra idea.
‘Ok, checca. Togliti la maglietta e stenditi a faccia in su, sotto il tavolo’
Lo guardai. Nessun altro nel locale lo stava facendo e non ero sicuro che mi piacesse. Mi balenò per la testa che, in fondo, potevo prendere e andarmene. Ma, come se mi avesse letto i pensieri, tirò fuori il telefono e cominciò a far scorrere il video di quando avevo spompinato Fowls. Saltò al punto in cui sentì la mia stessa voce che lo implorava di farmelo succhiare.
‘Mi ci vogliono circa cinque secondi per mandare questa piccola clip alla tua famiglia, checca. A me non me ne frega un cazzo, neanche ti conosco e sono già mezzo brillo, quindi è molto semplice: obbedisci o ti prepari per delle conversazioni piuttosto fastidiose al rientro.’
Cazzo! Non era un gioco di ruolo per lui. Questo era controllo, vero e proprio. Non scherzava per un cazzo quando mi aveva fatto quel discorsetto. Che potevo fare? Non volevo che qualcuno vedesse quella roba. Mi sfilai la maglia e strisciai sotto il tavolo. Sentivo le risate sopra di me:
‘Bravo, amico!’ diceva Fowls.
‘Beh, devo fargli vedere chi è che comanda!’ disse Charlie ridendo.

Da laggiù, mi venne da arricciare il naso perché l’unica aria che mi arrivava era carica dell’odore dei loro piedi. Portavano tutti delle infradito o saldali di qualche genere, senza calze quindi mi colpiva bello forte. Girai la testa verso quelli di Charlie e li vidi lunghi e lisci. Non ci avevo mai fatto caso ma aveva dei piedi da orgasmo. Grandi e maschi, con pochissima peluria bionda.
Neanche mi avesse di nuovo letto nel pensiero, alzò il sinistro, sfilandosi l’infradito e l’appoggiò sulla mia guancia, inchiodandomi al pavimento di pietra. Poggiò l’altro sul mio petto. Sentì gli altri fare lo stesso, accomodare i piedi sul mio corpo. Erano sudati e veramente disgustosi. Già. E allora perché continuavo ad eccitarmi?
Di nuovo m’ignorarono mentre ridevano e bevevano, ogni tanto versando accidentalmente un po’ di birra, che poi gocciolava giù per le fessure sconnesse del vecchio tavolo di legno, sulla mia faccia o sul mio petto. Mentre chiacchieravano, i loro piedi si muovevano su di me. Charlie me li strofinava sulla faccia e gli altri sul petto. Tutto il mio corpo cominciava a puzzare di piedi pesantemente.

Dopo circa dieci minuti, Charlie mosse il piede sulla parte frontale della mia faccia e cominciò a spingermi le dita in bocca. Lo presi come segnale e cominciai a leccare e succhiare ogni dito, poi a leccare tutta la suola per pulirgliela e farla tornare rosa. Mi ero completamente dimenticato che mi stessero costringendo. Mi piaceva così tanto servire i suoi piedi e riuscivo a sentire la sua voce dall’alto.
‘Sono buoni, checca?’ mi chiese senza guardare in basso. Io riuscì solo ad accennare un ‘huh, huh!’ tra una leccata e l’altra.
‘Te li sta leccando?’ chiese Pete.
‘E di brutto, haha!!’ li sentì ridere e li vidi finalmente gettarmi un’occhiata veloce, divertita ed arrogante.
‘Hahaha!!! Che sfigato del cazzo!’ fu il commento di Pete.
Dopo esserseli fatti lavare per bene offrì il suo frocetto leccapiedi agli altri due che accettarono di buon grado, ridacchiando di me e io andai avanti ad adorare ogni piede sotto quel tavolino allo stesso modo, assaporando il singolo aroma di ognuno dei tre ragazzi che ci stavano prendendo sempre più gusto a pestarmi la faccia, ormai tutta scivolosa tra la mia bava e il loro sudore.

Finito il giro, quando stavo per ricominciare con i piedi di Charlie per la seconda volta, con la lingua dolorante, sentì un uomo dall’altra parte del tavolo che si rivolse ai miei padroni. Parlava tedesco e io aspettai la traduzione di Pete che arrivò poco dopo.
All’inizio il ragazzo rise e rispose in tedesco al tizio, poi spiego agli altri:
‘Ha chiesto di chi è il cane sotto il tavolo!’ risero. Io continuai a leccare i diti di Charlie.
‘Vuole sapere quanto è stato addestrato.’ continuò Pete.
‘Digli che lo stiamo ancora addestrando’ rise Charlie ‘Ma può avere un pompino gratis, se lo vuole!’
Pete tradusse al tizio e Charlie mi afferrò per i capelli e mi tirò su rimettendomi in ginocchio.
‘A quattro zampe, cagnetta, muoviti!’ mi ordinò e io obbedì all’istante, non volendolo mettere in imbarazzo di fronte ad un estraneo.
‘Si lo vuole un pompino’ disse Pete ‘ma dice che glielo deve fare sotto il tavolino, da inferiore, oppure in ginocchio fuori nel retro’.
Charlie si spostò di lato ed invitò il tizio a sedersi.
‘Ok, checca, tornatene sotto il tavolino e succhiagli il cazzo.’ mi disse e io lo guardai, sempre inginocchiato, sperando che cambiasse idea. Anche agli estranei ora? Cazzo, non volevo, non volevo, non volevo! Speravo che avesse pietà di me. Ma nei suoi occhi vedevo che aveva bisogno che io lo facessi, che non lo deludessi, che mostrassi a tutti che lui aveva il controllo sulla sua checca. Dovevo farlo, non c’era altro da dire. Il tizio sarà stato sui trentacinque, non un gran figo e in circostanze normali non sarebbe stata la mia prima scelta ma non era quello il punto. Non lo stavo facendo per lui, né per me.

Sorprendentemente il tizio ci sapeva fare. Controllava il pompino, a volte lasciandomi succhiare, a volte spingendomelo in gola e scopandomi la faccia. Mi tenne le mani ben salde sulla testa e sul collo e io capì che doveva essere un vero e proprio master.
Guardando la scena, ovviamente, i ragazzi non rimasero impassibili. Dopo che il tizio tedesco mi forzò giù la faccia e mi sparò in gola la sua dose di sborra, io riemersi dal suo pube peloso per riprendere fiato e vedere i miei tre ‘amici’ che si massaggiavano l’uccello attraverso i jeans. Fowler mi afferrò per primo e, tiratoselo fuori, me lo sbatté in faccia. Poi fu il turno di Charlie e persino Pete mi scopò la faccia per la prima volta. Di parole non c’era alcun bisogno, io succhiavo ubbidiente e li servivo come un’infima puttana da strada, felice come mai in vita mia. Una mezz’ora dopo ero come in trance, avevo la gola in fiamme e quattro dosi di sborra che mi scendevano lente, vischiose e appiccicose giù per l’esofago. No, ero peggio di una puttana, molto peggio. Cristo, nessuno di loro mi aveva neanche guardato in faccia. Avevano usato la mia bocca come un buco dove svuotarsi i coglioni. Per la prima volta in vita mia mi sentivo veramente usato, come fossi un oggetto.

Uno dopo l’altro i ragazzi si ricomposero dopo essersi fatti ripulire cazzo, palle e pube e il tizio tedesco se ne andò. Io mi rimisi in ginocchio al bordo del tavolo. La mia ragione era andata a farsi benedire. Ero la loro troietta e avrei fatto qualunque cosa volessero.
Dopo qualche minuto, Charlie mi disse di rimettermi la maglietta mentre si alzavano per andarsene.
‘Ok, checca, vienici dietro a quattro zampe fino alla porta, poi puoi rimetterti in piedi quando siamo fuori di qui.’
Io ubbidì con gioia. La mia mente era viva, elettrificata dal pensiero di essere usato ed abusato in questo modo. Di colpo non pensavo più a quanto fossi in imbarazzo, o al fatto di essere in trappola, nelle loro mani. Se dovevo fare il cane, ne ero più che contento. Mi facevano male le ginocchia, ma a parte quello non avevo alcun problema a stare a quattro zampe di fronte a questi ragazzi.
In particolare Charlie. Pensai ai suoi pettorali e alle sue cosce muscolose e quanto volevo starmene in ginocchio di fronte a lui, col suo cazzo meraviglioso a sfondarmi la faccia. Pensai alle sue mani sul mio collo e il suo ghigno spavaldo con cui quell’unica volta mi aveva guardato mentre mi strusciava i piedi sulla faccia. Quel ragazzo era incredibile, mi era decisamente superiore e io volevo che mi controllasse con tutto me stesso.

Quando uscimmo Charlie mi disse che saremmo andati ad un locale più normale, quindi ”basta comportarsi da frocetto, capito?’ Io camminai con loro che chiacchieravano tranquilli ma non tirai fuori una parola. Arrivammo al club e ognuno pagò per sé. Mi spedirono comunque a prendergli da bere ma stavolta mi dettero parte dei soldi. Per la maggior parte della serata me ne stetti in un angolo a bere e a guardarli mentre rimorchiavano ragazze a caso. Odiavo i locali etero e, con loro tre che mi ignoravano, mi sentì strano, vuoto e solo. Volevo che fossimo ancora nel bar precedente.
Alla fine Charlie si portò dietro una ragazza e sparirono in camera. Io e gli altri due rimanemmo nel bar vicino al nostro hotel per il bicchierino della staffa. Eravamo piuttosto alticci e chiacchierammo tranquillamente. Con tutto quell’alcol mi sentivo quasi normale, anche se avevo la testa incasinata da tutto quello che era successo quella sera.

Quando salimmo in camera Fowls e Pete entrarono per primi, salendo sui loro letti. Io li seguì ma trovai la ragazza che Charlie si era fatto, addormentata sul mio letto. MI avvicinai a Charlie lo scossi dolcemente. Lui aprì gli occhi lentamente e mi mise a fuoco:
‘Che cazzo vuoi, checca?!’ mi disse piano.
‘C’è la tua ragazza nel mio letto’ replicai con lo stesso tono.
Charlie scosse la testa incredulo e si mise a sedere.
‘Avvicinati, checca’ mi disse, sempre bisbigliando. M’inginocchiai, avvicinandomi per sentirlo meglio.
Di colpo la sua mano mi afferrò i capelli e mi tirò vicino a sé. Lo vidi tirare leggermente indietro la testa, increspare le labbra e lo sputo mi arrivò dritto in faccia.
‘Tu se la mia checca. Se io faccio dormire qualcuno nel tuo letto, tu non fiati, chiaro? Anzi sai che ti dico? Dormi qui per terra, accanto al mio letto, così se ho bisogno di vomitare stanotte, non smerdo il pavimento. Non t’azzardare MAI più a svegliarmi per una stronzata del genere, checca, m’hai capito?’
Io annuì e lui mi spinse via facendomi cadere col culo a terra. Neanche a dirlo avevo il cazzo di marmo. Guardai in alto e vidi Pete e Fowls che sorridevano e scuotevano la testa. Charlie si era voltato dall’altra parte per riaddormentarsi.
Mi accorsi che le gambe di Pete ciondolavano già dal letto a castello. Probabilmente vedendomi spaurito le mosse e mi appoggiò il piede destro sui capelli mentre col sinistro mi dette qualche schiaffetto sulla guancia. Con quanto glieli avevo leccati ancora puzzavano:
‘Povera checca, hehe!’ ridacchiò con l’amico. Poi Fowls mi tirò uno dei suoi due cuscini. Io mormorai un sommesso ‘grazie’ e stavo per appallottolarmi sul pavimento ma Pete che non si era mosso:
‘Hey! E il bacio della buonanotte?’ mi disse sghignazzando. Lo guardai in viso. Era proprio carino, non lo si poteva negare e, nonostante io fossi stanco morto, ero anche arrapato come un demonio. Gli baciai i piedi più volte, sul dorso, sulla pianta, bisbigliando ‘Buonanotte, Signore’ a ripetizione, lasciando che mi sbeffeggiasse a piacimento, finché non si stufò e, dopo un altro paio di ruvidi schiaffetti, me li tolse dalla faccia per stendersi a dormire ridacchiando insieme a Fowls.
Con un casino in testa che non avevo mai avuto prima e un’erezione che faticavo a tenere a bada mi misi giù per cercare di dormire un po’. Il mattino seguente venni svegliato che era ancora buio dalla ragazza che aveva passato la notte nel mio letto, per poi vederla sparire dalla porta senza svegliare nessun altro. Mi riappropriai del mio letto per cercare di farmi qualche ora di sonno decente prima che i miei compagni si svegliassero.

Sonnecchiammo per un po’ ma fu Charlie il primo ad alzarsi. Se ne andò verso la finestra, indossando solo un paio di boxer attillati. Rimase lì a stiracchiarsi e a guardare fuori per qualche istante, poi si voltò ed andò a controllare qualcosa nel suo borsone. Io osservavo ogni suo movimento, ogni stiramento di quel torace incredibilmente sexy con un occhio semi aperto, tentando di essere mimetico ma guardò verso di me e mi beccò che lo fissavo.
‘Giorno, checca!’ io gli sorrisi. Mi si avvicinò mi disse:
‘Senti, scusa se abbiamo un po’ esagerato ieri sera. Eravamo tutti un po’ ubriachi e ci andava di farci due risate’ Io annuì contento.
‘Voglio dire, la ragazza doveva dormire da qualche parte. Non potevo certo farla dormire per terra, no?’ continuavo ad annuire come un idiota, più convinto che mai ‘E quella roba nel bar fetish, beh, era solo per divertirci un po’, ok? Oggi ci andiamo piano con te, promesso!’ mi disse sorridendomi e io mi sentì sollevato. Era chiaro, ormai, che se voleva farmi fare qualcosa non aveva che da ordinarmelo, ma mi spaventava che la cosa potesse andare fuori controllo. Non volevo assolutamente che Dan e Rich scoprissero cosa stessimo facendo. Erano i miei più vecchi amici e sapevo che avrebbe rovinato tutto.

Ma Charlie mantenne la parola. La giornata in giro per la città fu tranquilla. Andammo a spasso in un solo gruppo e vedemmo le cose più strane che potevamo trovare: i murales nei quartieri più popolari, andammo in un paio di bar assurdi, ci rilassammo al sole nel parco, raccontando cazzate e ridendo come scemi. Molti dei ragazzi mi chiamavano ‘checca’, ma era diventato il mio soprannome, ormai, come Jumbo o Fowls e in un un certo senso mi piaceva che lo facessero. Mi faceva sentire parte integrante del gruppo: dopo essere sempre stato quello silenzioso e dimesso a scuola, adesso, finalmente, mi sentivo incluso. Certo, accadeva solo perché ero il succhiacazzo del capo della gang, ma che importava?

In serata capitammo in un locale piuttosto rustico nella periferia della città. Non era tardi ed avevamo già buttato giù qualche birra ma ancora non c’era gran casino in giro. Parlavo con Rich, ricordando qualche cazzata dei tempi della scuola con vari professori, tipiche chiacchiere da ex compagni di classe. Dopo un po’ lui andò al bar a prendersi un’altra birra e vidi Jumbo avvicinarsi per parlare. Avevo passato veramente poco tempo con lui, era sempre stato nell’altro gruppo e l’avevo incontrato solo una volta prima della vacanza, quindi non lo conoscevo molto bene. Però sembrava un tipo apposto e con quella sua statura imponente (era quasi 1.90) quei capelli biondo-castani e gli occhi verdi aveva proprio l’aria di uno di quei surfer americani.
‘Allora checca?’ mi disse allegro ‘Come butta?’ si era decisamente abituato ad usare il mio soprannome senza problemi, ma non mi sembrava ci fosse cattiveria nel suo tono.
‘Ciao Jumbo!’ dissi. Poi la mia curiosità ebbe la meglio:
‘Senti un po’, ma perché ti hanno dato questo soprannome!’ buttai là.
Lui sorrise a trentadue denti e mi guardò fisso con un sopracciglio alzato. Non era certo uno schivo o riservato:
‘Secondo te perché?’ disse infine. Io risi.
‘Hahaha! Beh, buon per te!’ gli dissi e buttai giù un sorso. [vedi nota in fondo] Lui esitò un attimo, sembrava stesse cercando le parole giuste:
‘Sai, Charlie mi ha fatto vedere una foto di quello che avete combinato in camera.’ disse buttandola là. Mi si fermò il cuore per un attimo. Aveva promesso che non lo avrebbe detto agli altri!
‘Huh?’ mormorai stupidamente, senza riuscire a pensare a niente.
‘Tranquillo amico! Non la farà vedere a Dan o a Rich” mi disse, poi commentò ‘Accidenti, sarebbe strano per te, eh?’ fece una smorfia e riprese ‘No, no, è solo che’ oh cavolo’ Charlie dice che lo succhi da paura e io è tutto il giorno che ci penso, amico, credimi ho le palle che mi esplodono!’ mi disse scuotendo la testa.
Io non sapevo cosa dire. Era un figo notevole e gliel’avrei succhiato molto volentieri, certo, ma farlo mi avrebbe incasinato la situazione ancora di più. Avevo sperato che per l’intera giornata non mi sarei dovuto preoccupare di tutta quella roba.
‘Allora che ne dici, checca? Non sei curioso di testare il mio soprannome?’
‘Parli sul serio?’ chiesi. Lui sorrise, capendo che stavo per cedere.
‘Eccome, cazzo! Ascolta, io me ne vado al cesso a farmi una bella pisciata. Tu finisci il drink e vieni da me. Ti aspetto nell’ultimo box.’ se ne andò senza neanche aspettare la mia risposta. Evidentemente non ne aveva bisogno, sapeva bene cos’avrei fatto.

Dopo un paio di minuti Rich tornò con il boccale pieno ‘Oh, scusa amico, non mi ero accorto che avessi quasi finito il tuo” mi disse notando il mio bicchiere quasi vuoto ”te ne avrei preso un altro!’
‘Tranquillo!’ gli risposi ‘Devo andare in bagno, quel curry che abbiamo mangiato mi sta facendo uno strano effetto. Quando esco ne prendo un’altro dal bar. Ci vediamo dopo, amico’ Rich andò a sedersi col resto del gruppo e cominciò a chiacchierare e io sapevo che non sarei mancato a nessuno per qualche minuto.

Entrai nei bagni e fui sollevato nel vedere che non c’era nessun altro, solo l’ultimo cubicolo era occupato. Aveva la porta leggermente aperta. Provai a spingere ma lui la bloccava col piede. Spinsi di nuovo e stavolta mi permise di entrare, capendo che ero io. Un gran sorriso, forse un po’ pieno di sé, gli illuminava il viso mentre io m’infilavo nel loculo e lui chiudeva la porta. Anche solo l’essere in uno spazio così ristretto con un ragazzo che voleva che gli svuotassi le palle me l’aveva fatto indurire di colpo.
Jumbo indicò la tazza col coperchio abbassato, perché mi ci sedessi e io eseguì. Si sfilò la maglietta e la appese ad un gancio sul retro della porta. Aveva un torso muscoloso e ben definito, ma non esagerato come i body builder e una scia di peli biondi partiva dall’ombelico e accompagnava piacevolmente i miei occhi fino all’elastico dei boxer. La mia bocca cominciò ad inumidirsi. Ce l’aveva già barzotto. Mi prese la testa e mi premette la faccia sul pacco, strofinando l’uccello sul mio viso attraverso i jeans. Gli appoggiai le mani con esitazione prima sulle gambe, poi le feci salire al bottone dei jeans.
Lui mi spinse indietro, se li sbottonò e si tirò giù jeans e boxer quanto bastava per tirare fuori il suo cazzo enorme. Ed enorme lo era davvero! Sarà stato venticinque centimetri ed era bello grosso. Mi guidò la faccia dritto sul bastone e si lasciò servire. La punta era bagnata di urina e io ne avvertì il sapore acido, leccandola. Odorava di maschio, come gli altri uomini che avevo già servito in quei pochi giorni, una roba che mi mandava fuori di testa, cazzo! Teneva una mano sulla mia testa, a volte appoggiava l’altra alla parete di fronte e tirava indietro la testa godendosi il pompino. Era rilassato e il suo mugolare tranquillo mi diceva che il mio lavoretto di bocca gli piaceva. Doveva aver detto la verità poco prima, aveva le palle davvero piene perché dopo qualche minuto, sentì che si stava avvicinando alla conclusione e cominciò ad essere più deciso. Entrambe le sue mani mi afferrarono la testa, per tenermi al mio posto e cominciò a controllare quanto cazzo farmi ingoiare ad ogni affondo e a che velocità. Io lasciai che usasse la mia bocca a suo completo piacimento, concentrandomi solo sull’aprire al massimo la gola così che lui potesse scoparmela meglio. Tentare di non soffocare mentre le mie labbra gonfie gli massaggiavano l’asta e la mia lingua la leccava e lui godeva a sbattermela giù per il gozzo.
Quando fu molto vicino mi resi conto di quanto fosse gonfia la sua cappella e di quanto gli fosse diventato duro l’uccello. Ad un tratto lo tirò fuori del tutto, dopo avermi quasi massacrato la gola, se lo prese in mano e con l’altra mi afferrò i capelli dalla nuca, bloccandomi, con la faccia leggermente sotto la sua enorme cappella rossa. Tre colpi di mano e uno schizzo di sborra mi atterrò proprio sulla faccia. Chiusi gli occhi per evitare che mi andasse dentro ma avvertì chiaramente altri tre o quattro bombe colpirmi la faccia ed i capelli, prima che il suo corpo in pieno orgasmo si acquietasse.

Aprì l’occhio che non mi aveva sporcato e lo vidi appoggiato alla parete con gli occhi chiusi a godersi il momento. Aprì gli occhi, guardò in basso, verso di me e sorrise anche più di poco prima.
Io lo guardavo senza capire. Credevo volesse semplicemente venirmi in gola. Non potevo credere che mi avesse ricoperto di sborra quando tutti i nostri amici erano là fuori.
‘Che cavolo!’ dissi piano, un po’ imbronciato, indicando il casino che aveva fatto su di me. Lui scrollò le spalle, ma non smise affatto di sorridere.
‘Scusa checca! La forza dell’abitudine, hehe!’ Non me lo disse malignamente, non credo fosse cattivo, solo che come Charlie, Pete e Fowls amava sentire il potere. Era un maschio alpha e in quel momento io ero la sua cagnetta.
‘Ascolta, puoi ripulirti la faccia, se vuoi, poi però te ne stai seduto qui per dieci minuti e aspetti che la sborra sui capelli si asciughi, capito? Adoro marchiare le mie troie, hehe!’ mi disse un po’ arrogante.
Io esitai un attimo, poi annuì un po’ incerto e con la mano raccolsi un grumo di sborra che avevo sull’occhio. Stavo per prendere della carta igienica ma lui mi prese il polso. Col suo sorrisetto mi disse:
‘Non trovi che sia un peccato sprecare tutto questo buon succo di palle, checca?’ e mentre mi parlava mi accompagnava la mia mano alla bocca. Io capì cosa volesse e leccai la sborra. Lui ridacchiò:
‘Hehehe! A quelli come te piace ingoiarsela, no? Hehe!’ mi lasciò il polso ma io continuai a leccare, lappando anche il resto del suo orgasmo, mentre lui si ripuliva l’uccello con un pezzo di carta che poi mi appiccicò sui capelli, su di uno schizzo di sperma particolarmente abbondante, non smettendo mai di sorridermi. Si tirò su boxer e pantaloni, facendo sparire il bastone con cui m’aveva straziato la gola. S’infilò la maglietta, poi si voltò verso di me:
‘Gran bel pompino, checca. Ci vediamo tra poco, ok?’ aprì la porta e se ne andò.
Io mi sbrigai a richiuderla. Grazie al cielo non c’era nessuno nei bagni ma non volevo rischiare che qualcuno mi vedesse seduto in quel cubicolo con la faccia piena di sborra. Specialmente non Dan o Rich. Mi chiesi cosa dovevo fare. Se dovevo ubbidire e stare dieci minuti fermo a far asciugare la sua sbroda nei capelli, oppure se potevo pulirmi. Mi sentivo stupido a star fermo lì, seduto, a lasciare che Jumbo mi marcasse come ‘suo territorio’. Ma mi venne poi da pensare a Charlie e a cosa mi avrebbe detto di fare in quella situazione.
Presi la carta igienica con cui si era pulito l’uccello e cominciai a succhiarla, cercando d’ingoiare quanto mi era concesso del suo seme potente. Poi sentì la porta del bagno aprirsi e un paio di voci familiari entrare. Erano Dan e Pete. Li sentì andare agli orinatoi e chiacchieravano di qualche ragazza conosciuta nel bar.
‘Cazzo, ha due labbra!’ disse Pete.
‘Già, scommetto che succhia come una professionista!’ rispose Dan.
‘DI sicuro, amico!’ li sentivo sopra lo scroscio del loro pisciare. Discorsi da uomini, perfetti per il lurido cesso di un bar. Erano così vicini, cavolo. Qualche metro di distanza ci separava. Era una sensazione così strana: Dan era proprio lì ma non aveva idea che il suo vecchio amico, uno che rispettava, era seduto lì, coperto di seme e marchiato come troietta mangiasborra. Che cosa avrebbe pensato di me?

Fu una pisciata bella lunga e, tra una chicchera spinta e l’altra, quando se ne andarono i miei dieci minuti erano quasi finiti. Lasciai il box e andai a guardarmi allo specchio. Ero riuscito a far sparire lo sperma dal viso, ingoiandolo e quello sui capelli era quasi tutto secco. Quasi quasi sembrava gel. Lo sistemai in un paio di punti dove si era raggrumato, in modo che non si notasse niente, poi uscì dal bagno e tornai dal gruppo, cercando di comportarmi in maniera completamente naturale.
Un’altra birra e mi sentivo un dio.
Non credo che qualcuno del gruppo avesse notato la sborra ma Jumbo doveva averlo detto a Charlie perché ad un certo punto fece un apprezzamento su come i miei capelli fossero sempre alla moda e mi chiese che prodotto usassi.

Per le 10 eravamo tipo all’ottavo o nono bar ed eravamo mediamente ubriachi. Dan, che in genere era sempre quello che la reggeva meglio, si alzò per ordinare un altro giro e chiese chi ne volesse. Ovviamente la risposta era praticamente scontata:
‘Rich? ‘Si’ Charlie? ‘Si’ Fowls? ‘Si’ Jumbo? ‘Si’ Checca? ‘Si’ Pete?’..’
Era la prima volta che mi chiamava in quel modo. Per tutti gli altri la serata continuò tranquilla, ed immutabile, ma per me il tempo rallentò massicciamente, solo per un istante. Era strano, stranissimo e di colpo molto più reale sentirlo dire a lui. Ma dopo un altro drink smisi di pensarci. In fondo era solo un soprannome.
Mi svegliai prima degli altri. Era il quarto giorno che eravamo a Berlino e rimasi disteso a guardare Charlie mentre dormiva. Mi sentivo molto meglio dopo il giorno prima. Sembrava avessero superato tutta quella roba aggressiva di due sere prima e si stessero solo divertendo un po’ con me. E non è che io non mi fossi eccitato un casino a spompinare Jumbo, quindi’

Sospirai. Charlie sembrava un modello di biancheria intima maschile, sdraiato con le lenzuola a coprirgli dalla vita in giù, dandomi piena e sublime visione del suo corpo seminudo. Rimasi lì probabilmente un quarto d’ora buono a rimirarlo, prima di accorgermi che il mio telefono era proprio sul pavimento accanto al mio letto. Se solo fossi riuscito, mettendo il silenzioso, a scattargli una foto avrei potuto guardarmelo e riguardarmelo quando volevo. Lo presi cercando di non far alcun rumore e tornai nella stessa posizione di prima. Gli altri dormivano della grossa. Attivai la fotocamera e feci un paio di scatti, poi mi mossi leggermente per farne una con un’angolatura migliore ma una molla del mio letto scricchiolò e, al terzo scatto, Charlie aprì gli occhi e mi colse sul fatto.

Sbatté gli occhi un paio di volte per scacciare il sonno, poi si tirò su, mettendosi a sedere, con i piedi per terra e mi guardò:
‘Che stai facendo?’ mi chiese. Non era arrabbiato ma incuriosito. Si alzò e mi si avvicinò per prendermi il telefono. Io lo nascosi dietro la schiena.
‘Dammi il telefono, checca’ mi disse calmo ma con grande autorità. Io scossi la testa.
‘Cos’è ‘sta storia? Disobbedisci anche, adesso?’ io non risposi. Lui rise e mi si accostò per prendermelo. Opposi resistenza, lui mi afferrò e rotolammo sul pavimento lottando per qualche secondo. Ma nel momento in cui mi mise le mani addosso, sapevo che avrei ceduto. Con una facilità estrema mi rovesciò, schiena al pavimento e me lo ritrovai seduto sul petto, le mie braccia bloccate dai suoi stinchi. I suoi boxer attillati, che erano tutto ciò che indossava, erano a pochi centimetri dalla mia faccia.

Mi prese il telefono dalla mano e guardò le foto ridendo. Gli altri due erano stati svegliati dal wrestling mattutino ed erano seduti sui loro letti.
‘Che succede?’ chiese Pete.
‘La checca qui, faceva le foto al suo eroe’ disse Charlie. Pete rise:
‘Ooh, che dolce! Hahaha!!’
Charlie abbassò gli occhi e mi guardò.
‘Cazzo, ti piace proprio essere la mia checca, eh?’ Io mi limitai a sorridergli stupidamente. Il suo viso si indurì:
‘Secondo me devi essere punito per aver provato a fare il paparazzo mentre dormivo!’ Prima che potessi reagire ruotò il suo bel corpo fino a mostrarmi le terga, sempre tenendomi schiacciato a terra e sedette il suo culo sodo e perfetto sulla mia faccia. Vedevo solo la sua schiena, imponente e sentivo solo l’odore maschio dei suoi boxer, una sensazione pazzesca che mi eccitava sempre di più. Avevo il naso accostato sulla parte alta delle sue chiappe ma gran parte del suo fondoschiena era comodamente seduto sulla mia bocca.
‘Apri bene checca!’ ordinò e poi sparò un peto lungo e rumoroso direttamente dentro di me ‘Assaggia l’odore di un vero uomo! Hahaha!!’ disse unendosi al coro di risate degli altri due.
‘Charlie sei un grande, cazzo, hahaha!!!’ sentì Pete borbottare tra una risata e l’altra.
Si alzò da me senza neanche voltarsi e tornò a sdraiarsi sul letto, sghignazzando. Avrei voluto che rimanesse seduto su di me, almeno gli altri due non avrebbero visto la vergogna che provavo.

Provai a rialzarmi, volevo tornare a letto per dormicchiare un altro po’ e togliermi dall’imbarazzo ma una voce mi fermò.
‘Aspetta un attimo, checca!’ disse Fowls. Nel frattempo era sceso dal suo letto a castello e si era spogliato per cambiarsi.
‘Ne un’altra, tutta per te!’
Avrei voluto dire ‘No!’ ma per qualche ragione mi venne da guardare Charlie che ovviamente capì che cosa avevo in mente.
‘Non t’azzardare a muoverti di lì, checca!’ mi disse allegro ma fermo ed io, con riluttanza tornai a sdraiarmi.
Fowls era nudo, completamente, e vidi il suo cazzo a riposo per la prima volta. Si mise esattamente nella stessa posizione di Charlie, solo che stavolta era un culo nudo a sedermi sulla faccia, niente biancheria ad attutire il colpo.
‘Hehe! Dacci una leccatina, checca, che ora arriva! Hehe!!’ Neanche provai a protestare, aprì le labbra, circondandogli il retto e glielo leccai. Lo sentivo spingere forte per sparare fuori il gas e quando uscì assomigliava ad una bomba sia per il rumore sia per l’irruenza. Sentivo il puzzo vomitevole entrarmi in bocca, le gote mi si gonfiarono e io chiusi gli occhi accettando la sensazione.
‘Oh merda!’ sentì Fowls, mentre se la rideva.
‘Che c’è?’ chiese Pete. Poi Charlie si unì alle risate:
‘Hahaha! Grande Fowls! Hahaha!!!’ disse ridendo a crepapelle.
‘M’è uscito un po’ di piscio mentre scoreggiavo! Hahaha!!’ disse Fowls tra una fitta di riso incontrollabile e l’altra. Lo sentivo ballottare sulle risate mentre il peso del suo corpo era ancora sulla mia bocca. Poi avvertì il liquido caldo scendermi giù per il mento. Si alzò e stette in piedi a guardarmi. Quando anche Charlie si avvicinò a me si prese il cazzo ancora gocciolante e se lo sgrollò, schizzandomi la faccia.
‘Wooops, scusa checca, ma non voglio macchiare i boxer, hehehe!!’ Poche gocce’ ma era il gesto. Ridevano mentre mi guardavano. Charlie aveva il telefono in mano. Azionò la fotocamera a si abbassò ad immortalarmi mentre il liquido giallastro mi bagnava il mento e il collo. Non che importasse. Avevano prove più che a sufficienza per dimostrare che razza di checca schifosa ero.
Posò il telefono sul comodino e tornò da me con uno scopo ben preciso negli occhi. Mi prese per i capelli e mi tirò su, trascinandomi davanti allo specchio a parete all’altro capo della stanza.

‘Inginocchiati’ mi disse e io obbedì. Continuava a tenermi per i capelli.

‘Ora guardati, checca e confrontati con i TRE uomini nella stanza.’ attaccò col tono più denigratorio che gli avessi sentito ‘Negli ultimi giorni ti sei inginocchiato davanti a noi, ci hai chiamato ‘signore’, sei venuto in locali dove t’abbiamo spedito a prenderci e pagarci da bere, poi ti abbiamo fatto inginocchiare a terra, invece di sederti con noi e tu hai accettato tutto” quel suo sorrisetto era da orgasmo ”ci siamo fatti leccare i piedi per un’ora mentre bevevamo alla tua faccia di merda, poi ti abbiamo offerto a un tizio tedesco perché ti scopasse la faccia e l’hai accettato. Mi sono sbattuto una ragazza sul tuo letto, ce l’ho lasciata dormire e ho fatto dormire te sul pavimento e tu l’hai accettato. Adesso ti abbiamo appena fatto ingoiare le nostre scorregge, uno di noi ti ha persino pisciato in faccia, e tu l’hai accettato senza problemi’.
Guardò in basso e i miei occhi seguirono i suoi fino all’erezione di marmo che avevo nelle mutande.
‘Anzi, non l’hai solo accettato. Mi pare evidente che ti piaccia un casino farti trattare così da noi!’
Non riuscivo a credere a quanto ce l’avessi duro. Tutto quello che aveva detto era vero. Charlie rise
‘Sei un cane, amico! Un fottuto cane! Hahaha!!’
‘Si, cazzo!’ aggiunse Fowls ‘Come i cani che abbiamo visto al museo del sesso, te li ricordi?!’
Pete intanto era sceso dal suo letto. Mi guardava scuotendo la testa:
‘Che frocio del cazzo.’ ridacchiò mentre Charlie mi lasciava i capelli e si voltava a dare il cinque ad entrambi lasciandomi in ginocchio.
Non potevo ribattere. Avevano ragione. Perfettamente ragione.

Dopo aver tutti fatto la doccia, l’intera cosa sembrava sparita di nuovo e tutti tornarono a comportarsi normalmente. Era incredibile come ci riuscissero!
Ci vedemmo con gli altri alla reception ed andammo in città.
Dan e Rich erano alla testa del gruppo e Charlie, che era in fondo, mi schioccò le dita perché andassi da lui:
‘Senti checca. Non credo sia un segreto, ormai, che mi diverto un casino a controllarti, no?’
Io annuì. Il cuore mi batteva sempre più velocemente per l’eccitazione. Ogni piccola attenzione che mi rivolgeva mi arrapava tantissimo. Volevo compiacerlo a tutti i costi.
‘Voglio che fai una cosa per me.’
‘Qualunque cosa!!’ era ciò che avrei voluto dire, invece annuì e basta.
‘Beh, è una figata che ho convinto tutti questi ragazzi a chiamarti checca tipo cinquanta volte al giorno, e non dietro le spalle, ti ci chiamano nel muso, è uno spasso! Hehe!’ mi disse ‘Vedi, lo fanno perché hanno accettato che quello è il tuo vero nome, è quello che sei, l’unica cosa che sei, in effetti, una checca di merda!’ continuò allegro ‘Spero bene che ogni volta che lo senti, ti ricordi di tutte le schifezze da frocio che hai fatto per servire noi uomini, hehe!’ annuì di nuovo, e Charlie rise. Ascoltavo il maestro e pendevo dalle sue labbra. Non l’avevo vista in questo modo, ma ora che mi aveva spiegato come stavano le cose, non avrei pensato ad altro.
‘Beh, comunque ti ci chiamano tutti tranne Rich. Per qualche ragione ti crede ancora un ragazzo normale e non vuole aprire gli occhi su cosa sei. Voglio sentirglielo dire, però. Anche solo una volta. Fallo per me checca, ok!’
Io annuì, non pensando neanche a come avrei fatto e lui sorrise. Poi si affrettò per raggiungere la testa del gruppo e io mi avvicinai ai due compagni di università di Dan: Jumbo e Ben, in fondo.

Dopo pranzo camminammo un po’ senza meta e capitai accanto a Rich per un po’.
‘Ste’ mi disse cauto. Leggevo dalla sua espressione che c’era qualcosa che lo preoccupava, lo conoscevo da più di ogni altro amico.
‘Dimmi’
‘E’ tutto’ ehm’ tutto ok?’ Mi voltai a guardarlo
‘In che senso?’
‘No, sai, stare’ beh, con Charlie e gli altri. Non è che t’imbarazza?’ Io scrollai le spalle:
‘Nah, ma figurati! Sono tutti ragazzi a posto!’ Rich annuì ma lo vedevo che non era convinto.
‘Tutta questa storia che ti chiamano checca, però” neanche a farlo apposta! Io risi:
‘Rich, e dai, è tutto apposto! Abbiamo più di 20 anni, non è che sono ragazzini che fanno i bulli con me, è solo un soprannome scherzoso! Come Jumbo che ha avuto il suo perché hanno scoperto che ha un pisello enorme!’ lui mi sorrise ma:
‘Sicuro?’ mi chiese, non era ancora soddisfatto.
‘Ma si Rich, stanno solo scherzando, io mi diverto, tranquillo. Non è che sono omofobi!’ e il viso gli si rilassò.
‘Ok, beh, forse hai ragione” disse, ora tranquillizzato ‘Io non ti ci chiamo però!’ dichiarò. Sentì una lieve fitta al cuore. Gli ordini di Charlie risuonavano ancora forti e chiari nelle mie orecchie. Cosa potevo dire? Ingoiai, poi:
‘A dirla tutta Rich’ dissi ‘trovo che Charlie sia un figo della madonna!’
Lui mi guardò e per qualche ragione sembrava sinceramente sorpreso. Non avevo problemi a parlare di ragazzi e di sesso con lui ma evidentemente questa possibilità non gli era mai passata per la mente. Mi sorrise
‘Dici davvero?’ Io risi.
‘Eccome! Gliel’hai guardata la tartaruga che ha sulla pancia?’ Rich rise e scosse la testa:
‘Cristo, no che non gliel’ho guardata! Haha!’ disse facendo una smorfia un po’ disgustata. Stette in silenzio per qualche secondo, poi rise di nuovo come se quello che avevo detto l’avesse colpito, divertendolo.
‘Caspita, allora scommetto che ci godi a farti chiamare checca da lui, eh?’ mi disse punzecchiandomi bonariamente. Io risi ed arrossì un pochino:
‘Beh, mi piacciono i ragazzi che comandano” dissi timidamente. Lui rise e scosse il capo di nuovo:
‘Cavolo come siamo diversi. E’ troppo strano abituarsi all’idea che uno dei tuoi più vecchi amici sia gay, lo sai?’
Io sorrisi. Dal momento in cui avevo dichiarato la mia omosessualità mi aveva sempre detto che la cosa era più che ok e che non sarebbe cambiato niente. Ed era stata la verità. Mi piaceva il fatto che si stesse abituando alla cosa anche se ci stava volendo del tempo. Ecco perché non volevo assolutamente che scoprisse tutto il resto . Sarebbe stato decisamente troppo per lui.
‘E’ meglio che non fai capire a Charlie che ci godi quando ti chiama checca!’ disse Rich ridendo ‘Darebbe fuori di testa! Haha!’
‘Hehe! Si, probabilmente” risi ma portai la conversazione verso altri lidi.

Quando arrivò la sera eravamo di nuovo alticci e finimmo in un bar insieme a un casino di altra gente, con le luci stroboscopiche e dei cocktail pacchianissimi con gli ombrellini. Sembrava di essere in un bar di Costa Brava invece che a Berlino. Alcuni dei ragazzi erano riusciti a rimediare un po’ d’erba non so dove e se ne andavano a turno nel retro del bar a farsi due tiri tra una pinta e l’altra. Mai stato un grande amante di droghe e simili, quindi passai, ma Dan e Rich se li fumavano alla grande insieme a Ben e Jumbo e anche gli altri, di tanto in tanto non disdegnavano.
Bevemmo e ballammo per un po’. Il tizio che gli aveva venduto l’erba riapparse e vidi Dan parlarci. Qualche minuto dopo Fowls venne dov’eravamo seduti noi e ci disse che avevano rimediato dei funghetti allucinogeni. Io non volevo neanche sentirne parlare.

Ad un tratto una canzone dance di quelle strapopolari attaccò. Charlie, che mi era seduto accanto, mi prese il braccio e saltò in piedi ‘Dai, dobbiamo andare a ballare!’
Rich inciampò quasi mentre si avvicinava a noi e mi mise un braccio intorno alle spalle:
‘Si, dai checca! Facci vedere come ti muovi!’ mi disse sorridendomi e lanciandomi una di quelle occhiate come a condividere una battuta che potevamo capire solo io e lui.
Con Charlie fummo i primi in pista e mentre eravamo lì a ballare un po’ brilli con quella musica assordante, vidi il suo bel sorriso. Mi mise l’avambraccio intorno alle spalle e mi si avvicinò, in modo che la sua bocca fosse a pochi millimetri dal mio orecchio. Anche solo sentire il suo fiato sulla mia pelle mi mandava brividi nel corpo.
‘Sei stata brava checca. Se mi gira bene, magari più tardi ti do il regalino della buona notte.’ Io gli sorrisi come un ebete e lui scosse la testa divertito dalle mie reazioni sempre più sottomesse. Poi anche gli altri si tuffarono nella mischia e dopo poco eravamo tutti premuti gli uni sugli altri a ridere ed abbracciarci come scemi ubriachi e un po’ fatti.

Rich, Dan, con la ben più parziale partecipazione di Jumbo e Ben si mangiarono buona parte dei funghetti e nel giro di una mezzora erano completamente andati. Abbracciavano la gente, facevano amicizie anche con i muri, raccontavano storie, montavano sui tavoli per fare discorsi, poi saltavano giù e ballavano di nuovo: insomma facevano festa pesantemente. Noi altri cominciavamo ad essere stanchi e verso l’una del mattino decidemmo di tornare verso l’hotel e di lasciarli lì.
Vidi Pete parlare con Charlie e poi sparire da qualche parte. Salimmo in camera in tre. Sulla via del ritorno ci eravamo fermati a comprare delle bottiglie di birra, così potevamo rilassarci un po’ in camera. Charlie aveva indicato una confezione da 24 che gli piaceva, io l’avevo presa e mi ero offerto di pagarla. Lui m’aveva guardato divertito e aveva detto solo ‘Certo!’ come fosse ovvio che avrei dovuto pagare io. Lui e Fowls erano usciti e si erano incamminati verso l’hotel lasciandomi lì a pagare e a rincorrerli poi per la strada con le birre appresso. Dovetti affrettarmi per stargli dietro.

Rientrammo, ci togliemmo le scarpe e Charlie andò a sedersi sul suo letto mentre Fowls sedette sul mio.
‘Portaci una birra checca’ disse il biondo ‘e preparane una anche per Pete’. Io pescai dalla mia borsa e tirai fuori un coltellino svizzero dove c’era anche un apribottiglie. Passai loro le birre e ne aprì una anche per Pete, mettendola da parte, poi feci per prenderne una per me.
‘Ci servono solo tre birre per il momento checca’ Charlie mi disse con quel tono di voce calmo che non ammetteva repliche ‘Io vedo solo due ragazzi in questa stanza, no? E un altro sta arrivando.’
Non sapevo cosa rispondere, ma fortunatamente non ne ebbi l’occasione. La porta si aprì e Pete entrò, portando una busta di plastica che sembrava piena di roba.
La passò a Charlie.
‘Grazie, amico!’ disse questi ‘dopo ti restituisco i soldi, ok? Quella è la tua birra!’
Lo guardai mentre rovistava nella busta osservando i vari oggetti, con un sorrisetto.
‘Ok, vi va di stare svegli fino all’alba a divertirci un po’ con la nostra checca?’ disse agli altri due che risero e buttarono giù un po’ di birra. Mi resi conto che non mi ero mosso di un millimetro da quando Pete era rientrato. Ero nervoso.
‘Checca’ disse Charlie ‘so che tu non vedi l’ora e visto che sei stata una cagnetta ubbidiente per tutta la vacanza, abbiamo pensato di farti un regalino che non ti dimenticherai. Quindi Pete si è preso il disturbo di andare in questo negozietto che avevamo scovato l’altro giorno e comprare un po’ di robetta carina, hehe!’
Non avevo idea di quello che mi sarebbe capitato ma ce l’avevo duro come una roccia.

‘Spogliati, checca.’ stavolta fu Pete a parlare. Non ero abituato a ricevere ordini da lui ed esitai per un istante.
Charlie si alzò dal letto e mi mollò una sberla in piena faccia:
‘Quando uno di noi di da un ordine, tu obbedisci checca!’ mi disse dritto in faccia ‘Togliti i vestiti, devi essere nuda come una cagna! Muoviti!’
Stavolta scattai come un soldatino. Mi sfilai la maglietta, mi sbottonai i jeans e tirai giù tutto, anche le mutande e i calzini. Ubbidivo da bravo sottomesso. I ragazzi ridevano, ma tutto quello che riuscivo a sentire era la voce di Charlie nella mia testa.
‘Brava! Ora giù a quattro zampe, cagna!’ mi inginocchiai, poi mi spinsi in avanti ed appoggiai le mani al pavimento. Senza sapere perché mi venne da inarcare la schiena all’indietro spingendo in alto il sedere e questo li fece ridere ancora di più.
‘Cazzo! La cagna è in calore! Haha!!’ disse Pete e io mi sentì avvampare le guance.
Charlie mi si avvicinò e si accucciò accanto a me. Aveva smesso di ridere, mi guardava dritto negli occhi e mi parlava a voce piuttosto bassa. Capì che in quel momento parlava con me, non per far ridere gli altri ma con me.
‘Ascoltami checca. Per le prossime ore non voglio sentire una sola parola umana da te. Starai a quattro zampe e sarai il nostro cane. Il MIO cane. Non devi pensare a niente devi solo fare il cane, ascoltare ed ubbidire al tuo padrone. E’ chiaro, checca?’

Credevo che l’uccello mi sarebbe esploso, tant’ero eccitato. Avrei fato qualunque cosa per lui. Era un onore essere il suo cane! Annuì e gli sorrisi sempre più inebetito.
Anche lui mi sorrise e frugò nella busta. Tirò fuori un oggetto di gomma nero, con una palla da una parte e un tubicino che si assottigliava pian piano verso la fine. Tirò fuori anche una bottiglietta di lubrificante.
‘Gattona fino in bagno. Non m’importa come farai o quanto male ti farà ma non uscire di lì finché non avrai questo su per il culo, pronto a scodinzolare per noi, capito?’
Fu solo quando lo disse che capì cosa fosse l’oggetto. La parte con la palla doveva entrare dentro, lasciando il resto a ciondolare come fosse una coda così da sembrare un vero cane. Lo guardai, annuì ed entrai in bagno.
Dopo cinque minuti e un bel po’ di lubrificante, a denti stretti ero riuscito a infilarmela dentro. Ero pronto. Tornai a quattro zampe e rientrai nella stanza tra i loro fischi e cominciai a scuotere il culo per scodinzolare ad ogni passo. I ragazzi lo trovavano uno spasso e avevano già cominciato a fare foto e video coi telefonini.

Charlie si alzò in piedi tenendosi la pancia e schioccò le dita perché mi avvicinassi al suo letto.
‘Checca, sei uno spasso! E’ una figata che tu non abbia nessun cazzo di rispetto per te stesso! Zero! Nemmeno quello straccio di orgoglio umano che impedirebbe a qualunque persona normale di ridursi in questo stato, cazzo! hahaha!!’ rise mentre mi dava schiaffi sulle gote, un po’ troppo forti per essere giocosi ‘No, tu obbedisci e basta, te ne stai lì a farti umiliare, contento come una pasqua, vero? E il bello è che lo fai solo per farci divertire! hahaha! Cazzo, a momenti mi piscio addosso dal ridere a guardare quanto possiamo renderti patetico! Hahaha!!!’ ridevano tutti e tre come non mai, sinceramente, sadicamente divertiti.
Frugò di nuovo nella borsa e tirò fuori un collare nero:
‘In ginocchio’ ordinò e io ubbidì, alzando il collo sino al livello della sua vita. Mi mise il collare intorno al collo e lo chiuse. Poi prese un guinzaglio che attaccò al collare.
‘Torna a quattro zampe’ di nuovo ubbidì ‘Oh, adesso si che sei una cagna vera e propria! Haha!!’

Poi bussarono alla porta e il cuore mi schizzò. E se fossero stati gli altri?
‘Avanti!’ disse Charlie.
La mia mente stava per esplodere pensando a tutte le conseguenze e il mio cazzo tornò semi moscio. Potevano essere solo loro, chi altro avrebbe bussato alla nostra porta a quell’ora? Dovevo gridare che non entrassero? Ma avrei disobbedito a Charlie. E se Dan e Rich mi avessero visto in quelle condizioni? La nostra amicizia sarebbe finita in un instante. Come avrebbero potuto guardarmi negli occhi? Anche se avessi voluto reagire, però, non ce n’era il tempo. Non potevo fare proprio niente e per qualche secondo il mio respiro si fermò.
La porta si aprì e vidi le facce eccitate di Jumbo e Ben. Osservai le loro espressioni andare dalla risata alla perplessità per poi tornare alla risata.
‘Che cazzo state combinando, ragazzi?’ chiese Ben.
I due entrarono e dietro di loro, Dan e Rich non c’erano. Grazie al cielo.
‘Dai, accomodatevi ragazzi!’ disse Charlie e loro andarono a prendersi una birra prima di sedersi.
‘Sapete già che la checca qui ci ha servito e riverito negli ultimi giorni e aveva questa fantasia del cazzo di essere il nostro cane, quindi abbiamo pensato di accontentarlo, poverino.’ Non avevo mai detto che fosse una mia fantasia ma suppongo fosse più facile e conveniente per Charlie metterla in quel modo.
‘Tra l’altro abbiamo pensato che sarebbe stato divertente addestrarlo come un cane!’ Fowls aggiunse. Risero tutti.
‘E cosa siete riusciti a fargli fare?’ chiese Jumbo.
Non so se era l’alcol o le droghe o un misto di entrambi ma nessuno di loro sembrava allibito né sconvolto dalla cosa. Sembravano invece tutti molto divertiti e interessati. Ero abbastanza sicuro che Dan e Rich non l’avrebbero trovato divertente ma dovevano essere ancora fuori a festeggiare.

‘Beh, checca’ disse Charlie sempre tenendomi dal guinzaglio ‘facciamo vedere ai ragazzi cosa sai fare!’ che sorriso arrogante che aveva ‘Innanzitutto fagli vedere come scodinzoli! Fai vedere a tutti quanto sei contento di essere in presenza di cinque uomini veri, tuoi superiori, a cui tu non puoi neanche sperare di paragonarti!’
Ero di nuovo suo, completamente. Avrebbero potuto esserci 100 persone a guardare, non me ne sarebbe fregato niente. Tutto quello che volevo era ubbidirgli e compiacerlo. Piantai le ginocchia a terra, inarcai la schiena mandando il culo all’insù e cominciai a sculettare come un matto per muovere la coda. Come non bastasse tirai anche fuori la lingua ed ansimai un po’ per completare il quadretto.
Neanche a dirlo, piacque molto lo spettacolino. Se ne stavano lì a tintinnare le loro bottiglie di birra l’uno con l’altro, ridendo di che razza di frocio sottomesso fossi. Ormai le foto e video che avevano non si contavano più.
‘Ok, cagna! Ora abbai per i ragazzi!’
Guardai Charlie. Diceva sul serio? Non sapevo neanche come fare ad abbaiare ma la sua espressione non pareva lasciare repliche. Tirò il guinzaglio con forza e il collare cominciava a stringermi.
‘Abbaia per i ragazzi, checca! Fagli vedere che sei una cagna ubbidiente col tuo padrone’
Non avevo scelta.
‘Wroof, wroof!’ provai poi a farlo diventare più roco ‘gwroof! gwroof!’ i ragazzi stavano morendo dalle risate.
‘Di più, checca!’ Charlie ordinò e mi dette un calcio nel sedere. Era evidente che
ci godeva a vedere i suoi amici ridere di me, il suo cane, uno sfigato su cui lui aveva il totale ed assoluto controllo.
‘Wroof, wroof, wroof!’ l’avevo accettato, Ero diventato un cane solo perché lui lo voleva.

‘Amico, lo so che è un po’ strano’ disse Jumbo, ma ho una gran voglia di sborrargli sul muso a ‘sta cagna. Ti dispiace?’ lo stava chiedendo a Charlie, non certo a me. Non avevo alcuna voce in capitolo.
‘Sicuro! Anzi, ti aiuto! Qualcun altro vuole darci una mano a ricoprire il muso della cagna di sborra?’
Di colpo tutti e cinque mi erano intorno e io mi misi in ginocchio nel mezzo della stanza. Cinque cazzi in mano, se li stavano menando a pochi centimetri dalla mia faccia, cinque odori, cinque visi che mi guardavano tra il divertito e il disgustato. Era una di quelle cose che può accadere solo alle 2 del mattino con l’aiuto di alcol e droga.
Ancora mi sorprende che non venni di brutto anche senza toccarmi. Quando mi sarebbe ricapitato? L’ano mi solleticava tutto come volesse che la palla di gomma fosse sempre più grossa.
‘Tira indietro il muso, checca e non ti muovere finché l’ultimo di noi uomini ha finito con te, chiaro?’ ordinò Charlie e io obbedì alla lettera.
Jumbo venne per primo, tre grossi schizzi m’impiastrarono la faccia e il collo, poi Pete e Ben lo seguirono, quasi nello stesso momento, poi Charlie che stava proprio in piedi di fronte a me mi sparò una bella dose che mi finì in parte su per il naso, e per finire Fowls, dietro di me mi schizzò i capelli e un orecchio. Pete prese la mia maglietta dal pavimento, si ripulì l’uccello sogghignando mentre mi guardava, arrogante come non mai.
‘Ma che gentile che sei, checca, a prestarcela, hehe!’ mi disse, la passò agli altri che fecero lo stesso, poi tornarono a sedersi.

Charlie rimase di fronte a me, usando il suo cazzo per colpirmi la faccia e spandere la loro sborra su ogni centimetro della mia pelle. Gli diventava sempre più morbido man mano che continuava, finché non gli tornò completamente a riposo ed era sempre bellissimo.
‘Charlie, amico sei il più grande ammaestratore di checche mai visto’ disse Pete ‘Anche quand’eravamo in America non ho mai visto nessuno sottomettere una checca come fai tu. Quei tizi della confraternita ti hanno insegnato bene! hehe!!’
‘Già, eccome!’ disse Charlie ‘E ora la ciliegina, ragazzi. Guardate!’ disse loro ‘Apri bene checca’ appoggiò il cazzo morbido sulla mia lingua. Sapevo che prima o poi sarebbe successo ma l’assurdo era che adesso lo volevo davvero. Volevo fargli vedere che ero pronto, l’avrei fatto e volevo mostrare a tutti che era giusto ed ovvio che quel ragazzo mi sottomettesse in quel modo, perché mi era così palesemente superiore, dovevano rendersene conto tutti!
‘E’ ora che tu beva il piscio del tuo padrone, checca.’ mi disse e cominciò a liberarsi. Era amaro ma non potevo far altro che ingoiare, grato. Col viso ricoperto di sbroda bianchiccia e appiccicosa lo guardavo intensamente e cercavo di trasmettergli quanto lo adorassi. Lui sorrideva tronfio ed arrogante come sempre. Tutto intorno i ragazzi ridevano e commentavano:
‘Hahaha!! Guardatelo, butta giù piscio ed è in estasi! Hahaha!!’ disse Fowls.
‘Hahaha!! Beh, quando uno ha sete, ha sete! Haha!’ replicò Pete.
‘Che frocio di merda!’ convennero Jumbo e Ben. Li sentivo ma guardavo solo lui, continuavo ad ingoiare, felice.

Poi bussarono alla porta e la sentì aprire quasi subito, con dei passi che mi dicevano che qualcuno stava entrando nella stanza.
‘Non t’azzardare a muoverti checca’ mi ordinò Charlie. Teneva il guinzaglio stretto al collo così da costringermi in quella posizione mentre continuava a pisciare. Ero consumato dal sapore acido e leggermente salato, dal bisogno di ingoiare tutto, ogni goccia e di farlo velocemente, come se stessi svuotando una pinta, mentre continuavo a percepire la sborra sul viso e il plug nel culo.
‘Ma che cazzo’?’ sentì la voce di Dan e tutto quello che riuscivo a fare era ingoiare. Lo dovevo a Charlie, il mio padrone, il mio bellissimo arrogante padrone.
Finì di svuotarsi la vescica e mi spinse giù a quattro zampe di nuovo.

‘Ragazzi, vi piace il nostro nuovo cane?’ disse rivolto a loro.

Mi voltai a guardarli e vidi gli occhi di Dan e Rich, l’orrore li ricopriva. Eravamo proprio alla fine della vacanza e ormai credevo che sarei riuscito a non farglielo scoprire. Era finita. Come poteva essere altrimenti? Fu la voce di Jumbo a destarmi. Lo vidi avvicinarsi ai due e mettere loro le braccia sulle spalle, accompagnandoli fuori dalla porta.
‘Dai ragazzi, ma quanti ve ne siete ingoiati di quei funghetti? C’avete una faccia! Chissà che viaggi del cazzo vi state facendo! Visioni assurde, stronzate varie, vero? Dai andiamo a letto, festaioli!’
Nessuno dei due protestò e la porta si chiuse dietro di loro.
Charlie si limitò a sorridere. Sembrava non gli importasse minimamente di quello che avevano visto. Io dovetti controllare se il cuore mi batteva ancora. Si voltò verso gli altri tutti seduti sui due letti inferiori.

‘Ok ragazzi. Abbiamo qualche ora fino all’alba. E ora di schiavizzare un po’ la nostra nuova cagna, che ne dite?’
Ero sempre sul pavimento, inginocchiato e con le mani appoggiate di fronte a me. Parlava di me come fossi un animale domestico, davanti ai ragazzi con cui ero partito per le vacanze.
‘Allora, la mia idea è” disse Charlie agli altri ”pensiamo a turno a dei giochi che possiamo fare usando la checca e vediamo chi vince più partite” concluse, poi aggiunse ‘Ah, e non ci sono limiti. La checca farà qualunque cosa gli ordiniamo, vero checca?’

Mi guardarono tutti e io mi vidi attraverso i loro occhi. Un ragazzo di vent’anni, completamente nudo, giù in ginocchio, con una coda da cane su per il culo, la bocca che gli gocciolava piscio e diversi strati di sborra a ricoprirgli il muso. Era piuttosto evidente che non gli avrei rifiutato un bel niente. Annuì energico, ansimando di nuovo, con la lingua penzoloni, totalmente ubbidiente. Risero tutti della mia solerzia mentre Jumbo rientrava dopo aver messo a nanna Dan e Rich. Charlie gli disse del piano e lo invitò a provare per primo. Jumbo rise:

‘Hahah! Ok, ne ho una!’ parlava solo ai ragazzi, come se io non fossi nella stanza. Non so perché ma il mio cazzo continuava ad essere di marmo, lo era stato da quando eravamo rientrati in stanza, un’ora prima e l’eccitazione non accennava a diminuire.
‘Beh, un tizio mi ha fatto vedere un video una volta dove un gruppo di ragazzi avevano messo questo frocio in ginocchio nel mezzo della stanza con la bocca bella aperta e poi facevano a turno a sputarglici dentro. Ho sempre pensato che fosse divertente!’
Risate. Sembravano tutti pronti.
‘Ok, allora cominciamo da molto vicino, poi facciamo un passo indietro, poi due e quando non fai centro sei fuori, ci state?’ Era Fowls che contribuiva a buttare giù le regole.
‘Ma che bel giochetto, bravo Jumbo!’ disse Charlie e mi fece posizionare rivolto verso la porta.
‘Apri bene, checca’ quante volte me l’aveva già ordinato? Obbedì ‘Testa all’indietro, su, da bravo! E rimani così per tutto il gioco, non ti muovere.’
Era proprio sopra di me, increspò le labbra e lasciò cadere un bel grumo di bava nella mia bocca, poi mi dette due schiaffetti sulla guancia.
‘Brava checca. E con questo io passo al secondo turno.’
Gli altri fecero lo stesso e sputarono la loro dose di bava nella mia bocca che si riempiva piuttosto velocemente. Sentivo la mistura di liquidi cominciare a scendermi giù per la gola ma non mi era permesso chiudere la bocca, neanche per ingoiare.

Fecero il secondo round un passo indietro. Pete andò per primo e sparò il suo sputo proprio nel centro della mia bocca tra applausi e risate. Poi andò Jumbo ma non ci mise forza e mi arrivò sul petto. Era fuori. Poi fu il turno di Ben che colpì la mia guancia sinistra ma i ragazzi furono tutti d’accordo nel dire che un po’ di bava mi era colata in bocca quindi passava il turno. Poi Fowler e Charlie fecero centro.
Il round successivo era due passi indietro e stavolta Fowls sbagliò, mi sputò dritto nell’occhio destro, che chiusi giusto in tempo. Anche Pete sbagliò ma contribuì alla bava che si raccoglieva sulla mia faccia. Ben e Charlie centrarono entrambi, passando in finale. Avevo la bocca colma fino al limite.

Charlie si avvicinò per esaminarmi. Col piede mi dette un colpetto sulle palle, notando la mia erezione perenne. Io mi emisi una smorfia, ma non di dolore, di piacere. Charlie scosse la testa e ridacchiò:
‘Ragazzi la checca muore dalla voglia d’ingoiare, che dite glielo permettiamo?’
Tra le risate degli altri ebbi il permesso ma aspettai il cenno del capo di Charlie prima di buttare giù quella pinta di sputo. Era disgustoso, cazzo.
‘Hehe! Buono?’ mi chiese e io non potevo far altro che annuire, suscitando se possibile, anche maggiore ilarità.
Charlie e Ben si preparavano alla finale come fosse una gara olimpica, con Pete e Jumbo che gli massaggiavano le spalle a presa di giro, improbabili allenatori di quel grottesco sport. Avevo due stalloni etero davanti a me, entrambi desiderosi di centrare la mia bocca ma alla fine sbagliarono entrambi al primo tentativo colpendomi in faccia e lasciando che il loro sputo mi colasse giù per il collo. Al secondo tentativo Charlie sbagliò un’altra volta e Ben mi colpì sul bordo della bocca andandoci più vicino e fu quindi proclamato il vincitore.
Charlie andò a frugare nel suo borsone, tirò fuori un grosso pennarello nero e venne verso di me.
‘Alzati’ mi ordinò e io mi alzai immediatamente. Le gambe mi facevano male per essere stato in ginocchioni tutto quel tempo, ma non lo detti a vedere.
Stappò il pennarello poi scrisse sul mio petto:
‘FAG GAMES’ (giochi della checca), poi sotto scrisse Padron Ben e segnò un punto per lui. Ero diventato anche la lavagna segnapunti oltre che l’attrezzatura ludica.

‘Ok Fowls, tocca a te!’
Fowler sedeva sul letto e mi guardava. La mia iniziale convinzione che fosse il meno bastardo dei miei compagni di camera e forse quello che poteva provare un minimo (e sottolineo minimo) di compassione nei miei confronti, era andata scemando pian piano e da quello che leggevo nei suoi occhi capì che mi vedeva come tutti gli altri. Ero un cane, niente di più. Non c’era traccia di pietà per me. Sorrise.
‘Beh, è un cane al guinzaglio, giusto? Vediamo chi se la sente di portarlo a fare una passeggiata. Quella più lunga vince.’
Gli altri scoppiarono a ridere e io mi rimisi a quattro zampe.
Pete fu il primo, poi Jumbo. Nessuno dei due sembrava particolarmente preso da questo gioco. Pete prese il guinzaglio, mi fece camminare intorno alla stanza un paio di volte, poi lo lasciò. Jumbo lo raccolse e mi portò alla finestra. Mi fece sporgere con la testa fuori così che i curiosi l’avrebbero visto col guinzaglio intorno al mio collo. Ma a quell’ora non c’era quasi nessuno, saranno state le 3, forse le 3 e mezza del mattino.

Dopo però fu il turno di Fowler. Sembrava piuttosto alticcio e pronto a fare più sul serio. Aprì la porta sul corridoio, guardò che non ci fosse nessuno in giro, poi venne a prendere il guinzaglio e mi tirò. Cominciavano a farmi male le ginocchia e anche le mani a forza di gattonare, ma l’alcol che avevo in corpo mascherava il dolore abbastanza bene.
‘Cazzo!’ disse Jumbo ‘Lo porti davvero nel corridoio?’
Gli altri guardarono sulla porta mentre andavo in silenzio dietro a Fowler che mi tirava. Sembrava un po’ nervoso. Non credo volesse essere beccato mentre teneva un tizio al guinzaglio. Alla fine del corridoio si voltò e cominciò a tornare indietro. Gli altri alla porta scattavano vagoni di foto di questa bella scenetta. Ad un tratto sentimmo delle voci provenire dalle scale ed eravamo a una ventina di metri dalla camera.
‘Cazzo!’ disse Fowls tirando il guinzaglio verso l’alto ‘Alzati e torna in camera, muoviti!’ io saltai in piedi e corsi verso la stanza. Le due ragazze girarono l’angolo proprio mentre il mio corpo nudo con tanto di collare spariva nella camera seguito da Fowls.
Chiusero la porta dietro di noi ed attaccarono a ridere.
‘Amico, è stata una figata’ Pete disse a Fowls dandogli il cinque ‘Sarebbe stato uno spasso se quelle due vi avessero visto! Haha!’
‘Cazzo, sarebbe stato difficile da spiegare. Roba tipo ‘ah, si, sto solo facendo fare una passeggiata alla mia checca domestica’, hahaha!’
Mentre l’attenzione di tutti era su Fowls, io me ne stavo lì seduto, cercando di riprendere fiato. C’era mancato un soffio, avevo rischiato la totale umiliazione pubblica. Speravo davvero che quel gioco fosse finito e che il successivo si sarebbe svolto all’interno della stanza.

Ma Charlie non ne aveva avuto abbastanza. Era stato piuttosto silenzioso a differenza degli altri quando si erano congratulati con Fowls e sembrava proprio volesse vincere questo round.
‘Vediamo se possiamo fare di meglio, eh checca?’ disse mentre prendeva il guinzaglio. Gli altri si voltarono a guardarlo.
‘Guardate fuori da quella finestra, ok?’ dichiarò con quel sorrisetto arrogante, e infantile con cui era abituato a dominare.
‘Amico non vorrai mica portarlo fuori?’ disse Pete ridendo.
‘Guarda che c’è la reception di sotto.’ disse Ben.
Charlie continuò a sorridere, tirò il guinzaglio e aprì la porta.
Tornare fuori dalla stanza era l’ultima cosa che volevo, ma era tutta un’altra storia con Charlie. Camminava lungo il corridoio senza alcun imbarazzo, con me che lo seguivo a quattro zampe sulla moquette ruvida, cercando di stargli dietro, col guinzaglio teso che mi tirava il collo. Era come se stesse davvero portando il suo cane a passeggio, una mattina qualunque.
Arrivammo all’ascensore e quando le porte si aprirono fui sollevato nel vedere che era vuoto. Suppongo lo fosse anche lui. Scendemmo fino al piano terra, io accucciato ai suoi piedi, finché la porta non si aprì e lui mi fece uscire. Il corridoio fuori era stretto ed il bancone della reception era alto quindi io non riuscivo a vedere niente e penso lo stesso valesse per chiunque fosse alla reception. Charlie non disse niente, quindi immagino che il tizio di turno o non ci fosse o fosse girato dall’altra parte. Con baldanza mi portò fuori tenendomi la porta in modo che io potessi passare come un cane. Fu dura scendere i tre scalini per arrivare alla strada ma lui mi aspettò. Poi cominciò a camminare sul marciapiede tirandomi per il collo. Era piuttosto freschetto fuori, specialmente nudo come un verme ma incredibilmente non c’era un’anima in giro. Mi fece camminare fino all’angolo, poi attraversare così che i ragazzi potessero vedermi dalla finestra. L’asfalto mi graffiava un po’ le ginocchia ma davanti a me vedevo il fondoschiena di Charlie, così perfetto, che si muoveva e m’incitava a continuare, passo dopo doloroso passo. Stavo così bene lì con lui. In qualunque luogo sarei stato bene con lui.
Si fermò e mi disse ‘Seduto’ e io ubbidì solerte. Guardai in alto e come previsto i ragazzi erano tutti alla finestra a ridersela e a scattare foto. Non c’era dubbio. Charlie era il maschio alpha lì, non solo per me, ma per l’intero gruppo. Nessuno degli altri avrebbe mai osato tanto e io non ero sicuro che l’avrei fatto con nessuno di loro.

‘Su, falli divertire ancora un po’, checca.’ mi disse ‘Sei un cane no? Alza la gamba e fatti una bella pisciatina sul palo della luce!’ lo guardai. Mi sentivo così al sicuro con lui accidenti. Fortuna che il freddo e il dolore alle ginocchia me l’avevano fatto rattrappire un pochino. Alzai la gamba e mi liberai, in fondo ne avevo un gran bisogno. Lo sentì ridere e alzai lo sguardo per vedere se mi guardava ma stava ridacchiando con i suoi amici. Dio quant’era figo!
Finito il servizio fotografico Charlie abbassò gli occhi su di me e mi arruffò i capelli mentre abbassavo la gamba bagnandomi le ginocchia della mia stessa urina.
‘Checca, lo sai che quasi vorrei che fossi nato cane davvero? Così poteri tenerti come mio, addestrato e totalmente ubbidiente.’ rise poi ‘Dai, andiamo’ tirò il guinzaglio e io lo seguì di nuovo. Mi resi conto che scodinzolavo senza volerlo.

Dovette suonare per rientrare in hotel e stavolta il receptionist non poteva non vedermi. Prima che potesse dire qualcosa, però, Charlie lo disarmo con una risata finta da ubriaco mezzo.
‘Che nottata amico! Questa città è da pazzi, cazzo!’ disse e, barcollando leggermente, entrò e si diresse verso l’ascensore. Non so se il tizio avesse capito tutto ma neanche si disturbò a rispondere.
Quando rientrammo in camera Ben fu più che contento di dichiarare sconfitta senza neanche provarci e Charlie fu l’ovvio vincitore. Segnò un punto per Padron Charlie sul mio petto e spingendomi per il collo mi risbatté giù a quattro zampe.

‘Ragazzi scusate ma penso che andrò a letto’ disse Ben dopo questo secondo round ‘Sono sfatto. Voi continuate però, ditemi poi chi vince!’
‘E dai amico!’ disse Charlie un po a bambino petulante, per gioco ‘Solo un’altra partita Benny, daiii!’
Ben rise ‘E va bene, va bene! Un’altra sola però.’
‘Anche per me un’altra sola’ convenne Jumbo ‘Dobbiamo alzarci tra tipo cinque ore per prendere l’aereo’.
‘Ok, ci sono!’ disse Pete, sorridendo malefico. Tutti lo guardarono.
Tirò fuori un blocco di fogli di carta dal suo borsone. Non avevo idea di quello che mi sarebbe toccato ma sapevo già che la testa di Pete era piene di idee del cazzo.
‘Allora: scriviamo ognuno una frase su un pezzo di carta, poi lo giriamo e la checca deve leggerle mentre noi filmiamo. Potete scrivere qualunque cosa e fargli confessare quel cazzo che volete, roba che volete che faccia o fargli dire quanto siete superiori a lui, qualunque stronzata! Lo filmiamo e ce lo teniamo su video per sempre!’
Data l’enorme quantità di roba compromettente che già avevano su di me forse questa prova non sarebbe dovuta essere poi così dura. Però era un po’ differente stavolta. Queste sarebbero state innegabili testimonianze video di me che ammettevo qualunque cosa volessero. E visto il tasso alcolico nel sangue, sarebbe potuto essere davvero ‘qualunque cosa’.
Ai ragazzi, ovviamente, piacque molto l’idea e, anche se non volevo farlo, sapevo che non ero minimamente nella posizione di oppormi. Ero il loro giocatolo e potevano usarmi come ritenevano opportuno. Gliel’avevo permesso finora e non è che potevo alzarmi in piedi adesso e dire no. Avrei fatto esattamente quello che i miei superiori mi avrebbero ordinato.
Pete aveva già preso il blocco ed aveva cominciato a scrivere. Charlie mi fece mettere al centro della stanza pronto per essere ripreso. Mi fece assumere la posizione di cane da concorso che avevo così ben dimostrato di saper tenere con la schiena arcuata e il sedere all’insù così che si vedesse la coda e il viso dritto verso la camera.
‘Devo assicurarmi che tu abbia l’aspetto di una checca ben ammaestrata per il video!’ mi disse sorridendomi.

‘Ok checca’ disse Pete. Girò il blocco così che potessi vedere.
‘Riesci a leggerlo?’ annuì ma deglutì nervosamente.
‘Guarda dritto il camera e comincia a parlare quando ti do il segnale, capito?’ annuì di nuovo. Lo guardai mentre settava il suo telefono per riprendere. Avevo la bocca secca. Sentì il consueto trillo e lui mi dette il segnale.
Non riuscivo a dirle quelle parole. Guardavo il blocco e le mie labbra si muovevano cercando di tirare fuori qualche suono ma non ci riuscivo. Ero troppo nervoso per dirle davanti ad una telecamera. Spense il telefono.
‘E che cazzo, cagna!?’ mi disse arrabbiato. Venne verso di me e mi molò una sberla in pieno viso. M’impaurì ma presi lo schiaffo senza reagire. Mi afferrò la faccia a tenermi il mento in alto perché lo guardassi.
‘Quando ti do un ordine, cagna, mi aspetto che tu obbedisca!’ il suo bel visetto arrogante mi impauriva un po’ ma era sexy mentre mi sgridava ‘Sei nostro, lo capisci? Sei un frocetto di merda, uno scherzo della natura, nato apposta per servire i maschi. I maschi!’ ripeté ‘Quelli con l’uccello, hai presente? Quelli come noi!’ Annuì ‘Devi fare tutti quello che ti diciamo e quando te lo diciamo, chiaro?’ annuì una seconda volta ‘E allora da bravo inferiore, prendi fiato e dì a voce alta quello che sei!’ concluse. Io annuì ancora e mi accorsi che stavo tremando. Mi schiaffeggio di nuovo giusto per divertirsi:
‘Bravo cane!’ mi disse ‘Ora ci riproviamo.’
Inarcai la schiena per l’ennesima volta rimettendomi in posizione perfetta. Sistemò il telefono e mi dette il segnale e questa volta non esitai. Guardai in camera e dissi forte e chiaro:
‘Mi chiamo Ste Dawson e sono un cane ubbidiente che vive solo per servire i maschi veri. Sono a disposizione 24 ore al giorno per tutti i maschi che vogliono usarmi’.
Premette stop ‘Che figata, cazzo!’ smanettò col telefono e fece partire il video appena registrato. Tutti lo guardarono ammazzandosi dalle risate. Mi vennero i brividi a sentire la mia orribile voce.
‘Cazzo, questa clip farà il giro del mondo, sicuro! Pensa cagnetta farai sbellicare milioni di ragazzi che vedranno che razza di frocio patetico sei!’

Era la cosa che temevo di più. Il mio cuore affondò più giù del pavimento. No, no, no! Questo non poteva succedere, dovevo dire qualcosa per fermarli. Presi fiato ma Charlie venne da me e mi tappò la bocca. Era chiaro che avesse ben interpretato lo sguardo terrorizzato che avevo.
‘No’ disse. Pete alzò gli occhi e il sorriso gli si smorzò appena ‘Il segreto di Ste rimane tra noi cinque. Non metteremo niente online. Nessun altro saprà che razza di frocetto sottosviluppato è.’
Il cuore continuava a battermi all’impazzata, sorpreso almeno quanto gli altri dalle sue parole. Era stato allegro e compagnone nel tono e sembrava che Pete volesse protestare ma lo sguardo di Charlie gli disse che era inutile, non avrebbe cambiato idea, quindi lasciò perdere borbottando un ‘Ok, solo noi cinque”
Io guardai Charlie con due occhioni da cucciolo pieni di immensa gratitudine. Lui neanche si voltò.

Jumbo prese il blocco ed attaccò a scrivere. Pete andò a sedersi sul letto e visto che io ero così vicino a lui, sempre a quattro zampe, mi appoggiò i talloni tra capo e collo. Io lo guardai. Le parole di Charlie l’avevano un po’ infastidito anche se non gli sarebbe mai andato contro, quindi ci teneva a farmi sapere quello che pensava di me. Non ero altro che il suo poggiapiedi e voleva che la cosa mi fosse ben chiara, che capissi qual era il mio posto di fronte a lui. Chissà perché mi sentivo in colpa. Mi forzai a voltare la testa quanto più potevo perché le mie labbra gli toccassero i piedi. Iniziai a baciarli come se dovessi scusarmi di qualcosa. Sapevo che la cosa gli piaceva e nel giro di pochi secondi lo sentì ridere di nuovo:
‘Hahaha! Non puoi più farne a meno, checca, eh? Hahaha!!’ e quasi quasi mi sentì fiero di me.

‘Ok, ho finito’ disse Jumbo sorridendo ‘Come prima, aspetta il segnale poi vai.’ mi disse girando il blocco. Pete mi tolse i piedi dal groppone, l’altro mi fece un cenno e e:
‘Sono un succhia-uccelli esperto, completamente schiavo del cazzo. Ho succhiato più di 1000 cazzi, ma il tuo è senz’altro il più grosso e il migliore di tutti, padrone. Grazie infinite per avermi fatto succhiare il tuo uccello fantastico e per avermi permesso d’ingoiare la tua sborra.’
Premette stop e tutti risero di nuovo.
‘Jumbo che pallone gonfiato che sei, hahaha!!’ disse Ben, poi prese il blocco. Il giochetto non cambiò per lui e Fowls. Guardando dritto nel telefono di Ben dissi ‘Padron Ben mi è superiore e faccio tutto quello che mi ordina di fare.’ era breve e tutto sommato tranquilla, poi però continuò a filmare e mi ordinò di andare a baciargli i piedi e di ringraziarlo per l’onore. Doveva aver preso spunto da Pete. Poi Fowls:
‘Grazie padrone per questa vacanza da sogno. Grazie per avermi insegnato che le checche come me esistono per servire e venerare uomini come te. Sarò sempre pronto ad obbedire e servire.’ Fowls sorrise
‘Nessun problema checca. Il piacere è stato mio.’

Charlie poi si avvicinò e prese il blocco pronto a scrivere l’ultima frase. Si mise proprio di fronte a me così che i suoi jeans attillati fossero a pochi centimetri da me, a nascondere il suo cazzo meraviglioso. Tutto quello che mi era accaduto in quei giorni, l’unica ragione per cui ero in quella situazione a fare tutto quello che mi ordinavano, era quel cazzo. Volevo compiacerlo ed accontentarlo talmente tanto che mi sarei fatto del male. Volevo il suo cazzo in bocca, le sue mani sulla mia testa e il suo odore tutto intorno a me.
Fece un passo indietro e accese la camera, poi girò il blocco. Prima la lessi nella mia mente come avevo fatto con gli altri. Sorrisi. Ogni parola era vera e suppongo lui lo sapesse.
‘Padron Charlie, sei il mio dio. Venero ogni parte di te e vorrei poter essere il tuo schiavo. Mi piacerebbe da impazzire prendere in bocca il tuo cazzo e avere l’onore di bere il tuo piscio caldo un’altra volta.’
Mi sorrise e gettò il blocco da una parte ma continuò a riprendere. Mi si avvicinò.
‘Ok frocetto, serviti pure.’
Mi sbrigai a sbottonagli i pantaloni e a tirargli giù i boxer quanto bastava, poi lo guardai per avere il permesso di toccarglielo.
‘Coraggio. Appoggiatelo sulla lingua e preparati.’ obbedì.
Il liquido caldo cominciò ad uscire piano, poi s’intensifico quasi subito. Me lo allontanò un po’ dalla bocca così da poter riprendere il getto di piscio che mi riempiva. Iniziai ad ingoiare con foga e gratitudine. Non ci pensavo neanche alla videocamera, ero completamente concentrato ad assaporare ogni singola goccia ancora più di come avevo fatto poco prima. Quando il getto finì alzai gli occhi verso lui e l’obbiettivo che mi guardavano aspettando:
‘Grazie padrone’ dissi. Era l’unica cosa che mi era venuta in mente, non per il gioco, non per farli divertire, era quello che sentivo. Lui sorrise.
‘Ma che bravo cesso che sei’ mi disse schiaffeggiandomi la guancia di nuovo ‘non ne hai sprecato neanche una goccia.’ poi stoppò il video.

Gli altri quattro erano tutti stanchissimi e se ne stavano semisdraiati sui letti. Anche io lo ero e mi appoggiai ad una parete mentre Charlie andò a lavarsi le mani.
‘Beh, ragazzi! Io me ne vado a letto” disse Ben.
‘Sei alla frutta, eh?’ disse Charlie.
‘Eccome! Che dite abbiamo vinto tutti?’ replico Ben.
‘Puoi scommetterci amico!’ disse Jumbo alzandosi dal letto. Pete venne verso di me:
‘Beh un perdente c’è stato, haha!!’ disse alzando una gamba e inchiodandomi il muso al muro col piede nudo. Io, ormai per riflesso condizionato, attaccai a leccarglielo, umiliandomi ai loro occhi per l’ennesima volta. Risero i ragazzi e Charlie disse mettendogli una mano intorno alle spalle:
‘Nah! Secondo me la nostra piccola checca è quello che se l’è spassata più di tutti. Guarda come lecca contento, è il ritratto della felicità, non trovi?’
‘Che sfigato del cazzo, hehe!’ commentò Fowls. Charlie continuò divertito:
‘Beh, ha servito cinque ragazzi, con cui normalmente non avrebbe neanche il diritto di parlare, è il sogno di ogni frocetto come lui! Mettetevi nei suoi panni!’
‘Col cazzo!’ replicò Pete schifato ‘Preferisco farmi leccare i piedi! Hahahaha!!’

Dopo un’ultima risata generale Jumbo e Ben sparirono in camera loro. Pete si divertì a schiacciarmi il viso per qualche altro secondo mentre Fowls e Charlie si spogliavano. Poi li imitò e si stesero tutti sui letti. Dopo qualche minuto Pete e Fowls si addormentarono mentre io ero rimasto fermo a guardare Charlie che mi sorrideva. Poi prese il mio guinzaglio e mi tirò così che fossi sul pavimento accanto al letto dove lui stava comodamente sdraiato. Mi parlò piano, in modo che gli altri due non sentissero.
‘Allora Ste, ti piace servirmi, vero?’
Io annuì con gli occhi che vomitavano la mia adorazione per lui.
‘E se ti chiedessi di venire a vivere a casa mia come il mio nuovo cane? A farti fare stronzate del genere tutto il giorno, forzando la mano e addestrandoti ad essere uno schiavo vero e proprio, lo vorresti?’
Io lo guardai negli occhi. Non era così che avevo immaginato la mia vita. Ero all’università, probabilmente avrei trovato un buon lavoro, ben retribuito. Non avevo pianificato niente di specifico ma un’idea vaga ce l’avevo. Eppure ero proprio lì, alle quattro del mattino, a fare il cane, a bere piscio a servire un gruppo di bei ragazzi ma soprattutto in ginocchio di fronte all’uomo che consideravo a tutti gli effetti il mio dio. Tutti i piani che avevo sbiadivano pian piano se li confrontavo con lui.
‘Si padrone’ replicai ‘lo voglio’ lo voglio da matti’ Lui si limitò ad annuire.
‘E accetteresti una vita come MIO schiavo. Una mia proprietà. A fare tutto quello che ti ordino.’ non sono sicuro che fossero domande, non ne avevano l’intonazione ma io annuì.
‘Ti occuperesti di tutte le faccende di casa: cucinare, pulire, stirare. Saresti a lavoro 24 ore su 24.’

Annuì di nuovo senza la minima esitazione.
‘Ti addestrerei anche a tutti i tuoi doveri da frocio inferiore per ricordarti sempre qual è il tuo posto. Alla fine ti abitueresti anche alle cose più disumane pur di servirmi, tipo farti leccare il cesso sporco o cagarti direttamente in bocca, hehe! Sarebbe divertente! Hehe!’
‘Si padrone’ lo volevo, lo volevo talmente tanto che non ragionavo più. Aveva ragione, però, l’avrei fatto. Cazzo se l’avrei fatto! Lui sorrise.
‘Che spasso che sei checca. Pochi giorni e guarda come ti ho ridotto. Completamente succube. Hehe!’ ridacchiò soddisfatto. Poi:
‘Beh, spiacente ma non mi serve uno schiavo adesso, volevo solo vedere se l’avresti fatto.’
E a quelle parole mi sembrò di sentirlo il mio cuore che andava in mille pezzi.
‘Hey, se mai mi servisse una checca ammaestrata ti faccio un fischio, tranquillo!’ mi disse vedendo la mia delusione. Poi:
‘Va a darti una lavata e vedi di dormire un po’, dobbiamo alzarci tra poche ore, checca.’ e tirandomi il guinzaglio sul muso si voltò, non prima di avermi regalato un ultimo bellissimo sorriso.

Entrato in bagno mi sparai la sega più bella di tutta la mia vita.
Dopo essermi tolto il plug anale feci una doccia, mandando via la sborra, gli sputi, il piscio, i segni di pennarello, tutto ma non le sensazioni che avevo provato. Rimasi sveglio, sdraiato sul letto per quasi un’ora a ripensare a quelle poche frasi che avevo scambiato con Charlie. Per alcuni secondi avevo visto la mia vita a quattro zampe, pronto a servirlo e ad obbedirgli. Da una parte era un posto da sogno. Ma dopo aver sfogato parte dell’eccitazione con quella sega mi venne da pensare che forse ero stato fortunato che il ragazzo dei miei sogni non facesse sul serio. Forse il viverla davvero quella vita sarebbe stato molto, molto diverso dal sognarla.

La mattina dopo c’incontrammo tutti nella hall pieni di bagagli. Ero nervoso da morire pensando a quello che Dan e Rich si sarebbero ricordati. Mi guardavano tutti e due un po’ straniti ma non credo avessero parlato tra loro di quello che credevano di aver visto e alla fine suppongo avessero attribuito la cosa ai funghetti allucinogeni. Ringrazia di nuovo la mia buona stella se ne avevo una.
In aeroporto facemmo il check in e ci sedemmo nella sala d’attesa alle partenze. Ad un tratto Charlie mi prese per un braccio ed andammo a fare due passi.
‘Ascolta’ mi disse ‘Mi sono divertito con tutte quelle stronzate durante le vacanze. Ma dicevo sul serio: quello che è successo rimane tra noi.’ era sincero come mai l’avevo visto. Sorrisi ed annuì.
‘E ti avevo detto che Dan e Rich non l’avrebbero scoperto, no? Quindi sei libero.’
‘Beh, ma tutti quei video e quelle foto?’ chiesi.
‘Nah, la maggior parte verrà cancellata. I ragazzi potrebbero farli vedere a qualche amico per farsi una risata, ma tu ‘sti tizi non li vedrai mai quindi.’ mi tranquillizzò ‘Tra l’altro poi nessuno di loro vuole sembrare gay quindi puoi stare tranquillo.’
Non era obbligato a dirmi tutto questo e io gliene fui grato. Le sue parole me lo rendevano sempre più irresistibile.
‘Tu sei un sogno’ gli dissi ‘Voglio dire, lo sai che puoi avermi quando e dove vuoi?’
‘Ovvio che lo so’ mi disse sorridendo ‘Non sei certo la prima checca che schiavizzo. Di sfigati come te in giro ce ne sono, sai!’ era allegro ma non cattivo, non più.
Io annuì, un po’ triste. Non so perché ma stupidamente la cosa mi sorprese e mi scatenò un impeto di gelosia.
‘Hey’ mi disse indicando dietro di me con gli occhi. Mi voltai e vidi che eravamo proprio di fonte ai bagni.
‘Ti va di dirgli addio un’ultima volta?’ mi sciolsi e sorrisi.
‘Si Padrone’ e in 15 secondi ero di nuovo in ginocchio in un cubicolo, a farmi trapanare beatamente la gola e ad umiliarmi per il ragazzo che, se solo avesse voluto, m’avrebbe per sempre avuto ai suoi piedi. Per sempre. Suo.

1
2

Leave a Reply