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By roscoporcellone@hotmail.com

E’ la vigilia di Natale e la famiglia Bazzi si riunisce, come ogni anno, per il tradizionale cenone natalizio.

I signori Adelina ed Eusebio, gli anziani padroni di casa, hanno la gioia di accogliere in casa la loro grande famiglia composta dai figli lontani che, con coniuge e prole, rientrano nel luogo natio per le vacanze di fine anno.

Adelina ed Eusebio hanno tre figli: Antonio, Vincenza e Benito.

Antonio è il più grande, ha 59 anni ed è sposato con Raffaella, una distinta signora bolognese della stessa età, ed ha due figli ventenni (Gabriele e Marco). Antonio lavora a Berlino e scende in Italia, con tutta la famiglia, tre volte all’anno: a Natale e a Pasqua a Modena, per stare con i suoi, e ad agosto in riviera per due settimane.

Vincenza ha 50 anni, è sposata con Leonardo, che fa il commercialista e ha 55 anni, vivono a Bologna ed hanno due figlie: Debora di 25 anni e Arianna di 18.

Poi c’è Benito, il rampollo più giovane (o, diciamo, meno vecchio) della casata. Ha 48 anni, è single e, pur risiedendo a Bologna, è in pratica sempre fuori, spostandosi in tutto il nord e centro Italia per conto della ditta di costruzione di impianti a gas per cui lavora come promotore.

La signora Adelina inizia dal mattino presto a trafficare tra cucina e tinello per preparare il cenone, e in breve una distesa di pasta sfoglia occupa tutto il tavolo. Poi si mette a preparare la farcia. Nel pomeriggio Vincenza, finito il turno all’ufficio dell’Inps dove è impiegata, raggiunge la casa dei genitori per dare una mano alla madre e così, entrambe con un grosso fazzoletto annodato sulla testa e dei grembiuli legati addosso, stanno ad impastare ed infornare.

Raffaella, pur trovandosi lì a casa, non prende parte ai lavori e resta in salotto a dialogare amabilmente col suocero. Con la sua aria distinta e da donna colta evita ogni contatto con le massaie impegnate in cucina, e discorre col suocero le notizie che il vecchio Anselmo legge dal giornale.

Sul far della sera, come è tradizione, i nipoti trafficano intorno al grande albero messo nel salone per addobbarlo di luci colorate ed intermittenti, stelle filanti e palline dorate e glitterate. E’ tradizione che ognuno poi sistemi lì sotto i regali per i familiari. Poi ci si mette a tavola per il cenone.

Lo zio Benito, insofferente alle atmosfere natalizie per via del suo essere scapolo, anche quell’anno è in una fase tra il depresso e l’arrapato. Vuole anestetizzare la frustrazione per la mancanza di una compagna attraverso un flusso ininterrotto di pensieri e brame lussuriose. Rientra a casa dei suoi alle 7 di sera, accompagnato dalle fantasie su ragazze molto sexy che si muovono sinuose ed esplicitamente provocanti, in succinti due pezzi rossi e cappuccio da Babbo Natale in testa. Sono le pin-up protagoniste del film porno noleggiato la settimana prima al Blockbusters. Di quella serata con i parenti, tutti a festeggiare e gozzovigliare, non ne ha proprio voglia e anche quello concorre ad aumentare il suo fastidio.

Appena varca la soglia di casa ecco che Debora, la bella nipote venticinquenne, figlia di sua sorella Vincenza, gli si avvicina e lo abbraccia stampandogli poi un bacio sulla guancia. Che cara ragazza! Sempre gioiosa e sprizzante allegria. “Buon cenone, zio! Io sono ospite dalla famiglia di Mario…”, e, prima di avviarsi, indica il suo ragazzo che porge sorridente la mano. Benito osserva sorridente la nipote allontanarsi e riflette su quanto sia davvero una bella persona. Allegra, solare e ottimista. Si è diplomata allo scientifico e adesso studia medicina all’università. Compiaciuto da tanta positività la vede dunque allontanarsi e osservandole il didietro gli ritorna fulmineo alla mente il pensiero delle ragazze in bikini del porno natalizio.

Debora ha un bel fisico e un culo sodo e rotondo, valorizzato ancora di più dal jeans nero elasticizzato che lo stringe e disegna alla perfezione. Oltrepassa la porta e zio Benito segue con gli occhi quel culetto muoversi lento e invitante, poi, chiusa la porta, si desta e va nel salone a sistemare i pacchetti natalizi sotto l’albero.

Si sente indolente; indifferente ad ogni manifestazione festaiola, nonostante in casa regni un’atmosfera frenetica di preparativi e dalla cucina e dal soggiorno arrivi tutto il vociare confuso del parlottio dei parenti.

Nel salone però, sola e intenta a sistemare pacchetti infiocchettati, c’è Arianna, la sorella fresca diciottenne di Debora. Una bella figliola proprio come la sorella. Lei però non è solare e sempre allegra come Debora. E’ più riservata e chiusa ma sa aprirsi ed essere altrettanto allegra e di compagnia come l’altra, ed è comunque sempre gentile e rispettosa.

Benito rimane sulla porta con una busta della spesa piena di pacchetti in mano e osserva la nipote piegata in avanti intenta ad accatastare i regalini sotto l’albero.

Com’è cresciuta la Arianna… Però… Si è fatta proprio una signorina… Anzi, guarda là, è una donna! Pensa lo zio osservandola piegata su un ginocchio, sporta in avanti e tutta presa dal mettere i pacchetti scostando un po’ scocciata i rami e le palline tintinnanti che le danno fastidio.

Zio Benito percorre con lo sguardo la linea della schiena che scende sul culetto rotondo e sporgente della nipote, poi prosegue sbirciando le cosce che si svelano subito perché la posizione del ginocchio rialzato fa ritirare l’orlo del vestitino aderente che la ragazza indossa. Un tubino rosso e stretto che risalta le forme toste e maturate della diciottenne che, quando si accorge dello zio incantato ad osservarla, prima sorride divertita con le labbra e con gli occhi, poi lo saluta voltandosi verso di lui non solo di faccia ma ruotando tutto il corpo, di modo che (molto maliziosamente) con un ginocchio alzato e l’altro a terra si possano vedere le mutandine rosse spuntare dal tubino ritiratosi.

“Oh, ciao zio Ben!”, lo saluta Arianna con una vocina squillante. Lui sussulta ridestato dai pensierini che stava cullando sulla bella nipotina che, a sua volta, gli fa segno di farsi avanti per mettere i pacchetti con lei.

Lo zio non si abbassa. Si avvicina e porge la busta alla nipote che la prende sorridente e piazza i pacchetti sotto l’albero. Il tubino di Arianna è stretto e smanicato, lascia spalle e petto scopertissimi e arriva fino alle tette e lo zio si chiede perplesso e anche contrariato come possano quegli stupidi dei genitori permettere ad una diciottenne di vestirsi (o meglio, svestirsi) in modo così sfacciato e senza pudori, come una puttana.

Quella parolaccia accostata alla nipote gli ha subito suscitato un incontrollato moto tra le gambe.

Puttana! Mia nipote è una puttana! Riformula più volte nella mente questo concetto e il cazzo gli si ingrossa nelle mutande, e lui scopre che la cosa oltre a turbarlo lo diverte.

Fissa la nipote, inginocchiata accanto a lui, che a sua volta ad ogni pacchetto che appoggia alza lo sguardo verso suo zio; uno sguardo che è insieme divertito, birichino e malizioso. Poi, quando vede quello con su scritto il suo nome, gli chiede: “zio Ben, non sarà mica la solita patacca di ogni anno!?”.

Lo zio non risponde, rimasto spiazzato dall’uscita di Arianna, che poi incalza. “Essù dai zio. Puoi farmi di meglio. E io posso meritarmelo, sai…” e nel dirlo si mette i pugni ai fianchi, drizza la schiena sporgendo il petto in fuori (risaltando la quarta misura del suo prorompente seno di diciottenne) e con un’aria corrucciata e ammiccante fissa lo zio che la guarda e deglutisce incredulo e confuso.

L’impudente nipote ha notato il gonfiore nei pantaloni di vigogna dello zio e, con la spudoratezza degli adolescenti di oggi, sta osando l’inosabile. Con la scusa di sistemare alcune decorazioni dell’albero si rimette in piedi e si piega in avanti per sistemare quelle più distanti. Non si cura affatto dello zio che è lì accanto e anzi non si fa problemi a urtarlo con il fianco. Poi in un crescendo di incoscienza e spudoratezza la diciottenne arriva a far strusciare il suo culo contro la patta gonfia dello zio che si fa sempre più dura, e gli sussurra: “voglio l’ultimo modello dell’iPhone!”.

A quel punto la sfacciata nipotina ha svelato le sue carte. Mia nipote è davvero così puttana?, si chiede tra sé lo zio, tanto basito quanto eccitato. Arianna intanto prende a spingere il culo contro la patta dello zio, e gli sente il cazzo farsi sempre più duro. Continua a strusciarcisi addosso, tanto che l’orlo del vestito le si solleva sempre più, fino a far vedere le mutandine rosa incuneate nel solco fra i glutei lisci e rotondi.

Benito suda ed è tutto rosso in faccia però non può non constatare e compiacersi di che bel culo tosto e sodo abbia messo su sta nipote, e quanto sia zoccola!

Non resiste più a quella tortura. A quella sfacciatissima provocazione.

“E così vuoi l’iphone eh…”, le sussurra mentre mette le mani sui fianchi della nipote.
“Sì zio, il modello più costoso. Devo far scattare d’invidia tutte le mie amiche!”, le risponde lei mentre continua ad agitarsi sinuosa addossata di schiena di Benito; mentre ancheggia e sculetta sfregando il suo bel culo contro il cazzo duro dello zio sempre più arrapato.

Benito non resiste più alle provocazioni della nipote, di quella troia diciottenne che in pratica sta sculettando come una ballerina brasiliana contro il suo cazzo, e allora passa al contrattacco.

“L’iphone eh… Vuoi l’iphone da tuo zio eh?… Certo che te lo do!”, farfuglia lo zio mentre con le mani inizia a palparla e lo fa sempre più avidamente, passando dai fianchi, che stringeva nervoso, alle cosce, per poi infilargliele nelle mutandine e sentirle la fica gonfia dall’eccitazione.

Ha una passerotta bella turgida e calda ed allo stesso tempo morbida e fresca la nipote diciottenne di Benito, che ora se la sta palpando per bene.

Sta troietta ragazzina non ci ha pensato su due volte a strusciarsi contro le cosce dello zio, e continua a farlo spudoratamente!

Mentre lei continua a sistemare, molto distratta, le palle sull’albero, lui affonda senza più freni le dita nella fica della nipote che, scossa dal piacere, ansima ed inarca il bacino andando a premere sempre di più le natiche addosso al cazzo dello zio che intanto si è fatto duro come il marmo.

“Puttanella che non sei altro! Non ti vergogni a strusciarti addosso a tuo zio come una cagna in calore, solo per un telefono?”, le rimprovera Benito con una voce roca e affannosa e il respiro pesante che tradiscono un’eccitazione smisurata e mostruosa, e intanto però non smette di tastare con avidità e lussuria la fica della nipote.

“Oh zio, voglio l’iphone… Lo voglio… Lo voglio!”, sussurra la diciottenne mentre muove sinuosa il bacino, strusciando le chiappe contro i pantaloni di Benito che, arrapatissimo, penetra con le dita ingorde lo spacco morbido della fica ora bagnatissima, e le smanetta la clitoride.

“Ne avrai quanti ne vuoi di iphone… puttanella di zio… Sìììì, sei la puttana di tuo zio!”, continua lui, sempre più avvinghiato alla nipote, e con le mani affondate senza più ritegno nella sua passera.

“Oooh sì zio sììì!!!”. Arianna lascia cadere la pallina che stava appendendo ad un ramo, piega il gomito e porta la mano sulla nuca dello zio. Spingendogli la testa ruota la sua e apre la bocca, portando fuori la lingua per incontrare la bocca di Benito, nel muto ma eloquente invito a slinguarsi oscenamente come fossero due amanti trascinati da un’irresistibile passione, e non una sfacciata diciottenne che si fa molestare sessualmente dallo zio per poi ottenere un iphone!

Le loro lingue stanno per strusciarsi quando alle loro spalle sentono il trasalire di qualcuno. E’ Vincenza, la madre di Arianna (e la sorella di Benito), che osserva incredula e sgomenta la figlia diciottenne con il vestitino sollevato e le mutandine spostate; che agita il culo a destra e a sinistra sfregandolo addosso all’erezione dello zio dentro i pantaloni!

Vincenza si fa rossa in faccia mentre li fissa basita. Arianna non si mostra per nulla spaventata ma è solo infastidita dall’arrivo della madre. Vincenza è scioccata e inviperita e con una espressione glaciale fa segno alla figlia di uscire immediatamente dalla stanza. Arianna si aggiusta le mutandine e si sistema il vestito aderente che mette in risalto le grosse tette e il bel culo e mostra sprezzante un’aria scocciata, come a far vedere alla madre che non si cura affatto dei suoi giudizi e rimproveri. Benito invece è rosso dalla vergogna e teme che sua sorella possa far scoppiare un casino proprio la notte di Natale, Vincenza però sembra più calma ora che ha mandato via la figlia, ma Benito teme che possa trattarsi di quella strana calma che precede la tempesta.

Vincenza si avvicina al fratello, lo guarda in cagnesco e inizia a lanciargli a bassa voce le peggiori offese che conosca e lui se le prende tutte in silenzio e a testa bassa. Poi lei passa a fargli più male quando gli elenca i suoi fallimenti relazionali che lo hanno portato oltre i quarant’anni senza un legame. Lo etichetta poi come un pedofilo, un impotente e un pezzente e più gli vomita insulti addosso più si infervora e incattivisce. Benito, di fronte a quegli ultimi insulti reagisce, solleva il capo e ricambia la sorella con uguale cattiveria: “Pezzente io? ahahah, ma se sto per andare a comprare un telefono da 900 euro! E sai a chi? A quella troietta di tua figlia che non ha esitato un solo istante a farsi strusciare il culo e palpare la fica pur di averlo!”.

Benito ora ci prende gusto e incalza. “Uhmmm, che gran bella troia che s’è fatta la Arianna sai. E come ci sa fare! Per l’impegno che ci ha messo a strofinarsi il culo addosso al mio cazzo meriterebbe un telefono da duemila euro! Guarda qua come me l’ha fatto indurire…”, così dicendo si sbottona i pantaloni, tira giù l’orlo delle mutande e libera il cazzo di svettare. E’ un bel randello con una grande circonferenza, nodoso per via delle vene sottopelle che sporgono e che attraversano l’asta.

Il cazzo grosso di Benito è sempre stato il desiderio inconscio e represso di sua sorella Vincenza, da quando una sera di venticinque anni prima lei vide involontariamente il fratello uscire dalla doccia e andare verso la propria camera con una nerchia lunga e tosta come un palo che gli pendeva tra le gambe.

Benito pensava di trovarsi da solo e quando si trovò la sorella nel corridoio affrettò imbarazzato il passo ed entrò in camera. Vincenza rimase in silenzio. Non sentì nessun imbarazzo per l’episodio ma il vedere quell’arnese pendere da suo fratello la turbò non poco. All’epoca lui aveva diciott’anni e lei venticinque ed era in procinto di sposarsi. Si tenne quell’episodio per sé (lo stesso fece Benito) e si tenne per sé anche quel turbamento che, dopo pochi giorni, iniziò a farle sognare di venire scopata selvaggiamente dal fratello minore col cazzo grosso, e di svegliarsi bagnatissima ogni volta.

Vincenza tradisce un sussulto nel rivedere, dopo venticinque anni, quella verga ancora più grossa di allora. Benito nota il turbamento della sorella, si ricorda, come in un’improvvisa illuminazione, di quell’episodio e ne approfitta subito. Colto da un raptus afferra la sorella per i capelli.

“Non mi dire che è da allora che fai pensieri sul mio cazzo… Hai capito sta troiona di mia sorella!”

Tira per i capelli la sorella costringendola a chinarsi fino ad avere la minchia pulsante del fratello davanti la faccia. Lei sgrana gli occhi e lo fissa sconcertata, basita e come implorante. Implorante di lasciarla perché ha paura di cedere (finalmente) alla tentazione e di gettarsi su quel cazzo enorme che ora la sovrasta come una spada. E così avviene. Vincenza non resiste che pochi secondi (per lei interminabili) e poi si butta con la bocca spalancata sul cazzo del fratello! Per i successivi minuti succhia come un’ossessa quel grosso randello. Lo succhia con tutti i sentimenti e senza freni, come liberata da un’ossessione; succhia con l’avidità di un’affamata; con il respiro che gli esce a sbuffi dal naso e la testa che inizia un frenetico avanti e indietro che le fa ballare le ciocche scompigliate dei capelli. Succhia quella nerchia noncurante del rischio che corre, lei, una stimata donna, moglie onesta e buona madre, a stare inginocchiata nel salone della casa dei genitori e intenta a fare un pompino al fratello proprio nel bel mezzo della cena della viglia di Natale!

Benito, ormai sfrenato pure lui, tiene la sorella per i capelli con entrambe le mani e la tira a se infilandole così in bocca il cazzo quasi fino alla base. Vincenza se lo ingoia a fatica ma avida com’è di succhiare quel cazzo che l’ha turbata per anni non oppone resistenza, se non quando ce l’ha giù in gola e d’istinto ritrae la testa per prendere aria.

Nella quiete del salone arrivano ovattati i rumori della sala da pranzo mentre si sente forte quello dello sguazzare della mazza chiusa nella bocca della donna e del risucchio vorace di Vincenza. I colpi di tosse della donna poi, quasi soffocata dalla verga del fratello, richiamano però l’attenzione della figlia Arianna che osservandoli dalla porta si eccita al punto di ritirarsi su l’abito e sgrillettarsi il clitoride.

“Ma brava, mammina…”, urla la diciottenne verso Vincenza inginocchiata e col cazzo del fratello in bocca. “Adesso so chi me l’ha trasmesso il gene dell’essere troia.”

Quelle parole catturano l’attenzione degli altri e il primo ad affacciarsi è Leonardo, il marito di Vincenza, che si trova davanti la figlia che si masturba, con l’abitino stretto sollevato fino ai fianchi e le mutandine abbassate; con le dita che sgrillettano frenetiche il bottoncino carnoso della fica e un’espressione di goduria sul faccino da ragazzina.

Il papà resta di sasso nel vedere quella scena. Si avvicina incredulo e a passi lenti alla figlia che si masturba addossata allo stipite della porta, poi seguendo la direzione dello sguardo della ragazza si sporge e scopre la moglie che succhia beata e golosa l’enorme nerchia del fratello.

Pur essendo un buon dotato deve constatare che il suo cazzo non è al livello del cognato, e questo lo disturba non poco. Inoltre vedere la moglie gustarselo con tanta passione gli fa salire un moto di gelosia, rabbia ed eccitazione animalesca che vuole sfogare sulla figlia.

La ragazza non si fa nessun problema quando vede il padre avvicinarsi a lei, inginocchiarglisi davanti e, dopo averla presa stretta per i fianchi, mettersi a leccarle la fica.

Leonardo con la bocca affondata nella fica della figlia lecca avido anche le dita con le quali lei si masturba frenetica.

Scossa dal piacere improvviso che le sta regalando il padre, Arianna piega le ginocchia e gli stringe le mani sulle tempie come ad evitare che smetta di leccargliela, poi richiama la madre dicendole: “Guarda, mamma, come sa essere porca tua figlia!”.

Vincenza, senza smettere di ciucciare, sposta lo sguardo verso la porta e vede il proprio marito inginocchiato e con la testa fra le cosce della loro figlia e, indispettita da quella scena, si mette a succhiare con ancora più foga. Quel quadretto osceno ritrae ora una sfida tra depravati: madre e figlia che sembrano fare a gara per chi sa essere più troia.

Ormai tutti i parenti si sono accalcati sulla soglia del salone e fissano sbigottiti quelle scene da film porno. L’atmosfera si fa in poco tempo satura di un forte e osceno odore di sesso, il vociare di poco prima ed il brusio sono via via scemati e gli unici rumori che adesso si sentono sono quelli delle slappate e del succhiare di fica e cazzo.

Leonardo non è più disposto a delle semplici leccate nella fica della figlia. Il cazzo gli si è indurito e quel sapore di passera fresca e giovane gli sta montando in un’erezione colossale. E così si alza e si sposta sul divano trascinando con sé la ragazza, tenendola stretta per i fianchi. La sua idea è di accomodarsi seduto e di fare in modo che la giovane figlia, sedendosi sulle sue gambe, si impali nella fica la mazza pelosa del papà. Dopotutto, ammette a se stesso, scoparsi le proprie figlie è il sogno proibito dei papà fin da quando sono adolescenti, e quale occasione migliore perché si realizzi se non quella della notte di Natale, e proprio davanti un enorme albero addobbato e lampeggiante?

E così l’infoiato papà si siede sul divano ed il cazzone pulsante svetta dritto verso l’alto. La figlia dimostra di apprezzare molto l’idea di regalarsi per Natale (oltre all’iphone nuovo da parte dello zio) una bella impalata da parte del papà. La fica è bella calda e gocciolante e lei è tutta eccitata e fremente al pensiero di farsela sfondare dal randello del genitore.

Col vestitino sempre tirato sui fianchi, e le mutandine abbassate, la ragazza allora si divarica le natiche mostrando la fica bella gonfia e aperta, ed è pronta a sedersi sul cazzo del padre, quand’ecco che nonna Adelina, che intanto si era sempre più avvicinata ai due porcelli, prende la nipote per un braccio e la scosta lontano con una spinta decisa.

La signora Adelina è la matriarca della famiglia, una donnona forte e robusta e a quasi 80 anni mostra di non avere affatto spenti i bollori sessuali.

Appena vede il genero stravaccato sul divano con le gambe aperte, i pantaloni e le mutande abbassate alle caviglie e il cazzo duro, pronto ad impalarlo alla porca figliola, gli si inginocchia davanti, lo prende in mano tastandoglielo e lo guarda con un’espressione compiaciuta:

“Mo che bel mattarello che c’ha il Leonardo! Hai capito la mia figliola e la mia nipotina… Se lo son scelte proprio bello grosso il giocattolino!”, dice sorridendo paciosa.

Avvicina la faccia e inizia a baciare e slinguare la cappella del genero poi se la imbocca e comincia a fare avanti e indietro ingoiando sempre più centimetri dell’asta fino ad arrivare ad ingoiarsela tutta e le si vede il sottomento, già pingue di suo, gonfiarsi per via del cazzo del genero che le arriva in gola. Quando la vecchia ha un conato di vomito tira indietro la testa tirando fuori il cazzo che esce bello insalivato e svetta verso l’alto come un palo.

La signora Adelina è sempre più arrapata e incurante dei parenti là attorno infila le mani nella generosa scollatura, le affonda nel solco fra le enormi tettone di una nona misura, le ribalta fuori dal reggiseno e dalla maglia e così oscenamente grosse e pendenti le raccoglie e le poggia sulle cosce del genero.

Sono enormi come due panettoni, le ammassa attorno al cazzo e prende a fargli una spagnola strofinandogliele addosso con i movimenti simili all’impastare di grosse pagnotte.

Leonardo si gode questa sega, fattagli con le mammelle dalla suocera, come un inaspettato e gradito regalo di Natale, fino a che Adelina non sente il cazzo del genero pronto al punto giusto per una scopata, allora anche lei pregusta il suo regalo natalizio, così si tira su (con un po’ di affanno) e scavalca le gambe del genero e, a gambe divaricate, si tira su la gonna mostrando le grandi mutande di lana che si abbassa fino a metà coscia.

La vegliarda svela un cespuglione di pelo grigio e due enormi labbra gonfie da cui già gocciolano umori che le rigano le profonde smagliature.

L’immagine è di una oscenità bestiale… Una vecchia di 80 anni grassa e ubriaca per i tanti brindisi, che, in piedi davanti al genero, gli tiene il cazzo fermo e dritto e ci siede sopra impalandoselo nella fica slabbrata, nascosta sotto un folto cespuglio di pelo.

Quella scena è qualcosa di abominevole che però eccita tutta la famiglia presente che inizia ad incitare la vegliarda: “Su dai nonna Adelina!”, urlano entusiasti i nipoti Gabriele e Marco a cui la nonna risponde: “Mo venite qui che la nonna ha un regalo per voi!” e con un cenno delle mani fa loro segno di avvicinarsi.

Quando i nipotini sono uno alla sua destra e uno alla sua sinistra sbottona loro la patta dei pantaloni, ci infila dentro le mani e libera due bei cazzi che subito svettano duri fuori dagli slip.

“Sorbole, che bei randelli che c’avete qua! Li avete fatti provare a qualche bella tedesca?”, domanda loro curiosa.

“No nonna, ancora no. Siamo troppo timidi con le ragazze…” rispondono i due mortificati.

“Ossignur, due bei ragazzoni così non possono essere timidi! Prendete esempio da vostra cugina! Su dai, che ve la fa passare la nonna la timidezza!”.

Nonna Adelina, ormai senza più freni inibitori, mentre sta a smorzacandela, a cavallo del genero e saltella con il suo cazzo piantato su per la fica, prende a smanettare le verghe dei nipoti.

Se le avvicina alla faccia in modo che, mentre li sega, può prenderne in bocca prima uno poi l’altro. La nonna infoiata un po’ lecca le cappelle e un po’ ingoia quei bei randelli giovani e vigorosi. Mentre ha tutto un cazzo infilato fino in gola palpa soddisfatta il pacco gonfio delle palle dei nipoti, il tutto sempre ondeggiando col bacino per godersi fino in fondo il cazzo del genero che le stantuffa nella fica.
Quell’osceno quadretto va avanti un bel po’, sotto gli sguardi allibiti ed eccitati dei familiari, fino a che non si arriva all’orgasmo multiplo.

Leonardo, il genero, dopo una serie di stantuffate più intense emette un rantolo di soddisfazione mentre scarica nella fica della suocera un mare di sborra. Contemporaneamente Adelina smanetta più decisa i cazzi dei suoi nipoti e quando sente i due ragazzi mugolare dirige le aste una verso la sua bocca, che mantiene spalancata, e una verso il suo petto. Nello stesso istante una scarica di sborra si riversa nella bocca della vecchia che la accoglie con un’espressione di gusto e la ingoia tutta per poi leccarsi golosa le labbra rugose, ed un’altra copiosa ondata di sborra le va sul petto e poi cola tutta sulle tette grosse come cocomeri ma bianche e cadenti come le mammelle delle mucche.

La lussuriosa vegliarda, molto soddisfatta, lascia i due cazzi e si massaggia le tettazze spalmandosi addosso tutta quella sborra scaricatale dal nipote. Se la spalma con soddisfazione e con fare metodico, come si insaponasse sotto la doccia.

Tutti la guardano frizionarsi la sborra sulla pelle floscia e le tettone cadenti con i loro sguardi depravati ed eccitati e lei, come a volersene giustificare, dice: “Fa bene alla pelle! La rende elastica e la idrata!” Poi, tutta impiastricciata di sperma in faccia, sul petto, sul collo e sulle mammellone, si alza in piedi sfilandosi il cazzo del genero dalla fica, si accovaccia a terra e prende a leccarglielo ripulendolo per bene.

Mentre la vecchia Adelina lecca golosa il cazzo del genero, il figlio maggiore Antonio si inginocchia alle spalle della madre e, con fare frenetico, si sbottona i pantaloni.

Guarda la moglie Raffaella con un’aria implorante e le dice: “Perdonami tesoro, è fin dall’infanzia che coltivo la segreta fantasia di scoparmi mia madre ed ora che ho scoperto quanto è troia non posso lasciarmi scappare l’occasione!”, e affonda le mani nel culone grosso della vecchia, le divarica le natiche e tra le cosce si vede spuntare il cespuglione bianco dei peli e in mezzo la fessura cadente e slabbrata della fica gocciolante.

Antonio, eccitatissimo, si smanetta avido la sua mazza pelosa e poi la infila nella fica della vecchia madre che è bagnatissima per la scopata di poco prima. Il cazzo del figlio le entra senza problemi, Antonio fa un sospiro eccitato quando sente la sua verga affondare nel calore delle pareti che la avvolgono stretta stretta procurandogli un moto di estrema goduria e prende a muovere il bacino, facendo avanti e indietro, con il suo cazzo sfregato nella passera della madre che intanto, pur godendosi quello stantuffo frenetico e irruente, continua a leccare l’asta del genero e a succhiarla dalla cappella fino alla base, non disdegnando pure di affondare la lingua e le labbra nella peluria e nelle palle.

Adelina si lascia fottere dal figlio che la stantuffa nella fica, da dietro, senza ritegno. Lecca e succhia il cazzo di Leonardo, accovacciata fra le sue gambe, e le mammelle pendenti le ballano oscene per i colpi che il figlio arrapato le assesta nella fica; la fica plurisfondata di una ottantenne che, tra una succhiata all’asta del genero e una golosa leccata nelle sue palle, sussultando ansima e sussurra: “Ooooh sì, figlio mio, spingi… Spingilo tutto dentro il tuo bel cazzone! Oooh dai… dai, dai, dai…”.

Con i suoi “dai” incalzava il figlio Antonio incitandolo a sfondarle la fica. “Dai, sì, così… così… svuotati nella figa di tua madre, dai!”.

E Antonio in effetti, dopo un’altra serie di stantuffate, geme con un rantolio di soddisfazione e scarica nella fica slabbrata della vecchia madre tutta la sborra che ha, fino a svuotarsi le palle. Anche lui ha così avuto il suo regalo di Natale.

La madre accompagna con un mugolio di piacere la scaricata di sborra che il figlio le ha riversato dentro, sentendosi inondata e riscaldata fin nello stomaco. Antonio si rialza e, con i pantaloni e le mutande ancora calati alle caviglie, si piega verso l’anziana ma pimpante e assatanata madre e afferrandola da sotto le ascelle l’aiuta a tirarsi su.

Quando la vecchia è in piedi, il figlio ancora eccitato fa scorrere le mani dalle ascelle verso le grosse mammelle che scendono giù pesanti e gonfie, e prende a palpargliele con soddisfazione mungendogliele come fossero quelle di una vacca mentre le sussurra che era sempre stato un suo grande desiderio tastare le tettone della madre, e lei, la porca ‘sciura’ Adelina, se le lascia palpare dal figlio e sorride compiaciuta, vestita con una gonna a quadrettoni che arriva sotto le ginocchia e i calzettoni di lana arrotolati ai polpacci, mentre la parte sopra è oscenamente scoperta, con le mammelle gonfie che le pendono sulla pancia e le arrivano fino al pube pelosissimo!

Poi, soddisfatti si siedono composti. Nonna Adelina accanto a nonno Anselmo e il figlio Antonio accanto alla moglie Raffaella.

A quel punto è la fredda e distaccata Raffaella che pretende il suo “regalo natalizio”. E’ rimasta anche lei, come Vincenza anni prima, turbata dall’enorme cazzo di Benito, che ha visto succhiare con fare ingordo dalla cognata e, al contrario di lei, non vuole assolutamente aspettare venti e passa anni per divertircisi. Così, liberata nei suoi sempre castigati e distinti atteggiamenti, la bella ed elegante signora si sbottona e si abbassa il pantalone del tailleur, poi sale in ginocchio sul divano e si mette col culo sporgente, piegata a novanta gradi.

Ha un bel culone tondo la distinta signora e lo muove a destra e a sinistra chiamando con voce suadente e invitante il cognato che per tutto il tempo ha continuato a farsi spompinare la mazza dalla vorace sorella.

Benito appena vede quelle due belle chiappe bianche muoversi lente e invitanti sfila il cazzo, che ormai aveva raggiunto la gola della sorella, e si avvia verso la cognata arrapata.

Inizia con una vigorosa palpata di quelle carni pallide e morbide, le abbassa le mutande nere di pizzo, che svelano un particolare intrigante e lussurioso nella cognata apparsa finora sempre fredda e rigida, e le divarica le chiappe, poi si abbassa e le lecca un po’ il buco del culo e la penetra con il grosso cazzo abbondantemente insalivato dal lungo pompino di Vincenza.

Raffaella, con quel grosso mattarello di carne infilato tosto nel culo, inizia ad agitarsi frenetica ed a mugolare e rantolare soddisfatta. Nonostante abbia su per il canale il grosso cazzo dell’uomo non pare soffrire più di tanto quell’arnese e anche questo particolare svela che l’orifizio della compassata cognata deve essere ben abituata alle penetrazioni.

Lei, sempre più sciolta, adesso prende a spingere col bacino in modo da godersi fino in fondo il randello duro del cognato e agitandosi così fa ballare le tette che si notano andare a destra e a sinistra sotto al tailleur.

Raffaella mugola di piacere liberando dei “sì sì sììì!!!” di goduria e liberazione. Liberazione dal ruolo di donna sempre posata e perfetta che si porta addosso da decenni lì in famiglia. Adesso è scatenata e senza freni. Tra un gemito e l’altro apre gli occhi e si accorge che, a furia di agitarsi sinuosa, è quasi finita addosso al suocero ottantenne. Allora in uno slancio di depravato altruismo va a slinguargli in bocca e gli piazza una mano sul cavallo dei pantaloni, perché il suocero è il parente acquisito con cui abbia legato di più; l’unico che è al suo stesso livello di cultura e l’unico con cui intrattiene piacevoli conversazioni, e vuole che anche per lui ci sia un regalo questo Natale. Così gli regala un’emozione che lui non provava più da tantissimo tempo: gli tira fuori il cazzo e glielo lecca e glielo succhia quel po’ da farlo sborrare.

Il vecchio Eusebio si gode incredulo quel dono che non sperava ormai più di ottenere e, ringalluzzito da questa esperienza, si dà ad osare anche di infilare le mani tremanti sotto la giacca del tailleur della nuora e concedersi una gaudente palpata delle sue tette.

“Non è la taglia spropositata della mia Adelina,” commenta mentre ravana nel reggiseno di Raffaella (che ha una 5^ misura), “ma sorbole che belle tette sode! E’ un piacere mungerti!”, esclama baldanzoso, e la nuora compiaciuta da quel complimento genuino apre la giacca, si solleva la maglia, si sgancia il reggiseno e divertita ed eccitata spiaccica le sue tette sulla faccia rugosa e felice del vecchio.

Ormai, in quest’orgia natalizia, si sono persi del tutto di vista i limiti della decenza e del pudore. Ed in questa corsa senza freni verso l’abominio, ognuno vuol dare il proprio osceno contributo, e così i nipoti Gabriele e Marco, dopo il doppio pompino ricevuto in dono dalla nonna arrapata e la sborrata che hanno scaricato sulla sua faccia e sulle tette, vengono invitati dallo zio Benito a notare che gran bel culo bianco stia dimenando la loro madre sotto i suoi colpi.

Infatti la sempre compassata e un po’ snob Raffaella è adesso l’attrattiva principale dello spettacolo; la cagna in calore della serata, ed al cognato Benito balena la stuzzicante idea di vedere i due figli giovanotti scoparsi la madre. Fa l’occhiolino al fratello Antonio come a rassicurarlo sulla fattibilità ed il successo della cosa e poi incita i due ragazzoni ad avvicinarsi.

“Su dai ragazzi, questo è il Natale della vostra iniziazione sessuale!”, dice loro mentre sfila il suo cazzo dal buco del culo della cognata.

Sotto le due grosse e morbide chiappe della donna sboccia oscenamente la fica con intorno una leggera peluria grigia e due labbra gonfie e dure.

Quello spettacolo della madre messa a ginocchioni sul divano e piegata in due con la schiena (così da offrire nel modo più sfacciato possibile un enorme e morbido culo) ed il favoloso spacco della fica, eccita all’inverosimile i due ragazzi che tirano di nuovo fuori i loro cazzi e si scambiano uno sguardo d’intesa per chi deve iniziare.

“Sì dai, fottete con vostra madre, avete visto che puttana che è!”, dice esaltato ed eccitato Antonio che torna a liberare il cazzo di fuori e se lo fa smanettare dalla madre Adelina.

L’atmosfera satura di depravazione e dell’odore di sesso e sborra è ora catalizzata da Raffaella, Marco e Gabriele. La madre messa a quattro zampe sul divano e i due figli dietro, in piedi e coi cazzi in tiro, che iniziano a scoparla. Si alternano, un po’ uno e un po’ l’altro, nell’infilare le loro mazze nella fica della madre; nello spacco tra le labbra gonfie che si vedono spuntare da sotto il culo della donna che intanto li incita vogliosa: “Oooh sì figlioli sì, scopatemi, sì sfondatemi la fica… Sfondate la vostra mamma, su!”, dice Raffaella con la voce roca per l’eccitazione, mentre si muove lentamente, portando il culo avanti e indietro per accompagnare le penetrazioni dei suoi figli, poi, quando i loro randelli spingono nella sua fica la sua voce sale di tono ed esclama i suoi “Sììì, oooh sììì così! Sfondatemi ragazzi, sfondatemi come una puttanaaa!!!”.

Tutti sono catturati da quella scena incestuosa e tutti fissano libidinosi i due giovanotti che si danno il cambio nel fottere la loro mamma troia.

Continuano così finché Marco, incuriosito dal buco del culo, non ci infila prima la punta del dito e poi, invitato dalla madre stessa, l’intero indice. A quel punto è Raffaella stessa, sempre più ingolosita e sfrenata, a volere offrire ai figli una doppietta.

“Scopatemi fica e culo insieme! Dai figli miei, su. Voglio sentirmi riempita nei due buchi contemporaneamente!”

L’idea suscita un brusio eccitato e di approvazione in tutta la famiglia lì presente. Stanno tutti a guardare arrapati, e ognuno si dà da fare smanettandosi il cazzo o sgrillettandosi il clitoride, con le cosce aperte, e pizzicandosi i capezzoli, con le tette di fuori. Osservano, ognuno seduto al proprio posto, Marco salire in piedi sul divano e poi accovacciarsi quel po’ per poter infilare il suo cazzo nel culo della madre, e Gabriele che continua imperterrito a stantuffarle nella figa.

Raffaella gode fino allo sfinimento. Non le pare vero poter arrivare a provare un tale godimento nel sentirsi riempire e sfondare così, fica e culo, dai suoi figli. Gode sentendosi sconquassata dal piacere ed urla ai ragazzi di non smettere e di spaccarla come fosse la più oscena e porca delle donne. Poi li invita a non tirare fuori i cazzi perché vuole che le sborrino dentro. Vuole sentirsi riempiti pancia e intestino dalla loro sborra calda e giovane; vuole sentirseli inondare e riempire dai loro getti forti e copiosi. E prima di arrivare all’orgasmo, l’ennesimo orgasmo della serata, non sazia dei due orifizi sfondati, ordina al marito, con la voce rotta dal godimento, di metterle il cazzo in bocca. “Perché voglio che i tre uomini della mia vita mi scarichino in corpo tutta la loro sborra, contemporaneamente!”, urla in preda agli spasmi dell’amplesso.

E così all’osceno quadretto che vede due giovanotti stantuffare nello stesso momento fica e culo della donna messa a quattro zampe sul divano, si aggiunge un terzo uomo, con i pantaloni abbassati e la camicia aperta, che in piedi infila anche il suo cazzo nella bocca della donna che inizia subito a succhiarlo avidamente.

E’ già di per sé un quadro altamente osceno, reso poi di una depravazione assoluta nel sapere che tale quadretto è formato da una stessa famiglia. Da una madre che si fa scopare in ogni fessura dai suoi due figli, e in bocca dal marito. Una depravazione seguita da tutti i parenti lì riuniti che partecipano smanettandosi i cazzi e che poi vengono invitati, dalla stessa donna, a riversare sulla sua faccia e sulla schiena tutta la sborra che hanno nelle palle. Con le altre donne che, in preda ad una frenesia erotica, lesbicano come assatanate e continuano a leccarsi la fica, a succhiarsi le tette e i capezzoli e a sgrillettarsi il clitoride. Una orgia incestuosa in piena regola che va avanti attorno al grande albero di Natale, come fosse un sabba di streghe e demoni che trasformano la notte più magica dell’anno in quella più oscena e depravata.
FINE

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