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Racconti Erotici

Fermata d’autobus

By 1 Luglio 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

FERMATA D’AUTOBUS

Il capolinea è completamente vuoto, non si vedono altre persone in giro, solo l’enorme bus è presente e invitante con le porte aperte, salgo, mi siedo in un posto qualunque e con pazienza aspetto.
Sale l’autista, ci salutiamo con cortesia, dice sorridendo ‘E’ pronta per partire?’. Non rispondo, faccio solo un cenno di assenso con il capo e intanto lo guardo, penso ‘bel ragazzo…’.
Mette in moto, il rumore è forte, lo scatto in avanti mi fa sobbalzare sul sedile, ma mi tengo ben ferma.
Stranamente alle fermate successive non sale nessuno, l’ora è tarda, sarà per quello. Non conosco le strade della città e mi fido ciecamente del percorso dell’autista. Poi d’un tratto si ferma e tira il freno a mano, chiedo ‘C’è un guasto?’. Non risponde mentre viene verso di me, sorride in un modo indecifrabile, forse dovrei preoccuparmi, ma qualcosa nel profondo del mio corpo mi tranquillizza, conosco quella mia sensazione, il brivido familiare lungo la schiena, gli occhi si stringono, e le gambe cominciano a mancarmi.
‘Alzati’, il suo sguardo è fisso su di me, come ipnotizzata faccio ciò che mi chiede.
In piedi davanti a lui, con un tocco lieve mi prende per i fianchi, mi dirige verso uno dei pali centrali, non posso far altro che seguirlo, la mente in quel momento è cieca e forse io sono pazza ma và così, senza chiedere.
Tira fuori dalla tasca una corda come fosse un mago. Forse è questo che mi ha fatto: un incantesimo e la corda è il suo strumento di magia.
‘Dammi i polsi’, la magia si stà compiendo, li unisce in uno stretto abbraccio, ‘girati’
mi alza le braccia verso l’alto e le fissa al palo centrale.
Sento il suo sguardo, non dice una parola oltre quelle necessarie. Guarda come la mia pelle arrossisce dall’imbarazzo, sente il mio respiro che accelera e capisce che ciò che fa va bene, non ci saranno no nell’aria. Trova la zip della gonna e la fa scendere lentamente, ‘Alza le gambe’ la toglie con un gesto esperto. Toglie gli slip neri di pizzo, lo aiuto sollevando i tacchi, sono nuda dalla vita in giù, sfiora delicatamente i glutei, ne saggia la consistenza. Quel tocco è fuoco, mi muovo, mi inarco, consapevole della vista che gli dedico. Mi gira il tempo necessario a sbottonare la camicetta, abbassare il reggiseno per far uscire il suo contenuto e sentire la punta dura dei capezzoli.
Mi volta di nuovo, le sue dita sono dentro di me e non trovano alcuna resistenza. Non desidero altro dalla vita, mi rendo conto che il mio baricentro è qui, in questo posto e in questo momento, non mi interessa chi sia e perchè ha scelto me, mi lascio cullare da quelle mani anonime.
Sento salire l’onda, parte dal basso, i muscoli delle braccia sono sempre più tesi verso l’alto, le gambe sono in equilibrio sui tacchi, la colonna vertebrale prova ad unire le due tensioni ma riesce solo a farmi spingere ancora più in fuori il culo. Forse questo movimento gli dà il via, mentre le sue dita continuano il lavoro, l’altra mano, a palmo aperto, si abbatte su di me, si stampa prima su una natica poi sull’altra, ripetutamente. Mi chiedo ‘Sento dolore?’ Sento…. non so che nome dargli né se ha senso farlo, questo è parte di me come il mio nome e il colore dei miei occhi. Il piacere ha innumerevoli modi per presentarsi e l’unione dei due opposti nella mia carne è quello che più di tutti mi appartiene. In questi momenti comanda il mio corpo e quando succede non mi posso opporre, significherebbe solo violare una legge di natura.
Quando il mio culo ha raggiunto la sfumatura di rosso desiderata smette entrambe le azioni e ascolto il rumore della cintura che si apre come fosse una sinfonia di Beethoven. Non posso vedere il suo cazzo ma lo immagino immenso e duro, mi posiziona a suo piacimento e mi penetra confermando le mie aspettative, mi basta solo quello per esplodere. Ha spinte energiche, senza rispetto, si prende ciò che vuole e mi dà la mia parte. Ha le mani sui seni per tenermi ferma, é il suo corpo ad ancorarmi al mondo. Quando finisce posa la fronte sul mio collo e lo bacia, esce dalla mia fica e mi gira, lecca i seni e i capezzoli lasciandoli bagnati.
Al momento di slegarmi mi guarda fisso negli occhi, ma sono io a parlare: ‘Grazie per la corsa’.
Mi rivesto, mi siedo di nuovo al mio posto, l’autobus riparte e io sono a destinazione.

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