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Racconti erotici sull'Incesto

Il diario di Ugo

By 6 Gennaio 2005Dicembre 16th, 2019No Comments

Una busta a sacchetto, indirizzata a me.
Lettere a stampatello. Mittente: Ugo Renzi, 11.765.171.
Impostata due giorni prima alla posta centrale di San Silvestro.
La apro.
Un quaderno e un foglio suo quale, a caratteri incerti &egrave scritto:
‘Caro Avvocato,
non credo che, pur avendo lo stesso cognome siamo parenti.
Perché ho inviato a te questo quaderno?
Non lo so.
Ho consultato l’elenco telefonico al nostro cognome, mi &egrave piaciuto il tuo nome, il tuo indirizzo, il tuo numero di telefono.
Io sto per partire per un lungo viaggio, lontano da ogni caos cittadino, dove potrò, finalmente, godere pace e serenità. Un luogo molto più bello delle spiagge caraibiche.
Non tentare di trovarmi.
Cosa devi fare del quaderno che ti invio?
Che ne so.
Fanne ciò che vuoi: buttalo, conservalo’ usalo al’ gabinetto!
Ciao,
Ugo’

Sul quaderno una etichetta, di quelle tradizionali.
Un titolo: ‘Diario di Ugo ‘ 11.765.171’
Una grafia discreta, che rivela una certa fretta, inquietudine.
A mano a mano che si procedeva nella lettura, la scrittura andava sempre più peggiorando, fino a divenire, verso la fine, quasi illeggibile.
Ogni pagina cominciava con: ‘Oggi,’.’ Seguito da una data.
Date non lontane. Solo qualche mese fa.
Mi scriveva di non cercarlo. Sarebbe stato inutile.
La prima cosa che feci fu di consultare l’elenco telefonico: nessuno con lo stesso cognome e nome. Pensai che, forse, il mistero era in quel numero. Poteva essere del telefono. Evidentemente le prime due cifre, 11, erano il prefisso. 11 non esiste, c’&egrave 011, Torino. Provai, ma la voce metallica e impersonale mi informò che il numero &egrave inesistente.
Alzai le spalle, tirai un sospiro.
Iniziai a leggere.
Avrei scorso qualche riga e poi mi sarei messo al lavoro.
^^^

‘Oggi’.’
E’ una giornata bellissima, ho deciso di invitare Giuliana. A lei piace il mare. A me piace lei. Mi é sempre piaciuta. Ha certi fianchi che fanno girare la testa, e un petto che non ti stancheresti mai di ciucciare.
Giuliana &egrave perfetta, e fa l’amore in modo stupendo, travolgente.
Io starei delle ore in tacita adorazione e celebrazione del suo sesso.
Le sue cosce dischiuse: un folto bosco scuro dal pube alle grandi labbra che s’intravedono, turgide e invitanti. Nessuna irrisione o profanazione nelle mie parole. Ognuno adora quello che vuole. E’ liberissimo di farlo.
Per me il sesso di Giuliana &egrave un tabernacolo. Si, un tabernacolo. No, non c’entra niente con le religioni. Per i Romani il tabernacolo era una tenda, la più bella, quella che ospitava il comandante. Il comandante che aveva il bastone del comando.
Io non comando, ma ho il bastone. E quella tenda di Giuliana &egrave il luogo dove il mio bastone trova pace.
E’ di fronte a me.
Delicatamente discosto le sue deliziosamente baffute labbrone’ ecco quelle più piccole’ rosa’ una fenditura netta, fatta a regola d’arte, che ogni tanto pulsa. E’ sovrastata da una piccola protuberanza che come la sfioro si imbaldanzisce.
A Giuliana piace sentire le mie dita, lì, intorno a quel suo stupendo sacrario, ed ancor più le piace ricevere l’omaggio delle mie labbra, della mia lingua.
Ora le telefono.
Giuliana ha accettato. Mi ha anche detto che lei sa come vanno a finire le nostre gite.
‘Perché ti &egrave sgradito?’
‘Ma sei matto, lo sai quanto mi soddisfa farlo! Dai, fra mezz’ora sarò pronta.’
Sono sotto casa sua, suono il clakson, si affaccia.
‘Vengo!’
Mi viene da sorridere’ viene’ di già?
Eccola che esce dal portone.
Io sono sicuro che non &egrave una mia fissazione, non sono i miei occhi, la mia fantasia. Giuliana &egrave un vero e proprio spettacolo, uno schianto di femmina, una favola.
E’ piccolina, ma non può passare inosservata.
Veste con ricercatezza ed eleganza, senza sfoggiare tolette strane. Ma sprizza sexappeal, carica erotica, sensualità, fascino, seduzione, da ogni poro. Dallo sguardo, dal sinuoso movimento dei fianchi, dalle bellissime gambe, perfino dai capelli.
Apro lo sportello. Entra. Mi da uno dei suoi voluttuosi baci a ‘succhio’. Non c’&egrave alcun freno, tra noi, nessuna inibizione. Ci guardiamo e sembra che già stiamo facendo l’amore. Ogni volta che ci incontriamo, i nostri occhi si incrociano, percorrono il corpo dell’altro, lo spogliano, mentre le lingue sentono il piacere di allacciarsi, di esplorarsi, di assaporare gli umori dell’altro.
Io credo che Giuliana già stia bagnando le sue mutandine, perché sento che qualche goccetta, timida e nello stesso tempo provocante, sta già gemendo dal mio glande.
‘Hai il costume, Giuly?’
‘Nella sacca. Lo indosserò al mare. E tu?’
‘Lo stesso.’
Solito stabilimento: Kursaal. Cabina di lusso, quelle con servizi, doccia, e il necessario per riposare’ o per scopare.
Ormai il bagnino ci conosce e ammicca.
Entriamo, ci spogliamo, restiamo nudi, a guardarci, come se non ci conoscessimo.
Giuliana afferra il mio coso, già bello eretto, e lo mena un pochino, delicatamente. Va a sdraiarsi sul letto. E’ il momento degli esercizi orali. La lecco lungamente, profondamente, e lei mi afferra la testa, la stringe a sé, sobbalza, si agita. Realizza quanto aveva preannunciato alla finestra’ viene’ come una pazza’
Mi spinge sul lettino, monta su di me, con la mia testa tra le sue gambe. E’ il suo modo di invitarmi al bis e nel contempo per preavvertirmi che la sua bocca, la sua lingua, non sarebbero rimaste inattive. E’ una meravigliosa esperta, in materia. Conosce ogni segreto per farti godere, e sa a perfezione cosa si attende il mio glande, il mio solco balanico, e quanto mi piaccia sentire carezzare i miei testicoli che non stanno fermi un momento. Quando si accorge che il suo lavoro sta raggiungendo il risultato previsto, quasi sempre in concomitanza col suo nuovo e più profondo orgasmo, stringe un po’ il glande, e accoglie l’omaggio del mio seme tra le sue splendide tette, che, grazie a lei, proseguono l’opera fino a totale svuotamento.
Poi una rapida lavatina.
Si indossano i costumi.
‘Ricaricati presto, Ugo.’
Ma lei sa che &egrave una raccomandazione superflua. Sono già pronto.
Tutto secondo consuetudine.
Bagno insieme’ finta scuola di nuoto per ulteriori piacevoli palpeggiamenti’ prenotazione al ristorante del Kursaal’ pranzo leggero’ pisolino sullo stretto lettino della quasi infuocata cabina, nudi, abbracciati, con scambio di bacetti, toccatine’ poi decisione di andare a casa. A casa mia, logicamente, dove il condizionamento &egrave quasi perfetto e si suda meno.
Torniamo abbastanza presto. Decidiamo per una ulteriore rinfrescata e, come era previsto, di nuovo a letto.
Giuliana, prima di infilarsi sotto il lenzuolo, gira per la camera, completamente nuda, si guarda allo specchio, si tocca il seno. Lo soppesa, sembra soddisfatta; si gira per constatare che anche le natiche rispondano sempre alla piacevolissima estetica, ne accerta, compiaciuta, la consistenza. Allaga un po’ le gambe’
A lei piace stare così, ‘sporcelluta’, come dice sorridendo.
Poi viene a letto. Non perde tempo, pone su me il suo corpicino da bambola, e mi struscia il petto con le sue tettine. Allunga la mano’
‘Sempre pronto, l’obelisco, eh, Ugo?’
Le afferro le chiappe. Le stringe, poi si rilassa.
Apre le gambe, si sorregge sulle ginocchia, alza il bacino.
‘Ed ora, obelisco, torna in piazza!’
Ci si impala avidamente, e resta così, quasi immobile.
Sento il suo ventre sussultare, la sua vagina contrarsi.
Mi guarda.
Il suo volto birichino &egrave divenuto serio, sognante’
‘Ugo, bambino bello, sei splendido, non mi sazierei mai di te’ ti desidero sempre, sei tutta la mia vita”
Si mette quasi seduta, su me. Sempre stringendo in lei il mio sesso impaziente. Comincia a cavalcarmi lentamente. Le piccole tette sobbalzano appena’ &egrave una perfetta cavallerizza; ne ha il fisico: minuto, asciutto, nervoso’ efficiente ed anche energico’
Sembra una cavalcata negli spazi infiniti d’una prateria’ ogni tanto un ostacolo, un balzo e lo supera. Un balzo che mi stordisce, mi inebria, mi fa sempre più salire verso le vette del piacere’
Stringe le gambe, come a spronare la sua cavalcatura, che freme sotto di lei, al suo tocco’
E’ in vista del traguardo’. Accelera’. Accelera’ rovescia il capo indietro, geme’ &egrave scossa, travolta da un orgasmo incontenibile. Lo stringe, si rilassa, torna a stringerlo’. Si abbatte su me, con un urlo’ priiiiiiiima’. Priiiiiima’.. Ho vinto!
E riscuote il premio: la coppa del mio seme si riversa in lei.
Prima che le tenebre calassero, cedette il ruolo d’amazzone per quello di giumenta. E vinse anche così.
Ebbe come un brivido, si riscosse.
Sedette sul letto, si alzò, andò nel bagno.
Quando tornò era vestita, pronta per andar via.
‘Come, vai via? Non resti con me?’
‘Lo sai, Ugo, mi piace tornare a casa’dopo.’
‘Aspetto, ti accompagno.’
‘No, resta, tesoro, chiamo un taxi.’
Telefonò per l’auto.
Si avvicinò al letto, si chinò, mi baciò appassionatamente.
‘Ciao, piccolo.’
‘Ciao, mamma’ ci telefoniamo.’
‘Certo bambino mio. Non dimenticarla la tua mammina.’
^^^
Epilogo inatteso. Mi sorprese, non me l’aspettavo, non immaginavo il legame intercorrente tra Ugo e Giuliana.
Questo, forse, era anche il motivo per cui la grafia andava peggiorando a mano a mano che il diario procedeva nel racconto.
Chiusi il quaderno, rimase pensoso.
Ma chi &egrave Ugo?
Ripresi il lavoro, rimandando il seguito della lettura a dopo.
^^^
‘Oggi”
Ho letto l’inizio dei ‘Sonetti lussuriosi’ dell’Aretino.
Fottiamci, anima mia, fottiamci presto
perché tutti per fotter nati siamo;
e se tu il cazzo adori, io la potta amo,
e saria il mondo un cazzo senza questo.
E se post mortem fotter fosse onesto,
direi: Tanto fottiam, che ci moiamo;
e di là fotterem Eva e Adamo,
che trovarno il morir sì disonesto
L’esortazione, fottiamci, non poteva e non doveva cadere nel vuoto.
Pensai subito a quel tocco di f’ di femmina che &egrave Eva.
Socchiusi gli occhi e me la vidi davanti, come nell’Eden. Senza la foglia, però, ed io ero il serpente tentatore. Anzi, non ero, ma avevo il serpente che la tentava, la provocava, la invogliava, la ingolosiva. Un bel serpentello ‘non tanto ‘ello’- col capo rubizzo, in cerca d’un rifugio, dove nascondersi. Ed Eva lo aveva il cespuglio, denso e riccioluto. Lì, certo, sarebbe stato al caldo.
Eva, vogliosa e generosa, lo ospitò. E tanto lo teneva caldo che lui cercava di ritornarci spesso, e per gratitudine ogni volta lasciava il suo miele, in quella tana palpitante.
Già. Dovevo leggerglielo, quel sonetto ad Eva.
‘Pronto, Eva?’
‘Si, ciao Ugo.’
‘Sto leggendo alcuni sonetti di Pietro l’Aretino, perché non vieni, così li leggiamo insieme?’
‘OK, aggiudicato! Aspettami.’
Nell’attesa ne lessi qualche altro.
Non passò molto tempo e udii una chiave che s’infilava nella serratura.
Certamente era Eva.
Infatti era in possesso delle chiavi del mio appartamento.
Venne direttamente nel tinello, dove ero in poltrona, intento a scorrere i versi di Pietro
‘Ciao Ugo.’
‘Ciao Eva.’
Stupenda come sempre. Giovanissima. Con gli occhi ridenti, le labbra carnose.
S’avvicinò, si chinò, mi baciò.
‘Cosa leggi?’
‘Te l’ho detto, i Sonetti dell’Aretino. Ma fatti vedere, sei proprio splendida. Bellissima quella mini, ma &egrave certo ciò che custodisce che la impreziosisce. Anche una camicetta nuova, non l’ho mai vista’ abbastanza trasparente, e tu non indossi altro’ nemmeno il reggipetto”
‘Perché credi che abbia bisogno d’essere sorretto?’
‘No, certo’ lo so bene! Dunque, roba nuova?’
‘Se ti riferisci all’abbigliamento, sì! Allora, questi versi? Interessanti?’
‘Vieni qui, siedi’ scorriamoli insieme”
‘Spetta che tolgo la mini, altrimenti si arriccia”
Rimase con un minuscolo tanga e i bei tondi e seducenti glutei in provocante mostra.
Sedette sulle mie ginocchia.
Riaprii il volume.
Ognuno leggeva per conto suo.
Eva si muoveva, quasi impercettibilmente, ma il ‘coso’ avvertiva’ e come!
‘Ecco, ferma qui, Ugo, fammi leggere.’
Lesse ad alta voce:
Questo cazzo vogl’io, non un tesoro!
Questo &egrave colui, che mi può far felice!
Questo &egrave proprio un cazzo da Imperatrice!
Questa gemma val più ch’un pozzo d’oro
Ohim&egrave, mio cazzo, ajutami, ch’io moro
e trova ben la foia in matrice.’
Ora il suo culetto si agitava sensibilmente, e le natiche strofinavano la patta, sempre più gonfia, quasi a volerla accogliere tra esse.
‘Come sa interpretare e descrivere gli impulsi, i desideri, le necessità d’una femmina. Doveva essere proprio un intenditore, questo Aretino. Ma tu, Ugo, sei arrapatissimo, attenti che scoppia nei pantaloni!’
Sorrideva maliziosa, ed ora muoveva anche le spalle mentre le mie dita le carezzavano il seno, le titillavano i capezzoli rossi e turgidi.
La presi in braccio, la portai nella camera da letto, sul letto. La deposi con delicatezza, sulla sponda. Le sfilai il tanga, ben inumidito; slacciai la blusetta. Tolsi tutto anche io.
Ero in piedi, di fronte a lei, di fronte a quel magnifico spettacolo della natura. Un corpo stupendo.
Si poggiò sui gomiti, mi guardò.
Fissò il mio fallo prepotentemente eretto.
‘Questo &egrave proprio un cazzo da Imperatrice!
Ohim&egrave, mio cazzo, ajutami, ch’io moro”
Le alzai le gambe, le posi sulle mie spalle. Di fronte a me il paradiso!
‘Ecco il tuo scettro, Imperatrice!’
Avvicinai il glande alla sua rosea e stillante vagina, e la penetrai lentamente, iniziando un voluttuoso andirivieni che fu accolto con entusiasmo, frenesia, impeto, fino a una esaltazione che cominciò da lei e ci travolse entrambi in un godimento che ci unì, nello stesso meraviglioso momento, in un vorticoso delirio dei sensi.
Poi mi sdraiai vicino a lei, e la accolsi tra le mie braccia.
Stesi la mano, presi dal comodino il libro di versi, che avevo portato con me.
Riprendemmo a sfogliarlo.
‘Eva, leggi qua..
Nel ben fotter ognuno si diletti
e pensi in usar ben cosa sì ghiotta
perché alla fine il culo, ovver la potta
sono del bello e buon dolci ricetti.
E qua’
Spectatori gentil, qui riguardate
una che in potta e in culo può saziarsi,
e in mille modi a fotter dilettarsi,
E ancora
il rimedio c’&egrave pronto, se volete
alzar le coscie più che potete
per ricever in cul un serviziale.’
Mentre leggevamo, Eva aveva messo la sua coscia sulla mia gamba, e sentivo l’umido dei suoi riccioli ancora bagnati del suo e del mio piacere. E si muoveva piano.
Le carezzavo le natiche. Insistevo tra esse, le titillavo il buchetto, che sapevo rosa, e che ardevo dalla voglia di baciare, lambire. Il dito vi girava intorno, provava a penetrarlo appena, lo sentiva palpitare, opporre un lieve resistenza, cedere. Si introduceva, entrava e usciva, l’ondulazione del grembo di Eva aumentava. Chiusi il libro, la baciai sulle labbra, cercai la sua lingua. Lei aveva afferrato il mio fallo e lo carezzava, deliziosamente.
Le sussurrai piano, all’orecchio:
‘Il rimedio c’&egrave pronto,
alzar le coscie più che potete
per ricever in cul ‘
Mi guardò dilatando le nari, palpitando. Si allontanò un po” alzò le cosce’
Mi misi in ginocchio, tra quelle cosce splendide e invitanti. Raccolsi un po’ del molliccio umore della sua vagina e delicatamente lo cosparsi sul suo buchetto che occhieggiava tra le stupende natiche. Ne presi ancora, lo misi sul mio glande impaziente’ lo avvicinai a lei, la punta proprio al palpitar del suo buchetto, la fissai, mi fissava. Spinsi, dolcemente, mi fermai, spinsi ancora, cominciava a mollare, ancora una spinta e fui in lei, fino in fondo, fin quando i miei testicoli non batterono sulle sue chiappe calde e sode. La guardai ancora. Fece un breve cenno di assenso, col capo. Iniziai a stantuffarla, appassionatamente, e sentivo il suo ventre ondeggiare, fremere’ allungai la mano per titillarle il clitoride’ sobbalzò. Era una cosa bellissima, incantevole, e quando sentii che era presa dall’orgasmo, mi abbandonai al piacere, e mi svuotai in lei. Completamente. Rimanemmo così un po’. Poi mi sfilai piano piano, lei abbassò le gambe, giacqui su lei.
Mi carezzò il volto.
‘Che bello, Ugo, che bello.
Che grand’uomo Pietro, e come bene dice’
che questa fottitura &egrave la più ghiotta,
che piacque a donna, a cui ben piacque il cazzo.
Sei meraviglioso, fratellino mio.’
‘No, sei tu incantevole sorellina mia!’
^^^

Chiusi di nuovo il diario.
Non mi raccapezzavo.
Quindi, Giuliana era la mamma ed Eva la sorella!
Ma perché ha mandato a me quel diario?
Chi &egrave Ugo?
Non potevo rimanere in quello che era, ormai, divenuto un dubbio tormentoso.
Decisi di andare all’anagrafe. Se non era un nome di fantasia qualcosa avrei trovato. Così speravo.
L’impiegato fu gentilissimo. Il fatto di essere un avvocato, alla ricerca di una persona, per motivi delicati e urgenti, comunque vantaggiosi per il cercato, mi facilitò il compito
Il computer informò che Ugo Renzi, di anni 23, era morto cinque giorni prima.
‘Mi spiace’ ‘disse l’impiegato- ‘non ho l’indirizzo. Qui &egrave scritto che il decesso &egrave avvenuto presso l’Istituto per il cancro.’
Ringraziai, uscii.
Certo all’Istituto avevano notizia migliori. L’indirizzo, quanto meno recapito dei parenti.
Non fu facile superare lo sbarramento della privacy. Per fortuna credettero alla mia storiella. Il Direttore Sanitario ricordava benissimo Ugo Renzi, comunque mandò a prendere la cartella clinica. Molto voluminosa.
La aprì.
‘Ecco, vede, avvocato, il Renzi &egrave morto per una grave e rara forma di leucemia, incurabile, resistente ad ogni ritrovato terapeutico.
E’ una storia lunga.
Lo conoscevamo da anni, potremmo dire da sempre.
La malattia si &egrave manifestata che era ancora bambino, e in un primo tempo sembrava aggredibile dai moderni ritrovati della scienza. Anzi c’&egrave stato un periodo in cui tutti ci siamo illusi: lui e noi. Poi le cose, lentamente ma inesorabilmente, sono andate sempre peggio. Non c’&egrave stato nulla da fare.
Ugo era tranquillo. Esteriormente sembrava rassegnato, ma si comprendeva che era tormentato nel suo animo.
Un ragazzo nato e vissuto senza affetti.
Inoltre, era affetto da una totale impotentia coeundi, dovuta a un insieme di fattori, da quelli endocrini, che riguardano DHT e prolattina, a quelli neurologici che si riferiscono all’interruzione dei circuiti interessati all’erezione.’
Ascoltavo sempre più sbigottito.
‘Quindi, dottore, vuol dire che il povero ragazzo non ha mai avuto rapporti sessuali?’
‘E come avrebbe potuto averli, nella sua condizione.’
‘Scusi, vorrei parlare con la madre, con la sorella, con qualcuno della famiglia, potrebbe darmi il loro indirizzo?’
Il medico sorrise, tristemente.
‘Ugo era qui da oltre cinque anni. La sua residenza era qui.
In precedenza era presso il Centro di assistenza ‘Mano tesa’, quando non era da noi.
Non ha mai avuto una famiglia.
Alla clinica ginecologica l’hanno trovato che aveva poche ore. Infreddolito, avvolto in una vecchia copertina.
La sua sola famiglia &egrave stata quel ‘Centro’.
Nessuna madre, nessuna sorella.
Una volta sarebbe stato detto ‘figlio di ignoto’, questo povero e sfortunato ragazzo. Lo hanno battezzato Ugo, gli hanno dato il cognome Renzi. La sua matricola era 11.765.171.’
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Sulla mia scrivania, il quaderno era li.
Chiuso.
Sull’etichetta, in nero, caratteri incerti: ‘Diario di Ugo Renzi ‘ 11.765.171.’
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