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Racconti Erotici

Capezzolo retratto 01

By 19 Gennaio 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

i miei racconti
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Capezzolo retratto 01

Questo è un racconto erotico e di fantasia. Ha delle basi scientifiche, ma che non si sostituisce al vero problema cui demando, a chi soffre veramente di questa patologia, di recarsi dal proprio medico di fiducia e di non fermarsi al primo consulto medico.

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Prefazione.

Capezzolo invertito. Quanti di voi sa cosa è? Pochi sanno invece cosa comporta. Frustrazione. Depressione. Risentimento. Paure… Tutto si riflette anche nella vita di coppia… Nell’intimità.

Permettetemi di raccontarvi la mia storia…
Sono nata e cresciuta in un paesino di periferia e devo dire che i miei mi hanno dato dei saldi e sani principi. Non ho nulla da dire contro la mia famiglia cui ho affettuosi ricordi.
Il mio cambiamento è iniziato a 12 anni. Aspettavo di fiorire in una giovane donna ed è accaduto tutto come mi era stato descritto e la mia disperazione è iniziata a partire dal 14esimo anno di età.

Per molti poteva essere un’età di passaggio, dalla fanciullezza all’adolescenza, ma per me in particolare è iniziato il calvario. Il seno ha iniziato a crescere all’inizio dell’estate e prima che finisse, ho dovuto cambiare ben quattro taglie differenti.

La rapida crescita ha comportato non solo un certo fastidio e apprensione, ma anche nuove e sconvolgenti scoperte. Non è questo il momento di descrivere quella estate indimenticabile e impressionante, ma il fatto che con l’inizio della scuola, mi sono sempre più chiusa in me stessa.

Ero timida, introversa… Nel tempo sono passata fra i vari strati e stati di anoressia a quelli abulici come se dovessi cambiare i fogli del calendario…

Ciò ha comportato anche danni collaterali di un certo livello come il fatto che in casa l’armonia si è spezzata e ho iniziato a saltare la scuola a giorni alterni. Ogni qual volta che c’era l’ora di ginnastica e io non avevo la giustificazione, semplicemente non ci andavo. Quante volte mi sono chiusa in bagno per intere ore.

Il professore ci obbligava ad indossare una maglietta bianca e i pantaloncini; guai a trasgredire! Erano note sul diario. Solo quando vi era l’ora in classe in cui spiegava come se fosse un qualsiasi professore non eravamo tenuti a quella uniforme anche se informale.

Per migliorare la situazione e su consiglio del medico, mi mandarono dai miei zii in città. Pensavano che forse, risparmiando 40 minuti di pulman e cambiando scuola migliorassi, ma se questo ha comportato il fatto che ha salvato l’anno scolastico, mi ha reso ancora più sola e disperata.
Mi odiavo! Odiavo le mie tette e peggio… Odiavo i capezzoli che non c’erano.

Presa per il collo, per i capelli o per come volete dirla… Sono riuscita a prendere il diploma mentre le visite a casa si sono fatte sempre più rare al punto addirittura prima dell’iscrizione all’università, con la scusa di un lavoretto che avevo trovato, non vi avevo più fatto ritorno.

Dai miei zii anche se ci stavo bene, mi sentivo un’ospite e alla prima occasione, grazie al piccolo lavoretto che ho trovato, mi sono sistemata presso una casa famiglia come ragazza alla pari. Mi trattavano come se fossi stata una figlia e come è morta la signora, oltre al fatto che ho sofferto veramente, pensavo che avrei dovuto cambiare casa, ma invece l’anziano signore mi ha supplicato di rimanere e condividere con lui quelle mura che altrimenti sarebbero state troppo opprimenti.

Nella grande città. Non vi è nulla di più brutto quando passato il periodo delle feste, vi sono le domenica di pioggia. Il cielo è grigio, cupo. Il corpo è immobile, l’animo è malinconico e la mente non riesce a instupidirsi nei programmi della televisione che o hai già visto oppure sono inutili.

A tutto questo, dobbiamo sommare che le feste sono state le meno festeggiate del mondo e le più solitarie a cui si possa immaginare.

***************
Teresa, la mia vita.
Cap.1
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‘Teresa. è tanto che ci conosciamo. Come mai non esci quasi mai e mai ti ho sentito parlare ore al telefono con qualche fidanzato?’

‘Signor Vincenzo.’

‘Vincenzo! Quante volte te lo devo ripetere.’ Ribatte l’anziano chiudendo il giornale dopo averle dato un occhiata di rimprovero.

‘Signn… Sono troppo impegnata con il lavoro e con gli studi.’

‘Suvvia.. In questa casa sono passate molte ragazze e sono stato giovane anche io.’

‘Veramente signor Vincenzo… Ho molto da studiare.’

‘A meno che non hai messo delle fotocopie sulle tende, sono 40 minuti che le stai osservando.’ La guarda e capisce di aver colpito nel segno. Lei abbassa gli occhi come se non volesse far trasparire le sue emozioni.

‘Più tardi viene mio figlio, Berto. Lui è un medico. Hai voglia di parlare con lui?’

‘Signor Vincenzo! Non sono malata. Ora vado a studiare.’
Chiusa nella mia camera, vengo presa dallo sconforto. Era tanto che non piangevo e mi accascio sul letto affondando la faccia nel cuscino. Sento il problema premere contro il materasso e le odio profondamente.

Come sempre, dopo stati di profondo avvilimento, passo ad un senso di frustrazione e rabbia. Sono impotente e reagisco sempre allo stesso modo. Mi porto le mani al seno e poi stringo i pugni fino a sentire male. Quante volte mi sono ferita. Quante volte disperata ho affondato le unghie nella carne viva.

‘Queste cose inutili. Attirano gli sguardi e poi mi rendono ridicola!’ Le guardo delusa e affranta per poi andare in bagno a lavarmi la faccia dalle lacrime e a mettermi di buona lena a studiare… Al meno era questa la mia idea…

‘Avanti!’ Esclamo dopo aver sentito bussare.
La porta si apre e compare Berto, il figlio del signor Vincenzo.

‘Ciao, posso sedermi? Papà mi ha chiesto di parlarti e dalla tua faccia posso dedurne che ne hai bisogno. Stai aiutandolo molto e questo mi fa enorme piacere, ma se non sono indiscreto ora vorrei essere io ad aiutare te… Sempre se posso…’

Non so perchè, forse per il suo sguardo, per il mio stato d’animo o per il fatto che ero stanca di tutto e non avevo più nulla da perdere, ma mi sono aperta completamente. Gli ho parlato a lungo piangendo e non so come, ma mi sono trovata abbracciata a lui mentre mi consolava. Mi sentivo bene fra le sue braccia.

‘Sono un medico e devo dire che generalmente alle mie pazienti non do del tu e non le tengo abbracciate per consolarle. Ora, se vuoi farmi constatare la questione, mi posso rendere conto del problema.’

Tutte le volte che il dottore di turno mi ha visitata in passato, mi sono vergognata nello spogliarmi, ma in quel momento mi sentivo al sicuro. Forse era dovuto al fatto che mi trovavo in casa e che le pareti della mia stanza mi avevano già visto tante volta nuda. Ho iniziato a sentire che il cuore iniziava a battermi impazzito come mi sono sganciata il gancetto del reggiseno e nel sentire che il tessuto liberava le tette lasciandole alla vista e alla mercè del suo sguardo, ho abbassato la testa e ho chiuso gli occhi in segno di vergogna. Sono arrossita, ne sono certa, per come o percepito le guance iniziare a bruciarmi.

‘Va bene. Puoi rivestirti.’

Mi sono meravigliata che non abbia voluto toccarmele e in un certo qual modo mi sentivo anche delusa.

‘D’accordo… Per il bene di mio padre accetto il lavoro e visto che stai facendo molto per lui, non ti chiederò di saldare la mia parcella. Accetterò il lavoro pro bono, in modo gratuito e tu sarai tenuta in modo inderogabile ad ascoltarmi.’

Credo che in quel momento lo stessi guardando con la bocca aperta e gli occhi sgranati.

‘Ci sono due modi per superare il problema, il primo è invasivo e chirurgico, il secondo è più lento e lungo. Ricorda sempre che tutto dipenderà da te e che il secondo metodo non da risultati certi e definitivi nel breve tempo. Sono stato chiaro?’

Il suo sguardo, il suo viso mi scalda il cuore. Era tanto che non mi sentivo cosi.

‘Il problema dei capezzoli retratti o invertiti colpisce circa il 10% della popolazione femminile. Oggi, mediante un opportuno apparato, in breve tempo si può ottenere la correzione di questa anomalia… Mi rendo conto che causa notevoli problemi psicologici e credo a ragion veduta che tu ne sai ben qualcosa.’

Mi guarda e per vergogna distolgo lo sguardo con un senso di profonda colpa.

‘Per ora non è il tuo caso, ma interferisce anche con la possibilità di allattare… Il capezzolo invertito può essere congenito o acquisito. Dovrei conoscere la anamnesi familiare, ma per quanto mi hai detto, tu fai parte del secondo gruppo. Nel tuo caso, ad una rapida e importante crescita mammaria nella pubertà e può capitare anche sovente nella gravidanza… Anche ad un intervento di mastoplastica riduttiva o di mastopessi non correttamente eseguito…’

Alle sue parole annuisco. Ha centrato in pieno il problema. Forse ho trovato veramente la persona in grado di aiutarmi in via definitiva.

‘Anatomicamente il problema è riconducibile alla riduzione della lunghezza dei dotti galattofori. Sono i ‘tubicini’ che trasportano il latte prodotto dalla ghiandola mammaria e che sboccano sul capezzolo che impedisce la proiezione del capezzolo stesso. Fino a qualche hanno fa, la soluzione di questa alterazione era esclusivamente chirurgica: sono state proposte varie tecniche con risultati variabili che non sto qua ad indicarti, ma sappi che da anni ci sono persone che si dedicano a studiare e a risolvere il problema.’

‘Recentemente è stata suggerita una nuova metodica di correzione non chirurgica del capezzolo invertito, che si avvale della pressione negativa creata da una piccola campana di materiale plastico applicata al capezzolo e posta in aspirazione mediante una siringa. L’effetto di aspirazione creato da questo apparato estroflette il capezzolo in modo progressivo nell’arco di alcune settimane durante le quali l’intensità della aspirazione deve essere periodicamente monitorata e graduata.
Grazie a questa metodica si verifica l’allungamento dei dotti galattofori, evenienza che non solo risolve la depressione del capezzolo, ma che anche corregge l’anomalia anatomica che ne è alla base. L’integrità dei dotti è inoltre garanzia della possibilità dell’allattamento in futuro.’

Mi sorride e non so perché, ma pendo letteralmente dalle sue labbra.

‘Ho bisogno che prendi un foglio e che scrivi. Te lo faccio fare a te, perché devi essere conscia che sei tu, quella che deve superare l’anomalia fisica. Tutto parte dai problemi che ti sei creata mentalmente in questi anni o che ti hanno creato terze persone e dal grado che tu vuoi superare e arrivare.’

Lo guardo annuendo. Non gli ho detto nulla, ma ha centrato perfettamente il problema e poi, il suo dito che mi indica mi fa sentire profondamente in colpa.

‘Impacchi di ghiaccio due volte al giorno per 20 minuti. Fallo subito appena possibile. In questo modo quei lividi che ti sei fatta spariranno presto.’

Non mi può vedere, ma arrossisco sia per il senso di colpa, che di vergogna, per essermi autoinflitta una punizione.

‘Con il bocchettone della doccia, ti massaggi il seno con l’acqua fredda. Se riesci a resistere fallo per un paio di minuti per mammella. Ogni sera prima di metterti a letto.- Si alza dal letto e presso la porta si volta e la guarda ancora.- Vestiti e vieni in cucina che ci prendiamo qualcosa di caldo. Sono certo che non è il tuo caso, ma studia attentamente ogni reggiseno contenitivo che hai e non abbandonarli mai. Vieni, che ti aspettiamo di là.’

Non so perché, eppure mi sentivo meglio.

La sera stessa in bagno mi sono guardata allo specchio e devo dire che i lividi erano decisamente evidenti. Si intravedevano netti le cicatrici che in passato mi sono procurata e in ginocchio nella vasca da bagno, con estremo coraggio e incoscienza, ho iniziato a massaggiarmi il seno con il getto dell’acqua gelata.

Quando ho finito avevo la pelle d’oca e ho dovuto poi farmi una doccia calda. Sdraiata sul letto mi sono messa successivamente le borse del ghiaccio e tenercele per i 20 minuti indicati non è stato facile. Quando il tempo è scaduto, mi sono fatta una camomilla calda per scaldarmi.

Per tutta la settimana ho diligentemente tenuto fede agli esercizi da fare e quando domenica pomeriggio non è venuto, mi sono sentita un poco tradita e delusa. Volevo fargli vedere come i lividi erano spariti e al tatto, il seno mi pareva più liscio e vellutato e non solo, anche più tonico.

Con mia grande sorpresa, il lunedì pomeriggio vengo contattata al cellulare sul luogo di lavoro.

Era il dottore, Berto. Mi diceva di avermi lasciato un pacco con delle istruzioni a casa. Quando la conversazione era terminata, non vedevo l’ora che il mio orario di lavoro terminasse e quella sera, i bus urbani mi parevano lentissimi.

Non avevo idea di cosa avrei dovuto aspettarmi, ma ho trovato un piccola scatola e messa da parte la busta, l’ho aperta. All’interno vi era una pomata e quello che pensavo fossero due piccole penne attaccate a delle ventose.

Letta la lettera, poche righe con le istruzioni, mi misi immediatamente la crema sulle areole e dopo cena, nel privato della mia camera, mi spogliai e misi le ventose. Dopo un secondo queste stavano attaccate da sole mentre sentivo un certo prurito a causa che queste stavano succhiando proprio sopra a dove avrebbero dovuto essere i capezzoli.

La settimana è trascorsa velocemente e quando domenica pomeriggio lui è arrivato, ero in ansia che mi visitasse.
Abbiamo parlato e mi ha chiesto solo se stavo facendo tutto come mi aveva consigliato e dopo che ho servito il caffé in salotto, se ne è andato.

La mia cocente delusione non è passata inosservata e dopo cena, quando oramai mi ero messa a letto con il ghiaccio sul seno, viene a bussarmi alla porta il signor Vincenzo.
Prima di potergli dire avanti, mi sono coperta e quando è entrato, mi sentivo in totale imbarazzo.

‘Figliola, cosa sta accadendo. Ti ho visto piacevolmente raggiante da qualche tempo e ora, questi cambiamenti repentini di umore… Mi fai preoccupare.’

Mi sentivo le guance di fuoco. Ero in totale imbarazzo. Ero mezza nuda anche se ero sotto la coperta e mi sentivo morire per la vergogna.
Solo dopo molta insistenza gli confessai il mio problema e del perchè ero bloccata e immobile sotto alle coperte.

‘Ora sono io che ti devo confessare una cosa. Pensavo che ti fossi innamorata di Berto e… Ti chiedo scusa.’

Mi prende la mano e me la bacia per poi stringerla nelle sue.

‘Piccola, sono stato nella mia vita capo infermiere e ora ti chiedo di farmi vedere qual’è il problema.’

Osservo l’orologio e noto che sono passati ben oltre i 20 minuti programmati e tolta la coperta, sposto successivamente i sacchetti del ghiaccio.

‘Si, si… E quelli sul comodino sono i nuovi arnesi per l’aspiroscopio… Certo che la medicina in questi anni ha fatto passi da gigante. Quello che ti ha suggerito mio figlio sono le tecniche base. Per la doccia, falla piegata in avanti. Se puoi a 45 gradi e più, se riesci a resistere con la schiena. Così facevamo ai miei tempi. Questa è la crema. Si, si… Questi quanto li devi tenere indossati?’

Ero a disagio a stare con lui sdraiata sul letto mezza nuda e anche se non mi aveva più guardato dopo la prima iniziale occhiata, avevo coperto il seno con le mani.
‘Suo figlio nel biglietto dice il più a lungo possibile.’ Sono riuscita a rispondere tutto d’un fiato con la gola secca.

‘E allora figliola cosa aspetti? Da domani, come arriverai in casa li dovrai indossare! Va bene? Se questa è la cura, impegniamoci! Vedrai che lui sa quello che fa! è bravo nel suo lavoro.’

‘Lui è medico in che cosa?’

‘è un chirurgo plastico. Lavora per una clinica privata e poi ha un suo studio in centro. è molto ricercato e direi anche molto ben pagato. Se ti ha detto di fare questo in virtù dell’operazione, vuol dire che ha ottenuto dei risultati nel medesimo modo senza dover intervenire in maniera chirurgica. Invasiva come si dice ora.’

Mi sorride mentre mi guarda e io non so cosa poter dire o fare. Mi sento la faccia bruciare per la vergogna.

‘Va bene.- Si alza e le da un’ultima occhiata.- Ti aspetto in cucina dopo la doccia. Tisana o camomilla?’

‘Camomilla grazie.’ Sorridente e sollevata anche se profondamente turbata.

‘Sono le abitudini degli ultimi otto mesi… Eh si, si, si… Questo vecchietto ti ha contagiato…’
Sorrido nel pensare a come mi sono abituata al suo modo di fare e come certe nuove abitudini mi si sono radicate.

Maxtaxi

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Questo romanzo non deve essere riprodotto elettronicamente o a mezzo stampa senza la mia autorizzazione scritta.
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