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Non si conoscevano da molto quei due, ma una cosa l’avevano già capita: avrebbero avuto di che divertirsi assieme.

Per quella giornata avevano un ottimo programma: pomeriggio di shopping in centro, cenetta in una griglieria di classe in periferia e serata in un pub molto carino dove spillavano dell’ottima birra irlandese.

Era una giornata luminosa con un sole che illuminava le vie del centro in un modo che raramente si vedeva in quel periodo dell’anno.

M. splendeva tra i vecchi vicoli della città in quei jeans attillati e la magliettina colorata che mostrava le sue spalle minute e nude.

A. aveva invece il fascino del giovane rocker alla deriva, con la maglietta usurata del suo gruppo preferito, i jeans vistosamente strappati, i suoi affezionati ray-ban agli occhi e soprattutto quei dannati capelli ricci, alla luce del sole sembravano risplendere di luce propria e a M. piacevano parecchio!

Ormai era pomeriggio inoltrato, fra poco si sarebbero dovuti avviare alla macchina e andare al ristorante in orario per la prenotazione.

Mentre camminavano però una vetrina attirò l’attenzione di lui.

Era un sexy shop.

Guardò M. con sguardo complice, lei annuì ed entrarono.

Tra i mille giochi, costumi, accessori si divertirono molto, finchè non si fermarono davanti alla vetrina dei giochini sessuali… lui puntò uno di quei vibratori per il clitoride, ci pensò su un attimo e senza dire una parola lo prese e andò alla cassa.

M. non ebbe nemmeno il tempo di obiettare o chiedere spiegazioni che lui le disse “possiamo andare”.

Così fino alla macchina lei non pronunciò parola , finchè si decise a chiedere: “cosa pensi di fare con quello che hai comprato?”.

“Non ti preoccupare, non sono problemi tuoi”.

Non l’avrebbe mai ammesso ma lei amava quel suo modo di fare misterioso, irriverente ma allo stesso tempo prvocante e sicuramente eccitante!

Parcheggiarono davanti al ristorante, lui aprì la scatola, le diede il vibratore in mano, un piccolo ovetto rosa dall’aspetto promettente, e tenne per sè il piccolo telecomando.

“Ora io vado a occupare il tavolo, tu nel frattempo vai in bagno con questo, saprai cosa farne”.

Le sorrise ammiccante e scese spedito dalla macchina.

M. rimase un attimo perplessa.

Questo era davvero troppo irriverente!

Ma senza troppa convinzione gli diede retta, era difficile resistere alla curiosità e al senso di sfida che quel suo modo di fare le dava, andò in bagno e fece quello che doveva.

Fino a metà cena filò tutto liscio, il cibo era ottimo, le risate giungevano spontanee e lei si era quasi dimenticata di avere quella cosa fastidiosa in mezzo alle gambe.

Quando la cameriera arrivò a portare via i piatti e chiese se la bistecca fosse stata di loro gradimento M. sentì una sensazione mai provata prima dentro il suo corpo, un misto di stranezza e piacere unito a un brivido che la pervase lungo tutta la schiena fino al collo.

Si estraniò in un gemito e guardò A.: aveva la mano nella tasca della giacca: quel maledetto aveva fatto partire il telecomando a sorpresa!

Non sapeva se arrabbiarsi e lasciarlo lì da solo o lasciarsi andare all’eccitazione.

Entrambe le cose le avrebbero dato immensa soddisfazione.

Era in suo potere.

A. azionava e spegneva il telecomando quando ne aveva voglia, aveva il controllo sul corpo di M. e sui suoi pensieri.

Si divertiva parecchio a guardarla mentre cercava di trattenere le già vistose scosse che riceveva il suo corpo, mentre provava a non far vedere alla cameriera che le chiedeva se volesse il caffè che dentro aveva un fuoco che ormai aveva preso piede e andava spento!

Guardava A. ed era furiosa con lui, ma allo stesso tempo lo voleva, desiderava quei capelli morbidi tra le dita, desiderava quel ragazzo sfacciato che la guardava sorridendo e con un dito la teneva in bilico tra il piacere assoluto e la furia cieca.

Voleva baciarlo, stringerlo dentro di sè e prendere il suo calore.

Fuoco con fuoco, un mix esplosivo.

Era tempo di andare ormai, non dissero una parola, si diressero alla cassa e lui pagò in contanti.

Ovviamente tenendole lontano il telecomando.

Lei stava impazzendo, sentiva che avrebbe potuto fare qualsiasi cosa per porre fine a quel supplizio, in un modo o nell’altro.

Salirono in macchina, lui le sorrise di nuovo, accese il motore e si diresse verso l’uscita del parcheggio.

Nemmeno il tempo di entrare sulla provinciale che lei gli saltò addosso, lo baciò appassionatamente e gli infilò una mano nei pantaloni.

Il tempo di slacciarli e scese subito verso il suo attrezzo, ovviamente era già duro come il ferro, M. lo prese in bocca e cominciò un rapporto orale senza precedenti.

A. non aveva mai provato un piacere tanto grande, sentiva le sue labbra calde, la sua lingua muoversi sinuosa per tutta la lunghezza del suo membro.

Ora era lei ad avere il controllo, ecco ciò che voleva fin dall’inizio.

Ora era lei che decideva cosa fare dei suoi istinti.

E i suoi istinti scoprì essere molto trasgressivi!

A. Adorava quel pompino alla guida ma trovò le forze di fermare l’auto nel primo spiazzo buio che trovò.

Nemmeno il tempo di spegnere la macchina che M. si precipitò sui sedili posteriori e trascinò con sè quello che era diventato l’uomo senza volto che pervadeva ogni sua fantasia sessuale passata, presente e futura.

Aveva ancora quell’uovo in mezzo alle gambe, non si era mai fermato da quando erano saliti in macchina, e con in bocca quella meraviglia umida oggetto della sua voglia, aveva già avuto il primo orgasmo ma non si era fermata per un secondo, no non voleva smettere, non era più in lei, ne voleva ancora e ora si stava osservando da fuori mentre si lasciava andare come non aveva mai fatto prima d’ora.

E le piaceva.

In un attimo erano nudi e lui la prese, decise che era il suo momento di gloria, la prese dai fianchi, la penetrò con tutta la foga che aveva, una volta e poi ancora, per milioni di volte, cambiandola di posizione ogni volta che lo decideva.

Lei provò degli orgasmi magnifici, uno dopo l’altro, in serie, tanti che smise di contarli.

Il suo corpo era lì ma lei era in un’altra dimensione, fuori da ogni schema e logica.

Dopo una notte intera si sdraiarono sfiniti sui sedili… quella sigaretta se l’erano proprio meritata e… già, avrebbero avuto di che divertirsi quei due assieme.

 

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