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Racconti erotici sull'Incesto

The magazine

By 22 Febbraio 2005Dicembre 16th, 2019No Comments

Un titolo più anonimo non era facile trovarlo:’The Magazine’, ‘La Rivista’. La parola inglese doveva servire da richiamo, anche perché titoli del genere potevano essere variamente completati.
Rivista di cosa?
Fashion Magazine? Rivista di Moda? Geografica? Aziendale? Politica? Erotica? Pornografica? Religiosa?
Ricordavo che alla stazione ferroviaria, all’edicola, faceva bella mostra la locandina di ‘TAM’. Unicamente questa parola, stampata in caratteri cubitali, su un Tam, il Tam o shanter, il tipico berretto scozzese, di lana, con un pompon al centro. Solo che tale pubblicazione non aveva nulla in comune con l’abbigliamento scozzese, perché quelle lettere stavano per ‘Tit & Ass Magazine’: ‘Rivista di tette e culi’!
Non potevamo sfogliarla, era chiusa nella plastica.
Comunque, dato il prezzo di lancio, e la fascetta che la definiva ‘Rivista di attualità’, decidemmo di acquistarla.
Serviva anche per passare il tempo, specie nel caldo del pomeriggio, quando, in genere, si cercava di fare un riposino.
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Stavamo lasciando la spiaggia, e, come al solito, ci fermavamo a comprare qualche giornale prima di tornare alla pensione per il pranzo. I ‘matusa’, come li chiamavamo, ci precedevano sempre perché, dicevano, ci mettevano molto a prepararsi.
Noi li chiamavamo ‘matusa’, ma i nostri genitori erano una splendida coppia: Mariagrazia aveva quarantaquattro anni ma ne poteva dichiarare dieci di meno e tutti le avrebbero creduto; lo stesso poteva fare lui, Carlo, perché i suoi cinquanta facevano invidia ai trentenni. Inoltre, erano sempre pimpanti, al mare, nel periodo di totale relax, lontani dalle quotidiane occupazioni e dal caos della grande città.
Bonny, mia sorella Bonaria così chiamata in onore di Nostra Signora di Bonaria il Santuario voluto dagli Aragonesi, ammiccava asserendo che quell’affrettarsi era dovuto al desiderio dei ‘veci’ di ‘farsene una’, prima di pranzo, un aperitivo intimo, e ben shakerato. Del resto, sosteneva, bastava leggere in volto l’espressione di Mariagrazia, quando era a tavola: mangiucchiava un po’ di tutto, distrattamente, tanto era già’ sazia!
Tutti la chiamiamo Bonny, da sempre, ma solo quando ero già grandicello seppi che significava: graziosa, attraente, florida. Convenni che era un nomignolo pienamente meritato. La mia sorellona ‘aveva tre anni più di me- era veramente uno spettacolo. Non di quelle ragazze imponenti e appariscenti che sono più coreografiche che altro, ma una donnina nella quale la natura si era compiaciuta di profondere una insuperabile perfezione fisica e un invidiabile equilibrio psichico.
Di media altezza, con capelli ‘ala di corvo’, occhi di smeraldo, labbra di rubino, Un corpicino stupendo, con curve giuste ai posti giusti, e una pelle che sembrava seta.
Andiamo molto d’accordo, a parte i normali piccoli bisticci sulle cose più stupide, e stiamo spesso insieme. Ci raccontiamo un po’ di tutto, con grande confidenza, e siamo quasi sempre concordi sui giudizi che tranciamo sul prossimo.
Ci proteggiamo reciprocamente. Lei con fare che ha risvolti materni; io cerco di farla sentire al sicuro, proteggendola dai piccoli fastidi che possono capitarle. Sono alto quasi un palmo più di lei, ben messo ma non atletico nel senso del ‘palestrato’.
Intanto, siamo giunti alla pensione.
Secondo piano, due ‘singole’ intercomunicanti col bagno in comune. Di fronte la ‘ammiraglia’ destinata ai ‘matusa’, con ampio balcone dal quale si spazia sul mare.
Come al solito sono io ad usare per primo la doccia: sono rapido: Bonny &egrave pur sempre una donna, i suoi tempi sono più lunghi.
Butto TAM, il Magazine, sul tavolino, e mi preparo per andarmi a infilare sotto il getto dell’acqua non appena uscirà Bonny, che &egrave andata nel bagno per fare’.
Quando ho finito, col telo di spugna legato sui fianchi, mi affaccio nella camera di Bonny per dirle che la doccia era libera.
Lei era sdraiata sul letto, in accappatoio, già pronta per andarci. Una mano &egrave tra le sue gambe, si muove’ dai lembi scostati dell’accappatoio si vede che si sta’ carezzando.
‘Se vuoi, la doccia &egrave pronta”
‘Vieni qui, Pat, vieni a vedere. Altro che TAM ! Qui c’&egrave di tutto’ Guarda”
Mi accostai a lei.
La foto, grande tutta la pagina, mostrava una prosperosa ragazza, nuda, con le mani appoggiata a un tavolo, e un poderoso partner che, alle spalle, era intento a introdurre il suo rigoglioso fallo tra le carnose natiche che, ben divaricate, mostravano la rosea e rorida vagina.
‘Hai visto, Pat, altro che Tit & Ass, qui c’&egrave il resto.’
Non nascondo che quell’immagine mi eccitava, ma ancor più mi infiammava la mano di Bonny che seguitava l’accarezzamento’ Il mio ‘coso’ era impennato e fremente e, più o meno involontariamente, strofinava, sia pure attraverso la stoffa, il fianco della mia bella sorellina.
Mi guardò, sorridendo e maliziosa.
‘Che.. ti’ eccita?’
‘Perché, tu no? Non stai ferma un momento con quella mano”
‘Seguitò a guardarmi, ma stavolta con dolcezza, come se ci fosse qualcosa di implorante, e nel contempo tolse la mano da.. dove stava e l’infilò nell’apertura del telo che più o meno mi cingeva la vita, afferrò delicatamente il ‘mio’ e cominciò a carezzarlo dolcemente’
Capii che, però, pretendeva un corrispettivo, il tantumdem.
Un vero e proprio rapporto sinallagmatico: obbligazione reciproca e contestuale’
Non chiedevo di meglio’
La mia mano s’intrufolò tra le sue gambe, deliziosamente dischiuse, proseguì nel tepore umido e fremente che l’accolse impaziente. Le dita incontrarono il turgore del clitoride, s’intrufolarono nel caldo della vagina che andò loro incontro inarcando il bacino. Titillarono, girarono, incontrarono il punto maggiormente erogeno, insistettero abilmente’
Sicuramente le piaceva, lo diceva il volto, il respiro’ soprattutto la maniera con cui maneggiava il ‘mio”
Scostai l’accappatoio e presi tra le labbra il suo capezzolo rubino e proteso’ lo ciucciai’ lentamente’
Sentivo che il suo orgasmo stava sopraggiungendo, inarrestabile, e, infatti, giunse, travolgente e sconvolgente, nello stesso momento che il violento getto che usciva da me andò a impiastricciare il suo fianco’
Giacemmo, soddisfatti, contenti, ansanti, senza parlare.
Una cosa del genere, per un improvviso e contemporaneo arrapamento (noi ne attenuavamo la durezza del linguaggio usando l’inglese randiness) ci era già capitata qualche mese prima. E’ un evento naturale in una femmina sana di circa 22 anni e in un maschio altrettanto in buona salute di quasi 19. Il fatto di essere germani era del tutto irrilevante per i nostri sessi. Anzi, per la verità, ci sentivamo a nostro agio, e del tutto sereni.
Bonny me lo asciugò accuratamente, col lembo del suo accappatoio, e si alzò, avviandosi alla doccia.
Io tornai nella mia camera.
TAM, il Magazine, rimase sul letto.
Quel giorno, a tavola, a pranzo, avevamo tutti la stessa espressione.
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Dopo il pasto, i genitori andarono a riposare ‘dissero- ed anche Bonny mi salutò con un gesto della mano, perché sentiva la necessità di una pennichella. Io rimasi solo, in salotto, dinanzi alla TV, ma ero tutto preso da certi pensieri.
La manina di Bonny era veramente eccezionale, e il carezzarla, suggerle le tettine era delizioso. Riconoscevo, però, che era del tutto inopportuno che tali eventi si ripetessero, anche se, per la verità, quella bella figliola era proprio uno spettacolo. Che occhi, che pelle, com’era caldo e accogliente il suo grembo, specie allorché sentiva le mie dita che lo frugavano.
Dovevo scacciare tale idea: Bonny, sicuramente aveva il suo ‘stud’, il suo stallone, e a me non mancavano le giumentine’ ed anche qualche bella e prosperosa mucca’ che non chiedeva che essere munta’ e non solo!
Mentre ero intento, appunto, a tentare di allontanare da me, il ‘pensierino’ che stavo facendo su Bonny, su mia sorella, sentii un passo felpato ed apparve la mia incantevole ‘mom’, la bellissima Mariagrazia, che noi chiamavamo Emgy, seguendo la moda anglofila. Non si aspettava di trovarmi li. Lei era diretta al frigobar’ Indossava una minuscola e velatissima camicia da notte, tra l’altro bianca’
‘Scusa, Pat, volevo prendere un po’ di ghiaccio’ non sapevo che eri in piedi, che eri qui”
Io non so che aspetto assunse il mio viso, ma dovevo avere un’espressione incantata, che a lei, forse, sembrò assonnata.
La guardavo fisso.
‘Sto un po’ quì, ma’, non mi va di andare a letto.’
‘Sì, ma sembri imbambolato”
Era di fronte a me.
Non sapevo se guardare prima il suo seno, rigoglioso, eretto, con due capezzoli che sembravano due lamponi, o il triangolo nero che, come una freccia provocante, le ornava il pube. Le gambe, poi, lasciamo stare, erano perfette.
Cercai di sorridere, di assumere un tono scherzoso.
‘Non sono imbambolato, ma’. Sono ammaliato, stregato”
‘Da chi?’
‘Che domanda’ ma da te e da come sei, diciamo così, vestita”
Solo allora sembrò rendersi conto che era in camicia’ e con quella camicia.
Sorrise dolcemente.
‘E’ vero, caro, &egrave vero’ ma credevo che non c’era nessuno’ anzi, stavo quasi per venire nuda’!’
Intanto quella parola ‘venire’, mi richiamava’. b&egrave’ si capisce’ cosa’ e stava quasi per adeguarsi al mio stato, e poi’
‘E’ come se tu lo fossi, ma” grazie!’
Si chinò per darmi un buffetto sulla guancia.
‘Sei un guardone, Pat’ ma non pensi che sono la tua mamma?’
‘Perché, non si può dire a una mamma che &egrave bellissima’ seducente?’
‘Ma Pat, sono una ‘matusa’, lo so che mi chiamate così’ seducente’ poi’ e chi sedurrei, mio figlio?’
Annuii senza rispondere.
Scosse la testa e andò verso il frigo-bar.
Un altro po’ mi veniva un colpo. Una schiena meravigliosa e un fondoschiena (non mi sentivo di chiamarlo culo, era quello di mamma) da mille e una notte. Che grazie, e come si vedevano muovere le natiche tonde e sode.
Se non fosse stata Emgy, avrei detto che era proprio un culetto prensile.
Mamma prese il secchiello col ghiaccio, si voltò, mi salutò con la mano, e ancheggiando dolcemente si avviò verso la sua camera.
Fui tentato di correre subito da Bonny.
Invece, andai in cucina e misi la testa sotto l’acqua.
Dovevo uscire, andare lontano dalla casa delle tentazioni, degli allettamenti.
Prima di andare nella mia camera, detti un’occhiata in quella di Bonny.
Dormiva, col volto un po’ corrucciato, e stringeva sul petto, che in parte fuoriusciva dalla giacca del pigiama, il Magazine che era alla base di tutto.
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Era relativamente presto quando giunsi al Tennis Club, ma già c’era qualcuno al bar. Sui campi ancora nessuno, salvo un ragazzetto che, con un suo coetaneo, faceva qualche palleggio, pigramente, col sole ancora abbastanza alto.
Nell’angolo del bar, seduta nella comoda poltrona di vimini ricoperta di freschi cuscini, era Piergianna, la madre di Sara, che ci teneva al suo nome, doppio e contratto. Era stata battezzata Giovanna-Piera, divenuto poi Giampiera, ma trasformato da lei in ‘Piergianna’, perché ‘faceva fine’.
Sara era ancora da sbocciare completamente, e prometteva bene.
Chi, invece, era in piena e lussureggiante fioritura, alla vigilia dei quaranta, era sua madre. Un tocco di femmina che sbalordiva, e con un’aria da educanda che dava maggior risalto e attrattiva alla sua prorompente venustà.
Non molto alta, ma con certe curve mozzafiato che lei sapeva sapientemente valorizzare in ipocriti e falsi tentativi di nasconderle. Non c’era migliore e più maliziosa ‘esibizione’.
Petto e natiche da sogno, e un volto da santarellina.
Nessuno dei numerosi concupiscenti ammiratori poteva dire di aver goduto di quelle grazie, e forse proprio per questo, come aveva fatto la volpe che non riuscendo a raggiungere l’uva avevano detto che tanto ‘non era matura’, l’avevano soprannominata Piggy, con frustrata animosità per non aver raggiunto lo scopo. Piggy, porcellina, avida, ghiotta, egoista’ e certo pensavano anche a quanto sarebbe stato bello fare con lei un piggy-time, giocare a cavalluccio’
Piergianna alzò gli occhi dal libro che leggeva.
‘Ciao Pat, come mai da queste parti e a quest’ora?’
Mi avvicinai al suo tavolo.
‘Così, non mi andava di dormire’ sono un po’, come dire, agitato”
‘Siedi, fammi compagnia’ un gelato’ una bibita?’
‘No, grazie, mi siedo, se non disturbo”
Mi sorrise ammiccando.
‘Dai, fammi compagnia’ anche io sono irrequieta’. Inoltre non c’&egrave ancora nessuna ragazza della tua età’ Ti scoccia farti vedere al bar con una tardona?’
Senza volere, il tono della mia voce non era particolarmente amabile.
‘Piantala’ lo sai che sei una bellissima donna. Inutile, certe splendide signore assumono la posa delle ‘tardone’ per avere i complimenti. Tu, però, non hai bisogno di complimenti, sei davvero uno schianto, un formidabile tocco di”
Mi fermai appena in tempo.
Rise apertamente.
‘Espressione realista, disincantata, materialista’ ma così spontanea e impulsiva che non può che far piacere. Non usi mezzi termini tu, vero Pat?’
‘Scusa, mi sono lasciato andare.’
‘Nessuna ipocrisia’ almeno’ spero”
Cercai di sorridere, di essere carino.
‘Scusami ancora, ma me l’hai proprio strappato.’
‘Niente scuse, caro. Io amo la spontaneità.’
Si avvicinò col capo alla mia testa, con aria complice.
‘Ma tu appartieni a chi commenta ad alta voce il suo parere su una donna che gli passa accanto?’
‘Solo se ne vale la pena.’
‘E a me’ a me’ cosa diresti?’
Non potevo che accettare la provocazione. Abbassai il tono della voce.
‘A’..bbonaaa!’
‘Anche se ho almeno quindici anni di più di te?’
‘A quindici volte ‘bbbooonaaaaa”
‘Ragazzaccio’ meriteresti un bacio.’
‘Cosa ti trattiene?’
‘Il luogo”
La conversazione andava prendendo una piega equivoca, ed anche eccitante.
In quel momento me la immaginai in trasparente camicia da notte, come poco prima mi era apparsa e avevo ammirato, incantato, la splendida Mariagrazia.
Niente male Piergianna’
Pensai a una piggishness con Piggy, una ‘maialatina’ con la ‘maialina’.
Mica male.
Dovevo calmarmi, però, perché le conseguenze di quel rimuginare in testa stavano divenendo palesi.
Ma forse Piergianna le aveva già notate.
‘Che ne diresti di due granite di caffé con panna, Pat?’
‘OK!’
Chiamò il cameriere, ordinò le granite.
Sentivo una strana atmosfera nell’aria, come quando sei nel corridoio, all’Università, e attendi che ti chiamino per essere interrogato. Qualcosa deve avvenire, ma cosa? Come?
Piggy ‘per me ormai era Piggy- era tutta intenta a gustare la granita. Ne prendeva un po’ nel cucchiaino, lo portava alla bocca, la dischiudeva appena, vi faceva cadere il misto di coffee and whipped cream, e lo ciucciava lentamente e a lungo, con quale effetto sul ‘mio’ ve lo lascio immaginare.
Io ero intento a osservarla, ammaliato.
Mi guardò, sorrise.
‘Non mangi, Pat? Non ti piace?’
Mi riscossi da quell’incantamento..
‘Mi piace, certo che mi piace, ma mi piace ancora di più guardare te come stai apprezzando e gustando il gelato. Ogni volta che porti il cucchiaino alle labbra sembra che tu lo voglia baciare, e indugi nell’assaporarlo, goderlo.’
‘E’ buono, &egrave vero’ ma non si può paragonare a un bacio’ &egrave tutt’altra cosa’ non credi?’
‘Dipende”
‘Dipende?’
‘Pensa a una cattiva granita: caffé privo di aroma e sapore e panna inacidita”
‘Non l’avrei scelta’ credo di essere ancora in grado di sapere cosa mi piacerà o meno.’
‘Non hai mai sbagliato?’
‘In effetti, la mia scelta &egrave avvenuta tanto tempo fa’ e non ho mai osato pensare ad alternative’ per paura’ per un certo concetto della fedeltà’ per non so”
‘Neanche col pensiero?’
‘Il pensiero’ il pensiero’ &egrave l’unica cosa completamente e solamente mia, non lo svelerò mai a nessuno’. Nessuno”
‘Nemmeno al confessore?’
‘Io non mi confesso, non ho niente da confessare”
‘Scusa, ma non ritieni di essere un po’ presuntuosa?’
‘Non credo. Ma stupida, sì, sono stupida, banale, inutile. Soprattutto pavida e inconcludente”
Era seria ed anche un po’ triste.
Allungai una mano, presa la sua.
‘Non svalutarti, ora, sei una donna splendida, intelligente, brillante, vivace, briosa’ Sai quanto vorrebbero essere al posto di quel cucchiaino di granita”
Scosse la testa, sorridendo con un filo di mestizia.
‘Dici? E chi, ad esempio?’
‘Io!’
‘Sei dotato di grande spirito di pietà”
Cercai di essere deciso.
‘Pietà un corno! Ma chi non desidererebbe baciarti”
‘Ma hai pensato ai quindici anni che ci dividono?’
‘Basta, Piergianna, con questo ritornello’ Forse sono quelli che, almeno ai miei occhi, ti rendono ancora più attraente”
‘Per ridere alle mie spalle coi tuoi amici?’
‘Sarei tentato, nel caso, di farli morire d’invidia, ma sarebbe un segreto, mio, solo mio! Ma sto fantasticando”
La mia granita andava lentamente liquefacendosi.
La guardavo sempre fissamente.
‘Forse abbiamo bisogno, tutti e due, di un bagno freddo’ che ne dici di un tuffo in piscina?’
‘Ma qui non c’&egrave’!’
‘A casa mia si.’
‘Non ho costume”
‘Se riterrai di indossarlo’ te ne darò uno”
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Piggy abitava in una graziosa villetta, un po’ nell’interno. Nella pineta.
Un luogo abbastanza isolato, circondato da quello che chiamavano il ‘parco’. Alberi d’alto fusto, pini marittimi, qualche aiuola, e tutt’intorno alti cespugli che difendevano la casa dalla vista dei curiosi.
Guidò lentamente. Ogni tanto mi guardava, con un sorrisetto che mi sembrava canzonatorio, ironico.
L’ampia gonna, con uno spacco sul fianco che giungeva alla vita, lasciava scoperte le belle gambe, abbronzate, tornite, che sembravano di seta.
Di fronte al cancello, premette il pulsante del comando automatico. Entrammo, andò a parcheggiare dietro l’edificio, dov’era la piscina, intorno alla quale v’erano alcuni ombrelloni, tavolini, sdraio. Poco discosto un padiglione che serviva da spogliatoio, doccia, e dove venivano conservati materassini e quant’altro, la sera, si toglieva per preservarlo dall’umidità.
L’acqua azzurrina, a causa del fondo dello stesso colore, era lievemente mossa dal continuo ricambio dovuto al funzionamento del depuratore.
Mi meravigliai dell’assoluto silenzio.
Ne chiesi la ragione a Piergianna.
‘Sara e Carlo sono su una barca di amici. Sono andati verso l’isola e non sanno neppure se torneranno in serata.
Il personale &egrave in vacanza fino a domattina. Tanto a me, per oggi, non serve.’
Mi guardò con quella sua tipica espressione, come se volesse prendermi in giro.
‘Hai paura di essere solo con me?’
Decisi di stare al giuoco.
‘Si, molta’ ma al bisogno so come difendermi”
‘Come?’
‘Io sono del segno dello ‘Scorpione” al momento opportuno tiro fuori il pungiglione e’ zac’ veleno’ e l’avversario’ s’addormenta..’
‘E dove sarebbe ‘sto pungiglione?’
‘Logicamente al posto suo.’
Eravamo scesi dall’auto, ci stavamo avviando al padiglione. Piggy guardò il mio didietro.
‘Non mi sembra che tu abbia la coda”
‘Non sta certamente dove guardi tu!’
‘Ah! Comunque’ in cauda venenum’ nella coda il veleno’ la morte’!’
‘La mia coda non dà la morte’. Semmai la vita’!’
‘Non riesco a comprendere se sei tremendamente sfrontato e insolente o un furbo tiratore di fioretto.’
Eravamo entrati nel padiglione. Un po’ in ombra.
‘Cara Piergianna, io faccio un po’ di scherma, anche se preferisco l’equitazione.’
Il locale era abbastanza vasto. Una serie di armadietti, due docce, un paio di quei lettini da spiaggia, con sopra i materassini gonfiabili. Qualche tavolino, sedie, attaccapanni.
‘Qui possiamo spogliarci per fare un bel tuffo’ hai bisogno di uno slip da bagno?’
‘Tu indossi un costume?’
Mi fissò con le mascelle strette, il naso affilato, un po’ pallida.
‘Ne farei volentieri a meno”
‘OK!’
Pensai che non potevo far finta di non aver capito.
Forse mi sbagliavo’ ma’ in fondo’ al massimo avrei beccato un paio di schiaffoni.
Mi avvicinai a lei.
‘Posso aiutarti?’
Annuì, senza parlare.
Le sbottonai la blusa, gliela tolsi. Sganciai la gonna e la feci cadere per terra.
Rimase immobile, con gli occhi chiusi, la testa lievemente rovesciata.
Portai le mani sul suo dorso, slacciai il reggiseno e lo gettai sulla gonna.
Un paio di tette meravigliose, tonde e sode, con due capezzoloni scuri che s’ergevano prepotenti.
Mi chinai a stringerne uno tra le labbra, mentre con le mani allargavo l’elastico delle mutandine e le facevo scendere sui fianchi, sulle gambe’ lei alzò una gamba per volta’ le sfilò’
Lo spettacolo del suo grembo, riccioluto e seducente, mi eccitò violentemente.
La presi tra le braccia, la baciai, accolto appassionatamente, focosamente’
Il mio sesso rischiava di sfondare i pantaloni, e sentiva il suo, pur attraverso la stoffa, sentiva che aveva lievemente dischiuso le gambe come a volersene impossessare. S’era alzata sulla punta dei piedi. Senza staccare le sue labbra dalle mie, mi sbottonò la camicia, abbassò la zip dei pantaloni, afferrò il mio fallo e lo mise tra le sue gambe.
Non so come riuscii a togliere pantaloni e boxer senza cadere, senza, staccarmi da lei.
Il lettino era lì’
La presi in braccio, ve la adagiai sopra’
Respirava forte, sempre con gli occhi chiusi, le labbra beanti’
Cominciai a baciarla’ lambirla’ dagli occhi’ labbra’ seno’ ventre’
Più giù, assaporando la linfa che abbondante distillava da lei, suggendo l’irrequietezza del clitoride’
Non ne potevo più’ e anche lei era al massimo dell’eccitazione’
Entrai in lei piano, lentamente’
Ma avevo stuzzicato un vulcano’
Era come pervaso da un violento terremoto il suo grembo’
Le pareti della vagina si contraevano frementi, come se volessero svellere da me il mio fallo e nasconderlo in quel calore palpitante’
Le nari fremevano, il suo gemere era lungo, sordo, incalzante’
‘Adesso Pat’ adesso’ il tuo veleno, amore, il tuo’. Ooooh’.. si ‘. Eccomi’.’
E l’orgasmo la travolse, sconvolse’ per poi farla giacere, come disfatta’
Sentii che la sua vagina accennava a rilassarsi’ ma quanto la mia lava irruppe in lei sobbalzò di nuovo, più di prima, gorgogliando parole senza senso’ fin quando restò quasi immobile, che sembrava esamine, solo il suo grembo sussultava ancora.
Rimase così per un po’.
Mi carezzò, si alzò, indossò un accappatoio, me ne porse un altro.
‘Andiamo su, faremo lì la doccia, &egrave più comodo. Raccogliamo i vestiti.’
In fondo alla parete una porta conduceva proprio di fronte all’entrata di servizio della villa.
Mi condusse nella sua camera.
E volle che mi sdraiassi un po’, sul suo letto. Per farmi riposare, disse, ma quando constatò che il mio desiderio era più manifesto che mai, credette bene di non perdere l’occasione per una lunga e voluttuosa cavalcata che mi fece conoscere la sua perizia di amazzone erotica ed esperta.
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Il giorno successivo trovai una scusa per restare a casa.
Bonny insisté per farmi uscire, si offrì di farmi compagnia.
La ringraziai e risposi che, forse, nel pomeriggio, dopo il riposino post-prandiale, sarei andato con lei.
Rimasi di fronte al PC. Mi collegai a internet. Ma ero distratto, molto distratto. Quanto era accaduto con Piggy mi rendeva perplesso.
Sul piano del soddisfacimento fisico era stato un incontro eccezionale, ricco di sconosciute sensazioni, denso di voluttà, che al solo ricordo mi eccitavo fortemente, ma’ c’&egrave sempre un ma’ ci sarebbe stato un seguito? Dovevo essere io a sollecitarlo? Era una femmina meravigliosa, calda, appassionata, ma dovevo proprio imbarcarmi in un’avventura del genere?
Navigavo senza meta, guardando questo e quello’
Andai su un sito dove si parlava di donne ‘mature’, ma erano racconti squallidi e immagini della più volgare pornografia.
Piggy era tutt’altra cosa.
Mature!
Come mamma. Splendida creatura. E qui l’eccitazione diveniva impetuosa e impaziente.
Impaziente? E di che, di cosa?
Impaziente nel senso di desideroso, bramoso, smanioso, sì; ma non impaziente nel senso che non può più attendere.
Io Mariagrazia me la sognavo, anche ad occhi aperti. La concupivo, la spogliavo con gli occhi, ricordando, ora, l’apparizione in velata camicia da notte, ma non pensavo di poter realizzare il mio sogno. In sogno era mia’ in sogno!
Era quasi l’ora del pranzo quando, lupus, o meglio ‘lupa’, in fabula, udii picchiare la porta e la voce di mamma che mi chiedeva se poteva entrare.
‘Certo, mamma, certo.’
Entrò la mia estasiante ‘visione’, bella, elegante, sorridente.
‘Come mai non sei uscito, Pat?’
‘Non mi andava, ho preferito sedere qui, al PC, navigare alla cieca”
‘Sai chi mi ha chiesto di te?’
‘Chi?’
‘Piergianna’ mi ha detto che le hai fatto compagnia, ieri’
Era tanto infervorata nel parlarmi di te che non ha troppo controllato le sue parole. E’ entusiasta’ Le hai fatto vivere momenti incantevoli, deliziosi, indimenticabili’ Sono le sue parole, Pat!’
Alzai le spalle, quasi annoiato.
Mamma s’era venuta a sedere di fronte a me.
‘Pat, lo sai che Piggy, come chiamano quella porcellona, ha quasi la mia età?’
‘Lo so, ma’, lo so”
‘Se tu andassi a letto con lei sarebbe come andare a letto con tua madre!’
Ebbi sicuramente un gesto eloquente.
‘Che dici, ma’, vuoi paragonare Piggy a te, alla tua bellezza, alla tua femminilità, al tuo splendore, al tuo fascino’ ma Piggy &egrave tutt’altra cosa’ &egrave una donna piacente, non lo nego, un po’ esuberante, ma le piacerebbe somigliare, solamente somigliare a te, a una dea. Ecco, potrebbe essere una tua sacerdotessa”
Mamma aveva ascoltato sorridendo.
‘E’ proprio vero che per la mamma si ‘stravede’.’
‘No, ma’, &egrave la verità.’
‘Comunque, Pat, sono convinta che ci sei ‘stato insieme’, e lei non riesce a dimenticarti’ attento bambino mio’ attento”
Si alzò, prese il mio volto tra le mani e mi baciò.
^^^
La nebbia che avvolgeva la mia mente, andava sempre più infittendosi, e quel bacio, dopo quella chiacchierata, morbido, caldo, sensuale, lungo, datomi con labbra tremanti, sulla bocca, mi scombussolava del tutto, non riuscivo a comprendere nulla. Perché quel bacio? Quel sorriso? Quel volto?
Non ero stato loquace, a pranzo.
Mamma e Bonny ogni tanto mi guardavano. Con espressioni differenti però.
Bonny mostrava un’affettuosa preoccupazione.
Mamma dava l’impressione di compiacersi con me. In qualche momento sembrava una bambina golosa dinanzi alla torta che sta per assaggiare.
Avevamo terminato.
Tavola sparecchiata, posate, piatti, bicchieri nella lavastoviglie; il resto nella credenza.
Io me ne stavo alla finestra, guardando fuori, distrattamente.
Mamma e consorte erano andati a riposare.
Bonny mi disse che anche lei andava a letto, e che se volessi il Magazine, potevo andarlo a prendere da lei.
Rosetta, la colf, aveva rassettato tutto.
Aveva deciso di andare dal parrucchiere. Uscì.
Mi avviai verso la mia camera, ma prima sarei andato a prendere l’ormai famoso Magazine.
Camminavo lentamente lungo il corridoio.
Dalla porta della camera da letto dei ‘matusa’ veniva qualche rumore. Mi avvicinai, piano, spiai dal buco della serratura.
La camera era in penombra, ma si vedeva tutto, bene.
Rimasi paralizzato.
Mariagrazia, nuda, stava cavalcando sfrenatamente mio padre che era supino, sul letto, e la teneva per i fianchi.
Lei era scatenata. Tette meravigliose, sobbalzanti per la galoppata che lei correva a briglia sciolta. Il capo lievemente rovesciato indietro, occhi chiusi, labbra semiaperte’
Si dimenava come un’invasata, amazzone meravigliosa e scatenata’ diceva qualcosa’ si’ accostai l’orecchio al pannello della porta’
‘Bambino mio’ bambino mio’ tesoro’ oooooh’ dolcezza’. meraviglia’. ooooh’ la senti la tua mammina? La senti?… amore’ sì’ siiiiiiiiii’ ecco’ eccoooooooo!’
Si rovesciò, sudata, ansante, sul petto di mio padre. Gli prese il volto tra le mani, lo baciò voluttuosamente sulla bocca, si staccò un po”
‘Pat! Amore mio!’
Si, Mariagrazia, mamma, aveva detto proprio così: ‘Pat! Amore mio!’
Ero eccitato come non mai.
Non capivo nulla.
Entrai da Bonny per prendere il Magazine.
Lei era lì, distesa, con la sola giacca del pigiama e per di più sbottonata. Sfogliava il Magazine.
Alzò gli occhi su me.
‘Pat, che ti prende, sei sconvolto’ stai bene?’
Mi rendevo conto che la stavo guardando in modo strano, aggressivo.
Ero eccitato, agitato, esaltato, sentivo di non riuscire a controllarmi. E non volevo controllarmi, tutto in me era impulsivo, istintivo, selvaggio, forse irragionevole’
Mi strappai da dosso i vestiti, restai nudo, col pene violentemente eretto. Di fronte a Bonny che mi fissava allibita, sbigottita’ poi il volto si distese, gli occhi le sorridevano, inarcò le sopracciglia’
‘Però’ Pat”
Salii sul letto, mi intrufolai tra le sue gambe, lei le alzò’
Dovevo guidarlo, il fallo, perché fremeva, e sentii che lei era pronta, calda, rorida, invitante’ La penetrai con energia, fin quando non potetti più spingermi in lei’ Incrociò le gambe sulla mia schiena, inarcò il bacino, e cominciò a ondeggiare voluttuosamente, mentre io avevo preso a stantuffare con vigore’ La sentii sussultare, sempre più’ mi guardava fissamente’ con narici frementi’ Sapevo che stava per essere travolta dall’orgasmo, e lo fu, nello stesso momento che io scaricai in lei, quasi con violenza, la lava incandescente del mio piacere’
Aveva la voce roca, rotta’
‘Pat’ Pat’ sei un dio’ non sapevo che mi desideravi tanto! Sei meraviglioso bambino mio!’
Oh, no’ anche lei!
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