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Racconti di DominazioneRacconti erotici sull'Incesto

Le mie troie

By 15 Giugno 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

 

Ciao, sono Marco, ho 23 anni. Vi racconterò delle mie schiave, di come ad un tratto la mia vita sia completamente cambiata. Io due sorelle: Chiara, 2 anni meno di me, e Vanessa, 4 anni meno di me. Insieme a mia madre e mio padre apparteniamo ad una famiglia benestante del milanese. Mia madre Marina, ad oggi 43 anni, ho scoperto recentemente essere un’assidua frequentatrice di questo sito, anche se voi la conoscete con un altro nome. Per questo ho deciso di scrivere con lei un racconto a quattro mani che racconti la mia storia. Ma ora bando alle chiacchiere. 

 

(Io)

 

Tutto è cominciato sette anni fa, avevo 19 anni. Devo ammettere di non essere un gran figo, diversamente dalle mie sorelle, ho preso tutto da mio padre, che se non fosse stato pieno di soldi ho i miei dubbi che avrebbe conquistato una donna come mia madre. Lui ha un piccolo studio legale, mentre mia madre non fa niente nella vita a parte shopping e andare in palestra. Mia madre è completamente succube a mio padre, è una donna dal carattere molto debole e insicuro. Ma tornando a me, come dicevo prima, essendo bruttino non avevo avuto assolutamente nessuna esperienza ed in 19 anni non avevo dato nemmeno un bacio. Nonostante questo ero un ragazzo molto rispettato a scuola e nella mia compagnia perché sono uno di quei ragazzi che sono definiti bulli, non per attirare l’attenzione, ma proprio per piacere personale nell’essere un bastardo. Ma tutto cambia quando meno te lo aspetti. Un giorno non avendo voglia di entrare in classe decido di bigiare la scuola per andare in un bar a far colazione e poi dirigermi a casa a giocare al computer. Mia madre intanto la mattina dopo aver accompagnato a scuola me e le mie sorelline passa tutta la mattina fra palestra e centro estetico, per poi uscirne alle 13 per passarci a prendere a scuola. Fatto sta che quella mattina aveva cambiato i suoi programmi, infatti, rientrato a casa, sentendo dei chiarissimi gemiti mi sono diretto verso camera dei miei. La porta è aperta e affacciandomi lentamente senza farmi notare vedo mia madre leccare il cazzo di un ragazzo sulla trentina. Lui era disteso sul letto ad occhi chiusi e gemeva a bocca aperta. Lei era inginocchiata per terra, indossando solo un perizzomino rosa che spariva stupendamente fra le sue natiche sode come il marmo. I capelli raccolti in una coda ormai mezza sfatta. Labbra rosse come il fuoco, rese tali da un rossetto che aveva sbavato sul glande del ragazzo. Per un momento ho pensato che mi si sarebbero strappati i pantaloni per quanto il cazzo mi spingeva contro la patta dei pantaloni. Istintivamente presi il cellulare e cominciai a filmare la scena. Mia madre muoveva la sua bocca in modo regolare lungo il cazzo ingoiandolo quasi completamente per poi far riapparire il cazzo dalla sua bocca. Con una mano in mezzo alle gambe di lui gli accarezzava i testicoli. Ogni tanto smetteva di succhiare per tirare delle forti leccate al glande soffermandosi a stuzzicarne la punta. Dopo averlo scappellato, ricominciava a succhiarlo con ancora maggiore foga. Il ragazzo però sembrava riuscire a resistere ritardando il suo orgasmo. Molto presto le parti s’invertirono. Fu mia madre a coricarsi sul letto e il ragazzo ad inginocchiarsi. Purtroppo la posizione non mi permetteva di vedere la scena, ma potevo immaginarmela. Lui dopo averle sfilato le mutandine, affondava la sua testa tra le cosce di mia madre. Mia madre si mordeva spesso il labbro inferiore per non urlare e inarcava la schiena come se fosse ad un passo dall’impazzire dal piacere. Di colpo lui smette di leccarla e alzatosi le pianta subito il cazzo nella sua passera senza tanta finezza. Tira forti colpi di bacino contro mia madre, che non riesce più a tenere la bocca chiusa e ad ogni affondo del giovane emette un urlo che le si strozza in gola. Bastano pochi colpi perché entrambi esplodano in urli allucinanti e che lui le innaffi seno e bacino di bianco seme. Per poi andare nel bagno della stanza dei miei (ogni camera da letto ha il suo bagno) a pulirsi. Lei rimane lì in stato comatoso, senza la forza di muoversi e con la respirazione molto accelerata. Ancora qualche minuto per riprendersi e poi si alza anche lei per prendere un fazzolettino dal comodino e ripulirsi la pancia. Ritornato lui si baciano appassionatamente per poi distendersi un po’ sul letto. Sospendo la registrazione e mi nascondo meglio per non correre rischi, mentre i due piccioncini cominciano a discutere. 

Mam(Marina, mia madre): “Paolo sei sempre fantastico, riesci a farmi impazzire ogni volta”

Paolo: “Mica sono un cazzo-moscio come quel cornuto di tuo marito, che non è capace di scoparsi una donna come te”

Mam: “Te l’ho detto più di una volta che non devi parlare di Simone(mio padre) quando siamo assieme, comunque dice sempre di essere troppo stanco, ma secondo me ha un’amante. Per questo io lo ripago della stessa moneta”

Paolo: “Allora perché non lo pianti se ti tradisce?”

Mam: “Non sono mica scema, hai visto dove vivo, non faccio niente tutto il giorno, i miei figli vanno nelle scuole più care e poi è un avvocato mi lascerebbe senza un soldo se lo piantassi…no, non posso farlo!”

Paolo: “Va beh fai un po’ come ti pare, io adesso devo andare. Domani mattina parto e sto via una settimana, ci vediamo quando torno”

Sentendolo alzarsi dal letto, mi fiondo al sicuro in camera mia. Aspetto che lui se ne sia andato e che mia madre sia andata sotto la doccia per svignarmela e recarmi davanti a scuola dove è arrivata mia madre a prendermi con le mie sorelline sui sedili posteriori. Appena arrivato a casa mi fiondo in camera mia mentre aspetto che mamma prepari il pranzo. Accendo il computer e comincio a scaricare il filmato dal cellulare. Dopo poco Vanessa entra in camera mia dicendo che era pronto in tavola, ho fatto appena in tempo a ridurre ad icona il video. Dopo pranzo passo parecchio tempo a lavorarci al pc per migliorarne la qualità audio e video, mi diletto spesso con software video. La giornata passa velocemente, mi sono fatto anche un paio di seghe. Ma a parte questo il fatto che mia madre tradisse mio padre mi turbava molto e ci pensai tutta la notte. Il giorno dopo finsi di star male per starmene a casa, mia madre dopo aver accompagnato le ragazze a scuola è tornata a farmi compagnia. Appena tornata è venuta a svegliarmi e si è seduta sul letto al mio fianco. Indossava dei pantaloncini a mezza coscia e una magliettina che sembrava comprimerle il seno in modo esagerato. Mia madre fino a 2 anni fa aveva una seconda scarsa ma ora, grazie alla chirurgia, ha una quarta.

 

Mam: “Qualcosa non va tesoro?”

Marco: “No no, tutto a posto, a parte il fatto che ho un po’ di nausea, perché?”

M: “No niente, è che mi sembra palese che stai fingendo ed è da ieri pomeriggio che sei strano”

Decisi di cominciare a sondare il terreno.

Marco: “Mamma, volevo chiederti una cosa. Qualche giorno fa ti ho sentita parlare al telefono con un ragazzo, Paolo, mi sembra e qualche voce comincia a girare. Stai tradendo papà?”

M: “Ma no tesoro, non preoccuparti sono solo menzogne messe in giro da male lingue”

Marco: “Ti prego non mentirmi, dimmi la verità” 

M: “Ma è la verità, non conosco nessun Paolo”

Il sorriso sincero che faceva mentre mentiva così spudoratamente mi faceva incazzare e sono esploso di rabbia.

 

(Mamma)

 

Come cavolo faceva a sapere tutte ste cose!? Non importa, in qualunque modo lo abbia scoperto, per ora sono solo sospetti. Se nego con convinzione i suoi dubbi spariranno. Però tutto un tratto Marco viene colto da un attacco d’ira.

Marco: “Ma porca puttana, smettila di prendermi per il culo, lo so che quando papà non c’è ti fai scopare come una troia da quel figlio di puttana”

E’ stato un gesto istintivo, forse per il tono di Marco o forse per il fatto che ero con le spalle al muro ma gli tirai uno schiaffo e feci per andarmene senza dire niente, ma prendendomi per un polso mi trattenne sul letto.

Marco: “Ti ho vista sai, ieri mattina, con Paolo. Sono tornato a casa e vi ho visti. Sei un grandissima stronza, puttana”

Ero sconvolta, non sapevo che fare, non sapevo cosa dire, non sapevo come uscirmene. Dalla tensione, cominciai a piangere.

Mam: “Ti prego non dirglielo, ti scongiuro, ti supplico. E’ stato un errore, non provo niente per lui, giuro che non lo vedrò più, ma ti prego non dire niente a tuo padre…”

Marco: “Non lo so mamma, non è giusto. Facciamo così, giuro che non gli dirò niente ma in cambio esaudirai un mio desiderio, ok?”

Mi sentii subito sollevata, forse l’avevo scampata. 

Mam: “Si amore, qualunque cosa vuoi sarà esaudita. Ti compro qualunque cosa vuoi, dimmi cosa vuoi e te la regalerò. Cosa vuoi?”

Mi asciugai le lacrime. Stetti li a guardarlo, era titubante, doveva essere qualcosa di costoso, ma ero pronta anche a spese folli per quel segreto. Ma erroneamente ero sollevata da quella situazione che purtroppo avevo frainteso. Dopo ancora un attimo di incertezza Marco prese coraggio e allungando una mano mi afferrò saldamente un tetta palpandomela talmente forte da farmi male. Mi si raggelò il sangue nelle vene ero pietrificata. Marco si è fatto coraggioso, forse dalla mia mancata risposta, e comincio a palparmi con entrambe le mani. Non ce la facevo a muovere un muscolo, ero veramente paralizzata. Ma alla mano che tentava di risalirmi dentro la maglietta, fu come essermi destata di colpo. Gli tirai un secondo schiaffo che rimbombò in tutta la stanza per qualche secondo. Ero allo stesso tempo offesa, infuriata e schifata da quel gesto.

Mam “Che cazzo fai???Non permetterti più, che schifo, che schifo, che schifo. Sei mio figlio porca puttana, cosa cavolo ti passa per la testa”

Marco sembro bacillare per un secondo, pensai che sarebbe fuggito dalla mia vista da un secondo all’altro. Ma così non fu.

Marco: “Hai detto che avresti esaudito ogni mio desiderio o sbaglio?”

Mam: “Certo ma non pensavo fossi un pervertito che pensa di fare cose sconce con sua madre. Non pensavo che il tuo desiderio fosse palparmi le tette o farmi” 

Marco: “Infatti quello non era il mio desiderio. Il mio desiderio è che d’ora in poi sarai la mia schiava ed eseguirai qualsiasi mio ordine, questo era un piccolo anticipo”

Rimasi a bocca aperta, per una seconda volta il fiato mi era venuto meno. No, non potevo permettere che una cosa del genere accadesse. Al solo pensiero di mio figlio rabbrividivo.

Marco: “Ok allora dovrò dire tutto al babbo, chissà come la prende?”

Mam: “Fallo pure, ma certe cose te le scordi!!!Tanto poi non ti crederà. Ora basta, vado a farmi un giro, per oggi e per il mangiare arrangiati, pervertito.”

Detto questo sono uscita frettolosamente da casa e presa la macchina sono fuggita il più velocemente possibile. Tornai con le ragazzine dopo la scuola, evitai accuratamente Marco. Solo a cena ci ritrovammo tutti a tavola, ma evitavo accuratamente di incrociare il suo sguardo. La notte fu un sollievo, ci misi quasi mezz’ora ad addormentarmi, ma poi il sonno fu ristoratore. Mi svegliai presto, ancora prima che la sveglia di mio marito suonasse. Stavo bene nel tepore delle coperte, pensai a quanto sarebbe stato bello avere Paolo li a coccolarmi da sotto le coperte. Ma il pensiero di Paolo mi fece presto ricordare della giornata precedente. Avrei voluto con tutta me stessa che ciò fosse stato solo un incubo, ma non lo era. Mi alzai per andare a bere un bicchiere d’acqua per mandare giù il magone che avevo in gola. Fu come aver visto un fantasma, sulla porta della nostra camera da letto c’era appesa una mia foto, mentre succhiavo il pene di Paolo. Pregai Dio di farmi svegliare se questo era un sogno, ma realizzando che non lo era, presi la foto e mi diressi subito da chi sapevo essere il responsabile. Gli saltai addosso mentre dormiva, bloccandolo sul letto. 

Mam: “Ma sei impazzito? Sei completamente andato fuori di matto? Sai cosa sarebbe successo se Simone l’avesse vista? Non permetterti, sai!? NON PERMETTERTI!!!”

Marco: “Sei stata tu a volerlo, non hai voluto esaudire il mio desiderio!? Adesso ne paghi le conseguenze. Ora vattene, troia! Domani ce ne saranno talmente tante sparse per casa che non te la potrai cavare come oggi. Hai tempo fino a sta sera prima di andare a dormire per pensarci. Se accetterai dovrai venire da me prima di andare a dormire, baciarmi con la lingua e dirmi ‘Sono la tua umile schiava pervertita e non aggiungere altro, nessun ‘ma’ nessun ‘se’. Sta attenta, però, qualsiasi altra frase non sarà presa come un ‘sì’ e ne pagherai le conseguenze. Ora vai troia!!!”

Mam: “Ma…”

Marco: “Ho detto di andartene, puttana!”

Mi alzo, mi sento sconfitta, mi sento completamente sopraffatta e impotente. La giornata è stata particolarmente lunga, ho svolto tutte le mie faccende con la testa fra le nuvole. Cercavo una soluzione un compromesso da proporre a Marco per distoglierlo da questa malsana idea. Quello che era certo era che non potevo permettere che Simone scoprisse un mio tradimento, qualunque fosse stato il prezzo da pagare, ma allo stesso tempo il solo pensare a mio figlio in senso sessuale mi procurava schifo per me stessa e conati di vomito. Cenammo, non sapevo più dove picchiare la testa, il termine era vicino. Simone venne più volte in cucina a darmi bacetti sul collo chiedendomi se era tutto a posto. Mentii dicendo che ero solo un po’ stanca. Mentre mi dirigevo verso camera di Marco arrivai persino a pensare di offrirgli 28.000 Euro, tutti i miei risparmi, e di pagargli anche una prostituta se era il sesso che voleva. Ero convinto che di fronte a una simile offerta il suo desiderio sarebbe barcollato. Mi sedetti sul suo letto. Mi guardava senza dire una parola, aspettava la mia risposta.

Mam: “Ho pensato a una proposta, che ne dici…”

Marco: “Zita troia!La tua risposta”

Mam: “Aspetta, lasciami…”

Marco: “Ho detto zitta!!!La tua risposta, solo la tua risposta, nessuna proposta, nient’altro che una risposta.”

I conati di vomito ricominciarono, non sapevo più che fare. Le lacrime scendevano in continuazione sulle mie guance. Non ebbi altra scelta. Mi avvicinai a lui, fu come se una scarica da 2.000 Volt mi attraversasse quando le nostre labbra si sfiorarono. Rimasi li ad aspettare una sua reazione a quel contatto a quella vicinanza delle nostre bocche semiaperte. Non mosse un solo muscolo, inconsciamente avrei voluto fosse lui a mettermi la lingua in bocca, mi sarei sentita più obbligata, più forzata a quel gesto. Dovetti essere io però ad aprire le sue labbra con la mia lingua. La mia nausea cresceva costantemente. Mi ricordo la schifosa sensazione di quella viscida lingua. Avevo messo la lingua in bocca a mio figlio e stavo cercando la sua lingua, seppur vittima di un ricatto. Improvvisamente mi sentii veramente troia come Marco mi aveva definita più volte in quei due giorni. Anche la sua lingua comincio a muoversi attorcigliandosi alla mia. Cominciai a concentrarmi unicamente sul bacio, dimenticando di chi fosse quella bocca. Furono secondi eterni cui seguirono poche parole che segnarono il resto della mia vita, di quella di Marco.

Mam: “Sono la tua umile schiava pervertita”

Mi alzai, mi sentivo come un oggetto senza un’anima. Spensi la luce e chiusi la porta. Andai a dormire, quella notte, caso più unico che raro, mio marito aveva voglia e mi scopò a lungo.

 

 

Il racconto è completamente frutto della fantasia, ogni riferimento a fatto o persona è puramente casuale.

 

 

(Io)

 

Quella notte ero eccitatissimo, continuai per ore a fare congetture e piani per godermi al meglio ciò che da domani avrei avuto a disposizione. Pensai a tutti i possibili modi di agire e a tutti i rischi, volevo che tutto andasse per il meglio. Mi addormentai molto tardi, a mattina ormai inoltrata. La mattina spensi subito la sveglia, non avevo voglia di sprecare una mattinata così importante fra i banchi di scuola. Mia Madre non vedendomi alzato è subito venuta a svegliarmi per prepararmi. Si è seduta sul letto e mi ha dato forti scrolloni per svegliarmi. Le avrò detto centinaia di volte quanto odio essere svegliato in maniera rude, ma sembra non sentirmi ogni volta. Apro nuovamente gli occhi e la guardo. Seduta sul mio letto con i lunghi capelli castani raccolti in una coda, una camicetta bianca e una gonna scura lunga appena sopra il ginocchio. 

Mam: “Su Marco svegliati che sei in super ritardo. Muoviti a prepararti altrimenti farai fare tardi anche alle tue sorelle.”

Marco: “Non rompere, non vado a scuola oggi”

Mam: “Piantala! Ti sei già dato malato ieri, l’altro ieri non sei andato a scuola. Oggi devi andare, muoviti!”

Marco: “Ma allora non ci siamo capiti. Qui quello che da gli ordini sono io. Tu non devi permetterti di darmi alcun ordine. Tu sei la schiava, io il padrone. Io do gli ordini tu li esegui. Non voglio più mancanze di rispetto chiaro!?”

Mia madre rimase in silenzio, era senza parole, come se fosse riuscita a dimenticarsi dell’accaduto e alle mie parole le fosse ripiombato tutto addosso. Abbasso lo sguardo e non rispose.

Marco: “E non solo vai a prendere un quaderno, ti aspetto qui, muoviti!”

Sempre a testa bassa si alzò e usci dalla stanza. Mentre era di la, sentii Chiara lamentarsi che erano in ritardo.

Mam: “Chiara aspetta un secondo, Marco non sta bene, arrivo subito. State di qui non vorrei vi attaccasse qualcosa.”

Subito dopo rientro in camera, chiuse la porta alle sue spalle e accese la luce. Si è riseduta sul letto, ha aperto il quaderno e aspettava che dicessi qualcosa, ormai costantemente a testa bassa.

Marco: “Allora ascolta che lo dirò una volta sola. Su quel quaderno scriverai le regole che io ti dettero man mano che mi verranno in mente, le dovrai imparare a memoria e rispettarle alla perfezione. Se disobbedirai sarai punita. Ora scrivi in alto il titolo ‘Le Regole di una Schiava del Sesso'”

Sgranò gli occhi, fissandomi terrorizzata.

Marco: “Stai tranquilla basterà che stai ben attenta a non farlo trovare da nessuno. Regola numero 1: Mi rivolgerò al mio Master chiamandolo sempre Padrone e ogni volta che il Padrone chiamerà dovrò subito accorrere al suo cospetto. Regola numero 2: Ogni desiderio del mio Padrone è un ordine. Devo sempre obbedire agli ordini del Padrone, qualsiasi cosa essi comportino. Se disobbedirò o se il Padrone non sarà soddisfatto del mio operato, sarò felice di essere punita. Regola numero 3: Il Padrone odia essere svegliato bruscamente, salvo ordini contrari, ogni mattina dovrò svegliarlo con un dolce lungo passionale bacio sulla bocca. Per ora basta così. Vai ad accompagnare le ragazze e torna subito a casa. Appena torni vieni a svegliarmi. Ora vai!”

La vidi dubbiosa su cosa fare, sembrava indecisa se provare a ribellarsi o abbassare il capo e andarsene. Abbassò il capo e se ne andò. Mi voltai nuovamente dall’altra parte per rimettermi a dormire.

 

(Mamma)

 

Avrei voluto ribattere, avrei voluto tirargli uno schiaffo per togliergli quel ghigno che aveva stampato in faccia, avrei voluto controbattere, ma non ho fatto niente di tutto ciò, sono stata zitta e sono uscita con la coda fra le gambe. Mi facevo schifo da sola, mi sentivo una nullità, una foglia in balia del vento. Mi sono affrettata ad accompagnare Chiara e Vanessa a scuola, erano già in abbondante ritardo. Lasciate le ragazze a scuola, mi sono avviata verso casa. Ero in panico, cosa avrei fatto una volta a casa. Sapevo che sarebbe finita come ieri sera e sta mattina, non sarei riuscita ad oppormi. Ero nel panico, non mi venivano in mente alternative per quanto ci pensassi, per cui decisi di limitarmi a seguire le indicazioni di Marco. Arrivata a casa avrei dovuto svegliarlo subito, ma l’idea di ribaciare mio figlio mi dava il voltastomaco. Rimasi a camminare avanti e indietro per il salotto pensando al da farsi. Il percorso che portava alla sua camera non mi era mai sembrato così corto e penso di non averci mai messo così tanto tempo. Aprii la porta e mi ritrovai di fronte il suo letto. Era lì davanti a me, così dolcemente immerso nei suoi sogni. Lo guardai con l’amore che una madre prova per un figlio, quasi rifiutando l’idea che il mio caro dolce Marco mi stesse ricattando. Poi fissai quelle labbra, quelle che si sono impossessate della mia bocca la notte scorsa e quelle che mi rifiutavo di baciare. Penso di aver passato quasi mezz’ora davanti a quel letto. Poi, cercando di dimenticare che avevo davanti mio figlio, cercando di dimenticarmi di mio marito, delle mie figlie e di me stessa mi sono chinata verso quelle labbra. Sentivo il suo caldo respiro uscire da quelle labbra socchiuse senza un proprietario. Le ho sigillate con le mie spingendo la mia lingua in profondità, avevo gli occhi chiusi. Mi sentivo una sedicenne emozionata per il suo primo bacio. Spinsi la mia lingua in profondità nella sua bocca, che prese subito vita. Le sue labbra cinsero la mia lingua aspirandola, mentre la sua lingua cercava di intrecciarsi con la mia. La sua bocca sembrava non voler più lasciar andare la mia lingua. Forti schiocchi accompagnavano i brevi distacchi delle nostre labbra. Mi Stavo abbandonando a quelle labbra, ma non potevo pretendere di tenere fuori la realtà dalla mia testa per sempre. Aprendo gli occhi, vidi la faccia di Marco e la realtà mi ripiombo addosso. Mi ritrassi di scatto, i conati si rifecero sentire come non mai. Abbassai la testa e richiusi gli occhi cercando di rinnegare ciò che era appena accaduto.

 

Marco: “Wow, quello di ieri sera è stato il più emozionante essendo stato il mio primo bacio, ma questo è stato veramente su un altro livello.”

Mam: “Cosa? Il tuo primo bacio? Non ti fa schifo l’idea di aver dato il tuo primo bacio a tua madre!?”

Ci ero ricascata, per quanto ci riprovassi non si può sfuggire alla realtà.

Marco: “Certo che no, anzi, mi eccita molto. E’ capitato spesso nei miei sogni di immaginare questa situazione, ma la realtà è molto meglio.”

Mam: “Mi fai schifo, sei un porco pervertito! Che razza di figlio mi ritrovo…”

Mi sono interrotta, ma era troppo tardi. Certe parole che prima non riuscivo a dire quando avrei voluto urlarle, mi sono sfuggite quando cercavo di trattenerle con tutta me stessa.

Marco: “Ma brava…prendi il quaderno. Regola numero 4: Non devo mai rivolgermi al mio Padrone in maniera aggressiva e offensiva. Messa per il scritto questa regola, che pensavo logica e sottintesa, e dato anche il tuo ritardo, non credo tu ci abbia messo due ore ad accompagnare le ragazze a scuola, penso che meriti una punizione. Hai incominciato male mamma, davvero male.”

Un brivido gelido mi corse lungo la schiena, pietrificata dal terrore, ho quasi smesso di respirare. Marco alzatosi dal letto si è diretto verso la sua scrivania. Era in pantaloncini da calcio e maglietta bianca, penso non indossasse boxer visto che i suoi pantaloncini erano spinti in avanti dal suo pene, formandogli un allungata patta triangolare. Immagino che sia l’effetto del mio bacio. No, di nuovo quel ricordo, sembrava impossibile dimenticarlo. Aperto un cassetto, Marco ha estratto qualcosa, per poi tornare da me nascondendolo dietro la schiena. Ma il suo sorriso mi faceva rabbrividire. Mi si è fermato davanti, ero impietrita seduta sul suo letto, non mi sono neanche scostata quando il suo pacco mi ha colpito in faccia. Continuavo a guardare in alto con i suoi pantaloncini che mi strusciavano sulla guancia separando il suo pene dalla mia pelle. Mi mostro ciò che aveva preso dalla scrivania, realizzai subito, cercai di alzarmi e scappare ma fu tutto inutile.

 

(Io)

 

Sapevo che avrebbe reagito così, sapevo che avrebbe tentato di sfuggire alla punizione. Ma come una cagna va punita quando sbaglia, in modo che capisca ciò che non va fatto. Dalla scrivania ho preso del nastro da pacco. Quando l’ha visto ha tentato di spingermi via e scappare ma le ho afferrato i polsi e l’ho rischiacciata sul letto, salendole sopra per bloccarla.

Marco: “Allora troia, con questo scatto hai peggiorato ulteriormente la tua situazione. Ora hai due possibilità: puoi stare ferma, lasciarmi fare e subire la tua punizione; oppure puoi agitarti, farmi fare fatica e subire una punizione molto peggiore. In ogni caso sarai punita.”

Finalmente a capito che non poteva sfuggirmi ero molto più forte di lei. Mi ha lasciato fare, le ho unito i polsi con il nastro per poi fissarli alla testa del letto. Presi anche due mie cinture da un’altro cassetto fissandole le caviglie alle gambe del letto, lasciandola a gambe divaricate e impossibilitata a chiuderle. Cercava di non guardarmi, tenendo sempre il volto girato dall’altra parte. Mi alzo nuovamente, prendo un paio di forbici e le appoggio sul comodino.

Marco: “Queste sono per dopo”

Poi apro la mia cartelletta da disegno tecnico e prendo la mia riga da 60 cm.

Marco: “Ora supplicami!”

Mam: “Ti prego Marco slegami, ti scongiuro. Lasciami andare, sono tua madre, cosa vuoi fare? Non hai schifo, questo è incesto, è anche contro la legge. Lasciami…”

Marco: “BASTA, ZITTA!!! Come al solito una zoccola come te non ha capito un cazzo. Intendevo supplicami di punirti perché te lo meriti!”

 

(Mamma)

 

Non ce la facevo più, era come se fossi attraversato da centinaia d’emozioni portate all’esasperazione. I miei nervi avevano ceduto, facevo fatica a trattenere le lacrime, ma mi sentivo gli occhi gonfi. Mi rendevo conto di star cadendo in un vortice senza fondo e che ora mi trovavo sul cornicione dell’abisso. Chiusi gli occhi e feci un salto.

Mam: “Padrone, ti prego puniscimi come meglio credi e perdonami per il mio comportamento.”

Alzò il braccio che riscese come una furia. Non ebbi la forza di guardare, chiusi gli occhi appena vidi la riga scendere. Fu un intenso calore che mi tolse il fiato e si tramuto subito in una fitta lancinante. Mi ha colpito sulla tetta destra, che mi brucia come una matta. Ma dopo pochi secondi un’altra frustata pareggia i conti con la tetta sinistra. Inarco la schiena come a voler sottrarmi alla portata di quei colpi, mi mordo il labbro inferiore per soffocare ogni urlo. Una terza frustata, una quarta, una quinta, una decima frustata cade sui miei seni. Mi contorco, il dolore è insopportabile, ma essendo legata non posso sottrarmi hai colpi. Allo stesso tempo, quel velo di razionalità che mi rimane, mi autoimpone di non lamentarmi, comincio a capire come comportarmi. So benissimo che lamentarmi farebbe solo peggiorare la mia punizione.

Marco: “E con questa sono cento, prendi fiato”

Quelle ultime parole nella mia situazione, mi fecero quasi provare un senso di gratitudine nei suoi confronti. Spalancai la bocca, che dopo aver messo un lungo gemito, cerco di aspirare più aria possibile. Ogni respiro mi doleva il seno, ogni respiro era un inferno eppure mi sembrava di essere perennemente a corto di fiato. Sentii le sue mani sulle mie ginocchia. Le ho sentite scorrere verso l’alto trascinando la gonna con loro. Le mie difficoltà a respirare mi fecero rinunciare ad obbiettare. Non volevo mostrarmi a mio figlio, cavolo era mio figlio, me ne ero dimenticata ancora. Non potevo permettermi di mostrare le mie intimità a mio figlio. Raccolsi tutto il fiato possibile per chiedergli di fermarsi, quando le sue mani si fermarono senza che aprissi bocca. La gonna si era fermata all’altezza del pube, un centimetro più in alto e avrebbe incominciato a lasciare scoperte le mie mutandine. Le uniche cose scoperte erano le mie gambe, coperte dal una velatissima calza collant 8 denari.

Marco: “Non preoccuparti sarai mia schiava per molto molto tempo, non vado di fretta e poi che ne dici: pensi di aver espiato tutte le tue colpe o vuoi che ti punisca ancora?”

Oramai ho capito il suo gioco perverso e perverso era la parola giusta. Se dicevo sì, sarei stata punita ancora, se dicevo di no sarei stata punita per la mia presunzione, però sottomettendomi e supplicandolo di essere punita forse sarebbe stato più buono con me.

Mam: “No, ti prego, puniscimi ancora. Le mie colpe sono troppo grandi, non avrei mai dovuto mancarti di rispetto.”

Sorrise e per la cento e unesima volta il suo braccio si alza. bersaglio questa volta sono le mie cosce. Altri numerosi colpi si divisero equamente tra la mia coscia sinistra e quella destra. Non riuscivo più a trattenere le lacrime che sgorgavano e scendevano lungo le mie guance. Anche la mia bocca emetteva un urlo soffocato ogni colpo. Furono cento anche i colpi sulle gambe.

Marco: “Ok, hai espiato le tue colpe, spero che la lezione ti sia servita, ci saremmo potuti divertire di più se ti fossi comportata bene” 

Ero esausta, mi doleva tutto i corpo e le parole di Marco mi sembravano cosi lontane, ma allo stesso tempo mi rimbombarono nella testa. Aprii leggermente gli occhi. Vidi marco che mi tagliava uno ad uno i bottoni della camicetta. Dopo averla aperta tagliò anche il reggiseno e me lo tolse. Fu una liberazione, il dolore al seno si attenuo leggermente.

 

(Io)

 

Al taglio del reggiseno è come se le tette della mamma stessero per esplodere, balzarono fuori, per poi ricadere su di lei. Il suo petto era mosso da profondi e violenti respiri. Mia madre era esausta, ho pensato pure che fosse svenuta o addormentata, ma sentendola respirare non me ne sono preoccupato. Le sue tette erano gonfie e rossissime. Nonostante quella precedente fosse stata solo una tortura i suoi capezzoli erano rigidi e drittissimi. Non potevo resistere, mi ci buttai senza poter più aspettare un solo secondo. La mia bocca si attacco alla sua aureola succhiandola più forte che potevo. Mentre con una mano stringevo l’altro capezzolo fra pollice e indice e glie lo tiravo, come volessi strapparglielo. Mia madre riprese improvvisamente vita cominciando ad emettere brevi acuti urli. Probabilmente le tette le dolevano ancora molto e il mio modo rude di trattarle non doveva migliorare le cose. Ormai ero al limite dell’eccitazione. Ho dovuto far ricorso a tutta la mia forza di volontà per non strapparle collant, mutandine e ficcarglielo dentro. Comunque cercavo di sfogare tutta la mia eccitazione su quell’enorme indifeso seno. Continuavo a succhiarle un seno, cercando di usare anche un po’ di denti. Cercai di farle un succhiotto sul seno, ma non ero bravissimo, non avendone mai fatti, anche se alcuni miei amici mi avevano detto che era così che si facevano. Mi riuscì anche abbastanza bene lasciandole una leggera macchia rossa sulla tetta. Intanto il capezzolo torturato dalle dita si era irrigidito e allungato ulteriormente. Molto di più del suo gemello sull’altra tetta. Mentre continuavo a succhiarle le tette e leccare i lividi su di esse, cominciai a masturbarmi con la mano libera. Forse sono veramente un pervertito, come dice mia madre, ma la vista e l’odore delle sue depilatissime ascelle sudate mi eccitava tantissimo e mi attraevano tanto che la mia lingua, in breve tempo, passo dalle tette a leccarle l’ascella. Ormai ogni centimetro del suo corpo era eccitante per me, veneravo completamente la sua bellezza, era stupenda. La mia lingua continuava ad assaporare la sua pelle, aveva un gusto aspro e salaticcio. La sua faccia era sconvolta da un misto fra solletico e piacere.

Mam: “Ti prego…ahh ahh… basta mi fai il sol..ahh..letico…ahhh”

Stava impazzendo, quest’ulteriore tortura mi eccitava ancora di più. Abbandonata un’ascella passai all’altra assaporandola a pieno. Volevo assaggiare ogni centimetro del suo corpo. Passai al collo, dove mi supplico di non farle succhiotti per ovvi motivi. Non staccando mai la mia bocca e la mia lingua dal suo corpo mi spostai dal suo collo, alla sua bocca, passando all’orecchio per poi ridiscendere verso il suo ventre e l’ombelico fino al limite della gonna. Non potevo più resistere, mi sono tolto i pantaloncini e mi sono messo in ginocchio su di lei infilandole il cazzo fra le tette. Incredibile vedere come il mio pene a malapena uscisse dall’altra parte di quel seno. Le sue tette erano ancora rossissime. Le afferrai di nuovo il seno, stringendo forte i capezzoli tra le dita. La sensazione di quel seno stretto attorno al mio cazzo era paradisiaca. Erano così calde e morbide. Cominciai a muovermi, ma il movimento non era per niente agile. Sputai sul mio cazzo e fra le sue tette per ridurre un po’ l’attrito. Ora il mio pene scorreva meglio. Cominciai a prendere un ritmo sostenuto. Da sopra di lei la osservavo. Da prima guardava schifata il mio cazzo poi, chiuse gli occhi come a pregare che tutto finisse al più presto. Nella mia testa mi sono fatto un veloce sunto della situazione che mi ha eccitato a dismisura. Ero in camera mia, dove ho legato al letto mia madre e, dopo averle torturato e succhiato i seni, mi stavo facendo una spagnola con le sue tettone. Non vedevo l’ora di venire sul quel bel visino schifato. Accelerai ulteriormente i colpi, stringendo maggiormente seno e capezzoli. Ogni mia spinta, le usciva un gemito di dolore. Non potevo più resiste, un orgasmo incredibile mi attraverso. Le schizzai diversi schizzi sul volto. Ogni colpo fra le tette usciva uno schizzo di caldo sperma dal mio cazzo per caderle sul volto. Diversi schizzi le atterrarono anche sulla bocca, che però era serratissima, altri su occhi, fronte e capelli.

 

(Mamma)

 

Finalmente era finita. Provavo allo stesso tempo rabbia e pena per me stessa. Ero seminuda, legata al letto di mio figlio, dove Marco ha abusato del mio seno, per poi sborrarmi in faccia. Tant’è che lo sperma sugli occhi m’impediva di aprirli. Il forte odore del suo seme mi entrava nelle narici fino al cervello. Proprio a me, che mai a nessuno ho permesso di venirmi in faccia o in bocca, per lo schifo che provo per il seme maschile.

Marco: “Wow, mamma sei fantastica. Non ho mai goduto così tanto. Ora mi ci vuole proprio una birra e una doccia, tu aspettami qui, mi raccomando non ti muovere…ah ah ah”

Che stronzo avrei una voglia matta di strozzarlo ma sono legata, vorrei urlargli dietro e insultarlo, ma se aprissi anche solo minimamente la bocca lo sperma che ho sulle labbra vi colerebbe dentro. Quindi rimasi lì, concentrandomi a tener chiusi occhi e bocca, con un odore che mi sembrava sempre più forte e il mio corpo che mi doleva in ogni punto. Dopo un tempo interminabile Marco tornò, mi slaccio le caviglie e taglio il nastro ai polsi. Mi diede in mano un fazzoletto con cui mi pulii la faccia, cosa che feci subito. Stavo per urlargli contro quando mi anticipò.

Marco: “Prima di dire qualsiasi cosa avventata, per poi pentirtene, ripensa al regolamento. Considera anche che hai ancora un’ora prima di dover andare a prendere Chiara e Vanessa. Puoi passarla facendoti una doccia e riposarti un pochino oppure puoi dirmi quello che vorresti dirmi e utilizzeremo quest’oretta per un ulteriore punizione”

Di nuovo quel ghigno, che odio, che stronzo. Abbassai la testa per l’ennesima volta, non dissi niente. Dopo essermi alzata mi abbassai la gonna e mi avviai verso il bagno. Una volta raggiunto, vi sono entrata e ho richiuso la porta alle mie spalle.

 

 

LE REGOLE DI UNA SCHIAVA DEL SESSO

 

1) Mi rivolgerò al mio Master chiamandolo sempre Padrone e ogni volta che il Padrone chiamerà dovrò subito accorrere al suo cospetto.

 

2) Ogni desiderio del mio Padrone è un ordine. Devo sempre obbedire agli ordini del Padrone, qualsiasi cosa essi comportino. Se disobbedirò o se il Padrone non sarà soddisfatto del mio operato, sarò felice di essere punita.

 

3) Il Padrone odia essere svegliato bruscamente, salvo ordini contrari, ogni mattina dovrò svegliarlo con un dolce lungo passionale bacio sulla bocca.

 

4) Non devo mai rivolgermi al mio Padrone in maniera aggressiva e offensiva.

 

 

Il racconto è completamente frutto della fantasia, ogni riferimento a fatto o persona è puramente casuale.

 

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