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Una vita banale

By 7 Novembre 2018Dicembre 16th, 2019No Comments

La nostra storia era cominciata come tante altre cominciano.

‘Ciao! Che fai?’
‘Nulla di particolare. Continuo a lavorare da stamattina, ma con poca voglia devo dire. E tu?’
‘Ho un’ora di buco a lezione e mi &egrave venuta un’idea!’
‘Che idea?’
‘Ti va di uscire a mangiare una pizza stasera?’
‘Io e te?’
‘Io e te!’
‘Perché no! A che ora?’
‘Facciamo per le 8?’
‘Aggiudicato!’

Banale, lo avevo detto.
Continuò in maniera ancora più banale: seduti ad un tavolo di una piccola pizzeria, neanche delle migliori, devo dire. Una pizza ed un paio di birre, queste buone davvero, fresche e scendevano giù che era una meraviglia. Lui era brillante e spigliato, come lo conoscevo, divertente nel raccontare anche le cose più serie. E così appassionato ai suoi studi ed ai suoi interessi. Stavo ad ascoltarlo, rapita dalla sua voce e dalla sua enfasi.
‘Ma tu non dici nulla? Non &egrave che ti sto annoiando?’
‘Ma che vai a pensare? No, anzi! E che mi sta piacendo ascoltarti.’
Usciti dalla pizzeria, ci tuffammo nel buio della notte, reso ancora più intrigante da una nebbia non troppo fitta.
‘Ti va di fare due pazzi?’ mi chiese.
‘Perché no!’
Banalità a iosa: mi prese la mano, mentre camminavamo senza una meta precisa, in una strada anonima. Non mi sottrassi e non mi meravigliò. Poi mi riportò a casa e concluse con la solita frase:
‘Grazie! &egrave stata una serata stupenda.’
‘Anche per me lo &egrave stata! Buonanotte!’

Come credete continui la storia?
Nel modo più ovvio, banale. Un invito per una birra, per una passeggiata: il solito andazzo di una corte tra ragazzi.
Poi, un pomeriggio, arrivò un suo messaggio: ‘Cena per due, stasera?’
Risposi: ‘Non ho voglia di uscire. Ma, se ti va, ti preparo io qualcosa’
Ribatté: ‘Sai la novità!’
Ed io: ‘Vorrà dire che sarà qualcosa di speciale!’
In effetti aveva ragione: da sempre gli preparo io qualcosa, visto che sono la sua mamma: anche questo &egrave banale.
Quello che banale non &egrave, &egrave che io mi fossi innamorata di lui, così come ero sicura che lui lo fosse di me. E quella cena volevo che fosse la fine di un’indecisione che si protraeva ormai da tanto. Avevo deciso di fottermene, se lui avesse voluto. Insomma volevo cominciare una storia con mio figlio, visto che, sostanzialmente, ero una donna libera. &egrave vero: ero e sono sposata con suo padre, ma ci vediamo così di rado e credo lui abbia un’altra storia. Finora non mi era mai successo di pensare ad un altro, ma ora sì. Desideravo mio figlio come uomo, come compagno, come complice.
Mi diedi da fare a preparare una cenetta coi fiocchi, a base di frutti di mare e pesce, due belle bottiglie di vermentino ghiacciate, il tutto su una tavola illuminata da un candelabro con 6 braccia, che creavano proprio una bella atmosfera. Il resto lo facevo io, con il mio abbigliamento: avevo indossato un vestito molto aderente, infischiandomene che evidenziasse la mia leggera pancetta, visto che sottolineava anche il mio seno, che non &egrave da buttare ed il mio culo, che gli uomini hanno sempre dimostrato di apprezzare. Sotto, un bel perizomino rosso, che lasciasse molto poco all’immaginazione, niente calze e niente reggiseno, ma anche niente scarpe, per far fare anche ai miei piedi opera di seduzione.
Tutto pronto! E fu allora che mi assalirono i dubbi: avevo frainteso tutto, cosa avrebbe pensato, come mi avrebbe giudicata?
Ma non c’era più tempo: il rumore della chiave che girava nella toppa mi diceva che lui era fuori. Gli andai incontro e mi vide non appena ebbe aperta la porta. Si bloccò e mi squadrò da capo a piedi, poi mi salutò, facendo finta di nulla:
‘Ciao, ma’!’
Mi baciò sulla guancia e andammo verso il pranzo. Si bloccò di nuovo, vedendo la tavola apparecchiata in quel modo.
‘Cosa significa?’ chiese.
Non era più il momento delle pantomime.
‘Non era quello che ti aspettavi?’ rivoltai la domanda.
‘Spero non sia uno scherzo, mamma!’ rispose, quasi tremante.
‘Dipende da quelle che sono le tue intenzioni.’ presi tempo.
Ed allora fu lui a rompere gli indugi. Mi abbraccio e pose le sue labbra sulle mie, ma fu la mia lingua a forzarle, se così si può dire, visto che si schiusero senza opporre resistenza.
‘Ti amo, mamma!’
‘Anche io, tesoro! Sono tua, se vuoi!’
La sua lingua sul mio collo era più di una risposta.
‘Mangiamo qualcosa, prima? Sai, ci ho messo tempo ed impegno per preparare una cenetta al mio uomo!’
‘Certo, mamma! Ma non &egrave facile lasciarti, ora che ti ho raggiunta!’
‘Hai tutto il tempo che vuoi, amore! Il mio corpo &egrave tuo, da oggi e per sempre!’
Banale &egrave dirvi che la cena fu veloce, nonostante fosse ottima. Bevemmo, brindando al nostro amore nuovo. Poi non si diede più pace: mi venne vicino, aiutandomi ad alzarmi. Mi abbracciò nuovamente e mi baciò; e mentre mi baciava mi sfilava il vestito, mi fece stendere sul tappeto e versò del vino sul mio corpo nudo. Il freddo del vino mi procurò un brivido sgradito, che durò il tempo di lasciare spazio a brividi più gradevoli, della sua lingua che raccoglieva il vino passando sul mio corpo. Versò ancora vino sui miei capezzoli, per poi succhiarli con forza, spingendoli ad ergersi oltre l’eccitazione che già mi pervadeva.
Io immergevo le mie mani tra i suoi capelli e cercavo di fargli capire quanto mi piacesse quel che mi stava facendo. Afferrò l’elastico del mio perizoma, ultima barriera alla mia completa nudità, lo fece scivolare verso il basso, fino a sfilarlo. Poi versò del vino anche sulla mia fica: prontamente corse a berlo, mischiato ai miei umori che, copiosi, scivolavano verso il tappeto. Afferrò il clitoride tra le sue labbra, spremendolo, prima di titillarlo con la lingua, strappandomi gemiti di piacere. Nessuno mi aveva mai regalati questi preliminari e non sapevo che si potesse godere così, senza essere penetrata. Un orgasmo indicibile mi scosse, facendomi urlare ed innamorandomi ancora di più di mio figlio, mentre lui, finalmente, cominciava a spogliarsi, facendomi desiderare il contatto con il suo corpo nudo. Si stese accanto a me, abbracciandomi: ero convinta che mi avrebbe penetrata subito ed, invece, rimase abbracciato con me per un tempo che non riuscì a calcolare, fissando un ginocchio sulla mia fica e, con questo, massaggiandomi senza sosta, fino a che non raggiunsi un secondo orgasmo, meno intenso del primo, ma comunque bello. Continuava a baciarmi, a percorrere il mio corpo con le sue mani; poi si fermò, mi fece distendere e mi aprì, dolcemente, le gambe. Rimase alcuni minuti a guardarmi la fica, ad allargarmi le grandi labbra con le mani, quasi a volerla vedere fino all’utero. Si distese su di me e mi baciò ancora. Poi:
‘Mettilo dentro tu, mamma!’ il suo era un sussurro pieno di dolcezza.
Gli afferrai il cazzo, indugiando a sentirne a pieno la marmorea consistenza. Poi lo posizionai all’imboccò del suo desiderio e comandai:
‘Spingi, amore! Fammi tua!’
Non ci fu bisogno di ripeterlo. Se ancora avessi dei dubbi su quanto mi desiderasse, quello fu il momento di fugarli tutti. Alternava momenti di furia devastante, come un cavallo lanciato al galoppo, ad altri in cui sembrava volersi fermare ad ogni affondo.
‘Cosa vuoi, mamma?’
‘Tutto, amore! Tutto quello che vuoi anche tu per me sarà un piacere regalartelo!’
Non smetteva di muoversi dentro di me ed io non volevo che smettesse. Mi sembrava la mia prima volta: mi sentivo emozionata, oltre che piena di gioia e di piacere. Mio figlio mi stava scopando, regalandomi un godimento indescrivibile e l’unica cosa che chiedevo e che potesse amarmi per sempre. Ero la sua donna, sua moglie, la sua schiava. Ero tutto quello di cui aveva bisogno ed ero disposta a qualsiasi cosa per farlo felice.
I suoi colpi, ora, erano più veloci: lo sentii contrarsi e capii che era arrivato il momento, ma non riuscii a chiedergli di uscire da me. Sentii il suo seme invadermi e piantai le mie unghie nelle carni delle sue spalle, abbandonandomi all’ennesimo orgasmo di quella sera indimenticabile.
Dormimmo lì, sul tappeto, quella notte, coi nostri corpi a fremere l’uno contro l’altro, in attesa di potersi, presto, ricongiungere. Mia madre, settant’anni già compiuti, non ha mai perso il piacere di due cose: l’insegnamento della matematica ed il gusto di farsi scopare, con gran soddisfazione di mio padre, da sempre cornuto contento. Quest’ultima cosa io l’ho appena scoperta e non l’ho mai sospettata.
A quanto pare, invece, mio figlio la conosceva bene, anche se non mi &egrave chiaro come l’abbia saputo.
Sta di fatto che il signorino se l’&egrave scopata, alla faccia mia!
Come ho fatto a scoprirlo?
Eravamo a letto, come ogni sera: vivevamo, come dice chi sa parlare, more uxorio, vista l’assenza di mio marito per due terzi dell’anno. Tenevo la mia testa appoggiata sul suo petto, mentre lui chattava al cellulare con i suoi amici. Mi son lasciata prendere dalla curiosità e, tirandomi su, ho cominciato a leggere. Lui non ha fatto nulla per nascondere, come fosse la cosa più naturale al mondo. Gli ho mollato un ceffone, mi sono girata sul fianco, arrabbiata e confusa; &egrave venuto vicino, accarezzandomi. Ho cercato di allontanarlo, ma non troppo decisa e lui &egrave subito tornato alla carica, sussurrandomi frasi d’amore, dicendomi che ero l’unica donna che amava e che il sesso non c’entrava nulla.
‘Ma &egrave tua nonna, capisci?’
‘E che significa? Anche tu sei mia madre!’
‘Ma io non ti basto?’
‘Non &egrave questo!’
‘Allora cos’&egrave?’
Si offrii di spiegarmelo, se solo gli avessi dato modo di raccontare e decisi di ascoltarlo.
Aveva fissato di tenere per luglio l’esame di analisi 1 e chi meglio di sua nonna poteva aiutarlo, anzi aiutarli. Già, perché il piano era che chiedesse a quella troia di mia madre di aiutare lui e due suoi compagni di corso a preparare l’esame. Lei aveva accettato di buon grado, come prevedeva; così si erano presentati a casa sua il giorno e l’ora fissati. Era maggio inoltrato ed il caldo si faceva sentire: mia madre indossava una larga maglietta bianca a maniche corte ed una gonna plissettata. Niente di seducente. Li aveva accolti e fatti sedere al tavolo insieme a lei: avevano cominciato a trattare il primo argomento con lo studio di una lunga funzione. Lei, per meglio seguire tutti, si era, dopo un po’, alzata, cominciando a passare da uno all’altro, per vedere lo sviluppo delle operazioni. Correggeva gli errori, chiarendo i concetti e soffermandosi vicino. Erano passate quasi due ore, da quando avevano cominciato: mio figlio si alzò e le andò alle spalle, cominciando a massaggiarle il collo. Lei non si sottrasse, dimostrando, anzi, di gradire; lui diventò più audace e, sfruttando la sua maggiore altezza, infilò le mani sotto la maglietta.
‘Dai su, fai il bravo!’ aveva detto lei, bloccandogli le mani.
‘Nonna, fa un caldo bestiale. Sei tutta sudata: ti asciugo un po’!’
Aveva cominciato a sfregarle la maglietta sulla pelle per detergerle il sudore.
‘La maglietta &egrave zuppa: faresti bene a toglierla!’ dicendolo aveva cominciato a sollevarle la maglietta, senza che lei opponesse resistenza. In quel mentre era arrivato mio padre, che, intuendo le intenzioni del nipote, si era sfregato le mani ed era andato ad accomodarsi in poltrona, pregustando lo spettacolo.
La maglietta era volata via, lasciando mia madre con indosso il solo reggiseno a tenere su un seno tutto sommato ancora bello, non troppo grande e sormontato da due capezzoli appuntiti, che premevano, vogliosi, sotto la stoffa.
‘Non credi sia opportuna una pausa, nonna?’ chiese mio figlio.
‘Siete stanchi? Preparo un caffé o preferite un gelato?’
‘Io preferirei occupare meglio il tempo!’
‘Tu sei un birbante. Ma non mi sembra il caso: o quasi 50 anni più di voi!’
‘Ahiahi, professoressa. Un errore così, da lei, non me lo aspettavo.’
‘Quale errore?’
‘Noi abbiamo venti anni più venti anni più venti anni. Uguale 60 anni: quindi la differenza &egrave solo di dieci anni!’
‘Se le cose stanno così, allora ce la possiamo concedere questa pausa, sempre che il nonno sia d’accordo!’
Figuratevi: quel gran cornuto di mio padre rispose abbassandosi i pantaloncini e rimanendo con il cazzo moscio tra le mani.
Mia madre non chiedeva altro: si abbandonò tra le braccia di mio figlio, lasciando che le sganciasse il reggiseno, mentre gli altri due si avvicinavano e, in men che non si dica, le sfilarono gonna e mutande.
‘Sicuro che non sono troppo vecchia?’ chiese ancora lei.
‘Dipende da come lo succhi!’ rispose, senza imbarazzo, uno degli amici di mio figlio.
‘Su quello credo di non avere ancora rivali. Piuttosto, vediamo se siete capaci di farmi godere!’
Si inginocchiò tra tutti e tre e cominciò a succhiare quei giovani cazzi con perizia ed ingordigia, sorridendo felice alla reazione di questi che, da semiduri, diventavano pezzi di acciaio formidabili.
Uno dei tre, sedette, obbligandola a piegarsi per sbocchinarlo. Mio figlio ne approfittò per incularla senza complimenti, mentre il terzo si smanettava per tenersi pronto ad occupare il suo posto, appena lui avesse voluto il cambio.
Ascoltavo il racconto di mio figlio e non posso nascondere che mi eccitavo, anche perché lui continuava ad accarezzarmi, indugiando in particolare sui miei capezzoli.
Mia madre si dimostrava un vulcano: era una continua eruzione. Si godeva quei cazzi nerboruti e giovani, mentre mio padre si lisciava il cazzo (sarebbe eccessivo dire che si segava).
‘E quale sarebbe il motivo per cui sei andato da nonna? Ti ho mai negato nulla?’
‘Mamma, non vuoi proprio capire! Tu non mi neghi nulla. Ma si trattava di una cosa organizzata insieme. Ci volevamo fare una scopata in compagnia, di gruppo. Non potevo chiederlo a te, non avresti accettato!’
‘E chi te lo dice? Magari per farti contento…’
‘Attenta, mamma! Ti prendo in parola.’
‘Intendiamoci: la normalità restiamo noi due. Te lo concedo ogni tanto.’
‘D’accordo! Ma io, ogni tanto, mi concedo nonna coi miei amici!’
‘Sei proprio un porco… ma ti amo!’ dissi abbracciandolo e baciandolo.

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