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Racconti erotici sull'Incesto

Amante e Nipote

By 7 Marzo 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

Sonia era venuta a stare da noi per un paio di mesi, i suoi genitori, nonchè mio fratello e sua moglie, erano partiti per un viaggio di lavoro in Nuova Zelanda. Nonostante mia nipote fosse sempre stata una ragazza responsabile, matura e con la testa sulle spalle, come tutte le figlie, era considerata ancora una bambina da mamma e papà, i quali, vista la loro prolungata e assenza, avevano preferito stesse con gli zii, piuttosto che in casa da sola.
Non ci dispiacque averla tra di noi, i nostri bambini erano più che entusiasti di conoscere la loro cugina, ed io e mia moglie felici di rivedere nostra nipote dopo tanti anni.
Nessuno avrebbe mai immaginato che il perfetto quadretto familiare potesse essere messo a repentaglio da una presenza tanto innocua.
L’ultima volta che avevo visto Sonia aveva 14 anni, e non si può certo dire fosse una bella ragazzina, magra e dinoccolata, pallidissima, portava gli occhiali e l’ apparecchio, ma, in compenso, era la la quattordicenne più sveglia ed intelligente che avessi mai conosciuto.
Immaginate la sopresa quando, all’aeroporto, la donna che mi stava venendo incontro era totalmente diversa dalla bambina di qualche anno prima. Non faceva nulla per mettersi in mostra, non portava tacchi vertiginosi e minogonne ascellari, o trucco sofisticato. Era con un paio di jeans, una felpa ed scarpe da tennis, ma tutti gli occhi erano puntati su di lei.
“Zio!” mi urlò, abbracciandomi calorosamente
“Sonia, tesoro” risposi, con voce tremante, mentre sentivo il suo corpo giovane e caldo, stringermi in una piacevolissima morsa, aspirando il suo profumo a pieni polmoni.
Feci giusto in tempo a sciogliermi da quell’abbraccio, prima che mia nipote potesse avvertire la mia inaspettata erezione spingere contro il suo pube.
“Fe freddino qui, eh?” chiesi, chiudendo il cappotto e nascondendo l’inequivocabile gonfiore che premeva contro il cavallo dei pantaloni.
“Non me ne parlare, Zio! Stò congelando” rispose con uno smagliante ed innocente sorriso.
Avevo già capito che quelli sarebbero stati i mesi più lunghi e difficili della mia vita. La mia vita sessuale era inesistente ormai da qualche anno, salvo i famosi pompini della mia segretaria e le frequenti scappatelle con qualche collega, durante i numerosi convegni. Mia moglie, non si può dire fosse mai stata un’amante del sesso, e con l’andare del tempo la frequenza dei nostri rapporti era ormai prossima allo zero, senza che io, in effetti, quelle rade volte, ricavassi una sufficiente soddisfazione. Era una brava donna ed un ottima madre, questo era innegabile, ma una pessima amante.
Immaginate, quindi, l’effetto che una ragazzina giovane e piena di vita, potesse sortire alla mia monotona vita.
In pochissimi giorni, Sonia si era perfettamente ambientata in casa nostra, i suoi cuginetti l’adoravano, così come mia moglie, che vedeva in lei la figlia femmina che non aveva mai avuto, avendo due bambini maschi, Perfino io, passavo da stadi di tremenda ed incontenibile eccitazione, osservando con occhi da uomo, il corpo snello e perfetto, la pelle di porcellana, le gote rosse e i due fanali verdi che erano i suoi occhi, e stadi di affetto incondizionato, da zio, appunto, mentre aiutava mia moglie in cucina, o giocava con i nostri figli, o più banalmente arricciava le sopracciglia mentre memorizzava noiosi libri universitari. Una bellezza innocente, pura, quasi casta, ma in grado di fare impazzire qualsiasi uomo.
Dal mio canto, mi vergonavo di quello che provavo, mi vergognavo delle innumerevoli seghe che ero costretto a farmi, anche più di una volta al giorno, per placare quella spropositata reazione. Mi vergonavo di vedere il suo viso, sudato ed ansimante, la sua bocca, emettere suoni e parole oscene, stridenti con il suo angelico aspetto, mentre scopavo con mia moglie.
Abitavamo in campagna, il che non era il massimo per una diciottenne, quindi, la portavamo con noi, al cinema, al ristorante, alle cene di lavoro, al teatro. Mia moglie voleva si divertisse, non poteva, a parer suo, restare due mesi segregata nella villetta di campagna senza conoscere anima viva. Non ci vollero più di due settimane, infatti che Sonia conobbe gente nuova, più o meno della sua età, e preferiva, dunque, uscire con loro, piuttosto che accompagnarci nelle nostre noiose uscite da quarantenni.
Fu un sabato sera, infatti, che accadde ciò che non sarebbe mai dovuto accadere.
Sonia era sotto la doccia, stava preparandosi per uscire, scherzava con Giulio, mio figlio più piccolo, che a sua insaputa giocherelleva col il cellulare. Sonia se ne accorse, e prima che iniziasse a chiamare tutta la rubrica, provò a fermarlo, afferrò una tovaglia, si coprì alla menopeggio ed inseguì Giulio per tutta casa. Arrivò in cucina, dove stavo pigramente preparando una tazza di te, ed un attimo prima che riuscisse ad afferrare il cellulare dalle mani di mio figlio, la minuscola tovaglia che la copriva a stento si impigliò nella maniglia della porta, denunandola completamente.
Rimasi come un ebete a fissarla, mentre tentava come la venere di Botticelli, di coprirsi come meglio poteva, arrossendo terribilmente.
“Zio, cazzo, girati!” mi urlò, dopo attimi che per me sembrarono ore.
Riacquistato quel minimo di lucidità necessaria, mi girai di spalle, con gli occhi fissi nel vuoto.
“Scusami, potresti dire a Giulio di non giocherellare col mio cellulare per favore?” disse.
“Si, certo, scusami tu”. risposi meccanicamente, mentre mia nipote si rivestiva e tornava in bagno. Pochi minuti dopo, il citofono mi risvegliò dallo stato di trance in cui ero caduto.
Era un conoscente di Sonia, era passato a prenderla. Lo guardavo con occhi indagatori, quasi arrabbiati, avevo iniziato a vedere Sonia come una cosa mia, una scultura animata danzante per casa il cuo solo scopo era farmi godere della sua vista e della sua presenza, e l’idea che questo ragazzotto se la sarebbe con tutta probabilità scopata, stasera, mi dava letteralmente alla testa.
“Eccomi” rispose mia nipote da dietro le mie spalle. “Zio, non tornerò tardi, tranquillo” schioccandomi un bacio sulla guancia e lanciando un’occhiata complice al suo compagno. Mi rifiutavo di pensarlo. “no, la nia nipotina non farà mai sesso con un tipo del genere” “Posso scomettere sia ancora vergine” pensavo, cercando di autoconvincermi.
Fumavo nervosamente in salotto, mentre mia moglie continuava a ripetermi di raggiungerla a letto. Per un attimo mi sentì il classico padre possessivo e geloso della propria figlia, ma la mia gelosia era chiaramente di tutt’altra natura. Guardavo l’orologio, le due, di notte, la mia consorte aveva ormai cessato i suoi richiami, e si era, con ogni probabilità addormentata, quando sentì, finalmente una macchina fermarsi sotto casa nostra. Scattai sull’attenti e sbirciai dalla finestra ciò che accadeva laggiù.
Parlottavano, ridevano, scherzavano, tanto che mi ero quasi assuefatto all’idea che, effettivamente, non avessero fatto nulla, fuorchè andare a bere qualcosa insieme. Ma quando vidi quell’uomo afferrare la mia adorata nipotina per le natiche, alzandola, quanto bastasse perchè ella potesse reggersi al suo bacino, incrociando le gambe dietro la schiena, ed incollarsi con tanta foga alla sua bocca, che le mie speranze capitolarono definitivamente. Adesso le mani di quel ragazzotto carezzavano nervosamente la schiena, scendendo fino al culo, alzavano i lembi della gonna, mettendo in mostra due chiappe bianche contornate da un perizoma nero e il bordo delle autoreggenti colorate, che iniziava una decina di centimetri più in basso. Ero furioso, accecato dalla gelosia,ma la mia parte razionale sapeva che Sonia aveva diciott’anni, non era mia figlia, ed aveva, giustamente, diritto a godersi la sua vita sessuale. Tuttavia, quando una mano scostò il misero filo del perizoma, e rudi dita si infrufolarono chiaramente dentro mia nipote, non ressi al colpo, appoggiandomi al vetro della finestra con entrambe le mani. Sonia udì il rumore, voltandosi velocemente verso la finestra dalla quale la osservavo, con sguardo preoccupato. Sguardo che mutò in pochi secondi, non appena mi vide. Scese, senza voltarsi verso il suo compagno, che nel frattempo le baciava il collo senza sosta, e con gli occhi fissi nei miei, infilò la mano dentro i suoi jeans, cominciando ad accarezzare il suo membro, con movimenti volutamente enfatizzati.
Aveva toccato il fondo, o per meglio dire, io avevo toccato il fondo, in preda ad un cieco furore, mi decisi a scendere, per mettere fine a questo insostenibile spettacolo. Ma prima che finissi di scendere la rampa di scale, sentì la macchina accendere il motore ed andar via, e le chiavi infilarsi nella toppa della porta.
Mi bloccai, col cuore il gola, nell’atrio, illuminato soltanto dalla luce della luna piena, che si rifletteva, senza l’ostacolo delle nuvole, sul parquet di legno. Su questo si disegnò la sagoma della porta, che andava aprendosi, e poi la figura di Sonia. Entrò, chiudendo il portone alle sue spalle, si appoggiò allo stipite di questo, e mi fissò.
Non riuscivo a decifrare il suo sguardo, per quanto ci provassi, sembrava di ghiaccio, non mostrava espressione alcuna.
Fu quando iniziò a spogliarsi, che una luce perversa le si accese in viso. Io restavo li, inebetito, mentre vedevo mia nipote che andava pian piano denudandosi davanti a me, ed io mi sedevo sui gradini, ammirando, senza parole, lo spogliarello più eccitante che avessi mai visto. I battiti cardiaci aumentavano, mano a mano che Sonia si liberava da uno degli indumenti. Arrivò al parossismo, quando, togliendosi gli slip, si sedette, a gambe aperte, su una sedia poco distante, mostrandomi quello che sognavo da settimane: una figa giovane, rossa e gonfia, coperta da una radissima peluria bionda, aperta, oscenamente, davanti a me. Restò così qualche secondo, mentre io, pochi metri più in la, andavo in debito di ossigeno ed iniziavo a sudare freddo. Che fare? Era pur sempre mia nipote, figlia di mio fratello, era più di vent’anni più giovane di me. Mi dibattevo, provando con tutte le mie forze a resistere. Forze che, crollarono, quando sottovoce mi disse “Vieni qui”. Persi il controllo delle mie azioni, mi alzai, dirigendomi verso di lei, mi inginocchiai, ai piedi della sua sedia, e la fissai, negli occhi, aspettando il suo esplicito invito.
“Mangiami” sussurrò, ed in un attimo la mia bocca iniziò a divorarle la figa. La gustavo, come una pesca matura, assaggiandola con la bocca aperta, per non lasciarne un centimetro scoperto. Mugolava, silenziosamente, mentre la mia lingua ispezionava ogni orificio, e le labbra, chiudendosi, succhiavano il clitoride. Afferrò il mio capo, spingendolo ancora verso il suo pube, che muoveva, convulsamente, in preda a numerosi orgasmi, il cui prodotto mi apprestavo a succhiare, goloso.
Nel frattempo sentivo il mio cazzo inturgidirsi rapidamente, raggiungendo la più potente erezione mai avuta. Sentivo i boxer stringere tremendamente, e tutto ciò che desideravo, adesso, era liberarlo dai vestiti ed inzupparlo in quella caldissima fornace.
Così feci, avvicinandomi a mia nipote e puntandolo dritto sul suo giovane fiorellino. Mi guardò, per un attimo ebbi l’impressione che volesse fermarmi, i suoi occhi erano quelli di chi non sa cosa fare. Poi, in un colpo secco, la penetrai.
Fu quando sentì un chiaro rumore, provenire dal suo fiorellino, avvertire, col glande, qualcosa lacerarsi, laggiù, ed il mio membro, avvolto da pareti strettissime, che capì cosa volessero dirmi quegli occhi, adesso chiusi in una smorfia di dolore. Ne rimasi stupito, mi sfilai da lei, sconvolto, inginocchiandomi e leccando, come una madre i suoi cuccioli feriti, le gocce di sangue che colavano dall’appena deflorato fiorellino.
“Perchè non me lo hai detto?” chiesi.
“Perchè ti volevo, e se te lo avessi detto non lo avresti mai fatto”. Mia nipote mi aveva capito. “Continua adesso, ti prego. Voglio essere tua, insegnami tutto”.
La presi il braccio, portandola sul tappeto e mi sdraiai su di lei. Iniziai a scoparla, lentamente, lasciando che le pareti si allargassero e si abituassero alla nuova presenza. La baciai, a lungo, mentre il suo bacino iniziava ad accompagnarmi nei movimenti, venendomi incontro, ansimando, in un misto di dolore e piacere, dentro la mia bocca.
Mi girò, mettendosi lei, questa volta a cavalcioni su di me. Esitò un attimo, quando si sedette sul mio cazzo lasciandosi penetrare completamente da questo, poi, iniziò a cavalcarmi, sempre più velocemente, ed io pregavo perchè fossi in grado di resistere il più possibile, mentre una strettissima e meravigliosa morsa faceva su e giù sul mio cazzo, lubrificato da un misto di sangue ed umori.
Capii che ero ormai prossimo all’orgasmo, e mi adoperai per affrettare il suo. La afferrai per il bacino, tenendola ferma, un paio di decine di centimetri sopra di me, e con rapidissimi movimenti, muovevo la mia pelvi verso l’alto. Le piaceva, si vedeva dai suoi occhi chiusi per il piacere, la bocca spalancata ansimare rumorosamente e, finalmente, dalle contrazioni vaginali, chiare testimoni di un potente orgasmo. La seguì a ruota, venendo dentro di lei, pochi attimi dopo.
Quindi, si accasciò su di me, restando così, ferma per qualche minuto. Le carezzavo la schiena, i capelli, le baciavo l’orecchio, mentre sentivo il suo respiro sul mio collo, tornare, lentamente regolare, ed i suoi battiti decelerare. La afferrai per il viso, ne ammirai le guance arrossate, gli occhi lucidi, e la boccuccia semiaperta, sulla quale mi lanciai con foga, baciandola con passione, per un tempo che sembrò infinito.
“Caro, sei ancora sveglio?” una voce impastata dal sonno risuonò dalla camera da letto al piano di sopra.
“Si cara, stò arrivando” urlai con il poco fiato che mi era rimasto nei polmoni. “Andiamo a letto, bambolina, o tua zia scoprirà tutto”.
Annuì con un sorriso, la osservavo, incantato mentre raccoglieva rapidamente le sue cose e si dirigeva in camera. Poi la imitai, sistemando alla menopeggio il tappeto e ficcandomi sotto le coperte, insieme a mia moglie, di nuovo addormentata. Caddi tra le braccia di morfeo, mentre odoravo le mie mani, che sapevano ancora del suo profumo, e sentivo il mio cazzo, ancora turgido, laggiù, ricoperto dei suoi umori.

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