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Cristina e il capo – Quinta parte

By 17 Ottobre 2019Dicembre 16th, 2019No Comments

Una settimana dopo l’incontro a quattro Cristina ricevette una delle telefonate del capo inequivocabili. Almeno lei la interpretò come tale e quindi si recò nell’ufficio dell’ingegnere con il cuore che batteva, presa dalla solita duplice sensazione di timore e sottile eccitazione. Stavolta però si sbagliava, almeno così sembrò in un primo momento. Il capo le chiese di riprendere in mano i grafici che aveva già illustrato brillantemente la settimana prima per sottoporli di nuovo alla visione della ditta interessata, solo che stavolta disse proprio “Non si preoccupi Cristina, non ci sarà nessun incontro come quello dell’altra volta”.

Si trattava solo di lavoro e che questo aggiornamento era stato richiesto dall’uomo dell’altra volta per meglio definire i dettagli della situazione e passare alla fase operativa. Si sarebbe quindi vista solo con la segretaria (“la biondina che già conosce” disse lui) in un giorno che sarebbe stato il più comodo per Cristina, nell’ufficio di Marisa, in centro. “La richiamerà la signorina entro domani” concluse il capo, chiedendole se lei poteva già da adesso dare, o meno, la sua disponibilità. Cristina ovviamente accettò e si salutarono così; un normale colloquio di lavoro tra un capo e la sua segretaria.

Marisa chiamò la mattina seguente. 

“Pronto Cristina? Sono Marisa, la segretaria del Dott. G. Disturbo?”

“No, aspettavo la sua telefonata, mi dica tutto”

“Ma che fai, mi dai del lei dopo quello che abbiamo fatto l’altra volta?”

“No, scusami… dimmi pure. E’ per l’appuntamento?”

“Si, volevo sapere se sei disponibile e lasciare a te la decisione della data. E’ un problema per te venire qui in ufficio da me?”

“No, nessun problema. Io pensavo a dopodomani, dimmi tu l’orario”

“Bene, facciamo verso le dieci, va bene?”

“OK, benissimo, prendo un taxi, non ho problemi. Allora ci vediamo dopodomani alle dieci?”

“Si cara, va bene. Ti aspetto. Buon lavoro”

“Anche a te, grazie. Ciao”

Quel ‘cara’ buttato lì così le diede molto da pensare e si sentiva molto imbarazzata all’idea che Marisa potesse credere che lei avesse voglia di rivederla per questioni legate al sesso. Non la attraeva l’idea di avere un rapporto con lei, comunque non un rapporto saffico tout court. L’altra volta era stato indubbiamente molto eccitante, Marisa era stata bravissima con le dita e la lingua e le aveva fatto provare piaceri che non conosceva, ma una cosa è trovarsi coinvolti in una cosa a quattro con due altri uomini, un’altra è pensare di incontrarsi con un’altra donna per fare sesso. Pensò anche che forse ci sarebbe stato il capo di lei e che quindi l’incontro sarebbe stato a tre ma ciò non la toglieva dall’imbarazzo. In tutti gli incontri precedenti c’era stato l’ingegnere che in qualche modo la rassicurava e le metteva più fiducia sulle eventuali conseguenze di un suo rifiuto a fare delle cose che non voleva, stavolta si sentiva scoperta e quindi decise di ritelefonare a Marisa. Le chiese espressamente se all’incontro sarebbe stato presente qualcun altro o se bastava solo la sua presenza. Marisa rispose così:

“Capisco i tuoi timori, non preoccuparti, non ci sarà nessuno, è un incontro di lavoro; al mio capo serve rifare il punto della situazione e io devo acquisire i dati in via definitiva, non si ripeterà l’incontro dell’altra volta.”

Poi, dopo una pausa, disse “Se non te la senti di venire non fa niente, manda un tuo collega e lavorerò con lui”

“No Marisa, scusami, non ho paura di niente, era solo una domanda. Sai, se ci fosse stato il tuo capo mi sarei preparata diversamente, se siamo io e te è un incontro tra colleghe e tutto è più semplice”

“OK Cristina, bene così, conto di vederti dopodomani allora. Ti aspetto. Ciao cara”

Di nuovo quel ‘cara’ che la turbava. Ma no, non le avrebbe chiesto di fare la lesbica nel suo ufficio, impossibile. E poi lei non voleva, era pur sempre una donna e poteva fronteggiarla, anche fisicamente, ad armi pari. Non se ne curò più fino alla mattina dell’appuntamento, quando arrivò il momento di chiamare il taxi. Scelse di indossare dei jeans e una camicetta molto colorata, con gli stivali marroni. Arrivata da Marisa notò che non c’era nessuno nelle stanze attigue alla sua e le chiese se fosse sempre così. Marisa rispose che c’era un congresso e che quindi erano tutti via fino all’una. Si accomodarono in ufficio e cominciarono subito senza preamboli a lavorare. Marisa aveva una camicetta bianca maliziosamente sbottonata sul davanti e un reggiseno color carne che sembrava non ci fosse, molto scollato, per cui i seni risultavano evidenti sotto l’apertura della camicetta. Una gonna nera stretta e corta che non le copriva le ginocchia e le solite scarpe decolletée con tacco a spillo altissimo. Molto sexy, come e anche più dell’altra volta. Proprio mentre erano verso la fine del loro lavoro, dopo circa mezz’ora che si scambiavano dati e cifre, arrivò il ragazzo del bar con i caffè che avevano ordinato. Li sorseggiarono in presenza del ragazzo, un bel ragazzo a dire il vero, biondo con occhi verdi e molto palestrato e alla fine Marisa disse a Cristina

“Scusami, vado di la e gli do una bella mancia, se la merita, no?”

“Certo, vai pure, io intanto metto via tutto e spengo il computer”

Dopo tre minuti che Marisa non tornava Cristina, che aveva messo tutto via, si sporse dalla porta per capire che fine avesse fatto e vide lei accovacciata ai piedi del ragazzo che gli faceva un pompino. Si sorprese, ma non più di tanto, aveva capito che quella donna era veramente ‘molto portata’ per gli affari di sesso. Quello che la sorprese fu invece la sua eccitazione di fronte a quella scena; fu così forte da spingerla immediatamente a mettersi una mano tra le cosce e a stimolarsi come piaceva a lei e sentì subito il piacere prenderla. Avrebbe voluto sostituirsi a Marisa e le prese anche l’idea di unirsi a loro, ma non aveva il coraggio. Il ragazzo venne subito dopo, dimostrando chiaramente il suo orgasmo vicino. Marisa si scostò e tirò fuori la lingua e lui venne sulla lingua e sul naso di Marisa. A questa scena Cristina tornò in ufficio e si sedette come se niente fosse. Marisa tornò in ufficio dicendo

“Scusami Cristina, mi ripulisco un attimo. Sai, dovevo dargli una mancia, è così carino e gentile. Gli ho fatto un pompino!”

“Capisco benissimo Marisa, prendi i fazzoletti”

Si alzò per porgerle i fazzoletti e la mano finì in quella di Marisa, che disse 

“Peccato che deve sempre andare via così, mi lascia spesso con una voglia…”

“Eh, ti capisco” sospirò inequivocabile Cristina, anche lei eccitata per quello che aveva visto.

“Dì la verità -sussurrò Marisa seduta mentre le teneva la mano- anche a te ti ha fatto venire voglia, eh?”

“Io… ecco… è un bel ragazzo”

“Ma ne avevi voglia, vero? E ti è rimasta anche a te”

E si alzò, in piedi davanti a lei, mano nella mano. Poi continuò”

E avresti voluto che ti baciasse e ti toccasse? Così per esempio” e la sua mano libera toccò il collo di Cristina con la punta delle dita.

“Beh’ io… si, penso di si… no, non lo conosco in realtà, no….”

La carezza di Marisa era dolce e sensuale e Cristina immaginò fosse il ragazzo a toccarla così. Marisa stringeva dolcemente la mano di Cristina e la portò nella sua scollatura dicendo

“A me batte forte il cuore a pensarci… senti…”

E portò la mano di Cristina su un suo seno. Era sodo, ritto, il capezzolo si ergeva duro e prepotente sotto la stoffa del reggiseno.

“Avresti voluto che ti leccasse i seni?” chiese Marisa

“Io dico… io… forse si, o no, non lo so…”

ma fu interrotta da Marisa che la fece voltare e le leccò lo sterno e poi scese giù a scostare la stoffa della camicetta per leccarle un seno. Cristina era confusa ma troppo eccitata per non avvertire un brivido di piacere. Lasciò che Marisa le togliesse la camicetta e si poggiò con le natiche sul bordo della scrivania. In un attimo il reggiseno sparì e lei si ritrovò a seni nudi preda della lingua e dei denti di Marisa che sapeva benissimo come leccarla e mordicchiarla sui seni e sui capezzoli. Non voleva, dentro di se sentiva che tra pochi secondi avrebbe detto basta, ma la lasciava fare lo stesso. Le lasciò anche mettere una mano tra le cosce che lei tenne chiuse e ad un certo punto disse: ‘Vuoi vedere come mi piace venire? Ti va?’ E chiese a Marisa, sdraiandosi sulla scrivania, di metterle il braccio tra le cosce. Glielo strinse chiudendole e cominciò ad ondeggiare per sentire lo sfregamento del clitoride e delle labbra della vagina contro la stoffa. Marisa le leccava i seni mentre sottostava a questa richiesta e Cristina si lasciò andare al piacere. Ci mise un paio di minuti a venire e quando venne quasi rantolando Marisa le ficcò la lingua in bocca e si baciarono così per un minuto mentre Cristina veniva. Fu slacciata la cintura del jeans e anche gli stivali furono sfilati in pochissimo tempo. Cristina continuava a pensare che le avrebbe detto basta ma non riusciva a pronunciare quella parolina che avrebbe posto fine all’ottundimento della ragione che l’aveva presa; ma di ottundimento si trattava e quindi le lasciò sfilare anche i jeans e i collant e si fece anche rimettere gli stivali sulle gambe nude. Insomma, Marisa cominciò a stimolarle il sesso con la lingua e le dita e lei la lasciava fare, perché l’abilità dimostrata dalla sua collega non aveva confronti con quella degli uomini che l’avevano carezzata e leccata in precedenza. Pensò anche a me, al modo come lo facevo io, che fino ad allora le era sembrato il migliore e desiderò ci fossi anche io con loro in quel momento. Lo stordimento del piacere unito alla sorpresa che si stava concedendo ad una donna invece di imbarazzarla liberò definitivamente i suoi freni inibitori e cominciò a mugolare, ad inarcarsi e a carezzare i capelli e la testa della donna che la stava portando al piacere emettendo delle aaahhhhh a voce alta e poi anche dei si molto inequivocabili. Pensava anche alla situazione da vera puttana; nuda con addosso solo gli stivali, a cosce aperte su una scrivania. Marisa allora si alzò e cominciò a penetrarla con due dita leccandole freneticamente i seni e man mano accelerando il ritmo che dava al polso. Il piacere di Cristina esplose parossistico, le diceva “Dai dai dai, si così vengooooh” e Marisa le diceva a pochi centimetri dall’orecchio “Dai Cristina, fammi vedere come vieni, dai dai dai dai dai dai”

E certo che venne Cristina! Fu un orgasmo molto forte quello che la scosse tutta, dalla testa ai piedi, sempre urlando il suo piacere, anche mentre Marisa le ficcava la lingua in bocca. Un orgasmo che non avrebbe mai creduto di poter provare per merito di una donna e il suo stupore fu pari solo all’intensità del piacere che la stava squassando dentro e fuori. Quando le contrazioni del piacere si placarono Marisa la aiutò a sedersi in poltrona e le portò un bicchiere d’acqua. Cristina era imbarazzata perché sentiva che adesso l’altra le avrebbe chiesto di godere ma Marisa la tolse dall’imbarazzo dicendole, mentre si accomodava alla sua scrivania

“Non preoccuparti Cristina, lo so che tu non sei come me, mi fa tanto piacere che io ti abbia fatto godere così, perché ti è piaciuto vero?”

“Si Marisa, grazie! Non avrei mai creduto di… ecco, insomma… sono un po’ imbarazzata”

“Non preoccuparti, non voglio chiederti troppo. Mi piace come baci, sai?”

“Ma no… tu piuttosto… -Cristina era imbarazzatissima- mi dispiace davvero di… io proprio non riesco nemmeno… cioè… mi capisci vero?”

“Ti capisco, non preoccuparti, ho capito che non sei bisex; ti chiedo solo di darmi una mano però, se vuoi. Io voglio godere e ti chiedo solo di non andare via, faccio da sola”

“Non so se è il caso, io… non vorrei che tu… si cioè capisci…”

“Giuro Cristina, non devi fare niente, solo farmi compagnia, stare vicina a me”

“Ok, va bene”

“Vieni”

La fece sedere di fronte a lei che restò dietro la sua scrivania. Si chinò ad aprire un cassetto con una chiave che aveva in tasca e ne estrasse un vibratore, liscio, lucido, dorato. Lo pulì con un fazzoletto umidificato e poi se lo passò sulle labbra, leccandolo come si fa con un membro maschile. Cristina era sorpresa, non aveva mai visto un vibratore, non dal vero comunque. Osservò Marisa leccarselo e mimare un pompino, poi lo fece scendere giù, mise le caviglie sulla scrivania arretrando con la poltroncina, lo schienale di questa si reclinava all’indietro e lei aprì lascivamente le cosce, portando la punta del vibratore all’apice delle grandi labbra. Non tardò a penetrarsi, sotto lo sguardo attento di Cristina che più passavano i minuti più sentiva di nuovo dentro di se l’eccitazione tornare. Era ancora nuda, indossava solo gli stivali e aveva rimesso la camicetta che teneva aperta. L’altra invece era completamente vestita, la camicia aperta sui seni pieni, le cosce aperte e il vibratore ficcato nel sesso che andava e veniva e ogni tanto usciva fuori a sfregare contro il clitoride e quando cominciò ad ansimare e gemere Cristina cominciò a masturbarsi a modo suo, il polso in mezzo alle cosce chiuse che strisciava sul sesso e vennero quasi contemporaneamente, la stanza risuonava dei gemiti di Marisa e delle ahhhh profonde e secche di Cristina. Dovettero poi rivestirsi perché si era fatto veramente tardi. Si salutarono con un leggero bacio sulle labbra.

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