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Racconti erotici sull'Incesto

Mia sorella Giuseppina 35

By 2 Febbraio 2008Dicembre 16th, 2019No Comments

Ultima modifica martedì 26 Febbraio 2008

i miei racconti
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Sequenza di
Mia sorella Giuseppina
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Essendo lunedì, il ristorante era chiuso e la cena come in ogni famiglia normale, si consumava a casa. Attorno al tavolo si percepiva un clima sereno e cordiale ove le portate si avvicendavano. Giuseppina, come presa da una frenesia inarrestabile, serviva le pietanze, versava da bere e cambiava i piatti, lasciando tutti gli altri seduti e tranquilli.

Cercava di non pensare a tutti gli avvenimenti che le erano accaduti. Il bidello, i ragazzi, il professore e le parole dello zio: tutto le ritornava in mente con chiarezza assoluta. Si vergognava di aver mentito al suo caro zietto, ma non sapeva come poter cominciare a spiegare il problema. Al pensiero di tornare a scuola l’indomani si sentiva morire di vergogna. Si sentiva stanchissima e doveva fare ancora i compiti. è dispiaciuta a pensare che erano oramai alla fine dell’anno, ma non aveva solo i compiti di scuola. Le venne in mente la mail ricevuta e si rese conto che doveva rispondere.

‘Giuseppina. -La chiama il padre per attirare l’attenzione.- Oggi ho visto la madre di Rossana e mi ha detto che durante la verifica di matematica sei stata sorpresa a copiare.’

Tutti i pensieri che turbinavano nella testa svaniscono all’improvviso. A quelle parole rimane gelata ed impietrita ad osservarlo.

Non ha alzato la voce, né le è parso arrabbiato; tuttavia l’ha osservata negli occhi ed ha detto, con un tono del tutto livellato che tradiva il mal celato nervosismo.
‘Dopo cena, vieni nel mio studio, Giuseppina.’

E’ rimasta qualche secondo ad osservarlo, sconvolta dall’emozione ed anche dalla paura. Conosce bene il significato di quella frase. Sta andando a ricevere una sculacciata. Ha tremato un poco pensando all’ultima che aveva ricevuto: non era riuscita a dimenticarla, anche se era passato molto tempo oramai. Vorrebbe dire qualcosa, ma non riesce a pronunciare una sola sillaba. Continua ad occuparsi della cena, mentre pensa che non può trattarsi di una cosa troppo grave, dopotutto; non ha
avuto neppure un brutto voto: né una D, né una E. Non poteva oltretutto ribattere visto che il compito era stato giudicato meritevole di ottimo.
Non osa contrastare il padre cui ne ha una reverente soggezione..
‘Quella gran puttana.’ Pensa fra se stringendo i pugni.

Seduta a tavola, finisce di mangiare, ma continua a pensare alle sculacciate passate. Un mezzo sorriso le appare sul volto, rammenta che, dopo tutto, non hanno mai fatto tanto male. Strappando un pezzo di pane coi denti dice fra sé, dispiaciuta e sollevata. ‘Già, non molto.’

Non si era accorta del silenzio che era sceso a tavola e solo la televisione rompeva apparentemente il gelo. Osserva il fratello che la guarda. Il suo sorriso le fa capire che egli è fin troppo compiaciuto. Vedere quel ghigno sul volto di lui la rende nervosa e arrabbiata.

Finito di sparecchiare la tavola, corre in camera e si cambia. Le sculacciate erano un evento di carattere eccezionale nella sua famiglia, e di una serietà fuori dal comune. All’ultimo minuto, le è venuto in mente di cambiarsi: al posto del perizoma ha indossato un paio di slip sgambatissimi di pizzo. Non aveva intenzione di indossare i migliori che avesse ma sono quelle, le prime mutandine che ha trovato. Oltretutto non voleva far aspettare il padre: la punizione sarebbe stata ben maggiore.

Ha bussato alla porta ed è entrata nello studio. L’ha visto subito. Come sempre, stava seduto sulla poltrona dietro alla scrivania. Resta ferma a guardarlo per qualche attimo, mentre l’uomo che l’ha messa al mondo continua, intento, a scrivere sul registro. Poi lui alza la testa e ricambia, serio, il suo sguardo.
‘Copiare un compito in classe è inaccettabile. Per questo, mia cara giovane signorina… Avrai sei sul nudo.’

Non aveva bisogno di ulteriori istruzioni. Sapeva cosa volesse dire. Anche se erano passati anni dall’ultima volta, sapeva come regolarsi e come comportarsi. Rimbocca in alto il vestito sorreggendolo con il mento contro il torace mentre ha abbassato le mutandine. Si ferma qualche istante, incerta. Lui non l’ha mai vista depilata ed ora, non sa cosa fare. Quella sottile striscia di peli che ha conservato tracciano una via inequivocabile verso il suo pube. Con fatica, tenendo le ginocchia unite, prosegue il grave compito che le aspetta, calandole fino alle caviglie.

Per un qualche motivo che non le è mai stato spiegato, il rito consueto la obbliga a restare in piedi ferma in quella posizione per un minuto o due con le mutandine abbassate e la gonna sollevata in alto, lo sguardo rivolto verso il basso in attesa di un accenno da parte del padre. Si sente sollevata che non ci sia ad assistere suo fratello: se ci fosse anche lui, a far da spettatore, ciò sarebbe per lei un’ulteriore umiliazione.

Sentiva l’aria fredda accarezzarle le natiche e le parti intime. Non poteva immaginare cosa potesse pensare suo padre. Ferma com’era, non poteva osservare neppure il suo sguardo. Era passato molto tempo dall’ultima volta e ora lui la stava guardando mezza nuda e con la figa depilata. Giuseppina sentiva arrossire le guance di vergogna e si reputava fortunata per non essere obbligata a guardare il padre in volto.

Le fà un cenno con la mano e con piccoli passi si avvicina. Appoggia una mano sulla scrivania e l’altra sul bracciolo della poltrona e si allungata sulle gambe paterne. La testa è quasi a terra e lei si sorregge con le mani per stare meno scomoda.

Come ricordava, non ci sono preliminari o avvisi. Le passa una delicata carezza sulle chiappe nude, anche per togliere l’orlo della gonna. Giuseppina percepisce chiaramente la grande mano ruvida e callosa, dovuta dal lungo lavoro ai fornelli della cucina al ristorante. Trema involontariamente, mentre resta in attesa che arrivi la prima sculacciata.

SPAFF… Il primo schiaffo le è arrivato inaspettato e fortissimo. Ha stretto i denti e non si è lamentata. Sperava che l’intera punizione fosse veloce ma lui aspetta a lungo. Sente il calore dove la pelle è stata battuta e tenta di calmare i muscoli senza irrigidirli.

SPAFF… Un altro schiaffo violentissimo le è arrivato sul bel culetto. Potrebbe quasi dire di aver sentito l’aria passare fra le dita mentre la mano arrivava velocissima contro la sua povera pelle. Respirava con affanno sentendo il vivido dolore bruciarle la carne. Si ricorda come quando si è specchiata e ha visto come fosse uniformemente abbronzata. Chissà cosa stava pensando suo padre in quel momento, si chiede fra se preoccupata.

SPAFF… Anche stringendo i denti, le scappa un mugolio di dolore. Abbassa ancor più la testa arrivando quasi a toccare la gamba del padre. Non ricordava che fosse così doloroso, essere sculacciata. Impreca fra sè, contro Tonino e suo fratello. Si dice che è stata tutta colpa loro, se ora si trovava in quella situazione.

SPAFF… La pausa di attesa stavolta è stata minima: non si aspettava lo schiaffo così presto. Mugola dal dolore, mentre involontariamente le scendono le lacrime. Vorrebbe fermarle ma non ci riesce. Cerca di rilassare i muscoli delle gambe ma è come se sentisse le chiappe rimbalzare ancora dopo che è stata picchiata dalla mano pesante. Nell’attesa che arrivasse lo schiaffo successivo cerca di respirare profondamente. Il tempo passa lungamente e le lacrime scendono copiose.

SPAFF… ‘Mmmmhhhh…’ Geme, cercando di non urlare. Singhiozza mentre respira con difficoltà. Il sedere le fa sempre più male. è sicura che questa volta la mano è atterrata più in basso, appena sopra le labbra della vulva.

SPAFF… Singhiozza e non riesce a fermare le lacrime che scendono copiose. Silenziosamente ha invocato aiuto, dimenticandosi, per via del bruciore insopportabile, che questa è l’ultima sberla, per questa volta. è certa che il dolore le arriva anche dalle piccole labbrine della vulva. La mano è atterrata violentemente sulla delicata pelle delle cosce, urtando anche la sensibilissima vagina. Il dolore è tale che quando il padre le ha accarezzato la pelle livida, ha tremato pensando che stesse arrivando l’ennesimo schiaffo.

La tortura, perché di tortura si tratta, è finita. L’ha aiutata ad alzarsi e lei, dopo essersi asciugata le lacrime con il dorso della mano, si è diretta come di consueto verso l’angolo dello studio.

La parte finale della punizione, consiste nello stare dieci o quindici minuti nell’angolo a meditare. Ha camminato verso lo sgabello con difficoltà per via degli slip di pizzo alle caviglie mentre con le mani si sorreggeva la gonna. Si ricordava lo sgabello. Non lo ha mai visto utilizzato se non per quelle occasioni. Era stato posizionato appositamente nell’angolo al solo e unico scopo di proseguire la punizione. Si è piegata in avanti sulle braccia appoggiandosi al piccolo mobile, con i gomiti e la fronte sul dorso delle mani.

Come finisce di posizionarsi, il padre si avvicina e come di consueto le alza la minigonna allungandola lungo la schiena e dopo aver deposto sul suo tenero, infiammato culetto un’ultima carezza, torna a sedersi sulla poltrona. In questo modo Giuseppina si ritrova con la parte inferiore del corpo completamente nuda ed esposta. L’aria fresca accarezzava la pelle che le brucia violentemente. Può solo immaginare come possano essere completamente rosse le chiappe e le cosce.

La parte superiore dello sgabello era progettata per risultare giusto sotto l’altezza della vita, in modo che il punito dovesse piegarsi il più possibile, per cui quel giovane corpo eccitante era costretto ad allargare i piedi mentre restava appoggiato sopra il mobiletto.

Dopo averla guardata compiaciuto, si siede nuovamente. Nelle narici l’aroma della vulva della figlia. La mano calda, fremente ancora del tocco severo sulla pelle delicata. Stringe il pugno compiaciuto, turbato dai lascivi pensieri.

In quella posizione, Giuseppina soffriva. Non le era permesso muoversi, girare la testa o fare un qualsiasi movimento. Non rispettare le regole della punizione avrebbe significato altre sculacciate, a dozzine, probabilmente con la cinghia invece della mano.
Così ha nascosto la faccia, come era abituata a fare ed ha aspettato. Passava il tempo cercando di ascoltare ogni tipo di rumore e cercare di identificarlo, in attesa di potersi rialzare invece di pensare all’errore fatto e al motivo della punizione che aveva ricevuto.

Ha sentito il padre sedersi e schiarirsi la gola. Poi ha sentito un rumore come di strusciare di vestiti. Pensa che si stia ricomponendo. Ha potuto percepire il suono della chiusura lampo.
Non poteva esserne certa ma ha cercato di carpire ogni possibile rumore, mentre era in quella posizione scomoda nell’angolo.

Ha creduto di riconoscere altri rumori, come lo strusciare di vestiti, la respirazione più pesante del normale e un sospiro o due. Non può esserne certa, ma non le è consentito girare la testa per guardare. Un paio di sospiri piuttosto forti provengono tuttavia chiaramente dal padre e poco dopo, un aroma pungente riempie improvvisamente la stanza.

Il piacere della masturbazione. La mano calda che vibra ancora della carne della figlia. La visione paradisiaca del sedere con la piccola vulva semi aperta davanti ai suoi occhi. Il piacere proibito del sogno incestuoso. Lì, davanti ai suoi occhi dopo molto tempo. Lì, nella sua mano, la dura consistenza del piacere pronto a esplodere. Lì, il caldo della mano che fino a pochi istanti prima aveva toccato il proibito.

Con bramosia ha afferrato con la mano calda, resa tale dalla battuta contro il sedere della figlia, l’asta del pene già perfettamente in erezione. Si è seduto e liberate le palle, ha iniziato un movimento dal basso verso l’alto e viceversa che copre e scopre la pelle del prepuzio. Dal principio lentamente: poi via, via che la soglia del piacere aumenta, l’uomo accelera il movimento.

La mano corre ora sempre più velocemente senza fermarsi. Il piacere intenso che sta provando lo porta brevemente all’orgasmo. Stringe la mano attorno all’asta mentre gli schizzi copiosi partono contro il petto e la pancia riversandosi sul suo fazzoletto. Continua ad andare avanti freneticamente finchè appagato ed esausto si ferma. Lo sperma è colato anche sul pollice. Si pulisce e si ricompone, non prima di aver piegando e riposto accuratamente lo straccio.

Giuseppina ha sentito chiaramente lo strusciare dei vestiti e dei movimenti alle sue spalle e, distintamente, il caratteristico rumore raspante della chiusura lampo.

‘Alzati e girati.’ Le dice con voce greve e minaccioso.

Con difficoltà si solleva, e voltatasi, si riposiziona trattenendo la gonna con il mento appoggiato contro lo sterno. Non sa se riceverà ancora una punizione e non sa come comportarsi.

‘Mi auguro che non capiti mai più. Rivestiti.’

Infilate le mutandine, Giuseppina fa successivamente un passo verso il padre per dargli un bacio sulla guancia come è d’abitudine alla conclusione delle punizioni.

Corre in camera, e spera in cuor suo, che mai e poi mai, una cosa così terribile si possa ripetere.
Accende il computer e mentre attende che si apra il server di posta, si massaggia il sedere. Non si ricordava come fosse doloroso. Anche attraverso il leggero tessuto della gonna e delle mutandine, può percepire il calore della pelle arrossata.

Apre la mail del Signor X e la legge con attenzione.
‘Le affido un compito molto importante. Dovrà scrivere un elenco di tutte le attività sessuali che ha effettuato. Ogni persona con cui è stata e cosa ha fatto. Con quale oggetto ha penetrato la sua figa. Che tipo di porco gioco ha fatto con i suoi piccoli amici. Lei descriverà tutto. Dalla prima volta che ha accarezzato la sua dolce figa, al primo cazzo che ha sentito dentro di sé. Dovrà altresì ricordare le sensazioni che ha ricevuto dalla figa e il piacere che ne è derivato.’

Non le va proprio, di dover elencare tutte le proprie esperienze sessuali. Eppure sa di non poterlo evitare. Freme nel sedersi sulla sedia. Le chiappe le dolgono.

‘Le sarà vietato andare nei bagni della scuola a fumare di nascosto o bere liquori alle feste degli amici, se non le verrà espressamente consentito da me o dal mio incaricato.’

Riflette fra sé, che quel giorno non aveva più aspirato una sigaretta, anche se durante l’intervallo si era riempita i polmoni di fumo passivo.

‘Non indosserà mai più intimo. Ne reggiseno, ne mutandine se non espressamente richiesto.’

‘Chissà cosa avrebbe detto papà nel trovarmi nel suo studio senza nulla sotto.’ Non sapeva come fare ad esaudire questo comando alla lettera. Pensava alle parole di sua madre e a quelle dello zio. L’una le aveva chiesto di non andare più in giro per casa nuda, l’altro di vestirsi da troia. Con una smorfia sul volto si ricorda delle parole di suo fratello.
‘Devi restare nuda.’
Pensa alle tette che le ballano libere e alla sensazione che ha provato in spiaggia. Arrossisce e si sente avvampare il volto dalla vergogna.

‘Si deve depilare completamente. Ascelle, inguine e gambe.’

Fortuna che non era arrivata molto presto a casa. In questo modo suo padre ha potuto vedere la sottile striscia di peli e non la totale depilata che stava per accingersi a fare.

Davanti al computer mentre scrive, come richiesto, tutto quello che le è accaduto fin dalla sua ‘prima volta,’ ripensa alla sculacciata ricevuta poco prima. Allunga una mano in una carezza lasciva fra le gambe, e si stupisce della sensazione deliziosa che l’assale istantaneamente.
Cerca di dare un significato ai suoni e agli odori che ha avvertito durante il suo tempo trascorso nell’angolo: incapace di capire completamente, ha continuato però ad accarezzarsi con il dito medio lungo il taglio della figa per soffermarsi al clitoride ed ha cominciato a masturbarsi delicatamente.

Si ferma improvvisamente infastidita. Doveva assolvere al compito che il padrone misterioso le ha imposto. E poi ha ancora i veri compiti di scuola da fare.

Maxtaxi

Aiutatemi a migliorare. Aspetto le vostre critiche.
Sono in attesa delle vostre proposte e suggerimenti da inserire nei prossimi capitoli’

taximassimo@yahoo.it ‘ mail e msg nelle poche volte che sono collegato.

Questo romanzo non deve essere riprodotto elettronicamente o a mezzo stampa senza la mia autorizzazione scritta.
This novel should not be reproduced electronically or in print with out my written permission.

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