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Ringraziamenti ai fratelli

By 10 Dicembre 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Dal mio bisnonno fino a mio fratello maggiore, le nostra famiglia ha sempre avuto a che fare con la finanza e lo sfruttamento delle terre nel Sud America. Quell’attività e le conoscenze nelle posizioni giuste ci hanno sempre permesso di vivere nel lusso e al di sopra delle leggi alle quali la gente comune deve attenersi.
Siamo di origini italiane, ma mio nonno &egrave nato e vissuto sempre nell’Ohio Orientale. Dopo alcune incresciose vicende, mio padre e mia madre fecero ritorno in Italia, pochi mesi prima della nascita di mio fratello Vincenzo. La potenza economica, in Italia, fornisce un lascia passare e permise alla mia famiglia di continuare i sotterfugi illegali che da generazioni la caratterizzavano.
Per darvi un idea della famiglia con il quale sono cresciuto, vi descrivo la situazione che si visse il giorno di Natale prima della morte di mio padre, Anthony.
La grande tavolata era imbandita, le due cameriere stavano servendo i cappelletti in brodo e l’atmosfera che esisteva era deliziosa. A capotavola sedeva nostro padre Anthony, con i suoi cinquant’anni di saggezza, alto poco più di un metro e ottanta, imponeva il suo fisico massiccio e muscoloso su tutti i suoi figli. Capelli tinti di un nero scuro pettinati all’indietro e baffi molto curati, conferivano a quell’uomo la classica autorità che ci si aspetta da una capo famiglia italiano. Alla sua destra aveva Helena, nostra mamma, tre anni più giovane del marito, mostrava quella bellezza straniera che solo un’americana ha. Con gli anni era diventata un’ottima cuoca, una madre premurosa e una moglie perfetta. Di fronte a mia madre, sedeva Vincenzo, il mio fratello più grande; aveva un fisico muscoloso, un viso maschile e rude, capelli scuri come il padre e occhi azzurri come la madre, caratteristica che accumunava tutti noi consanguinei. Lavorava affianco di nostro padre nella direzione dei traffici verso le Americhe e non tre volte la settimana si dedicava al calcio, il suo sport preferito. Allora ventiduenne, si era già sposato con Marianna, di un anno più piccola e aveva già dato continuità alla famiglia con la nascita del primo maschio della nuova generazione, Michele. Marianna era una gran bella ragazza, con un fisico perfetto e un viso dolce, ma il suo carattere preannunciava un matrimonio difficile tra i due. Il posto affianco della coppia era occupato da Caterina, mia sorella maggiore; vent’anni di intelligenza e studio, l’avevano portata a intraprendere gli studi di Medicina. Davanti a se, Caterina, aveva nostra sorella Maria, con un corpo mozzafiato, se non per il pancione che Igor le aveva regalato. Maria aveva conosciuto Igor, l’anno precedente, quando, ancora minorenne, intraprese una relazione clandestina con il figlio di un importante imprenditore russo in affari con nostro padre. Lui, sei anni più grande, aspettò esattamente il giorno del compleanno di Maria per chiedere la mano a nostro padre, cosa che fu accettata solamente tre mesi dopo, quando annunciarono la gravidanza. Igor era alto quasi due metri, aveva molti muscoli e un carattere solare e divertente. Alla sinistra di Maria sedeva Nicola, il nostro fratello diciannovenne, identico a Vincenzo, impiegava le sue giornate a studiare Architettura, per volontà del padre che voleva un architetto in famiglia. Infine c’ero io, il piccolo Paolo, diciassette anni passati a studiare le scienze e pronto a diplomarmi un anno prima del previsto, non venivo nemmeno calcolato nei discorsi e quindi mi accontentavo di accudire il mio nipotino Michele, seduto a fianco a me.
Parlavano tutti di qualcosa: chi di affari esteri, chi di arte russa, chi di manicure, chi di consigli per la casa, ma nessuno parlava con me e nessuno tirava fuori l’argomento amore. Infatti, sapevamo tutti che Nicola non aveva tempo di pensare ad una donna sola e quindi se ne passava parecchie, sapevamo tutti che Caterina aveva un ragazzo e che lo avrebbe presentato quando sarebbe stata pronta, ma nessuno sapeva cosa passasse per la mia mente, nemmeno io. Trascorrendo la maggior parte della mia vita studiando, non mi ero mai posto il problema del sesso, ma ora la mia famiglia voleva delle risposte, voleva delle certezze, voleva sapere che mi piacessero le donne. Di una cosa ero certo ed era appunto che le donne mi piacevano, le desideravo nel segreto della mia stanza, le bramavo, ma non sapevo come farlo: mio fratello Michele aveva un certo fascino che aveva attirato quella giusta, Nicola aveva lo charme che gli permetteva di avere un mazzo di donne da cui pescare la fortunata della settimana e io non avevo nulla. Sapevo tenere conversazioni lunghe ore e ore, ma non avevo nessuna capacità di attirare una donna verso di me. Ero un fallito. E pensarlo a diciassette anni &egrave una brutta cosa.
La morte di mio padre aveva portato dei cambiamenti, ma nulla di tanto sconvolgente. Vincenzo prese in gestione gli affari di nostro padre e per gli altri non ci fu nessuna modifica ai piani di vita. Io iniziai a studiare Giurisprudenza, bruciando le tappe e assicurandomi delle ottime amicizie a livello accademico: professori, relatori e giudici importanti. Durante i miei quattro anni e mezzo di università, ebbi l’opportunità di conoscere Alice, la figlia di un importante avvocato, la quale iniziò ad interessarsi a me. Intrapresi la mia prima relazione e scoprii che sarebbe stata anche l’ultima, quando suo padre ci diede la sua benedizione e io non potei fare altro che chiedere la sua mano.
Le famiglie dei miei fratelli crescevano: Igor e Maria diedero alla luce due pargoletti, una bimba e annunciarono l’arrivo del quarto, Vincenzo e Marianna misero al mondo una signorina, Caterina si sposò con Davide e cominciarono con i tentativi di diventare genitori, mentre per Nicola nascevano solamente nuove storie con nuove donne. Alice ed io iniziammo il nostro cammino per diventare genitori e in sei mesi ci riuscimmo, Alice si preparava a dare alla luce il mio primo bimbo.
Diedi fondo ai miei studi, iniziando il lavoro di avvocato nello studio di mio suocero, mentre mia moglie continuava a lavorare in una nota casa discografica. La nostra vita cadde nella monotonia della coppia sposata e lavoratrice, che nemmeno la frenesia del nuovo arrivato Enrico riuscì a movimentare. Alice ed io vivemmo il nostro idillio per poco più di un anno, poi ci trasformammo in coinquilini. Il sesso, nel quale non ero mai eccelso, si ridusse al minimo come qualsiasi altro rapporto tra di noi. Una persona al di fuori del nostro nucleo famigliare si sarebbe accorto della nostra crisi dall’abbigliamento di Alice, infatti, dopo il parto il suo guardaroba si era riempito di abiti castigati atti a coprire il suo bel corpo.
Il giorno del secondo compleanno di Enrico, invitammo i miei fratelli e sorelle a casa nostra. Intanto che tutti chiacchieravano, fui costretto ad abbandonare la festa per portare a letto il piccolo festeggiato. Mentre stavo tornando, sentii mia moglie parlare con le mie sorelle e le mie cognate.
Alice: ‘Come sono i vostri mariti a letto?’
Marianna: ‘Una bomba, &egrave insaziabile e un maestro del piacere.’
Samantha, la nuova compagna di Nicola: ‘Lo facciamo anche tre volte al giorno, &egrave violento e dolce!’
Alice: ‘Cazzo, solo io dovevo beccarmi il fratello sfigato?’
Caterina: ‘In famiglia abbiamo sempre pensato che fosse una mezza sega!’
Maria: ‘Sì, anche la mamma non l’ha mai considerato un vero uomo.’
Quelle parole arrivarono al mio cuore come una lama affilata. Non solo mia moglie non mi considerava un buon marito, ma anche la mia famiglia mi avevano costruito l’immagine di mezza calzetta, di omuncolo. &egrave proprio la parola che descrive lo stato d’animo che mi assaliva in quel momento, omuncolo: un essere incapace di essere definito uomo.
Tornai alla festa, mi comportai come se non fosse successo nulla e continui a fare l’ignaro per mesi, fino a che Alice non cambiò. Il fattore che mi fece notare il suo mutamento fu ancora una volta l’abbigliamento, infatti, ricominciai a vedere le sue gambe, il suo seno e i suoi vestiti di quando era giovane iniziarono a tornare alla luce.
La mia professione di avvocato mi aveva messo in contatto con vari investigatori privati e con molte forze dell’ordine e, tramite un investigatore che mi doveva alcuni favori, scoprii che al lavoro era arrivato un giovanotto che le faceva la corte, cosa che mia moglie piaceva molto e la induceva a giocare con il suo corpo, seducendo il collega per poi lasciarlo alle sue fantasie. La gelosia mi procurò una forte eccitazione.
I mesi passavano, Alice diventava sempre più bella e ai miei bisogni sessuali dovevo pensare esclusivamente da me. La sua bellezza iniziò a preoccuparmi, quando il mio amico investigatore mi informò che il ragazzino era stato licenziato. Non capivo il perché ostentasse a mantenere quell’abbigliamento, quel senso di superiorità che aveva assunto nei miei confronti, nonostante il suo ragazzino non ci fosse più. Ma lo capii poco dopo, a mio malgrado, scoprii quella terribile cosa che ogni marito teme era toccata a me. Alice aveva un amante. Già &egrave difficile la situazione, poi se conosci l’altro diventa al limite della sopportazione, ma se l’altro &egrave tuo fratello allora il cuore ti si chiude in una morsa che non riesci più a liberare, la testa si allaga dei pensieri più tristi e orribili che una persona può sopportare, le gambe cedono e ti ritrovi in macchina a guidare verso una metà che nessuno sa.
Quando, quel pomeriggio di primavera, tornai a casa felice per aver vinto un’importante causa e vidi Alice baciare la patta dei pantaloni di Nicola, ringraziandolo per il bellissimo tempo trascorso, mi ritrovai in una strada di campagna dove mio padre mi aveva portato una volta. Scesi dall’auto, mi tolsi giacca e camicia, mi sedetti su una roccia e piansi. Piansi fino a che le mie lacrime non esaurirono, finché nel mio cuore un’impresa edile ebbe eretto un muro pronto a tutto. Mi lavai alla fontanella e tornai a casa. Senza guardare negli occhi Alice, andai in camera, mi feci la doccia e tornai in cucina. Il distaccamento che creai con la donna stupì anche me, infatti, non pensavo di esserne capace, ma rimasi soddisfatto.
L’odio che si era insediato nel mio cuore non mi lasciava vivere, quindi presi tutto il coraggio che avevo e affrontai Alice. Le ragioni che portò lei sembravano valide, ma la mia influenza in tribunale mi avrebbe permesso di ottenere qualunque cosa avessi voluto. Ma Alice aveva un altro tipo di influenza e un pomeriggio trovai Nicola ad aspettarmi nel vicolo vicino al mio ufficio, i suoi occhi erano pieni di rabbia. Il suo pugno destro mi finì sullo stomaco e iniziò a picchiarmi il petto, la pancia e le gambe, evitando braccia e viso; usava insulti di ogni tipo: frocio, testa di cazzo, coglione, codardo, schifoso pezzo di merda sono solo un esempio di quello che le mie orecchie sentivano tra un colpo e l’altro. Dopo averne incassati una cinquantina, i ganci terminarono e, con gli occhi iniettati di sangue, Nicola mi disse: ‘Se tu osi separarti da Alice ti faccio uccidere’ sapevo che non mentiva, ne era capace, poi continuò: ‘E da oggi tu mi coprirai finché me la scopo!’ Mi sputò in faccia e se ne andò.
Quell’incontro mi impose un nuovo ruolo nel mondo, infatti, dovevo impedire che gli altri venissero a conoscenza della relazione clandestina tra mia moglie e mio fratello e dovevo essere sminuito dai due. La prima umiliazione che mi fu inflitta avvenne il giorno seguente all’incontro con Nicola, quando, si presentò a casa mia, mi salutò e disse: ‘Vado a scopare!’ strizzandomi l’occhio; in quell’istante capii che se ci tenevo alla mia vita, l’avrei vissuta piena vergogna e sconforto. Il livello di oltraggio alla mia persona aumentava sempre più, ma il momento che segno la mia degradazione dallo stato di umano fu quando Nicola, dopo avermi scopato la moglie, mi si avvicinò mentre stavo parlando al telefono e mi sputò in bocca, per poi andarsene, ridacchiando. Io riattaccai, giusto in tempo per sentire il mio corpo andare a fuoco e la mia voce dire: ‘Come cazzo ti sei permesso?’ da quel momento in poi non ricordo più nulla, fino all’istante in cui Nicola mi svegliò schiaffeggiandomi. Il dolore si era appropriato del mio corpo, faticavo a muovere le braccia e le gambe, non riuscivo a respirare regolarmente e avevo il viso umido, ma questo non mi impedì di sentire le parole uscire dalla bocca di mio fratello: ‘Da oggi sei il nostro schiavetto, altrimenti la prossima volta ti fracasso la testa’ Senza aspettarsi la mia risposta, mi sputò in faccia e poi mi appoggiò il suo piede sul viso. Alice mi guardò e ridendo disse: ‘Che razza di uomo’ fece per andarsene ma si voltò ancora verso di me e aggiunse: ‘Sono felice di averti sposato solo perché hai un gran fratello’ Rimasi a terra per circa mezz’ora, poi riuscii ad alzarmi e andai in bagno, il viso ero pieno di sangue, le costole mi dolevano e la testa mi pulsava; mi rinfrescai e feci per uscire, ma la voce di Alice mi bloccò: ‘Dove pensi di andare, frocio?’ era autoritaria e mi spaventò, risposi: ‘Dal mio dottore’, lei mi guardò furiosa, rimproverandomi: ‘Devi chiedermi il permesso!!’, non sapevo come comportarmi, ma sapevo che dovevo assecondarla se non volevo ricevere una seconda dose di botte, ‘Posso andare dal dottore?’ chiesi, ma Alice non era ancora soddisfatta: ‘Finché non c’&egrave Enrico mi dovrai chiamare Signora’ era seria, era quello che voleva davvero, allora la accontentai e solo allora mi diede il permesso di uscire.
Quella situazione di schiavitù aveva solo l’intenzione di peggiorare, oltre ad essere offeso in continuazione, dovevo svolgere compiti che solitamente affidavamo alla donna delle pulizie, come lavare i piatti o nettare la casa e, come se non bastasse, Nicola non perdeva l’occasione per sputarmi addosso e darmi schiaffi in faccia. Dopo un paio di settimane, Nicola iniziò a pretendere anche i ringraziamenti ogni volta che mi schiaffeggiava, sputava o umiliava; questo mi destabilizzò molto, infatti, iniziai a pensare di mettere fine a tutto, rischiando la mia vita.
Con il passare del tempo, mi abituavo sempre più a quelle umiliazioni e mi comportavo come se fosse del tutto normale. Una mattina, mentre ero in ufficio, ricevetti una chiamata da Alice che aveva una qualche emergenza da risolvere e mi chiese, anzi mi ordinò, di tornare subito a casa. Quando arrivai, la trovai in camera da letto con la vestaglia sexy che Nicola mi aveva obbligato a comprarle il mese prima, abbracciata a mio fratello, il quale indossava un paio di slip blu, che evidenziavano il suo grande pacco. Capii che l’emergenza era solo una scusa quando Alice scoppiò a ridere, poi Nicola mi disse: ‘Ti ho fatto un bel regalino!’, un misto di preoccupazione e trepidazione iniziò a salirmi dallo stomaco, ‘Ti ho messo incinta la moglie!’ Le risa invasero la stanza, mentre le mie gambe cedevano e mi trovai inginocchio con gli occhi pronti a piangere. ‘Bravo, sei nella posizione giusta!’ disse Alice, senza smettere di ridere, ‘Avvicinati’; non mi mossi, ero immobile, allora Alice si alterò e alzò la voce: ‘Avvicinati, frocio schifoso!’ iniziai a gattonare verso il letto, ‘Bacia il cazzo a Nicola’, riluttante, non eseguii, sentii la mano di Alice afferrarmi i capelli e trascinarmi verso il pacco di mio fratello. Non mi ribellai e quando sentii la voce di Alice dire: ‘Bacia il cazzo di un vero uomo, muoviti!’ appoggiai le mie labbra sulla stoffa che ricopriva il pene di Nicola. ‘Continua!’ lo baciai per un quarto d’ora, fino a che non divenne duro come il marmo, solo allora fui mandato via.
Le mie idee di porre fine alla mia inutile esistenza vennero spazzate via dalla mia testa, non potevo permettere che delle creature innocenti pagassero il prezzo della mia codardia, della mia inettitudine e del mio egoismo, quindi decisi di assumermi la responsabilità di allevare quel bimbo come mio e di servire mia moglie in ogni suo desiderio.
Il fatto di aver messo incinta mia moglie, unito al fatto che avevo baciato il suo pene, fornì a Nicola la spinta necessaria per abusare della mia mansuetudine, arrivando anche a obbligarmi a mangiare biscotti, fette biscottate o altro, farcite del suo sperma, della sua saliva o di entrambe. Vivere da sottomesso, era quello il mio destino e decisi di compierlo al meglio.
La nascita della piccola Nicole aveva reso tutta la famiglia felice e, a quella gioia, si aggiunse quella dell’imminente matrimonio tra Nicola e Samantha. Queste due novità portarono grossi cambiamenti in casa mia, infatti, Nicola si prese l’impegno di rispettare la sua futura moglie, a svantaggio del tempo passato con Alice, in particolare diminuendo le visite nel suo letto. La dolce Alice che avevo conosciuto aveva lasciato il posto ad una Alice ninfomane ormai da tempo e non riuscì ad accettare il fatto di non poter più fare sesso in continuazione, entrando in uno stato di depressione, con manie ossessive verso Nicola. Mio fratello, per quanto stallone, non riusciva più a gestire un relazione così, decise di chiedere un supporto e chi meglio del suo migliore amico da sempre? Il problema fu che il suo migliore amico sin dall’infanzia era mio fratello Vincenzo.
Venni a conoscenza di questa condivisione di mia moglie a cose fatte. Un giorno, appena dopo le dodici, tornai a casa e andai in cucina per preparare da mangiare. Dalla camera da letto provenivano urletti e gemiti di piacere, cosa a cui ero abituato. Poco prima di scolare la pasta, mi avvicinai alla porta e informai che il pranzo sarebbe stato servito tra pochi minuti, poi tornai alle mie faccende. Quando sentii la porta della cucina aprirsi, mi voltai e vidi Vincenzo entrare, con il braccio attorno al collo di Alice, ‘Insomma sei un mezzo frocio’ sentii Alice incitarlo a sputarmi addosso e lui lo fece, mi disse di aprire la bocca e mi sputò dentro. A quel trattamento ero addestrato e non ebbi nessuna reazione. Ora anche l’altro mio fratello mi pensava un rifiuto e come tale sarei stato trattato.
Ho sempre saputo che Vincenzo aveva dei gusti particolari, ma non avrei mai pensato che sarei stato io ad esaudirne alcuni. Per abituarsi al mio ruolo ci mise quattro giorni, al quinto mi chiamò in camera. Mentre il suo maestoso cazzo spariva nella bocca di mia moglie, mio fratello mi ordinò di leccargli i piedi; disgustato ma a conoscenza delle conseguenze, gli leccai la pianta del piede sinistro. L’odore e il gusto non erano dei migliori che avevo mai provato, ma sentivo la presenza del sapone e la cosa mi tranquillizzò. Non ricordo per quanto tempo leccai, ma lo feci fino a che Vincenzo non riempì la figa di Alice del suo seme; subito dopo mi scostò dal mio compito e mi ordinò di leccare il sesso di mia moglie. Dopo quasi due anni potei toccare nuovamente l’intimità di mia moglie, anche se coperta dalla sperma, la cosa mi eccitò. Finito di pulire, di mia iniziativa baciai il cazzo di Vincenzo e dissi: ‘Grazie, Signore!’ La cosa mi fruttò un giorno di libertà dalla mia schiavitù.
Quel rito divenne un’abitudine, anche per Nicola. Anche se in contraddizione con tutti quelli che erano i miei principi, aspettavo con ansia che gli stalloni mi chiamassero per leccare i loro piedoni e mi resi conto di godere molto di più quando non erano puliti, quando erano sudati. Mi stavo trasformando, stavo diventando uno schiavo o un sottomesso, comunque meno di un uomo. La trasformazione non passò inosservata nemmeno ai miei due fratelli. Questi cominciarono a caricare la dose di umiliazioni, arrivando a farmi succhiare il loro cazzi per non stancare la povera bocca di Alice.
La cosa che mi fece rendere conto di aver concluso la mia metamorfosi avvenne una sera d’estate. Nicola e Vincenzo erano a casa mia e si erano appena alternati Alice, quando il primo mi ordinò di andare nel bagno della mia stanza da letto e di mettermi nella vasca. Gli amanti di mia moglie arrivarono e iniziarono a scaricare la loro urina su di me; sapendole le conseguenze di una mia reazione, rimasi immobile. Il contatto con il piscio bollente, il fatto di essere umiliato come mai prima, mi provocarono una poderosa erezione; in risposta, Nicola mi mise il piede sul cazzo e iniziò a premere, il dolore mi arrivò fino al cervello, come le risate che scatenò il fratello minore con la frase: ‘Avresti anche un bel cazzo, solo che sei incapace di usarlo!’ Appena Nicola spostò il piede venni con otto fiotti di sperma, che si depositarono sulla mia maglietta, mischiandosi alla loro orina. Li ringraziai e loro se ne andarono ridacchiando.
Da quel momento capii che le mie scelte erano state sbagliate, fino a quel momento: mi piacevano gli uomini, forse ero bisessuale, ma ero intenzionato a vivere tutte le esperienze che fino a quel momento mi ero perso. Ne parlai, quindi, con Alice, la quale, al contrario di com’era stata nell’ultimo periodo, si dimostrò comprensiva e aperta, dandomi il permesso di conoscere nuove persone al di fuori del matrimonio, se ancora così si poteva chiamare.
Mentre mia moglie si portava a letto i miei fratelli, io mi misi in contatto con una vecchia conoscenza, alla quale avevo risolto un grosso problema legale e lo invitai a bere un caff&egrave a casa mia. Quando Nino arrivò, gli spiegai delle mie nuove scoperte a proposito della mia sessualità e mi disse che aveva quello che faceva per me. Nino era un magnate della prostituzione di tutta la regione, in particolare trattava marchette; era sempre alla ricerca di un uomo che potesse testare i suoi nuovi acquisti, probabilmente lo avrebbe trovato. Il giorno dopo esserci incontrati, Nino mi chiamò e mi propose un incontro con uno dei suoi migliori ragazzi, quindi ci accordammo per il giorno stesso a casa mia. Si presentò un meraviglioso ragazzo di trent’anni, con il fisico perfetto, il viso dolce e lo sguardo sensuale. Si presentò e iniziò a parlare del tempo, di attualità e di cronaca, come se quello fosse il motivo dell’incontro, anche se ogni tanto mi lanciava qualche complimento e qualche ammiccamento. Dopo una ventina di minuti, non ricordavo nemmeno che lui fosse una marchetta e quando mi prese la testa, iniziando a baciarmi, mi sciolsi e mi persi nelle sue mani che mi toccavano ogni centimetro del corpo. Poco dopo mi spinse addosso al muro, spogliandomi, iniziò a succhiarmi il cazzo, era divino. Ci scambiammo i ruoli, non me la cavai male come pompinaro, lo capii dai gemiti del ragazzo. Mi fece girare e mi leccò il culo divinamente, preparandolo alla mia prima penetrazione. Toccai il cielo con un dito, velocizzava il ritmo gradualmente all’aumentare del mio piacere. Dopo cinque minuti, si sfilò e scese a prendere in bocca il mio cazzo, si mise in bocca un preservativo e me lo infilò senza l’uso delle mani. Ogni cinque minuti ci turnavamo, resistemmo per quaranta minuti, poi scoppiammo un orgasmo potente e divino. Restammo abbracciati sul tavolo della cucina, continuando a baciarci, nonostante che Alice entrò dicendo: ‘Se mi avessi scopata così almeno una volta, non sarebbe successo nulla di tutto questo!’
Soddisfatto e felice, iniziai a vivere la mia omosessualità.
Alice mi donò un’altra figlia, Victoria, e io continuai a vedere gli uomini che Nino mi mandava.
Passarono due anni e Alice decise di interrompere le relazioni con i miei fratelli, i quali iniziarono a sfogarsi con le mogli, aumentando la felicità di quelle due donne trascurate da tanto. Alice smise di copulare con i due uomini in favore di Francesco, il figlio del suo capo, con il quale aveva iniziato una relazione da qualche settimana. Più giovane di cinque anni, Francesco faceva sentire mia moglie una vera donna. Il mio grado sociale era stato ripristinato, non ero più un ‘schifoso frocio’ ma ero di nuovo parte integrante del meccanismo bel oliato qual era la mia famiglia.
Anch’io mi innamorai di nuovo. Adam era un ragazzo di colore che mi aveva scelto come avvocato quando era stato arrestato per rapina a mano armata. Palesemente colpevole, riuscii a farlo assolvere e, per ringraziarmi, oltre alla parcella, mi chiese se volessi qualcosa, qualunque cosa. Il bel corpo del ragazzo e il suo carattere duro non mi fecero esitare, volevo una notte di sesso con lui. Fu una notte favolosa, ma non piacque solo a me, infatti, anche Adam ebbe la sua dose di piacere, solo dopo scoprii il perché: anche lui era gay, per l’esattezza bisex. Iniziammo una relazione aperta che ben presto divenne esclusiva e, come Francesco per Alice, Adam divenne il mio amante fisso. Al mio trentatreesimo compleanno, iniziammo le pratiche per la separazione e successivamente per il divorzio.
A quattro anni dal divorzio, Alice, sposata con Francesco, si trovava in sala parto per dare alla luce il suo quinto figlio, il secondo di Francesco. Fu un parto difficile e complicato che portò alla sterilità permanente di Alice, ma che si dichiarò felice, anche perché aveva già due maschi: Enrico (14 anni) e Mattia (1 anno), e tre femmine: Nicole (10 anni), Victoria (8 anni) e Ilaria (appena nata).
Adam ed io con Alice, Francesco e i ‘nostri’ cinque figli iniziammo a condividere una vita stupenda; accettati dalla mia famiglia e dai nostri amici.

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