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Racconti Erotici

Dall’Aldilà, XX Settembre 1720.

By 31 Gennaio 2009Dicembre 16th, 2019No Comments

From the Afterlife, September 20th, 1720.

Caro Sean,
ti scrivo con le lacrime agli occhi, ma so che forse questo &egrave l’unico modo per sussurrarti ancora tenerezze.
Nell’immediato presente che seguì il mio suicidio piansi, piansi alquanto. Ma la mia vita era spezzata e tu lo sapevi bene. Io non so narrarti il perché di quel mio gesto, le sensazioni di quel momento. Io davvero non so raccontare quello che si prova, quando si muore.
Gli occhi ti si chiudono, le palpebre ti si abbassano, gocce di sangue triste ti scendono sulle gote, accarezzate da un gelo più forte di te.
Nessuno più mi aspettava, nel palazzo del ballo e del Carnevale, in quella notte di stelle e brezza impetuosa. Io ero mascherata e ti avevo chiamato invano fino a mezzanotte, ma tu avevi deciso di non essere con me. Così mi precipitai, giù per la scalinata di marmo bianco, stringendo tra le mani i lembi della mia gonna color crema, dai ricami neri, ancor stordita dalle musiche vane dei violini, che piangevano nella notte, come una voce di ricordi.
Sembrava che qualcuno mi chiamasse, mi chiamasse, mi chiamasse… Io non sapevo il perché di quel richiamo cupo, ma lo udivo.
Invero, non l’avevo mai sentito prima, né a Londra, né ad Amsterdam, né a Stoccolma, durante i viaggi grigi della mia prima giovinezza.
Prima di morire, ardevo d’amore per te, per i tuoi abbracci, per le tue parole appassionate, più volte mormorate nei miei orecchi, sulle mie labbra semiaperte e profumate, che ti appartenevano e ti appartengono sempre.
Andai verso la fontana di marmo rosso, allora tutta avvolta in una nuvola di vapore vago, che sembrava provenire dall’altro mondo, lo stesso da cui ti scrivo. Ti avevo visto con la signora ***, temevo che tu non mi appartenessi più… Baciavo l’aria con le mie labbra scarlatte, era come se baciassi te, perdutamente…
Tenevo nascosto in seno uno stiletto, lo estrassi e mi trafissi, sotto le stelle d’argento e le nubi nottilucenti.
Caddi nella vasca, colma di acque fredde e gorgoglianti…
La morte fu atroce ed affettuosa, ad un tempo. Fu morire per te, in te, nella disperazione del tuo amore. L’anima mia si distaccò dal corpo, ma piangeva, era in lacrime, più di quanto lo fosse nei momenti precedenti il mio decesso.
Io credevo che non vi fosse altro che silenzio e nulla eterno dopo la fine della vita, ma gli occhi miei si riaprirono immediatamente; essi vedevano ancora, sì, sembrava che avessi un altro cuore, ma trafitto e dolente, ancor più di quanto lo fosse negli istanti anteriori alla mia morte.
Alcuni spiriti saggi, che stavano oltre la Porta d’Argento, vollero discutere con me e mi chiesero il perché di quel gesto, che mi aveva privata della vita mortale. La vera ragione della mia morte era stata l’amore…
Poco dopo, i miei interlocutori svanirono, lasciandomi sola con la mia sofferenza spirituale, la stessa che mi aveva accompagnata durante la vita terrena.
Nessuno mai mi aveva castigata, né esistono condanne alle fiamme dell’Inferno per l’eternità. L’Amore, the Love, mi aveva sempre amata e mi amava ancora. Le mie pupille ancor celesti e dolci brillavano d’estasi e di tormento insieme.
Il dolore del suicidio era ancora in me e non riuscivo ad abbandonare il vostro mondo. Portavo indosso una lunga cappa nera, che non mi consentiva di volare verso le stelle, i miei morbidi capelli biondi brillavano quanto l’oro puro, sopra quel manto del color della pece.
Passavo vicino alle torri ed ai palazzi delle città, passeggiavo sotto gli alberi in fiore della primavera ed i pioppi spogli dell’autunno. Gli uomini della terra non potevano vedermi, erano cattivi ed avevano il cuore di pietra. Il mio sanguinava ancora.
Di tanto in tanto, mi fermavo per riposare e sospirare, poi mi appoggiavo al tronco di un faggio, mentre i miei capelli volavano e brillavano nel vento astrale.
Una voce dall’immenso mi avvertiva sovente che le anime come la mia faticavano alquanto a distaccarsi dalla terra e a prendere le vie del cielo. Così facendo, rimanevano esposte a tutte le sofferenze che sperimentano i mortali, tra le quali rientrano la fame, la sete, il caldo, il freddo, la nostalgia.
Allora, però, io sentivo che l’amor tuo era al mio fianco, mi avvolgeva teneramente, benché di lontano. Questo faceva sì che le mie sofferenze tristi fossero meno intense. Di quando in quando cadevo addormentata, cercavo di baciare il vuoto, il silenzio, il vento. Altre volte svenivo, a causa delle mie malinconie e delle sensazioni che mi dava il vivere sulla terra senza riuscire a sollevarmi in volo.
Talvolta, capitava che tentassi d’innalzarmi: allora, correvo e saltellavo sull’erba verde, poi allargavo le mie braccia e le sbattevo come ali, tenendo spalancato il mio mantello color del carbone con le mani… Svolazzavo lievemente, per brevi tratti, tra siepi fiorite e verdeggianti, per poi ruzzolare allegramente sullo stesso prato dal quale m’ero alzata in volo.
Amo carezzare i fiori ed odorarne gli olezzi. Essi sono il profumo della mia nuova carne.
Rammento un’altra divertente occasione in cui tentai inutilmente di elevarmi dal vostro mondo vano… Mi trovavo in un paese delle Fiandre, c’era stata grande festa, le case erano tutte adorne di bandiere e di ghirlande. Io passeggiavo sopra i tetti neri e aguzzi, tra i comignoli e gli abbaini. Discernevo facilmente la folla sotto di me: c’erano tante giovani donne, tanti giovani uomini, dai capelli biondi e rossi… Il mio mantello nero, pesante poco meno del piombo, volava con me, sotto un cielo di giugno, ingombro di luci, che sembravano quelle di infuocate aurore boreali.
– Ascoltatemi, di lassù! Qualcuno mi aiuti a sollevarmi, o Eternal Love, aiutami tu!
Ma non ero tanto disperata e sorridevo…
Passai attraverso un muro ed entrai nel campanile della chiesa di ***. Poi corsi, volando, sino in cima e, quasi inebriata d’allegrezza, mi gettai giù, a capofitto, dall’alto di quella guglia, certa di poter raggiungere le stelle.
Per un istante, m’illusi di potercela fare. Ma il mio mantello del color del carbone, dopo avermi permesso di librarmi nell’aria di giugno per breve tempo, mi fece precipitare. Caddi su di un prato fiorito, procurandomi un bernoccolo sul naso.
Nondimeno, non provai alcun dolore e scoppiai a ridere per la mia ingenuità e la goffaggine che mi aveva spinta a cimentarmi in quell’avventura allegra.
Il tuo amore &egrave come una carezza, mi coccola e mi tormenta, mi sussurra di lontano. Non mi sento un’anima in pena solo perché c’&egrave qualcuno che mi vuole bene, mi ama ardentemente, appassionatamente… Questo qualcuno sei tu e l’Amore, the Love.
Ti ricordi? Prima che morissi, consumammo insieme un bollente accoppiamento, vicino al galoppatoio vecchio, dove c’erano i cavalli… Tu mi spogliasti nuda e mi facesti male, perché ero vergine. Sentisti l’imene lacerarsi, il mio sangue bagnò la tua carne, ma entrambi volevamo proseguire e andare avanti, in quel cammino di piacere. Ti imploravo di non fermarti, volevo sentire il tuo organo sessuale sulla mia pelle sensibile, che si arrossava sempre più ad ogni tua scossa. Il tuo pelo virile mi stuzzicava là dov’ero più donna, i miei lunghi capelli ti accarezzavano le spalle nude, non volevamo smettere, non volevamo smettere, non volevamo, no… Coloro che ci odiavano sarebbero potuti arrivare da un momento all’altro. Ma non giunsero e, alla fine, entrambi strillammo insieme, di piacere, ansanti… Non dimenticarmi!
Ma ritorniamo al mio racconto, che viene dall’altro mondo.
Devi sapere che alcuni spiriti molto tristi cercano di fare l’amore con i mortali, per colmarsi d’energia positiva e d’affetto… Non vogliono fare loro del male, ma desiderano possederli, baciarli, abbracciarli, carezzarli e… Non aggiungo altro. Nondimeno, queste effusioni amorose non sempre sono possibili e talvolta avvengono senza che nemmeno gli umani se ne accorgano.
Anche se mi trovo nel mondo dei morti, ti amo ancora ardentemente, appassionatamente e non mi stancherò di ricordartelo.
Baci.
La tua Baptistine.

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