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Racconti Erotici

Amore di zucchero

By 22 Novembre 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Giornali, riviste, televisione, rubriche, radio.
Ovunque c’&egrave sempre qualcuno che ne parla. Gli ‘esperti d’amore’ si contano a centinaia. Da veri consulenti in materia spiegano come gestire sentimenti, relazioni, tradimenti e fallimenti.
Ho letto tanto in proposito. Ho ascoltato e non sono mai giunta ad alcuna conclusione.
Si dice spesso che le storie sono diverse, perché lo sono le persone. Certo.
Anch’io con il tempo sono cambiata. Mi hanno cambiato le persone, le storie, le esperienze. I dolori, poi, mi hanno trasformata, costringendomi a sotterrare la mia fragilità, per paura che venisse una volta ancora offesa, ferita ed umiliata.
Ma non l’ho dimenticata.
C’&egrave qualcuno che ancora la sente, la vede, la apprezza, la cerca.
E’ divertente vedere come, a seconda dello stato d’animo, si sposino le teorie più assurde o le più banali, le più ovvie e scontate così come le più impensabili.
Non sono nessuno per teorizzare in proposito.
Posso solo voltarmi indietro ed osservare ciò che &egrave stato. Le persone che ho incrociato nel mio cammino, gli amori che mi hanno colorato la vita, che mi hanno scaldato il cuore e quelli che hanno imbiancato le mie giornate, coprendole di una silenziosa coltre di neve. Posso solo abbandonarmi ai ricordi e tornare a gioire dei momenti belli, delle risate cristalline, delle corse a piedi nudi sulla spiaggia umida e fredda. Posso chiudere gli occhi e risentire carezze, baci, dolcezza fino in fondo all’anima. Ci sono tante piccole cose che ogni giorno sembrano aspettarmi e rievocare la presenza di chi é passato nella mia vita e che, sempre, ha lasciato un segno. Un profumo, il titolo di un giornale, un’auto che sfreccia davanti a me, un caffé dolce e caldo sorseggiato di fretta. Una musica in sottofondo, un libro in vetrina, una moto, una penna. Piccoli cose banali di tutti i giorni, che a volte si conficcano nel cuore, fino a togliere il respiro. Altre volte, invece, fanno sorridere.
Gli amori finiti mi tornano in mente solo talvolta.
Quando sono triste, quando voglio farmi del male, quando mi sento sola. Allora risento le loro voci, rivedo gli sguardi, a volte avverto, persino, la mancanza di ciò che non &egrave più. Ma dura solo pochi istanti. Come sono tornati se ne vanno di nuovo, scivolano via dolcemente, piano piano; si dissolvono davanti agli occhi, lasciando solo un velo di tristezza e malinconia.
Forse sono quello sguardo malinconico che qualcuno ha visto nei miei occhi. Forse sono i ricordi, gli errori, il bisogno di essere diversi. La necessità di andare avanti. Forse sono la mia ricerca di qualcosa che non credo esista in realtà.
Forse sono semplicemente io.
Esco la mattina e guardo la gente. Alcune mattine il sorriso mi accompagna verso la vita, in altre mi lascio trasportare sperando di incontrare quello di qualcuno sul cammino.
Come oggi’ma stamattina c’&egrave qualcosa di nuovo in piazza.
Un cigolìo continuo e fastidioso attira la mia attenzione: un carretto arranca lentamente spinto da un vecchietto malconcio ed affaticato. Due ruote in legno scrostato, un tettuccio rosso ed un tondo recipiente per lo zucchero. Lo osservo attenta senza smettere di sorridere. Mi riporta indietro di anni, quando al mare correvo con le monete in mano verso l’ambulante dello zucchero filato. Era gioia autentica, felicità spontanea. Era il premio per l’attesa. La dolcezza della giornata. Era come avere il mondo in mano: in due semplici monete, per un fuso di zucchero.
Ferma nel freddo di questo mattino lo osservo, rivedendomi bambina, ora che sono donna.
E lui vede me.
Mi fa cenno di avvicinarmi, mentre si ferma con fatica, come se interrompere il suo lento progredire fosse più faticoso che sospingere il carretto. Cammino verso di lui, tentando invano di rallentare la mia corsa. Non sono più bambina. Sono grande ormai. Sono in un’altra città, lontana anni luce da ciò che ero. Sono in questa mattina fredda di novembre, vestita di tutto punto per affrontare una giornata di lavoro. Sono in ritardo eppure mi avvicino a lui e mi fermo.
Aspetto.
Lo vedo sfilare un bastoncino di legno da un minuscolo cassetto. Lo immerge nel grande recipiente trasparente in attesa che lo zucchero vi si avvolga intorno. Il profumo di dolce, di zucchero cotto mi invade la mente. Già mi sembra di assaporarlo. Inumidisco istintivamente le labbra, come se già ne fossero piene.
Riempio una mano della borsa, dell’agenda, del telefonino, mentre con la mano libera frugo nelle tasche alla ricerca di qualche moneta. Di due monete.
Mi porge il bastoncino colmo di meravigliosi fili bianchi, avvolti l’uno sull’altro. Mi sorride senza denti. Gli occhi umidi e scuri. Il berretto calato sul viso stanco e rugoso.
‘E’ un regalo, bella signora. Vai e sorridi alla vita!’
Stringo lo zucchero filato nella mano e lo seguo con lo sguardo, incredulo e sorpreso. Lo seguo fino a quando svolta dietro un angolo scomparendo alla mia vista.
Non sono più qui.
Sono altrove.
Assaggio lo zucchero nonostante il freddo, l’ora, i doveri che mi aspettano. Mi accoccolo sulla panchina e lascio che le dita sfilino lentamente quella nuvola di dolcezza. Chiudo gli occhi mentre i fili dolci si sciolgono tra le labbra, fino a scomparire lasciando tracce dappertutto. Sulle dita, sulle labbra, sulla lingua. Un pezzetto cade sulle gambe. Un altro lo trovo sulla gonna. Sulle guance piccole infinite tracce di buono. So di zucchero, so di dolce. Come una bambina che si &egrave tuffata nel suo sogno proibito.
Mi &egrave rimasto in mano solo il bastoncino, ma lo zucchero &egrave ovunque.
Il mio amore &egrave così.
Come lo zucchero filato mi &egrave rimasto addosso. Appiccicato tra le dita, nella bocca. Mi basta succhiare le labbra per risentirlo in tutto il suo vigore, il suo sapore. Osservo le mie mani, succhio le dita una ad una, incurante dei passanti.
Si, il mio amore &egrave così. Invisibile e addosso. Lo sento anche se non c’é. E’ con me anche se non si vede. E’ dentro di me. Mi fa sorridere solo di ciò che &egrave stato e che, forse, un giorno sarà di nuovo. Il mio amore &egrave uno zucchero. Da mangiare, da succhiare. E’ un bisogno, una conferma, un’attesa. So che un giorno sarà di nuovo con me. Ed io sarò ancora su questa panchina a gustarne tutta la sua essenza. A gioire per averlo ritrovato, annullando tutto il tempo in cui ho dovuto vivere senza di lui.
Il mio amore &egrave dolce, caldo e profumato.
E’ lo zucchero sciolto sulla lingua, che si annida tra le papille. Basta sfregarla appena sul palato per tornare a riassaporare ogni istante di piacere. E’ lo zucchero della mente. E’ il mio nutrimento.
Il mio amore oggi &egrave il silenzio e l’attesa.
E’ un momento di pace. Il bisogno di rallentare una folle corsa. E’ il dolore per essersi scontrati contro la realtà che non &egrave quella che volevamo. E’ cercare di capire perché, nonostante tutto, lo zucchero che ci lega &egrave così forte. E’ ricordare, senza aggiungere altro dolore.
Oggi il mio amore &egrave velato di egoismo. Ma poi chi, in fondo non lo &egrave?
Non siamo forse egoisti nell’amore? Non amiamo per essere amati?
Ci sono momenti in cui l’amore ci chiede dimostrazioni, prove, verità.
Momenti in cui occorre esserci senza apparire. Sorridere nelle lacrime. Rispondere a domande mai fatte. Oggi il mio amore &egrave il bastoncino che stringo in mano. E’ la dolcezza che mi &egrave rimasta tra le labbra e che nutro di ricordi. Oggi il mio amore &egrave il piacere di aver divorato il fuso di zucchero e la delusione per averlo finito troppo presto.
Oggi il mio amore mi ha chiesto di aspettare. Senza osare, senza pretendere mi ha chiesto di non andare.
Ed io sono rimasta.
Sono ancora seduta qui. Infreddolita sulla panchina ripenso all’ambulante svanito dietro l’angolo. Un giorno ripasserà. Tornerà ad offrire la sua dolcezza, senza nulla in cambio.
Stringo il mio bastoncino.
Un giorno lo riempiremo di nuovo, amore mio.

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