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Racconti Erotici

La salvezza della novizia

By 13 Marzo 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

La vide per la prima volta ad una manifestazione. Banca Mondiale? Fondo Monetario? G8? Difficile dirlo. Una di quelle grandi manifestazioni con anarchici e comunisti e socialisti e socialdemocratici e fricchettoni e suore e preti e cittadini coi sensi di colpa. Lui era lì da solo, lupo solitario, misantropo-filantropo perennemente sospeso fra la purezza degli ideali e la bassezza degli istinti. Di lei vide il volto e le mani, il resto coperto dagli innumerevoli strati di abito blu da novizia. E lui si ritrovò d’improvviso isolato in una sorta di trance. Era bella. Bella davvero. Mulatta, forse mezza amerindia, la carnagione cappuccino e gli occhi enormi, le fossette ai lati del sorriso, una bocca carnosa che tradiva con la sua tensione un’incomprensibile timidezza. Si parlarono, si piacquero, anche. Si rividero decine di volte nei più disparati gruppi di lavoro per il forum sociale. Nacque un’amicizia che un mangiapreti consumato come lui non avrebbe creduto possibile. A lui sembrava di aver di nuovo dodici anni, sentiva questa pulsione irresistibile, doveva vederla, sentire la sua voce, parlarle, stare al suo fianco. Certo, era chiaro che i suoi panni da suorina blu segnavano un confine, già raggiunto ed insuperabile. Ma era meglio di niente, si diceva, masochista, come un butterato dodicenne dal polso abile.
Fu un giorno d’agosto che lei lo raggiunse ad un caff&egrave per una chiacchierata sul debito dei paesi poveri. E gli disse con un misto di eccitazione e paura che mancava poco, un mese, ormai, un mese e avrebbe preso i voti. E la mente di lui fece corto circuito.
[Ma perch&egrave angelo devi buttarti via a vita fra quattro
mura umide,
perch&egrave farti schiacciare dal peso della croce?] Cercò di non badarci, si ricompose, parlarono. Certo, la cancellazione del debito. Certo, l’Africa.
[E’ tutta colpa della madre.
La madre.
cattolicissima santocchia bigotta analfabeta
Persino da morta rovina la sua vita.
Non &egrave giusto.
Non l’avranno. Ha diritto ad esser donna, lei.
Ma perch&egrave cazzo martirizzare la tua bellezza in un convento?
A raccontare palle agli illetterati?
Vieni con me, angioletto, e capirai che non ti meritano.] A quel punto, va detto, la razionalità aveva lasciato il corpo e la mente di lui, cacciata a forza dall’allarme. La giovane venere in abiti casti stava per essere sacrificata sull’altare della religione. Come l’avrebbero chiamata? Suor Consuelo? Suor Leticia? Non aveva senso. La invitò a passare da lui, con la scusa del libro sul WTO, o della guida al boicottaggio. Una cosa così.
Camminarono parlando. Lei sempre bella con il sorriso vasto, il fuoco che le bruciava dentro, sotto la cappa del suo saio. Il corpo solo immaginabile.

E lui sudava, lui, che già sapeva, sentiva il peso del dovere incombente…

Salirono le scale, entrarono nel suo appartamento buio fresco vecchio di vicoli antichi senza sole. Lei si sedette sul divano, gli disse di fare più spesso le pulizie. Succo d’arancia. E conversazione.

-Allora sei proprio convinta, diventi suora?
-Si, certo. Manca poco. Perch&egrave?
-Niente, perch&egrave ho sempre pensato che fossero solo le ragazze brutte e stupide e sfigate a farsi suora.
-Che carino, che sei! Dai, non essere crudele. Ma grazie. Sei un grande amico, se non fossi quasi suora credo che mi piaceresti, sai?

E lui sudava, lui, che già sapeva, sentiva il peso del dovere incombente…

-Senti, non so se posso chiedere…
-Cosa?
-Hai mai? Cio&egrave, prima di…
-Ho mai cosa?
-Sei mai stata con un uomo?
-No. Sai, con mia zia da undici a diciott’anni, poi di filato in convento. No…
-E non ti fa paura rinunciare ad una cosa che non conosci?
-Non proprio. Non la conosco. Non so cosa mi perdo, no?

E lui sudava, lui, che già sapeva, sentiva il peso del dovere incombente…

La cinse.

-Che fai?

Le teneva le braccia strette.

-Adesso vedrai…
-No, che fai? Sei pazzo? Per favore, no…
-Lo so che lo vuoi anche tu…

Le legava i polsi con la cintura. Stretti

-No, oddio, Maria santissima aiutami, aiutalo, non sa quel che fa…

Si faceva strada sotto le pieghe blu scuro del vestito da novizia, le sfilava gli slip.

-No, ti prego, non farmi questo.

Lei si dimenava, ma lui le teneva le gambe, la teneva piantata sul divano morbido.

-Ti prego, Madonna, perdonalo, ma fallo tornare in se…

E poi spariva fra le pieghe del vestito, la sua testa che nel calore ovattato si faceva strada fra due gambe tornite, liscie, odorose del sudore d’agosto, d’ormone femminile. L’aroma dei virginei territori all’orizzonte, acre, pungente. Sentiva il respiro di lei che ancora provava a dimenarsi senza troppa convinzione.
La sua lingua si stese lenta, per pettinarle i peli sui lati e lasciare scoperta la dolcezza puntuta del clitoride. Lei emise un gemito di sorpresa, di colpo si fermò, immobile, senza opporre altra resistenza. Lui prese a baciarle il clitoride con colpetti dolci, di lingua, di labbra, le baciava la sorca inviolata come fosse una bocca, stringeva un labbro fra le labbra, poi l’altro, affondava la lingua dentro, la roteava intorno al clitoride già turgido fra le labbra gonfie.

Lei mugolava, stranita, senza parole, atterrita da chissà quali pensieri. E si bagnava rapida, i suoi umori densi e fragranti colavano fuori dalle sue inesplorate profondità, lui li succhiava, li beveva, si dissetava ingoiandoli.

-Madonna perdonami. Ti prego perdonami.

Lui uscì fuori, la guardò negli occhi, gli occhi di lei pieni di supplica e stupore e indecisione e, ne era certo, voglia.
Lui si sfilò i pantaloni corti, il suo cazzo svettava davanti a lei che a quel punto si rianimò.

-Non farlo, non farlo, sei un uomo buono, ascolta il signore…

Lui sorrise, scosse il capo, le divaricò le gambe con forza, le appoggiò il membro marmoreo contro la fica bagnata, spinse piano, piano, per non urtare la sua virginale sensibilità. Si abbassò su di lei, le sussurrò all’orecchio qualcosa di dolce.

-Sei bellissima, non &egrave giusto che ti portino via così…non &egrave cosa per te.
-No, no, per favore!

Si faceva strada lento, poi ad un certo punto sentì un muro cedere. Le fu dentro.

-Aaaaaahh…

Certo, che le piaceva. Di nuovo, ogni resistenza svanì, le gambe docilmente aperte, il sudore che traspirava nel caldo dell’ingombrante vestito. Gli occhi chiusi, la bocca aperta d’incredulità.
Cominciò a pomparla, lentamente. Non voleva farle alcun male, anzi. Mai come quella volta era essenziale lavorare per lei. Doveva scoparla e farla godere a tal punto dal farle cambiare idea sul suo futuro. L’avrebbe sottratta ad una misera vita di monaca umiliata. La stava salvando, scopandola contro il suo volere, legata, alla sua mercé. Non era forse un atto d’amore che le avrebbe concesso di godere di altro ed altro amore negli anni futuri scampati alla vita del convento?

-Mi senti, angelo? Mi senti? Lo senti adesso quel che ti perdi?

Lei non rispondeva, gemeva, il suo respiro accelerato sincronizzato ai suoi colpi.

-Rilassati, amore mio, voglio solo farti godere, voglio vederti godere…

Adesso lui la scopava forte, lei era larga, aperta, bagnata, non opponeva resistenza e sembrava ormai troppo confusa per opporre resistenza. Infilò una mano sotto il gonnellone, prese a titillarle il clitoride mentre la scopava. Di nuovo i gemiti di lei si fecero più forti.
Poi si fermò, e convulsamente le aprì la veste, le sciolse lo spartano reggiseno di cotone, bianco ed austero, scoprendo due tette piene, morbide, soffici, cappuccino, con i capezzoli color caff&egrave larghi e ben delineati. Li succhio, li mordicchiò, ricominciando a pomparle la figa ormai pienamente aperta. I capezzoli di lei si intrugidirono, lei scuoteva la testa a destra, a sinistra, incapace di dire qualcosa, di ribellarsi.

-Lo sai, lo sai che non sei una suora, amore mio, lo sai, che sei una porca…

Lei gemeva, ormai, il suo corpo cominciava a farsi prendere da lievi tremori. Allora lui riportò il dito sul clitoride di lei ed aumentò il ritmo, sentiva la sua pancia echeggiare suoni di carne viva contro le carni di lei mai più vergini. Faceva pressione sul suo clitoride, lo titillava appena, con i colpi forti delle reni affondava in profondità, e fu allora che si rese conto. Lei stava collaborando, le anche si muovevano in modo sinuoso, per quanto inesperta, lo stava accogliendo dentro di se, tacito assenso al piacere. Impennò i suoi affondi e la magia delle sue dita, e i tremori scoppiarono in un turbinio

-Oddio…oddio…oh, mio Dio, non &egrave possibile, ah…ah…oh Maria, no… oh… ohhhh…ohhh… siiiii… ancora… non ti fermare…ahhhh..oddio…ooooooooOOOOOOOOOOOOOOOOOOAAAAAAAUUUUUUUAAAAAIIIIIIhhhhhaaah…ah…ahaa..ah…oh…oh….

-Si, godi, godi, godi…porca…ti amo, amore mio… godi…

E poi quando l’onda che l’aveva travolta si placò, senza aver eiaculato, lui si fermò, e la baciò, e le liberò le mani… La carezzava su tutto il corpo, i seni tondi e pieni, la pancia appena tondeggiante, il viso trasfigurato, trasumanato dal piacere…

-Ti amo…
-Anch’io ti amo…

Lei lo stringeva forte, lui la stringeva forte e la baciava dappertutto, dolce, con baci bagnati di lingua sulla pelle sudata. Lei si mise a ridere, ridere, ridere…

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